MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

CIRCOLARE 5 dicembre 2016, n. 381060 

Chiarimenti interpretativi forniti dalla Commissione europea riguardo
al coordinamento delle disposizioni di cui al decreto legislativo  27
gennaio 1992, n. 109, con le disposizioni  del  regolamento  (UE)  n.
1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti  ai
consumatori. (16A09092) 
(GU n.2 del 3-1-2017)
 
 Vigente al: 3-1-2017  
 

 
Alle associazioni imprenditoriali di categoria e della distribuzione 
Agli organismi di controllo 
Loro sedi 
Premessa. 
  Il regolamento (UE) n. 1169/2011,  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio  del  25  ottobre  2011,   relativo   alla   fornitura   di
informazioni sugli alimenti ai consumatori, di seguito «regolamento»,
pubblicato in data 22 novembre  2011  ed  entrato  in  vigore  il  13
dicembre 2011, ha trovato applicazione a decorrere  dal  13  dicembre
2014 per le disposizioni in materia di etichettatura, presentazione e
pubblicita' degli alimenti e trova applicazione dal 13 dicembre 2016,
per quanto riguarda le disposizioni sull'etichettatura nutrizionale. 
  Con l'applicazione del  regolamento  le  disposizioni  della  norma
quadro nazionale in materia di etichettatura, il decreto  legislativo
n. 109 del 27  gennaio  1992,  di  seguito  «decreto  legislativo  n.
109/1992», che riguardano materia  armonizzata  dal  regolamento  non
sono  piu'  applicabili  in  quanto  l'art.  38,  paragrafo   1   del
regolamento  dispone   che   «Quanto   alle   materie   espressamente
armonizzate dal presente regolamento, gli Stati  membri  non  possono
adottare ne' mantenere disposizioni nazionali  salvo  se  il  diritto
dell'Unione lo autorizza». 
  Con riferimento a quali disposizioni  del  decreto  legislativo  n.
109/1992 restino in vigore, dopo l'applicazione  del  regolamento,  e
quali debbano intendersi implicitamente abrogate questo Ministero  ha
gia' emanato la nota  informativa  n.  139304  del  31  luglio  2014,
pubblicata sul  sito  web  del  Ministero,  cui  si  rimanda  per  le
questioni di dettaglio. 
  Vengono riportate di seguito, invece,  le  risposte  fornite  dalla
Commissione   alle   richieste   di   chiarimento   riguardanti    la
compatibilita'  di  alcune  specifiche  disposizioni  previste  negli
articoli del decreto legislativo n. 109/1992. Tali risposte  pertanto
vanno considerate quale corretta interpretazione  dei  corrispondenti
articoli del regolamento. 
1. Articolo 2 del regolamento - Artigiani alimentari e collettivita' 
  All'art. 2,  paragrafo  2,  lettera  d),  il  regolamento  da'  una
definizione di «collettivita'» piu' estesa di quella contenuta  nelle
precedenti  Direttive;   essa   ricomprende:   «qualunque   struttura
(compreso un veicolo o un banco di  vendita  fisso  o  mobile),  come
ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui,
nel quadro di un'attivita' imprenditoriale, sono  preparati  alimenti
destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale». 
  L'Italia ha sottoposto alla Commissione il caso della fornitura  di
prodotti alimentari destinati agli artigiani (es: gelatai, pizzaioli,
pasticcieri), i  quali  possono  produrre  alimenti  preconfezionati,
rifornire esercenti per la successiva vendita al dettaglio, ma  anche
preparare «alimenti destinati  al  consumo  immediato  da  parte  del
consumatore finale». L'Italia ha sempre considerato la  fornitura  di
«prodotti alimentari destinati [...] agli artigiani per  i  loro  usi
professionali ovvero per essere sottoposti ad ulteriori  lavorazioni»
come oggetto di transazione «business to  business»  (b2b)  e  dunque
disciplinata  dal  vigente  art.  17  «Prodotti  non   destinati   al
consumatore» del decreto  legislativo  n.  109/1992  e  dall'art.  8,
paragrafo 8 del regolamento,  dunque  non  sottoposta  agli  obblighi
informativi sugli alimenti ai consumatori disciplinati  dallo  stesso
regolamento. La Commissione conferma questa interpretazione. 
2. Articolo 8 del regolamento - Ragione sociale  riportata  in  forma
  abbreviata (sigla o acronimo) 
  Relativamente alla modalita'  di  indicazione  de  «il  nome  o  la
ragione sociale e l'indirizzo dell'operatore del  settore  alimentare
di cui all'art. 8, paragrafo 1» (ex art. 9.1.h del  regolamento),  la
Commissione ritiene che possano essere usati anche una  abbreviazione
o un acronimo del nome della societa', purche'  essi  consentano  una
agevole identificazione della societa' e purche' cio' non renda  piu'
difficoltoso mettersi in contatto con la societa' stessa. 
3. Articolo 8.7 del regolamento - Raccordo tra il regolamento (CE) n.
  607/2009, art. 56.6 e il regolamento (UE) n. 1169/2011, art. 8.7 
  Le autorita' nazionali hanno chiesto conferma alla Commissione  che
agli  obblighi  informativi  di  cui  all'art.  8,  paragrafo  7  del
regolamento non si applichi il disposto di cui all'art. 56, paragrafo
6 del regolamento (CE) n. 607/2009 recante modalita' di  applicazione
del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le
denominazioni  di  origine  protette  e  le  indicazioni  geografiche
protette,   le   menzioni   tradizionali,   l'etichettatura   e    la
presentazione di determinati prodotti vitivinicoli. 
  La Commissione ha  risposto  richiamando  una  precedente  risposta
fornita sull'argomento al Ministero della salute in data  30  ottobre
2014, di cui si riporta un estratto: 
  «Il regolamento  (UE)  n.  1169/2011  relativo  alla  fornitura  di
informazioni  sugli  alimenti  ai  consumatori  nel  suo  art.   8(7)
stabilisce che, per quanto riguarda l'etichettatura  di  un  alimento
preimballato che sia: 
    a) destinato al consumatore finale, ma  commercializzato  in  una
fase precedente alla vendita al consumatore finale e quando in questa
fase non vi e' vendita a una collettivita'; 
    b)  destinato  a  essere  fornito  a  collettivita'  per  esservi
preparato, trasformato,  frazionato  o  tagliato  (probabilmente  non
applicabile  al  vino),  e'  necessario  che  «...   le   indicazioni
obbligatorie richieste in virtu' degli articoli 9 e 10  appaiano  sul
preimballaggio o su un'etichetta a esso apposta oppure sui  documenti
commerciali che si riferiscono a tale prodotto ...». 
  Se tali indicazioni sono  riportate  [solo  n.d.a.]  sui  documenti
commerciali, lo stesso regolamento prevede  che  «gli  operatori  del
settore alimentare assicurano che le indicazioni di cui  all'art.  9,
paragrafo 1, lettere a), f), g) e h), figurino anche sull'imballaggio
esterno nel  quale  gli  alimenti  preimballati  sono  presentati  al
momento   della   commercializzazione».   Queste   indicazioni   sono
rispettivamente: la denominazione dell'alimento, il termine minimo di
conservazione o la data di scadenza,  le  condizioni  particolari  di
conservazione e/o le condizioni  d'impiego,  il  nome  e  l'indirizzo
dell'operatore del settore alimentare o dell'importatore in  caso  di
vino importato. 
  Tuttavia,  come  stabilito  al  punto  1(d)  dell'allegato  X   del
regolamento (UE) n. 1169/2011, l'indicazione del  termine  minimo  di
conservazione non e' richiesta per il vino. 
  Cio' significa che nei casi delineati ai punti a) e b),  cioe'  per
il trasporto da un  operatore  all'altro,  e'  sufficiente  riportare
sull'imballaggio esterno del vino, cioe' il cartone,  le  indicazioni
(a), (g) e (h) dell'art. 9(1)  del  regolamento  (UE)  n.  1169/2011.
Tutte le informazioni obbligatorie  dovranno  tuttavia  figurare  sui
documenti commerciali che accompagnano i cartoni di vino o  che  sono
stati  inviati  prima  della  consegna  o   contemporaneamente   alla
consegna. 
  Invece, nel caso di cartoni contenenti bottiglie di vino  destinati
al consumatore finale, per esempio da vendersi in supermercati, tutte
le indicazioni obbligatorie devono figurare sul cartone.». 
  Non avendo la  Commissione  fatto  menzione,  nella  sua  risposta,
dell'applicazione del disposto di cui all'art. 56,  paragrafo  6  del
regolamento (CE) n. 607/2009 nei casi specifici che ricadono sotto la
disciplina dell'art. 8, paragrafo 7, se ne  deduce  che  ad  essi  il
citato disposto dell'art. 56, paragrafo 6 non si applichi. 
4. Articoli 12 e 13 del regolamento - Imballaggi esterni, regalistica
  stagionale e confezioni apribili 
  L'art.  14,  comma  7-bis  del  decreto  legislativo  n.   109/1992
prevedeva:  «Gli  imballaggi  di  qualsiasi  specie,   destinati   al
consumatore,  contenenti  prodotti   preconfezionati,   possono   non
riportare le indicazioni prescritte all'art. 3, purche' esse figurino
sulle confezioni dei prodotti  alimentari  contenuti;  qualora  dette
indicazioni non siano verificabili, sull'imballaggio devono  figurare
almeno la denominazione dei singoli prodotti contenuti e  il  termine
minimo di conservazione o la data di scadenza del prodotto avente  la
durabilita' piu' breve». 
  L'art. 14  del  decreto  legislativo  n.  109/1992,  relativo  alle
«Modalita' di indicazione delle menzioni  obbligatorie  dei  prodotti
preconfezionati»,  e'  superato   dal   paragrafo   7   dell'art.   8
«Responsabilita'», nonche' dagli articoli 12 «Messa a disposizione  e
posizionamento delle informazioni obbligatorie sugli alimenti»  e  13
«Presentazione delle indicazioni obbligatorie» e dall'allegato  IV  -
«Definizione di altezza della x»  del  regolamento.  Dunque  l'intero
art. 14 non e' piu' applicabile, ivi compreso il suo comma 7-bis. 
  Poiche'  il  regolamento  non  prevede  deroga  espressa   analoga,
l'Italia ha chiesto alla Commissione di poter  preservare  la  deroga
almeno per l'industria della regalistica stagionale. 
  La Commissione ha risposto che il regolamento non prevede  deroghe,
tuttavia se l'imballaggio esterno e' trasparente  e  le  informazioni
obbligatorie sugli alimenti confezionati  contenuti  al  suo  interno
sono visibili dall'esterno,  allora  la  Commissione  ritiene  questa
soluzione  in   linea   con   il   regolamento,   anche   senza   che
all'imballaggio esterno  trasparente  siano  applicati  gli  obblighi
informativi previsti dal regolamento stesso. 
  In modo analogo viene considerato il caso di alimenti  confezionati
posti in vendita al  consumatore  in  una  confezione  apribile  (es:
bottiglie di vino vendute in una scatola di legno apribile),  ove  il
consumatore abbia modo di leggere, prima dell'acquisto, le  etichette
degli alimenti confezionati contenuti al suo interno. In questo  caso
la Commissione non obietta che le autorita' nazionali considerino non
applicabili alla confezione esterna apribile gli obblighi informativi
previsti dal regolamento. 
5. Articolo 14 del regolamento - Distributori automatici 
  L'art. 15 del decreto legislativo n.  109/1992  reca  «Distributori
automatici diversi dagli impianti di spillatura». 
  L'art. 14 del regolamento reca «Vendita a  distanza».  Il  raccordo
tra la normativa nazionale in materia di  distributori  automatici  e
l'art. 14 del regolamento e' stato oggetto di dibattito  in  seno  al
gruppo di lavoro «Etichettatura» a Bruxelles oltre che' del documento
di lavoro afferente le tematiche della «vendita a distanza». 
  In  particolare,  alla  domanda  su  quali   siano   gli   obblighi
informativi  applicabili  agli  alimenti  messi  in  vendita  tramite
distributori automatici o locali commerciali automatizzati, il gruppo
di lavoro e la Commissione hanno concordato la seguente risposta: 
  «Come indicato all'art.  14,  paragrafo  3  del  regolamento,  agli
alimenti messi in vendita tramite distributori  automatici  o  locali
commerciali automatizzati non si applica il disposto sulla vendita  a
distanza di cui all'art. 14, paragrafo 1, lettera a). Dunque  non  e'
richiesto che  le  informazioni  obbligatorie  sugli  alimenti  siano
fornite prima della conclusione dell'acquisto.  Questo  principio  si
applica sia agli alimenti preimballati che a quelli non preimballati.
Tuttavia, data la particolarita' di  questo  mezzo  di  distribuzione
degli alimenti e la natura degli alimenti non preimballati, gli Stati
membri possono  prevedere,  tramite  disposizioni  nazionali  di  cui
all'art. 44 dello stesso regolamento, modalita' specifiche attraverso
le quali debbano essere veicolate le informazioni sugli allergeni  ed
eventuali  altre  informazioni  obbligatorie   sugli   alimenti   non
preimballati.  Tali  modalita'  possono  anche   implicare   che   le
informazioni  obbligatorie  debbano  essere   fornite   prima   della
conclusione  dell'acquisto  (es:  informazioni  sugli  allergeni   di
alimenti non preimballati  venduti  tramite  distributori  automatici
veicolate  tramite  un  cartello  apposto  presso   il   distributore
automatico)». 
  Alla luce  di  quanto  sopra  esposto,  rimane  dunque  vigente  ed
applicabile  l'art.  15  del  decreto  legislativo  n.  109/1992,  in
particolare gli obblighi informativi disposti al comma 2 e  afferenti
la «distribuzione di sostanze alimentari non preconfezionate poste in
involucri protettivi ovvero di bevande a preparazione estemporanea  o
ad erogazione istantanea». 
6. Articolo 17  del  regolamento  -  Nome  generico  dell'ingrediente
  utilizzato in denominazione di vendita 
  Il  decreto  legislativo  n.  109/1992,  all'art.  4,  comma  5-bis
(introdotto  con  decreto  legislativo  n.  181/2003)  prevedeva   la
seguente specificazione in  materia  di  denominazione:  «I  prodotti
alimentari, che hanno una denominazione di vendita definita da  norme
nazionali  o  comunitarie  devono  essere  designati  con  la  stessa
denominazione  anche  nell'elenco  degli  ingredienti  dei   prodotti
composti nella cui preparazione sono utilizzati [...]. Tuttavia nella
denominazione  di  vendita  e  nell'etichettatura  in  generale   del
prodotto  finito,  puo'  essere  riportato  il  solo  nome   generico
dell'ingrediente utilizzato». 
  Con l'applicazione del regolamento e la conseguente disapplicazione
dell'art. 4 (superato dall'art. 17  «Denominazione  dell'alimento»  e
dell'allegato  VI  «Denominazione  degli   alimenti   e   indicazioni
specifiche che la accompagnano» del regolamento), l'Italia ha chiesto
conferma che nella denominazione del  prodotto  finito  possa  essere
riportato il  solo  nome  generico  dell'ingrediente  utilizzato,  in
continuita' con il disposto del decreto legislativo n. 109/1992  (es:
«biscotto al cioccolato» in luogo di «biscotto al cioccolato al latte
e alle nocciole gianduia»). 
  La Commissione ha risposto che non esiste una regola generale e che
ogni caso va considerato a se', valutando se il consumatore  possa  o
meno essere  tratto  in  inganno  e  tenendo  in  considerazione  gli
standard commerciali impostisi nel tempo. 
  Sulla  base  di  questa  risposta,  si  ritiene  dunque  che  nella
denominazione del prodotto finito possa essere riportato il solo nome
generico  dell'ingrediente  utilizzato,  posto  il   rispetto   degli
articoli  7  «Pratiche  leali  d'informazione»  e  17  «Denominazione
dell'alimento» del regolamento, nonche', ove richiesto,  il  rispetto
dell'art.  22  «Indicazione  quantitativa  degli  ingredienti»  dello
stesso regolamento. 
7. Articoli 18,  19  e  20  del  regolamento  -  Denominazione  degli
  ingredienti  utilizzati  in  forma  concentrata  o  disidratata   e
  ricostituiti al momento della fabbricazione 
  Nel  recepire  le  varie  Direttive  succedutesi  in   materia   di
etichettatura, presentazione e pubblicita'  dei  prodotti  alimentari
destinati al consumatore finale, il decreto legislativo  n.  109/1992
aveva aggiunto alcune  specificazioni  e  chiarimenti.  Nel  caso  di
specie,  al  disposto  relativo  all'ordine  di   indicazione   degli
ingredienti («gli  ingredienti  utilizzati  in  forma  concentrata  o
disidratata e ricostituiti al  momento  della  fabbricazione  possono
essere  indicati  nell'elenco  in  base  al  loro  peso  prima  della
concentrazione o della disidratazione»), il  decreto  legislativo  n.
109/1992 aveva  aggiunto  la  specificazione  «con  la  denominazione
originaria» (decreto legislativo n. 109/1992, art. 5, comma 6). 
  Con l'applicazione del regolamento e la conseguente disapplicazione
dell'art. 5 (superato dagli articoli 18 «Elenco  degli  ingredienti»,
19 «Omissione  dell'elenco  degli  ingredienti»,  20  «Omissione  dei
costituenti di un prodotto alimentare dall'elenco degli ingredienti»,
e 21 «Etichettatura di  alcune  sostanze  o  prodotti  che  provocano
allergie o intolleranze» e dagli allegati II «Sostanze o prodotti che
provocano allergie o intolleranze», VI «Denominazione degli  alimenti
e indicazioni specifiche che la accompagnano» e  VII  «Indicazione  e
designazione degli ingredienti» del regolamento), l'Italia ha chiesto
conferma che  gli  ingredienti  utilizzati  in  forma  concentrata  o
disidratata e ricostituiti al  momento  della  fabbricazione  possano
essere indicati nell'elenco degli ingredienti  con  la  denominazione
originaria, in continuita' con il disposto del decreto legislativo n.
109/1992. 
  La Commissione ha confermato che la  denominazione  originaria  non
puo' essere usata nell'elenco degli ingredienti avendo  l'ingrediente
in  questione  (utilizzato  in  forma  concentrata  o  disidratata  e
ricostituito al momento della fabbricazione)  subito  una  variazione
che non consentirebbe piu' l'utilizzo della denominazione originaria. 
  Si  ricorda,  inoltre,  che  la  previsione  di   accompagnare   la
denominazione dell'alimento con l'indicazione dello stato fisico  nel
quale si trova il prodotto o dello specifico trattamento che esso  ha
subito  e'  disposta  dall'allegato  VI,  parte  A,  punto   1,   del
regolamento (UE) n. 1169/2011, nel caso in cui  l'omissione  di  tale
informazione potrebbe indurre in errore l'acquirente. Tale previsione
si estende  anche  alla  denominazione  degli  ingredienti  ai  sensi
dell'art. 18, paragrafo 2 del medesimo regolamento. 
8. Articoli  19  e  20  del  regolamento  -  Acqua  nella  produzione
  dell'aceto 
  Nel  recepire  le  varie  direttive  succedutesi  in   materia   di
etichettatura, presentazione e pubblicita'  dei  prodotti  alimentari
destinati al consumatore finale, il decreto legislativo  n.  109/1992
aveva aggiunto alcune  specificazioni  e  chiarimenti.  Nel  caso  di
specie, all'elenco dei casi in cui l'indicazione  dell'acqua  non  e'
richiesta, all'art. 7 «Esenzioni dall'indicazione degli ingredienti»,
comma 3 era stato aggiunto anche il caso di cui alla lettera c)  «per
l'aceto, quando e' indicato il contenuto acetico e per l'alcole e  le
bevande alcoliche quando e' indicato il contenuto alcolico»  [decreto
legislativo n. 109/1992, art. 7, comma 3, lettera c)], intendendo con
cio' fare chiarezza  sulla  corretta  interpretazione  del  comma  2,
lettera f) dello stesso art. 7, il quale prevede  deroga  all'obbligo
di indicazione  degli  ingredienti  «negli  aceti  di  fermentazione,
provenienti esclusivamente da un solo prodotto di base e purche'  non
siano stati aggiunti altri ingredienti» [deroga confermata  dall'art.
19 «Omissione dell'elenco degli ingredienti», paragrafo 1, lettera c)
del regolamento]. 
  Con l'applicazione del regolamento e la conseguente disapplicazione
dell'art. 7 (superato dagli articoli 19 «Omissione dell'elenco  degli
ingredienti», 20 «Omissione dei costituenti di un prodotto alimentare
dall'elenco  degli  ingredienti»  e  dall'allegato   VII,   parte   E
«Designazione degli ingredienti composti» del regolamento),  sembrava
essere venuta meno la deroga espressa di cui al comma 3, lettera c). 
  Interpellata  sulla   questione,   la   Commissione   ha   risposto
sottolineando che il regolamento non ha introdotto alcuna modifica in
materia rispetto alle precedenti Direttive e che dunque gli operatori
del settore possono continuare ad  etichettare  l'aceto  in  assoluta
continuita' con la prassi precedente. Ha  inoltre  ricordato  che  la
questione dell'indicazione dell'acqua  nell'aceto  e'  stata  oggetto
della riunione del gruppo di lavoro  «Etichettatura»  del  10  giugno
2015, in occasione del quale e' stato chiarito che,  negli  aceti  di
fermentazione, l'acqua utilizzata nel processo produttivo per ridurre
il volume alcolico e standardizzare l'acidita', e' considerata  parte
del «solo prodotto di base» di cui all'art. 19, paragrafo 1,  lettera
c) del regolamento. Dunque in questo caso  l'acqua  non  deve  essere
intesa  come  un  «altro  ingrediente  aggiunto»,  pertanto  non   e'
necessario   indicare   l'acqua   nell'etichetta   degli   aceti   di
fermentazione. 
9. Articolo  26  del  regolamento  -  Applicazione  del   regolamento
  esecutivo (UE) n. 1337/2013 
  La Commissione conferma che il regolamento (UE)  di  esecuzione  n.
1337/2013 non si  applica  agli  alimenti  di  cui  all'art.  44  del
regolamento. 
10. Articoli 32 e 33 del regolamento - Indicazione delle  «Assunzioni
  di riferimento» (Reference intakes) 
  Relativamente alla modalita' di indicazione  delle  «Assunzioni  di
riferimento di un adulto medio (8 400 kJ/2 000 kcal)»  (di  cui  agli
articoli 32 e 33 e all'allegato XIII del regolamento), la Commissione
ritiene che possa essere  usata  anche  una  sigla,  in  luogo  della
dicitura per esteso, accompagnata da un asterisco  o  altro  richiamo
che  permetta  poi  di  esporre  la   dicitura   completa   in   nota
all'etichetta. Ritiene invece che non  possa  essere  usato  il  solo
asterisco o altro richiamo in luogo della sigla. 
11.  Allegato  V,  punti  1,  2  e  18  del  regolamento   -   Deroga
  all'indicazione della dichiarazione nutrizionale (1) 
  Si intendono fornire alcuni chiarimenti in merito ai punti 1,  2  e
18 dell'allegato V del  regolamento  CE  n.  1169/2011,  partendo  da
alcune considerazioni rese in merito dalla Commissione europea. 
  Al punto 1 dell'allegato V trovano esonero dal suddetto obbligo  «I
prodotti non trasformati che comprendono un solo  ingrediente  o  una
sola categoria di ingredienti». 
  I «prodotti non trasformati» come previsto dal regolamento (UE)  n.
1169/2011, all'art. 2, 1 (b), sono i prodotti di cui alla definizione
del regolamento CE n. 852/2004, art.  2,  paragrafo  1,  lettera  n),
«prodotti alimentari non sottoposti a trattamento, compresi  prodotti
che siano stati divisi, separati,  sezionati,  affettati,  disossati,
tritati,   scuoiati,   frantumati,   tagliati,   puliti,    rifilati,
decorticati,   macinati,   refrigerati,   congelati,   surgelati    o
scongelati». 
  Sono   compresi   in   tale   deroga,   sicuramente,   i   prodotti
ortofrutticoli di III gamma (frutta e verdure surgelate) e quelli  di
IV  gamma  (ortofrutta  fresca,  lavata,  confezionata  e  pronta  al
consumo) che non hanno subito alcun trattamento o alcuna aggiunta  di
ingredienti all'infuori della stessa categoria, ortaggi o frutta,  ad
esempio un mix di ortaggi freschi lavati, tagliati e  confezionati  o
anche surgelati. 
  Nella medesima deroga possono  ricomprendersi  i  preparati  ittici
congelati (quindi non trasformati) per fritto e  per  sugo  che  sono
ottenuti tramite pulizia, taglio,  assemblaggio  di  prodotti  ittici
freschi e decongelati. 
  Non possono beneficiare, invece, della deroga di  cui  al  punto  1
dell'allegato V gli oli vegetali  in  quanto,  come  precisato  dalla
Commissione europea: «Gli oli vegetali sono prodotti  trasformati  e,
pertanto, non possono beneficiare della deroga  per  i  prodotti  non
trasformati che comprendono un solo ingrediente o una sola  categoria
di ingredienti.». Tali prodotti, infatti, hanno subito un trattamento
come definito dall'art. 2, paragrafo 1, lettera m) del regolamento CE
n. 852/2004 (estrazione). Quali prodotti  trasformati,  inoltre,  gli
oli vegetali  non  rientrerebbero  neanche  nel  successivo  punto  2
dell'allegato V, in quanto non sono sottoposti a «maturazione». 
  Al punto 2 dell'allegato V trovano esonero «i prodotti  trasformati
che sono stati sottoposti unicamente a maturazione e che  comprendono
un solo ingrediente o una sola categoria di ingredienti». 
  In  tale  deroga  possono  essere  ricompresi  i  prodotti  la  cui
maturazione  sia  avvenuta  attraverso  un  trattamento,  cosi'  come
definito dall'art. 2, paragrafo 1, lettera m) del regolamento  CE  n.
852/2004, ovvero una «qualsiasi azione che provoca una  modificazione
sostanziale  del  prodotto  iniziale  compresi  trattamento  termico,
affumicatura,  salagione,  stagionatura,  essiccazione,   marinatura,
estrazione, estrusione o  una  combinazione  di  tali  procedimenti»,
purche' non siano stati aggiunti altri ingredienti rispetto a  quello
primario o agli ingredienti che rientrano in  un'unica  categoria  di
ingredienti. 
  Tuttavia, se  il  processo  di  maturazione  e'  costituito  da  un
trattamento che utilizza il sale, quale ad esempio la salagione o  la
stagionatura, si  puo'  ritenere  che  per  effetto  del  trattamento
applicato il sale venga rilasciato nel prodotto trasformato. In  tale
caso il sale e' da considerarsi  quale  ingrediente  aggiunto  ed  il
prodotto va escluso dalla deroga di cui al punto 2 dell'allegato V. 
  Con riferimento alla deroga di cui al  punto  18  riguardante  «gli
alimenti confezionati in imballaggi o contenitori la  cui  superficie
maggiore misura meno di 25 cm2», si fa presente  che  la  Commissione
europea, investita direttamente  della  questione,  ha  condiviso  la
proposta presentata dal Ministero  dello  sviluppo  economico  e  dal
Ministero della salute, di escludere la parte zigrinata  di  chiusura
dal conteggio della superficie maggiore, sulla  base  della  seguente
analisi riguardante una bustina di zucchero: 
  con riferimento alla Q&A 2.3.1, la cosiddetta  saldatura  zigrinata
della carta e' esclusa dal calcolo della «superficie maggiore» di una
bustina di zucchero, allo stesso modo in cui la flangia (il bordo) e'
esclusa dal calcolo  della  «superficie  maggiore»  di  una  lattina.
Quest'area infatti e' un mero elemento necessario per saldare le  due
parti  della  bustina.  Inoltre,  stampare   su   questa   superficie
irregolare  renderebbe  il  testo  impossibile  da  leggere   per   i
consumatori, in violazione  dell'art.  13  del  regolamento  (UE)  n.
1169/2011 il quale prescrive che «le informazioni obbligatorie  sugli
alimenti [siano] apposte in un  punto  evidente  in  modo  da  essere
facilmente visibili, chiaramente leggibili». 
  Gli alimenti contenuti  in  bustine  che  rispecchino  le  predette
condizioni, sono esclusi pertanto dall'obbligo dell'indicazione della
dichiarazione nutrizionale. 
12. Allegato X, punto 1 del regolamento -  Deroghe  dall'obbligo  del
  TMC 
  Tra le deroghe dall'obbligo di indicazione del  termini  minimo  di
conservazione (TMC), il decreto legislativo n.  109/1990,  prevedeva,
all'art.  10,  comma  5,  lettera  i),  «i  prodotti  di  confetteria
consistenti quasi unicamente in zuccheri  e/o  edulcoranti,  aromi  e
coloranti quali caramelle e pastigliaggi». Tale formulazione e'  piu'
estensiva  di  quella  originariamente   prevista   nelle   Direttive
dell'Unione e successivamente trasposta  nell'allegato  X,  punto  1,
lettera d) del regolamento, che invece  prevede  deroga  solo  per  i
«prodotti di confetteria consistenti  quasi  unicamente  in  zuccheri
aromatizzati e/o colorati». La deroga italiana  si  estendeva  dunque
anche agli edulcoranti. 
  Le autorita' italiane hanno chiesto la  possibilita'  di  mantenere
l'estensione della deroga agli edulcoranti. La Commissione  ha  pero'
risposto che ogni deroga aggiuntiva rispetto a  quelle  espressamente
previste dall'allegato  X  deve  essere  adottata  nel  contesto  del
regolamento, sulla base di una pronuncia dell'EFSA. 
  Con l'applicazione del regolamento e la conseguente disapplicazione
dell'art. 10, decade dunque la formulazione estesa  della  deroga  di
cui al decreto legislativo n. 109/1992 e si applica invece quella  di
cui all'allegato X del regolamento. 
13. Allegato X,  punto  2  del  regolamento  -  Data  di  scadenza  e
  condizioni di conservazione (All.X.2.b, ultimo comma) 
  L'allegato X del regolamento, al punto 2, recita: 
    «2. La data di scadenza e' indicata nel modo seguente: 
      a) e' preceduta dai termini "da consumare entro ..."; 
      b) l'espressione di cui alla lettera a) e' seguita: 
        dalla data stessa, oppure 
        dall'indicazione  del  punto  in   cui   essa   e'   indicata
sull'etichetta. 
  Tali indicazioni sono seguite dalla descrizione delle condizioni di
conservazione da rispettare». 
  Le autorita' italiane hanno chiesto  alla  Commissione  chiarimenti
sull'ultimo passaggio, con particolare attenzione al raccordo tra  il
disposto di cui all'art. 9, paragrafo  1,  lettera  f)  («il  termine
minimo di conservazione o la data  di  scadenza»)  e  quello  di  cui
all'art. 9, paragrafo 1, lettera g) («le  condizioni  particolari  di
conservazione    e/o    le    condizioni     d'impiego»),     nonche'
sull'interpretazione della frase «sono seguite». 
  Per quello che  attiene  la  prima  richiesta,  la  Commissione  ha
risposto che, quando si applica la regola della data di  scadenza  di
cui  al   punto   2   dell'allegato   X   del   regolamento,   devono
obbligatoriamente  essere  fornite   anche   le   indicazioni   sulle
condizioni di conservazione. 
  Quanto alla  frase  «sono  seguite»,  la  Commissione  ne  da'  una
interpretazione stringente,  intendendo  con  cio'  che  la  data  di
scadenza  deve  precedere  le   indicazioni   sulle   condizioni   di
conservazione. 
    Roma, 5 dicembre 2016 
 
                                  Il  direttore   generale   per   la
                                  politica      industriale,       la
                                  competitivita' e le piccole e medie
                                               imprese
                                                Firpo                 

(1) Per la deroga di cui al punto 19,  allegato  V,  del  regolamento
    (UE) n. 1169/2011 si rimanda alla circolare del  Ministero  dello
    sviluppo economico e del Ministero della salute del  16  novembre
    2016.