N. 276 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 novembre 2016
Ordinanza del 17 novembre 2016 del Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Portoghese Daria e altri contro Presidenza del Consiglio dei ministri e Segretariato generale della giustizia amministrativa. Processo amministrativo - Sentenze dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato - Casi di revocazione. - Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), art. 106; codice di procedura civile, artt. 395 e 396.(GU n.4 del 25-1-2017 )
IL CONSIGLIO DI STATO in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 3542 del 2015, proposto dai signori Daria Portoghese, Nicola Portoghese, Andrea Portoghese, Danila Norlasso, rappresentati e difesi dall'avvocato Pietro Troianiello codice fiscale TRNPTR72A04B963F, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via della Giuliana, n. 58; contro Presidenza del Consiglio dei ministri, Segretariato generale della giustizia amministrativa in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati; per la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato - Sezione IV - n. 2986 del 16 agosto 2008. Visto il ricorso per revocazione e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Segretariato Generale della giustizia amministrativa; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2016 il consigliere Fabio Taormina e uditi l'avvocato Pietro Troianelli per la parte ricorrente e l'avvocato dello Stato Gaetana Natale (nella fase preliminare) per l'amministrazione resistente; Fatto 1. Con la decisione impugnata per revocazione n. 2968/2008 questa Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha accolto il ricorso in appello n. 3277 del 2008, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nei confronti di Guadagno Sabato, Minichini Ferdinando, Portoghese Filippo avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale della Campania - Sezione staccata di Salerno - 28 gennaio 2008, n. 93 resa in sede di ottemperanza. 2. La risalente vicenda processuale puo' essere cosi' sintetizzata. a) con la sentenza 12 marzo 1996, n. 175 il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno, in accoglimento del ricorso proposto da Guadagno Sabato, Minichini Ferdinando, Portoghese Filippo aveva riconosciuto fondata la loro pretesa all'allineamento stipendiale previsto dall'art. 1, della legge 8 agosto 1991, n. 265, il quale richiamava l'art. 4, comma 3, decreto-legge 27 settembre 1982, n. 681, convertito nella legge 20 novembre 1982, n. 869; il tribunale amministrativo regionale aveva quindi dichiarato il diritto degli stessi a conseguire il medesimo allineamento stipendiale «con riferimento alla retribuzione percepita dai consiglieri di Stato G. G. e S. B. , condannando l'amministrazione intimata al pagamento delle somme spettanti a tale titolo, incrementate con gli accessori di legge»; b) la sentenza era stata impugnata dall'Amministrazione, ma l'appello era stato dichiarato inammissibile dal Consiglio di Stato (Sez. IV) con decisione 22 maggio 2006, n. 3017, per inesistenza della notificazione; c) gli originarii ricorrenti, vittoriosi in sede cognitoria, avevano proposto ricorso in ottemperanza, e l'Amministrazione, costituendosi in giudizio, aveva sostenuto che l'adempimento invocato era ormai precluso per effetto dell'art. 50, della legge 23 dicembre 2000, n. 388; d) il tribunale amministrativo regionale aveva pero' disatteso detta tesi, e con la sentenza n. 2968/2008 aveva accolto il ricorso in ottemperanza ed aveva ordinato all'Amministrazione intimata di provvedere a dare compiuta esecuzione alla sentenza cognitoria 12 marzo 1996, n. 175; e) con il ricorso n. 3277 del 2008, la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva proposto appello avverso detta decisione, sostenendone la erroneita': la tesi di fondo sostenuta dalla difesa erariale era quella secondo cui il tribunale amministrativo regionale non aveva colto che la disposizione preclusiva di cui all'art. 50, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 era intervenuta prima che si fosse formato il giudicato sulla pretesa sollevata in sede cognitoria e, quindi, detta disposizione spiegava effetto in detto processo; in tesi, cio' era sufficiente ad impedire la valida (e fruttuosa) instaurazione del rito dell'ottemperanza; per altro verso, la sentenza del tribunale amministrativo regionale della Campania 28 gennaio 2008, n. 93 resa in sede di ottemperanza era certamente appellabile, in quanto non recava misure meramente attuative del giudicato, ma risolveva questioni «nuove» che vertevano sulla possibilita' di attribuire il diritto vantato a parte ricorrente in ottemperanza; f) con la sentenza gravata con l'odierna impugnazione revocatoria, la Sezione ha dichiarato ammissibile l'appello dell'Amministrazione e lo ha accolto riformando la sentenza di prime cure. 3. Con il gravame revocatorio chiamato in decisione la parte privata originaria ricorrente in ottemperanza rimasta soccombente ha dedotto che: a) essa si era rivolta alla Corte di Strasburgo, evidenziando che a cagione di non chiare e non legittime disposizioni di legge emanate dallo Stato italiano era stato ad essa precluso il conseguimento di un beneficio che rientrava nella categoria dei diritti quesiti; b) cio' in base a disposizioni irragionevoli, e penalizzanti, per di piu' spieganti portata retroattiva, ed incidenti su sentenze rese da Autorita' giurisdizionali; c) la Corte di Strasburgo, Seconda Sezione con la sentenza del 1° luglio 2014 resa sul ricorso n. 61820/08 aveva riconosciuto fondate le doglianze dedotte, liquidandole un indennizzo; d) cio' che era importante precisare, pero', era che il dictum della Corte di Strasburgo riconosceva la condotta illegittima complessiva dello Stato Italiano; e) in virtu' della sentenza della Sezione impugnata per revocazione recante n. 2968/2008, la parte originaria ricorrente in ottemperanza si era vista preclusa la possibilita' di ottenere il bene della vita cui (fondatamente, secondo la Corte di Strasburgo) aspirava. 3.1. Armonicamente con tali premesse, la parte odierna ricorrente in revocazione ha quindi sostenuto che: a) in via ermeneutica era ben possibile revocare la detta sentenza della Sezione n. 2968/2008, sebbene l'art. 106 del c.p.a. non recasse espressa menzione di tale «caso» di impugnazione revocatoria; b) in via subordinata, comunque, sulla falsariga di quanto disposto dalla ordinanza dell'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato n. 2/2015, si sarebbe dovuta sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 106 del c.p.a., nella parte in cui non contemplava, tra le ipotesi di revocabilita' della sentenza regiudicata, quella riposante nel contrasto di una sentenza regiudicata con una successiva pronuncia della Cedu. 4. In data 4 giugno 2015 l'intimata amministrazione si e' costituita con atto di stile. 5. In data 25 gennaio 2016 l'intimata amministrazione ha depositato una articolata memoria, chiedendo la reiezione del ricorso in revocazione, deducendo che: a) la revocanda sentenza del Consiglio di Stato n. 2986/98 con la quale era stato respinto il ricorso per l'esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza del tribunale amministrativo regionale Salerno n. 175/1996 (che aveva accolto il ricorso proposto dal dott. Portoghese unitamente ad altri magistrati) per ottenere l'allineamento stipendiale previsto dall'art. 1 legge 265/1991 - c.d. galleggiamento) era motivata sulla base della ritenuta applicabilita' alla fattispecie (quale evento normativo ostativo all'esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 175/1996) del disposto dell'art. 50 comma 4 L. 388/2000, che aveva disposto la perdita di efficacia delle decisioni delle autorita' giurisdizionali comportanti provvedimenti di allineamento stipendiale; b) in particolare, la revocanda sentenza, dopo aver dato atto della ininfluenza di tale norma sulle sole situazioni gia' coperte da giudicato, aveva ritenuto che nella specie il giudicato formale sulla sentenza n. 175/1996 del tribunale amministrativo regionale Salerno si fosse formato solo nel 2006, sicche' la fattispecie in esame doveva ricadere nel disposto del richiamato art. 50 comma 4 legge 388/2000; c) la parte odierna ricorrente in revocazione aveva proposto ricorso alla Corte europea dei Diritti dell'Uomo che, con la sentenza del 1° luglio 2014, aveva riconosciuto la violazione dell'art. 6 par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali ed aveva accordato al dott. Portoghese la somma di euro 95.000 (maggiorata di interessi) quale equa soddisfazione per «perdita di chance» in riferimento all'esito del giudizio sul quale aveva influito l'art. 50 comma 4 legge 388/2000 (a fronte della maggior somma di curo 532.951 euro richiesta): la somma liquidata si riferiva al periodo fino 31 dicembre 2008 mentre, con riferimento al periodo successivo al 2008, la Corte europea dei diritti dell'uomo aveva rilevato che l'ammontare delle perdite era necessariamente ipotetico, dipendente soprattutto da parametri non conosciuti, ed aveva rimesso tali questioni all'eventuale esame del giudice nazionale; c) la richiesta di revocazione era inammissibile in quanto: I) la invocata richiesta (avanzata M via principale) di provvedere ad una «lettura costituzionalmente orientata degli articoli 106 c.p.a., 395 e 396 c.p.c.» (che tale fattispecie di revocazione non prevedono) collideva con la tesi - che costituisce jus receptum - per cui il contrasto della norma nazionale con la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo puo' essere dichiarato solo previa declaratoria di incostituzionalita' della norma nazionale da parte del Giudice delle leggi (ex plurimis, Corte costituzionale n. 348 e 349/2007); II) quanto alla tesi - avanzata in via subordinata - volta a sollecitare il Collegio a sollevare questione di legittimita' costituzionale delle richiamate norme nazionali (sulla falsariga di quanto disposto da Cons. Stato, Ad.Plen. ord.n. 2 del 4 marzo 2015), essa era inammissibile ed infondata per difetto di rilevanza; III) cio' in relazione alla circostanza che dalla citata sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo dell'1 luglio 2014 non poteva trarsi il convincimento che l'odierna parte impugnante avesse conseguito un diritto ad ottenere l'adeguamento stipendiale richiesto; IV) al contrario di quanto sostenuto da parte impugnante, la Corte europea dei diritti dell'uomo aveva espressamente escluso che il «danno» dovuto a titolo di «equa soddisfazione» potesse essere commisurato all'importo delle differenze stipendiali e retributive richieste respingendo la tesi volta ad ottenere una liquidazione del danno in misura «piena» e riconoscendo solo un danno da «perdita di chance»: non considerando, quindi, «certo» e scontato l'esito del giudizio durante il quale era intervenuta la norma interpretativa di cui all'art. 50 comma 4 legge 388/2000; V) il punto dal quale doveva muoversi, quindi, era quello secondo cui la Corte europea dei diritti dell'uomo aveva ritenuto non gia' «certo» ma solo «possibile» e «verosimile» che il giudizio di ottemperanza (in ipotetica assenza della norma interpretativa di' cui all'art. 50 comma 4 legge 388/2000), si sarebbe potuto chiudere in senso favorevole alla parte odierna ricorrente in revocazione: ed infatti essa aveva liquidato soltanto la chance; d) ed una volta escluso il diritto al conseguimento delle differenze retributive connesse al richiesto allineamento stipendiale, non residuava alcuna ragione di procedere alla «riapertura» del processo di ottemperanza definito con la revocanda sentenza in quanto: I) con riferimento al periodo anteriore al 31 dicembre 2008, la riapertura del giudizio di ottemperanza sarebbe stata in contrasto con quanto stabilito dalla stessa Corte EDU; II) quanto al periodo successivo al 31 dicembre 2008, risultando dalla sentenza della Corte EDU, che per tale periodo non erano stati prodotti «i relativi documenti giustificativi», la «riapertura» del giudizio di ottemperanza non avrebbe avuto alcuna utilita' in quanto il giudizio rimesso dalla Corte alla «competenza dei giudici nazionali» non avrebbe potuto avere ad oggetto, come preteso da parte impugnante «le differenze retributive, ed ogni altra indennita' e remunerazione, indennita' di buonuscita e trattamento pensionistico)»; e) sotto «il profilo processuale, poi, anche la subordinata richiesta di proposizione della questione di legittimita' costituzionale era inutile in quanto.. I) la Corte costituzionale, ove eventualmente adita, non avrebbe potuto procedere ad emettere una sentenza additiva ampliando le ipotesi di revocazione, ma avrebbe dovuto rimettere la questione al Legislatore; II) il riconoscimento delle pretese di parte impugnante era condizionato dalla eventuale declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 50 comma 4 legge 388/2000 (ma la Corte costituzionale con la sentenza del 15 luglio 2005, n. 282 si era gia' pronunciata in passato sulla medesima questione, affermando l'immunita' da vizi di costituzionalita' della norma richiamata); f) anche con riguardo alla fase rescissoria, la impugnazione era infondata in quanto: I) la pretesa della odierna parte impugnante era quella volta ad ottenere che all'art. 50 comma 4 legge 388/2000 venisse attribuita portata non retroattiva; II) senonche' la Corte costituzionale con la sentenza del 15 luglio 2005, n. 282 si era gia' pronunciata anche su detta questione, riconoscendo la natura interpretativa della disposizione succitata finalizzata a risolvere i dubbi interpretativi connessi al tenore (non chiaro) dell'art. 2 comma 4 del d.L. n. 331/1992; III) per via interpretativa, quindi, il Giudice del merito giammai avrebbe potuto accedere ad una tesi diversa, come invece preteso da parte impugnante, che, in conclusione aspirava ad una (impossibile) «revisione» in via ermeneutica della portata della citata disposizione. 6. In data 4 febbraio 2016 l'odierna parte impugnante ha depositato una memoria di replica ribadendo le proprie tesi difensive. 7. Alla pubblica udienza del 25 febbraio 2016 la causa e' stata rinviata a data da destinarsi a cagione della incompatibilita' del Presidente del Collegio. 8. Alla pubblica udienza del 26 maggio 2016 la causa e' stata trattenuta in decisione ed e' stata emessa l'ordinanza collegiale n. 2640/2016 (da intendersi integralmente richiamata e trascritta nel presente elaborato) con la quale e' stato disposto il differimento della trattazione della causa al fine di consentire alle parti di esprimersi compiutamente in ordine alla rilevanza di due questioni di costituzionalita' attualmente pendenti. 9. In data 11 ottobre 2016 l'odierna parte impugnante ha depositato una ulteriore memoria ripercorrendo, anche sotto il profilo cronologico, la risalente vicenda processuale ed ha sottolineato che: a) la sentenza del 1° luglio 2014 della Corte europea dei diritti dell'uomo (punto 40) aveva rimesso ai Giudici nazionali la competenza a pronunciarsi sui danni patiti e patiendi: b) entrambe le questioni attualmente rimesse al giudizio della Corte costituzionale dall'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato con le ordinanze collegiali n. 2 del 4 marzo 2015 e n. 7 del 14 luglio 2015 erano rilevanti per la decisione della odierna causa; c) la «lettura» della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 1° luglio 2014 prospettata dalla difesa erariale era erronea e fuorviante. 4. Alla odierna pubblica udienza del 3 novembre 2016 la causa e' stata trattenuta in decisione. Diritto 1. Osserva il Collegio che con la recente ordinanza n. 2/2015 (da intendersi integralmente richiamata e trascritta in questa sede) l'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli articoli 106 del Codice del processo amministrativo (L. n. 104/2010) e 395 e 396 del Codice processuale civile, in relazione agli articoli 117 co. 1, 111 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono un diverso caso di revocazione della sentenza quando cio' sia necessario, ai sensi dell'art. 46, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo. 1.1. Nella detta ordinanza - pienamente condivisa dal Collegio - e' stato precisato che la questione era rilevante in detto giudizio in quanto dalla soluzione della stessa dipendeva l'ammissibilita' del ricorso per revocazione proposto e che per giurisprudenza costante della stessa Corte costituzionale e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione l'unico Giudice nazionale deputato a dichiarare l'eventuale contrasto della norma nazionale con il diritto Edu era il Giudice delle Leggi (cfr Corte costituzionale, sentenze n. 348 e n. 349 del 2007). 1.2. La situazione e' perfettamente traslabile alla fattispecie dedotta all'odierno scrutinio del Collegio: come dedotto nella parte in fatto del presente elaborato, l'unico motivo di revocazione riposa sull'asserito contrasto della regiudicata sentenza con il successivo dictum della Corte Edu. Soltanto eventualmente ritenuto ammissibile il ricorso per revocazione proposto nella fase rescindente, si potra' valutare se vi siano i presupposti per la revocazione della sentenza di questa Sezione n. 2968/2008 ed ancora successivamente, nella fase rescissoria, se, nel merito la richiesta di parte impugnante sia accoglibile. Infatti, ogni questione attinente all'interpretazione della sentenza Edu e, poi, delle norme sostanziali invocate riguarda una eventuale fase successiva dell'iter logico di' decisione che deve seguire questo Collegio. 2. Deve parimenti rilevarsi che con la recente ordinanza n. 7/2015 l'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato ha sollevato la questione di costituzionalita' dell'art. 50, comma 4, penultimo e ultimo periodo della legge 23 dicembre 2000, nl. 388 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001»), nella parte in cui tale norma, sancendo la portata retroattiva dell'abrogazione dell'art. 4, nono comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, prevede che detta abrogazione possa travolgere anche posizioni individuali gia' riconosciute mediante decisioni definitive su ricorsi straordinari. 2.1. A tale ultimo proposito si osserva che trattasi della medesima norma invocata nell'odierno giudizio (rectius: sulla quale si e' fondata la revocanda decisione, avversata dalla odierna parte impugnante) ed il Collegio non puo' fare a meno di esprimere il convincimento per cui la tesi della difesa erariale secondo la quale si tratterebbe di questione irrilevante sia solo apoditticamente prospettata e non accoglibile. 2.2. Senonche', in disparte il giudizio di rilevanza, cio' che impedisce al Collegio di accogliere l'istanza di parte odierna ricorrente in ottemperanza e di sollevare nel presente giudizio la medesima questione di legittimita' costituzionale sollevata nella ordinanza n. 7/2015 dell'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato e' una considerazione di tipo strettamente processuale legata alle peculiarita' della impugnazione straordinaria proposta. 2.2.1. Invero, come e' noto, l'impugnazione revocatoria si struttura in due fasi distinte seppure collegate: alla fase rescindente puo' seguire la fase rescissoria, ma soltanto laddove la prima fase si concluda positivamente per l'impugnante. Invero la questione di legittimita' costituzionale sollevata nella ordinanza n. 7/2015 dell'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato avrebbe rilevanza soltanto laddove la prima fase del giudizio si concludesse con l'accoglimento del petitum rescissorio: se per avventura quest'ultimo fosse respinto o inammissibile, non vi sarebbe alcuna utilita' nel sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 50, comma 4, penultimo e ultimo periodo della legge 23 dicembre 2000, nl. 388 in quanto la sentenza revocanda non sarebbe suscettibile di alcuna modifica. 2.2.2. Da quanto esposto, discende la impossibilita' per il Collegio di accogliere detta richiesta: soltanto laddove il giudizio sulla costituzionalita' degli articoli 106 del Codice del processo amministrativo (L. n. 104/2010) e 395 e 396 del Codice processuale civile si concludesse positivamente per la parte odierna impugnante, e laddove a seguito del successivo vaglio del Collegio si giungesse alla revocazione della impugnata sentenza, potrebbe, poi in sede rescissoria essere esaminata, in termini di rilevanza e non manifesta infondatezza, l'ulteriore questione di costituzionalita' prospettata da parte impugnante sulla scorta delle considerazioni contenute nella ordinanza n. 7/2015 dell'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato. 2.3. Per quanto suesposto, la richiesta di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 50, comma 4, penultimo e ultimo periodo della legge 23 dicembre 2000, nl. 388 dichiarata inammissibile per difetto di attuale rilevanza della medesima. 3. Come prima accennato, per le ragioni gia' chiarite nella ordinanza n. 2/2015 dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato non puo' essere condivisa la prospettazione avanzata in via principale dalla odierna parte impugnante (cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 348 e n. 349 del 2007 e n. 80 dell'11 marzo 2011) secondo cui sarebbe possibile - a legislazione vigente - procedere a revocare, la decisione nazionale regiudicata in quanto confliggente con una sentenza resa dalla Corte Edu; e va al contempo rilevato che non risulta che la Corte costituzionale si sia pronunciata su alcuna delle questioni sollevate dalla citata ordinanza dell'Adunanza Plenaria n. 2/2015; occorre quindi adesso interrogarsi sulle conseguenze della pendenza di tale giudizio di costituzionalita' (certamente rilevante nell'odierno giudizio, siccome prima esposto) sull'odierna impugnazione per revocazione. 3.1. Come e' noto, in astratto sono possibili due opzioni ermeneutiche. La prima di esse imporrebbe che anche nell'odierno giudizio venisse sollevata la, questione di costituzionalita', gia' sollevata dall'Adunanza Plenaria; la seconda, consentirebbe la c.d. «sospensione impropria» dell'odierno giudizio, in attesa che la Corte costituzionale si pronunci sulla (identica) questione di costituzionalita' gia' rimessale. 3.2. In passato, come e' noto, la Suprema Corte di Cassazione in due diversi precedenti ha stabilito che si possa ricorrere in Cassazione impugnando l'ordinanza che ha sospeso il giudizio in relazione alla pendenza di questione di costituzionalita' sollevata in un altro processo, dovendo in tal caso il giudice, qualora ritenga rilevante la questione, investire a sua volta la Corte costituzionale (Cass. Civ. Sez. II, 24 novembre 2006, n. 24946), La Suprema Corte di Cassazione in detta occasione ha definito «abnorme il provvedimento di sospensione del giudizio non accompagnato dalla rituale rimessione della questione alla Corte costituzionale, prevedendosi, quale rimedio, l'immediato ricorso in Cassazione» (Cass. Pen. Sez. III, 23 marzo 1982, in Giustizia Penale, 1983, pag. 273), evidentemente nel caso di specie ai sensi dell'art. 111 Cost.. Tale risalente impostazione del Giudice della nomofilachia, quindi, imporrebbe sempre e comunque di privilegiare il primo approdo e, quindi, imporrebbe che questo Collegio, con ordinanza, investisse la Consulta della medesima questione di costituzionalita' gia' rimessa dall'Adunanza Plenaria. 3.2.1 La problematica e' stata affrontata e risolta in termini difformi in una recente Ordinanza dell'Adunanza Plenaria (la n. 28/2014). Ivi, e' stato chiarito che: 1) nel processo amministrativo, secondo un consolidato indirizzo (cfr., fra le tante, ordinanza Sez. V, 27 settembre 2011, n. 5387; Sez. IV, il luglio 2002, n. 3926), trova ingresso la c.d. sospensione impropria del giudizio principale per la pendenza della questione di legittimita' costituzionale di una norma, applicabile in tale procedimento, ma sollevata in una diversa causa; 2) non si rinviene, infatti, nel sistema della giustizia amministrativa (arg. ex articoli 79 e 80, c.p.a.) una norma che vieti una tale ipotesi di sospensione (cfr. Cass., Sez. un., 16 aprile 2012, n. 5943), ne' si profila una lesione del contraddittorio allorquando (come nel caso di specie), le parti, rese edotte della pendenza della questione di legittimita' costituzionale, non facciano richiesta di poter interloquire davanti al giudice delle leggi sollecitando una formale rimessione della questione; tale esegesi, inoltre, e' conforme sia al principio di economia dei mezzi processuali sia a quello di ragionevole durata del processo (che assumono un particolare rilievo nel processo amministrativo in cui vengono in gioco interessi pubblici), in quanto, da un lato, si evitano agli uffici, alle parti ed alla medesima Corte costituzionale dispendiosi adempimenti correlati alla rimessione della questione di costituzionalita', dall'altro, si previene il rischio di prolungare la durata del giudizio di costituzionalita' (e di riflesso di quelli a quo). 3.3. Il Collegio condivide e fa proprio il detto divisamento, non ritenendo che vi siano ragioni per discostarsene e potrebbe quindi sospendere il giudizio sino alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'ultimo provvedimento della Corte costituzionale che definira' il giudizio relativo alla questione rimessa al vaglio del Giudice delle leggi dalla ordinanza n. 2/2015 resa dall'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato. 3.4. Senonche', la parte odierna ricorrente in revocazione ha fatto presente (nel corso della discussione tenutasi alla pubblica udienza del 26 maggio 2016 ed ancora in data odierna) di avere un espresso interesse a che venga sollevata nell'odierno giudizio la questione di costituzionalita' gia' pendente giusta ordinanza n. 2/2015 resa dall'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato. 3.4.1. Cio' in quanto in ipotesi di c.d. «sospensione impropria» resterebbe mutilato il proprio diritto a prendere parte al giudizio di costituzionalita' investente le norme suddette. 3.4.2. Armonicamente con quanto gia' rilevata dalla decisione dell'Adunanza Plenaria n. 28/2014 ritiene il Collegio che tale diritto di parte ricorrente in revocazione sia meritevole di protezione. 4. Ribadita quindi la rilevanza nell'odierno giudizio della questione rimessa al giudizio del Giudice delle leggi dalla ordinanza n. 2/2015 resa dall'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato, tenuto conto che al considerando n. 39 la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha testualmente stabilito che «senza dover supporre quale sarebbe stato l'esito del processo in caso contrario, la Corte non ritiene irragionevole pensare che gli interessati abbiano subito una reale perdita di chance (si vedano, in particolare, Zielinski e Pradal e Gonzalez e altri, sopra citata, § 79; Lecarpentier c. Francia, n. 67847/01, 14 febbraio 2006, § 61; Arras e altri c. Italia n. 17972/07, 14 febbraio 2012 § 88). Essa tiene a sottolineare che, nel caso di specie, la giurisprudenza, prima dell'adozione della legge contestata, era favorevole alla posizione dei ricorrenti. Cosi', se non si fosse prodotta alcuna violazione, la situazione dei ricorrenti sarebbe stata verosimilmente diversa, dal momento che sarebbe stato possibile riconoscere loro il diritto all'adeguamento dello stipendio. Pertanto, la Corte ritiene che in violazione della Convenzione constatata nel caso di specie possa aver causato ai ricorrenti un danno materiale.» e condiviso il giudizio di non manifesta infondatezza delle questioni prospettate nella citata ordinanza n. 2/2015 in quanto, non contemplando tra i casi di revocazione quella che si renda necessaria per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo, le norme processuali surrichiamate appaiono in contrasto con l'art. 46 CEDU che, invece, sancisce tale obbligo per gli Stati aderenti ed integralmente richiamate le considerazioni in diritto illustrate nella ordinanza suddetta, da ritenersi integralmente ritrascritte nella presente ordinanza collegiale, si ritiene che il presente giudizio debba essere sospeso e gli atti vadano trasmessi alla Corte costituzionale.
P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, visti gli articoli 134 Cost., art. 1 della l. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, art. 23 della l. 11 marzo 1953 n. 87: a) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' degli articoli 106 del Codice del processo amministrativo (L. n. 104/2010) e 395 e 396 del Codice processuale civile, in relazione agli articoli 117 co. 1, 111 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono un diverso caso di revocazione della sentenza quando cio' sia necessario, ai sensi dell'art. 46, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo; b) respinge, allo stato, per difetto di attuale rilevanza la questione di costituzionalita' dell'art. 50, comma 4, penultimo e ultimo periodo della legge 23 dicembre 2000, nl. 388 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001») in relazione agli articoli 3, 97 e 117, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui tale norma, sancendo la portata retroattiva dell'abrogazione dell'art. 4, nono comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, prevede che detta abrogazione possa travolgere anche posizioni individuali gia' riconosciute mediante decisioni definitive su ricorsi straordinari. Dispone la sospensione del presente giudizio e ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che a cura della Segreteria dell'Adunanza Plenaria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito ed in ordine alle spese. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2016 con l'intervento dei magistrati: Filippo Patroni Griffi, Presidente; Fabio Taormina, consigliere, Estensore; Vincenzo Lopilato, consigliere; Giuseppe Castiglia, consigliere; Nicola D'Angelo, consigliere. Il Presidente: Patroni Griffi L'estensore:Taormina