N. 71 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 gennaio 2017
Ordinanza del 13 gennaio 2017 della Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria nel procedimento contabile Simonetti Francesco contro Ministero della difesa. Impiego pubblico - Previsione per il personale non contrattualizzato, di cui all'articolo 3 del d.lgs. n. 165 del 2001, che le progressioni di carriera, comunque denominate, eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici - Proroga sino al 31 dicembre 2014 delle disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni - Omessa previsione, per i soggetti cessati dal servizio durante il periodo di congelamento degli effetti economici, della valorizzazione nella determinazione del trattamento di quiescenza, a decorrere dalla data di cessazione del blocco, dei benefici economici pensionabili derivanti dalle progressioni di carriera conseguite durante il medesimo periodo di blocco. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 21, terzo periodo; decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, art. 16, comma 1, lett. b), come specificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell'articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111).(GU n.21 del 24-5-2017 )
LA CORTE DEI CONTI Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria Il giudice unico consigliere Maria Riolo, ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio pensionistico iscritto al n. 19762 del registro di segreteria, proposto da Simonetti Francesco, nato il 7 febbraio 1949 a Taranto, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli avvocati Alba Giordano e Umberto Verdacchia, del Foro di Roma, elettivamente domiciliato in Genova, via Assarotti n. 4, int. 6/A, presso lo studio dell'avv. Federico Campanella, contro il Ministero della difesa, avverso la nota M-D MCOMRM 0035815 del 31 luglio 2015 della Marina militare, Direzione di commissariato, di determinazione della pensione, e avverso il diniego della stessa Amministrazione sull'istanza di rideterminazione del trattamento pensionistico sulla base della retribuzione corrispondente al grado effettivamente rivestito alla data di cessazione dal servizio. Udito nella pubblica udienza del 2016, per la parte ricorrente, l'avv. Umberto Verdacchi. Ritenuto in fatto Il signor Simonetti Francesco, ufficiale della Marina militare, cessato dal servizio per limiti di eta' a decorrere dall'8 febbraio 2014, e' stato collocato in ausiliaria dalla stessa data, ai sensi degli articoli 886, comma 1, e 992, comma 1, del Codice dell'ordinamento militare, decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66. L'interessato, nel lamentare il rifiuto dell'Amministrazione (intervenuto il 24 luglio 2015) avverso l'istanza di rideterminazione della pensione (proposta il 4 giugno 2015), ha chiesto: l'annullamento «in parte qua» del provvedimento di determinazione della pensione provvisoria della Direzione di commissariato Marina militare di Roma, nella parte in cui assume nella base pensionabile lo stipendio e gli altri assegni pensionabili propri del grado di ammiraglio ispettore, anziche' quelli propri del grado di ammiraglio ispettore capo, indicando in € 58.589,32 annui lordi lo stipendio di ammiraglio ispettore classe 7ª (considerato dall'Amministrazione nella determinazione della pensione) e in € 65.798,89 annui lordi lo stipendio di ammiraglio ispettore capo (classe 6ª), di cui alla promozione conseguita il 30 agosto 2012; l'accertamento del diritto all'attribuzione dello stipendio e del trattamento economico propri del grado rivestito, per effetto della progressione di carriera conseguita il 30 agosto 2012, ai fini della determinazione della base contributiva e di calcolo della pensione, con effetto dalla data di cessazione dal servizio (8 febbraio 2014) o, quanto meno, dal 1° gennaio 2015, data, quest'ultima, a decorrere dalla quale e' cessata la c.d. cristallizzazione delle progressioni di carriera venute a maturazione negli anni 2011, 2012, 2013 e 2014; in via subordinata, la rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale, per contrasto con gli articoli 2, 3, 36, 38, e 53 della Costituzione, dell'art. 9, comma 21, terzo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 nella parte in cui stabilisce che «le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011,2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici»; dell'art. 16, comma 1 lett. b) del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, che ha successivamente prorogato il predetto termine all'anno 2014, qualora dette norme siano interpretate nel senso di «cristallizzare», alla data del 31 dicembre 2010, il trattamento economico utile ai fini della determinazione della base pensionabile per i pubblici dipendenti di cui all'art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, cessati dal servizio, per eta', nel periodo del 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2014, i quali abbiano conseguito avanzamenti di carriera nello stesso periodo. Nell'atto introduttivo del giudizio e nella memoria pervenuta il 1° luglio 2016, i difensori del ricorrente nel chiedere l'accoglimento del ricorso, hanno esposto: che l'interessato e' cessato dal servizio nel periodo, compreso tra il 1° gennaio 2011 ed il 31 dicembre 2014, di vigenza dell'art. 9, comma 21, terzo periodo del decreto-legge n. 78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010 e del regolamento, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, di attuazione dell'art. 16, comma 1, del decreto-legge n. 98/2011, convertito dalla legge n. 111/2011. che allo stesso non e' stato attribuito il trattamento economico del grado di ammiraglio ispettore capo, salvo il riconoscimento da parte dell'Amministrazione dell'indennita' di posizione dirigenziale, prevista dall'art. 1819 del decreto legislativo n. 66/2010; che la pensione e' stata calcolata in relazione ad una base pensionabile determinata sul trattamento economico spettante alla data del 31 dicembre 2010, inferiore al grado rivestito dall'interessato alla data di cessazione dal servizio. Secondo la difesa la condotta dell'Amministrazione si fonda su una erronea lettura dell'inciso «ai soli fini esclusivamente giuridici» contenuto nel terzo periodo dell'art. 9, comma 21, del decreto-legge n. 78/2010, perche' farebbe discendere dalla norma effetti permanenti della cristallizzazione che la legge aveva previsto, invece, in via temporanea e non definitiva. L'art. 9, comma 21, del decreto-legge n. 78/2010, secondo l'assunto difensivo, non contiene disposizioni finalizzate ad incidere negativamente sul trattamento pensionistico, per cui l'Amministrazione non avrebbe dovuto tener conto di detta cristallizzazione ai tini della determinazione del trattamento di quiescenza dei destinatari del «blocco». La determinazione del Ministero della difesa creerebbe una disparita' di trattamento nell'ambito dei soggetti che, pur avendo conseguito la promozione al grado superiore nello stesso arco temporale (dal 2011 al 2014) di vigenza della «cristallizzazione», cessano dal servizio prima o dopo il 1° gennaio 2015 e piu' chiaramente la disparita' di trattamento si verificherebbe a danno di coloro che, cessando dal servizio entro il 31 dicembre 2014, nonostante l'avvenuta promozione, non usufruiscono della valorizzazione nella base pensionabile del trattamento economico conseguito con la promozione stessa a differenza di quelli che cessano dal servizio dal 1° gennaio 2015. I difensori ritengono che il Ministero della difesa avrebbe dovuto attraverso un'interpretazione diversa da quella data alle norme di riferimento, rideterminare la pensione del ricorrente alla cessazione del blocco, similmente a quanto disposto dal Ministero del tesoro nei confronti del personale militare destinatario della norma vincolistica a suo tempo dettata dall'art. 7, comma 3, del decreto-legge n. 384/1992, convertito con modificazioni, dalla legge n. 438/82, che per l'anno 1993 ha escluso l'applicazione delle norme sugli incrementi retributivi. All'epoca il Ministero del tesoro con apposita circolare dispose il ripristino dell'operativita' degli incrementi a decorrere dal 1° gennaio 1994 e, a decorrere dalla stessa data, la rideterminazione della base pensionabile del trattamento di quiescenza spettante al personale cessato dal servizio nel periodo inciso dall'art. 7 decreto-legge n. 384/1992. La questione di legittimita' costituzionale, proposta in via subordinata alla richiesta di accoglimento del ricorso secondo l'interpretazione dianzi prospettata, e' stata motivata dai difensori principalmente con il riferimento alla giurisprudenza della Corte costituzionale (sent. n. 299/1993; sent. n. 245 del 1997; sent. n. 304 del 2013; sent. n. 310 del 2013; sent. n. 154 del 2014) assumendo che le norme in questione ed altre analoghe sono state ritenute costituzionalmente legittime in quanto aventi carattere eccezionale e transeunte in ragione della temporaneita' del sacrificio imposto, mentre, nella specie, per i soggetti che, come il ricorrente, sono cessati prima del 1° gennaio 2015, il sacrificio derivante dal «blocco» assumerebbe carattere permanente definitivo. Con memoria pervenuta in data 6 luglio 2016, si e' costituito in giudizio il Ministero della difesa Direzione generale della previdenza militare e della leva. L'amministrazione ha formulato, in via gradata, le seguenti conclusioni: difetto di giurisdizione in quanto trattasi sostanzialmente di rilievi che involgono aspetti stipendiali seppure con riflessi pensionistici; inammissibilita' del ricorso in quanto proposto avverso un provvedimento pensionistico provvisorio, mentre l'art. 62 del regio decreto n. 1214/1934, prevede il ricorso alla competente sezione della Corte dei conti avverso i provvedimenti definitivi di pensione; rigetto del ricorso con salvezza di spese. L'Amministrazione ha addotto la legittimita' del proprio operato e richiamando l'art. 9, comma 21, del decreto-legge n. 78/2010, ha esposto che nella determinazione della base pensionabile non si e' potuto tenere conto della promozione al grado di ammiraglio ispettore capo perche' la stessa e' stata conseguita nel periodo di blocco, adducendo che la normativa attualmente vigente avrebbe consentito la corresponsione all'interessato dell'indennita' di posizione correlata alla progressione in carriera, mentre gli incrementi retributivi derivanti dalla promozione riguarderebbero solo il personale in servizio alla data del 1° gennaio 2015. L'Amministrazione ha evidenziato anche che l'interessato percepisce l'indennita' di ausiliaria determinata con riferimento al trattamento economico del pari grado in servizio. All'udienza del 13 luglio 2016 e' stata adottata ordinanza istruttoria (n. 26/2016); il Ministero della difesa con nota pervenuta il 4 novembre 2016 ha prodotto la documentazione richiesta riguardante il conferimento del grado di ammiraglio ispettore capo al signor Simonetti. All'udienza del 18 novembre 2016, con sentenza parziale n. 109/2016, respingendo le eccezioni proposte dal Ministero della difesa, e' stata affermata la giurisdizione della Corte dei conti, e' stata dichiarata l'ammissibilita' del gravame e, ritenuta la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' prospettata da parte ricorrente, e' stata disposta l'adozione di separata ordinanza per la rimessione degli atti alla Corte costituzionale. Considerato in diritto Il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, contenente «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica», all'art. 9, comma 21, ha stabilito: «I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'art. 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, cosi' come previsti dall'art. 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorche' a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici». Le suddette misure sono state prorogate fino al 31 dicembre 2014 per effetto dell'art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, e del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, art. 1, comma 1, lett. a), contenente il regolamento di attuazione del decreto-legge n. 98/2011. Il periodo di efficacia del blocco degli effetti economici derivanti dalle progressioni di carriera si e' concluso al 31 dicembre 2014. La legge di stabilita' 23 dicembre 2014 n. 190, infatti, all'art. 1, comma 256, ha previsto la proroga fino al 31 dicembre 2015, soltanto delle disposizioni recate dall'art. 9, comma 21, primo e secondo periodo, del decreto-legge n. 78/2010. A decorrere dal 1° gennaio 2015 il personale in servizio ha potuto godere degli emolumenti derivanti dalle progressioni di carriera conseguite nel periodo del blocco, ossia negli anni 2011, 2012, 2013 e 2014. Il ricorrente, quale ufficiale della Marina militare, ha conseguito il grado di ammiraglio ispettore capo in data 30 agosto 2012 ed essendo cessato dal servizio per limiti di eta', alla data del collocamento in ausiliaria (8 febbraio 2014) non era in godimento dei benefici derivanti dalla stessa promozione. Nei suoi confronti l'Amministrazione, facendo riferimento al suddetto blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera (terzo periodo del comma 21 dell'art. 9, del decreto-legge n. 78/2010), ha liquidato la pensione provvisoria i considerando, ai fini della base pensionabile, la posizione retributiva corrispondente al grado di «ammiraglio ispettore» anziche' quella di «ammiraglio ispettore capo». Di cio' si duole il ricorrente che chiede la valorizzazione in quiescenza dei benefici economici pensionabili riferiti al grado di «ammiraglio ispettore capo» a decorrere dalla data di cessazione dal servizio (8 febbraio 2014), o dal 1° gennaio 2015, data di cessazione del blocco in argomento. In subordine, l'interessato eccepisce l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21, terzo periodo del decreto-legge n. 78/2010 e dell'art. 16, comma 1 lett. b) del decreto-legge n. 98/2011 per contrasto con gli articoli 2, 3, 36, 38 e 53 della Costituzione, assumendo che il mancato ragguaglio della pensione al grado effettivamente rivestito per i soggetti cessati dal servizio prima del 1° gennaio 2015 determina un vulnus permanente ed insanabile. Cio' premesso, la questione dedotta in giudizio verte sul quantum del diritto a pensione. La pretesa del ricorrente di determinazione della pensione sulla base della retribuzione corrispondente al grado di ammiraglio ispettore capo non puo', tuttavia, essere accolta nel vigente contesto normativo. Alla data di cessazione dal servizio, infatti, era ancora vigente il blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera, e l'art. 9, comma 21, terzo periodo del decreto-legge n. 78/2010, l'art. 16, comma 1, lett. b) del decreto-legge n. 98/2011 e l'art. l , comma 1, lett. a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 122/2013, non hanno previsto, per i' soggetti che sarebbero cessati dal servizio durante il periodo del blocco stesso, la valorizzazione in quiescenza dei benefici economici pensionabili derivanti dalle conseguite progressioni. Il trattamento stipendiale corrispondente alla progressione di carriera conseguita «ai fini esclusivamente giuridici» nel periodo del «blocco», non essendo entrato a far parte della base retributiva e contributiva del ricorrente, non puo', in assenza di un'espressa previsione in tal senso, entrare nel calcolo della base pensionabile e nella determinazione del trattamento di quiescenza (su analoga fattispecie, Corte dei conti, Sezione giurisdizionale Piemonte, sent. n. 195 del 7 giugno 2016). Infatti, ai sensi dell'art. 1866 del codice dell'ordinamento militare, decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e dell'art. 53 de decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973 n. 1092, la base pensionabile si determina con riferimento allo stipendio e agli emolumenti retributivi pensionabili integralmente percepiti in attivita' di servizio. Anche per effetto delle disposizioni in materia di ampliamento della base contributiva e pensionabile previste dall'art. 2, commi 9, 10 e 11 della legge 8 agosto 1995, n. 335, il trattamento di quiescenza va rapportato alla contribuzione versata durante il rapporto lavorativo e quindi agli emolumenti percepiti in servizio. Il quadro normativo di riferimento, ad avviso del rimettente, non consente interpretazioni dalle quali possa discendere l'accoglimento del ricorso. La questione di legittimita' costituzionale, proposta in via subordinata, dal ricorrente, e', pertanto, rilevante, ai fini del riconoscimento del diritto vantato davanti a questa Corte. La questione stessa si appalesa non manifestamente infondata nei limiti e per i motivi che seguono. La penalizzazione subita dai soggetti cessati dal servizio nel periodo del blocco discende direttamente dall'art. 9, comma 21, terzo periodo, del decreto-legge n. 78/2010, dall'art. 16, comma 1, lett. b) del decreto-legge n. 98/2011 e dall'art. 1, comma 1, lett. a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 122/2013, laddove, pur introducendo un temporaneo e transeunte blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera, il legislatore non ha considerato la posizione di coloro che sarebbero cessati dal servizio prima della cessazione della «cristallizzazione economica», trascurando, in tal modo, che gli stessi avrebbero subito una «vanificazione» della conseguita progressione di carriera, con definitiva perdita della retribuzione discendente dalla progressione stessa. La mancata previsione della valorizzazione in quiescenza degli emolumenti pensionabili derivanti dalle progressioni di carriera, a far data dalla cessazione del regime di «blocco», determina il contrasto della disciplina della «cristallizzazione» con l'art. 3 della Costituzione sotto il duplice aspetto della contrarieta' al principio della ragionevolezza e al principio di uguaglianza. Per quanto riguarda il primo aspetto, la disciplina si appalesa irragionevole a causa degli effetti definitivi che si producono nei confronti dei soggetti che, cessando dal servizio prima della cessazione del «blocco», non possono godere, neanche ai fini pensionistici, degli effetti economici delle conseguite promozioni. La Corte costituzionale con la sentenza n. 304 del 12 dicembre 2013, nel ritenere infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21, terzo periodo, del decreto-legge n. 78/2010, promossa dal TAR del Lazio, ha affermato, con riferimento ad alcuni dei parametri che il rimettente riteneva violati (art. 2 e art. 3), che «la misura adottata e' giustificata dall'esigenza di assicurare la coerente attuazione della finalita' di temporanea «cristallizzazione» del trattamento economico dei dipendenti pubblici per inderogabili esigenze di contenimento della spesa pubblica, realizzata con modalita' per certi versi simili a quelle gia' giudicate da questa Corte non irrazionali ed arbitrarie (sentenze n. 496 e n. 296 del 1993; ordinanza n. 263 del 2002), anche in considerazione della limitazione temporale del sacrificio imposto ai dipendenti (ordinanza n. 299 del 1999).» Il blocco degli effetti economici della progressione di carriera, mentre si appalesa ragionevole per il periodo della durata del blocco stesso, in considerazione del carattere temporaneo e transeunte, come ritenuto dalla Corte costituzionale con la predetta sentenza 304/2013 e con le successive pronunce (n. 310/2013; 113/2014, n. 154/2014), non si giustifica e si appalesa, percio', discriminatorio nei confronti dei soggetti cessati dal servizio prima del 1° gennaio 2015. In linea con quanto affermato dalla Corte costituzionale nelle suddette pronunce, il rimettente ritiene che le norme sulla «cristallizzazione» degli effetti economici della progressione di carriera non possano superare il vaglio di ragionevolezza nei confronti dei soggetti cessati dal servizio nel periodo del blocco. Il sacrificio imposto ai soggetti in questione, non avendo carattere temporaneo, va oltre la giustificata necessita' di risparmi immediati per il contenimento della spesa pubblica e, quindi, va oltre la insindacabile discrezionalita' del legislatore, sfociando in una arbitraria, e comunque palesemente eccessiva e sproporzionata solo per alcuni, compromissione degli interessi colpiti dalla «cristallizzazione». Tale ultima considerazione consente di introdurre il secondo motivo di rilievo costituzionale, nel senso che l'evidenziato «effetto definitivo» della misura del blocco, che si produce solo per alcuni dei soggetti destinatari delle disposizioni de quibus, viola l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della disparita' di trattamento tra soggetti che, a parita' di qualifica e anzianita' di servizio, conseguono la promozione nel periodo di cristallizzazione. Alcuni di essi, rimasti in servizio, possono godere degli effetti economici della progressione alla data di cessazione del blocco, mentre altri, come il ricorrente, cessati dal servizio per limiti di eta', non possono goderne neanche ai fini della determinazione della base pensionabile. Tale disparita' di trattamento non si giustifica per una diversita' delle situazioni raffrontate, posto che la diversa eta' anagrafica o la sopravvenuta cessazione dal servizio non rappresentano elementi distintivi a fronte di identiche situazioni giuridiche caratterizzate dalla stessa anzianita' di servizio e dall'avvenuto conseguimento della medesima progressione. La disparita' di trattamento, inoltre, si manifesta con maggiore evidente irrazionalita' tra soggetti che come il ricorrente conseguono la progressione di carriera nel periodo di «blocco» e cessano dal servizio nello stesso periodo e colleghi che raggiungono lo stesso grado (o qualifica) dopo di loro e prima della cessazione della «cristallizzazione». Questi ultimi, nonostante abbiano conseguito la progressione di carriera successivamente ai primi, avendo gli stessi una minore anzianita' di servizio, godranno, tuttavia, per il solo fatto di essere anagraficamente piu' giovani, dei benefici alla scadenza del blocco in quanto in servizio al 1° gennaio 2015, mentre i primi, pur avendo conseguito la progressione prima di loro e in possesso di una maggiore anzianita' di servizio, non possono goderne neanche ai fini della determinazione della pensione, trovandosi al 1° gennaio 2015 in posizione di quiescenza. A sostegno della prospettata non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' delle norme in argomento, nella parte in cui non hanno regolato la posizione dei soggetti che sarebbero cessati dal servizio nel periodo del blocco, giova richiamare la pronuncia n. 304/2013 della Corte costituzionale, laddove, si legge che «Nelle ordinanze da n. 243 a n. 246 del 2012, il rimettente afferma, con riferimento alla ipotizzata violazione dell'art. 36 della Costituzione, che «la disposizione non regola la posizione di coloro tra essi che, nominati Ministri plenipotenziari [o «ambasciatori: ordinanza n. 246] nel considerato triennio 2011/2013, saranno, nell'arco dello stesso periodo, collocati a riposo per raggiunti limiti di eta'». Poiche' la questione non costituiva oggetto dei giudizi principali, il rimettente formula la sopra riportata considerazione, con la quale imputa al legislatore un'omissione (quella cioe' di non aver regolato situazioni che presentavano determinate peculiarita'), senza pero' farne, correttamente, oggetto di una specifica richiesta atta a promuovere su questo diverso aspetto il giudizio incidentale. Il punto, quindi, esula dal presente procedimento». Nel caso in esame, a differenza della fattispecie esaminata nella predetta sentenza, la mancata regolamentazione degli effetti delle promozioni ai fini pensionistici per i' soggetti che sarebbero cessati dal servizio nel periodo del blocco, e' determinante e rilevante, essendo questo giudice chiamato a decidere sul quantum del trattamento di quiescenza di soggetto cessato dal servizio nel periodo della cristallizzazione.
P. Q. M. La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per la Liguria, Visti gli articoli 134 e seguenti della Costituzione e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, solleva in quanto rilevante per la decisione del ricorso e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale: dell'art. 9, comma 21, terzo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122; dell'art. 16, comma 1 , lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, come specificato dall'art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell'art. 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), per contrasto con l'art. 3 della Costituzione nella parte in cui dette norme non hanno previsto, nei confronti dei soggetti che sarebbero cessati dal servizio nell'arco temporale della «cristallizzazione», la valorizzazione in quiescenza, a decorrere dalla data di cessazione del blocco, degli emolumenti pensionabili derivanti dalle progressioni di carriera conseguite durante il blocco stesso. Dispone la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria della Sezione, alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' provveduto in Genova il 18 novembre 2016. Il Giudice: Riolo