N. 3 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 19 maggio 2017

Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 19 maggio
2017 (dell'ex  consigliere  regionale  della  Regione  Lazio  Umberto
Ponzo). 
 
Consiglio regionale - Consigliere regionale - Richiesta di  rinvio  a
  giudizio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma
  nei confronti di un ex consigliere regionale. 
- Richiesta di rinvio  a  giudizio  della  Procura  della  Repubblica
  presso il Tribunale di Roma del  20  settembre  2016  (R.G.N.R.  n.
  9173/2015). 
(GU n.29 del 19-7-2017 )
    Ricorso per conflitto di  attribuzione  del  sig.  Umberto  Ponzo
(c.f.: PNZMRT59M24H404 - mail: umberto.ponzo59@gmail.com),  residente
in Albano Laziale, via F.lli Cervi n. 8), rappresentato e  difeso  in
forza di procura in calce dall'avv. Giuseppe Zupo, con studio in Roma
via Gioacchino Gesmundo, 4 - 00195  (c.f.:  ZPUGPP41M11F888C  -  pec:
giuseppezupo@ordineavvocatiroma.org -  fax  06.37358287)  presso  cui
elegge domicilio, ricorrente in qualita' di consigliere della Regione
Lazio dal 2010 al 2013, propone  conflitto  di  attribuzione  con  la
Magistratura - Procura della Repubblica di Roma, dalla quale e' stato
imputato per i reati di seguito descritti nel  capo  di  imputazione,
imputazione che costituisce attivita' lesiva dell'autonomia esclusiva
garantita dalla Costituzione al  consigliere  regionale  Lazio  nelle
materie oggetto della contestazione penale. 
    I reati di peculato (capo A), truffa (capo B),  corruzione  (capo
C) e abuso d'ufficio (capi D ed E), contestati parte (capi A, B, C ed
E) ad  alcuni  soltanto  dei  colleghi  consiglieri  regionali  nella
legislatura cui si riferisce il tempus commissi  delicti,  l'abuso  a
tutti, riguardano essenzialmente due questioni: 
        l'uso dei fondi destinati al  Gruppo  Consiliare  PD  e  alle
nostre attivita' e funzioni; 
        l'assunzione a tempo (per la durata  della  legislatura)  con
contratto di diritto privato e  chiamata  diretta  e  fiduciaria  del
personale di supporto alle nostre attivita' e funzioni, personale che
- secondo  gli  inquirenti  -  occorreva  assumere  con  procedimento
selettivo aperto a tutti e titoli  qualificati  e  specialistici,  in
difetto dei quali avrebbe dovuto restare a nostro carico. 
    Per comodita' di consultazione, e senza condividere ne' in  fatto
ne' in diritto i dettagli del testo, riportiamo  qui  di  seguito  il
capo d'imputazione. 
 
                                 -- 
 
 
                      «PROCURA DELLA REPUBBLICA 
                     presso il Tribunale di Roma 
 
 
                   Richiesta di rinvio a giudizio 
             - artt. 416, 417 c.p.p., 130 D.Lv. 271/89 - 
 
 
                                 Al Giudice per l'udienza preliminare 
                                          presso il Tribunale di Roma 
    Il Pubblico Ministero, 
    visti gli atti del procedimento nei confronti di: 
        1) Perilli Mario, nato a  Montopoli  di  Sabina  (RI)  il  14
aprile 1950  -  Elettivamente  domiciliato:  in  Roma,  via  Giovanni
Nicotera n. 29, presso il difensore di  fiducia  Maria  Alicia  Mejia
Fritsch; 
        difeso di fiducia: avv. Maria Alicia Mejia Fritsch, del  foro
di Roma, con studio in Roma, via Giovanni Nicotera n. 29; 
        2)  Montino  Esterino,  nato  a  Roma  il  6  aprile  1948  -
Elettivamente domiciliato: in Roma via Cola Di Rienzo n. 8, presso lo
studio del difensore di fiducia avv. Antonio Andreozzi; 
        difeso di fiducia: avv. Antonio Andreozzi, con studio in Roma
via Cola Di Rienzo n. 8; 
        3) Foschi Enzo, nato a Roma il 27 marzo 1966 -  Elettivamente
domiciliato: Roma via Premuda n. 6  presso  lo  studio  difensore  di
fiducia avv. Luca Petrucci; 
        difeso  di  fiducia:  avv.  Luca  Petrucci  e   avv.   Duccio
Poggianti, del foro di Roma, con studio in Roma, via Premuda n. 6; 
        4) Parroncini Giuseppe, nato a Tuscania (VT) il 5 aprile 1950
- Elettivamente domiciliata: Tuscania (VT) via Lunga n. 9; 
        difeso di fiducia: avv. Elena Gallo del foro di Viterbo,  con
studio in Viterbo, via G. Saragat n. 8; 
        5) Turco Maria Assunta nata  a  Roma  il  15  agosto  1967  -
Elettivamente domiciliata in Rieti via Roma n. 19, presso  lo  studio
del difensore di fiducia avv. Alberto Trinchi; 
        difesa di fiducia: avv. Alberto Trinchi del  Foro  di  Rieti,
con studio in Rieti via Roma n. 19; 
        6) Ponzo Carlo Umberto, nato a  Rocca  di  Papa  (RM)  il  24
agosto 1959 - Elettivamente domiciliato: in Roma via G.  Gesmundo  n.
4, presso lo studio dei difensori di fiducia avv.ti Giuseppe  Zupo  e
Antonio Iona; 
        difeso di fiducia; avv.ti Giuseppe Zupo e  Antonio  Iona  con
studio in Roma via G. Gesmundo n. 4; 
        7) D'Annibale Tonino, nato a Velletri (RM) il 15 gennaio 1957
- Elettivamente domiciliato: in Roma via Anastasio II n. 442,  presso
lo studio del difensore di fiducia avv. Alessandro Pillitu; 
        difeso di fiducia: avv. Alessandro Pillitu con studio in Roma
via Anastasio II n. 442; 
        8) Mei Mario, nato a Tagliacozzo (AQ) il  9  ottobre  1962  -
Elettivamente domiciliato: in Roma, piazza S. Andrea della  Valle  n.
3, presso lo studio del difensore di fiducia avv. Attilio Soriano; 
        difeso di fiducia: avv. Attilio Soriano con studio  in  Roma,
piazza S. Andrea della Valle n. 3; 
        9) Di Stefano  Marco,  nato  a  Roma  il  12  maggio  1964  -
Elettivamente domiciliato: in Roma, via  della  Conciliazione  n.  44
presso lo studio del difensore di fiducia Francesco Gianzi; 
        difeso di fiducia: avv. Francesco Gianzi, con studio in Roma,
via della Conciliazione n. 44 e avv Giorgio Martellino con studio  in
Roma, Lungotevere R. Sanzio n. 2; 
        10) Lucherini Carlo, nato a Monterotondo (RM) l'1 maggio 1953
- Elettivamente domiciliato: in Roma, via Premuda n.  18,  presso  lo
studio del difensore di fiducia avv. Emilio Ricci; 
        difeso di fiducia: avv. Emilio Ricci con studio in Roma,  via
Premuda n. 18; 
        11) Mancini Claudio, nato  a  Roma  il  22  febbraio  1969  -
Elettivamente domiciliato: in Roma via G. Nicotera n. 29,  presso  lo
studio del difensore di fiducia avv. Gianluca Luongo; 
        difeso di fiducia: avv. Gianluca Luongo, del  Foro  di  Roma,
con studio in Roma via G. Nicotera n. 29; 
        12) Moscardelli Claudio, nato a Latina il 30  agosto  1962  -
Elettivamente domiciliato: in Roma, via Domenico Chelini n. 5, presso
lo studio del difensore di fiducia avv. Renato Archidiacono; 
        difeso di fiducia: avv. Renato  Archidiacono  con  studio  in
Roma, via Domenico Chelini n. 5; 
        13) Scalia Francesco, nato a Picinisco  (FR)  il  6  dicembre
1962 - Elettivamente domiciliato: in Cassino, via  E.  De  Nicola  n.
151, presso lo studio del difensore di fiducia avv. Gianrico Ranaldi; 
        difeso  di  fiducia:  avv.  Gianrico  Ranaldi,  del  foro  di
Cassino, con studio in Cassino, via E. De Nicola n. 151; 
        14) Valentini Daniela, nata a Roma il  1°  settembre  1948  -
Elettivamente domiciliata: presso lo studio del difensore di  fiducia
avv. Guido Calvi del Foro di Roma; 
        difesa di fiducia: avv. Guido Calvi del Foro di Roma; 
        15)  Astorre  Bruno,  nato  a  Roma   l'11   marzo   1963   -
Elettivamente domiciliato: in Roma,  via  Giovanni  Nicotera  n.  29,
presso lo studio del difensore di fiducia  avv.  Maria  Alicia  Mejia
Fritsch; 
        difeso di fiducia: avv. Maria Alicia Mejia Fritsch, del  foro
di Roma, con studio in Roma, via Giovanni Nicotera n. 29; 
        16) Vincenti Massimo, nato l'8  febbraio  1947  a  Pitigliano
(GR) - Elettivamente domiciliato: in Roma, corso di  Francia  n.  194
presso lo studio del difensore di fiducia avv. Fabio Pantaloni; 
        difeso di fiducia: avv. Fabio Pantaloni, del  foro  di  Roma,
con studio in Roma, corso di Francia n. 194; 
    Imputati: 
        Montino  Esterino,  Perilli  Mario,  Turco  Maria  Assunta  e
Vincenti Massimo; 
A) del reato di cui agli articoli 81, 110 e  314  c.p.  perche',  con
piu' azioni in  esecuzione  di  un  medesimo  disegno  criminoso,  in
concorso tra loro, Montino Esterino quale  Presidente  e  consigliere
del Gruppo PD presso il  Consiglio  Regionale  Lazio,  Perilli  Mario
quale tesoriere e consigliere del Gruppo, Turco Maria  Assunta  quale
addetta alla segreteria del  tesoriere  Perilli  e  Vincenti  Massimo
quale amministratore p.t.  della  societa'  «Nuovo  Paese  Sera  Srl»
(testata giornalistica  online)  avendo,  in  ragione  delle  cariche
ricoperte dal Montino e dal Perilli, la disponibilita' dei contributi
di denaro previsti per i gruppi consiliari della Regione Lazio di cui
alla legge regionale n. 6 del 15 marzo 1973, si  appropriavano  della
somma di denaro di  Euro  64.050,00  (erogata  mediante  11  bonifici
tratti dal conto corrente n. 401379660 intestato al gruppo consiliare
PD acceso presso Unicredit Banca di Roma - Agenzia 30656 compiuti  in
favore dei conti correnti n. 14187 acceso presso Banca di Formello  e
Trevigliano e n. 420000873 acceso presso Banca  Pop.  Lazio  entrambi
intestati a Nuovo Paese Sera) utilizzandola per attivita' diverse  da
quelle di cui all'art. 3-bis della legge regionale. - Fatti  commessi
in Roma dal 19 gennaio 2011 al 2 agosto 2012; 
        Montino Esterino, Perilli Mario e Turco Maria Assunta: 
B) del reato di cui agli articoli 61 n. 9, 81, 110  e  640,  comma  2
c.p.  perche',  con  piu'  azioni  esecutive  del  medesimo   disegno
criminoso, nelle qualita' specificate al capo A), abusando dei poteri
derivanti dall'esercitare  una  pubblica  funzione,  con  artifici  e
raggiri consistiti nell'aver utilizzato le sotto indicate 11  fatture
(emesse dalla societa' Nuovo Paese Sera Srl per la somma  complessiva
di Euro  64.050,00  per  attivita'  mai  realizzate  o  comunque  non
riscontrate): 
    1) fattura n. 1 del 18 gennaio 2011 per  complessivi  €  4.800,00
con oggetto «Pubblicazione  e  diffusione  materiale  informativo  su
attivita' gruppo inerente le tematiche di politica sanitaria» (pagata
con bonifico del 19 gennaio 2011); 
    2) fattura n. 8 del 5 aprile 2011 per complessivi € 4.800,00  con
oggetto  «Pubblicazione  e  diffusione   materiale   informativo   su
attivita' del Gruppo  inerente  le  tematiche  di  politica  sanitari
(pagata con bonifico del 14 aprile 2011); 
    3) fattura n. 14 del 6 giugno 2011 per complessivi € 4,800,00 con
oggetto  «pubblicazione  e  diffusione   materiale   informativo   su
attivita' gruppo inerente le tematiche di politica sanitaria» (pagata
con bonifico del 17 ottobre 2011); 
    4) fattura n. 27/A del (6 giugno 2011 per complessivi €  2.500,00
con oggetto «N. 100 abbonamenti anno 2011/2012 al mensile Nuovo Paese
Sera» (pagata con bonifico del 26 luglio 2011); 
    5) fattura n. 29 del 7 settembre 2011 per complessivi €  4.800,00
con oggetto «Pubblicazione  e  diffusione  materiale  informativo  su
attivita' del Gruppo inerente le  tematiche  di  politica  sanitaria»
(pagata con bonifico del 15 dicembre 2011); 
    6) fattura n. 46 del 3 novembre 2011 per complessivi  €  4.840,00
con  oggetto  «Pubblicazione  e  diffusione   materiale   informativo
sull'attivita' del Gruppo inerente tematiche di politiche  sociali  e
sanitarie» (pagata con bonifico del 15 dicembre 2011); 
    7) fattura n. 36 del 10 ottobre 2011 per complessivi  €  4.840,00
con oggetto «Pubblicazione  e  diffusione  materiale  informativo  su
attivita' gruppo inerente le tematiche  di  politiche  sociali  e  di
sanita'» (pagata con bonifico del 23 aprile 2012); 
    8) fattura n. 9 del 17 febbraio 2012 per complessivi  €  7.260,00
con oggetto  «Servizi  redazionali  su  attivita'  istituzionali  del
Gruppo consiliare periodo gennaio/febbraio 2012» (pagata con bonifico
13 marzo 2012); 
    9) fattura n. 27 del 18 aprile 2012 per  complessivi  €  7.260,00
con oggetto  «Servizi  redazionali  su  attivita'  istituzionali  del
Gruppo consiliare periodo marzo/aprile  2012»  (pagata  con  bonifico
dell'8 maggio 2012); 
    10) fattura n. 35 del 29 maggio 2012 per complessivi €  10.890,00
con oggetto  «Servizi  redazionali  su  attivita'  istituzionali  del
Gruppo consiliare periodo maggio/luglio 2012»  (pagata  con  bonifico
del 1° giugno 2012); 
    11) fattura n. 56 del 27 luglio 2012 per complessivi  €  7.260,00
con oggetto  «Servizi  redazionali  su  attivita'  istituzionali  del
Gruppo consiliare periodo agosto/settembre 2012» (pagata con bonifico
del 2 agosto 2012); 
e nell'averle altresi' allegate alle  relazioni  annuali  degli  anni
2011 e 2012 sottoscritte  congiuntamente  dal  Montino  e  Perilli  e
quindi trasmesse al Presidente del Comitato  regionale  di  controllo
contabile (di cui all'art. 4 legge regionale n. 6/73)  per  attestare
le modalita'  di  impiego  dei  fondi  erogati  al  Gruppo  ai  sensi
dell'art. 3-bis della  legge  regionale,  inducevano  in  errore  gli
organi  pagatori  della  Regione  Lazio  che,  nell'anno  successivo,
erogava i contributi di denaro al medesimo Gruppo consiliare anziche'
provvedere all'automatica  sospensione  degli  stessi  come  previsto
dall'art. 4 della legge regionale,  cosi'  procurandosi  un  ingiusto
profitto consistente nell'erogazione del contributo (quantificato  in
euro  2.017.946,28  per  l'esercizio  finanziario  2011  e  in   euro
2.034.957,52 per l'esercizio  finanziario  2012)  con  corrispondente
danno per la Regione Lazio. - Fatti commessi in Roma il  29  febbraio
2012 e il 27 febbraio 2013; 
        Montino Esterino, Perilli Mario e Vincenti Massimo: 
C) del reato di cui agli articoli 110, 319 e 321 c.p. perche',  nelle
qualita' specificate al capo A),  violando  le  disposizioni  di  cui
all'art. 3-bis della legge della Regione Lazio  n.  6  del  15  marzo
1973, autorizzavano il pagamento a favore della societa' «Nuovo Paese
Sera  Srl»  delle  fatture  di  cui  al  capo  B),  ricevendo   quale
corrispettivo,  da  Vincenti  Massimo,  l'utilita'  consistita  nella
stipula di un contratto di lavoro a progetto per la durata di un anno
(successivamente prorogato per ulteriori  cinque  mesi)  sottoscritto
tra lo stesso  Vincenti  e  Perilli  Serena  (figlia  di  Mario)  per
l'espletamento, da parte di quest'ultima, di attivita' di  assistenza
alla segreteria  amministrativa  della  societa'  «Nuovo  Paese  Sera
s.r.l.». - Fatti commessi in Roma dal febbraio 2012 al luglio 2013; 
        Montino  Esterino,  Perilli  Mario,  Turco   Maria   Assunta,
D'Annibale Tonino, Ponzo Carlo Umberto, Lucherini Carlo,  Mei  Mario,
Foschi Enzo, Di Stefano Marco, Di  Carlo  Mario  (deceduto),  Astorre
Bruno,  Dalia  Francesco  (deceduto),  Mancini  Claudio,  Moscardelli
Claudio, Parroncini Giuseppe, Scalia Francesco e Valentini Daniela: 
D) del reato di cui agli articoli 81, 110 e  323  c.p.,  perche'  con
piu' azioni in esecuzione del medesimo  disegno  criminoso,  Montino,
Perilli e Turco in concorso tra loro nonche' in concorso col  singolo
consigliere regionale beneficiario  della  prestazione  indicata  nei
relativi contratti ciascuno per la parte che lo riguarda, 
    nello svolgimento delle rispettive funzioni di: 
        Montino Esterino, Presidente e consigliere del Gruppo PD  del
Consiglio Regionale Lazio; 
        Perilli Mario, tesoriere e consigliere del medesimo gruppo; 
        Turco  Maria  Assunta  quale  addetta  alla  segreteria   del
tesoriere Perilli; 
        D'Annibale Tonino, Ponzo Carlo Umberto, Lucherini Carlo,  Mei
Mario, Foschi Enzo, Di Stefano  Marco,  Di  Carlo  Mario  (deceduto),
Astorre  Bruno,  Dalia   Francesco   (deceduto),   Mancini   Claudio,
Moscardelli Claudio, Parroncini Giuseppe, Scalia Francesco, Valentini
Daniela,  consiglieri  dei  Gruppo  PD  nonche'   beneficiari   della
condotta; 
    in violazione delle seguenti disposizioni di legge: 
        decreto legislativo n. 165/2001, art.  7,  comma  6  dove  e'
previsto che «per esigenze cui non possono far fronte  con  personale
in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi
individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura  occasionale
o coordinata e continuativa, ad esperti  di  provata  competenza,  in
presenza dei seguenti presupposti: 
          a) l'oggetto  della  prestazione  deve  corrispondere  alle
competenze attribuite dall'ordinamento amministrazione  conferente  e
ad obiettivi e progetti specifici e determinati; 
          b) l'amministrazione deve avere  preliminarmente  accertato
l'impossibilita' oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili
al suo interno; 
          c) la  prestazione  deve  essere  di  natura  temporanea  e
altamente qualificata»; 
        decreto legislativo n. 165/2001,  art.  7,  comma  6-bis  che
dispone che «le  amministrazioni  pubbliche  disciplinano  e  rendono
pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il
conferimento degli incarichi di collaborazione»; 
        legge regionale Lazio n. 14/1998, art. 8 dove e' previsto che
«Spetta a  ciascun  consigliere  regionale  una  somma  a  titolo  di
rimborso delle spese sostenute al fine di mantenere il  rapporto  tra
eletto ed elettori nonche' per rendere piu' agevole l'esercizio della
funzione, restando escluso ogni vincolo di mandato»; 
omettevano di compiere le procedure di comparazione per la  selezione
dei candidati e altresi' conferivano incarichi per prestazioni  prive
della natura altamente qualificata e delle indispensabili  conoscenze
professionali dei collaboratori richieste dalla legge, stipulando, al
contrario, i contratti con le persone di volta in volta indicate  dal
consigliere  regionale  che  usufruiva  delle  relative   prestazioni
lavorative; 
    omettevano  di  provvedere  personalmente  al   pagamento   delle
prestazioni in ragione dei contributi ad essi riconosciuti  ai  sensi
del citato art. 8 della legge regionale n. 14/1988; 
    Turco  Maria  Assunta  anche  adoperandosi  per  la  scelta   dei
collaboratori, impartendo ad essi  disposizioni  sulle  attivita'  da
svolgere, concordando i corrispettivi per  l'attivita'  da  prestare,
predisponendo e facendo sottoscrivere i contratti  e  provvedendo  ai
relativi pagamenti: 
        cosi'  intenzionalmente  procurando  un  ingiusto   vantaggio
patrimoniale alla vasta platea di persone con le quali  il  contratto
di collaborazione progetto veniva  stipulato  (persone  che  tuttavia
erano ignare dei vincoli normativi che ne condizionavano la stipula),
nonche'  ai  singoli  consiglieri   beneficiari   della   prestazione
lavorativa ciascuno dei quali stipulava contratti  di  prestazione  a
progetto per la sotto indicata complessiva somma: 
          Montino Esterino, Euro 7.500,00; 
          Perilli Mario, Euro 61.985,00; 
          D'Annibale Tonino, Euro 112.198,00; 
          Ponzo Carlo Umberto, Euro 40.620,00; 
          Lucherini Carlo, Euro 87.900,00; 
          Mei Mario, Euro 9.040,00; 
          Foschi Enzo, Euro 96.000,00; 
          Di Stefano Marco, Euro 93.862,50; 
          Di Carlo Mario (deceduto), Euro 38.250,00; 
          Astorre Bruno, Euro 122.400.00; 
          Dalia Francesco (deceduto), Euro 133.378,00; 
          Mancini Claudio, Euro 188.382,00; 
          Moscardelli Claudio, Euro 181.772,88; 
          Parroncini Giuseppe, Euro 112.340,00; 
          Scalia Francesco, Euro 13.750,00; 
          Valentini Daniela, Euro 81.500,00; 
          Gruppo PD, Euro 194.364,99, 
con corrispondente danno: 
    per  la  Regione  Lazio  che  provvedeva   al   pagamento   delle
prestazioni  professionali  mediante  i  contributi  stanziati  dalla
Regione ai sensi degli articoli 3 e 3-bis della  legge  regionale  n.
6/1973,  danno  calcolato  complessivamente  nell'ammontare  di  euro
1.575.443,37. - Fatti accaduti in Roma dal settembre 2010 a settembre
2012; 
        Montino  Esterino,  Perilli  Mario,  Turco   Maria   Assunta,
D'Annibale  Tonino,  Di  Carlo  Mario  (deceduto),  Dalia   Francesco
(deceduto), Parroncini Giuseppe, e Valentini Daniela: 
E) del reato di cui agli articoli 81, 110 e  323  c.p.,  perche'  con
piu' azioni in esecuzione del medesimo  disegno  criminoso,  Montino,
Perilli e Turco in concorso tra loro nonche' in concorso col  singolo
consigliere regionale beneficiario  della  prestazione  indicata  nei
relativi contratti, ciascuno per la parte che lo riguarda, 
    nello svolgimento delle rispettive funzioni di: 
        Montino Esterino, Presidente e consigliere del Gruppo PD  del
Consiglio Regionale Lazio; 
        Perilli Mario tesoriere e consigliere del medesimo gruppo; 
        Turco  Maria  Assunta  quale  addetta  alla  segreteria   del
tesoriere Perilli; 
        D'Annibale Tonino, Di Carlo Mario (deceduto), Dalia Francesco
(deceduto), Parroncini Giuseppe, Valentini Daniela,  consiglieri  del
Gruppo PD nonche' beneficiari della condotta; 
    in violazione delle seguenti disposizioni di legge: 
        decreto legislativo n. 276/2003, art. 61 dove, tra  le  altre
e'  previsto  che:  ...  «il  progetto  deve  essere   funzionalmente
collegato a un determinato risultato finale e non puo' consistere  in
una mera riproposizione dell'oggetto sociale del  committente,  avuto
riguardo al coordinamento  con  l'organizzazione  del  committente  e
indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione dell'attivita'
lavorativa. Il progetto non puo' comportare lo svolgimento di compiti
meramente esecutivi e ripetitivi, che possono essere individuati  dai
contratti  collettivi  stipulati   dalle   organizzazioni   sindacali
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale»; 
        legge regionale Lazio n. 14/1998, art. 8 che prevede: «Spetta
a ciascun consigliere regionale una somma a titolo di rimborso  delle
spese sostenute al fine  di  mantenere  il  rapporto  tra  eletto  ed
elettori nonche' per rendere piu' agevole l'esercizio della funzione,
restando escluso ogni vincolo di mandato», 
conferivano  incarichi  di  collaborazione  occasionale   privi   dei
requisiti del coordinamento con  il  committente  affidando  altresi'
mansioni  e  lo  svolgimento  di  compiti   meramente   esecutivi   e
ripetitivi; 
    omettevano  di  provvedere  personalmente  al   pagamento   delle
prestazioni in ragione dei contributi ad essi riconosciuti  ai  sensi
del citato art. 8 della legge regionale n. 14/1988; 
    Turco  Maria  Assunta  anche  adoperandosi  per  la  scelta   dei
collaboratori, impartendo ad essi  disposizioni  sulle  attivita'  da
svolgere, concordando i corrispettivi per  l'attivita'  da  prestare,
predisponendo  e  facendo  sottoscrivere  le  relative  ricevute   di
pagamento; 
    cosi'   intenzionalmente   procurando   un   ingiusto   vantaggio
patrimoniale  alla  vasta  platea  di  persone  alle  quali  venivano
affidate le  collaborazioni  (che  risultavano  tuttavia  ignare  dei
vincoli normativi che ne condizionavano  l'affidamento),  nonche'  ai
singoli consiglieri beneficiari della prestazione lavorativa ciascuno
dei quali conferiva  incarichi  per  la  sotto  indicata  complessiva
somma: 
        Montino Esterino, Euro 5.000,00; 
        Perilli Mario, Euro 79.750,00; 
        D'Annibale Tonino, Euro 24.927,50; 
        Di Carlo Mario (deceduto), Euro 7.500,00; 
        Dalia Francesco (deceduto), Euro 1.900,00; 
        Parroncini Giuseppe, Euro 22.000,00; 
        Valentini Daniela, Euro 10.000,00, 
con corrispondente danno 
    per  la  Regione  Lazio  che  provvedeva   al   pagamento   delle
prestazioni  professionali  mediante  i  contributi  stanziati  dalla
Regione ai sensi degli articoli 3 e 3-bis della  legge  regionale  n.
6/1973,  danno  calcolato  complessivamente  nell'ammontare  di  euro
151.077.50. - Fatti accaduti in Roma dal settembre 2010  a  settembre
2012 
nel quale e' persona offesa: 
    REGIONE LAZIO. 
    Evidenziata l'acquisizione delle seguenti fonti di prova: 
        Informative del Nucleo di Polizia  Tributaria  della  Guardia
di. Finanza di Rieti n. 411902/13 del 26 settembre 2013; n. 495238/13
del 19 novembre 2013; n. 495901/14 del 17 novembre  2014  e  relativi
allegati; 
        Documentazione acquisita: 
          Verbali di dichiarazioni rese dalle persone  informate  sui
fatti (imputazione capo D): 
Barbante Ilaria, Aureli Federica,  Agneni  Stefano,  Bernardi  Marco,
Croci Lorenzo,  Iannilli  Elisabetta,  Di  Cesare  Loredana,  Cipolla
Lucia, Sellati Valentina, Lavalle Federica, Martini Angelo, Lavagnini
Silvio,  Pucci  Alessandro,   Agresti   Eliana,   Pulcinelli   Marco,
Magliocchetti Manuel, Bartolelli Armando,  Mattia  Eleonora,  Nicolo'
Simona, Vizzaccaro Antonella, Di Leo Orazio; 
          Verbali di dichiarazioni rese dalle persone  informate  sui
fatti (imputazione capo E): 
Ciceroni Valerio, Domizio Salvatore, Salvatelli  Arianna,  Imperatori
Matteo, Zucconi Carlo Alberto, Mancuso Pasquale,  Castricini  Andrea,
Postiglioni Emanuele; 
    Visti gli articoli 416, 417 c.p.p.; 
 
                             c h i e d e 
 
l'emissione  del  decreto  che  dispone  il  giudizio  nei  confronti
dell'imputato e per i reati sopraindicati. 
    Manda alla Segreteria per gli  adempimenti  di  competenza  e  in
particolare per la trasmissione, unitamente alla presente  richiesta,
del fascicolo contenente  la  notizia  di  reato,  la  documentazione
relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti eventualmente
compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. 
      Roma, 20 settembre 2016 
 
              Il pubblico ministero: Pioletti - Orano» 
 
 
                                 -- 
 
    Riservandoci  ulteriori   deduzioni   con   successiva   memoria,
cercheremo qui di  sintetizzare  i  dati  necessari  per  l'esame  di
codesta ecc.ma Corte, e cioe' quelli afferenti nella fattispecie: 
        1) alla legittimazione dei consiglieri regionali  a  proporre
il presente ricorso; 
        2) alle ragioni in fatto e  in  diritto  del  conflitto,  con
indicazione delle  normative  di  vario  livello  che  presidiano  le
competenze  violate,  e  la  garanzia  loro   fornita   dalle   norme
costituzionali. 
1) La legittimazione dei consiglieri regionali. 
    1/a) Le contestazioni che  ci  sono  state  mosse  riguardano  in
realta'    scelte    relative    all'organizzazione,    all'attivita'
istituzionale  e  alla  dotazione  anche   finanziaria   dei   Gruppi
regionali, sottratte all'invadenza di altri soggetti e  poteri  dello
Stato,  perche'  essenziali  ai  fini  del  funzionamento  di  organi
regionali come i Gruppi e i Consiglieri che ne fanno parte, gli uni e
gli  altri  elementi  costitutivi  di  un   tutto   senza   di   essi
inconcepibile, com'e' l'istituto Regione, e  di  quel  «tutto»  anche
rappresentativi. 
    Il lineamento dei consiglieri regionali  e'  tracciato  a  chiare
lettere dall'art. 29, comma 1 dello Statuto vigente (edizione  2004),
norma collocata nella Sezione II, I consiglieri regionali, del Titolo
IV, Organi costituzionali della Regione: 
        «I  consiglieri  regionali  rappresentano   la   Regione   ed
esercitano le funzioni senza vincolo di mandato». 
    La stessa formula era  presente  nel  vecchio  Statuto,  edizione
1971, art. 15, mutuata da  quella  usata  per  i  parlamentari  della
Repubblica dall'art. 67 della Costituzione. 
    Fermo  restando,   quindi,   che   ogni   consigliere   regionale
rappresenta la Regione unitariamente  intesa,  occorre  rilevare  che
l'art. 39, comma 3 della  legge  n.  87/1953,  norma  che  regola  la
rappresentanza in giudizio, ha previsto che sia il  Presidente  della
Giunta regionale a proporre ricorso per conflitto di attribuzione nei
riguardi dell'invadenza di organi dello Stato. 
    Pertanto, i consiglieri regionali direttamente interessati  nella
fattispecie alla proposizione del ricorso,  sebbene  il  tempo  della
loro legislatura fosse ormai scaduto (cosa che,  alla  stregua  della
giurisprudenza    di    codesta    Corte    non    appare    ostativa
all'ammissibilita'  di  un  giudizio  ora  per  allora:  tra   tutti,
ricordiamo i casi Cossiga e Mancuso), appena  ricevuta  ufficialmente
notizia dell'attivita' della Procura  di  Roma,  aspettavano  che  il
nuovo  Presidente   della   Giunta   proponesse   il   conflitto   di
attribuzione, difendendo cosi' al contempo l'autonomia  dell'istituto
regionale, e quella degli  organi  chiamati  in  causa,  e  cioe'  il
Consiglio regionale, i Gruppi  e  i  singoli  consiglieri,  non  solo
quelli ex, ma anche quelli attuali che stanno operando - secondo  noi
in piena legittimita' - praticamente pero' con le stesse normative  e
le stesse modalita' degli ex consiglieri incriminati dalla Procura di
Roma. 
    E invece all'udienza del 16 marzo 2017 davanti al  Gup  che  deve
decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio della Procura (proc. n.
9173/2015 r.g.n.r. e n. 17013  rg.  Gip:  udienza  poi  rinviata  per
astensione nazionale degli  avvocati),  non  senza  sconcerto  si  e'
appreso  che  l'Avvocatura  della  Regione  era  li'   presente   per
costituirsi parte civile  contro  i  consiglieri,  con  richiesta  di
rimborsi e danni all'immagine per  cifre  milionarie!  Purtroppo,  le
ragioni di fondo, non giuridiche ma mediatiche, di tale inaspettata e
contraddittoria iniziativa autolesionista, che pone il rappresentante
della Regione in palese stato di conflitto di interesse istituzionale
con l'ente e gli organi dell'ente  di  cui  avrebbe  dovuto  tutelare
l'autonomia,  Consiglio,  Gruppi   consiliari   e   Consiglieri,   si
coglievano subito dall'allegato all'atto di  costituzione:  e  cioe',
l'estratto con «motore di ricerca Google» degli  articoli  di  stampa
che megafonavano in termini di perentoria condanna l'inchiesta contro
i Consiglieri e il gruppo PD. 
    E' stato dunque il giorno dell'udienza, il 16 marzo scorso, che i
consiglieri regionali interessati alla proposizione del  ricorso  per
conflitto di  attribuzioni  a  tutela  dell'autonomia  loro  e  della
Regione,  hanno  appreso  che  la  figura  autorizzata  a  farlo,  il
Presidente della Giunta, aveva abdicato al suo dovere.  Essi  quindi,
rimasti senza  rappresentanza  processuale,  si  sono  trovati  nella
inedita situazione di dover provvedere da se stessi. 
    Saranno loro, pertanto, che ne hanno un interesse istituzionale e
personale diretto, a provvedere alla notifica del presente ricorso al
Presidente del Consiglio e al Procuratore Capo  della  Repubblica  di
Roma, entro i sessanta giorni previsti dall'art. 39,  comma  2  della
legge n. 87/1953, termine calcolato ovviamente a partire da quando si
e'  appresa  la   notizia   dell'inusitata   abdicazione   del   loro
rappresentante processuale: e cioe' dal giorno  dell'udienza  davanti
al GUP. 
    1/b) Considerata la strana situazione  che  ci  si  e  trovati  a
fronteggiare, ci sia consentita pero' qualche ulteriore riflessione. 
    Se non sbagliamo, il conflitto qui promosso sarebbe inquadrabile,
secondo la tipologia descritta dalla legge e dalle norme  integrative
2008 della giustizia costituzionale, nella tipologia del conflitto di
attribuzione (vindicatio potestatis) tra enti. 
    Il ricorso in questione sembra avere un tratto  che,  nell'ambito
di tale tipologia per la quale soltanto vale il termine  decadenziale
dei sessanta giorni dalla comunicazione o conoscenza dell'atto lesivo
della competenza, lo distingue essenzialmente: e  cioe'  la  mancanza
proprio di  un  «atto»  del  soggetto  antagonista  che  esprima  con
carattere  di  definitivita'  la  volonta'  lesiva  della  sfera   di
competenza.  Vi  e'  la   lesione   dell'autonomia   funzionale   del
consigliere regionale, una  lesione  con  carattere  di  concretezza,
perche' il singolo consigliere e' chiamato a rispondere penalmente, e
personalmente, di scelte,  come  quelle  del  collaboratore  e  della
complessiva gestione del rapporto fondamentale con il territorio e  i
cittadini,  che  connotano  tratti  essenziali  dell'autonomia  della
funzione e dell'organo. Manca pero' l'atto lesivo definitivo, che  la
norma citata costituisce come dies a quo  del  termine  dei  sessanta
giorni. 
    A nostro  modestissimo  avviso,  dunque,  la  situazione  che  il
ricorso e' inteso a  rimediare,  appare  piu'  assimilabile,  mutatis
mutandis, a quel conflitto interorganico tra poteri dello Stato,  che
da tempo codesta Corte ha rivisitato allargandone  i  confini,  prima
rigidi, dello Stato-unita', e includendovi anche ricorsi  in  cui  un
atto definitivo manca, ed e' presente invece, con eguale se non  piu'
accentuato  effetto  «disarmonico»  della  complessiva   architettura
costituzionale, una «attivita'»  dell'ente  antagonista  di  per  se'
lesiva della sfera di competenza altrui. In situazioni del genere, in
cui e' la «attivita'» e non un «atto»  a  caratterizzare  l'invadenza
della sfera di  competenze  istituzionali,  il  termine  decadenziale
appare privo non solo del dies a quo, ma anche di  effettive  ragioni
giustificative. Un termine che, come insegna codesta Corte, e'  stato
introdotto e mantenuto essenzialmente  e  comprensibilmente  per  uno
scopo «deflattivo» (riflesso del cd. «tono costituzionale»),  ma  che
non appare in sintonia  con  il  progressivo  riconoscimento  di  una
tipologia terza, e in qualche modo mista, di ricorsi per conflitto di
attribuzione. 
    Oltretutto,  questa  nostra  riflessione  sembra  poter   trovare
appoggio  nei  criteri  di  ragionevolezza  e   bilanciamento   della
condizione del  consigliere  regionale  rispetto  a  quella  omologa,
sebbene su  diversi  piani,  del  membro  del  Parlamento,  che  puo'
sollevare il conflitto ai  sensi  dell'art.  68  della  Costituzione,
mentre il consigliere regionale in  eguale  situazione  (perche'  gli
ambiti di sovranita' e autonomia per l'uno e per l'altro, a tal  fine
non fanno ne' potrebbero  fare  la  differenza,  in  quanto  entrambi
protetti, a diverso livello  dalla  guarentigia  costituzionale)  non
avrebbe legittimazione attiva. E quando fosse  costretto  a  muoversi
personalmente dopo l'imprevista abdicazione  dell'Organo  competente,
potrebbe  vedersi  precluso  il  ricorso   dal   termine   perentorio
eventualmente invocato contro di lui, senza un dies a  quo,  e  senza
un'inerzia a lui imputabile. 
2) Ragioni del conflitto, con indicazione delle  normative  di  vario
livello che presidiano le competenze  violate,  e  la  garanzia  loro
fornita dalle norme costituzionali. 
2/a)  Normative  che,  in   relazione   alle   attivita'   funzionali
concretamente  svolte  dai  consiglieri  incriminati,  presidiano  le
competenze violate. 
    In una nostra memoria 15 febbraio 2016 alla Procura, nella  quale
chiedevamo l'archiviazione dell'inchiesta, citavamo specificamente le
fonti normative delle nostre ragioni. La Procura non  ha  considerato
in nessun modo quelle fonti, continuando non  tanto  in  una  diversa
interpretazione, quanto nella voluta obliterazione di  esse.  Poiche'
quel nostro contributo e' proprio l'oggetto di questo  paragrafo  del
ricorso, ci permettiamo di riprenderlo pressoche' letteralmente. 
    Occorre premettere  che  le  condotte  oggetto  di  contestazione
riguardano: 
        per il capo D), di cui vengono  fatti  responsabili  tutti  i
consiglieri regionali,  assunzioni  di  personale  che  si  ritengono
illecite perche' sarebbero state effettuate: 
          senza procedure di comparazione; 
          per prestazioni prive di natura altamente qualificata; 
          di persone senza le indispensabili conoscenze professionali
dei collaboratori richieste dalla legge; 
          persone indicate  di  volta  in  volta  da  un  consigliere
regionale che usufruiva delle relative prestazioni lavorative; 
        per i restanti capi A), B), C) ed F), riguardanti solo alcuni
dei consiglieri regionali: 
          sostanzialmente la pretesa destinazione  a  fini  personali
dei fondi e la mancata o addirittura artefatta rendicontazione  delle
spese. 
    Tanto premesso, esaminiamo innanzitutto il Capo D). 
      
- Capo D). [riguarda tutti i ricorrenti]. 
    Passando dalle contestazioni ai fatti e alle  normative  in  base
alle quali quei fatti sono avvenuti, osservavamo che  innanzitutto  e
documentalmente provato che le assunzioni sono avvenute con contratto
di diritto privato intercorso tra il Presidente del Gruppo consiliare
e il collaboratore. 
    Le pretese violazioni di legge su cui si e' basata  l'accusa  non
riguardano la fattispecie, perche' i commi 6 e 6-bis dell'art. 7  del
decreto  legislativo  n.  165/2001  richiamato  nella   contestazione
disciplinano le  assunzioni  nella  pubblica  amministrazione,  cioe'
quelle che vengono conferite per un'attivita' e un rapporto,  piu'  o
meno stabili, relativi al profilo gestionale-amministrativo dell'ente
pubblico,  e  non  -  com'e'  nella  fattispecie  -  alle   attivita'
consustanziali  al  profilo   istituzionale-politico   del   soggetto
pubblico. 
    Alle disposizioni  normative  dello  Statuto  sopra  riepilogate,
fondamento  costituzionalmente  garantito  dell'autonomia  regionale,
aggiungevamo le altre del medesimo testo, e cioe': 
        gli articoli 23 e 24 che riprendono il tema  di  un'autonomia
piena  (funzionale,  organizzativa,  amministrativa  contabile  e  di
gestione patrimoniale) a proposito  rispettivamente  dell'Ufficio  di
Presidenza del Consiglio regionale e del Consiglio  regionale  stesso
(gia' presenti negli articoli 11 e 17 del vecchio Statuto); 
        l'art. 28 che per i consiglieri - come gia' detto  -  usa  la
stessa  formula  che  la  Costituzione  usa   per   i   parlamentari:
«rappresentano la Regione - senza  vincolo  di  mandato»,  prevedendo
pure per detti organi, e per i Gruppi  nei  quali  i  consiglieri  si
costituiscono, completa autonomia anche contabile (articoli 31  e  28
Statuto 2004, 11 e 17 vecchio Statuto). 
    Passavamo in rassegna poi il quadro normativo che  disciplina  le
suddette assunzioni. 
    La legge regionale n.  6/1973,  dedicata  al  «Funzionamento  dei
gruppi consiliari», prevedeva genericamente  che  il  Presidente  del
Consiglio,  d'intesa  con  il  Presidente   della   Giunta,   curasse
l'assegnazione  ai  vari  Gruppi,  con  criteri  proporzionali   alla
consistenza  numerica,  delle  sedi  e  del   personale   necessario.
Nell'art. 3 stabiliva che ciascun Gruppo «ha diritto ad un contributo
mensile a carico del bilancio del Consiglio regionale per le spese di
funzionamento determinato: 
        a) da una quota fissa  di  €  1.291,00  per  ciascun  gruppo,
qualunque sia la consistenza numerica; 
        b) da una quota  variabile  pari  ad  €  620,00  per  ciascun
consigliere regionale facente parte del gruppo consiliare.». 
    Una prima specificazione e modifica di detta normativa veniva con
la legge regionale n. 55/1979, che inseriva nella legge regionale  n.
6/1973 un articolo 3-Bis, in forza del quale ciascun gruppo  riceveva
un contributo mensile a carico dei fondi a disposizione del Consiglio
«per le spese di aggiornamento,  studio  e  documentazione,  compresa
l'acquisizione  di  consulenze  qualificate   e   la   collaborazione
professionale di esperti, nonche'  per  diffondere  tra  la  societa'
civile la conoscenza dell'attivita' dei gruppi consiliari,  anche  al
fine di promuoverne la partecipazione all'attivita' dei gruppi stessi
e particolarmente all'esame delle questioni  ed  all'elaborazione  di
progetti e proposte  di  leggi  e  provvedimenti  di  competenza  del
Consiglio regionale». 
    Una disposizione siffatta aveva certamente il merito  di  rendere
concreta l'autonomia del Gruppo, prevedendo che ad esso spettasse non
solo il contributo generico, mensile e fisso,  previsto  dall'art.  3
della legge, ma anche un contributo aggiuntivo  («Ciascun  Gruppo  ha
inoltre diritto»), che l'art. 3-Bis finalizzava  all'acquisizione  di
consulenze qualificate, alla collaborazione professionale di  esperti
e  alla  diffusione  tra  la  societa'   civile   di   un   interesse
partecipativo all'attivita' dei Gruppi. 
    In pratica, pero', le ampie e  multiformi  attivita'  dei  Gruppi
necessitavano non soltanto di collaborazioni e collaboratori  esterni
di particolare esperienza, ma pure  di  persone  meno  titolate,  che
fossero in grado di  impegnarsi,  anche  per  «omogeneita'  politica»
(come  riconosciuto   ed   approvato   letteralmente   dalla   stessa
giurisprudenza della Consulta: sentenza n. 187/1990),  nell'ampio  ed
importantissimo lavoro gia' individuato dall'art. 3-bis,  cioe'  «per
diffondere tra la societa' civile la  conoscenza  dell'attivita'  dei
gruppi consiliari, anche al fine  di  promuoverne  la  partecipazione
all'attivita' dei gruppi stessi  e  particolarmente  all'esame  delle
questioni e all'elaborazione  di  progetti  e  proposte  di  leggi  e
provvedimenti di  competenza  del  Consiglio  regionale»  (cosiddetto
rapporto degli eletti con il territorio) lavoro che non a caso quella
norma affiancava esplicitamente, ma  distintamente,  al  lavoro  piu'
specialistico. 
    Da qui una modifica fondamentale che lo stesso art. 3-Bis  subiva
nel 2004  (1) , quando spariva del tutto il riferimento agli  esperti
e alle consulenze qualificate, e  il  contributo  veniva  finalizzato
piu'  semplicemente   alle   «spese   di   aggiornamento   studio   e
documentazione  compresa  l'acquisizione  di  collaborazioni   [senza
restrizioni  di  sorta]  nonche'  per  diffondere  tra  la   societa'
civile...» ecc. 
    Un ulteriore, importante aggiornamento e' stato  apportato  dalla
legge regionale n. 6/2002 (Disciplina del sistema organizzativo della
Giunta e del Consiglio e disposizioni relative alla dirigenza  ed  al
personale regionale), legge revisionata in vari punti  fin  quasi  ai
giorni nostri. 
    A parte la riaffermazione tra i  «Principi  e  criteri  generali»
della netta distinzione tra organi di governo, cui spetta la funzione
politica e di alta amministrazione, e organi di gestione (art.  4,  e
in particolare art. 37, comma 7),  e  l'indicazione  del  regolamento
come fonte  precipua  per  la  disciplina  al  dettaglio  della  loro
organizzazione,  compreso   l'accesso   all'impiego   regionale   (in
particolare,   articoli   5   e    30);    nella    parte    dedicata
all'«Organizzazione del Consiglio  Regionale»  (Titolo  III),  spicca
l'art. 37, epigrafato «Strutture di diretta  collaborazione  con  gli
organi di indirizzo politico», che  disegna  un  doppio  assetto  del
personale chiamato a lavorare in quegli organi. Vi  e'  il  personale
della cosiddetta «struttura di diretta  collaborazione»,  proveniente
prevalentemente dalla stessa  o  da  altra  P.A.  (mediante  chiamata
fiduciaria e distacco), ma anche da esterni di varia  qualificazione;
e  vi  e'  poi,  in  alternativa,  il  personale  esterno  ingaggiato
direttamente dall'organo di indirizzo politico. Il comma 5  dell'art.
37 stabilisce che proprio il Gruppo consiliare puo' optare per questa
seconda scelta (comma 5): 
    «I gruppi consiliari, in alternativa alla  struttura  di  diretta
collaborazione di cui al comma 1, per lo  svolgimento  delle  proprie
funzioni,  possono  stipulare   direttamente   rapporti   di   lavoro
subordinato,  autonomo   ovvero   rientranti   in   altre   tipologie
contrattuali,  previste   dalla   normativa   vigente   in   materia,
compatibili con l'attivita' lavorativa richiesta». 
    Alla legge appena esaminata seguiva, quindi,  il  Regolamento  di
organizzazione   del   Consiglio   Regionale,   approvato   con   DUP
(Deliberazione dell'Ufficio di Presidenza) 29  gennaio  2003,  n.  3:
regolamento che, «in attuazione dei principi  contenuti  nella  legge
regionale 18 febbraio 2002, n. 6» (art. 1), mentre ribadiva  principi
e criteri generali di quella, e l'assetto del personale degli  Organi
politici del Consiglio, per quanto riguarda i Gruppi consiliari (Capo
IV), prevedeva all'art. 13 la facolta' di attingere  alla  «struttura
di diretta collaborazione»,  con  dipendenti  a  chiamata  fiduciaria
della stessa o altra  amministrazione  e  con  collaboratori  esterni
assunti con contratto a tempo  indeterminato;  oppure,  all'art.  14,
titolato   «Assunzione   diretta   del   personale»,   di   «assumere
direttamente personale con contratto di diritto privato» (comma 1). 
    Come stabilito dalla legge regionale n. 6/2002, «al Gruppo che ha
esercitato tale facolta' [di chiamata diretta  del  personale]  viene
erogato un contributo finanziario annuale correlato al numero massimo
dei dipendenti ammessi in base alla consistenza numerica  del  gruppo
stesso...» (comma 2). E' previsto inoltre un ulteriore contributo per
spese non  quantificabili  attinenti  ai  trattamenti  economici  del
personale cosi' assunto (art. 14, comma 4). 
    E' di tutta evidenza che, avendo stabilito  che  quel  genere  di
personale venisse assunto dal Gruppo «direttamente con  contratto  di
diritto privato», e che esso  -  come  previsto  dalla  normativa  in
proposito - non entrasse a nessun titolo  nel  ruolo  dei  dipendenti
regionali, l'incarico assumeva necessariamente carattere strettamente
fiduciario: si trattava, cioe', di un incarico  che  per  sua  stessa
natura rifiutava una procedura concorsuale in incertam personam. 
    Ed infatti, intervenute con decreto-legge n. 78/2010  le  «Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita'
economica», l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale  con  DUP
16  gennaio  2013,  n.  7  adottava  un   «parametro   omogeneo»   di
contenimento  della  spesa  per  il   personale;   e   nell'occasione
riproponeva sia il Capo IV del Regolamento del  2003,  dedicato  alla
«Disciplina del rapporto di lavoro», sia l'art. 14, comma 1 del  Capo
V, titolato «Assunzione diretta di  personale  da  parte  dei  Gruppi
consiliari», nei seguenti termini: 
    «Ciascun presidente di gruppo, ai sensi  dell'art.  37,  comma  5
della legge regionale n. 6/2002, in  alternativa  all'utilizzo  della
struttura  di  diretta  collaborazione  di  cui  all'art.  11,   puo'
procedere alla stipula di rapporti di  lavoro  subordinato,  autonomo
ovvero rientranti in altre  tipologie  contrattuali,  previste  dalla
normativa vigente in materia compatibile con  l'attivita'  lavorativa
richiesta,  sulla  base  della   designazione   fiduciaria   fattagli
pervenire da ciascun consigliere componente del gruppo medesimo salvo
diverse modalita' previste dal disciplinare  apposito  approvato  dal
gruppo.». 
    Per  concludere  sul  punto  della   ricostruzione   del   quadro
normativo, possiamo dire che, sebbene  niente  imponesse  particolari
requisiti per l'assunzione del collaboratore fiduciario  del  Gruppo,
poiche' questa figura presta un'opera che finisce  per  confluire  in
quella politico-istituzionale del Gruppo stesso, e' stato  senz'altro
opportuno, e conforme al canone costituzionale dell'efficienza di una
buona amministrazione, continuare a chiedere che anche quella  figura
abbia  almeno  il  possesso  dei  requisiti  generali  previsti   per
l'accesso all'impiego regionale, requisiti che rendono cosi'  il  suo
lavoro «compatibile con l'attivita' lavorativa richiesta» (secondo la
formula sintetica usata dall'art. 37, comma 5 della  legge  regionale
n. 6/2002). Si vedano in proposito nella DUP appena  richiamata,  sia
l'art. 134 - Requisiti generali; sia  l'allegato  A-quater  alla  DUP
medesima - dedicato ai «Profili professionali»  e  redatto  ai  sensi
dell'art. 133-bis, comma 2, allegato che per il collaboratore -  Area
amministrativa  esige  solo  il  titolo  di   studio   della   scuola
dell'obbligo  eventualmente  accompagnata  da  corsi  di   formazione
specialistici;  sia  infine  l'art.   13,   comma   3   relativo   ai
collaboratori esterni della struttura di diretta collaborazione, e il
comma  1  dell'art.  14  trascritto,  che  hanno  esteso   anche   ai
collaboratori fiduciari direttamente assunti l'esigenza, e quindi  la
sufficienza, del possesso dei requisiti generali. 
    Era questo, dunque, per il Capo D) il quadro normativo in  vigore
nel periodo di tempo cui si riferisce la contestazione del reato. 
      
- Capi A), B), C) ed F). 
2/b) Garanzia fornita dalle norme costituzionali. 
    Ci sia consentito  qui  fare  tesoro  di  una  giurisprudenza  di
codesta Corte che, con grande saggezza e sensibilita'  istituzionale,
ha mano a mano  elaborato  una  linea  flessibile  di  soluzione  dei
conflitti, che stesse al passo con i tempi, salvaguardando  l'armonia
del sistema costituzionale e l'autonomia costituzionalmente garantita
dell'istituto regionale. 
    Una prima decisione che ha attirato la nostra attenzione e' la n.
143/1968 (Pres. Sandulli) nella quale le Sezioni Riunite della  Corte
dei  conti  avevano  sollevato  questione  di  costituzionalita'   in
relazione  ad  una   legge   della   Regione   a   statuto   speciale
Friuli-Venezia Giulia  che,  secondo  il  giudice  contabile,  mentre
sottoponeva a controllo della Corte dei conti i fondi  per  le  spese
del  Consiglio  al  proprio  Presidente,  per  i  successivi  singoli
pagamenti fatti da quel Presidente prevedeva che il rendiconto  fosse
portato solo al controllo del Consiglio regionale. 
    La Corte costituzionale  riteneva  infondata  la  questione.  Per
quanto qui puo' rilevare, nel corso di una sintetica ricognizione dei
poteri della Corte dei conti, la decisione affermava innanzitutto che
«in particolare l'impiego di somme destinate ad uno  dei  tre  organi
costituzionali [si  parla  di  organi  dello  Stato]  e'  soggetto  a
sindacato fino a quando sia atto del Governo; ma, appena  esse  siano
giunte a disposizione  dell'organo,  gli  ulteriori  atti  di  spesa,
comunque si concretino, sono atti interni di quest'ultimo  e  percio'
sottratti al riscontro.». 
    E cosi' proseguiva: «Un'analoga  situazione  si  produce,  su  un
piano diverso ma sempre a livello costituzionale,  nell'ambito  delle
Regioni a statuto speciale: ciascuna di esse ha organi di governo  e,
ben distinta, un'assemblea  politico-legislativa.  Nel  contesto  del
nostro ordinamento, caratterizzato dalla pluralita'  dei  poteri,  la
Regione si  colloca  come  ente  dotato  di  autonomia  politica  pur
nell'unita' dello  Stato;  autonomia  che  gli  statuti  in  generale
riconoscono ad essa quale entita' diversa da questo,  ma  che  si  e'
tradotta in precise potesta' attribuite  alle  assemblee  legislative
regionali da norme statutarie... Ne discende che, corpo  indipendente
e situato fuori dell'ordine amministrativo,  i  suoi  atti  non  sono
sottoposti a riscontro esterno.». 
    Si concludeva affermando che «le somme impegnate in bilancio  per
le  spese  di   funzionamento   del   Consiglio   regionale,   appena
pervenutegli, possono essere spese dal  suo  Presidente  senza  altro
controllo che quello, successivo, del medesimo Consiglio.». 
    L'orientamento di tale storica  decisione  e'  stato  ripreso  ed
ampliato da una seconda e recente sentenza,  la  n.  107/2015  (Pres.
Criscuolo). 
    La Corte dei conti regionale aveva  ordinato  ai  Presidenti  dei
Gruppi consiliari delle regioni Toscana e Piemonte  di  depositare  i
conti giudiziali relativi alla gestione dei contributi  pubblici.  Le
due regioni avevano promosso conflitto di attribuzione, che la  Corte
costituzionale  accoglieva  con  affermazione   di   principi   molto
rilevanti ai nostri fini. 
    Venivano innanzitutto riprese testualmente le puntualizzazioni di
una precedente decisione, la  n.  187  del  1990:  «Questa  Corte  ha
affermato  che  "i  gruppi  consiliari  sono  organi  del   consiglio
regionale,  caratterizzati  da  una  peculiare  autonomia  in  quanto
espressione, nell'ambito del consiglio stesso, dei  partiti  o  delle
correnti politiche che hanno presentato liste dei candidati al  corpo
elettorale,  ottenendone  i  suffragi  necessari  alla  elezione  dei
consiglieri. Essi pertanto contribuiscono  in  modo  determinante  al
funzionamento    e    all'attivita'    dell'assemblea,    assicurando
l'elaborazione di proposte, il confronto dialettico  fra  le  diverse
posizioni politiche e programmatiche, realizzando in una parola  quel
pluralismo che costituisce uno dei requisiti  essenziali  della  vita
democratica".» 
    Si  proseguiva  poi  affermando  che  «l'attivita'  di   gestione
amministrativa e  contabile  dei  contributi  pubblici  assegnati  ai
gruppi consiliari  e',  dunque,  meramente  funzionale  all'esercizio
della sfera di  autonomia  istituzionale  che  ai  gruppi  consiliari
medesimi e ai consiglieri regionali deve essere  garantita  (sentenza
n. 187 del 1990), affinche'  siano  messi  in  grado  di  "concorrere
all'espletamento delle molteplici e complesse funzioni attribuite  al
Consiglio regionale..." (sentenza n. 1130 del 1988).». 
    Nell'ambito  di   quest'analisi   delle   funzioni   dei   gruppi
consiliari, la citata sentenza n. 187/1990 (Pres.  Saja)  aveva  gia'
ritenuto «perfettamente comprensibile  che  i  gruppi  consiliari  si
siano avvalsi dell'opera di personale scelto, anche al di  fuori  dei
ranghi della pubblica amministrazione, secondo criteri  non  soltanto
di professionalita', ma anche di omogeneita' politica.». 
    Una terza decisione, i cui richiami  giurisprudenziali  ci  hanno
poi indirizzato su altre due cui subito attingeremo, e' la n. 81/1975
(Pres. Bonifacio). 
    Essa ha particolare analogia  con  il  caso  che  ci  occupa.  Il
conflitto di attribuzione infatti era stato promosso  dal  Presidente
della Regione  Abruzzo  «a  seguito  dei  provvedimenti  del  giudice
istruttore presso il tribunale dell'Aquila,  con  i  quali  e'  stato
disposto procedersi  con  istruzione  formale  nei  confronti  di  37
consiglieri  regionali  per  concorso  nel  reato  di  peculato».  Si
trattava di spese di pasti in un ristorante del luogo,  deliberate  a
favore di consiglieri e dipendenti in situazioni di emergenza,  e  di
spese per un contratto di assicurazione contro gli infortuni,  sempre
per i consiglieri regionali. 
    La  Corte,  mentre  affermava  la  sanzionabilita'  del   Governo
regionale, organo di  natura  esecutiva,  decideva  invece  che  "nel
merito  il  ricorso  della  Regione  risulta  fondato   nella   parte
concernente la penale responsabilita' dei consiglieri  regionali  che
approvarono le citate delibere consiliari.». 
    E cio' in forza di una «adeguata  interpretazione  dell'immunita'
sancita dall'art. 122, quarto comma,  della  Costituzione»,  che  pur
confrontato «con le piu' ampie guarentigie  concesse  ai  membri  del
Parlamento»  (art.  68,   commi   2   e   3),   s'inquadra   comunque
«nell'esplicazione  di  autonomie   costituzionalmente   garantite.».
Dichiarava  pertanto  «il  difetto  di  giurisdizione  dell'autorita'
giudiziaria ad accertare la penale  responsabilita'  dei  consiglieri
della Regione Abruzzo per i voti da essi espressi.». 
    In realta', come appare ormai pacifico  da  varie  e  progressive
decisioni della Corte, su una delle quali presto ci soffermeremo  per
la sua calzante specificita' con il nostro caso (la n. 289/1997),  le
guarentigie  costituzionali  previste  per  i  consiglieri  regionali
dall'art. 122, comma 4  della  Costituzione,  non  limitano  la  loro
copertura ai soli «voti» espressi, ma  anche  all'attivita'  di  tipo
amministrativo del consigliere, attivita' che  rientra  dunque  nella
complessiva sfera di autonomia che giustamente si e' voluto tutelare. 
    Il nostro diario di viaggio attraverso  la  giurisprudenza  della
Corte giunge ora alla decisione n. 70/1985 (Pres. Elia). 
    Plurimi conflitti  di  attribuzione  rispetto  alla  magistratura
erano stati proposti dal Presidente della  Regione  Toscana  per  una
serie di reati di omissione di atti  d'ufficio  contestati  da  varie
autorita' giudiziarie a seguito dell'inquinamento del  fiume  Arno  e
delle  sue  esondazioni.  Assumeva   la   Regione   Toscana   che   i
provvedimenti giudiziari erano esorbitanti  e  lesivi  della  propria
autonomia organizzativa,  «ovvero  confliggenti  con  la  guarentigia
dell'irresponsabilita' dei consiglieri regionali, di cui all'art. 22,
quarto comma, Cost.». 
    Ecco i passaggi della sentenza che qui rilevano. 
    «Preliminare ed assorbente e' il motivo di ricorso con  il  quale
viene negato in radice il potere di  organi  giudiziari  di  emettere
provvedimenti quali quelli impugnati.  Si  tratta,  all'evidenza,  di
provvedimenti atipici o anomali... Sufficiente per la  soluzione  dei
conflitti in esame, e' il rilievo che non spetta ad organi giudiziari
alcun   potere   di   intervento   nell'esercizio   delle    funzioni
costituzionalmente riservate alla Regione...». 
    «Questa Corte ha gia' precisato, in via generale (sentenza n.  69
del 1985) che  le  funzioni  legislative  e  di  indirizzo  politico,
nonche' quelle di controllo e  di  autoorganizzazione,  connotano  il
livello costituzionale dell'autonomia garantita alle  regioni  e  che
l'esercizio di esse, riservato consiglio regionale, non  puo'  essere
sindacato da organi  giudiziari  al  fine  di  accertare  l'eventuale
responsabilita'   dei   soggetti   deputati   ad   adempierle.".   La
responsabilita' per le scelte o le omissioni compiute  nell'esercizio
di quelle funzioni, osserva la Corte, puo' essere quella di carattere
politico, e non puo' dare  ingresso  al  sindacato  di  organi,  come
quelli giurisdizionali,  cui  sono  deputate  valutazioni  di  ordine
giuridico, e non anche valutazioni politiche. 
    L'ultima decisione  di  cui  vogliamo  parlare,  e'  quella  gia'
annunciata, la n. 289/1997 (Pres. Granata). Il caso: ricorso promosso
dalla Regione Veneto per conflitto di attribuzione  sorto  a  seguito
della citazione del Procuratore regionale della Corte dei  conti  per
il  Veneto  nei  confronti  di  consiglieri  regionali  che   avevano
deliberato l'acquisto di vetture per rinnovo del parco macchine. 
    Nel  riepilogare  gli  argomenti  della  Regione,  che   verranno
totalmente accolti, la sentenza scrive: 
    «Sostiene, anzitutto la ricorrente che l'ambito  di  operativita'
dell'immunita'  prevista   dall'art.   122,   quarto   comma,   della
Costituzione - in base al quale i consiglieri regionali "non  possono
essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti  dati
nell'esercizio delle loro funzioni" - risulta  delimitato,  non  solo
dalla Costituzione, ma, per quanto attiene alla sfera delle funzioni,
anche dalle leggi statali e dagli atti aventi forza  di  legge  dello
Stato.  Pertanto,  la   stessa   immunita',   oltre   alla   funzione
legislativa, di indirizzo politico e di controllo, ricomprende, a suo
avviso, anche quella di autorganizzazione  interna,  fermo  restando,
comunque, che  le  funzioni  possono  estrinsecarsi  attraverso  atti
aventi, dal punto  di  vista  formale,  natura  sia  legislativa  che
amministrativa. 
    Secondo  la  Regione  Veneto,  l'attivita'  che  il   Procuratore
regionale pretende di censurare e', dunque, coperta dalla guarentigia
in parola per un  duplice  motivo;  sia,  per  l'appunto,  in  quanto
rientrante tra  le  funzioni  di  autorganizzazione  interna,  svolte
mediante  atti  amministrativi,  con   specifico   riferimento   agli
strumenti di cui deve disporre il consigliere regionale per  compiere
i doveri del proprio ufficio, nonche' ai mezzi  umani  (personale)  e
materiali  (risorse   finanziarie)   spettanti   al   Consiglio   per
l'esercizio delle proprie competenze legislative, amministrative e di
controllo; sia in quanto l'acquisto di beni del tipo  di  quelli  che
hanno dato occasione al giudizio  di  responsabilita',  trova  titolo
nella  legge  statale  6  dicembre  1973,  n.  853,  che   disciplina
l'autonomia contabile  e  funzionale  dei  Consigli  regionali  delle
Regioni a statuto ordinario.». Ecco il  pensiero  totalmente  adesivo
della Corte. 
    «Si tratta di  ragioni  che,  alla  luce  degli  indirizzi  della
giurisprudenza costituzionale, richiamati  dalla  stessa  ricorrente,
non possono non essere condivise. 
    Come questa Corte ha gia' avuto occasione di precisare sin  dalla
sentenza n. 81 del 1975, l'immunita' prevista dall'art.  122,  quarto
comma, della  Costituzione  attiene  alla  particolare  natura  delle
attribuzioni del Consiglio regionale, che costituiscono «esplicazione
di autonomia costituzionalmente garantita» attraverso l'esercizio  di
funzioni «in parte disciplinate dalla stessa Costituzione e in  parte
dalle altre fonti normative cui la prima rinvia». Anche se il  nucleo
caratterizzante delle funzioni consiliari, quale  definito  dall'art.
121, secondo comma, della Costituzione, porta a considerare  ad  esso
estranee, in via di principio, le funzioni di amministrazione attiva,
la giurisprudenza di questa Corte e' dell'avviso che, per i  Consigli
regionali,  le  attribuzioni  costituzionalmente  previste   non   si
esauriscono in quelle legislative, ma ricomprendono anche quelle  "di
indirizzo   politico,   nonche'   quelle   di    controllo    e    di
autorganizzazione"». (sentenza n. 70 del 1985). 
    E' cosi' possibile individuare il presupposto  sistematico  della
disposizione sull'immunita', con riguardo anche alle «altre funzioni»
conferite al Consiglio «dalla Costituzione e dalle leggi», secondo la
locuzione accolta dal gia' menzionato art. 121 della Costituzione. 
    In definitiva, secondo quanto e'  dato  evincere  dai  richiamati
precedenti (per cui v. anche sentenza n. 69 del  1985),  il  criterio
della delimitazione dell'insindacabilita' dei  consiglieri  regionali
sta nella fonte attributiva della funzione, e non nella  forma  degli
atti, si'  che  risultano  garantite  sotto  tale  aspetto  anche  le
funzioni che, benche' di natura  amministrativa,  sono  assegnate  al
Consiglio regionale in via immediata  e  diretta  dalle  leggi  dello
Stato, avendo tuttavia presente che l'immunita'  non  e'  diretta  ad
assicurare una posizione di privilegio per i  consiglieri  regionali,
ma si giustifica in  quanto  vale  a  preservare  da  interferenze  e
condizionamenti esterni le  determinazioni  inerenti  alla  sfera  di
autonomia propria dell'organo (cfr. la gia' menzionata sentenza n. 70
del 1985). 
    Da detti principi va desunta la  soluzione  del  caso  in  esame.
Proprio a salvaguardia dell'autonomia contabile  e  funzionale  degli
organi in questione la legge n. 853 del 1973, da un lato, ha previsto
che per le  esigenze  dei  Consigli  regionali  siano  istituiti  nel
bilancio della Regione appositi capitoli  di  spesa  tra  i  quali  e
menzionato anche quello  per  attrezzature,  mentre,  dall'altro,  ha
escluso che gli atti amministrativi e di  gestione  dei  fondi  siano
soggetti ai controlli ex art. 125 della Costituzione (vedi  legge  n.
853 del 1973, articoli 2 2 4, terzo comma).». 
    Alla stregua di questi principi,  e  delle  normative  correlate,
anche le attivita' svolte dai  consiglieri  regionali  e  oggetto  di
imputazione da parte della Procura, se  valutate  senza  preconcetto,
appaiono riconducibili alla larga  sfera  «politica»,  ed  esente  da
responsabilita' penale. 
    Si puo' dunque concludere affermando che tutti gli atti  fatti  e
comportamenti  contestati  nelle  imputazioni,   essendo   riferibili
soggettivamente  ed  oggettivamente  all'esercizio   delle   funzioni
essenziali del consigliere regionale, organo della Regione dotato  di
autonomia costituzionalmente garantita, non rientrino nella sfera  di
competenza della Magistratura. 

(1) Art. 22, comma 1, lettera c) della legge  regionale  27  febbraio
    2004, n. 2. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si chiede pertanto che codesta ecc.ma Corte voglia accogliere  il
ricorso, riconoscendo la lesione della sfera di  competenza  avvenuta
finora ad opera della Procura della  Repubblica  di  Roma,  ai  danni
della Regione Lazio e specificamente  del  Consiglio  regionale,  del
Gruppo consiliare PD e dei singoli  consiglieri,  nei  confronti  dei
quali si e' formulata imputazione. 
      Roma, 12 maggio 2017 
 
                            Umberto Ponzo