N. 266 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 dicembre 2015
Ordinanza del 28 dicembre 2015 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Latteria Sociale San Lazzaro Soc. Agricola cooperativa e altri contro Gse - Gestore dei Servizi Energetici S.p.a. e altri.. Energia - Interventi sulle tariffe incentivanti dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 KW - Rimodulazione a decorrere dal 1° gennaio 2015 - Modalita' di erogazione. - Decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, art. 26, commi 2 e 3.(GU n.2 del 11-1-2017 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Terza Ter) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 14797 del 2014, proposto da: Soc. Latteria Sociale San Lazzaro Soc. Agricola Cooperativa, Soc. Sirio Cz Srl, Soc. Euroverde Societa' Agricola S.r.l., Soc. RI.MA S.r.l., Soc. Givueffe Sas di Camilloni Francesco & C, Soc. Arborea II S.r.l., rappresentati e difesi dagli avv. Romina Zanvettor, Maria Bruschi, con domicilio eletto presso Roberto Colagrande in Roma, viale Liegi, 35/B; Contro Gse - Gestore dei Servizi energetici Spa; Ministero dello sviluppo economico, Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Autorita' per L'Energia elettrica ed il Gas, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; Nei confronti di Soc. Vrg Wind 840 Srl; Per l'annullamento, previa sospensiva: dei decreti del Ministero dello sviluppo economico del 16 ottobre 2014 e del 17 ottobre 2014, con relativi allegati e tabelle, riferiti, rispettivamente, ai commi 2 e 3 dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014, conv. con legge n. 116/14; del parere, datato 16 ottobre 2014, dell'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, n. 504/2014/I/EFR sullo schema di decreto recante i criteri per la rimodulazione degli incentivi spettanti per gli impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore ai 200 kW; delle Tabelle contenenti i valori dei coefficienti di rimodulazione (1-Xi) da moltiplicare ai previgenti incentivi (I old) sulla base di quanto previsto dall'Allegato 1 del decreto ministeriale 17 ottobre 2014 nel caso di scelta dell'opzione b) individuata dall'art. 26, comma 3, cit., pubblicate sul sito web del GSE in data 28 ottobre 2014; delle «Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi dell'art. 26 della legge n. 116/2014», pubblicate sul sito web del GSE in data 3 novembre 2014; di ogni altro atto connesso, preordinato e consequenziale ai precedenti impugnati, ivi compreso il decreto-legge 24 giugno 2014 n. 91 e la legge di conversione; Previa disapplicazione dell'art. 26 legge n. 116/2014, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, recante disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea, per violazione dei principi della dir. 2009/28/CE e dei principi generali del diritto comunitario di tutela dell'affidamento, della certezza del diritto, della parita' di trattamento; In subordine, previa rimessione alla Corte di giustizia UE dell'interpretazione pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex art. 234 TCE), della conformita' del suddetto art. 26 e dei dd.mm. 16 ottobre 2014 e 17 ottobre 2014, ai principi di diritto comunitario e alle norme della direttiva 2009/28/CE; Ovvero, in alternativa, previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale di detto art. 26, per violazione degli artt. 2, 3, 24, 25, 41, 42, 77 e 97 Cost. e/o per violazione degli artt. 11, 113 e 117, comma 1, Cost.. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dello sviluppo economico e di Presidenza del Consiglio dei ministri e di Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e di Autorita' per L'Energia elettrica ed il gas; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2015 la dott.ssa Maria Grazia Vivarelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; I) Rilevato in fatto Con ricorso notificato il 19 novembre 2014 e depositato il 27 novembre 2014, le societa' ricorrenti dichiarando di essere ciascuna titolare di un impianto fotovoltaico di potenza superiore ai 200 kW ammesso a godere delle tariffe incentivanti previste dal decreto ministeriale 5 maggio 2011 (IV° conto energia) in base a specifiche convenzioni stipulate con il GSE per un periodo di venti anni decorrenti dalla rispettiva data di entrata in esercizio, illustrati gli effetti pregiudizievoli dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 (qualificabile come legge-provvedimento in presenza dei presupposti del «numero determinato di destinatari» e del «contenuto particolare e concreto») e degli inerenti provvedimenti attuativi, hanno contestato tale intervento normativo prospettando i seguenti motivi: I. Violazione e falsa applicazione degli artt. 23, commi 1 e 2, nonche' 25, commi 10 e 11, decreto legislativo 28/2011; 1, comma 2, 6, comma 4, e 12, comma 5, decreto ministeriale 5 maggio 2011 e 20 decreto ministeriale 5 luglio 2012; 1 decreto-legge n. 145/2013, conv. in legge n. 9/2014; 1321 e 1372 cod. civ.; violazione dei diritti quesiti; violazione della garanzia dell'equa remunerazione dei costi di investimento prevista dall'art. 24, comma 2, decreto legislativo 28/2011; violazione del divieto di retroattivita' di cui all'art. 11 preleggi; eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorieta'; ingiustizia manifesta, disparita' di trattamento e discriminazione; eccesso di potere. Violazione del principio di leale collaborazione e dell'art. 76 Cost.; violazione del diritto di partecipazione al procedimento e del giusto procedimento; violazione degli artt. 2, 3 7, 8 e 10 legge n. 241/90; difetto di istruttoria; carenza di motivazione e di istruttoria; sviamento di potere per contraddittorieta' in atti: A) Violazione dei diritti quesiti e divieto di irretroattivita': l'art. 26 avrebbe inciso su rapporti di durata cristallizzati in contratti di diritto privato (convenzioni) col GSE, venendo pertanto a ledere in modo consistente l'affidamento degli operatori; il vulnus arrecato alla posizione dei produttori sarebbe aggravato dalla diversa scansione temporale delle modalita' erogative (26, comma 2), non risultando le nuove misure nemmeno compensate dalla possibilita', prevista dall'art. 26, comma 5, ma ancora incerta (per l'assenza, allo stato, dei necessari provvedimenti attuativi) di accedere ai finanziamenti bancari; B) Violazione dei principi partecipativi e del giusto procedimento: sarebbero stati violati tutti i principi partecipativi, di trasparenza, del buon andamento della pubblica amministrazione e del giusto procedimento costituzionalmente garantiti dall'art. 97 Cost., atteso che anche le leggi-provvedimento dovrebbero conformarsi alle regole di fondo dell'azione amministrativa (partecipazione degli interessati e obbligo di motivazione); C) Violazione del principio di parita' di trattamento e di imparzialita': l'art. 26 sarebbe intervenuto in modo discriminatorio nei confronti dei soli impianti fotovoltaici, mentre l'art. 1 decreto-legge n. 145/2013, riferibile a tutti gli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile, avrebbe concesso agli interessati una facolta' di scelta del regime cui sottoporsi, in modo da consentire la salvaguardia degli investimenti in corso; II. Violazione dei principi comunitari della tutela dell'affidamento e certezza del diritto e della dir. 2009/28/CE: la normativa e gli indirizzi europei in materia di fonti rinnovabili precluderebbero al legislatore nazionale di introdurre disposizioni peggiorative in materia di energia elettrica rinnovabile e di regimi di sostegno, le quali lederebbero i principi di tutela dell'affidamento e di certezza del diritto; l'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 sarebbe in contrasto con tali canoni, avendo introdotto misure retroattive tali da sovvertire le condizioni iniziali di investimenti gia' realizzati, e dovrebbe pertanto essere disapplicato (o, in subordine, rimesso alle valutazioni della Corte di giustizia UE) per contrasto con la dir. 2009/28/CE; sotto altro profilo, esso violerebbe l'art. 16 della Carta di Nizza, sulla liberta' di impresa, e l'art. 10 della Carta dell'energia; III. Illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 2, 3, 24, 25, 41, 42, 77, 97 della Costituzione, nonche' degli artt. 113 e 117 Cost. in relazione ai principi comunitari della tutela dell'affidamento e certezza del diritto e della dir. 2009/28/CE; irragionevolezza e arbitrarieta' per violazione del principio di affidamento, dell'irretroattivita' delle norme e della tutela della libera iniziativa economica, nonche' per violazione della parita' di trattamento, uguaglianza e imparzialita': l'art. 26, quale «legge-provvedimento», sarebbe affetto dai vizi gia' dedotti con i precedenti motivi, ridondanti in profili di illegittimita' costituzionale; in particolare, detto articolo contrasterebbe: con l'art. 3 Cost., applicandosi in modo discriminatorio e irragionevole ai soli impianti fotovoltaici, a fronte della facoltativita' delle decurtazioni per gli altri impianti ai sensi dell'art. 1 decreto-legge n. 145/13 e del favor riservato a quelli riconducibili a scuole e a enti locali; con il principio di tutela del legittimo affidamento ex artt. 3, 97 e 2 Cost., consistendo in un regolamento irrazionale e lesivo delle situazioni sostanziali degli interessati; con l'art. 41 Cost., alla luce della peculiare natura delle leggi di incentivazione e dell'insufficienza degli obiettivi evidenziati dall'art. 26, comma 1, decreto-legge n. 91/2014; sotto altro profilo, sarebbero violati anche gli artt. 11 e 117, comma 1, Cost. in relazione alla dir. 2009/28/CE e ai principi di diritto comunitario nonche', da ultimo, l'art. 77 Cost., per insussistenza dei presupposti di necessita' e urgenza. Le ricorrenti hanno pertanto chiesto l'annullamento degli atti impugnati e l'accertamento del «diritto [...] al percepimento degli inventivi nella misura indicata nelle rispettive convenzioni» (previa disapplicazione dell'art. 26 o, in subordine, previa rimessione di detto articolo alla Corte di giustizia o alla Corte costituzionale). Si sono costituite in resistenza le Amministrazioni intimate. All'odierna udienza, in vista della quale le ricorrenti hanno depositato memoria (16 maggio 2015), il giudizio e' stato trattenuto in decisione. II) Considerato in diritto Definite con separata sentenza parziale le questioni in rito relative alla giurisdizione del giudice amministrativo e all'ammissibilita' della domanda di accertamento avanzata dalla parte ricorrente, osserva il Collegio che la soluzione della controversia richiede la preliminare sottoposizione dell'art. 26 decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, al giudizio della Corte costituzionale. A tale riguardo, possono essere richiamate (ai sensi dell'art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a., espressivo del generale principio di economia dei mezzi giuridici), tra le altre, le ordinanze 24 giugno 2015, nn. 8671 e 8674, 25 giugno 2015, n. 8689, e 3 luglio 2015, n. 8898, con cui questa Sezione, in analoghe controversie, ha sollevato, in quanto rilevanti e non manifestamente infondate, alcune questioni relative all'art. 26 cit., previa illustrazione del contesto normativo e degli effetti di detta disposizione. Nel rinviare pertanto all'esposizione, svolta in tali pronunce, dei dati normativi e giurisprudenziali in materia di produzione di energia elettrica da fonte solare, con specifico riferimento all'evoluzione dei cc.dd. conti energia, nella presente sede vanno ribadite le conclusioni sulla rilevanza e sui profili di non manifesta infondatezza delle questioni relative alle norme in argomento. II.1) L'art. 26 decreto-legge n. 91/2014. L'art. 26 concerne «interventi sulle tariffe incentivanti dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici»: «1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi e favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle energie rinnovabili, le tariffe incentivanti sull'energia elettrica prodotta da impianti solari fotovoltaici, riconosciute in base all'art. 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e all'art. 25, comma 10, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono erogate secondo le modalita' previste dal presente articolo. 2. A decorrere dal secondo semestre 2014, il Gestore dei servizi energetici S.p.A. eroga le tariffe incentivanti di cui al comma 1, con rate mensili costanti, in misura pari al 90 per cento della producibilita' media annua stimata di ciascun impianto, nell'anno solare di produzione ed effettua il conguaglio, in relazione alla produzione effettiva, entro il 30 giugno dell'anno successivo. Le modalita' operative sono definite dal GSE entro quindici giorni dalla pubblicazione del presente decreto e approvate con decreto del Ministro dello sviluppo economico. 3. A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante per l'energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW e' rimodulata, a scelta dell'operatore, sulla base di una delle seguenti opzioni da comunicare al GSE entro il 30 novembre 2014: a) la tariffa e' erogata per un periodo di 24 anni, decorrente dall'entrata in esercizio degli impianti, ed e' conseguentemente ricalcolata secondo la percentuale di riduzione indicata nella tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto; b) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa e' rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di un incentivo ridotto rispetto all'attuale e un secondo periodo di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura. Le percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre 2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi titolo all'opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto all'erogazione prevista con le tariffe vigenti; c) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa e' ridotta di una quota percentuale dell'incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le seguenti quantita': 1) 6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 2) 7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW; 3) 8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 900 kW. In assenza di comunicazione da parte dell'operatore il GSE applica l'opzione di cui alla lettera c).» I successivi commi riguardano misure di «accompagnamento» - quali i finanziamenti bancari (comma 5), l'adeguamento della durata dei titoli (comma 6, per il solo caso di scelta dell'opzione sub lettera a), l'«acquirente selezionato» (commi da 7 a 10, 12 e 13) - e disposizioni varie sull'operazione in questione. Si puo' cosi' notare: che il comma 2 ha introdotto, a far tempo dal 1° luglio 2014, un sistema di erogazione delle tariffe incentivanti imperniato sul meccanismo acconti-conguaglio (acconto pari al 90% della «producibilita' media annua stimata di ciascun impianto» nell'anno di produzione, da versare in «rate mensili costanti», e in un «conguaglio» basato sulla «produzione effettiva» da operare entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello di produzione), meccanismo al quale e' stata data attuazione col decreto ministeriale 16 ottobre 2014 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2014); che il comma 3 attiene alla disciplina sostanziale della rimodulazione (operativa dal 1° gennaio 2015), con ambito applicativo limitato ai soli «impianti di potenza nominale superiore a 200 kW» (art. 22-bis, comma 1, decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, conv., con modificazione, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha in seguito operato un'ulteriore restrizione, prevedendo che «le disposizioni di cui ai commi da 3 a 6» dell'art. 26 «non si applicano agli impianti i cui soggetti responsabili erano [alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 91/2014] enti locali o scuole»). Secondo questa disposizione, gli operatori avrebbero dovuto optare entro il 30 novembre 2014 fra tre modalita' alternative di rimodulazione: lettera a): estendere la durata dell'incentivazione sino a 24 anni, decorrenti dalla data di entrata in esercizio dell'impianto (con applicazione delle riduzioni indicate nella tabella allegata al decreto-legge n. 91/2014; all. 2); lettera b): ferma la durata dell'incentivazione (20 anni), suddividerla in due «periodi»: «un primo periodo di fruizione di un incentivo ridotto rispetto all'attuale» e «un secondo periodo di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura» (a tale previsione e' stata data attuazione con il decreto ministeriale 17 ottobre 2014 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2014); lettera c): ferma la durata dell'incentivazione (20 anni), applicare una riduzione «dell'incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua del periodo di incentivazione», secondo percentuali determinate in relazione alla potenza (6% per gli impianti con potenza nominale maggiore di 200 e inferiore a 500 kW; 7% per quelli con potenza superiore a 500 e inferiore a 900 kW; 8% per gli impianti con potenza superiore a 900 kW). La legge ha poi stabilito che in caso di mancato esercizio della scelta venisse applicata la riduzione «secca» (terza opzione). Le previsioni dell'art. 26, comma 3, incidono sugli incentivi percepiti dai titolari degli impianti fotovoltaici aventi potenza superiore a 200 kW in base alle convenzioni stipulate con il GSE in attuazione dei vari conti energia: a parte la riduzione secca delle tariffe di cui alla lettera c), avente chiaro impatto negativo, la lettera a) opera un'estensione della durata dell'incentivazione, portata a 24 anni, con proporzionale riduzione delle quote annuali (l'allungamento del periodo, oltre a comportare una differita percezione degli incentivi, di per se' pregiudizievole, non puo' non incidere sui parametri iniziali dell'investimento, impattando anche sui costi dei fattori produttivi (durata degli eventuali finanziamenti bancari, dei contratti stipulati per la disponibilita' delle aree, assicurazioni, ecc.), mentre la lettera b) determina una riduzione degli importi per il quadriennio 2015-2019 (tale da generare un risparmio di «almeno 600 milioni» di euro per l'ipotesi di adesione di tutti gli interessati all'opzione) e un incremento nel periodo successivo (secondo l'algoritmo definito col decreto ministeriale 17 ottobre 2014), senza che pero' sia considerato il fisiologico invecchiamento degli impianti, assoggettati nel corso del tempo a una diminuzione di produttivita'. II.2) Rilevanza e non manifesta infondatezza. Si riportano di seguito i passi di interesse dell'ord. n. 8898/2015 cit. (parr. 4 ss.). «4. Rilevanza. In ordine alla rilevanza, l'art. 26 decreto-legge n. 91/2014, della cui legittimita' si dubita, e' parametro normativo necessario, stante il tenore dei motivi di ricorso, ai fini della valutazione della fondatezza delle domande di annullamento e di accertamento proposte dalla parte ricorrente, alla luce della (incontestata) titolarita' di impianti di produzione di energia di potenza superiore a 200 kW che usufruiscono degli incentivi previsti dagli artt. 7 decreto legislativo n. 387/2003 e 25 decreto legislativo n. 28/2011, oggetto di convenzioni stipulate con il GSE. Precisato che i motivi di illegittimita' avanzati in via autonoma sono logicamente subordinati rispetto a quelli poggianti sugli aspetti di dedotta incostituzionalita' dell'art. 26, i quali devono essere percio' affrontati in via prioritaria, ritiene il Collegio che la relativa questione sia rilevante in relazione a entrambe le domande, atteso che gli atti impugnati sono stati emanati dall'autorita' amministrativa in dichiarata attuazione dell'art. 26, commi 2 e 3, decreto-legge n. 91/2014 (tali commi sono le norme di provvista dei dd.mm. 16 ottobre 2014 e 17 ottobre 2014) e che con la domanda di accertamento [la cui ammissibilita' e' stata riconosciuta nella menzionata sentenza parziale] la parte ricorrente chiede, in sostanza, di affermare il proprio diritto di mantenere invariate le condizioni contrattualmente pattuite col Gestore. [...]». Sempre in relazione alla rilevanza, il Tribunale osserva che le norme in esame, per il loro contenuto univoco, non si prestano in alcun modo a una interpretazione costituzionalmente orientata, imponendo la rimessione della questione alla Corte costituzionale in relazione agli aspetti di seguito evidenziati. «5. Profili di non manifesta infondatezza. 5.1. Violazione degli artt. 3 e 41 Cost.: irragionevolezza, sproporzione e violazione del principio del legittimo affidamento. Il comma 3 dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 presenta profili di irragionevolezza e risulta di possibile incompatibilita' con gli artt. 3 e 41 Cost., poiche' incide ingiustificatamente sulle posizioni di vantaggio consolidate, riconosciute da negozi «di diritto privato», e sul legittimo affidamento dei fruitori degli incentivi. 5.1.1. La questione rientra nel tema dei limiti costituzionali alle leggi di modificazione dei rapporti di durata (e della c.d. retroattivita' impropria, quale attributo delle disposizioni che introducono «per il futuro una modificazione peggiorativa del rapporto di durata», con riflessi negativi «sulla posizione giuridica gia' acquisita dall'interessato»; Corte costituzionale sentenza n. 236/2009). La Corte costituzionale ha piu' volte ricordato come nella propria giurisprudenza sia ormai «consolidato il principio del legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, che costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto e non puo' essere leso da disposizioni retroattive, che trasmodino in regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori» (sent. n. 236/2009 cit. e giurispr. ivi richiamata). Piu' precisamente, il Giudice delle leggi ha precisato che «nel nostro sistema costituzionale non e' affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive, il limite imposto in materia penale dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione). Unica condizione essenziale e' che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (sent. n. 64/2014, che cita testualmente la sentenza n. 264 del 2005, e richiama, in senso conforme, le sentt. n. 236 e n. 206 del 2009). E ha in proposito richiamato «la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, che ha sottolineato che una mutazione dei rapporti di durata deve ritenersi illegittima quando incide sugli stessi in modo «improvviso e imprevedibile» senza che lo scopo perseguito dal legislatore imponga l'intervento (sentenza del 29 aprile 2004, in cause C-487/01 e C-7/02)» (cosi' sentenza n. 64/2014 cit.). [...]. Piu' in generale, sul tema dell'efficacia retroattiva delle leggi, la Corte ha piu' volte affermato che il divieto di retroattivita' delle leggi non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25 Cost., ben potendo il legislatore emanare norme retroattive «purche' la retroattivita' trovi adeguata giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse generale», ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU)» e con una serie di limiti generali, «attinenti alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civilta' giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario» (sentt. 160/2013 e 209/2010). Tali conclusioni non si discostano (e anzi sembrano permeate) dagli esiti raggiunti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE sull'operativita' del principio di legittimo affidamento (cui e' sotteso quello della certezza del diritto) nel campo dei rapporti economici, in relazione al quale e' stato elaborato il criterio dell'operatore economico «prudente e accorto» (o dell'«applicazione prevedibile»): la possibilita' di far valere la tutela del legittimo affidamento e' bensi' «prevista per ogni operatore economico nel quale un'autorita' nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative», ma non «qualora un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di prevedere l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi» (nel caso in cui il provvedimento venga adottato); in tale prospettiva, «gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che puo' essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle autorita' nazionali» (cfr. punto 53 della menzionata sentenza C. giust. 10 settembre 2009, in causa C-201/08, Plantanol). Per completezza, si puo' sottolineare come nel campo dei rapporti tra privati e pubblica amministrazione lo stesso legislatore nazionale abbia conferito valenza pregnante all'affidamento. Si considerino le rilevanti innovazioni apportate alla legge n. 241/90 dal decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (conv. in legge con modif., dalla legge 11 novembre 2014, n. 164), recante «Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive». Con l'art. 25, comma 1, lettera b-ter), di detto decreto-legge (lettera aggiunta dalla legge di conversione) e' stato infatti modificato l'art. 21-quinquies, comma 1, legge n. 241/90 cit., sulla «revoca del provvedimento», nel duplice senso: a) di circoscrivere il presupposto del «mutamento della situazione di fatto», che per la nuova disposizione deve essere «non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento»; b) di precludere, nell'ipotesi di «nuova valutazione dell'interesse pubblico originario», la revoca dei provvedimenti «autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici» (a efficacia durevole). Cio' che costituisce un ulteriore e significativo passo nell'articolato processo di emersione della centralita' del principio di sicurezza giuridica. 5.1.2. Tanto premesso, ritiene il Collegio che in capo ai soggetti titolari di impianti fotovoltaici, fruitori delle relative incentivazioni pubbliche in forza di «contratto di diritto privato» (ex art. 24 decreto legislativo n. 28/2011) o convenzione (avente la medesima natura [...]) stipulati col GSE, sussista una posizione di legittimo affidamento nei sensi innanzi precisati, non essendo mai emersi nel corso del tempo elementi alla stregua dei quali un operatore «prudente e accorto» avrebbe potuto prevedere (al momento di chiedere gli incentivi, di decidere se far entrare in esercizio il proprio impianto e di stipulare con il Gestore il negozio che disciplina l'erogazione degli incentivi) l'adozione da parte delle autorita' pubbliche di misure lesive del diritto agli incentivi stessi. La ratio dell'intervento pubblico nel settore e' chiaramente desumibile dalla rassegna normativa innanzi riportata [scil. nelle ordinanze richiamate in apertura del punto II]: attraverso il meccanismo dei conti energia il legislatore nazionale, in adesione alle indicazioni di matrice europea, ha consentito la nascita e favorito lo sviluppo di un settore di attivita' economica ritenuto particolarmente importante e, quel che piu' rileva, lo ha presentato sin dalla sua genesi con caratteristiche di «stabilita'» con specifico riferimento (non gia' all'accesso agli incentivi, ma) alla circostanza che gli stessi, una volta riconosciuti, sarebbero rimasti invariati per l'intera durata del rapporto. Cio' si desume anzitutto dal contesto internazionale di favore per la produzione di energia da fonti rinnovabili, tale da avere determinato a livello europeo l'introduzione di obiettivi prima soltanto indicativi (dir. 2011/77) e poi divenuti obbligatori (dir. 2009/28) e l'individuazione di specifici regimi di sostegno per ovviare all'assenza di iniziativa da parte del mercato. In secondo luogo, il legislatore nazionale ha mostrato una piena e convinta adesione agli indirizzi sovranazionali di politica energetica e in particolare all'obiettivo di promozione della produzione energetica da fonti rinnovabili. Sin dal decreto legislativo n. 387/03, e nonostante la non obbligatorieta' dell'obiettivo nazionale, e' stato introdotto un regime di sostegno con incentivi che avrebbero dovuto, tra l'altro, «garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio» (art. 7, comma 2, lettera d), tanto che i primi tre conti energia hanno chiaramente enucleato l'immutabilita' per vent'anni dell'incentivazione riconosciuta al singolo operatore. All'indomani della determinante connotazione degli obiettivi nazionali in termini di vincolativita', il decreto legislativo n. 28/2011 ha amplificato la percezione di «stabilita'», individuando: a) all'art. 23, tra i «principi generali» dei «regimi di sostegno applicati all'energia prodotta da fonti rinnovabili»: la predisposizione di criteri e strumenti che promuovessero, tra l'altro, «la stabilita' nel tempo dei sistemi di incentivazione» (comma 1); «la gradualita' di intervento a salvaguardia degli investimenti effettuati [...]» (comma 2); b) all'art. 24, tra gli specifici «criteri generali» dei meccanismi di incentivazione, quelli indicati al comma 2, lettere b), c) e d), secondo cui, rispettivamente, «il periodo di diritto all'incentivo e' pari alla vita media utile convenzionale delle specifiche tipologie di impianto» (il principio si collega a quello dell'«equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio», confermato dalla precedente lettera a), «l'incentivo resta costante per tutto il periodo di diritto» e «gli incentivi sono assegnati tramite contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto»; c) all'art. 25, comma 11, la clausola di salvezza dei «diritti acquisiti». Ed e' significativo che il legislatore delegato utilizzi ripetutamente i termini «diritto» (all'incentivo) o «diritti». In terzo luogo, il decreto-legge n. 145/2013 ha rafforzato questo convincimento, essendo stato adottato successivamente alla conclusione del sistema dei conti energia e dunque in un contesto nel quale il novero dei destinatari delle incentivazioni era ormai definito (o in via di definizione). Tale provvedimento, pur muovendo dalla ritenuta «straordinaria necessita' ed urgenza di emanare misure» (tra le altre) «per il contenimento delle tariffe elettriche [...], quali fattori essenziali di progresso e opportunita' di arricchimento economico, culturale e civile e, nel contempo, di rilancio della competitivita' delle imprese» (v. preambolo), e al dichiarato duplice fine di «contenere l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche degli incentivi alle energie rinnovabili e massimizzare l'apporto produttivo nel medio-lungo termine dagli esistenti impianti», ha, tuttavia, introdotto meccanismi di tipo facoltativo e dunque non pregiudizievoli per i fruitori degli incentivi. In questa prospettiva, sia gli interventi divisati ex ante, in corso di vigenza dei conti energia, dal decreto legislativo n. 28/2011, quali l'anticipata cessazione del III° conto e la connotazione di immanente temporaneita' dei due conti successivi (la cui operativita' e' stata collegata [...] al raggiungimento di specifici obiettivi indicati negli inerenti provvedimenti), sia quelli previsti dal decreto-legge n. 145/2013 ex post, ossia dopo la chiusura del regime di sostegno, dimostrano come lo stesso legislatore abbia comunque preservato il «sinallagma» tra incentivi e iniziative imprenditoriali in corso. E infatti, l'incontestato «boom del fotovoltaico» sotteso alle inerenti determinazioni delle autorita' pubbliche, puntualmente elevato dall'art. 23, comma 2, decreto legislativo n. 28/2011 a parametro di esercizio della discrezionalita' nella parte in cui individua la finalita' di «tener conto dei meccanismi del mercato e dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili», e' stato affrontato con misure operanti pro futuro, perche' applicabili a impianti non ancora entrati in esercizio (come attestato dalle riferite [nelle ridette ordinanze cui si fa rinvio] vicende giudiziali relative al passaggio dal III° al IV° conto), mentre sono state accuratamente evitate scelte aventi efficacia pro praeterito tempore. In altri termini, anche l'anticipata cessazione del III° conto, ancorche' abbia prodotto effetti negativi nei confronti degli investitori che avessero intrapreso attivita' preliminari allo svolgimento della propria iniziativa, non ha tuttavia messo in discussione il «patto» stipulato con gli interessati, consentendo a ciascun operatore non ancora «contrattualizzato» di ponderare consapevolmente e adeguatamente il merito economico della propria iniziativa e di assumere le conseguenti determinazioni. E' pertanto possibile ravvisare il vulnus arrecato dall'art. 26, comma 3, in esame al «diritto all'incentivo» e al principio del legittimo affidamento, stante l'imprevedibilita', da parte di un soggetto «prudente e accorto», titolare di un incentivo ventennale a seguito dell'adesione a uno dei conti energia, delle modificazioni in pejus del rapporto. 5.1.3. Le precedenti considerazioni non paiono superate dagli elementi addotti dalla parte pubblica al fine di escludere che l'art. 26 abbia dato vita a un «regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori» (quale aspetto sintomatico dell'incostituzionalita' della disposizione), potendo dubitarsi della ragionevolezza e proporzionalita' dell'intervento. L'art. 23 decreto-legge n. 91/2014, rubricato «Riduzione delle bollette elettriche a favore dei clienti forniti in media e bassa tensione», prevede quanto segue: «1. Al fine di pervenire a una piu' equa distribuzione degli oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici, i minori oneri per l'utenza derivanti dagli articoli da 24 a 30 del presente decreto-legge, laddove abbiano effetti su specifiche componenti tariffarie, sono destinati alla riduzione delle tariffe elettriche dei clienti di energia elettrica in media tensione e di quelli in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW, diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica. 2. Alla stessa finalita' sono destinati i minori oneri tariffari conseguenti dall'attuazione dell'articolo 1, commi da 3 a 5, del decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 145, convertito, con modificazioni, in legge 21 febbraio 2014 n. 9. 3. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, l'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico adotta i provvedimenti necessari ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2, garantendo che i medesimi benefici siano ripartiti in modo proporzionale tra i soggetti che ne hanno diritto e assicurando che i benefici previsti agli stessi commi 1 e 2 non siano cumulabili a regime con le agevolazioni in materia di oneri generali di sistema, di cui all'articolo 39 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.». Ora, non sono certo contestabili gli scopi complessivi avuti di mira dal legislatore, che intende «pervenire a una piu' equa distribuzione degli oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici», distribuendo tra costoro «i minori oneri per l'utenza» derivanti, tra le altre, dalle misure dell'art. 26 e, in ultima analisi, alleggerendo i costi dell'energia elettrica per i «clienti [...] in media tensione e [...] in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW, diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica». Sennonche', tale obiettivo - oltre a non sembrare del tutto consonante con la finalita' specificamente declinata dal comma 1 dell'art. 26, nel senso di «favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle energie rinnovabili», non risultando in particolare chiaro il nesso tra la «migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle energie rinnovabili» e la «piu' equa distribuzione degli oneri tariffari» tra gli utenti - e' perseguito attraverso una «leva» che appare irragionevole e sproporzionata. Il reperimento delle necessarie risorse finanziarie e' infatti attuato attraverso una modificazione unilaterale e autoritativa dei rapporti in essere, di cui e' dubbia di per se' la proporzionalita' rispetto all'obiettivo avuto di mira, tenuto conto del rango e della natura degli scopi del regime di sostegno (basti por mente all'evocazione, da parte della dir. 2001/77, delle norme del Trattato sull'Unione europea sulla tutela dell'ambiente), e che comunque non appare bilanciata da adeguate misure compensative (art. 26, commi 5 e ss.), con ulteriore profilo di irragionevolezza. Quanto ai «finanziamenti bancari» (comma 5), e' sufficiente rilevare - in disparte gli aspetti collegati all'onerosita' per i beneficiari dei meccanismi ipotizzati e ai costi di transazione comunque derivanti dall'impalcatura giuridico-finanziaria dei nuovi contratti - che la garanzia dello Stato non copre l'intero importo dell'eventuale operazione finanziaria (sino all'80% dell'ammontare dell'«esposizione creditizia [...] di CDP nei confronti della banca» o della «somma liquidata da CDP alla banca garantita») e che comunque si tratta di «finanziamenti» non automatici (residuando uno spazio di apprezzamento circa i requisiti dei beneficiari finali, che devono a es. essere soggetti «economicamente e finanziariamente sani», e circa il «merito di credito»; cfr. artt. 1 e 2 decreto ministeriale 29 dicembre 2014). Ne' presenta natura compensativa l'adeguamento della durata dei titoli autorizzatori (comma 6), che costituisce piuttosto una conseguenza necessitata - peraltro, non priva, in se', di costi aggiuntivi - della protrazione del periodo di incentivazione oltre i venti anni nel caso di scelta dell'opzione di cui al comma 3, lettera a). Quanto all'«acquirente selezionato» (commi da 7 a 12), va osservato come lo stesso legislatore sia consapevole della natura solo eventuale della misura, tenuto conto dell'art. 26, comma 13, che ne subordina l'efficacia «alla verifica da parte del Ministero dell'economia e delle finanze della compatibilita' degli effetti delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza pubblica ai fini del rispetto degli impegni assunti in sede europea». Verifica tanto piu' stringente alla luce del relativo ambito di applicazione, non riservato ai soli produttori da fonte solare, ma esteso a tutti i percettori di incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili. In ogni caso, ferma l'impossibilita' di apprezzarne compiutamente il contenuto in assenza delle necessarie disposizioni attuative (si pensi, a es., al comma 9, lettera d, [...]), anche qui e' posto un limite quantitativo agli incentivi cedibili (80%), mentre non paiono disciplinate le conseguenze sui rapporti di finanziamento eventualmente accesi dai produttori di energia (i quali, attraverso la cessione, intendano monetizzare immediatamente l'incentivo). La possibilita' di un recesso anticipato del produttore dal contratto di finanziamento sembra in effetti presa in considerazione dal comma 11, che reca pero' un impegno per il Governo assolutamente generico («assumere ogni iniziativa utile a dare piena esecuzione alle disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con il sistema bancario per semplificare il recesso totale o parziale dei soggetti beneficiari di incentivi pluriennali dai contratti di finanziamento stipulati»). 5.1.4. In considerazione di quanto detto, e all'esito del bilanciamento tra l'interesse perseguito dal legislatore e la lesione dei diritti dei fruitori delle agevolazioni, emerge la possibile irragionevolezza e la possibile assenza di proporzionalita', ai sensi dell'art. 3 Cost., delle norme dell'art. 26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014 (come convertito dalla legge n. 116/2014), apparendo altresi' violato anche l'art. 41 Cost., alla luce dell'irragionevole effetto della frustrazione delle scelte imprenditoriali attraverso la modificazione degli elementi costitutivi dei rapporti in essere come contrattualizzati o, comunque, gia' negoziati. Cio' in quanto, e riassuntivamente: il sistema degli incentivi perde la sua stabilita' nel tempo nonostante lo stesso sia stato gia' individuato e predeterminato in una convenzione o contratto di diritto privato; gli investimenti effettuati non sono salvaguardati; viene meno l'equa remunerazione degli investimenti effettuati; il periodo di tempo per la percezione dell'incentivo, invariato nella misura complessiva, viene prolungato indipendentemente dalla vita media convenzionale degli impianti (lett. a); l'incentivo non e' piu' costante per tutto il periodo di diritto, ma si riduce in assoluto per tutto il periodo residuo (lett. c) o varia in diminuzione nell'ambito del ventennio originario di durata della convenzione (lett. a) o per cinque anni (lett. b). 5.2. Violazione degli artt. 11 e 117, comma 1, Cost. in relazione all'art. 1, Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e all'art. 6, par. 3, Trattato UE. Il comma 3 dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 si pone in rapporto di possibile incompatibilita' anche con gli artt. 11 e 117, comma 1, Cost. in relazione, quali norme interposte, all'art. 1, Protocollo addizionale n. 1, alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (di cui e' stata autorizzata la ratifica e disposta l'esecuzione con legge 4 agosto 1955, n. 848) e all'art. 6, par. 3, Trattato UE, che introduce nel diritto dell'Unione «in quanto principi generali», i «diritti fondamentali» garantiti dall'anzidetta Convenzione. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo detto art. 1 - che afferma il principio di «protezione della proprieta'», ammettendo al contempo l'adozione delle misure legislative «ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale» - conferisce protezione anche ai diritti di credito (e alle aspettative legittime; si veda, tra le altre, Maurice comma Francia [GC], del 6 ottobre 2005, n. 11810/03, parr. 63 e ss.), reputando ammissibili le «interferenze» (ingerenze) da parte della pubblica autorita' in presenza di un interesse generale (cfr. Arras e altri comma Italia, n. 17972/07, 14 febbraio 2012 e 14 maggio 2012, final, parr. 77-79). In questa prospettiva, l'ingerenza costituita dalla sottrazione di parte dei crediti spettanti ai produttori di energia in forza delle convenzioni stipulate con il GSE non appare giustificata ed e' in contrasto con il principio di proporzionalita', non risultando l'intervento ablatorio adeguatamente bilanciato dalla finalita' di diminuire le tariffe elettriche in favore di alcune categorie di consumatori. 5.3. Ulteriore violazione degli artt. 3 e 41 Cost.: disparita' di trattamento ed ulteriori profili di irragionevolezza e sproporzione. E' dubbia la costituzionalita' dell'art. 26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014, rispetto all'art. 3 Cost., eventualmente anche in relazione all'art. 41 Cost., nella parte in cui prevede che la rimodulazione si applichi soltanto agli «impianti di potenza nominale superiore a 200 kW» (recte: ai soggetti fruitori di tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da tali impianti). 5.3.1. Tale restrizione del campo applicativo comporta la creazione, nell'insieme dei titolari degli impianti fotovoltaici incentivati, di due sottoinsiemi di imprese distinte in base alla «potenza nominale» (dell'impianto), destinatarie di un trattamento differenziato. A dire della parte pubblica le ragioni di tale scelta sarebbero da ricondurre essenzialmente alla circostanza che i soggetti incisi dalla rimodulazione, pur costituendo un'esigua percentuale (4%) del totale di quelli agevolati, fruirebbero di benefici pari alla maggior parte della spesa totale per l'incentivazione. In disparte l'esattezza del dato numerico, questa considerazione non integra, tuttavia, un profilo idoneo a sorreggere la contestata differenziazione di trattamento e, in particolare, la deteriore disciplina riservata a quelli di maggiori dimensioni, occorrendo tener conto delle modalita' di funzionamento delle tariffe incentivanti. La relativa entita' dipende infatti dalla quantita' di energia prodotta, sicche' e' evenienza del tutto normale, e insita nel sistema, che i soggetti dotati di piu' elevata capacita' produttiva, fruendo di incentivi proporzionati, possano assorbire un ammontare di benefici piu' che proporzionale rispetto al relativo numero. In altri termini, nel regime di sostegno delineato dai conti energia rileva la quantita' dell'energia prodotta, non gia' il numero dei produttori, con la conseguenza che misure dirette a colpire soltanto alcuni di costoro sortiscono l'effetto di differenziare posizioni giuridiche omogenee. Le precedenti considerazioni dimostrano al contempo l'ulteriore irragionevolezza delle misure in argomento, foriere di un trattamento peggiorativo per alcuni produttori in assenza di adeguata causa giustificativa, non risultando percepibili le ragioni di interesse pubblico poste a base della distinzione. La sussistenza dei vizi innanzi indicati pare avvalorata dall'ulteriore esonero disposto dall'art. 22-bis, comma 1, decreto-legge n. 133/14 cit. in favore degli impianti i cui soggetti responsabili erano, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 91/2014, «enti locali o scuole»: la norma opera infatti un distinguo fondato sulla peculiare qualita' dei percettori dei benefici, indipendentemente dalla quantita' di energia prodotta. 5.3.2. Altro profilo di discriminazione si desume dal trattamento degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili diverse dal solare. Nell'ambito dell'art. 26 il legislatore prende in considerazione anche tali soggetti nella parte relativa all'«acquirente selezionato» (commi 7 e ss.). Sennonche', non si comprendono le ragioni del deteriore trattamento dei produttori da fonte solare rispetto agli altri percettori di incentivi, parimenti finanziati dagli utenti attraverso i cc.dd. oneri generali di sistema (e dunque con il versamento delle componenti della bolletta elettrica A3 o assimilate). 5.3.3. La creazione di categorie differenziate determina anche un vulnus alla concorrenza e una lesione della liberta' di iniziativa economica ex art. 41 Cost. dei produttori di energia elettrica destinatari dell'art. 26, comma 3, i quali, ancorche' in un contesto economico connotato dal sostegno pubblico, vedono pregiudicata la possibilita' di operare sul mercato a parita' di condizioni con gli altri produttori da fonte solare e, piu', in generale, di energia rinnovabile. Sotto questo profilo risultano pertanto lesi gli artt. 3 e 41 Cost.. 5.4. Violazione dell'art. 77 Cost. Secondo la Corte costituzionale «la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessita' e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validita' dell'adozione di tale atto, la cui mancanza configura un vizio di legittimita' costituzionale del medesimo, che non e' sanato dalla legge di conversione» (sent. n. 93 del 2011). Essa precisa anche che il relativo sindacato «va [...] limitato ai casi di «evidente mancanza» dei presupposti di straordinaria necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma, Cost. o di «manifesta irragionevolezza o arbitrarieta' della relativa valutazione»" (v., tra le altre, sentenza n. 10/2015). Ai fini della relativa indagine la Corte ha rimarcato la centralita' dell'elemento dell'«evidente estraneita'» della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui e' inserita, dovendo risultare una «intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico. La urgente necessita' del provvedere puo' riguardare una pluralita' di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare» (sent. n. 22/2012 nonche' sentt. nn. 128/2008 e 171/2007). Cio' in quanto «l'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere ed «i provvedimenti provvisori con forza di legge»" di cui all'art. 77 Cost., con l'ulteriore precisazione che «il presupposto del «caso» straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno» e ponendosi «la scomposizione atomistica della condizione di validita' prescritta dalla Costituzione [...] in contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso» che lo ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme assemblate soltanto da mera casualita' temporale». In tale ottica, la Corte ha conferito rilievo anche all'art. 15, comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400, che «pur non avendo, in se' e per se', rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro di legittimita' in un giudizio davanti a questa Corte, costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento» (sent. n. 22/2012 cit., in cui e' preso in esame anche il preambolo dell'atto sottoposto a scrutinio). Ora, premesso che ai sensi dell'art. 15, comma 1, legge n. 400/88 cit. i decreti-legge sono presentati per l'emanazione «con l'indicazione, nel preambolo, delle circostanze straordinarie di necessita' e di urgenza che ne giustificano l'adozione», mentre il comma 3 sancisce che «i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo», il dubbio di costituzionalita' dell'art. 26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014 insorge con riferimento alla circostanza che, pur rinvenendosi nel titolo del decreto-legge n. 91/2014 il riferimento al «rilancio e [al]lo sviluppo delle imprese» e al «contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche», nel preambolo del provvedimento non si rinviene tuttavia esplicitazione di tali punti. Risulta infatti presa in considerazione unicamente (con riguardo alla materia in esame) «la straordinaria necessita' e urgenza di adottare disposizioni volte a superare alcune criticita' ambientali, alla immediata mitigazione del rischio idrogeologico e alla salvaguardia degli ecosistemi, intervenendo con semplificazioni procedurali, promuovendo interventi di incremento dell'efficienza energetica negli usi finali dell'energia nel settore pubblico e razionalizzando le procedure in materia di impatto ambientale» (gli altri enunciati del preambolo riguardano la straordinaria necessita' e urgenza di adottare «disposizioni finalizzate a coordinare il sistema dei controlli e a semplificare i procedimenti amministrativi», di «prevedere disposizioni finalizzate alla sicurezza alimentare dei cittadini», di adottare «disposizioni per rilanciare il comparto agricolo, quale parte trainante dell'economia nazionale, e la competitivita' del medesimo settore [...]»; di adottare «disposizioni per semplificare i procedimenti per la bonifica e la messa in sicurezza dei siti contaminati e per il sistema di tracciabilita' dei rifiuti, per superare eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti solidi urbani, nonche' di adeguare l'ordinamento interno agli obblighi derivanti, in materia ambientale, dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea»); Il testo e' poi articolato in un titolo unico (tit. I «misure per la crescita economica») e in 3 capi («disposizioni urgenti per il rilancio del settore agricolo»; «disposizioni urgenti per l'efficacia dell'azione pubblica di tutela ambientale, per la semplificazione di procedimenti in materia ambientale e per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'unione europea»; «disposizioni urgenti per le imprese»). L'art. 26 e' contenuto nel capo III, «disposizioni urgenti per le imprese», insieme a una serie di articoli omogenei (da 23 a 30), effettivamente attinenti al tema della «piu' equa distribuzione degli oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici» (cosi' l'art. 23 cit., che individua gli artt. da 24 a 30 quali generatori di «minori oneri per l'utenza»), ma in un contesto di norme del tutto eterogenee (cfr. artt. 18 ss). Appare dunque carente l'elemento finalistico, non sembrando ravvisabile «l'intento di fronteggiare situazioni straordinarie complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare». Sotto altro profilo, esso contiene anche misure che non sono «di immediata applicazione», come sancito dall'art. 15, comma 3, legge n. 400/88, essendo sufficiente considerare le menzionate norme sull'«acquirente selezionato» e sul recesso dai contratti di finanziamento (commi da 7 a 12). 6. Profili di non manifesta infondatezza dell'art. 26, comma 2: violazione degli artt. 3, 41 e 77 Cost. L'art. 26, comma 2, decreto-legge n. 91/2014, interviene sulle modalita' di corresponsione delle tariffe incentivanti, prevedendo, «dal secondo semestre 2014», che il GSE le eroghi «con rate mensili costanti, in misura pari al 90 per cento della producibilita' media annua stimata di ciascun impianto, nell'anno solare di produzione», con effettuazione del «conguaglio, in relazione alla produzione effettiva, entro il 30 giugno dell'anno successivo». Il decreto ministeriale 16 ottobre 2014, nel dare attuazione al comma 2, sancisce, all'all. 1 (punto 1.1), che ai fini dell'individuazione del «valore della rata di acconto», la «producibilita' media annua» sia determinata sulla base: della c.d. «produzione storica», qualora disponibile, consistente nelle «ore di produzione del singolo impianto relative all'anno precedente»: nelle «Istruzioni operative» del 3 novembre 2014 il Gestore precisa che tale criterio si applica «qualora siano disponibili le misure valide relative a tutti i mesi dell'anno precedente»; della c.d. «stima regionale», consistente in una «stima delle ore di produzione regionali»: sempre nelle Istruzioni si chiarisce che qualora le anzidette «misure valide riferite a tutti i mesi dell'anno precedente» non siano disponibili, si applica il criterio del «numero di ore annue medie, definite in funzione della regione in cui e' localizzato l'impianto»), sulla base della Tabella 1 («Ore equivalenti medie per Regione - anno 2014»). In relazione a questa disposizione possono essere richiamate le considerazioni sviluppate ai precedenti punti 5.1 e 5.4, potendosi dubitare della sua compatibilita' con gli artt. 3, 41 e 77 Cost. Essa, oltre a risentire della medesima eterogeneita' ipotizzata con riferimento al comma 3, incide parimenti su rapporti in corso di esecuzione, definendo autoritativamente le modalita' di attuazione dell'obbligazione di pagamento degli incentivi incombente sul Gestore. Il comma 2 modifica infatti le condizioni contrattuali in essere, sostituendo il criterio della «produzione effettiva» - fondato dunque su un dato di realta' (le modalita' di erogazione delle tariffe per i vari conti energia si basano sulla misure dell'energia prodotta; cfr. a es. art. 6, comma 4, decreto ministeriale 5 luglio 2012; si ricorre a criteri suppletivi, quale la «producibilita' attesa», nel caso di mancata comunicazione delle misure; cfr. art. 5.3, all. A, delib. Aeeg n. 181/10 del 20 ottobre 2010, in riferimento al III° conto) - con quello della «producibilita' media annua» (a sua volta supplito, in assenza di «misure valide», dalle «ore equivalenti medie per Regione»), senza considerare che il singolo beneficiario ha acceduto al regime di sostegno confidando nella possibilita' di disporre di un flusso di cassa commisurato all'effettiva produzione, sulla base del quale provvedere alle proprie esigenze di tipo finanziario, continuative (es. rimborso dei finanziamenti) o contingenti che siano. In altri termini, anche questa misura comporta un'alterazione dei rapporti giuridici in corso, e, con riferimento al primo anno di operativita' del meccanismo, un pregiudizio economico certo (consistente nella ritardata percezione del 10% dell'incentivo spettante, qualificato dalla legge in termini di «conguaglio»). Sicche' il raggiungimento di quella che pare essere la sua dichiarata finalita' - «ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi» (art. 26, comma 1) - avviene a scapito del fruitore degli incentivi, che non e' messo in condizione di acconsentire al mutamento delle condizioni alle quali avviene la regolazione delle partite economiche del rapporto.». III) Tanto premesso, il Collegio ritiene rilevanti e non manifestamente infondate le esposte questioni di costituzionalita' e, per l'effetto, sospende il giudizio, mandando alla Segreteria di trasmettere alla Corte la presente ordinanza, di notificarla alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' di comunicarla ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. III-ter: a) visti gli artt. 134 Cost., 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale: dell'art. 26, comma 3, del decreto-legge n. 91/2014, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 116/2014, in relazione agli articoli 3, 11, 41, 77 e 117, primo comma, della Costituzione, nonche' 1, Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e 6, paragrafo 3, Trattato sull'Unione europea secondo quanto specificato in motivazione; dell'art. 26, comma 2, decreto-legge n. 91/2014, in relazione agli articoli 3, 41 e 77 Cost.; b) dispone la sospensione del presente giudizio; c) ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, unitamente alla prova delle previste comunicazioni e notificazioni; d) ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio e al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma nelle camere di consiglio del 25 giugno e del 29 ottobre 2015, con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Daniele, Presidente; Michelangelo Francavilla, consigliere; Maria Grazia Vivarelli, consigliere, estensore. Il Presidente: Daniele L'estensore: Vivarelli