N. 50 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 marzo 2015
Ordinanza del 31 marzo 2015 del Tribunale di Vibo Valentia nel procedimento civile promosso da Curatela Fallimento Etty Mancini Moda srl contro E.T. Moda Fashion srl, Rito Giuseppe in proprio e in qualita' di legale rappresentante dell'omonima impresa individuale.. Fallimento e procedure concorsuali - Fallimento delle societa' - Fallimento originariamente dichiarato nei confronti di una societa' di capitali (nella specie, s.r.l.) - Possibilita' di estensione alla societa' di fatto tra la stessa societa' di capitali e altri soci di fatto (persone fisiche o societa') - Esclusione. - Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 147, comma quinto.(GU n.15 del 12-4-2017 )
TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA (Sezione civile) Riunita in Camera di consiglio nelle persone dei signori: Dott.ssa Anna Rombola' - Presidente; Dott. Giuseppe Cardona - Giudice; Dott.ssa Emanuela Rizzi - Giudice relatore, ha pronunciato la seguente ordinanza a scioglimento della riserva assunta a seguito della discussione delle parti, nella causa iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato; letti gli atti e i documenti di causa; Osserva che con ricorso depositato il 2 aprile 2012 la Curatela del Fallimento Etty Mancini Moda srl ha chiesto di dichiarare l'estensione del fallimento ex art 147, co. 5, l.f. nei confronti di E.T. Moda Fashion srl (gia' E.T. Moda Fashion sas di Rito Giuseppe), Rito Giuseppe persona fisica e impresa individuale, deducendo l'esistenza di una societa' di fatto tra tali soggetti, la Etty Mancini Moda srl e la Kalos srl (gia' dichiarata fallita con sentenza n. 5/2011 del Tribunale di Vibo Valentia); in particolare, a sostegno della propria domanda, la Curatela ricorrente ha dedotto che la societa' fallita e resistenti hanno svolto la loro attivita' commerciale nel medesimo locale, utilizzato il medesimo data base contenente i dati di clienti e fornitori, lo stesso POS, si sono avvalsi dei medesimi dipendenti e che tra tali soggetti vi sono stati movimenti irregolari di denaro privi di idonea giustificazione commerciale con conseguente confusione contabile tra gli stessi; con memoria del 29 maggio 2012 si costituivano E.T. Moda Fashion srl e Rito Giuseppe in proprio e in qualita' di legale rappresentante dell'omonima impresa individuale, eccependo l'inammissibilita' del ricorso per impossibilita' di estendere il fallimento alla societa' di fatto quando il fallimento originario riguardi, come nel caso di specie, non un imprenditore individuale come previsto dall'art. 147 l.f., ma una societa' a responsabilita' limitata, nonche' l'infondatezza delle deduzioni avversarie; con sentenza n. 21/2012 il Tribunale di Vibo Valentia dichiarava il fallimento di E.T. Moda Fashion srl, Rito Giuseppe persona fisica e impresa individuale; avverso tale sentenza proponevano reclamo i soggetti dichiarati falliti; con sentenza n. 1722/2013 la Corte di Appello di Catanzaro rilevava d'ufficio la mancata citazione, nella fase prefallimentare, dell'originario creditore istante il fallimento della Etty Mancini Moda srl e, pertanto, dichiarava la nullita' della sentenza impugnata; riassunto il giudizio avanti questo Tribunale e integrato il contraddittorio nei confronti del creditore istante, le parti insistevano per l'accoglimento delle rispettive domande ed eccezioni; l'art. 147, co. 4 e 5 l.f stabilisce che «se dopo la dichiarazione di fallimento della societa' risulta l'esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi. Allo stesso modo si procede, qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l'impresa e' riferibile ad una societa' di cui il fallito e' socio illimitatamente responsabile»; cio' posto, si ipotizza un contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3, co 1 Cost. sotto il profilo della disparita' di trattamento tra situazioni uguali in quanto appare irragionevole discriminare l'ipotesi in cui l'imprenditore individuale dichiarato fallito risulti socio di una societa' occulta, con la possibilita' di dichiarare il fallimento di essa (anche quando si tratti di una societa' di capitali, posto che il legislatore alcuna distinzione opera sul punto), dall'ipotesi in cui sia dichiarato prima il fallimento di una societa' (di capitali), rispetto alla quale emerga, in un secondo momento, che essa era parte di una societa' occulta, unitamente ad imprenditore individuale e/o collettivo, a sua volta, quest'ultimo, di natura personale ovvero di societa' di capitali; si ipotizza, altresi', un contrasto con l'art. 24, co 1 Cost attesa l'ingiustificata compressione del diritto di difesa dei creditori della societa' di fatto non assoggettabile a fallimento in estensione; si e' discusso a lungo nella giurisprudenza di merito in ordine alla possibilita' di estendere il fallimento a una societa' di fatto costituita da societa' di capitali. Secondo un primo orientamento, l'estensione del fallimento sarebbe possibile nei soli casi legislativamente previsti (cfr. Corte di Appello Napoli, 5 giugno 2009, Corte di Appello Bologna, 11 giugno 2008, Corte di Appello Torino 30 luglio 2007, Tribunale Torino 4 aprile 2007). Secondo altro orientamento deve, invece, riconoscersi l'assoggettabilita' a fallimento di una societa' di fatto partecipata da altre societa' di capitali nei casi in cui venga accertata, attraverso una serie di elementi indiziati, l'esistenza di un'unica compagine societaria (cfr. Tribunale Nola 29 maggio 2013; Tribunale Santa Maria Capua Vetere 18 novembre 2010; Tribunale Prato 15 ottobre 2010; Tribunale Forli' 9 febbraio 2008). In particolare, i sostenitori di tale tesi ritengono che per ragioni di coerenza sistematica l'art. 147 l.f. vada interpretato in modo estensivo ovvero analogico; la questione appare non manifestamente infondata, atteso che l'interpretazione estensiva o analogica dell'art. 147 l.f. rappresenta l'unica possibilita' di rendere la medesima norma conforme ai suddetti principi costituzionali. Tuttavia, il ricorso a tale attivita' interpretativa e' precluso dalla specialita' della norma de qua rispetto all'art. 1 l.f. Pertanto, la natura della citata disposizione normativa impedisce di discostarsi dal dato letterale e di rimediare alla incostituzionalita' della stessa in via interpretativa; la questione appare, altresi', rilevante nel caso di specie in quanto il presente giudizio, in sede prefallimentare, verte sulla richiesta di estensione del fallimento di una societa' a responsabilita' limitata ad altra societa' a responsabilita' limitata, ad un'impresa individuale e ad una persona fisica, sul presupposto che tra tali soggetti esista un'unica societa' di fatto. Pertanto, questo Collegio potrebbe ritenere ammissibile il ricorso presentato dalla Curatela se la norma de quo venisse dichiarata incostituzionale nella parte in cui non prevede - nel caso in cui risulti, dopo la dichiarazione di fallimento di una societa' di capitali, che l'impresa e' riferibile ad una societa' di fatto di cui la societa' fallita e' a sua volta socia - la possibilita' di' dichiarare il fallimento dell'intera societa' occulta; la rilevanza della questione non e', peraltro, esclusa dal mancato rispetto delle formalita' prescritte dall'art. 2361 co 2 cc. in quanto una cosa e' la irregolarita' del fenomeno sotto il profilo della disciplina codicistica, altra cosa e' la esistenza in fatto della societa', pur irregolare, costituita da societa' di capitali. Invero, le conseguenze del mancato rispetto delle condizioni previste dalla norma citata non possono che limitarsi ai rapporti interni, ai fini del riconoscimento della responsabilita' degli amministratori, e cio' in considerazione dell'art. 2384 c.c., che qualifica come «generale» il potere di rappresentanza attribuito agli amministratori ed esclude l'opponibilita' ai terzi delle limitazioni ai poteri degli amministratori, derivanti dallo statuto e da una decisione degli organi competenti, ancorche' pubblicate. Con la conseguenza che, se l'esigenza di tutelare i terzi (alla quale si ispira la norma citata) deve prevalere rispetto a quella di tutelare i soci anche con riferimento ad atti di gestione che eccedono l'oggetto sociale o che non sono contenuti entro i limiti imposti dallo statuto o da una delibera, ancorche' risultanti dai pubblici registri, e' da ritenersi altrettanto irrilevante nei confronti dei terzi il mancato rispetto delle precondizioni dell'agire degli amministratori con riferimento all'assunzione di partecipazione ad una societa' di persone che configura un tipico atto di gestione esterna. D'altro canto se cosi' non fosse si priverebbe di significato sia l'art. 2384 c.c., volto a tutelare i terzi rispetto ai soci, sia lo stesso art. 2361, co. 2 c.c. che risulterebbe completamente disancorato dalla realta' effettiva delle dinamiche sociali finendo per negare la concreta possibilita' di costituire in fatto un'impresa collettiva partecipata da societa' di capitali. Invero, la configurabilita' di una societa' di fatto, proprio perche' di fatto, prescinde dal rispetto dei requisiti formali, in quanto cio' che rileva e' il comportamento tenuto in concreto dai soci nell'esercizio di un'attivita' economica che presenti i requisiti di cui agli articoli 2082 e 2247 c.c.; dalle considerazioni svolte si evince, dunque, un duplice profilo di contrasto con la Costituzione (la lesione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 co 1 Cost. sotto il profilo della disparita' di trattamento tra situazioni uguali e del diritto di difesa sancito dall'art. 24 co 1 Cost.), che induce questo Tribunale a sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale, in quanto ritenuta non manifestamente infondata e rilevante;
P. Q. M. Visti gli articoli 134 e 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta la non manifesta infondatezza e la rilevanza, solleva questione di legittimita' costituzionale - per contrasto con gli articoli 3 comma 1 e 24 comma 1 Cost. - dell'art. 147 co. 5 l.f. nella parte in cui non prevede - qualora dopo la dichiarazione di fallimento di una societa' di capitali risulti che l'impresa e' riferibile ad una societa' di fatto di cui la societa' fallita e' a sua volta socia - la possibilita' di dichiarare il fallimento dell'intera societa' occulta; Sospende il processo fino alla decisione della Corte costituzionale; Ordina che l'ordinanza sia notificata, a cura della cancelleria, alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri, e che sia comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati; Dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con la prova di tutte le prescritte notificazioni e comunicazioni. Cosi' deciso in Vibo Valentia, nella Camera di consiglio del 25 marzo 2015 Il Presidente: Rombola' Il Giudice estensore: Rizzi