N. 91 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 marzo 2017

Ordinanza del 7 marzo 2017 del G.I.P. del  Tribunale  di  Teramo  nel
procedimento penale a carico di M. M.. 
 
Processo  penale  -  Procedimento  davanti  al  giudice  di  pace   -
  Competenza per materia - Previsione della competenza del giudice di
  pace per il delitto di cui all'art. 582  cod.  pen.,  limitatamente
  alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela  di
  parte, ad esclusione dei fatti commessi  contro  uno  dei  soggetti
  elencati dall'art. 577, secondo comma, cod. pen. ovvero  contro  il
  convivente  -  Mancata  previsione,   con   specifico   riferimento
  all'ipotesi aggravata di cui all'art. 577, primo comma, n. 1,  cod.
  pen., dell'esclusione della competenza del giudice  di  pace  anche
  per i fatti commessi contro il discendente naturale. 
- Decreto legislativo 28 agosto  2000,  n.  274  (Disposizioni  sulla
  competenza penale del giudice di pace,  a  norma  dell'articolo  14
  della legge 24 novembre 1999, n. 468), art. 4, comma 1,  lett.  a),
  come modificato dall'art. 2,  comma  4-bis,  del  decreto-legge  14
  agosto 2013, n. 93 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza  e
  per il contrasto della violenza  di  genere,  nonche'  in  tema  di
  protezione  civile   e   di   commissariamento   delle   province),
  convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119. 
(GU n.26 del 28-6-2017 )
 
                         TRIBUNALE DI TERAMO 
           Ufficio del Giudice per le indagini preliminari 
 
    Il giudice per le indagini preliminari Domenico Canosa, letta  la
richiesta di archiviazione,  presentata  dal  Pubblico  Ministero  in
relazione al procedimento indicato in epigrafe, nell'ambito del quale
riveste la qualita' di persona sottoposta ad  indagini  M  M  per  il
delitto di cui agli artt. 582, 585, in relazione all'art.  577  comma
1, n. 1 c.p. (consumato nel luglio 2015); 
        - sciogliendo la riserva  assunta  all'udienza  camerale  del
9.02.2017, ha pronunciato la seguente ordinanza 
    avente  ad  oggetto il  rilievo  d'ufficio  della  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 4 comma 1 lett. a)  D.Lg.vo  n.
274/2000 (come modificato dall'art. 2,  comma  4  bis,  del  D.L.  14
agosto 2013, n.  93,  convertito,  con  modificazioni,  nella  L.  15
ottobre 2013, n. 119), in riferimento agli art. 3 e 24 Cost.; 
    1. In punto di fatto, deve preliminarmente  evidenziarsi  che,  a
seguito di querela sporta da B.  V.  (in  qualita'  di  genitore  del
minore M. A. ), M. M.  veniva iscritto nel  registro  degli  indagati
per il delitto di cui all'art. 571  c.p.,  per  avere,  nel  mese  di
luglio 2015, colpito con un violento  schiaffo  il  figlio  A.   alla
coscia, «cagionandogli grave dolore e provocandogli  una  tumefazione
con lo stampo  delle  dita  sull'arto»  (cfr.,  denuncia-querela,  in
atti). All'esito delle indagini preliminari,  il  Pubblico  Ministero
presentava richiesta di archiviazione per infondatezza della  notizia
di reato, ritenendo  gli  elementi  acquisiti  inidonei  a  sostenere
l'accusa in giudizio. In relazione  a  detta  istanza,  il  difensore
della persona offesa presentava motivata opposizione. 
    Questo  giudice,  ritenuta  ammissibile   quest'ultima,   fissava
l'udienza camerale del 22.09.2016.  Sciogliendo  la  riserva  assunta
alla predetta udienza, emetteva in data 27.9.2016 ordinanza ai  sensi
dell'art. 409 comma 4 c.p.p., del seguente testuale tenore:  «Ritiene
questo Giudice - peraltro  conformemente  a  quanto  sostenuto  dallo
stesso difensore della p.o. in sede di opposizione alla richiesta di'
archiviazione  e,  limitatamente  alla  qualificazione  giuridica  da
attribuirsi al fatto, anche dal  difensore  dell'indagato  -  che  il
fatto, consistito nel colpire con uno schiaffo il figlio minore M A a
seguito del  quale  quest'ultimo  riportava,  una  tumefazione  sulla
coscia, debba essere  riqualificato  giuridicamente  ai  sensi  degli
artt. 582, 585, in relazione all'art. 577, comma 1, n. 1 c.p. 
    Ed  invero,  non  sono  minimamente   evincibili   gli   elementi
integratrici del disposto penale ipotizzato  dalla  Pubblica  Accusa,
avuto  precipuo  riguardo  allo  scopo   correttivo   e/o   educativo
perseguito nel caso  di  specie  dell'indagato  - il  quale,  secondo
quanto indicato dalla querelante, ha adoperato  la  violenza  solo  a
titolo ritorsivo in ordine alla volonta' manifestatagli  dal  proprio
figlio di restare al mare -. 
    Del  resto,  e  fondamento  della  possibilita'  di  diversamente
qualificare  il  fatto  ad  opera  del  giudice   per   le   indagini
preliminari,  puo'  richiamarsi  l'orientamento  di  legittimita'   -
peraltro dettato per una situazione  obiettivamente  meno  favorevole
per  l'indagato  rispetto  a  quella  attuale  -,  secondo  cui  «Non
costituisce atto abnorme,  ne'  in  alcun  modo  e'  impugnabile,  il
provvedimento con cui il giudice per  le  indagini  preliminari,  nei
rigettare la  richiesta  di  archiviazione  del  pubblico  ministero,
ordini  l'imputazione  coatta  nei  confronti  dell'indagato  per  il
medesimo fatto, diversamente qualificando il titolo di reato rispetto
a quello  individuato  dal  pubblico  ministero  nella  richiesta  di
archiviazione» - Cass., Sez. Sentenza n.  31912  del  07/07/2015  Cc.
(dep. 21/07/2015) Rv. 264509 -. 
    Cio' precisato, deve ritenersi che  non  possa,  quantomeno  allo
stato, esprimersi un giudizio di infondatezza  con  riferimento  alla
situazione  oggetto  di  querela  ad  opera  di  B.  V.  ,  apparendo
necessario espletare le seguenti ulteriori indagini: 
        assumere nuovamente a ss.ii, in maniera articolata B.  V.  al
fine di farsi puntualmente specificare le seguenti circostanze: se M.
M. sa il padre  naturale  o  adottivo  dei  piccolo  M.  A.;  se,  in
occasione della constatazione  della  tumefazione  quale  conseguenza
dello schiaffo, ebbe a ricorrere alle cure ospedaliere, avendo  cura,
altresi',   di   farsi   consegnare    dalla    medesima    eventuale
certificazione, sanitaria rilasciata in tale occasione al minore;  in
caso di assenza di certificazione sanitaria, la durata, nel  caso  di
specie,  dello  stato  di  malattia   (alterazione   o   tumefazione)
conseguente allo schiaffo; 
 
                               p.q.m. 
 
    previa riqualificazione giuridica del fatto ai sensi degli  artt.
582, 585, in relazione all'art. 577 comma 1 n. 1 c.p. commesse in nel
luglio 2015, indica al p.m. le nuove indagini di cui in parte motiva,
da compiersi entro il termine di mesi  uno  dalla  comunicazione  del
presente provvedimento». 
    2. Dando attuazione alla citata ordinanza, il Pubblico  Ministero
modificava la qualificazione giuridica del fatto nei termini indicati
e delegava alla polizia giudiziaria l'escussione di B.  V.  la  quale
evidenziava come l'indagato fosse il padre naturale dei minore M.  A.
e che la  tumefazione  conseguenza  dello  schiaffo,  descritta  come
avente un colore «rosso vivo» (evincibile anche dalla  documentazione
fotografica allegata alla querela), aveva avuto  una  durata  pari  a
circa dieci giorni. 
    All'esito  dell'attivita'  integrativa  d'indagine,  il  pubblico
Ministero rinnovava la richiesta di  archiviazione  per  infondatezza
della notizia di  reato,  avverso  la  quale  non  veniva  presentata
ulteriore opposizione e questo  giudice,  non  ritenendo  (anche  per
quanto di qui a poco si dira') la  richiesta  accogilbile  de  plano,
fissava udienze camerale ai sensi dell'art. 409 comma II c.p.p. anche
al fine  di  garantire  il  contraddittorio  delle  parti  in  ordine
all'eventuale adozione  di  un  provvedimento  di  archiviazione  per
«particolare tenuita' del fatto», ai  sensi  del  combinato  disposto
degli artt. 411 comma 1 bis c.p.p. e 131 bis c.p. 
    A  quell'udienza,  previa  verifica   della   regolarita'   delle
comunicazioni  e  notificazioni   alle   parti,   in   considerazione
dell'assenza  dell'indagato,  della  persona  offesa  e  del  di  lei
difensore, al fine di renderli edotti del possibile esito definitorio
del procedimento mediante adozione di provvedimento di  archiviazione
ai sensi dell'art.  131  bis  c.p,  in  conformita'  anche  a  quanto
stabilito dalla Quinta  Sezione  Penale  della  Corte  di  Cassazione
mediante la sentenza n. 36857/2016, secondo cui «Il provvedimento  di
archiviazione previsto dall'art. 411, comma 1, ccd. proc. pen., anche
per l'ipotesi  di  non  punibilita'  della  persona  sottoposta  alle
indagini ai  sensi  dell'art.  131  bis  cod.  pen.  per  particolare
tenuita' del fatto e' nullo  se  non  si  osservano  le  disposizioni
processuali speciali previste dall'art. 411,  comma  bis  cod.  proc.
pen., non garantendo il necessario contraddittorio sul punto le  piu'
generali disposizioni previste dagli artt. 408 e seguenti cod.  proc.
pen..»,  emetteva  in  udienza,  alla  presenza  del  solo  difensore
dell'indagato, ordinanza del seguente testuale tenore: «Ritenuto che,
nel caso di specie, appaia necessario, in analogia a quanto  disposto
dall'art. 411 comma 1, bis c.p.p., estendere il  contraddittorio  tra
tutte le parti non solo avuto riguardo ai giudizio di infondatezza  o
meno della notizia di reato,  invocata  del  Pubblico  Ministero,  ma
anche  alla  possibile  applicazione,  al  caso  di   specie,   della
particolare tenuita' del fatto di cui  all'art.  131  bis  c.p.  (sul
punto  Cass.  n.  36857/2016),  dispone  il   rinvio   del   presente
procedimento all'udienza del 2.03.2017 ore  12:00,  la  notifica  del
presente verbale all'indagato, nonche' al difensore della  p.o,  e  a
quest'ultima ex art. 148  co.  2  bis  c.p.p.  secondo  le  modalita'
stabilite dalla legge..», essendo i medesimi assenti. 
    All'esito  della  predetta   udienza,   previa   verifica   della
regolarita' delle comunicazioni e  notificazioni  alle  parti,  preso
atto della memoria del difensore della p.o. e delle  conclusioni  dei
difensore dell'indagato, il quale chiedeva  disporsi  l'archiviazione
dei procedimento, in via principale, per infondatezza  della  notizia
di reato e, in subordine,  per  l'operativita'  della  causa  di  non
punibilita' della particolare tenuita' del fatto di cui all'art.  131
bis c.p.,il giudice riservava la presente ordinanza. 
    3. In punto di rilevanza della questione,  deve  in  primo  luogo
osservarsi come a fronte della specifica delimitazione in fatto della
condotta  materiale   contestata   all'indagato   -   documentalmente
riscontrata dal contenuto della  denuncia-querela,  dal  'verbale  di
sommarie informazioni' rese  dalla  B  alla  polizia  giudiziaria  li
28.12.2015 e il 7.10.2016 e dagli ulteriori elementi acquisiti (v. in
particolare, le riproduzioni fotografiche  ritraenti  la  tumefazione
della coscia del minore persona offesa in conseguenza dello schiaffo)
-, alcun dubbio probatorio si  prospetti,  nei  caso  di  specie.  in
ordine alla idoneita' della condotta per cui si procede ad integrare,
quantomeno con riferimento al parametro richiesto.  ai  fini  che  in
questa sede interessano (quello, cioe', dell'idoneita' degli elementi
acquisiti a sostenere l'accusa giudizio),  gli  elementi  costitutivi
della  fattispecie  delittuosa  punita  dagli  artt.  582,  585,   in
relazione all'art. 577, comma 1, n, 1 c.p. 
    In   particolare,   risulta   accertata   una   azione   violenta
(«schiaffo») indirizzata verso una  parte  del  corpo  della  p.o.  e
causativa (cosi' differenziandosi dalla fattispecie di  cui  all'art.
581 c.p.) di uno stato di malattia (dr. Cass. Sez. VII, ordinanza  n.
29786 del 31.05.2016; Cass. n. N. 7254 del 1977Rv.  136118,  N.  7422
del 2010Rv. 246097, N. 22781 del 2010Rv. 247518, secondo cui anche la
contusione, costituente un quid minoris  rispetto  alla  tumefazione,
«in  quanto  alterazione  anatomica  e   funzionale   dell'organismo,
costituisce malattia ai sensi  dell'art.  582  cod.  pen.»),  la  cui
durata, alla luce degli  dati  probatori  disponibili,  nel  caso  di
specie risulta accertata in giorni dieci. 
    Cio' posto, ritiene questo  giudice  che,  con  riferimento  alla
fattispecie delittuosa per cui si procede, potrebbe trovare  concreta
applicazione  la  causa  di   «esclusione   della   punibilita'   per
particolare tenuita' del fatto» disciplinata dall'art. 131  bis  c.p,
(«Nei reati per i quali e' prevista la pena detentiva  non  superiore
nel massimo  a  cinque  anni,  ovvero  la  pena  pecuniaria,  sola  o
congiunta alla predetta pena, la punibilita' e' esclusa  quando,  per
le modalita' della  condotta  e  per  l'esiguita'  del  danno  o  del
pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, comma 1, cp., l'offesa  e'
di particolare tenuita' e il comportamento risulta non abituale»), 
    Ed invero come dichiarato dalla denunciante in sede  di  sommarie
informazioni rese  in  data  28.12.2015,  trattasi  di  condotta:  a)
realizzata in un'unica occasione (con esclusione quindi del carattere
abituale del gesto violento); b) posta in essere  quale  reazione  al
comportamento disobbediente manifestato dal minore alla richiesta del
padre di lasciare la spiaggia; c) che ha causato un danno psicofisico
di entita' assolutamente modesta ed ascrivibile ad  una  azione  che,
seppur  volontaria,  e'  risultata  in  concreto  caratterizzata   da
estemporaneita' e, percio', non sorretta da un  dolo  di  particolare
intensita'. 
    Ne' e' dato riscontrate, nel caso di  specie,  l'operativita'  di
alcuna della ipotesi in presenza delle quali  l'offesa  non  potrebbe
ritenersi di particolare tenuita': - l'indagato (padre  naturale  del
minore) non ha agito per motivi abietti o futili, o con  crudelta'  o
ha adoperato  sevizie  o,  ancora,  profittato  delle  condizioni  di
minorata  difesa della  vittima  (non  potendosi  ritenere   all'uopo
sufficiente, proprio  in  considerazione  dell'estemporaneita'  della
condotta, il fatto che la p.o. non avesse ancora compiuto i sei  anni
di eta'); - non sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte
o le lesioni gravissime di una persona; - non sono emersi profili di'
abitualita' nel comportamento posto  in  essere,  ne'  l'indagato  e'
stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per  tendenza,
ne' ha commesso piu' reati della stessa indole. 
    Riscontrata, pertanto, la ricorrenza di tutti i  presupposti  per
l'applicabilita'  della   predetta   causa   di'   esclusione   della
punibilita' del fatto-reato commesso dal M. deve  rilevarsi  come  un
tale epilogo decisorio (ostativo all'esercizio dell'azione penale  da
parte del p.m.)  risulti  precluso  a  questo  giudice,  obbligato  a
rilevare la propria incompetenza per materia ai  sensi  dell'art.  22
c.p.p. (cfr. Cass. n. 1700/1998), essendo prevista per  il  reato  in
questione la competenza del giudice di pace di Teramo. 
    Ed invero, l'art. 4 comma 1 lett. a)  D.Lg.vo  n.  274/2000,  nel
testo risultante a seguito  della  modifica  apportata  dall'art.  2,
comma 4 bis,  del  D.L.  14  agosto  2013,  n.  93,  convertito,  con
modificazioni, nella L. 15 ottobre 2013, n. 118 - entrata  in  vigore
il 16 ottobre 2013 e, quindi, prima della data  di  consumazione  del
reato per cui  si  procede  -  dispone  che il  giudice  di  pace  e'
competente, tra  gli  altri,  «per  i  delitti  consumati  o  tentati
previsti dagli artt.  [...] 582, limitatamente  alle  fattispecie  di
cui al secondo comma perseguibili a querela di parte,  ad  esclusione
dei fatti; commessi contro uno dei  soggetti  elencati  dall'articolo
577,  secondo  comma,   avvero   contro   il   convivente»,   ipotesi
quest'ultime  attribuite,  dalla  citata   novella   normativa,   aia
competenza per materia del tribunale in composizione monocratica,  in
base agli ordinari criteri di ripartizione della competenza  previsti
dal codice di rito. 
    Al riguardo, va ribadito che la condotta delittuosa addebitata in
punto di fatto all'odierno indagato appare idonea  ed  integrare  gli
elementi costitutivi del reato di lesioni personali lievi  (essendone
derivata una malattia di  durata  non  superiore  ai  venti  giorni),
aggravato (soltanto) ai sensi dell'art. 577 comma 1  n.  1  c.p.,  in
quanto commesso dal M. in danno del proprio figlio naturale, e quindi
perseguibile e querela di parte ai sensi dell'art. 582 comma 2  c.p.,
con consequenziale individuazione della competenza  per  materia  del
giudice di' pace di Teramo, dovendo  questo  decidente  applicare  il
citato art. 4 comma 1 lett. a) D.lg.vo n.  274/2000  laddove  esclude
espressamente tale competenza per i (soli) «fatti commessi contro uno
dei soggetti elencati dall'articolo 577, secondo comma, ovvero contro
il convivente» 
    Orbene, emerge evidente  l'intrinseca  irragionevolezza  di  tale
scelta del leglslatore, e cio' sol che si consideri  che  le  lesioni
personali lievi, quando sono commesse in danno, tra  gli  altri,  del
figlio adottivo (art. 577 secondo comma appartengono  afa  competenza
dei  tribunale  in  composizione   monocratica,   si   da   risultare
addirittura  comprese  tra  le   fattispecie   «aggravate»   cui   fa
riferimento riferimento il nuovo comma 6 dell'art.  282  bis  c.o.p.,
che consente l'applicazione della  misura  dell'allontanamento  dalla
casa familiare «anche ai di fuori del limiti previsti  dall'art.  280
c.p.p.», mentre laddove la medesima condotta delittuosa risulti posta
in essere contro un discendente - e, quindi, come nei caso di specie,
dal padre naturale nei confronti del figlio -  la  valutazione  della
stessa, essendo normativamente attribuita al giudice di pace, esclude
a priori l'applicabilita' di' misure cautelati personali, ex  art.  2
comma 1, lett. c) d.lgs. 274/00. 
    Ritiene questo giudice  che  la  evidente  incoerenza  intrinseca
(art. 3 Cost.) di tale scelta  normativa  non  appaia  manifestamente
infondata,   in    considerazione    della    piena    equiparazione,
nell'ordinamento giuridico, degli standard di tutela  giurisdizionale
riservati al figlio adottivo rispetto a quello naturale,  vittime  di
condotte violente poste in essere in ambito «familiare». 
    Ne' la natura processuale della norma censurata  appare,  di  per
se',  idonea  a  privare  di  rilevanza  il   presente   dubbio   di'
costituzionalita',  e  cio'   argomentando   anche   dalla   connessa
configurabilita'  di  un  apprezzabile  pregiudizio  per  i   diritti
dell'indagato  (art.  24  Cost.),  ricollegabile   in   via   diretta
all'applicazione della norma (Cfr, Corte cost n. 147 del 2004; n. 444
del  2002);   concreto   pregiudizio   rappresentato   dall'oggettiva
impossibilita' per questo giudice  (pur  ricorrendone  i  presupposti
normativi) di adottare un provvedimento di archiviazione ai sensi del
combinato disposto degli artt. 411 comma 1 bis c.p.p. e 131 bis c.p.,
dovendo trovare applicazione l'art. 4 comma 1 lett. a) d.lgs. 274/00,
nella  parte  in  cui  per  la  fattispecie   delittuosa   addebitata
all'indagato (artt. 582 comma 2, 577 comma 1 n. 1 c.p.)  individua  -
tuttora e come gia' previsto prima della modifica apportata sul punto
dalla L. n.119 del 2013 - quale giudice  competente  per  materia  il
giudice di pace (in funzione di giudice delle  indagini  preliminari,
ai sensi dell'art. 5 comma 2  d.lgs  274  del  2000),  a  sua  volta,
tuttavia,  impossibilitato  a  definire  il   procedimento   con   un
provvedimento di archiviazione fondato sul rilievo della citata causa
di esclusione della punibilita' prevista dall'art. 131 bis c.p. 
    In tale prospettiva, risulta allo  stato  pressoche'  consolidata
l'opzione   interpretativa   della   Suprema    Corte    nel    senso
dell'inapplicabilita' dell'art. 131 bis c.p. ai reati  di  competenza
dei giudice di pace, e cio' sulla base di un articolato (e del  tutto
condivisibile)  percorso  argomentativi  che,  per   mera   comodita'
espositiva, appare opportuno riportare testualmente: «Le  analogie  e
le differenze esistenti tra procedimento penale presso il giudice  di
pace ed il procedimento penale ordinario portano a ritenere  che  tra
di essi esiste un rapporto di specialita' reciproca perche',  intorno
ad un nucleo fondamentale comune, ruotano una  serie  di  istituti  e
riti  speciali,  funzionali  alle   esigenze   proprie   di   ciascun
procedimento. L'art. 2, comma 1, del d.lgs. 28 agosto 2000,  n.  274,
rubricato «principi generali del procedimento davanti al  giudice  di
pace», costituisce  la  base  normativa  che  conferma  tale  approdo
perche', da un lato, disciplina il procedimento attraverso il  rinvio
alle disposizioni, in quanto applicabili,  contenute  nel  codice  di
rito e nelle disposizioni di attuazione o, dall'altro, introduce  una
serie di eccezioni quanto ad istituti e procedimenti speciali ad esso
espressamente dichiarati non applicabili. 
    L'art. 34 d.lgs n. 274 del 2000 disciplina proprio l'istituto del
fatto di particolare tenuita' procedimenti presso il Giudice di  pace
e gli elementi costitutivi  della  fattispecie  non  sono  del  tutto
sovrapponibili rispetto a quelli che caratterizzano  la  disposizione
introdotta nel codice penale, che  non  contiene  e  ne'  assorbe  la
prima, registrandosi anzi un considerevole scollamento tra le stesse,
con la inevitabile conseguenza che la disposizione ex art. 34  d.lgs.
n. 274 del 2000, in considerazione della sedes materiae  nelia  quale
e' collocata, si caratterizza per essere  una  disposizione  speciale
rispetto a quella generale codicistica,  sia  pure  ratione  temporis
successiva, ex art. 131 bis cod. pen. A norma dell'art. 34 d.lgs.  n.
274 del 2000, il fatto e' di particolare  tenuita'  quando,  rispetto
all'interesse tutelato, l'esiguita' del danno o del pericolo  che  ne
e'  derivato,  nonche'  la  sua  occasionalita'  ed  il  grado  della
colpevolezza non giustificano l'esercizio dell'azione penale,  tenuto
conto,  altresi',  del  pregiudizio   che   l'ulteriore   corso   del
procedimento puo' recare alle esigenze  del  lavoro,  di  studio,  di
famiglia  o  di  salute  della  persona  sottoposto  ad  indagini   o
dell'imputato. 
    Il pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento puo' recare
alle particolari esigenze dell'imputato costituisce elemento estraneo
rispetto all'ambito di operativita' della disposizione  ex  art.  131
bis cod. pen., per la quale non hanno alcun  rilievo,  contrariamente
all'art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, l'interesse della persona  offesa
alla prosecuzione del procedimento (solo in assenza  del  quale,  nel
corso delle indagini preliminari, il giudice di pace puo'  dichiarare
con decreto d'archiviazione non doversi procedere per la  particolare
tenuita' del fatto) o il diritto  di  veto  della  persona  offesa  e
neppure  del  diritto  potestativo  dell'imputato a   non   avvalersi
dell'istituto (laddove, nei procedimenti per reati di Competenza  del
giudice  di  pace,  se  e'  stata  esercitata  l'azione  penale,   la
particolare tenuita' del fatto puo' essere  dichiarata  con  sentenza
solo se l'imputato e la persona offesa non si oppongono). 
    A norma dell'art. 131 bis cod. pen.  la  punibilita'  e'  esclusa
quando, per le modalita' della condotta e per l'esiguita' del danno o
del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo  comma  (con
parametri   valutativi   quindi   ulteriori   rispetto   all'elemento
costituito, ai sensi 2 dell'art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, dal  solo
grado della colpevolezza), l'offesa e' di particolare tenuita'  e  il
comportamento risulta non abituale (anziche' occasionale ex  art.  34
cit.). Oltre al dato normativo, gia'  di  per  se'  significativo  al
riguardo, la conferma dell'inapplicabilita' dell'art.  131  bis  cod.
pen. nei procedimenti per i reati di competenza del Giudice  di  pace
si ricava da due ulteriori considerazioni. Sotto  un  primo  profilo,
occorre tenere  presente  come  il  Legislatore  delegato  non  abbia
seguito l'invito rivolto dalla Commissione Giustizia della  Camera  a
valutare  «l'opportunita'   di   coordinare   la   disciplina   della
particolare tenuita' del fatto prevista dell'art. 34  del  d.lgs.  28
ottobre 2000, n, 274, in riferimento ai reati del  giudice  di  pace,
con la disciplina prevista dal provvedimento in  esame  [introduzione
nel codice penale dell'art. 131-bis appunto]». L'esortazione  non  e'
stata raccolta  dal  Legislatore  delegato  sul  rilievo,  del  tutto
corretto, che la legge delega non conferiva tale potere  ma,  durante
la fase di progettazione dell'art. 131-bis cod. pen. e'  apparso  ben
chiaro, essendo stato anche disatteso  il  suggerimento  avanzato  da
talune precedenti Commissioni ministeriali di abrogare  espressamente
l'art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000 (abrogazione che, tuttavia,  non  e'
Stata prevista dal decreto legislativo n. 28 del 2015 e, come  si  e'
detto, neppure dalle legge delega 28 aprile  2014  n.  67),  come  il
risultato  dell'inerzia  si  sarebbe   risolto   nel   tollerare   la
coesistenza di due modelli (invero tre modelli,  se  si  ha  riguardo
anche alla disposizione ex art. 27 dettata per il procedimento penale
minorile, che qui ovviamente non  rileva)  profondamente  diversi  di
irrilevanza penale per tenuita' del fatto: entrambi  sistematicamente
collocabili,  almeno  con  riferimento  alla   fase   del   giudizio,
all'interno della categoria giuridica del proscioglimento;  il  primo
(art.  131-bis  cod.  pen.)  subordinato  alla  non  abitualita'  del
comportamento, il secondo (art. 34 d. lgs. n. 274 del 2000) alla  sua
occasionabilita'; l'uno  attento  ai  possibile  pregiudizio  per  le
esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della  persona
sottoposta a indagine o dell'imputato, l'altro del  tutto  svincolato
da tale  parametro;  l'uno  inteso  a  favorire  l'instaurazione  del
contraddittorio  tre  indagato  e  persona  offesa  nella   procedura
decisionale, l'altro fondato su una serie  di  preclusioni  collegate
all'interesse o alla volonta' delle parti. Sotto un secondo  profilo,
va pure ricordato: che la Corte costituzionale (sentenza  n.  25  del
28/01/2015)  -  nel  dichiarare   inammissibile   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 529 cod. proc. pen., sollevata,
in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e  111  della  Costituzione  nella
parte in cui non  prevede  una  formula  di  proscioglimento  per  la
«particolare tenuita' del fatto», «simmetrica ed  analoga»  a  quella
prevista, per i soli procedimenti penali di competenza del giudice di
pace, dall'art. 34 del decreto. legislativo 28 agosto 2000, n. 274  -
ha precisato, proprio tenendo presente in parte qua  il  testo  della
legge delega n. 67 dei 2014, che il Legislatore ben  puo'  introdurre
una causa di proscioglimento per la «particolare tenuita' del  fatto»
strutturata diversamente  e  senza  richiedere  tutte  le  condizioni
previste  dall'art.  34  del  d.lgs.  n.  274  del  2000,  con   cio'
confermando  che  nulla  impedisce  a  due  diverse  fattispecie   di
proscioglimento per la particolare tenuita' dei fatto  di  coesistere
nel medesimo ordinamento. 
    Per tutte le ragioni sopra esposte, consegue che  l'art.  131-bis
cod. pen. non puo' essere applicato nell'ambito del procedimento  per
reati di competenza  del  Giudice  di  pace,  nei  quali  prevale  la
disciplina speciale della tenuita' prevista dall'art.  34  d.lgs.  n.
274 del 2000, essendo il procedimento  dinanzi  al  giudice  di  pace
disciplinato  secondo  criteri   di   ius   singulare   rispetto   al
procedimento ordinario (cfr. in  tali  termini:  Cass.,  9.9.2016  n.
37551; Cass. 10.11.2016 n. 47523;  Cass.  15.1.2016  n.  1510;  Cass.
21.7.2015 n. 31920; Cass.  24.9.2015  n.  38876;  Cass.  7.8.2015  n.
34672, nonche', da ultimo: Cass. 13.1.2017 n. 1724). 
    [....A cio' si aggiungano, in genere e nei  caso  di  specie,  le
maggiori  garanzie  procedurali   connesse   allo   svolgimento   del
procedimento in caso di richiesta  di'  archiviazione  per  reati  di
competenza del Tribunale rispetto a quelli per i  quali  la  potestas
decidendi si radica in capo  al  giudice  di  pace,  atteso  che,  in
quest'ultimo  caso,  a  fronte  di  una  richiesta  di  archiviazione
avanzata dal pubblico ministero, al di fuori dell'ipotesi in  cui  la
persona  offesa   abbia   fatto   richiesta   di   essere   informata
dell'archiviazione  oppure  abbia  presentato  ricorso  immediato  al
giudice  di  pace  e  situazione  che   attiva   un   contraddittorio
«cartolare» - la decisione e' assunta dal giudice di pace  de  plano,
previa valutazione che non sussista un interesse della persona offesa
alla prosecuzione del procedimento. Nessun  ruolo  e'  attribuito  in
quei procedimento alla persona sottoposta ad  indagini  che  potrebbe
vedersi  archiviato  il  procedimento  a  proprio  carico,  ai  sensi
dell'art. 34 D.Lg.vo n. 74/2000,  senza  essere  stata  mai  sentita,
diversamente da quanto accade in caso di archiviazione  per  ritenuta
operativita' della  causa  di  cui  all'art.  131  bis  c.p.,  stante
l'obbligo, in capo alla Pubblica Accusa, di darne avviso alla persona
sottoposta ad indagini ai sensi dell'art. 411 comma 1 bis c.p.p. 
    Infine, non va sottaciuta l'attribuzione di poteri  diversificati
alla persona  offesa,  che,  per  l'adozione  della  pronuncia  della
sentenza predibattimentale di proscioglimento ex  art.  131-bis  cod.
pen., deve «solo essere messa in grado di interloquire», mentre,  per
l'applicazione dell'istituto di' cui all'art. 34  d.lgs  n.  274  del
2000, qualora sia stata esercitata l'azione penale (quindi  non  solo
in relazione alla pronuncia di'  sentenza  predibattimentale),  vanta
«un potere di interdizione» (Sez. un., 16 luglio 2015, n. 43264; Sez.
IV, n. 31920 del 2015; Sez. F, n. 34672 del 2015)...] 
    4. In conclusiva sintesi, a fronte dell'acquisizione di  elementi
idonei a sostenere l'accusa in giudizio nei confronti  di  M.  M.  in
ordine all'ipotizzato reato,  deve  ritenersi,  nella  presente  fase
procedimentale, piu' favorevole all'indagato (In considerazione della
natura  sostanziale  e  dei  presupposti  di  applicabilita'  che  la
caratterizzano) e  di  immediata  applicabilita',  la  causa  di  non
punibilita' prevista dall'art. 131 bis c.p.,  rispetto  all'eventuale
(e del tutto ipotetica) applicazione dell'omologo (ma strutturalmente
diverso) istituto di cui all'art. 34 D.Lg.vo n. 74/2000. 
    Senonche', per quanto sopra argomentato, un tale esito  decisorio
risulta precluso dall'irragionevolezza della scelta  del  legislatore
del 2013 di prevedere per il medesimo fatto reato - ed in assenza  di
ragioni (sia di tutela  sostanziale  che  correlate  a  diversificate
esigenze processuali) che la giustifichino  -  l'operativita'  di  un
criterio  di  riparto  della  competenza  per  materia,  tra  giudice
ordinario e giudice di  pace,  incentrato  sul  «riduttivo»  richiamo
delle sole ipotesi di «aggravamento» della fattispecie delittuosa  di
lesioni personali lievi dil cui all'art. 582 comma  2  c.p.  previste
dall'art. 577 comma 2 c.p., con particolare riferimento, per quel che
qui rileva, alle condotte consumate dal genitore  nei  confronti  del
figlio  adottivo  e  non  anche  del  figlio  naturale,  ipotesi   di
aggravamento quest'ultima disciplinata ai comma 1  n.  1  del  citato
art. 577 c.p.,  da  ritenersi  connotata  da  un  disvalore  sociale,
nonche' ispirata ad una ratio punitiva  dei  tutto  sovrapponibile  a
quella oggetto dell'intrinsecamente contraddittorio ed  irragionevole
intervento legislativo di (parziale) modifica, in senso  restrittivo,
della  sfera  di  competenza  del  giudice   di   pace   (attualmente
disciplinata dall'art. 4 comma 1 lett. a)  d.lgs.  274/00),  che  pur
riguardando in via diretta l'individuazione  del  giudice  competente
per materia, tuttavia, come emblematicamente verificatosi nel caso di
specie, riverbera i suoi effetti non solo  sulla  tipologia  e  sulle
modalita' di adozione  di'  provvedimenti  preclusivi  dell'esercizio
dell'azione penale, ma anche sul piano della tutela  sostanziale  dei
diritti sia dell'indagato che della persona offesa, 
    Al fine di rimuovere  siffatta  evidente  aporia  normativa,  non
emendabile sulla base di un percorso  ermeneutico  costituzionalmente
orientato, s'impone, quindi, un intervento «additivo» da parte  della
Corte costituzionale, calibrato  sul  tenore  letterale  dell'art.  4
comma 1. lett. a) D.Lg.vo n. 274/2000 (come modificato  dall'art.  2,
comma 4 bis,  del  D.L.  14  agosto  2013,  n.  93,  convertito,  con
modificazioni, nella L. 15 ottobre 2013, n. 119), nella parte in cui,
per il delitto di cui all'art. 582, limitatamente alle fattispecie di
cui al secondo comma perseguibili a querela  di  parte,  non  prevede
l'esclusione della competenza del giudice di' pace anche per i  fatti
aggravati ai sensi dell'art. 577, comma 1, n. 1 c.p., commessi contro
il discendente naturale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli artt. 134 Cost.; 23 e ss., legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    -  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   per
violazione degli artt. 3 e 24 della  Costituzione,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 4 comma 1 lett. a)  D.Lg.vo  n.
274/2000 (come modificato dall'art. 2,  comma  4  bis,  del  D.L.  14
agosto 2013, n.  93,  convertito,  con  modificazioni,  nella  L.  15
ottobre 2013. n. 119), nella parte in  cui  per  il  delitto  di  cui
all'art. 582 c.p. - limitatamente alle fattispecie di cui al  secondo
comma perseguibili a querela di parte  e  con  specifico  riferimento
all'ipotesi aggravata di cui all'art. 577 comma 1, n 1  c.p.  -,  non
prevede l'esclusione della competenza del giudice di pace anche per i
fatti commessi contro il discendente (non adottivo). 
    - sospende il procedimento  e  dispone  l'immediata  trasmissione
degli atti alla Corte Costituzionale. 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza alla persona sottoposta ad indagini, al suo difensore, alla
persona offesa, al suo difensore, al  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri, nonche' per la comunicazione al Presidente del Senato della
Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. 
 
        Teramo, 7 marzo 2017 
 
           Il Giudice per le indagini preliminari: Canosa