N. 257 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 luglio 2016

Ordinanza del  28  luglio  2016  della  Corte  dei  conti  -  Sezione
giurisdizionale per la Regione Puglia nel giudizio di responsabilita'
a carico di Stefanini Giuseppe. 
 
Corte  dei  conti  -  Giudizio  di  responsabilita'  -   Procedimento
  cautelare di sequestro conservativo - Designazione del giudice  per
  la successiva fase di giudizio di conferma, modifica o  revoca  del
  decreto di sequestro. 
- Decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453 (Disposizioni in materia  di
  giurisdizione e controllo della Corte dei conti),  convertito,  con
  modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, art. 5, comma 3,
  lett. a). 
(GU n.52 del 28-12-2016 )
 
                          LA CORTE DEI CONTI 
 
    In composizione monocratica ha pronunciato la seguente  ordinanza
nel giudizio, iscritto  al  n.  32652  del  registro  di  segreteria,
promosso nei confronti del sig. Stefanini Giuseppe (nato il 12  marzo
1949 ad Accadia), rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Gianfranco  Di
Mattia, giusta mandato a margine  della  memoria  difensiva;  per  la
conferma,   modifica,   revoca   del   decreto    presidenziale    di
autorizzazione del sequestro conservativo, emesso in  data  7  aprile
2016; 
    Udita alla pubblica udienza del 12 maggio 2016 la  relazione  del
consigliere dott.Vittorio Raeli; 
    Uditi, inoltre, l'avv. Gianfranco Di Mattia,  per  il  convenuto;
gli avvocati Lucrezia Gaetano  e  Luigi  Liberio,  in  rappresentanza
della Regione Puglia, intervenuta; il vice procuratore generale dott.
Pierpaolo Grasso, in rappresentanza della procura regionale; 
    Visto  il  ricorso  per  sequestro  conservativo   ante   causam,
depositato il 6 aprile 2016; 
    Visto il decreto presidenziale di  autorizzazione  del  sequestro
conservativo, emesso il 7 aprile 2016, con  contestuale  designazione
del Giudice ex art. 5, decreto-legge n.  453/1993,  convertito  nella
legge n. 19/1994; 
    Esaminati gli atti; 
 
                        Considerato in fatto 
 
    Con decreto emesso in data 7 aprile  2016,  il  Presidente  della
Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la  regione  Puglia
ha autorizzato, su ricorso del procuratore  regionale,  il  sequestro
conservativo, in favore, della  Regione  Puglia,  degli  immobili  in
proprieta' del sig. Stefanini Giuseppe, come sopra  generalizzato,  e
di tutte le somme a qualsiasi titolo dovute e/o debende dalla  stessa
Regione, sino alla concorrenza  di  euro  137.500,00;  designando  il
consigliere dott. Vittorio Raeli quale Giudice per la successiva fase
del giudizio di «conferma, modifica o revoca» ai  sensi  dell'art.  5
del decreto-legge n. 453/1993 (convertito nella legge n. 19/1994). 
    Il sig. Stefanini Giuseppe si e' costituito in giudizio,  tramite
l'avv.  Gianfranco  Di  Mattia,  il  quale  ha   depositato   memoria
difensiva, sollevando nel merito varie eccezioni. 
    La Regione Puglia ha dispiegato intervento ad adiuvandum, con  il
patrocinio degli avvocati Lucrezia Gaetano e Luigi Liberio, chiedendo
l'integrale accoglimento delle richieste  formulate  dal  procuratore
regionale. 
    Alla odierna udienza, le parti  hanno  sviluppato  le  rispettive
deduzioni e richieste. 
 
                         Ritenuto in diritto 
 
    1. La Sezione solleva la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 5, comma 3,  lettera  a),  del  decreto-legge  n.  453/1993
(convertito nella legge n. 19/1994) nella parte in  cui  non  prevede
che la designazione del giudice sia effettuata sulla base di  criteri
oggettivi e predeterminati, per violazione degli articoli 3, comma 1,
e 25 della Costituzione. 
    2.  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  si  presenta
rilevante nel presente giudizio, in quanto essendo  stata  effettuata
la designazione dal presidente della sezione con il decreto emesso in
data 7 aprile 2016,  sulla  base  di  una  valutazione  assolutamente
discrezionale, qualora fosse dichiarata la incostituzionalita'  della
norma denunciata verrebbe meno la  regolare  costituzione  di  questo
giudice e poiche' l'interpretazione adeguatrice indicata dalla  Corte
costituzionale nella sentenza 17 luglio 1998, n. 272, e' smentita dal
«diritto vivente», ossia da una immutata prassi  che  ha  perseverato
nella   interpretazione   difforme,   che   consente   l'assegnazione
discrezionale. 
    3. Essa, oltre che rilevante, e'  non  manifestamente  infondata,
per violazione degli articoli 3 e 25, comma  1,  della  Costituzione,
non senza aver precisato, in via preliminare,  l'impraticabilita'  di
opzioni interpretative alternative  che  consentano  di  adeguare  la
disposizione di legge impugnata alla Costituzione. 
    L'impossibilita'   di    dare    alla    suddetta    disposizione
un'interpretazione conforme  a  Costituzione  emerge  dal  precedente
rappresentato dalla Corte  costituzionale  n.  272/1998,  che  faceva
dipendere la compatibilita' della  disciplina  in  oggetto  al  testo
costituzionale dalla  circostanza  che  i  poteri  organizzativi  dei
dirigenti degli uffici giudiziari  si  esercitassero  sulla  base  di
criteri oggettivi e predeterminati, con modalita' che «siano tali  da
garantire, comunque, la verifica  ex  post  della  loro  osservanza».
L'assoluta mancanza di criteri idonei  a  consentire  tale  controllo
successivo  -  difettando  una  loro  individuazione  da  parte   del
Consiglio di presidenza della Corte dei conti, nell'esercizio del suo
potere di autoregolamentazione - rende,  pertanto,  impossibile  dare
alla  disciplina   in   parola   una   interpretazione   conforme   a
Costituzione, nel silenzio della legge. 
    3.1. Deve premettersi che con ordinanza emessa in data  5  luglio
1996 (R.O. n. 1113 del 1996) e'  stata  sollevata  sempre  da  questo
Giudice questione di legittimita' costituzionale dell'art.  5,  comma
3, lettera a) del decreto-legge n. 453/1993, sia  pure  limitatamente
alla violazione dell'art. 25, comma 1, Cost. 
    Secondo la prospettazione seguita nell'ordinanza  di  rimessione,
la finalita' perseguita dall'art. 25, comma 1, Cost. risiede non solo
nella garanzia della obiettivita' ed imparzialita' del giudizio vista
dalla parte del cittadino, ma anche nell'impedire che la  scelta  del
giudice venga effettuata ex post in vista di  una  certa  definizione
detta controversia, impedendo  cosi'  l'emergere  di  quelle  diverse
soluzioni  interpretative  della  stessa  legge  in  cui  si  esprime
l'effettivo pluralismo all'interno della magistratura. Si  e'  detto,
invero, in dottrina, che la  garanzia  del  giudice  naturale  appare
segnata da una duplice anima: da un lato, canone  ricollegabile  alla
tutela   del   singolo   e,   dall'altro,    valore    che    attiene
all'organizzazione giudiziaria e che opera nei confronti dello stesso
giudice, sotto il profilo della tutela della indipendenza interna. 
    Come e' noto,  la  Corte  costituzionale,  nel  non  prendere  in
considerazione quest'ultima  valenza  garantista  del  principio  del
giudice naturale, con sentenza 17 luglio 1998, n.  272,  ha  ritenuto
infondata la questione «nei sensi di cui in motivazione»,  osservando
che esiste, in linea generale, inconciliabilita' fra  precostituzione
del  giudice  e  discrezionalita'  in  ordine   alla   sua   concreta
designazione e che, pertanto, il potere discrezionale dei capi  degli
uffici nell'assegnazione degli affari deve essere rivolto  unicamente
al  soddisfacimento  di  obiettive  ed  imprescindibili  esigenze  di
servizio,  allo  scopo  di   rendere   possibile   il   funzionamento
dell'ufficio e di agevolarne l'efficienza, restando esclusa qualsiasi
diversa finalita' (4.2. - Considerato in diritto). 
    Nell'ultima parte della motivazione, sono esposte le ragioni  che
sono a fondamento della pronuncia di  rigetto  e  che  possono  cosi'
riassumersi: la risposta ai  dubbi  prospettati  dal  remittente  non
passa per la via della declaratoria  di  incostituzionalita',  ma  va
ricercata sul piano della organizzazione giudiziaria, nel senso che i
poteri  organizzativi  dei  dirigenti  degli  uffici  giudiziari   si
esercitino non - come ora - in modo discrezionale, ma sulla  base  di
criteri  oggettivi  e  predeterminati  e  senza  necessita'  di   una
specifica previsione legislativa, ne' tanto  meno  di  un  intervento
additivo della Corte costituzionale, purche'  le  modalita'  adottate
«siano tali da garantire, comunque, la verifica ex  post  della  loro
osservanza» (4.3. u.p. - Considerato in diritto). 
    Con queste  parole  termina  la  motivazione  della  sentenza  n.
272/1998 cit. ed e' da supporre che - anche se non viene precisato  -
la Corte intenda riferirsi al potere di autoregolamentazione  interna
del Consiglio di presidenza della Corte dei conti, avendo  richiamato
a termine  di  paragone  la  prassi  del  Consiglio  superiore  della
magistratura nel settore degli affari civili. 
    Senonche', nei 20 anni che separano  dalla  ordinanza  emessa  in
data 5 luglio 1996, il Consiglio di presidenza della Certe dei  conti
non ha deliberato in materia, a differenza  di  quanto  ha  fatto  il
Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (C.p.g.a.), in
applicazione dell'art. 19 della legge 21 luglio 2000, n. 205, che  ha
novellato l'art. 13, comma 1, numeri 5, 6 e 6-bis, legge n. 186/1982,
affidando al C.p.g.a. il compito di stabilire i  criteri  di  massima
per  la  ripartizione  degli  affari   consultivi   e   dei   ricorsi
rispettivamente tra le sezioni consultive  e  quelle  giurisdizionali
del Consiglio di Stato e i criteri di massima per la ripartizione dei
ricorsi nelle sezioni di cui i tribunali amministrativi regionali  si
compongono, nonche' di determinare i criteri e le  modalita'  per  la
fissazione dei carichi di lavoro dei magistrati. Nel rispetto di tali
criteri sono, poi, i presidenti di ciascun  tribunale  amministrativo
regionale e del Consiglio di Stato, sentiti i presidenti  di  sezione
interne, a determinare annualmente la ripartizione dei ricorsi fra le
sezioni, giusta la delibera dei C.p.g.a. in  data  18  gennaio  2013.
Stabilisce, inoltre, l'art. 9 delle disposizioni  di  attuazione  del
decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Cpa) che i  presidenti  di
ciascun tribunale amministrativo regionale e del Consiglio  di  Stato
che il calendario delle  udienze  sia  fissato  ogni  trimestre,  con
l'indicazione dei magistrati chiamati a comporre i collegi giudicanti
in base ai  criteri  stabiliti  dal  Consiglio  di  presidenza  della
giustizia amministrativa. L'assegnazione dei fascicoli  di  causa  ai
magistrati e', infine, effettuata secondo  le  modalita'  individuate
dalla delibera del  C.p.g.a.  dell'11  marzo  2005,  che  si  fondano
essenzialmente sul metodo del sorteggio. 
    Anche per quanto concerne la giustizia tributaria, e' la legge  -
in particolare, l'art. 24, comma 1, lettera f) e lettera g),  decreto
legislativo n. 545 del 1992 - ad assegnare al Consiglio di presidenza
della giustizia tributaria (C.p.g.t.) l'individuazione dei criteri di
massima per la formazione delle sezioni e dei  collegi  giudicanti  e
per  la  ripartizione  dei  ricorsi  nell'ambito  delle   commissioni
tributarie divise in sezioni (con riferimento all'anno 2014, ad  es.,
v. risoluzione n. 8 del 17  dicembre  2013).  L'art.  6  del  decreto
legislativo n. 545 del 1992 prescrive,  poi,  che  il  presidente  di
ciascuna commissione tributaria, all'inizio di ogni anno,  stabilisca
con proprio decreto la composizione delle sezioni in base ai  criteri
fissati dal Consiglio di presidenza per  assicurare  l'avvicendamento
dei componenti tra le stesse. 
    Si puo' aggiungere, infine, quanto disposto dalla raccomandazione
CM/Rec (2010)12 del Comitato dei  Ministri  del  Consiglio  d'Europa,
adottata il 17 novembre 2010, al punto 24:  «La  distribuzione  degli
affari all'interno di un tribunale  deve  seguire  criteri  oggettivi
predeterminati,  al  fine  di  garantire  il  diritto  a  un  giudice
indipendente e imparziale (...)». 
    Il quadro normativo preso in considerazione  nella  ordinanza  di
rimessione del 1996, con esclusivo riferimento al Csm, si e', dunque,
arricchito in epoca successiva e cio' che interessa  sottolineare  e'
che il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, in  assenza  di
specifiche  disposizioni  normative  sul  punto,  non  ha  proceduto,
nemmeno dopo la  sollecitazione  della  sentenza  n.  272/1998,  alla
fissazione dei criteri di massima  cui  i  previdenti  delle  sezioni
giurisdizionali devono attenersi nella  determinazione  degli  organi
giudicanti, cosi come non ha mai predisposto un sistema  di  verifica
ex post della osservanza dei criteri di assegnazione delle  cause  ai
giudici contabili, che, nella prassi degli  uffici  giudiziari  della
Corte dei conti, non sono neppure stabiliti  in  via  preventiva  dai
dirigenti degli stessi, i quali, provvedono alla  assegnazione  delle
cause  ai  singoli   giudici   nell'esercizio   di'   una   attivita'
assolutamente  discrezionale,   insindacabile   e   sganciata   dalla
finalita' sottolineata nella  sentenza  n.  272/98  di  «contemperare
obiettivita'  ed  imparzialita'  con  continuita'  e   prontezza   di
funzioni» (4.3. - Considerato in  diritto).  Vale  richiamare  quanto
affermato - sul punto -dal Consiglio di Stato,  secondo  cui  «nessun
potere, per quanto supportato da amplissima discrezionalita' (con  la
esclusione dei c.d. atti politici,  liberi  nel  fine)  possa  essere
esercitato omettendo di dare contezza (seppur  generica  e  succinta,
quanto maggiore e' il quantum  di  discrezionalita'  attribuito)  dei
presupposti in base ai quali si' e' giunti  ad  una  data  soluzione»
(Sez. IV, 1° settembre 2015, n. 4098). 
    In definitiva, l'invito rivolto alla Corte  dei  conti  -  e,  in
particolare, al suo Consiglio di presidenza - e' rimasto  inascoltato
e la inattuazione del principio del  giudice  naturale  precostituito
per  legge  dell'ordinamento  processuale  contabile  determina   una
ipotesi di illegittimita' costituzionale sopravvenuta della norma  di
cui all'art. 5, comma 3, lettera a), decreto-legge  n.  453/1993,  in
considerazione  degli  intervenuti  mutamenti   sia   normativi   che
fattuali. 
    La disciplina di cui alla suddetta norma  e',  inoltre,  divenuta
incostituzionale dopo l'entrata in vigore della legge 18 giugno 2009,
n. 69. 
    L'art. 42, infatti, nel modificare l'art. 5 della legge 21 luglio
2000, n. 205, ha aggiunto il comma 1-bis,  che,  con  riferimento  ai
giudizi pensionistici innanzi  alla  Corte  dei  conti,  dispone.  «I
presidenti delle sezioni giurisdizionali procedono, al momento  della
ricezione del ricorso  e  secondo  criteri  predeterminati  alla  sua
assegnazione ad uno dei giudici  unici  delle  pensioni  in  servizio
presso la sezione». 
    Con cio', l'art 42 della legge n. 69/2009 viene a  modificare  la
c.d.   «situazione   normativa»,    operando    una    divaricazione,
difficilmente  giustificabile  sul  piano  della  coerenza  e   della
razionalita' legislativa, tra giudizi di responsabilita', siano  essi
di merito - per la cui assegnazione ai singoli magistrati l'art.  17,
comma 2, del regio  decreto  13  agosto  1933,  n.  1038,  stabilisce
laconicamente che «il presidente  del  collegio  (...)  con  separato
provvedimento nomina il relatore» - ovvero come nel caso  di  specie,
cautelari', da un lato, e giudizi pensionistici, dall'altro. 
    Sulla scorta delle  superiori  considerazioni,  e'  evidente  che
l'attuale potere del  presidente  della  sezione  giurisdizionale  di
designare in modo assolutamente  discrezionale  ed  insindacabile  il
magistrato per l'ulteriore fase  del  giudizio  cautelare,  riservata
alla «conferma, modifica a o revoca» dei provvedimenti emanati con il
decreto indicato dal comma 3 dell'art. 5, decreto-legge  n.  453/1993
(convertito nella legge n. 19/1994)  vanifica  in  pratica  qualsiasi
esigenza  di  obiettiva  precostituzione  del  giudice.  E  cio'   in
contrasto con quanto  affermato  -  nella  sentenza  n.  419  del  23
dicembre  1998   -   dalla   Corte   costituzionale,   secondo   cui:
«L'individuazione dell'organo giudicante deve, dunque,  rispondere  a
regole e criteri che escludano  la  possibilita'  di  arbitrio  anche
nella specificazione dell'articolazione interna dell'ufficio cui  sia
rimesso  il  giudizio,  giacche'   pure   nell'organizzazione   della
giurisdizione deve essere manifesta la garanzia di imparzialita'  (v.
sentenza n. 272 del 1998)» (2 u.p. - Considerato in diritto). 
    La previsione di cui all'art. 5,  comma  1-bis,  della  legge  n.
205/2000, aggiunto dall'art. 42 della legge n. 69/2009, integra  essa
stessa, inoltre, la norma di raffronto  (tertium  comparationis)  per
affermare la  violazione  dell'art.  3,  comma  1  Cost.  in  quanto,
l'introduzione del precetto normativo sulla assegnazione delle  cause
pensionistiche secondo criteri oggettivi comporta una disciplina  dei
giudizi  cautelari  in  materia  di'  responsabilita'  amministrativa
irragionevolmente diversa da quella dei giudizi pensionistici. 
    Sul  mutamento  del   tertium   comparationis   come   fonte   di
incostituzionalita' sopravvenuta si e' gia' espressa  codesta  Corte,
con le sentenze n. 8 del 1976, 50 e 398 del 1989, 49 del 1995. 
    Orbene, secondo il giudice remittente, individuato quale  tertium
comparationis l'art. 5, comma 1-bis della legge n. 205/2000,  non  vi
e' alcun ragionevole motivo di differenziazione normativa, per quanto
concerne la disciplina della assegnazione delle cause, trattandosi di
situazioni omogenee, nelle quali e' fatto un trattamento  diverso  ai
cittadini, a seconda che si tratti di giudizi di responsabilita' e di
giudizi pensionistici. 
 
                               P. Q. M. 
 
    La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per  la  Regione
Puglia; 
    Dispone la sospensione del giudizio in corso  e  la  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale per la pronuncia sulla questione
di legittimita' costituzionale di cui in premessa; 
    Ordina che, a cura della segreteria, la presente  ordinanza,  sia
comunicata alle parti in causa, nonche' notificata al Presidente  del
Consiglio dei ministri, ai Presidenti della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica. 
 
    Cosi' provveduto in Bari, nella Camera di consiglio del 12 maggio
2016. 
 
                     Il Giudice estensore: Raeli