N. 166 SENTENZA 20 giugno - 12 luglio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Previdenza - Regime dei contributi versati all'estero e trasferiti in
  Italia - Disposizione di interpretazione autentica che  ridetermina
  la retribuzione pensionabile. 
- Legge 27 dicembre  2006,  n.  296,  recante  «Disposizioni  per  la
  formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  (legge
  finanziaria 2007)», art. 1, comma 777. 
-   
(GU n.29 del 19-7-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  1,
comma  777,  della  legge  27  dicembre   2006,   n.   296,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato  (legge  finanziaria  2007)»,  promosso  dalla  Corte  di
Cassazione, sezione lavoro, nel procedimento vertente  tra  N.  B.  e
l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS),  con  ordinanza
dell'11 marzo 2015, iscritta al n. 96 del registro ordinanze  2015  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  22,  prima
serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'INPS,  nonche'  l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  20  giugno  2017  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi l'avvocato Sergio Preden  per  l'INPS  e  l'avvocato  dello
Stato  Gabriella  Palmieri  per  il  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di un giudizio civile - promosso da una lavoratrice
contro l'Istituto nazionale  della  previdenza  sociale  (INPS),  per
ottenere la riliquidazione della  maturata  pensione  di  anzianita',
sulla base della retribuzione  effettivamente  percepita  durante  il
periodo  di  lavoro  in  Svizzera  in  luogo  di   quella   inferiore
figurativamente  rideterminata  dall'Istituto,   in   rapporto   alle
aliquote contributive svizzere piu' basse di  quelle  italiane  -  la
Corte di cassazione, adita su ricorso della pensionata N. B.  avverso
la  sentenza  d'appello  favorevole  all'INPS,  ha   sollevato,   con
l'ordinanza in epigrafe,  questione  di  legittimita'  costituzionale
della norma, che la ricorrente lamentava violata, di cui all'art.  1,
comma  777,  della  legge  27  dicembre   2006,   n.   296,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2007)». 
    La norma denunciata - in dichiarata interpretazione dell'art.  5,
secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27  aprile
1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di  calcolo  delle  pensioni  a
carico dell'assicurazione generale obbligatoria)  -  prevede  che  la
retribuzione percepita all'estero, da porre a base del calcolo  della
pensione, debba essere riproporzionata al fine di stabilire lo stesso
rapporto percentuale previsto per i  contributi  versati  nel  nostro
Paese nel medesimo periodo, «moltiplicando l'importo  dei  contributi
trasferiti  per  cento  e  dividendo  il  risultato  per   l'aliquota
contributiva per invalidita', vecchiaia e superstiti  in  vigore  nel
periodo cui i contributi si riferiscono». 
    La Corte rimettente ricorda che la predetta disposizione e'  gia'
stata oggetto di sindacato da parte di  questa  Corte,  che,  con  la
sentenza n. 172 del 2008, ha respinto i dubbi (sollevati dalla stessa
Corte di cassazione) di contrasto con gli artt. 3, primo  comma,  35,
quarto comma, e 38, secondo comma,  della  Costituzione;  e,  con  la
successiva sentenza n. 264 del 2012, ha respinto l'ulteriore  censura
(ancora  una  volta  formulata  da  essa  Corte  di  cassazione)   di
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in  relazione  all'art.
6, paragrafo 1, della Convenzione per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848,  ritenendo  che,  nella  fattispecie,  rispetto  alla  tutela
dell'interesse  sotteso  al  richiamato   parametro   europeo,   come
interpretato dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo
del  31  maggio  2011,  in  causa   Maggio   e   altri   c.   Italia,
specificatamente relativa al medesimo art. 1, comma 777, della  legge
n. 296 del 2006 (l'interesse,  cioe',  al  giusto  processo,  per  il
profilo della non interferenza del corpo legislativo  su  giudizi  in
corso a fini di condizionamento del correlativo esito in favore dello
Stato o di altro soggetto pubblico), «prevale quella degli  interessi
antagonisti, di pari rango costituzionale, complessivamente coinvolti
nella disciplina recata dalla disposizione  censurata.  In  relazione
alla quale sussistono, quindi, quei preminenti interessi generali che
giustificano il ricorso alla legislazione  retroattiva».  E  cio'  in
quanto «gli effetti di detta disposizione ricadono nell'ambito di  un
sistema previdenziale tendente alla  corrispondenza  tra  le  risorse
disponibili e le prestazioni erogate, anche in  ossequio  al  vincolo
imposto  dall'articolo  81,  quarto  comma,  della  Costituzione,   e
assicura[no] la razionalita' complessiva del sistema stesso (sent. n.
172 del 2008), impedendo alterazioni della disponibilita' economica a
svantaggio di alcuni contribuenti e a vantaggio  di  altri,  e  cosi'
garantendo il rispetto dei principi di uguaglianza e di solidarieta',
che,  per  il  loro  carattere  fondante,  occupano   una   posizione
privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali». 
    Tanto premesso, il giudice a quo solleva ora un diverso dubbio di
legittimita' costituzionale della norma in questione, in  riferimento
sempre all'art. 117, primo comma, Cost., ma in relazione al parametro
interposto di cui all'art. 1 del Protocollo  addizionale  alla  CEDU,
oltre che a quello di cui  all'art.  6,  paragrafo  1,  della  stessa
Convenzione. 
    Cio' in quanto, dopo la sentenza "Maggio" (che aveva  escluso  il
pur denunciato contrasto dell'art. 1, comma 777, della legge  n.  296
del 2006 anche con l'art. 1 del menzionato Protocollo), la Corte EDU,
con la sentenza del 15 aprile 2014, in causa Stefanetti  e  altri  c.
Italia, ha invece accertato che  la  disposizione  interpretativa,  o
comunque  retroattiva,  del  2006  avrebbe  provocato  un  sacrificio
eccessivo, e  ingiustificato  per  le  sue  dimensioni,  del  diritto
pensionistico dei nove ricorrenti. 
    Con la conseguenza che - poiche'  «una  comparazione  tra  questa
ulteriore e specifica violazione  di  una  norma  CEDU  (art.  1  del
Protocollo  addizionale)  ed   altri   interessi   costituzionalmente
rilevanti non e' offerta dalla  decisione  n.  264  del  2012»  -  si
impone,  secondo  la  Corte  rimettente,  una   nuova   «complessiva»
valutazione  della   legittimita'   della   norma   denunciata,   «in
riferimento anche all'accertata violazione dei diritti sostanziali in
materia  pensionistica  dei   lavoratori   migranti   in   Svizzera»:
valutazione che «va rimessa all'autorita' della Corte delle leggi, in
ossequio allo spirito e alla lettera dell'orientamento di questa  sin
dalle due decisioni del 2007 (n. 348 e n. 349) sui poteri del Giudice
ordinario in ordine a un accertato contrasto tra ordinamento  interno
e ordinamento convenzionale». 
    2.- In questo giudizio, si e' costituito l'INPS, che ha  concluso
per la non fondatezza della questione  sollevata,  ritenendo  che  la
valutazione di conformita' a Costituzione della normativa  impugnata,
gia' espressa da questa Corte con sentenza n.  264  del  2012,  possa
essere estesa anche al parametro oggi invocato. 
    Cio' sul rilievo che la  richiamata  sentenza  "Stefanetti"  «non
costituisc[a]  affatto  un  indirizzo  univoco  e  consolidato  della
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo», attesa  la
sua adozione solo a maggioranza, con l'opinione dissenziente  di  due
giudici, e stante il precedente, di segno contrario,  della  sentenza
"Maggio". E anche in considerazione del fatto che  «con  la  sentenza
Stefanetti la Corte EDU e' giunta  ad  affermare  la  responsabilita'
dello  Stato  italiano  all'esito  di  valutazioni   vertenti   sulle
specifiche peculiarita'  dei  singoli  casi  al  vaglio»,  in  quanto
caratterizzati  dalla  piu'  elevata  riduzione  (67%  circa)   della
pensione subita dai ricorrenti per effetto del ricalcolo ex  lege  n.
296 del 2006, ravvisabile in solo  marginali  ipotesi  rispetto  alla
platea delle oltre 76.000 pensioni liquidate (al gennaio 2014) con il
concorso della contribuzione svizzera. 
    Non disconosce,  peraltro,  l'Istituto  che  «per  la  pensionata
ricorrente nel giudizio a quo possa forse  sussistere  un  sacrificio
individuale di entita' paragonabile a quello rilevato dalla  ripetuta
sentenza  Stefanetti»,  essendole  stata  corrisposta  una   pensione
mensile di euro 382,00 in luogo di quella, di euro  1.216,00  che  le
sarebbe spettata in assenza  della  riparametrazione.  Ma  sottolinea
come cio' dipenda dai «25 anni di lavoro prestato in  Svizzera  [che]
le hanno comportato il versamento  (ed  il  successivo  trasferimento
all'INPS)  di  complessivi  €  31.038,40  a  titolo   di   contributi
previdenziali», mentre «[s]e il  medesimo  periodo  di  lavoro  fosse
stato svolto  in  Italia  il  corrispettivo  dei  contributi  versati
sarebbe stato pari ad € 102.250,66». Per  cui,  «[i]n  assenza  della
riparametrazione della  retribuzione  pensionabile,  l'ammontare  dei
contributi trasferiti  dalla  Svizzera  [...]  sarebbe  stato  dunque
sufficiente a coprire il costo di soli due anni di pensione». 
    2.1.- Aggiunge, infine, l'Istituto, con  memoria  successivamente
depositata,  che  l'onere  connesso  all'eventuale  ricalcolo   delle
pensioni  liquidate  con  i  contributi  trasferiti  dalla   Svizzera
(stimati, da esso Istituto, in «una somma superiore ai 5  miliardi  e
mezzo di Euro in relazione al periodo 2016-2025») «appare di  entita'
tale da poter incidere sulla tenuta  e  sull'equilibrio  del  sistema
previdenziale». 
    3.-  E'  altresi'  intervenuto  in  giudizio  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, con il  patrocinio  dell'Avvocatura  generale
dello Stato, che ha parimenti concluso per la  non  fondatezza  della
questione, ribadendo, a sua volta, che la disposizione censurata,  da
un  lato,  assicurerebbe  coerenza  e  razionalita'  al  sistema   e,
dall'altro, terrebbe conto, nella  giusta  misura,  dell'esigenza  di
garantire  l'equilibrio   tra   mezzi   disponibili   e   prestazioni
previdenziali erogabili, nel rispetto, sia  dell'art.  3  Cost.,  che
impone l'osservanza del canone di  uguaglianza  in  senso  formale  e
sostanziale,  sia  del   vincolo   imposto   dall'art.   81,   quarto
[recte:terzo] comma, Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Questa Corte e' chiamata nuovamente a decidere se  l'articolo
1,  comma  777,  della  legge  27  dicembre  2006,  n.  296,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello  Stato  (legge  finanziaria  2007)»  -  che,  nel  fornire   la
interpretazione  dell'art.  5,  secondo  comma,   del   decreto   del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488 (Aumento  e  nuovo
sistema  di  calcolo  delle  pensioni  a  carico   dell'assicurazione
generale obbligatoria), sostanzialmente prevede che  la  retribuzione
percepita all'estero, da porre a base  del  calcolo  della  pensione,
debba essere riproporzionata al fine di stabilire lo stesso  rapporto
percentuale previsto per i contributi versati nel  nostro  Paese  nel
medesimo periodo, introducendo nell'ordinamento  una  interpretazione
della disciplina  de  qua  in  senso  non  favorevole  rispetto  alle
posizioni degli assicurati - si ponga  in  contrasto  con  l'articolo
117, primo comma, della Costituzione, in relazione, in  questo  caso,
all'art. 1 del Protocollo addizionale, firmato a Parigi il  20  marzo
1952,  e  all'art.  6,  paragrafo  1,  della   Convenzione   per   la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950 (CEDU), ratificata e resa esecutiva
con legge 4 agosto  1955,  n.  848,  come  interpretati  dalla  Corte
europea dei diritti dell'uomo. 
    2.- Come ricordato dalla (anche in  questo  giudizio  rimettente)
Corte di cassazione, sezione lavoro, la disposizione di cui al  comma
777 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006 - della  quale  era  gia'
stato escluso il contrasto con gli artt. 3, 35 e 38  Cost.  (sentenza
n.  172  del  2008)  -  ha   superato   il   successivo   vaglio   di
costituzionalita' anche in relazione al poi prospettato suo contrasto
con  l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in  relazione  all'art.  6,
paragrafo 1, della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte
di Strasburgo del 31 maggio 2011, Maggio e altri c. Italia, che aveva
ritenuto  violata  detta  norma  convenzionale   dalla   disposizione
italiana su citata. 
    Il riferimento va, per tal ultimo profilo, alla sentenza  n.  264
del 2012 (cui ha fatto seguito l'ordinanza n. 10 del  2014),  con  la
quale questa Corte - premesso che ad essa spetta  di  «opera[re]  una
valutazione sistemica e non isolata, dei valori coinvolti dalla norma
di volta in volta scrutinata» - ha ritenuto  che,  nel  bilanciamento
tra  la  tutela  dell'interesse   sotteso   alla   richiamata   norma
convenzionale (art. 6, paragrafo 1, CEDU) e  la  tutela  degli  altri
interessi  costituzionalmente   protetti,   «prevale   quella   degli
interessi antagonisti di pari rango costituzionale,  complessivamente
coinvolti nella disciplina recata dalla  disposizione  censurata,  in
relazione alla quale sussistono, quindi,  quei  preminenti  interessi
generali che giustificano il ricorso alla legislazione  retroattiva».
Legislazione che si riconosce  essere,  in  questo  caso,  «ispirata,
invero, ai principi di uguaglianza e di proporzionalita'», in  quanto
tiene conto della circostanza che i contributi  versati  in  Svizzera
sono notevolmente inferiori a quelli versati in Italia e, in  ragione
di cio', opera «una riparametrazione diretta a rendere  i  contributi
proporzionati  alle  prestazioni,  a  livellare  i  trattamenti,  per
evitare sperequazioni,  e  a  rendere  sostenibile  l'equilibrio  del
sistema previdenziale a garanzia di coloro che usufruiscono delle sue
prestazioni». 
    3.- La Corte rimettente non contesta che  la  ponderazione  degli
interessi antagonisti, di pari rilievo costituzionale,  incisi  dalla
norma sospetta di illegittimita' debba  essere  "sistematica"  e  non
"frazionata", ne' che il conseguente correlativo  bilanciamento  vada
«rimess[o] all'autorita' della Corte delle leggi». 
    Ma  in  ragione  di  tale  premessa,  appunto,  ritiene  che   la
«complessiva», e «complessa», valutazione degli interessi che entrano
in  gioco,  e  che  reclamano  tutela  a  fronte   della   disciplina
retroattivamente introdotta dal comma 777 dell'art. 1 della legge  n.
296 del 2006, debba essere nuovamente demandata a questa  Corte,  «in
riferimento anche alla [...] violazione dei  diritti  sostanziali  di
natura pensionistica dei lavoratori migranti». 
    E cio' poiche' la violazione di siffatti diritti, suscettibile di
innescare un vulnus alla norma  interposta  di  cui  all'art.  1  del
Protocollo addizionale alla CEDU (e, per tal via, al precetto di  cui
al primo comma dell'art. 117 Cost.)  -  a  suo  tempo  esclusa  dalla
ricordata sentenza CEDU, Maggio e altri c.  Italia,  del  2011  -  e'
stata  successivamente,  invece,  accertata  dalla  stessa  Corte  di
Strasburgo, con la sentenza Stefanetti e  altri  c.  Italia,  del  15
aprile 2014. 
    «Una comparazione tra questa ulteriore e specifica violazione  di
una norma CEDU (art. 1 del Protocollo addizionale) e altri  interessi
costituzionalmente rilevanti», coinvolti nella  disciplina  nazionale
censurata, «non  e'  offerta»  -  aggiunge  la  rimettente  -  «dalla
decisione n. 264/2012 che anzi  insiste,  come  argomento  rilevante,
sulla  mancata  condanna  dell'Italia,  sul  punto,  nella   sentenza
Maggio». 
    4.- Il «fatto nuovo» (e motivo unico di censura) alla base  della
reiterata impugnativa della disposizione di cui all'art. 1 comma 777,
della  legge  n.  296  del  2006  e'  rappresentato,  dunque,   dalla
richiamata sentenza "Stefanetti" della CEDU. 
    4.1.- Con detta  sentenza,  la  Corte  di  Strasburgo  ha  bensi'
ravvisato  (sia  pur  con  l'opinione  dissenziente   di   due   suoi
componenti) un contrasto dell'art. 1, comma 777, della legge  n.  296
del 2006 con l'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU.  Ma  cio'
non prima di aver confermato (al punto 58 del Considerato) che, nella
precedente causa Maggio  e  altri  contro  Italia,  il  fatto  che  i
ricorrenti avessero perso meno della meta' della pensione  equivaleva
a  una  «riduzione  ragionevole  e  proporzionata»   (coerente   alla
finalita' perequativa della citata legge nazionale del 2006), e  solo
dopo avere - in linea, e non in discontinuita', con tale  premessa  -
sottolineato come a diversa conclusione perveniva ora essa Corte  EDU
con specifico e limitato riferimento alla posizione  particolare  dei
nuovi ricorrenti. Per la  ragione  che  questi,  in  conseguenza  del
trasferimento in Italia dei contributi versati in  Svizzera,  avevano
subito una ben  piu'  incisiva  decurtazione  (di  circa  2/3)  della
pensione, cui avrebbero avuto altrimenti diritto. 
    Il che - «alla luce di tutti i fattori  pertinenti»  al  caso  in
esame (i ricorrenti avevano «versato contributi per tutta  la  vita»;
avevano trasferito in Italia la contribuzione maturata in Svizzera in
un momento in cui avevano l'aspettativa di poter  percepire  pensioni
piu' elevate; avevano finito  con  l'ottenere  «meno  della  pensione
media italiana») - ha  appunto  indotto  la  Corte  di  Strasburgo  a
ritenere  che,  «nella  specie»,  le  riduzioni  delle   retribuzioni
pensionabili, operate dall'INPS in applicazione del parametro fissato
dalla norma interpretativa, «hanno inciso sullo  stile  di  vita  dei
ricorrenti e ne hanno ostacolato il godimento in modo sostanziale». 
    Vulnus - quello cosi' ravvisato - per il quale  la  stessa  Corte
EDU, con successiva sentenza in data 1°  giugno  2017,  ha  ritenuto,
comunque, congruo il rimedio di un indennizzo quantificato in  misura
non superiore al 55  per  cento  della  differenza  tra  la  pensione
percepita e quella  cui  altrimenti  avrebbe  avuto  diritto  ciascun
ricorrente, in base alla normativa oggetto della successiva censurata
sua interpretazione. 
    4.2.- Non e' esatto, pertanto, che la Corte EDU, con la  sentenza
Stefanetti, abbia contraddetto, o comunque superato,  la  valutazione
di compatibilita' - della norma retroattiva del 2006 con il parametro
del  Protocollo  addizionale  -  quale  espressa,  nella   precedente
sentenza "Maggio", a  fronte  di  denunciate  riduzioni  di  pensione
inferiori  alla  meta':  posto  che  essa  ha  testualmente,  invece,
confermato che una tale riduzione e' «ragionevole e proporzionata». 
    Neppure e' esatto che la riferita sentenza "Stefanetti"  abbia  -
come presupposto dal giudice rimettente - ricollegato  la  violazione
dell'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU ad «effetti ordinari
e per cosi' dire sistemici  della  norma  interpretativa  del  2006»;
risultando, in detta sentenza,  motivatamente  invece,  riferito,  il
vulnus al parametro convenzionale alla specificita' di casi  singoli,
in relazione ai  quali  la  valutazione  complessiva  di  particolari
contingenze    fattuali    aveva    evidenziato     un     sacrificio
"sproporzionato", imposto ai ricorrenti in  conseguenza  dell'operata
riparametrazione della retribuzione pensionabile. 
    5.- Alla stregua di quanto precede, deve pertanto escludersi  che
il  novum  della  sentenza  "Stefanetti"  evidenzi  un   profilo   di
incompatibilita', con l'art. 1 del Protocollo addizionale alla  CEDU,
che sia riferito, o comunque riferibile, alla disposizione  nazionale
in esame, in  termini  che  ne  comportino,  per  interposizione,  il
contrasto - nella sua interezza - con l'art. 117, primo comma, Cost.,
come prospettato dal giudice a quo. 
    6.- Riconosce, invece, la richiamata sentenza della Corte europea
che, nei confronti dei nove ricorrenti, l'applicazione  del  criterio
del ricalcolo  della  retribuzione,  di  cui  appunto  al  comma  777
dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006, ha comportato una  riduzione
delle rispettive pensioni eccessiva e sproporzionata,  unitamente  ad
un vulnus, in questi termini non ragionevole, all'affidamento da essi
riposto nella legge interpretata. 
    E cio' denota  l'esistenza  di  una  piu'  circoscritta  area  di
situazioni  in  riferimento  alle  quali  la  riparametrazione  delle
retribuzioni percepite in Svizzera, in applicazione  della  censurata
norma nazionale retroattiva,  puo'  entrare  in  collisione  con  gli
evocati  parametri  convenzionali  e,  corrispondentemente,   con   i
precetti di cui agli artt. 3 e 38 della Costituzione. 
    7.- Quale sia la soglia al di  sotto  della  quale  la  riduzione
delle cosiddette "pensioni svizzere", ex art.  1,  comma  777,  della
citata legge  n.  296  del  2006,  venga  a  ledere  il  diritto  dei
lavoratori al "bene" della vita rappresentato dal credito relativo  a
pensione, non e' pero' indicato, in termini generali, nella  sentenza
"Stefanetti". 
    La Corte EDU fa bensi' riferimento ad una  riduzione  comportante
una perdita di circa due terzi della pensione, ma - come detto - solo
con specifico riferimento alle pensioni dei singoli ricorrenti ed  in
esito ad  una  valutazione  che  tiene,  tra  l'altro,  conto,  quali
«elementi pertinenti», dei lunghi periodi da quei soggetti  trascorsi
in Svizzera, della entita' dei contributi  ivi  versati,  della  loro
categoria lavorativa di appartenenza e della qualita' dei  rispettivi
stili di vita, il  cui  godimento  essa  Corte  ritiene  in  concreto
"ostacolato  in  modo  sostanziale"  e  non  proporzionato,   perche'
implicante un  "onere  eccessivo"  che  soggetti  che  hanno  versato
contributi per tutta la vita sono costretti a sopportare. 
    L'indicazione di una soglia (fissa o proporzionale) e di  un  non
superabile limite di riducibilita' delle  "pensioni  svizzere"  -  ai
fini di una reductio ad legitimitatem della  disposizione  impugnata,
che ne impedisca l'incidenza su dette pensioni in misura che  risulti
lesiva degli evocati precetti convenzionali e nazionali -, come  pure
l'individuazione  del  rimedio,  congruo  e   sostenibile,   atto   a
salvaguardare il nucleo essenziale del diritto  leso,  sono  comunque
necessarie,  ma  presuppongono,  evidentemente,  la  scelta  tra  una
pluralita' di soluzioni rimessa, come tale, alla discrezionalita' del
legislatore. 
    8.-   La   questione   sollevata   e',   pertanto,   allo   stato
inammissibile. Ma nel dichiararla tale, questa  Corte  deve  tuttavia
affermare  che  non   sarebbe   tollerabile   l'eccessivo   protrarsi
dell'inerzia legislativa in ordine al grave problema segnalato  dalla
Corte di Strasburgo. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 777, della legge 27 dicembre  2006,
n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», sollevata  -  in
riferimento  all'art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione,   in
relazione agli  artt.  6,  paragrafo  1,  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950, e  1  del  Protocollo  addizionale
alla Convenzione, firmato a Parigi il 20  marzo  1952,  ratificati  e
resi esecutivi con legge 4 agosto 1955,  n.  848  -  dalla  Corte  di
cassazione, sezione lavoro, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA