N. 267 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 dicembre 2015
Ordinanza del 28 dicembre 2015 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Soc. Kerasol S.a.s. di Energipension Italy 2 S.r.l. contro GSE S.p.a. - Gestore dei Servizi Energetici, Ministero dello sviluppo economico, Presidenza del Consiglio dei ministri. Energia - Interventi sulle tariffe incentivanti dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 KW - Rimodulazione a decorrere dal 1° gennaio 2015. - Decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, art. 26, comma 3.(GU n.2 del 11-1-2017 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Terza Ter) ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 14553 del 2014, proposto da: Soc. Kerasol S.a.s. di Energipension Italy 2 S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Stefania Maria Teresa Piscitelli, Daniela Sabelli, Carmine Gravina, con domicilio eletto presso Stefania M. Teresa Piscitelli in Roma, Via San Basilio, 72; Contro: Gse S.p.a. - Gestore dei Servizi Energetici; Ministero dello sviluppo economico, Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; per l'annullamento, previa sospensiva: del decreto ministeriale 17 ottobre 2014, recante «Modalita' per la rimodulazione delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici, in attuazione dell'art. 26, comma 3, lettera b) decreto-legge n. 91/14 convertito con modificazioni dalla legge n. 116/14»; del decreto ministeriale 16 ottobre 2014, recante «Incentivi per impianti fotovoltaici - Modalita' per l'erogazione delle tariffe da parte del GSE»; delle «Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici» adottate dal GSE in data 3 novembre 2014. Per l'accertamento: del diritto in capo alla ricorrente di mantenere le condizioni per la quantificazione e l'erogazione delle tariffe incentivanti di cui alla convenzione sottoscritta con il GSE ai sensi del decreto ministeriale 5 maggio 2011; del diritto della ricorrente a non vedersi applicato l'art. 26 decreto-legge n. 91/2014; per la disapplicazione dell'art. 26, commi 2 e 3, decreto-legge n. 91/2014 e della Tabella in all. 2; per la rimessione alla Corte costituzionale e alla Corte di giustizia dell'anzidetto art. 26, commi 2 e 3, decreto-legge n. 91/2014 e della Tabella in all. 2. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dello sviluppo economico e di Presidenza del Consiglio dei ministri; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2015 la dott.ssa Maria Grazia Vivarelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Con ricorso notificato il 24 novembre 2014 (dep. il 25 novembre ), la ricorrente, deducendo di essere titolare di un impianto fotovoltaico con potenza nominale superiore a 200kW, ammesso a fruire delle tariffe incentivanti riconosciute in base agli articoli 7 decreto legislativo n. 387/2003 e 25, comma 10, decreto legislativo n. 28/2011, con i termini e le modalita' stabilite in apposita convenzione stipulata con il GSE, per un periodo di venti anni dalla data di entrata in esercizio dell' impianto stesso ha avanzato le domande riportate in epigrafe. Si sono costituiti in resistenza il Ministero dello sviluppo economico e la Presidenza del Consiglio dei ministri (19 dicembre 2014), che hanno depositato memoria difensiva. La ricorrente ha replicato con nota del 7 maggio 2015. All'udienza pubblica del 25 giugno 2015 il ricorso e' stato trattenuto in decisione. Premesso in fatto Premesso che: la ricorrente, quale soggetto responsabile titolare dell'impianto fotovoltaico nel comune di San Colombano al Lambro (MI), di kW 987,84, entrato in esercizio in data 28 novembre 2011, e' il beneficiario della tariffa incentivante prevista dal decreto ministeriale 5 maggio 2011 avendo richiesto ed ottenuto l'ammissione alla tariffa incentivante e stipulato in data 21 maggio 2012 con il GSE la relativa convenzione (n. I06L244712107) di durata ventennale (20 anni) avente ad oggetto il riconoscimento da parte del GSE delle tariffe incentivanti; la normativa vigente al tempo della concessione dell'incentivo era la seguente: 1) Carta europea dell'energia, stipulato a Lisbona il 17 dicembre 1994 e ratificato in Italia con legge 10 novembre 1997, n. 415; 2) il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 di «attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'», nel quale, tra l'altro, all'art. 1, viene espressa la finalita' di promuovere un maggior contributo delle fonti energetiche rinnovabili alla produzione di elettricita' nel relativo mercato italiano e comunitario nel rispetto della disciplina nazionale, comunitaria ed internazionale vigente, nonche' nel rispetto dei principi e criteri direttivi stabiliti dall'art. 43 della legge 1° marzo 2002, n. 39; all'art. 7 (comma 2 lettera d), viene stabilito che l'entita' dell'incentivazione sia tale da garantire equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio; 3) il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 recante «Attuazione della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE» che contiene principi di: stabilita' nel tempo dei sistemi di incentivazione (art. 23, comma 1, decreto legislativo n. 28/2011); gradualita' di intervento a salvaguardia degli investimenti attuati e proporzionalita' agli obiettivi (art. 23, comma 2, decreto legislativo n. 28/2011); garanzia di incentivazione con meccanismi vigenti alla data di entrata in esercizio dell'impianto (art. 25, comma 1, decreto legislativo n. 28/2011); necessita' di tener conto del principio di equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio (art. 25, comma 10, decreto legislativo n. 28/2011 e art. 7 decreto legislativo n. 387/2003); salvezza dei diritti acquisiti e degli effetti prodotti dalle norme abrogate (art. 25, comma 11, decreto legislativo n. 28/2011); 5) il decreto ministeriale 5 maggio 2011 «Incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici» e, in particolare: l'art. 6, comma 4 secondo cui «4. In tutti i casi la tariffa incentivante spettante e' quella vigente alla data di entrata in esercizio dell'impianto»; l'art. 10, comma 3 ove e' previsto che «Il GSE, verificato il rispetto delle disposizioni del presente decreto, determina e assicura al soggetto responsabile l'erogazione della tariffa spettante entro centoventi giorni dalla data di ricevimento della medesima richiesta, al netto dei tempi imputabili al soggetto responsabile»; l'art. 12, ove e' previsto che «1. Per l'energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici di cui al presente titolo, il soggetto responsabile ha diritto a una tariffa individuata sulla base di quanto disposto dall'allegato 5. 2. La tariffa incentivante e' riconosciuta per un periodo di venti anni a decorrere dalla data di entrata in esercizio dell'impianto ed e' costante in moneta corrente per tutto il periodo di incentivazione.». Considerato che: il decreto-legge n. 91/2014 all'art. 26 impone a ciascun operatore, titolare di impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 200 kW, di comunicare al Gestore dei Servizi Energetici - GSE S.p.A. («GSE») entro il 30 novembre 2014 l'opzione scelta tra quelle delle tre alternative indicate alle lettere a), b) e c) del medesimo comma 3, le quali - con modalita' diverse - operano una riduzione di una quota percentuale dell'incentivo gia' assegnato e oggetto di convenzione stipulata con il GSE. In particolare, al 30 novembre 2014, l'operatore deve scegliere tra le seguenti tre (3) alternative, tutte con decorrenza dal l° gennaio 2015: a) prima opzione: il periodo di incentivazione viene allungato da 20 anni a 24 anni dalla data di entrata in esercizio e l'incentivo viene ridotto delle seguenti percentuali: Periodo di Incentivazione Residuale (Anni) - Percentuale di riduzione dell'incentivo 12 - 25%, 13 - 24%, 14 - 22%, 15 - 21%, 16 - 20%, 17 - 19%, 18 - 18%, oltre 19 - 17%; b) seconda opzione: l'attuale periodo di incentivazione di 20 anni rimane inalterato, ma la tariffa incentivante verra' ridotta di una percentuale in una fase e aumentata in egual misura nel periodo successivo. Il Ministero dello sviluppo economico ha reso note, con decreto ministeriale del 17 ottobre 2014, qui contestato, le modalita' di rimodulazione delle tariffe incentivanti. c) terza opzione: L'attuale periodo di incentivazione di 20 anni resta inalterato, ma la tariffa incentivante viene ridotta delle seguenti percentuali: (i) 6% per gli impianti con una potenza nominale da 200 kW a 500 kW, (ii) 7% per gli impianti con una potenza nominale superiore a 500 kW fino a 900 kW, e (iii) 8% per impianti con una maggiore potenza nominale. La medesima disposizione normativa prevede che, assenza di comunicazione da parte dell'operatore, il GSE applica l'opzione di cui alla lettera c). L'art. 26, comma 4 prevede che, per le tariffe onnicomprensive erogate ai sensi del decreto ministeriale 5 maggio 2011 o del decreto ministeriale 5 luglio 2012, le riduzioni di cui all'allegato 2 al presente decreto si applicano alla sola componente incentivante, calcolata secondo le modalita' di cui all'art. 5, comma 1, secondo periodo, del medesimo decreto 5 luglio 2012. L'art. 26, comma 5, riconoscendo implicitamente che tutte le opzioni di cui al comma 3 impongono una significativa riduzione delle tariffe incentivanti, ha previsto la facolta' dei beneficiari della tariffa incentivante (che hanno optato per una delle suddette riduzioni) di accedere a finanziamenti bancari per un importo massimo pari alla differenza tra l'incentivo gia' spettante al 31 dicembre 2014 e l'incentivo rimodulato per effetto della scelta di una delle alternative opzioni di cui al comma 3. Si tratta di finanziamenti bancari che devono essere garantiti da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. o devono avere una provvista dedicata, a loro volta, garantita dallo Stato e che, per essere operativi, necessitano del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze che fissi i criteri e le modalita' della garanzia dello Stato. Sempre nell'ottica di ammortizzare la riduzione degli incentivi, i commi da 7 a 13 del citato art. 26 hanno previsto la facolta' della ricorrente (al pari dei soggetti beneficiari degli incentivi) di cedere l'80% (per cento) degli incentivi ad un acquirente selezionato tra i primari operatori europei. In data 3 novembre 2014, il GSE ha pubblicato sul proprio sito web le «Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici ai sensi dell'art. 26 della legge n. 116/2014» che non consentono agli operatori di modificare la scelta operata successivamente al 30 novembre 2014. Cio' posto, nell'attuale quadro di riferimento, la ricorrente ritiene di aver diritto a non esercitare alcuna delle opzioni, previste dall'art. 26, comma 3 del decreto-legge n. 91/2014 e dalle Istruzione Operative, di riduzione dell'incentivo gia' riconosciuto all'impianto fotovoltaico di sua proprieta' e gia' oggetto di convenzione con il GSE, dal momento che tale previsione normativa e- a parere della ricorrente - incostituzionale per contrasto con gli articoli 3, 41, 42, 77, 97, 10 e 117 Cost. Considerato in diritto Definite con separata sentenza parziale, le questioni in rito relative alla giurisdizione del giudice amministrativo e all'ammissibilita' della domanda di accertamento avanzata dalla parte ricorrente, osserva il Collegio che la soluzione della controversia richiede la preliminare sottoposizione dell'art. 26 decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, al giudizio della Corte costituzionale. Di seguito vengono esplicitate le ragioni della decisione del Tribunale. 1. Quadro normativo relativo all'incentivazione della produzione elettrica da fonte solare. 1.1. Le direttive europee. La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e' obiettivo rilevante delle politiche energetiche e ambientali europee. Essa trova collocazione nel contesto di favore sancito a livello internazionale dal Protocollo di Kyoto (Protocollo alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, stipulato a Kyoto l'11 dicembre 1997, di cui e' stata autorizzata la ratifica e disposta l'esecuzione con legge 1° giugno 2002, n. 120; cfr. anche art. 11, comma 5, decreto legislativo n. 79/1999 nella versione anteriore alle modificazioni di cui al decreto legislativo n. 28/2011; in Europa, il Protocollo e' stato approvato con decisione del Consiglio 2002/358/CE del 25 aprile 2002), il cui art. 2, par. 1, lettera a), obbliga le parti contraenti, «nell'adempiere agli impegni di limitazione quantificata e di riduzione delle emissioni [...], al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile», ad applicare o elaborare «politiche e misure, in conformita' con la sua situazione nazionale, come: [...] iv) Ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di forme energetiche rinnovabili [...]». Con la direttiva n. 2001/77/CE (sulla «promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'») il legislatore europeo, riconosciuta «la necessita' di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, poiche' queste contribuiscono alla protezione dell'ambiente e allo sviluppo sostenibile», potendo «inoltre creare occupazione locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale, contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e permettere di conseguire piu' rapidamente gli obiettivi di Kyoto» (primo Considerando), ha affermato chiaramente che «la promozione dell'elettricita' prodotta da fonti energetiche rinnovabili e' un obiettivo altamente prioritario a livello della Comunita' [...]» (secondo Considerando) e ha ritenuto pertanto di intervenire attraverso l'assegnazione agli Stati membri di «obiettivi indicativi nazionali di consumo di elettricita' prodotta da fonti energetiche rinnovabili», con riserva di proporre «obiettivi vincolanti» in ragione dell'eventuale progresso rispetto all'"obiettivo indicativo globale» del 12% del consumo interno lordo di energia nel 2010 (settimo Considerando), ferma la possibilita' per ciascuno Stato membro di individuare «il regime piu' rispondente alla sua particolare situazione» per il raggiungimento degli «obiettivi generali dell'intervento» (ventitreesimo Considerando). In coerenza con tali premesse, la direttiva ha individuato all'art. 3 i menzionati «obiettivi indicativi nazionali» e all'art. 4 ha conferito agli Stati membri la possibilita' di stabilire specifici «regimi di sostegno», demandando alla Commissione, per un verso, (par. 1) la valutazione della coerenza di questi ultimi con i principi in materia di aiuti di Stato (articoli 87 e 88 Trattato CE, oggi articoli 107 e 108 Trattato UE), «tenendo conto che essi contribuiscono a perseguire gli obiettivi stabiliti negli articoli 6 e 174 del Trattato» (si tratta delle disposizioni sulla tutela dell'ambiente e sulla politica ambientale comunitaria; cfr. oggi articoli 11 e 191 Tratt. UE), e, per altro verso, (par. 2), la presentazione (entro il 27.10.2005) di una relazione sull'esperienza maturata e di un'eventuale «proposta relativa a un quadro comunitario» per i regimi di sostegno tale da: «a) contribuire al raggiungimento degli obiettivi indicativi nazionali; b) essere compatibile con i principi del mercato interno dell'elettricita'; c) tener conto delle caratteristiche delle diverse fonti energetiche rinnovabili, nonche' delle diverse tecnologie e delle differenze geografiche; d) promuovere efficacemente l'uso delle fonti energetiche rinnovabili, essere semplice e al tempo stesso per quanto possibile efficiente, particolarmente in termini di costi; e) prevedere per i regimi nazionali di sostegno periodi di transizione sufficienti di almeno sette anni e mantenere la fiducia degli investitori». La dir. n. 2009/28/CE («promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE») compie l'annunciato cambio di passo, avendo il legislatore comunitario ritenuto di procedere attraverso l'indicazione agli Stati membri di «obiettivi nazionali obbligatori» per il raggiungimento di una quota pari al 20% di consumo di energia da fonti rinnovabili entro il 2020 (Considerando n. 13); tali obiettivi hanno la «principale finalita'», come precisato al Considerando n. 14, di «creare certezza per gli investitori nonche' stimolare lo sviluppo costante di tecnologie capaci di generare energia a partire da ogni tipo di fonte rinnovabile». In questa nuova prospettiva - e ravvisata ulteriormente la necessita', stanti le diverse condizioni iniziali, di tradurre l'anzidetto «obiettivo complessivo comunitario» in obiettivi individuali per ogni Stato membro, «procedendo ad un'allocazione giusta e adeguata che tenga conto della diversa situazione di partenza e delle possibilita' degli Stati membri, ivi compreso il livello attuale dell'energia da fonti rinnovabili e il mix energetico» (cons. 15) -, la direttiva prende specificamente in considerazione i regimi di sostegno nazionali. In particolare, il Considerando n. 25 (nel rilevare che «gli Stati membri hanno potenziali diversi in materia di energia rinnovabile e diversi regimi di sostegno all'energia da fonti rinnovabili a livello nazionale», che la maggioranza di essi «applica regimi di sostegno che accordano sussidi solo all'energia da fonti rinnovabili prodotta sul loro territorio» e che «per il corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali e' essenziale che gli Stati membri possano controllare gli effetti e i costi dei rispettivi regimi in funzione dei loro diversi potenziali») riconosce che «uno strumento importante per raggiungere l'obiettivo fissato dalla presente direttiva consiste nel garantire il corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali, come previsto dalla direttiva 2001/77/CE, al fine di mantenere la fiducia degli investitori e permettere agli Stati membri di elaborare misure nazionali efficaci per conformarsi al suddetto obiettivo» (cio' anche in vista del coordinamento tra le misure di «sostegno transfrontaliero all'energia da fonti rinnovabili» e i regimi di sostegno nazionale). L'art. 3 individua, pertanto, gli «obiettivi e [le] misure nazionali generali obbligatori per l'uso dell'energia da fonti rinnovabili» (quello per l'Italia e' pari al 17%; cfr. Tabella all'allegato I, parte A) e rimarca la possibilita' per gli Stati membri di utilizzare, tra l'altro, i regimi di sostegno (par. 3), definiti dal precedente art. 2, par. 2, lettera k), nei seguenti termini: «strumento, regime o meccanismo applicato da uno Stato membro o gruppo di Stati membri, inteso a promuovere l'uso delle energie da fonti rinnovabili riducendone i costi, aumentando i prezzi a cui possono essere vendute o aumentando, per mezzo di obblighi in materia di energie rinnovabili o altri mezzi, il volume acquistato di dette energie. Cio' comprende, ma non in via esclusiva, le sovvenzioni agli investimenti, le esenzioni o gli sgravi fiscali, le restituzioni d'imposta, i regimi di sostegno all'obbligo in materia di energie rinnovabili, compresi quelli che usano certificati verdi, e i regimi di sostegno diretto dei prezzi, ivi comprese le tariffe di riacquisto e le sovvenzioni». 1.2. Il recepimento delle direttive in Italia: i cc.dd. Conti Energia. 1.2.1. La dir. 2001/77 e' stata recepita con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, che in attuazione della delega di cui all'art. 43 legge 1° marzo 2002, n. 39 (Legge Comunitaria 2001), ha offerto il quadro di riferimento generale per la promozione delle «fonti energetiche rinnovabili o fonti rinnovabili» (art. 2 comma 1, lettera a), introducendo varie misure incentivanti. Per quel che oggi rileva, la produzione di energia elettrica da fonte solare e' specificamente presa in considerazione dall'art. 7 («disposizioni specifiche per il solare»), che ha demandato a «uno o piu' decreti» interministeriali (del Ministro delle attivita' produttive, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e d'intesa con la Conferenza unificata) la definizione dei «criteri» di incentivazione (comma 1). La delega all'autorita' governativa e' assai ampia. La disposizione sancisce infatti (comma 2, lettere da a a g) che detti «criteri» stabiliscano («senza oneri per il bilancio dello Stato e nel rispetto della normativa comunitaria vigente»): a) «i requisiti dei soggetti che possono beneficiare dell'incentivazione»; b) «i requisiti tecnici minimi dei componenti e degli impianti»; c) «le condizioni per la cumulabilita' dell'incentivazione con altri incentivi»; d) le modalita' per la determinazione dell'entita' dell'incentivazione. Per l'elettricita' prodotta mediante conversione fotovoltaica della fonte solare prevedono una specifica tariffa incentivante, di importo decrescente e di durata tali da garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio»; e) «un obiettivo della potenza nominale da installare»; f) «il limite massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti che possono ottenere l'incentivazione»; g) l'eventuale «utilizzo dei certificati verdi» ex art. 11, comma 3, decreto legislativo n. 79/1999. I decreti ministeriali adottati in base all'art. 7 sono noti con la denominazione di «Conti Energia» e sono identificati con numero ordinale progressivo in relazione alle versioni via via succedutesi: primo Conto energia (dd.mm. 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006, recanti distinzione delle tariffe in relazione alla potenza nominale, se superiore o non a 20 kW; le «tariffe decrescenti» sono stabilite in dipendenza dell'anno in cui la domanda di incentivazione e' presentata); secondo Conto energia (d.m. 19 febbraio 2007, che introduce ulteriori incentivazioni per gli impianti integrati architettonicamente e un premio per quelli abbinati a un uso efficiente dell'energia); terzo Conto energia (d.m. 6 agosto 2010, nelle cui premesse si ravvisa la necessita' di «intervenire al fine di aggiornare le tariffe incentivanti, alla luce della positiva decrescita dei costi della tecnologia fotovoltaica, al fine di rispettare il principio di equa remunerazione dei costi» ex art. 7 decreto legislativo n. 387 del 2003 e «di stimolare l'innovazione e l'ulteriore riduzione dei costi», attraverso una «progressiva diminuzione [di dette tariffe] che, da un lato, miri ad un allineamento graduale verso gli attuali costi delle tecnologie e che, dall'altro, mantenga stabilita' e certezza sul mercato»). In ciascuno di questi provvedimenti la durata dell'incentivazione e' stabilita in venti anni, decorrenti dalla data di entrata in esercizio dell'impianto (cfr. articoli 5, comma 2, e 6, commi 2 e 3, decreto ministeriale 28 luglio 2005, art. 6 decreto ministeriale 19 febbraio 2007, che precisa come il valore della tariffa sia «costante in moneta corrente» per tutto il periodo ventennale, e articoli 8, 12 e 14 decreto ministeriale 6 agosto 2010). 1.2.2. La dir. 2009/28 e' stata recepita con il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in attuazione della delega di cui all'art. 17, comma 1, legge 4 giugno 2010, n. 96 (Legge Comunitaria 2009). Individuate all'art. 1 le «finalita'» («il presente decreto [...] definisce gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli obiettivi fino al 2020 in materia di quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e di quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti. [...]»), l'art. 3 stabilisce gli «obiettivi nazionali», prevedendo, per quanto qui rileva, che «la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia da conseguire nel 2020 e' pari a 17 per cento» (comma 1), obiettivo da perseguire «con una progressione temporale coerente con le indicazioni dei Piani di azione nazionali per le energie rinnovabili predisposti ai sensi dell'art. 4 della direttiva 2009/28/CE» (comma 3). Ai regimi di sostegno e' dedicato il Titolo V, aperto dall'art. 23 sui «principi generali» - capo I - ai sensi del quale: «1. Il presente Titolo ridefinisce la disciplina dei regimi di sostegno applicati all'energia prodotta da fonti rinnovabili e all'efficienza energetica attraverso il riordino ed il potenziamento dei vigenti sistemi di incentivazione. La nuova disciplina stabilisce un quadro generale volto alla promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica in misura adeguata al raggiungimento degli obiettivi di cui all'art. 3, attraverso la predisposizione di criteri e strumenti che promuovano l'efficacia, l'efficienza, la semplificazione e la stabilita' nel tempo dei sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo l'armonizzazione con altri strumenti di analoga finalita' e la riduzione degli oneri di sostegno specifici in capo ai consumatori. 2. Costituiscono ulteriori principi generali dell'intervento di riordino e di potenziamento dei sistemi di incentivazioni la gradualita' di intervento a salvaguardia degli investimenti effettuati e la proporzionalita' agli obiettivi, nonche' la flessibilita' della struttura dei regimi di sostegno, al fine di tener conto dei meccanismi del mercato e dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica.». Il Capo II (articoli da 24 a 26) concerne specificamente la produzione di energia da fonti rinnovabili. L'art. 24 delinea i «meccanismi di incentivazione» per gli impianti che entrano in esercizio dopo il 31 dicembre 2012 individuando al comma 2, tra gli altri, i seguenti «criteri generali»: «a) l'incentivo ha lo scopo di assicurare una equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio; b) il periodo di diritto all'incentivo e' pari alla vita media utile convenzionale delle specifiche tipologie di impianto e decorre dalla data di entrata in esercizio dello stesso; c) l'incentivo resta costante per tutto il periodo di diritto e puo' tener conto del valore economico dell'energia prodotta; d) gli incentivi sono assegnati tramite contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto, sulla base di un contratto-tipo definito dall'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del primo dei decreti di cui al comma 5; [...]». L'art. 25 reca la disciplina transitoria, sancendo al comma 1, che la produzione da impianti entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012 e' «incentivata con i meccanismi vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, con i correttivi di cui ai commi successivi». I commi 9 e 10 dettano i «correttivi» per gli impianti da fonte solare, mentre il successivo comma 11, lettera b), n. 3, dispone l'abrogazione (a far tempo dal 1° gennaio 2013) dell'art. 7 decreto legislativo n. 387/03 cit. «fatti salvi i diritti acquisiti». In particolare: il comma 9 sancisce l'applicabilita' del Terzo Conto (d.m. 6 agosto 2010 cit.) alla produzione degli impianti fotovoltaici «che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011»; il comma 10, per gli impianti con data di entrata in esercizio successiva al 1° giugno 2011 - e fatte salve le previsioni dell'art. 2-sexies decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3 (convertito, con modifiche, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41) che ha esteso l'operativita' del Secondo Conto agli impianti ultimati entro il 31 dicembre 2010 purche' entrati in esercizio entro il 30 giugno 2011 -, ha demandato la disciplina del regime incentivante a un decreto ministeriale (emanato dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata), da adottare sulla base dei seguenti principi: «a) determinazione di un limite annuale di potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che possono ottenere le tariffe incentivanti; b) determinazione delle tariffe incentivanti tenuto conto della riduzione dei costi delle tecnologie e dei costi di impianto e degli incentivi applicati negli Stati membri dell'Unione europea; c) previsione di tariffe incentivanti e di quote differenziate sulla base della natura dell'area di sedime; d) applicazione delle disposizioni dell'art. 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in quanto compatibili [...]». In attuazione del comma 10 sono stati adottati gli ultimi due Conti Energia: Quarto Conto Energia (d.m. 5 maggio 2011), di cui giova richiamare: l'art. 1, comma 2, secondo cui «[...] il presente decreto si applica agli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio in data successiva al 31 maggio 2011 e fino al 31 dicembre 2016, per un obiettivo indicativo di potenza installata a livello nazionale di circa 23.000 MW, corrispondente ad un costo indicativo cumulato annuo degli incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro», nonche' l'art. 2, comma 3, secondo cui «al raggiungimento del minore dei valori di costo indicativo cumulato annuo di cui all'art. 1, comma 2, [...] possono essere riviste le modalita' di incentivazione di cui al presente decreto, favorendo in ogni caso l'ulteriore sviluppo del settore»; Quinto Conto Energia (d.m. 5 luglio 2012), il cui art. 1 prevede: comma 1: che, in attuazione dell'art. 25, comma 10, cit. (e tenuto conto di quanto stabilito dal Quarto Conto all'art. 2, comma 3, cit.), esso disciplina le modalita' di incentivazione «da applicarsi successivamente al raggiungimento di un costo indicativo cumulato annuo degli incentivi di 6 miliardi di euro»; comma 2: che l'Autorita' per l'energia elettrica e il gas (di seguito, AEEG) «[...] individua la data in cui il costo indicativo cumulato annuo degli incentivi [...] raggiunge il valore di 6 miliardi di euro l'anno» (precisando al comma 3 l'applicabilita' delle modalita' incentivanti ivi previste «decorsi quarantacinque giorni solari dalla data di pubblicazione della deliberazione di cui al comma»); comma 5: che lo stesso decreto ministeriale «cessa di applicarsi, in ogni caso, decorsi trenta giorni solari dalla data di raggiungimento di un costo indicativo cumulato di 6,7 miliardi di euro l'anno» (data parimenti individuata dall'AEEG). L'AEEG ha dato atto del raggiungimento di tale «costo indicativo cumulato annuo degli incentivi»: al 12 luglio 2012, quanto al valore di 6 miliardi di euro, con conseguente applicazione delle modalita' incentivanti del Quinto Conto a decorrere dal 27 agosto 2012 (delibera 12 luglio 2012, n. 292/2012/R/EFR, pubblicata in pari data nel sito internet AEEG); al 6 giugno 2013, quanto al valore di 6,7 miliardi di euro, con conseguente cessazione degli effetti del Quinto Conto al 6 luglio 2013» (delibera 6 giugno 2013, n. 250/2013/R/EFR, pubblicata in pari data nel sito internet). Ne segue che non sono piu' incentivati gli impianti aventi data di entrata in esercizio successiva al 7 luglio 2013. Giova infine precisare che anche il Quarto e il Quinto Conto, analogamente ai tre precedenti, fissano in venti anni il periodo di durata dell'incentivazione (articoli 12, 16 e 18 decreto ministeriale 5 maggio 2011; art. 5 decreto ministeriale 5 luglio 2012). In relazione alla data di entrata in esercizio degli impianti, i vari Conti Energia hanno operato per i seguenti periodi: Primo Conto: 19 settembre 2005 - 30 giugno 2006; Secondo Conto: 13 aprile 2007 - 31 dicembre 2010; Terzo Conto: 1° gennaio 2011 - 31 maggio 2011 (cinque mesi anziche' i 3 anni originariamente previsti, ossia fino a tutto il 2013, sebbene con tariffe inferiori a seconda dell'annualita' di riferimento; cfr. articoli 1 e 8 decreto ministeriale 6 agosto 2010 e art. 25, comma 9 decreto legislativo n. 28/2011); Quarto Conto: 1° giugno 2011 - 26 agosto 2012; Quinto Conto: 27 agosto 2012 - 6 luglio 2013. 1.2.3. Quanto allo strumento giuridico disciplinante gli specifici rapporti di incentivazione, l'art. 24, comma 2, lettera d), decreto legislativo n. 28/2011 cit., ha stabilito, come si e' visto, che le tariffe incentivanti siano assegnate «tramite contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto [...]», sulla base di un «contratto-tipo» definito dall'AEEG (gli schemi di «contratti-tipo» predisposti dal GSE sono stati approvati dall'Autorita' con delibera 6.12.2012, n. 516/2012/R/EFR, pubblicata in pari data nel sito internet istituzionale). La disposizione, direttamente riferibile al Quarto e Quinto Conto, ha, tuttavia, portata ricognitiva della situazione venutasi a determinare durante la vigenza dei primi tre Conti, in relazione ai quali il Gestore risulta avere concesso i benefici attraverso «convenzioni» con gli interessati (cfr. in proposito, con riferimento al Terzo Conto, l'art. 13, all. A, delib. AEEG ARG/elt n. 181/2010 del 20 ottobre 2010, pubblicata sul sito AEEG il 25 ottobre 2010, recante previsione della redazione di uno schema tipo di convenzione; nello stesso senso si vedano anche i richiami alle convenzioni del Primo, Secondo e Terzo Conto Energia presenti sul «Manuale Utente per la richiesta di trasferimento di titolarita'» del novembre 2014 e pubblicato sul sito internet del GSE). Si tratta di atti aventi la medesima natura. Tanto la «convenzione» quanto il «contratto» hanno infatti lo scopo di regolamentare il rapporto giuridico tra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto, secondo il consueto modello dei rapporti concessori, nei quali accanto al provvedimento di concessione l'amministrazione concedente e il privato concessionario concludono un contratto (c.d. accessivo) per la disciplina delle rispettive obbligazioni. 1.3. Il contenzioso relativo al passaggio dal Terzo al Quarto e dal Quarto al Quinto Conto Energia. L'entrata in vigore dell'art. 25, commi 9 e 10, decreto legislativo n. 28/2011 e l'introduzione del Quarto Conto (per gli impianti con data di entrata in esercizio successiva al 31 maggio 2011) hanno dato origine a una serie di controversie aventi ad oggetto, in estrema sintesi, l'anticipata cessazione degli effetti del Terzo Conto. A) Con piu' pronunce di questa Sezione le azioni proposte dagli interessati sono state respinte, poiche', per quanto qui interessa, le contestate innovazioni riguardavano impianti non ancora entrati in esercizio (v., ex multis, sentenze 13 febbraio 2013, n. 1578 - confermata in appello - , 26 marzo 2013, nn. 3134, 3139, 3141, 3142, 3144; 2 aprile 2013, nn. 3274 e 3276, confermate da Cons. Stato, sez. VI, 8 agosto 2014). Piu' precisamente, e' stata esclusa l'integrazione di un affidamento tutelabile sul rilievo della portata non retroattiva della nuova disciplina, diretta a regolamentare l'accesso agli incentivi soltanto rispetto agli impianti che ancora non ne fruiscano atteso che l'ammissione al regime di sostegno non sortisce dal possesso del titolo amministrativo idoneo alla realizzazione dell'impianto (titolo che pure costituisce un requisito essenziale a questo fine), ma dall'entrata in esercizio dell'impianto medesimo, vale a dire dalla sua effettiva realizzazione e messa in opera; in quest'ottica, si e' sostenuto che il decreto legislativo n. 28/2011 dispone per l'avvenire, individuando, quale discrimen temporale per l'applicazione delle nuove regole, l'entrata in esercizio al 31.5.2011 e disciplinando il passaggio al Quarto Conto attraverso la previsione di tre periodi, il primo, inteso a consentire l'accesso agli incentivi di tutti gli impianti entrati in esercizio entro il 31 agosto 2011, al fine di tutelare l'affidamento degli operatori che avessero quasi ultimato la realizzazione degli impianti sotto il vigore del Terzo Conto, il secondo, dal 1° settembre 2011 al 31 dicembre 2012, in cui l'accesso avviene attraverso l'iscrizione nei registri, e il terzo, a regime, dal 2013 sino alla cessazione del Quarto Conto. Muovendo dalla considerazione che nell'ambito delle iniziative pubbliche di promozione di specifici settori economici e' necessario identificare, «sulla base di elementi dotati di apprezzabile certezza, pena l'indeterminatezza delle situazioni e la perpetrazione di possibili discriminazioni», un momento nel quale l'aspettativa del privato si consolida e acquisisce consistenza giuridica, e' stata riconosciuta la correttezza dell'individuazione di un discrimen ancorato alla data di entrata in esercizio dell'impianto, scelta da ritenere giustificata alla luce delle caratteristiche del sistema incentivante in esame, fondato sulla distinzione tra la (pur complessa) fase di predisposizione dell'intervento impiantistico e quella (altrettanto, se non piu' complessa) di sua messa in opera. Ed e' a questo secondo momento (l'entrata in esercizio, appunto) che occorre rivolgere l'attenzione per individuare il fatto costitutivo del diritto alla percezione dei benefici il che si spiega alla luce della generale finalita' del regime di sostegno (produzione di energia da fonte rinnovabile) e dell'esigenza, a tale scopo strumentale, che le iniziative imprenditoriali si traducano in azioni concrete ed effettive. E' stato, pertanto, rilevato come in quelle ipotesi venisse in esame la posizione di soggetti che intendevano tutelare, piu' che l'interesse alla conservazione di un assetto che ha prodotto effetti giuridicamente rilevanti, scelte imprenditoriali effettuate in un momento nel quale le stesse, a loro giudizio, si sarebbero rivelate foriere di flussi reddituali positivi, non risultando in concreto ravvisabili elementi tali da deporre nel senso dell'immutabilita' del contributo pubblico al settore in considerazione. Ed e' stata esclusa la dedotta lesione del legittimo affidamento degli operatori alla stregua dell'orientamento della giurisprudenza europea e della disamina degli elementi di fatto in concreto rilevanti, attestanti, in sintesi, una situazione di esubero di «offerta» di produzione da fotovoltaico (c.d. «boom del fotovoltaico») in presenza di una consistente diminuzione dei costi (con particolare riferimento alle componenti base degli impianti). Sotto questo profilo, e' stata richiamata la sentenza della Corte di giustizia 10 settembre 2009, in causa C-201/08, Plantanol, concernente l'abolizione anticipata di un regime di esenzione fiscale per un biocarburante, nella quale il Giudice comunitario ha chiarito: a) per un verso, che il principio di certezza del diritto non postula l'«assenza di modifiche legislative», richiedendo «piuttosto che il legislatore tenga conto delle situazioni particolari degli operatori economici e preveda, eventualmente, adattamenti all'applicazione delle nuove norme giuridiche» (punto 49); b) per altro verso, che la possibilita' di far valere la tutela del legittimo affidamento e' bensi' «prevista per ogni operatore economico nel quale un'autorita' nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative», ma non «qualora un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di prevedere l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi» (nel caso in cui il provvedimento venga adottato); in tale prospettiva, inoltre, «gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che puo' essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle autorita' nazionali» (punto 53), spettando al giudice nazionale, in una valutazione globale e in concreto delle pertinenti circostanze fattuali, stabilire se l'impresa ricorrente disponga «come operatore prudente e accorto, [...] di elementi sufficienti per consentirle di aspettarsi che il regime di esenzione fiscale di cui trattasi fosse abolito prima della data iniziale prevista per la sua scadenza», non sussistendo - giova ribadire - preclusioni derivanti dai canoni della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento (punti 67 e 68). E' stata, nell'occasione, esclusa la lesione degli anzidetti principi generali, non potendo dubitarsi della circostanza che il settore del fotovoltaico abbia subito negli anni piu' recenti notevoli modifiche in ragione dell'andamento dei costi delle componenti impiantistiche (in particolare, per effetto della forte riduzione del costo dei pannelli solari) e dell'aumento progressivo delle potenze installate. Il Tribunale ha ritenuto che di tale linee tendenziali un operatore «prudente e accorto» fosse ben consapevole e cio' in ragione, oltre che dell'intrinseca mutevolezza dei regimi di sostegno, delle modalita' con cui questi sono stati declinati dalle autorita' pubbliche nazionali sin dal Primo Conto, vale a dire con un orizzonte temporale assai limitato e con ripetuti interventi a breve distanza di tempo (quattro in soli cinque anni, dal luglio 2005 all'agosto 2010). La lettura coordinata di questi elementi permette di affermare come un operatore avveduto fosse senz'altro in grado di percepire le mutazioni del contesto economico di riferimento nonche' il prossimo raggiungimento della «grid parity» degli impianti fotovoltaici rispetto a quelli convenzionali. B) Il Consiglio di Stato (sent. n. 4233/2014) ha condiviso tale impostazione, riconoscendo che «la tutela del legittimo affidamento e' principio connaturato allo Stato di diritto sicche', regolamentando contro di esso, il legislatore statale viola i limiti della discrezionalita' legislativa (Corte Cost., sentenze 9 luglio 2009, n. 206, e 8 maggio 2007, n. 156)», e negando la sussistenza di un «legittimo affidamento tutelabile», atteso che nel caso portato al suo esame non si controverteva di «provvedimenti e diritti gia' legittimamente acquisiti sulla base della normativa anteriore» e non era risultato che l'amministrazione pubblica avesse «orientato le societa' ricorrenti verso comportamenti negoziali che altrimenti non avrebbero tenuto». Ne' e' stata riscontrata la sussistenza di un investimento meritevole di essere salvaguardato, posto che «la rimodulazione legislativa non e' stata affatto incerta o improvvisa ma conosciuta dagli operatori (accorti) del settore come in itinere (la nuova direttiva comunitaria e' infatti del 2009)». Su tali basi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che mancassero «i fondamentali causali di un legittimo e ragionevole affidamento, non essendo infatti intervenuta in vicenda nessuna inosservanza da parte della pubblica amministrazione statale della disciplina comunitaria e nazionale ovvero alcuna condotta, omissiva o commissiva, in violazione di una specifica norma dalla materia di settore posta, oppure trasgressione ai principi generali di prudenza, di diligenza e di proporzionalita', nel concretizzare in modo conforme la volonta' di legge» (cosi' Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2014, n. 4233; nello stesso senso n. Cons. Stato n. 4234/2014). Sempre sulla medesima questione, il Consiglio di Stato (sentenza n. 1043/2015): ha osservato che «l'incentivo sulla produzione ha il fine di stimolare la installazione di impianti fotovoltaici con l'effetto e il vantaggio di garantire, assieme alla copertura parallela (parziale o totale) dei propri consumi elettrici e alla vendita di eventuali surplus energetici prodotti da parte dell'impianto stesso, un minore tempo di recupero dei costi di impianto iniziale di investimento e successivo maggiore guadagno»; ha disatteso la prospettazione degli operatori sulla portata lesiva delle innovazioni - in quanto «foriere di effetti deleteri per la tutela degli investimenti gia' programmati sulla base del quadro normativo previgente (Terzo Conto Energia), che doveva estendersi fino a tutto il 2012» - reputando manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale relative alle inerenti norme del decreto legislativo n. 28/2011, «dovendosi ritenere che la violazione del diritto alla iniziativa economica, cosi' come dei principi di buon andamento e di parita' di trattamento, si concretino solo allorquando la nuova norma incida in modo peggiorativo su aspettative qualificate, gia' pervenute, pero', ad un livello di consolidamento cosi' elevato da creare un affidamento costituzionalmente protetto alla conservazione di quel trattamento, tale da prevalere su vincoli di bilancio e di buona amministrazione o sulla revisione prevista di precedenti politiche economiche pubbliche» e cio' sul rilievo che la disciplina del Quarto Conto «non tocca le iniziative gia' avviate (quelle per cui gli impianti sono entrati in esercizio al 31 maggio 2011) e introduce una ragionevole distinzione tra le diverse situazioni di fatto, operando una distinzione sulla base della data di entrata in esercizio degli impianti». Si puo' anche ricordare che sulla base di un'analoga linea argomentativa sempre il Giudice d'appello ha confermato le pronunce di reiezione delle domande avanzate da alcuni soggetti destinatari degli incentivi del Quinto Conto dirette a ottenere l'applicazione del Quarto, rilevando, altresi': l'impossibilita' di invocare le tutela dei «diritti quesiti» accordata dall'art. 25, comma 11, decreto legislativo n. 28/2011, perche' (tra l'altro) «nella specie, il diritto non era sorto», pur essendo «comprensibile il rammarico del soggetto che, avviata un'attivita' imprenditoriale, si veda modificato il quadro delle agevolazioni su cui faceva conto», risultato tuttavia dipendente «dalla restrizione strutturale delle risorse disponibili» e che «non essendo ne' irragionevole ne' imprevedibile alla luce della normativa [...], rappresenta un evento che va riportato al rischio di impresa, nel momento in cui il "boom del fotovoltaico" si e' espresso in un numero di iniziative verosimilmente superiore a quello previsto dai soggetti pubblici e dagli stessi operatori privati del settore»; l'infondatezza della doglianza prospettante la «retroattivita' della imposizione patrimoniale introdotta con l'art. 10, comma 4, del decreto ministeriale 5 luglio 2012» a far tempo dal 1° gennaio 2011 e a carico di tutti i soggetti beneficiari delle incentivazioni (ai fini della «copertura degli oneri di gestione, verifica e controllo in capo al GSE»), in quanto «l'impianto era gia' entrato in esercizio, ma esso non godeva ancora di alcun incentivo, cosicche' sarebbe improprio dire che la norma vada a modificare in peggio una situazione giuridica consolidata» (cosi' Cons. Stato, sez, IV, 29 gennaio 2015, n. 420, confermativa della sentenza di questa Sezione 14 novembre 2013, n. 9749). 2. I successivi interventi del legislatore nazionale. Dopo la cessazione dei Conti Energia il legislatore nazionale e' intervenuto nuovamente sul settore, dapprima col decreto-legge n. 145/2013 e poi con il decreto-legge n. 91/2014, oggi in esame. 2.1. Il decreto-legge n. 145/2013: lo «spalma-incentivi volontario». Il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, c.d. «Destinazione Italia» («Interventi urgenti di avvio del piano 'Destinazione Italia', per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonche' misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015», convertito in legge, con modifiche, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9), introduce all'art. 1 (tra l'altro) «disposizioni per la riduzione dei costi gravanti sulle tariffe elettriche» prevedendo, in particolare, ai commi da 3 a 5, «al fine di contenere l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche degli incentivi alle energie rinnovabili e massimizzare l'apporto produttivo nel medio-lungo termine dagli esistenti impianti», un meccanismo di rimodulazione degli incentivi, tale che «i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili titolari di impianti che beneficiano di incentivi sotto la forma di certificati verdi, tariffe omnicomprensive ovvero tariffe premio possono, per i medesimi impianti, in misura alternativa: a: continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo di diritto residuo [...]; b): optare per una rimodulazione dell'incentivo spettante, volta a valorizzare l'intera vita utile dell'impianto» e con un incremento del periodo dell'incentivazione di 7 anni. Si tratta in sostanza del c.d. «spalma-incentivi volontario». 2.2. Il decreto-legge n. 91/2014: lo «spalma-incentivi obbligatorio». Da ultimo e' stato adottato il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, c.d. «decreto Competitivita'», recante «Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea» (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2014, in vigore dal 25 giugno 2014), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116 (in vigore dal 21 agosto 2014). L'art. 26, oggi in esame, reca «interventi sulle tariffe incentivanti dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici». Ai fini di un piu' agevole esame, esso puo' essere suddiviso in quattro parti: A) ambito applicativo e finalita' (comma 1): «1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi e favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle energie rinnovabili, le tariffe incentivanti sull'energia elettrica prodotta da impianti solari fotovoltaici, riconosciute in base all'art. 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e all'art. 25, comma 10, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono erogate secondo le modalita' previste dal presente articolo.» L'intervento si rivolge ai percettori delle tariffe incentivanti riconosciute in base ai Conti Energia ed e' ispirato alla duplice finalita' di «ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi», cui e' collegato il comma 2, e di «favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle energie rinnovabili»; B) modalita' di erogazione (comma 2): «2. A decorrere dal secondo semestre 2014, il Gestore dei servizi energetici S.p.A. eroga le tariffe incentivanti di cui al comma 1, con rate mensili costanti, in misura pari al 90 per cento della producibilita' media annua stimata di ciascun impianto, nell'anno solare di produzione ed effettua il conguaglio, in relazione alla produzione effettiva, entro il 30 giugno dell'anno successivo. Le modalita' operative sono definite dal GSE entro quindici giorni dalla pubblicazione del presente decreto e approvate con decreto del Ministro dello sviluppo economico». La norma introduce, a far tempo dal 1° luglio 2014, un sistema di erogazione delle tariffe incentivanti secondo il meccanismo acconti-conguaglio (acconto del 90% della «producibilita' media annua stimata di ciascun impianto» nell'anno di produzione, da versare in «rate mensili costanti», e «conguaglio», basato sulla «produzione effettiva», entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello di produzione). A tale comma e' stata data attuazione con il decreto ministeriale 16 ottobre 2014 (pubbl. nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2014); C) rimodulazione (comma 3): «3. A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante per l'energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW e' rimodulata, a scelta dell'operatore, sulla base di una delle seguenti opzioni da comunicare al GSE entro il 30 novembre 2014: a) la tariffa e' erogata per un periodo di 24 anni, decorrente dall'entrata in esercizio degli impianti, ed e' conseguentemente ricalcolata secondo la percentuale di riduzione indicata nella tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto; b) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa e' rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di un incentivo ridotto rispetto all'attuale e un secondo periodo di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura. Le percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre 2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi titolo all'opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto all'erogazione prevista con le tariffe vigenti; c) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa e' ridotta di una quota percentuale dell'incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le seguenti quantita': 1) 6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 2) 7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW; 3) 8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 900 kW. In assenza di comunicazione da parte dell'operatore il GSE applica l'opzione di cui alla lettera c)». Il comma 3 delinea la disciplina sostanziale della rimodulazione, stabilendone l'operativita' a decorrere dal 1° gennaio 2015. L'ambito soggettivo di applicazione e' piu' ristretto di quello contemplato dal comma 1, venendo presi in considerazione i soli «impianti di potenza nominale superiore a 200 kW». Per altro l'art. 22-bis, comma 1, decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (convertito, con modifiche, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164), ha operato un'ulteriore restrizione, esonerando dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 3 a 6 gli «impianti i cui soggetti responsabili erano [alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 91/2014] enti locali o scuole». Il citato art. 26, comma 3 concede agli operatori la possibilita' di optare entro il 30 novembre 2014 fra tre modalita' alternative: lettera A): estendere la durata dell'incentivazione sino a 24 anni (decorrenti dalla data di entrata in esercizio dell'impianto): in tal caso si applicano le riduzioni indicate nella tabella di cui all'Allegato 2 al decreto-legge n. 91/2014, formulata sulla base di una proporzione inversa tra «periodo residuo» (dell'incentivazione) e «percentuale di riduzione»; segnatamente, essa e' suddivisa in 8 scaglioni di «periodo residuo», a partire da «12 anni», cui corrisponde una riduzione del 25%, sino a «19 anni e oltre», cui corrisponde una riduzione del 17% (l'art. 26 comma 4 chiarisce che le riduzioni in questione, ove riferite alle «tariffe onnicomprensive» erogate ai sensi del IV e del V conto, «si applicano alla sola componente incentivante»); lettera B): ferma la durata ventennale dell'incentivazione, suddividerla in due «periodi», il primo dei quali «di fruizione di un incentivo ridotto rispetto all'attuale» e il secondo «di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura». Secondo la disposizione, le relative percentuali (di rimodulazione) avrebbero dovuto essere emanate entro il 1° gennaio 2014 «in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi titolo all'opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto all'erogazione prevista con le tariffe vigenti». A tale previsione e' stata data attuazione con il decreto ministeriale 17 ottobre 2014 (pubbl. nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2014); lettera C): ferma la durata ventennale dell'incentivazione, applicare una riduzione «dell'incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua del periodo di incentivazione» secondo percentuali determinate in relazione alla potenza (6% per gli impianti con potenza nominale maggiore di 200 e inferiore a 500 kW, 7% per quelli con potenza superiore a 500 e inferiore a 900 kW e 8% per gli impianti con potenza superiore a 900 kW). In caso di mancato esercizio della scelta, la legge prescrive l'applicazione di questa terza ipotesi (riduzione secca dell'incentivo); D) misure di «accompagnamento» (commi 5-12). Un altro blocco di disposizioni introduce alcune misure di «accompagnamento» quali: finanziamenti bancari (comma 5): ai sensi del comma 5, il «beneficiario della tariffa incentivante di cui ai commi 3 e 4 puo' accedere a finanziamenti bancari per un importo massimo pari alla differenza tra l'incentivo gia' spettante al 31 dicembre 2014 e l'incentivo rimodulato»; tali finanziamenti «possono beneficiare, cumulativamente o alternativamente, sulla base di apposite convenzioni con il sistema bancario, di provvista dedicata o di garanzia concessa dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A.» (CDP); a sua volta, l'esposizione di CDP e' garantita dallo Stato [...] secondo criteri e modalita' stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze». A tale disposizione e' stata data attuazione con il decreto ministeriale 29 dicembre 2014 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2015); adeguamento della durata dei titoli (comma 6): in riferimento all'opzione sub lettera a), «Le regioni e gli enti locali adeguano, ciascuno per la parte di competenza e ove necessario, alla durata dell'incentivo come rimodulata [...], la validita' temporale dei permessi rilasciati, comunque denominati, per la costruzione e l'esercizio degli impianti fotovoltaici ricadenti nel campo di applicazione del presente articolo»; «acquirente selezionato» (commi da 7 a 10, 12 e 13): la misura concerne tutti «i beneficiari di incentivi pluriennali, comunque denominati, per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili» - non solo, dunque, i produttori da energia solare - , i quali «possono cedere una quota di detti incentivi, fino ad un massimo dell'80 per cento, ad un acquirente selezionato tra i primari operatori finanziari europei» (comma 7). L'«acquirente selezionato» subentra ai beneficiari «nei diritti a percepire gli incentivi», «salva la prerogativa» dell'AEEG «di esercitare annualmente [...] l'opzione di acquisire tali diritti» per un importo definito dalla stessa disposizione (comma 8: «a fronte della corresponsione di un importo pari alla rata annuale costante, calcolata sulla base di un tasso di interesse T, corrispondente all'ammortamento finanziario del costo sostenuto per l'acquisto dei diritti di un arco temporale analogo a quello riconosciuto per la percezione degli incentivi»). E' demandata, poi, all'AEEG la definizione (entro il 19 novembre 2014) delle inerenti modalita' attuative, attraverso la definizione del sistema per gli acquisti e la cessione delle quote (comma 9) e la destinazione «a riduzione della componente A3 degli oneri di sistema», «nel rispetto di specifici indirizzi» dettati con decreto del Ministro dello sviluppo economico, dell'«eventuale differenza tra il costo annuale degli incentivi» acquistati dall'acquirente selezionato e l'importo annuale determinato ai sensi del comma 8. L'art. 26 prevede ancora: al comma 12, che «alle quote di incentivi cedute ai sensi delle disposizioni di cui al comma 9 non si applicano, a decorrere dalla data di cessione, le misure di rimodulazione di cui al comma 3»; al comma 13, che «l'efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 7 a 12 e' subordinata alla verifica da parte del Ministero dell'economia e delle finanze della compatibilita' degli effetti delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza pubblica ai fini del rispetto degli impegni assunti in sede europea». Infine, con il comma 11 viene demandato al Governo di «assumere ogni iniziativa utile a dare piena esecuzione alle disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con il sistema bancario per semplificare il recesso totale o parziale dei soggetti beneficiari di incentivi pluriennali dai contratti di finanziamento stipulati». Da ultimo, giova dare atto che il GSE ha pubblicato nel proprio sito istituzionale le «Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici» (con data 3 novembre 2014), recanti precisazioni sulle modalita' di applicazione del nuovo meccanismo. 3. Gli effetti dell'art. 26, comma 3 del decreto-legge n. 91/2014. Come si e' visto, le previsioni dell'art. 26, comma 3 decreto-legge n. 91/2014 incidono sugli incentivi percepiti, in base alle convenzioni stipulate con il GSE in attuazione dei vari Conti Energia, dai titolari degli impianti fotovoltaici aventi potenza superiore a 200 kW. Quanto al campo applicativo soggettivo, la platea dei destinatari della norma costituisce una percentuale ridotta dei soggetti percettori dei benefici. Dai dati pubblicati dal GSE nel proprio sito istituzionale risulta che al 31 luglio 2014 su un totale di n. 550.785 impianti incentivati, per una potenza complessiva di ca. 17,731 MW, 12.264 hanno potenza superiore a 200 kW. Sotto il profilo oggettivo, ciascuna delle opzioni del comma 3 impatta in senso peggiorativo sulla posizione degli operatori siccome definita nelle convenzioni di incentivazione, esplicando un effetto novativo sugli elementi della durata o dell'importo delle tariffe incentivanti o su entrambi, e tanto anche a non voler tener conto dei costi di transazione derivanti dalla necessita' di adeguare gli assetti in essere alla nuova situazione. E infatti, a parte la riduzione secca delle tariffe di cui alla lettera c), avente chiara portata negativa: l'allungamento della durata divisata dalla lettera a) (estensione a 24 anni con proporzionale riduzione delle quote annuali), oltre a comportare una differita percezione degli incentivi, di per se' (notoriamente) pregiudizievole, non puo' non incidere sui parametri iniziali dell'investimento, impattando anche sui costi dei fattori produttivi (si pensi a es. alle attivita' di gestione, alla durata degli eventuali finanziamenti bancari, dei contratti stipulati per la disponibilita' delle aree, delle assicurazioni, ecc.), ferma la necessita' del parallelo adeguamento dei necessari titoli amministrativi (cfr. comma 6); la lettera b) determina una riduzione degli importi per il quadriennio 2015-2019 (tale da generare un risparmio di «almeno 600 milioni» di euro per l'ipotesi di adesione all'opzione di tutti gli interessati) e un incremento nel periodo successivo (secondo l'algoritmo definito col decreto ministeriale 17 ottobre 2014): poiche' l'incentivo e' funzione della produzione, il fisiologico invecchiamento degli impianti, assoggettati nel corso del tempo a una diminuzione di produttivita', determina la non completa recuperabilita' dei minori importi relativi al periodo 2015-2019, attraverso gli incrementi delle tariffe riferibili al periodo successivo (nel quale gli impianti stessi hanno minore efficienza). 4. La rilevanza della questione di legittimita'. Il Collegio ritiene sottoporre alla Corte costituzionale il vaglio di legittimita' dell'art. 26 comma 3 del decreto-legge n. 91/2014 come convertito dalla legge n. 116/2014. In ordine alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale il Tribunale ritiene che la disposizione, della cui legittimita' si dubita, costituisca parametro normativo necessario ai fini della valutazione della fondatezza delle domande proposte da parte ricorrente. Come evidenziato nella parte relativa alle premesse in fatto, le domande proposte da parte ricorrente hanno ad oggetto: a) l'annullamento del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 ottobre 2014, emanato in applicazione dell'art. 26, comma 3 decreto-legge n. 91/2014, con cui sono stati individuati i criteri e le percentuali di rimodulazione degli incentivi, e delle «Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi dell'art. 26 della legge n. 116/2014» pubblicate dal G.S.E. sul proprio sito internet in data 3 novembre 2014; b) l'accertamento del diritto di non esercitare alcuna delle tre opzioni di rimodulazione dell'incentivo per la produzione di energia elettrica fotovoltaica, previste dall'art. 26, comma 3, lettere a), b) e c) decreto-legge n. 91/2014; entrambe in relazione all'impianto fotovoltaico di cui la ricorrente e' titolare nel comune di San Colombano al Lambro (MI), per KW 987,84, entrato in esercizio in data 28 novembre 2011, e' il beneficiario della tariffa incentivante prevista dal decreto ministeriale 5 maggio 2011 avendo richiesto ed ottenuto l'ammissione alla tariffa incentivante e stipulato in data 21 maggio 2012 con il GSE la relativa convenzione (n. I06L244712107) di durata ventennale (20 anni) avente ad oggetto il riconoscimento da parte del GSE delle tariffe incentivanti. In relazione alla domanda caducatoria la questione di legittimita' costituzionale risulta rilevante in quanto gli atti impugnati sono stati emanati dall'autorita' amministrativa in dichiarata attuazione dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 (la cui legittimita' e' oggetto di contestazione) che nella fattispecie riveste il ruolo e la funzione di norma legittimante l'esercizio del potere amministrativo contestato in giudizio. Gli atti impugnati, per altro, sono strumentali alla rimodulazione degli incentivi prevista dall'art. 26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014 ed avversata da parte ricorrente. La questione di legittimita' costituzionale e', altresi', rilevante ai fini della decisione in ordine alla fondatezza della domanda di accertamento proposta da parte ricorrente e avente ad oggetto l'invocata inapplicabilita', alle convenzioni in corso di efficacia, delle rimodulazioni previste dall'art. 26, comma 3, decreto-legge n. 91/2014; l'accoglimento della domanda di accertamento, infatti, presuppone la non applicabilita' dell'art. 26, comma 3 citato. In ordine all'ammissibilita' della predetta domanda di accertamento, la stessa e' stata dal Tribunale riconosciuta con sentenza parziale emessa in pari data. Il Tribunale rileva che i profili di illegittimita' costituzionale dedotti dalla ricorrente con riguardo alla norma sub judice - e, in particolare, il contrasto con gli articoli 3, 25, 41, 77, 97 e 117 primo comma Cost. nonche' con l'art. 1 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali - non siano manifestamente infondati, imponendo la rimessione della questione alla Corte costituzionale. 5. Profili illegittimita' costituzionale dedotti e ritenuti rilevanti e non manifestamente infondati. 1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 3 del decreto-legge n. 91/2014 convertito con modificazioni nella legge n. 116/2014 per contrasto con l'art. 77 della Costituzione. Come noto, l'art. 77 della Costituzione consente al Governo di emanare atti con forza di legge (senza previa delega del Parlamentare), solo in casi eccezionali, caratterizzati da straordinaria necessita' e urgenza che difetterebbero nella fattispecie in esame, come risulta anche nel preambolo del decreto-legge n. 91/2014 ove non si evince alcuna giustificazione collegabile alla necessita' ed urgenza di provvedere in ordine alla rimodulazione tariffaria. Al contrario, la finalita' di «ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi e favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle energie rinnovabili» di cui al comma 1 dell'art. 26 qui in contestazione, evidenzierebbe proprio il carattere ordinario dell'intervento e l'assenza dei presupposti di urgenza e necessita'. Ammettere lo strumento della decretazione d'urgenza in ipotesi in cui tale presupposto non esiste lede il principio di separazione dei poteri dello Stato. Inoltre, corollario di tale assunto e' che le norme adottate con il decreto-legge devono essere omogenee, rispondere a finalita' specifiche ed organiche, idonee a fronteggiare ed a rispondere a specifiche situazioni di necessita' e urgenza. Ed infatti l'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri) prescrive inequivocabilmente che il contenuto del decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo» e la Corte costituzionale ha da tempo chiarito che tale disposizione costituisce esplicitazione della ratio dell'art. 77 Cost., che come detto impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza che giustifica l'eccezionale potere del Governo di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento (Corte cost., sentenza n. 22 del 2012). Nel caso di specie, non e' impossibile riscontrare il necessario requisito dell'organicita' delle disposizioni contenute nel menzionato decreto-legge, che risponde a ratio e finalita' non univoche e di difficile individuazione. Gia' l'oggetto del decreto-legge n. 91/2014 attesta la disorganicita' delle disposizioni contestate, recando la seguente dizione «Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea». Anche ad un'analisi di maggior dettaglio, e' evidente che le misure riportate nel decreto-legge n. 91/2014 appaiono di segno, ratio, e contenuto diverso ed eterogeneo (si va dagli interventi nel settore energetico, a quelli per il rilancio del settore vitivinicolo; o ancora, si passa dagli interventi a protezione della fauna selvatica, a quelli per la tutela dell'ambiente marino, e cosi' via) con la conseguenza che non e' possibile ricondurre le fattispecie disciplinate dal decreto-legge n. 91/2014 ad un disegno unitario e coerente. 2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 26 del decreto-legge n. 91/2014 convertito con modificazioni nella legge n. 116/2014 per contrasto con gli articoli 3, 25, 41, 97 della Costituzione - Violazione del principio di ragionevolezza e del legittimo affidamento; Violazione dei principi di uguaglianza, concorrenza e competitivita'. L'art. 26, decreto-legge n. 91/14 conv. in legge n. 116/14 impone ai soli titolari di impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW (e dunque anche alla ricorrente) l'obbligo di operare, entro il 30 novembre 2014, una scelta tra una delle tre opzioni di cui al comma 3 dell'art. 26 medesimo, salvo, in assenza di scelta, l'applicazione coattiva dell'opzione di cui alla lettera c). La norma e' in contrasto con gli articoli 3, 25, 41, 97 Cost. in quanto: 1) ciascuna di tali opzioni costituisce in realta' una drastica e retroattiva riduzione (impropriamente definita dal legislatore «rimodulazione») della tariffa incentivante gia' assegnata dal GSE, e l'intera disciplina prevista dall'art. 26 del decreto-legge n. 91/2014 e dai provvedimenti applicativi risulta irrazionale, irragionevole e discriminatoria e dunque contraria agli articoli 3, 25, 41 e 97 della Costituzione. Il carattere irrazionale, irragionevole e discriminatorio emerge dal fatto che tutte e tre le alternative di cui al comma 3 comportano una riduzione dell'incentivo assegnato gia' riconosciuto agli operatori non commisurata al livello di incentivazione riconosciuta (posto che colpisce in modo analogo tutti gli operatori, a prescindere dagli incentivi riconosciuti), e una modifica sostanzialmente retroattiva, dal momento che, riducendo l'ammontare dell'incentivo riconosciuto al momento dell'entrata in esercizio dell'impianto, incide sul contratto di durata stipulato con il GSE ed in particolare sulla prestazione principale ovverosia quella afferente al pagamento del corrispettivo per la produzione di energia pulita quale garanzia dell'equa remunerazione dell'investimento a suo tempo effettuato dall'operatore. Infatti, nella prima opzione di cui alla lettera a), la riduzione applicata all'impianto non e' affatto controbilanciata dall'allungamento del periodo di incentivazione da 20 a 24 anni, dal momento che: a) la vita utile dell'impianto fotovoltaico e' di soli 20 anni (come del resto anche riconosciuto dallo stesso legislatore con l'art. 24, comma 2, lettera b) decreto legislativo n. 28/2011), sicche', al termine della sua vita utile, l'impianto potrebbe richiedere interventi di rifacimento evidentemente non coperti da alcun incentivo e in ogni caso il degrado dei moduli fotovoltaici sarebbe tale per cui l'energia incentivata nel periodo successivo ai 20 anni di vita sara' decisamente inferiore e sicuramente mai uguale a quella generata nei primi anni di vita dell'impianto; b) viene di fatto imposta una dilazione di pagamento di una quota percentuale della tariffa incentivante cosi' come riconosciuta nella convenzione stipulata con il GSE senza riconoscere perdite o interessi legali o l'inflazione; c) non e' praticabile ed e' discriminatoria avendo la ricorrente la disponibilita' per soli 20 anni delle aree ove insiste l'impianto fotovoltaico. La seconda opzione di cui alla lettera b) del comma 3 dell'art. 26 prevede un periodo di fruizione della tariffa ridotto rispetto all'attuale e un periodo successivo al 2019 incrementato in ugual misura, fermo restando il periodo di incentivazione di 20 anni. Anche tale opzione comporta una riduzione dell'incentivo, essendo del tutto incerto l'obbligo dello Stato e il corrispondente diritto del ricorrente alla restituzione della quota percentuale ridotta successivamente al 2019. Cio' e' confermato anche dallo stesso decreto ministeriale 17 ottobre 2014, laddove nelle premesse viene chiarito che l'obiettivo e' quello di raggiungere un risparmio di Euro 600 milioni l'anno. La terza opzione comporta una riduzione secca che nel caso di specie sarebbe dell'8% avendo l'impianto fotovoltaico della ricorrente una potenza nominale superiore a 900 kW. Conseguentemente, l'effetto di ciascuna di tali alternative, qualunque sia la scelta della ricorrente, e' quello di ridurre ex lege l'attuale livello di incentivazione gia' assegnato per 20 anni e cristallizzato nel contratto stipulato con il GSE. Pertanto, la presunta rimodulazione sarebbe in realta' una riduzione retroattiva degli incentivi gia' riconosciuti alla Societa', ponendosi l'art. 26, comma 3 del decreto-legge n. 91/2014 in contrasto con gli articoli 3, 25, 41, 97 della Costituzione. In particolare: a) la norma censurata comporta una grave discriminazione in danno della produzione di energia fotovoltaica e si pone in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto, senza alcuna giustificazione, ai soli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW e' riservato un trattamento deteriore rispetto agli altri impianti fotovoltaici di potenza inferiore e rispetto anche a tutti gli impianti che producono energia da fonte rinnovabile analogamente incentivati come gli impianti fotovoltaici. Le riduzioni della tariffa incentivante imposte dall'art. 26 colpiscono infatti solo gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW ma non trovano applicazione alle altre fonti rinnovabili ne' agli impianti fotovoltaici con potenza inferiore a 200 kW. Peraltro, all'interno della categoria «impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW» le riduzioni sono altrettanto discriminatorie giacche' non corrispondono al livello di incentivazione ottenuta. Si pensi ad esempio che, nel 2011, erano vigenti ben tre conti energia (Decreto ministeriale 19 febbraio 2010, decreto ministeriale 6 agosto 2010 e decreto ministeriale 5 maggio 2011) con tariffe incentivanti diverse anche a seconda del mese di entrata in esercizio. L'opzione di cui alla lettera a) stabilisce riduzioni in percentuale per anno di entrata in esercizio e dunque non corrisponde al livello di incentivazione dei singoli operatori e ai relativi margini di guadagno. Lo stesso dicasi per la seconda opzione che invece taglia l'incentivo per mese di entrata in esercizio, senza tuttavia contare che il livello di incentivazione del terzo conto energia cambia a semestre e non per mese. La terza opzione di cui alla lettera c) non tiene minimamente in considerazione i livelli di incentivazione riconosciuti in base ai conti energia ma attua un taglio lineare a seconda della potenza dell'impianto, senza peraltro anche per quest'ultimo criterio coincidere con gli scaglioni di potenza delle percentuali degli incentivi. E infatti, gli scaglioni di riduzione previsti dalla lettera c) del comma 3 dell'art. 26 del decreto-legge n. 91/2014 non coincidono con gli scaglioni delle tariffe incentivanti di nessuno dei conti energia (Decreto ministeriale 19 febbraio 2007, decreto ministeriale 6 agosto 2010, decreto ministeriale 5 maggio 2011, decreto ministeriale 5 luglio 2012) e dunque anche di quello sulla cui base la ricorrente ha ottenuto l'assegnazione dell'incentivo. b) La riduzione degli incentivi si pone inoltre in contrasto con i principi di ragionevolezza e affidamento nella certezza del diritto enucleati dalla Consulta con riferimento a interventi legislativi di portata retroattiva. La Corte costituzionale (sentenza n. 206 del 2009) ha chiarito ove «la norma interviene su un contratto di durata che viene ad essere modificato nei suoi elementi costitutivi, non puo' escludersi la sostanziale retroattivita' di tale modifica. Se e' pur vero che costituisce manifestazione della discrezionalita' del legislatore di collocare nel tempo gli effetti delle disposizioni legislative (ordinanze nn. 346 e 137 del 2008), e' da tenere presente che l'emanazione di leggi con efficacia retroattiva incontra una serie di limiti che questa Corte ha da tempo individuato e che attengono alla salvaguardia, tra l'altro, di fondamentali valori di civilta' giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno compresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza di eguaglianza e la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo stato di diritto (sentenze n. 156 del 2007 e n. 282 del 2006).». La Corte costituzionale ha quindi affermato che le norme con efficacia retroattiva sono legittime (ad eccezione di quelle penali punitive), purche' la retroattivita' trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti, tra i quali va inclusa anche la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei destinatari, quanto principio connaturato allo stato di diritto (Corte Cost. 24 luglio 2009 n. 236; Cons. Stato, sez. VI, 23 marzo 2010 n. 1689). Piu' nel dettaglio, e con specifico riferimento ai contratti di durata, la Corte costituzionale ha piu' volte stabilito che il legislatore, in materia di successione di leggi, dispone di ampia discrezionalita' e puo' anche modificare in senso sfavorevole la disciplina di quei rapporti, ancorche' l'oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti, salvo - in caso di norme retroattive - il limite imposto in materia penale dall'art. 25, secondo comma Cost. e comunque a condizione che la retroattivita' trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti (ex plurimis, sentenze n. 162 del 2008; 74 del 2008; 409 del 2005; n. 374 del 2002 e n. 525 del 2000). Nel caso di specie, la norma denunciata e' intrinsecamente irragionevole e irrazionale dal momento che: 1) una diminuzione degli incentivi quando ormai l'investimento e' gia' stato effettuato e l'operatore nulla puo' piu' in relazione ai costi dell'iniziativa e alla stessa scelta imprenditoriale e' irragionevole giacche' significa voler deliberatamente trarre vantaggio da una situazione oramai instaurata, e da cui i produttori non possono piu' sfuggire. E' infatti evidente che la riduzione degli incentivi si risolve, per iniziative gia' completate e in esercizio da tempo, in un inganno a danno del soggetto privato, tanto piu' ingiusto in quanto lo Stato ha regolamentato i livelli di incentivazione con leggi e regolamenti dello Stato creando dunque per il privato, dalla dichiarata intenzione di non voler piu' confermare quell'incentivo, un vero e proprio «trabocchetto». Si badi che, nel caso di specie, qualunque delle riduzioni stabilite ex lege dall'art. 26, comma 3 azzera la convenienza economica dell'investimento della ricorrente. 2) la riduzione dell'incentivo incide su diritti gia' legittimamente acquisiti sulla base di una normativa anteriore, quando questi ultimi non solo non contrastano con norme costituzionali, ma concorrono a realizzarne le finalita' di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e a raggiungere gli obiettivi imposti agli Stati membri dalla direttiva 2009/28/CE (ad oggi non ancora raggiunti). La norma censurata sacrifica le posizioni soggettive dei titolari degli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW, minando alla base le condizioni per le quali gli operatori, come la ricorrente, hanno deciso di investire nel settore del fotovoltaico, cioe' l'esistenza di un sistema di incentivazione che garantiva la remunerazione del rischio imprenditoriale dell'attivita' di realizzazione e gestione di impianti fotovoltaici. 3) costituiscono l'ennesima diretta decurtazione dell'unico ricavo dell'impianto in grado di garantire il ritorno dell'investimento giacche' il legislatore nell'arco degli ultimi 2 anni ha introdotto gia' significative decurtazioni e privazioni per gli operatori di impianti fotovoltaici; Oltre all'irragionevolezza, si contesta inoltre la violazione del principio del legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, che costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto e non puo' essere leso da disposizioni retroattive, che trasmodino in regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori (ex plurimis, sentenza n. 24 del 2009; n. 409 del 2005; n. 446 del 2002; n. 416 del 1999 e n. 390 del 1995). La norma censurata e' senza dubbio contestabile sul piano della violazione del principio del legittimo affidamento ove si consideri che l'operatore ha fatto pieno e legittimo affidamento sulla promessa di stabilita' per tutta la durata della convenzione stipulata con il GSE dell'incentivo riconosciuto dallo Stato e contrattualizzato con il GSE. Quando l'operatore si e' determinato all'investimento e quando ha concluso il contratto con il GSE, lo ha fatto nella certezza e sul presupposto che lo stesso non avrebbe subito modifiche. A conferma di tale assunto e' sufficiente dare lettura della Convenzione e dei decreti ministeriali afferenti ai conti energia, laddove stabiliscono il diritto a percepire la tariffa incentivante spettante alla data di entrata in esercizio dell'impianto e lo stesso art. 23 del decreto legislativo n. 28/2011 che richiamano principi di stabilita' nel tempo dei sistemi di incentivazione. Si aggiunge inoltre che, come chiarito dalla giurisprudenza formatasi nel passaggio tra un Conto Energia e l'altro, l'affidamento sulla effettivita' e costanza degli incentivi si consolida in diritto con l'entrata in esercizio dell'impianto, «pena l'indeterminatezza delle situazioni e la perpetrazione di possibili discriminazioni.» (cfr. ex multis sentenza Tribunale amministrativo regionale Lazio Sez. III-ter, n. 3144 del 26 marzo 2013). La norma censurata appare illegittima anche per violazione: dell'art. 41 della Costituzione, in quanto comprime ingiustamente la libera attivita' d'impresa degli operatori di impianti fotovoltaici come la ricorrente riducendo significativamente il sistema tariffario gia' assegnato sulla base di norme previgenti, soprattutto tenendo conto del fatto che la tariffa incentivante costituisce, a seguito dell'eliminazione dei prezzi minimi garantiti per effetto del decreto-legge n. 145/2013, l'unico ricavo dell'impianto fotovoltaico. dell'art. 97 della Costituzione, in quanto la riduzione delle tariffe incentivanti per i soli impianti fotovoltaici gia' oggetto di convenzione con il GSE sono in contrasto con il principio di buon andamento, imparzialita' dell'attivita' amministrativa e con lo stesso principio di proporzionalita' dell'azione amministrativa. 3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 26 del decreto-legge n. 91/2014 convertito con modificazioni nella legge n. 116/2014 per contrasto con l'art. 117, comma 1 della Costituzione in relazione all'art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (Protezione della proprieta'). La corresponsione dell'incentivo costituisce un credito di valore economico espressamente riconosciuto nella convenzione stipulata con il GSE ed un «bene» tutelabile ai sensi dell'art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Sebbene l'art. 1 del Protocollo consenta agli Stati di privare il cittadino dei propri beni per cause di pubblica utilita', si deve escludere che, nella specie, l'intervento di cui all'art. 26, comma 3, del decreto-legge n. 91/2014, come convertito, costituisca una legittima ingerenza dello Stato ai sensi del medesimo art. 1 del 1° Protocollo addizionale, giacche' la decurtazione non e' supportata da alcuna causa di pubblica utilita'; ne' alcun indennizzo e' stato stabilito a favore dell'operatore. Peraltro, la Corte europea dei diritti dell'uomo, pur riconoscendo un certo margine di discrezionalita' a ciascuno Stato nel valutare se sussista un interesse generale alla privazione della proprieta', ha escluso che il solo interesse economico possa giustificare l'intervento di una legge retroattiva che limiti un diritto di proprieta' sui «beni» ai sensi della Convenzione (cfr. Zielinki e Pradal e Gonzales e altri c. Francia, nn. 24846/94; 34165/96; 34173/96). Inoltre, detta ingerenza deve trovare, secondo la Corte, un giusto equilibrio tra le esigenze di interesse generale della Comunita' e le esigenze individuali di tutela dei diritti fondamentali (cfr. Sporrong e Lonnroth c. Svezia, 23 settembre 1982), e che deve esistere un ragionevole rapporto di proporzionalita' tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito dalle misure restrittive della proprieta' (cfr. Agrati e altri c. Italia, cit.; Pressos Compania Naviera SA. e altri contro Belgio, 3 luglio 1997). Sulla base della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, la norma impugnata e i relativi atti attuativi hanno travalicato i limiti di ingerenza stabiliti dall'art. 1 del 1° Protocollo addizionale, dal momento che la riduzione introdotta dall'art. 26, comma 3 e dalle relative norme attuative: a) e' determinata da un interesse puramente economico di spending review; b) non e' controbilanciata, essendo gli investimenti effettuati non piu' equamente remunerati; c) viola il giusto equilibrio tra le esigenze di interesse pubblico e la tutela dei diritti fondamentali della ricorrente. Considerato che il Collegio, alla luce delle argomentazioni di parte ricorrente, ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 3, decreto-legge n. 91/14 conv. in legge n. 116/14 per contrasto con gli articoli 3, 25, 41, 77, 97 e 117 primo comma Cost. nonche' con l'art. 1 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali; il giudizio e' di conseguenza sospeso per la rimessione delle questioni suddette all'esame della Corte costituzionale, mandando alla segreteria di trasmettere alla Corte la presente ordinanza, unitamente al ricorso, di notificarla alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' di comunicarla ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter): A) visti gli articoli 134 Cost., 1 legge Cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 3 del decreto-legge n. 91/2014, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 116/2014, in relazione agli articoli 3, 25, 41, 77, 97 e 117 primo comma della Costituzione, nonche' 1, Protocollo Addizionale n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo secondo quanto specificato in motivazione; B) dispone la sospensione del presente giudizio; C) ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, unitamente alla prova delle previste comunicazioni e notificazioni; D) ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio e al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 25 giugno 2015, 29 ottobre 2015, con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Daniele, Presidente; Michelangelo Francavilla, consigliere; Maria Grazia Vivarelli, consigliere, estensore. Il Presidente: Daniele L'estensore: Vivarelli