N. 42 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 giugno 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 6  giugno  2017  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Sanita' pubblica - Norme della  Regione  Campania  -  Collegato  alla
  stabilita' regionale per il 2017  -  Misure  per  l'efficientamento
  dell'azione amministrativa regionale e l'attuazione  del  Documento
  di Economia e Finanza Regionale (DEFR) 2017  -  Previsione  che  il
  fabbisogno  della  rete  ospedaliera   deve   essere   soddisfatto,
  prioritariamente,  attraverso  l'accreditamento   delle   strutture
  private transitoriamente accreditate e che, in caso di  sussistenza
  di ulteriore fabbisogno non destinato alle strutture pubbliche,  le
  strutture  sanitarie  e  socio-sanitarie  gia'  autorizzate  ed  in
  possesso dei requisiti richiesti possono  essere  accreditate  fino
  alla copertura del fabbisogno dei posti letto, dando  priorita'  al
  raggiungimento della soglia dei 60 posti letto di  cui  al  decreto
  ministeriale n. 70 del 2015 - Previsione  che,  in  fase  di  prima
  applicazione del piano di riassetto ed efficientamento  della  rete
  dei laboratori di analisi operanti in ambito regionale,  i  termini
  per  gli  adempimenti  intermedi  possono  essere  prorogati  dalla
  competente ASL, acquisito il  parere  del  Commissario  ad  acta  -
  Previsione  che,  al  fine  di  garantire  la   progressiva   piena
  attuazione del processo di riorganizzazione e efficientamento della
  rete  laboratoristica  ed  il  rispetto  della  soglia  minima   di
  efficienza delle 200.000 prestazioni equivalenti su base annua  per
  tutti i soggetti accreditati, il termine per il conseguimento della
  predetta soglia minima e' fissato al 30 giugno 2018. 
Ambiente  -  Previsione  del  divieto  della  prospezione,   ricerca,
  estrazione e stoccaggio di idrocarburi liquidi e  gassosi,  nonche'
  della  realizzazione  delle  relative  infrastrutture  tecnologiche
  nelle aree di affioramento di rocce carbonatiche. 
- Legge della Regione Campania 31  marzo  2017,  n.  10  (Misure  per
  l'efficientamento dell'azione amministrativa e  l'attuazione  degli
  obiettivi  fissati  dal  DEFR  2017  -  Collegato  alla  stabilita'
  regionale per il 2017), art. 1, commi 4, lett. a), b) e c); 8; 10 e
  30. 
(GU n.27 del 5-7-2017 )
     Ricorso ex art. 127 Costituzione del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale
dello Stato c.f. 80224030587, fax 06/96514000 presso i cui uffici  ex
lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi  n.  12,  manifestando  la
volonta'   di   ricevere   le   comunicazioni    all'indirizzo    PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it,  nei  confronti   della   Regione
Campania, in  persona  del  presidente  della  giunta  regionale  pro
tempore  per  la  dichiarazione  di   illegittimita'   costituzionale
dell'articolo l, commi 4, lettere a), b) e c); 8; 10 e 30 della legge
regionale Campania n. 10 del 31 marzo 2017, recante  le  «Misure  per
l'efficientamento dell'azione  amministrativa  e  l'attuazione  degli
obiettivi fissati dal DEFR 2017 - Collegato alla stabilita' regionale
per il 2017», pubblicata nel B.U.R. n. 28 del 31 marzo  2017,  giusta
delibera del Consiglio dei ministri in data 24 maggio 2017. 
    1. La legge regionale della  Campania  n.  14/2016,  indicata  in
epigrafe, composta da 83 articoli, come esplicita lo  stesso  titolo,
detta le misure per l'efficientamento  dell'azione  amministrativa  e
l'attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2017. 
    E' avviso del Governo che, con le norme denunciate  in  epigrafe,
la Regione Campania abbia ecceduto dalla propria competenza, come  si
confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. L'art. 1, comma 10, della legge Regione Campania n. 10/2017  viola
gli articoli 81, comma 3, 117, comma 2, lettera  e),  120,  comma  2,
della Costituzione e la norma interposta di cui all'art. 2, comma 95,
della legge 23 dicembre 2009, n. 191. 
    L'articolo l , comma 10, dispone che «nelle more dell'attivazione
del  nuovo  Policlinico  Universitario  di  Caserta,   al   fine   di
incrementare i LEA della Provincia di Caserta, l'ASL e  l'Universita'
degli Studi della Campania  "Luigi  Vanvitelli",  stipulano  apposita
convenzione volta a consentire l'utilizzo di spazi  ospedalieri,  per
l'incremento di prestazioni aggiuntive a quelle gia' erogate.». 
    La disposizione stabilisce, quindi,  un  incremento  dei  livelli
essenziali di assistenza nella Provincia di Caserta. 
    Al riguardo si richiama il citato art. 2, comma 95,  della  legge
n. 191 del 2009, che contiene le «Disposizioni per la formazione  del
bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  stesso  (legge  finanziaria
2010)», il quale dispone che gli «interventi individuati dal piano di
rientro sono vincolanti per la regione, che e' obbligata a  rimuovere
i provvedimenti, anche legislativi e a non  adottarne  di  nuovi  che
siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro». 
    L'incremento di prestazioni aggiuntive, stabilito dalla norma  in
questione, determina maggiori oneri a carico del  Servizio  sanitario
regionale, in  palese  contrasto  con  la  cornice  programmatoria  e
finanziaria del Piano di rientro regionale. 
    La disposizione, pertanto, viola l'art. 81,  terzo  comma,  della
Costituzione nella misura in cui «Ogni  legge  che  importi  nuovi  o
maggiori oneri provvede ai  mezzi  per  farvi  fronte»;  l'art.  117,
secondo comma, lettera e), in materia di perequazione  delle  risorse
finanziarie e l'art. 120, secondo comma, della Costituzione  in  tema
di poteri sostitutivi. 
    La giurisprudenza costituzionale ha piu' volte affermato  che  la
disciplina dei piani di rientro dai deficit di  bilancio  in  materia
sanitaria  e'  riconducibile  a  un  duplice   ambito   di   potesta'
legislativa concorrente, ai  sensi  dell'art.  117,  comma  3,  della
Costituzione   e   che   costituisce   principio   fondamentale    di
coordinamento della finanza pubblica quanto  stabilito  dall'art.  2,
comma 95, della citata legge n. 191/2009 (sentenza n. 266/2016, punto
3. del Considerato in diritto). 
    Inoltre, come statuito nella predetta sentenza, le  funzioni  del
Commissario ad acta, nominato dal Governo e come definite dal mandato
conferitogli,  «devono  restare,  fino  all'esaurimento  dei  compiti
commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi  regionali
- anche qualora  questi  agissero  per  via  legislativa  -  pena  la
violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze
n. 227 del 2015, n. 278 e n. 110 del 2014, n. 228, n. 219, n.  180  e
n. 28 del 2013 e gia' n. 78 del 2011)». 
    Deriva,  quindi,  dai  principi  enunciati  costantemente   nella
giurisprudenza costituzionale, l'illegittimita' costituzionale  della
disposizione di cui all'art. 1, comma 10, della  legge  regionale  n.
10/2017 citata, in quanto  interferisce  con  i  poteri  affidati  al
Commissario  ad  acta  dal  Governo  e  con   le   attivita'   svolte
nell'attuazione del  piano  di  rientro  del  disavanzo  sanitario  e
costituisce menomazione delle sue specifiche attribuzioni. 
    La conclusione secondo la quale le  funzioni  amministrative  del
Commissario devono essere messe al riparo da ogni interferenza  degli
organi regionali e' legittimata, secondo la predetta  giurisprudenza,
dal fatto che l'operato del Commissario sopraggiunge all'esito  della
persistente inerzia degli organi collegiali  e  che  l'esercizio  del
potere sostitutivo e'  imposto  della  necessita'  di  assicurare  la
tutela  dell'unita'  economica  della  repubblica   e   dei   livelli
essenziali delle prestazioni  concernenti  un  diritto  fondamentale,
qual e' quello alla salute. 
    Tale interferenza sussiste, secondo la Corte, anche  in  presenza
di interventi non  previsti  dal  piano  di  rientro  e  che  possono
aggravare il disavanzo sanitario regionale o  con  l'introduzione  di
livelli di assistenza aggiuntivi non contemplati nel piano  (sentenza
n. 104 del 2013, punti 4.1., 4.2. e 5. del Considerato in diritto). 
2. L'art. 1, comma 30, della legge Regione Campania n. 10/2017  viola
l'art. 117, comma 3, della Costituzione anche  con  riferimento  alla
normativa interposta di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.
152. 
    2.1. L'articolo l, comma 30, della  legge  regionale  n.  10/2017
citata dispone che «la  Regione  Campania,  al  fine  di  tutelare  e
conservare  le  acque  superficiali  e  sotterranee   esistenti   sul
territorio regionale destinate al consumo umano, vieta,  a  decorrere
dalla data di entrata  in  vigore  della  presente  disposizione,  la
prospezione, la ricerca, l'estrazione e lo stoccaggio di  idrocarburi
liquidi  e  gassosi   nonche'   la   realizzazione   delle   relative
infrastrutture tecnologiche  nelle  aree  di  affioramento  di  rocce
carbonatiche, cosi' come perimetrate ed evidenziate nella cartografia
idrogeologica, individuate nel Piano  di  Gestione  delle  Acque  del
Bacino del Distretto idrografico dell'Appennino Meridionale.» 
    La disposizione incide nella materia di produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia ed in  quella  del  Governo  del
territorio, introducendo un divieto di natura  pregiudiziale  che  si
pone in contrasto con l'art. 117, comma  3,  della  Costituzione  che
stabilisce per  tali  materie  la  potesta'  legislativa  concorrente
Stato-Regioni. 
    Nell'ambito di tali aree di  competenza  legislativa  concorrente
l'Amministrazione statale e quella regionale  esercitano  le  proprie
funzioni attraverso lo  strumento  dell'intesa  in  senso  forte,  in
conformita' al principio di leale collaborazione. 
    Il  divieto  unilaterale  imposto   dal   legislatore   regionale
contrasta con il suddetto principio di leale collaborazione,  «...che
impone il rispetto, caso per caso, di una procedura articolata,  tale
da assicurare lo svolgimento di reiterate trattative.»  (sentenza  n.
117/2013, punto 2.2. del Considerato in diritto). 
    La proibizione assoluta recata dalla  disposizione  regionale  in
esame  equivale  ad  una  «preventiva  e   generalizzata   previsione
legislativa di diniego di  intesa  ...»,  percio'  «...  vanifica  la
bilateralita' della  relativa  procedura,  che  deve  sempre  trovare
sviluppo nei casi concreti e si pone in simmetrica corrispondenza con
le norme che hanno introdotto la «drastica  previsione»  della  forza
decisiva della volonta' di una sola parte - sia  essa,  di  volta  in
volta,  lo  Stato,  la  regione  o  la  Provincia  autonoma  ritenute
costituzionalmente illegittime da  questa  Corte  con  giurisprudenza
costante (ex plurimis, sentenze n. 39 del 2013, n. 179 del  2012,  n.
33 del 2011, n. 121 del 2010, n. 24 del 2007).» (sentenza n. 117  del
2013 citata, ibidem; in linea con quanto statuito con la sentenza  n.
179/2012 citata, in particolare, la recentissima sentenza n. 114  del
2017). 
    2.2.  Da  un  punto  di  vista  meramente  logico  occorre,  poi,
evidenziare l'irrazionalita' della norma, poiche' pone  sullo  stesso
piano attivita' e interventi oggettivamente e  tecnicamente  diversi;
infatti, a differenza delle attivita' di estrazione e stoccaggio,  le
attivita'  di  prospezione  e  ricerca  non  comportano   alterazioni
dell'ambiente e di conseguenza non interferirebbero in alcun modo con
la  finalita'  dichiarata  di  tutelare   e   conservare   le   acque
superficiali e sotterranee esistenti nelle aree  di  affioramento  di
rocce carbonatiche. 
    Inoltre,  si  ricorda  che  per  le  «attivita'  di  prospezione,
ricerca, estrazione e stoccaggio di  idrocarburi  liquidi  e  gassosi
nonche' la realizzazione delle relative infrastrutture  tecnologiche»
- ai fini del  rilascio  dei  titoli  e  delle  autorizzazioni  -  e'
previsto che singoli interventi, ai sensi del decreto legislativo  n.
152/2006  citato,  che  contiene,  appunto,  le  «norme  in   materia
ambientale», siano sottoposti a valutazione  di  impatto  ambientale.
Pertanto,  se  le  attivita'  e  gli  interventi  previsti   avessero
implicazioni  di  impatti   ambientali   negativi   sulle   aree   di
affioramento  di  rocce  carbonatiche,  non  otterrebbero,  per  cio'
stesso, un giudizio positivo di compatibilita' ambientale. 
    Inoltre, la norma in questione comporterebbe il diniego implicito
ex lege  dell'intesa  regionale,  per  quegli  impianti  e  attivita'
localizzati in aree indicate, comportando un «effetto  automatico»  e
ineludibile della incompatibilita' implicita; in  particolare,  viene
implicitamente predeterminato (escludendo  ogni  possibilita'  di  un
esito positivo alle  relative  istruttorie)  l'esito  negativo  delle
istanze di rilascio dei titoli minerari  eventualmente  proposte  dai
soggetti interessati, localizzate  «nelle  aree  di  affioramento  di
rocce carbonatiche,  cosi'  come  perimetrate  ed  evidenziate  nella
cartografia idrogeologica del  Piano  di  Gestione  delle  Acque  del
Distretto Idrografico dell'Appenino Meridionale». 
    Si sottolinea che la Corte costituzionale si e' gia'  pronunciata
su  questioni   analoghe   a   quella   in   argomento,   dichiarando
l'incostituzionalita'  di  alcune  norme  regionali  che  disponevano
l'incompatibilita'/inidoneita'    di    determinati    impianti     e
infrastrutture in specifiche aree del territorio regionale. 
    Secondo la giurisprudenza della  Corte,  le  norme  regionali  si
ponevano in contrasto: (i) con la normativa nazionale di riferimento,
(ii) impedivano - di fatto - il rilascio della prescritta  intesa  da
parte  della  regione  precludendo   alle   amministrazioni   statali
l'esercizio dell'azione amministrativa di loro competenza, e/o  (iii)
violavano il principio di leale collaborazione (sentenze n.  282  del
2009, punti 3. e 4. del Considerato in  diritto;  n.  119  del  2010,
punti 3.1. e 4.1. del Considerato in diritto  aventi  ad  oggetto  la
realizzazione di impianti eolici e n. 331 del 2010 punti 6. e 7.  del
Considerato in diritto in materia di impianti nucleari). 
    Piu' in generale, infine, la Corte costituzionale, sul  tema  del
rapporto fra legislazione nazionale e regionale, ha  sancito  che  in
nessun caso la regione puo' utilizzare «la potesta' legislativa  allo
scopo di rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello
Stato che ritenga costituzionalmente illegittima, se non  addirittura
dannosa o inopportuna». (sentenza n. 198 del  2004,  punto  4.2.  del
Considerato in diritto; sentenza  n.  311  del  2010,  punto  7.  del
Considerato in diritto). 
    2.3. La natura concorrente della  potesta'  legislativa  relativa
alla  materia  «produzione,  trasporto  e   distribuzione   nazionale
dell'energia», che  dimostra  la  «ragionevolezza  della  scelta  del
legislatore statale che ha previsto  l'intesa  tra  Stato  e  regioni
interessate per le "determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e
coltivazione  di  idrocarburi",  e'  costantemente  affermata   dalla
giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 117 del 2013,  punto  2.1.
del Considerato in diritto; n. 124 del 2010; n. 282 del  2009,  punto
3. del Considerato in diritto; n. 383 del 2005). 
    La richiamata giurisprudenza costituzionale  ha  anche  affermato
che la disciplina di riordino del settore energetico contenuta  nella
legge 23 agosto 2004, n.  239  e,  in  particolare,  le  disposizioni
contenute all'art. 1, comma 7,  lettera  n),  (che  attribuisce  allo
Stato  «le  determinazioni  inerenti  la   prospezione,   ricerca   e
coltivazione di idrocarburi, ivi  comprese  le  funzioni  di  polizia
mineraria, adottate, per la terraferma,  di  intesa  con  le  regioni
interessate»); e comma 8, lettera b), numero 2, (che attribuisce allo
Stato «l'individuazione, di intesa con la Conferenza unificata, della
rete nazionale di  gasdotti»),  costituiscono  principi  fondamentali
nella materia di potesta' legislativa concorrente (sentenze citate n.
117 del 2013, punto 2.1. del Considerato in diritto; n. 124 del 2010;
n. 282 del 2009, punto 3. del Considerato  in  diritto;  n.  383  del
2005). 
    Analogamente, afferiscono alla materia  di  potesta'  legislativa
concorrente  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia» l'art. 29, comma 2, lettera g), del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112, che riserva allo Stato funzioni amministrative
e autorizzatorie in materia di impianti costituenti parte della  rete
energetica nazionale (sentenze n. 313 del 2010 e n. 383 del  2005)  e
la  disciplina  relativa  ai  procedimenti   di   autorizzazione   di
infrastrutture lineari energetiche contenuta nella legge n. 330/2004,
modificativa del decreto del Presidente della Repubblica n. 327/2001. 
    Tali  disposizioni  hanno   ridefinito   in   modo   unitario   i
procedimenti di autorizzazione delle maggiori infrastrutture  lineari
energetiche, posta la necessita' di riconoscere un ruolo fondamentale
agli organi  statali  nell'esercizio  delle  corrispondenti  funzioni
amministrative (sentenza n. 6 del 2004, punto 6. del  Considerato  in
diritto). 
    La competenza legislativa statale in questi casi e' effetto della
c.d. «chiamate in sussidiarieta'» (sentenza n. 6 del 2004,  punto  7.
del Considerato in diritto, che richiama espressamente la sentenza n.
303  del  2003),  e  la  previsione  di  forme  di  collaborazione  e
coordinamento con le autonomie ne e' conseguenza fondamentale. 
    Il necessario coinvolgimento delle  regioni  di  volta  in  volta
interessate e' assicurato dal decreto del Presidente della Repubblica
n.  327/2001  mediante  quello  strumento  particolarmente   efficace
costituito dall'intesa in senso «forte», che garantisce una  adeguata
partecipazione di queste ultime  allo  svolgimento  del  procedimento
incidente sulle molteplici competenze delle amministrazioni regionali
e locali. Alla luce delle precedenti considerazioni, la  disposizione
censurata si pone in contrasto con  quanto  previsto  dall'art.  117,
comma  3,  della  Costituzione,  e  per  la  violazione  del  decreto
legislativo n. 152/2006 citato, in particolare, dell'art. 6. 
3. L'art. 1, comma 4, lettere  a),  b)  e  c),  della  legge  Regione
Campania n. 10/2017 viola l'art. 117, comma 3, e l'art. 120, comma 2,
della Costituzione. 
    L'art. 1, comma 4, lettera a), della legge regionale  n.  10/2017
citata  prevede  che  il  fabbisogno  della  rete  ospedaliera   vada
soddisfatto,   prioritariamente,   tramite   le   strutture   private
provvisoriamente accreditate «tenendo conto  dell'organizzazione  dei
servizi ospedalieri di diagnosi e cura rappresentata e offerta a  tal
data in  regime  di  accreditamento  provvisorio,  con  le  correlate
prestazioni ospedaliere erogate nell'ambito delle  specialita'  cosi'
come espresse e conseguenzialmente riconosciute». 
    L'organizzazione ospedaliera deve essere rapportata ai fabbisogni
attuali e delineata secondo quanto disposto dai vigenti provvedimenti
di riorganizzazione della rete  ospedaliera  regionale,  adottati  in
attuazione  dei  Programmi  operativi  2016-2018  e  non  tramite  le
strutture private  accreditate  in  via  provvisoria,  come,  invece,
previsto  nella  norma  regionale,  in  contrasto  con   il   decreto
ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, «Regolamento  recante  definizione
degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici  e  quantitativi
relativi  all'assistenza  ospedaliera»,  pubblicato  nella   Gazzetta
Ufficiale n. 127 del 4 giugno 2015. 
    L'art. 1, comma 4, lettere b) e  c),  della  legge  regionale  n.
10/2017 citato introduce modifiche in contrasto  con  il  punto  2.5.
dell'allegato al decreto ministeriale n. 70/2015,  che  non  prevede,
per le strutture accreditate gia' esistenti alla data del 1°  gennaio
2014, che non raggiungono la soglia dei 60  posti  letto  accreditati
per acuti, la possibilita' di  ricorrere  all'attribuzione  di  nuovi
posti letto utili al raggiungimento della citata soglia minima. 
    La ratio della disposizione di  cui  al  punto  2.5  del  decreto
ministeriale citato e' quella di realizzare  l'efficientamento  della
rete ospedaliera, attraverso un processo che preveda  il  superamento
della parcellizzazione delle strutture erogatrici, il cui numero deve
essere contenuto in  rapporto  ai  bacini  di  utenza,  operando,  se
necessario, i  ridimensionamenti  utili  a  ricondurre  le  strutture
sanitarie entro un numero definito in base. 
    Le citate disposizioni contenute nell'art. 1, commi 4, lettere a)
b) e c), non risultano  conformi  con  la  cornice  programmatoria  e
finanziaria del Piano di rientro regionale e sono in contrasto con il
citato decreto ministeriale del 2 aprile 2015, n. 70, in  particolare
con  il  punto  2.5  dell'allegato  annesso,  emanato  in  attuazione
dell'articolo l, comma 169, della legge  30  dicembre  2004  n.  311,
violando, pertanto, gli articoli 117, comma 3, in materia  di  tutela
della salute, e 120, comma 2, della Costituzione. 
    Deriva,  quindi,  dai  principi  enunciati  costantemente   nella
giurisprudenza costituzionale, l'illegittimita' costituzionale  della
disposizione di cui all'art. 1, comma 4, lettere a), b) e  c),  della
legge regionale n. 10/2017  citata,  in  quanto  interferisce  con  i
poteri affidati al Commissario ad acta dal Governo e con le attivita'
svolte nell'attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario e
costituisce menomazione delle sue specifiche attribuzioni. 
    La conclusione secondo la quale le  funzioni  amministrative  del
Commissario devono essere messe al riparo da ogni interferenza  degli
organi regionali e' legittimata, secondo la predetta  giurisprudenza,
dal fatto che l'operato del Commissario sopraggiunge all'esito  della
persistente inerzia degli organi collegiali  e  che  l'esercizio  del
potere sostitutivo e'  imposto  della  necessita'  di  assicurare  la
tutela  dell'unita'  economica  della  Repubblica   e   dei   livelli
essenziali delle prestazioni  concernenti  un  diritto  fondamentale,
qual e' quello alla salute. 
4. L'art. 1, comma 8, della legge Regione Campania n.  10/2017  viola
l'art. 117, comma 3, e l'art. 120, comma 2, della Costituzione, anche
con riferimento alla norma interposta di cui all'art. 1,  comma  796,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296. 
    L'art. l, comma 8, stabilisce che, su istanza dei  laboratori  di
analisi che hanno gia' aderito ad una  aggregazione  nell'ambito  del
riassetto della rete, la competente  ASL,  acquisito  il  parere  del
Commissario  ad  acta  (1)  ,  puo'  prorogare  i  termini  per   gli
adempimenti intermedi previsti dai decreti del Commissario  ad  acta.
Fissa, altresi', il termine finale per il conseguimento della  soglia
minima di 200.000 prestazioni/ anno al 30 giugno 2018. 
    La previsione di  tale  proroga  appare  «generica»,  essendo  il
differimento del temine integralmente rimesso alla  ASL  sia  nell'an
che nel quantum e non e'  coerente  con  i  piani  di  programmazione
regionale. 
    Si sottolinea anche  che  la  disposizione  de  qua  si  pone  in
contrasto con la normativa vigente. Infatti,  la  legge  27  dicembre
2006, n. 296, all'art.  1,  comma  796,  ha  definito  una  serie  di
disposizioni per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la
realizzazione degli obiettivi di finanza  pubblica  per  il  triennio
2007-2009: la lettera o)  del  citato  comma  796  ha  previsto,  tra
l'altro, che «le regioni provvedono entro  il  28  febbraio  2007  ad
approvare un piano di riorganizzazione  della  rete  delle  strutture
pubbliche e private accreditate eroganti prestazioni specialistiche e
di  diagnostica  di  laboratorio,  al  fine  dell'adeguamento   degli
standard organizzativi e di personale  coerenti  con  i  processi  di
incremento dell'efficienza resi possibili  dal  ricorso  a  metodiche
automatizzate». 
    In  attuazione  delle  previsioni  suddette,  e'  stato,  quindi,
adottato l'Accordo Stato-regioni del 23 marzo  2011  nel  quale,  tra
l'altro, e' stata ribadito che «Nei criteri di accreditamento  dovra'
essere prevista una soglia minima di attivita',  al  di  sotto  della
quale non si puo' riconoscere la  prevista  idoneita'  di  produttore
accreditato e a contratto. La soglia minima proposta come riferimento
e' di  un  volume  di  attivita'  di  200.000  esami  di  laboratorio
complessivamente erogati/anno, prodotti in sede e non tramite service
[...]. Tale soglia minima dovra' essere  raggiunta  in  tre  anni  di
attivita',  partendo  da  un  volume  minimo  di  100.000  esami   di
laboratorio complessivamente erogati/anno». 
    La Regione con la disposizione de qua non  ha  rispettato  questi
indicatori. 
    Inoltre, per quanto specificamente collegato al Piano di  rientro
dal  disavanzo  sanitario,  si  rappresenta  che  tale   disposizione
contrasta anche con quanto previsto dal crono-programma stabilito nel
Programma  Operativo  2016-2018  (adottato  con  determinazione   del
Commissario ad acta n. 14 del 1° marzo  2017),  che  ha  previsto  le
aggregazioni per almeno il 50% del totale dei laboratori entro il  30
giugno 2017 e le aggregazioni per il totale dei laboratori  entro  il
31 dicembre 2017. 
    La citata disposizione contenuta nell'art. 1, comma 8, citato non
risulta conforme, dunque, con la cornice programmatoria e finanziaria
del Piano di rientro regionale ed  e'  in  contrasto  con  il  citato
decreto ministeriale del 2 aprile 2015, n. 70, in particolare con  il
punto 2.5 dell'allegato annesso, concernente il «Regolamento  recante
definizione degli standard qualitativi,  strutturali,  tecnologici  e
quantitativi  relativi  all'assistenza   ospedaliera»,   emanato   in
attuazione dell'art. 1, comma 169, della legge 30  dicembre  2004  n.
311, violando, pertanto, l'art. 117, comma 3, in  materia  di  tutela
della salute e l'art. 120, comma 2, della Costituzione. 
    Deriva,  quindi,  dai  principi  enunciati  costantemente   nella
giurisprudenza costituzionale, l'illegittimita' costituzionale  anche
della disposizione di  cui  all'articolo  l,  comma  8,  della  legge
regionale n. 10/2017 citata, in  quanto  interferisce  con  i  poteri
affidati al Commissario ad acta dal Governo e con le attivita' svolte
nell'attuazione del  piano  di  rientro  del  disavanzo  sanitario  e
costituisce menomazione delle sue specifiche attribuzioni. 
    La conclusione secondo la quale le  funzioni  amministrative  del
Commissario devono essere messe al riparo da ogni interferenza  degli
organi regionali e' legittimata, secondo la predetta  giurisprudenza,
dal fatto che l'operato del Commissario sopraggiunge all'esito  della
persistente inerzia degli organi collegiali  e  che  l'esercizio  del
potere sostitutivo e'  imposto  della  necessita'  di  assicurare  la
tutela  dell'unita'  economica  della  repubblica   e   dei   livelli
essenziali delle prestazioni  concernenti  un  diritto  fondamentale,
qual e' quello alla salute. 

(1) il Commissario ad  acta,  dott.  Jacopo  Polimeni,  nominato  dal
    Consiglio dei ministri con delibera dell'11  dicembre  2015,  con
    decorrenza  3  aprile   2017,   ha   rassegnato   le   dimissioni
    dall'incarico di Commissario ad acta per il Piano di rientro  dal
    deficit sanitario della Regione  Campania.  La  riunione  del  29
    maggio  2017  si  e'  svolta,   pertanto,   alla   presenza   del
    Subcommissario dott. D'Amario. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si conclude perche' l'articolo 1, commi 4, lettere a), b)  e  c),
8; 10 e 30 della legge regionale Campania n. 10 del  31  marzo  2017,
recante le «Misure per l'efficientamento dell'azione amministrativa e
l'attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2017 -  Collegato  alla
stabilita'  regionale  per  il  2017»,  indicato  in  epigrafe,   sia
dichiarato costituzionalmente illegittimo. 
    Si produce l'attestazione della deliberazione del  Consiglio  dei
ministri del 25 maggio 2017. 
 
        Roma, 30 maggio 2017 
 
           Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Palmieri