N. 167 ORDINANZA 7 giugno - 12 luglio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale (regime cautelare per l'imputato  genitore  di  prole
  minorenne) - Ordinamento penitenziario (trasferimento dell'imputato
  e relative cause di legittimazione). 
- Codice di procedura penale, artt. 275, commi 4 e 4-bis, 276,  comma
  1-ter, e 299, comma 4-ter; legge 26  luglio  1975,  n.  354  (Norme
  sull'ordinamento penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle  misure
  privative e limitative della liberta'), art. 42, commi 1 e 2. 
-   
(GU n.29 del 19-7-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  275,
commi 4 e 4-bis, 276, comma 1-ter, e 299, comma 4-ter, del codice  di
procedura penale, nonche' dell'art. 42, commi 1 e 2, della  legge  26
luglio 1975, n. 354 (Norme  sull'ordinamento  penitenziario  e  sulla
esecuzione delle  misure  privative  e  limitative  della  liberta'),
promosso dal  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale
ordinario di Lecce, nel procedimento a carico di M. M., con ordinanza
del 21 settembre 2016, iscritta al n. 270 del registro ordinanze 2016
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  3,  prima
serie speciale, dell'anno 2017. 
    Udito nella camera di consiglio del  7  giugno  2017  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 21 settembre 2016  (r.o.  n.  270
del 2016), il Giudice per le indagini preliminari  del  Tribunale  di
Lecce ha sollevato, in riferimento all'art. 117  della  Costituzione,
in relazione agli artt. 3, commi 1  e  2,  4  e  6,  comma  2,  della
Convenzione sui diritti  del  fanciullo,  fatta  a  New  York  il  20
novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio  1991,
n. 176, questioni di legittimita'  costituzionale  degli  artt.  275,
commi 4 e 4-bis, 276, comma 1-ter, e 299, comma 4-ter, del codice  di
procedura penale, nonche' dell'art. 42, commi 1 e 2, della  legge  26
luglio 1975, n. 354 (Norme  sull'ordinamento  penitenziario  e  sulla
esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'); 
    che l'art. 275, comma 4, cod. proc. pen. e' censurato  anche  per
violazione dell'art. 3 Cost.; 
    che il giudice a quo riferisce di essere chiamato a  decidere  su
un'istanza di concessione degli arresti  domiciliari  presentata,  ai
sensi dell'art. 275, comma 4, cod. proc. pen., dal  difensore  di  M.
M., gia' condannato dal medesimo giudice, in  data  23  giugno  2016,
all'esito di giudizio abbreviato, alla pena di  quattordici  anni  di
reclusione per i reati «relativi alla  direzione  di  un'associazione
finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, e reati fine»; 
    che l'istanza e' presentata sul presupposto che la convivente  di
M. M. non sia in grado di prendersi cura dei loro figli, a causa  dei
suoi impegni di lavoro; 
    che e' altresi' rappresentato come, essendo M. M. detenuto presso
la casa  circondariale  di  Melfi,  le  possibilita'  di  colloqui  e
contatti tra costui e i suoi  congiunti  risulterebbero  compromessi,
dal momento che la compagna non avrebbe la disponibilita' di un mezzo
di trasporto, ne'  mezzi  economici  sufficienti  per  affrontare  la
trasferta, sua e dei figli, a Melfi; 
    che,    a    sostegno    dell'istanza,    e'     allegata     una
«relazione/certificazione medica» da cui risulta  che  la  condizione
psicologica  della  figlia  di  anni  quattro,  sarebbe   compromessa
dall'impossibilita' di  vedere  il  padre  detenuto,  aggiungendo  il
giudice a quo che, peraltro, tale condizione aveva gia'  giustificato
l'ampliamento del numero dei colloqui mensili tra l'imputato e i suoi
congiunti; 
    che il rimettente, dopo  aver  escluso  di  poter  concedere  gli
arresti domiciliari ai sensi dell'art. 275, comma 4, cod. proc. pen.,
in quanto la  condizione  in  cui  versa  la  madre  non  integra  il
presupposto,   richiesto   da   tale   disposizione,    dell'assoluta
impossibilita' di prendersi  cura  della  prole,  evidenzia  come  la
detenzione di M. M., per di piu' in un carcere lontano dal  luogo  di
residenza della famiglia, ponga seri ostacoli al mantenimento di  una
relazione tra il detenuto e i congiunti, in particolare con la figlia
piu' piccola; 
    che il giudice a quo, assumendo che lo stato di salute del figlio
minore che subisca  un  pregiudizio  a  causa  della  detenzione  del
genitore non trovi tutela nel codice di procedura penale, ritiene che
tale lacuna si ponga in contrasto con l'art. 3 della Convenzione  sui
diritti del  fanciullo,  che  imporrebbe  agli  Stati  di  assicurare
effettivita'  e  concretezza  alla  protezione  degli  interessi  del
fanciullo, e con il successivo art. 4 della medesima Convenzione, con
cui gli Stati contraenti  si  sarebbero  assunti  l'impegno  di  dare
concreta attuazione a quel dovere; 
    che il rimettente osserva, anzitutto, come l'interesse del minore
debba essere tenuto  in  conto  anche  quando  la  decisione  di  una
pubblica autorita' viene assunta non nei confronti del minore stesso,
bensi' di un soggetto terzo,  riportando,  sul  punto,  ampi  stralci
della sentenza della Corte costituzionale n. 7 del 2013; 
    che l'interesse del minore sarebbe, invece,  pregiudicato  da  un
«sistema processuale» che non assegna  al  giudice  alcun  potere  di
valutare l'opportunita' di sottoporre l'imputato  alla  misura  degli
arresti domiciliari, bilanciando gli interessi  alla  cui  tutela  e'
finalizzata  la  misura  della  custodia  cautelare  in  carcere  con
l'interesse del fanciullo a mantenere il rapporto  con  il  genitore,
affinche' l'assenza di quest'ultimo non pregiudichi la  salute  e  lo
sviluppo del primo; 
    che, in secondo luogo, il rimettente osserva che, se e' pur  vero
che l'art. 9, comma 4,  della  citata  Convenzione  sui  diritti  del
fanciullo, contempla il caso della separazione del  minore  dai  suoi
genitori per effetto della detenzione di  questi  ultimi,  l'art.  6,
comma  2,  della  medesima  Convenzione  stabilisce  che  gli   Stati
«assicurano in tutta la misura del possibile la  sopravvivenza  e  lo
sviluppo  del  fanciullo»,  con  cio'  obbligando  a  rimuovere   gli
impedimenti allo sviluppo del minore; 
    che, secondo il giudice a quo, non potrebbero  opporsi  «problemi
di ordine pratico», quali il rischio della agevole sottrazione  degli
adulti  con  prole  alla  misura  cautelare  carceraria   e   financo
all'esecuzione della pena,  in  quanto  allo  stesso  giudice  penale
potrebbe essere  consentito  di  ricorrere  all'opera  di  un  perito
d'ufficio al fine di verificare se ed in quale misura il minore  stia
subendo un danno e, sulla base  di  tale  valutazione,  operare  egli
stesso il bilanciamento tra le ricordate e contrapposte esigenze; 
    che, infine, il rimettente osserva che il disagio della figlia di
M. M. sorgerebbe in quanto seri ostacoli al diritto  di  visita  sono
causati dalla detenzione di quest'ultimo in un istituto penitenziario
situato a circa 300 chilometri di distanza  dal  luogo  di  residenza
della famiglia; 
    che il giudice a quo  osserva,  tuttavia,  di  non  avere  alcuna
competenza in ordine al  trasferimento  del  detenuto,  potendo  egli
disporlo, o negarlo, solo per  motivi  di  giustizia,  ossia  per  il
compimento di atti del processo, ai  sensi  dell'art.  42,  comma  1,
della legge n. 354 del 1975 e dell'art. 85 del d.P.R. 30 giugno 2000,
n. 230 (Regolamento recante norme  sull'ordinamento  penitenziario  e
sulle misure privative e limitative della liberta'); 
    che,  alla  luce  di  quanto  osservato,  ritenendo  di  trovarsi
«nell'impossibilita'  -  a  normativa  vigente  -  di   adottare   un
provvedimento che consenta di  bilanciare  e  conciliare  le  ragioni
cautelari sottese alla custodia del M., con le esigenze di tutela dei
suoi figli minori»,  il  giudice  a  quo  rileva  «un  contrasto  tra
l'ordinamento giuridico interno  e  la  norma  costituzionale»  sotto
plurimi profili; 
    che  il  rimettente  solleva,  quindi,  anzitutto,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 275,  commi  4  e  4-bis,  cod.
proc. pen., per violazione dell'art. 117  Cost.,  in  relazione  agli
artt. 3, commi 1 e 2, 4 e 6, comma 2, della Convenzione  sui  diritti
del fanciullo, nella parte  in  cui  non  prevede  il  divieto  della
custodia  cautelare  in  carcere  dell'imputato  genitore  di   prole
minorenne, quando dallo stato di detenzione, anche  in  relazione  al
luogo di  esecuzione  ed  alle  difficolta'  che  cio'  comporta  sul
mantenimento delle relazioni familiari, possa derivare  un  rilevante
pregiudizio alla salute, all'incolumita' o  all'equilibrato  sviluppo
del minore; 
    che l'art. 275, comma 4, cod. proc. pen. e' censurato  anche  per
violazione dell'art. 3 Cost., in quanto prevederebbe un'irragionevole
disparita'  di  trattamento  tra  situazioni  asseritamente   uguali,
vietando  l'applicazione  della  misura  cautelare  in  carcere   nei
confronti del padre di minore di anni sei in caso di impossibilita' a
prestare dette cure da parte dell'altro genitore,  e  non  anche  nel
caso in cui la salute del minore e il suo equilibrato sviluppo  siano
direttamente pregiudicate dalla custodia  cautelare  in  carcere  del
genitore o dalle modalita' di esecuzione della custodia carceraria in
luogo non vicino a quello di residenza della sua famiglia; 
    che,  in  subordine  rispetto  alle   precedenti   questioni   di
legittimita' costituzionale, il rimettente censura l'art. 299,  comma
4-ter, cod. proc. pen. - ancora per violazione dell'art.  117  Cost.,
in relazione agli artt. 3, commi 1 e 2, 4 e 6, comma 2, della  citata
Convenzione sui diritti del fanciullo - in quanto tale  disposizione,
che  disciplina  gli  accertamenti  che  il  giudice  puo'   disporre
sull'imputato, non prevede che il giudice possa ordinare una  perizia
anche in ordine agli effetti  della  detenzione  del  genitore  sulla
salute e sull'incolumita' del figlio minore  e  sul  suo  equilibrato
sviluppo; 
    che il giudice a quo solleva, inoltre, «in subordine»,  questione
di legittimita' costituzionale, ancora per violazione  dell'art.  117
Cost., in relazione agli artt. 3, commi 1 e 2, 4 e 6, comma 2,  della
Convenzione sui diritti del fanciullo, dell'art. 42, comma  1,  della
legge n. 354 del 1975,  nella  parte  in  cui  non  include,  tra  le
esigenze di giustizia  che  legittimano  il  potere  di  disporre  il
trasferimento dell'imputato,  quelle  relative  alla  risoluzione  di
rilevanti problemi alla  salute,  all'incolumita'  o  all'equilibrato
sviluppo del figlio minorenne dell'imputato detenuto, derivanti dalla
sua detenzione in luogo non vicino a quello di  residenza  della  sua
famiglia, nonche' dell'art. 42, comma 2, della medesima legge,  nella
parte in cui consente il trasferimento  dell'imputato  in  luoghi  di
detenzione non prossimi a quelli di residenza della  famiglia,  anche
in presenza di figli minori; 
    che, ad avviso  del  rimettente,  la  rilevanza  delle  questioni
prospettate sarebbe manifesta, in quanto, in assenza di una pronuncia
di accoglimento della Corte costituzionale, egli sarebbe obbligato  a
rigettare l'istanza presentata dal difensore di M. M., in ragione del
grado delle esigenze cautelari e  al  titolo  di  reato  per  cui  il
detenuto si trova soggetto alla misura della  custodia  cautelare  in
carcere, tanto piu' che quest'ultimo risulta  aver  gia'  violato  la
misura degli  arresti  domiciliari  precedentemente  concessa  e  che
proprio per tale ragione egli si trova ora ristretto in carcere; 
    che cio' comporta - ad avviso del giudice a quo - il promovimento
di un'ulteriore questione di legittimita' costituzionale,  avente  ad
oggetto  l'art.  276,  comma  1-ter,  cod.  proc.  pen.,  ancora  per
violazione dell'art. 117 Cost., in relazione agli artt. 3, commi 1  e
2, 4 e 6, comma 2, della Convenzione sui diritti  del  fanciullo,  in
quanto la disposizione censurata impone la revoca della misura  degli
arresti domiciliari e impedisce che tale ultima misura  possa  essere
nuovamente concessa, anche nel caso in cui essa sia stata violata  da
un  soggetto  la  cui  prole  sarebbe  danneggiata  dalla  detenzione
carceraria del genitore; 
    che il Presidente del Consiglio di ministri non e' intervenuto in
giudizio. 
    Considerato che  il  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del
Tribunale ordinario di Lecce ha sollevato,  in  riferimento  all'art.
117 della Costituzione, in relazione agli artt. 3, commi 1 e 2,  4  e
6, comma 2, della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a  New
York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva  con  legge  27
maggio 1991, n. 176, questioni di legittimita'  costituzionale  degli
artt. 275, commi 4 e 4-bis, 276, comma 1-ter, e 299, comma 4-ter, del
codice di procedura penale, nonche' dell'art. 42, commi 1 e 2,  della
legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario  e
sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'); 
    che l'art. 275, comma 4, cod. proc. pen. e' censurato  anche  per
violazione dell'art. 3 Cost.; 
    che il rimettente riferisce di  essere  chiamato  a  decidere  su
un'istanza di concessione degli arresti  domiciliari  presentata,  ai
sensi dell'art. 275, comma 4, cod. proc. pen., dal  difensore  di  M.
M., gia' condannato dal medesimo giudice, in  data  23  giugno  2016,
all'esito di giudizio abbreviato, alla pena di  quattordici  anni  di
reclusione per i reati «relativi alla  direzione  di  un'associazione
finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, e reati fine»; 
    che l'istanza e' presentata sul presupposto che la convivente  di
M. M. non sia in grado di prendersi cura dei loro figli, a causa  dei
suoi impegni di lavoro; 
    che il rimettente, al fine di poter valutare le conseguenze della
detenzione del genitore sullo stato di salute  della  figlia  minore,
solleva plurime questioni di legittimita' costituzionale; 
    che, in primo luogo, egli censura l'art. 275, commi  4  e  4-bis,
cod. proc. pen., per violazione dell'art.  117  Cost.,  in  relazione
agli artt. 3, commi 1 e 2, 4 e 6,  comma  2,  della  Convenzione  sui
diritti del fanciullo, nella parte in  cui  non  prevede  il  divieto
della custodia cautelare in carcere dell'imputato che sia genitore di
prole minorenne, quando dal suo stato  di  detenzione,  in  relazione
anche al luogo di esecuzione ed alle difficolta'  che  cio'  comporta
all'esercizio  del  diritto  di  visita  ed  al  mantenimento   delle
relazioni familiari,  possa  derivare  un  rilevante  nocumento  alla
salute, all'incolumita' o all'equilibrato sviluppo del minore; 
    che il rimettente censura il solo  comma  4  dell'art.  275  cod.
proc.  pen.  anche  per  violazione  dell'art.  3  Cost.,  in  quanto
prevederebbe   un'irragionevole   disparita'   di   trattamento   tra
situazioni asseritamente uguali, vietando l'applicazione della misura
cautelare in carcere nei confronti del padre di minore di anni sei in
caso di impossibilita' a prestare dette cure da parte della madre,  e
non anche nel caso in cui la salute del minore e il  suo  equilibrato
sviluppo siano direttamente pregiudicate dalla custodia cautelare  in
carcere del genitore o dalle modalita' di esecuzione  della  custodia
carceraria in luogo non  vicino  a  quello  di  residenza  della  sua
famiglia; 
    che, in subordine rispetto a tali questioni,  il  giudice  a  quo
promuove questione di  legittimita'  costituzionale  anche  dell'art.
299, comma 4-ter, cod. proc. pen., sempre  per  violazione  dell'art.
117 Cost., in relazione agli artt. 3, commi 1 e 2, 4 e  6,  comma  2,
della Convenzione sui diritti del fanciullo, nella parte in cui  tale
disposizione, che disciplina gli accertamenti  che  il  giudice  puo'
disporre sull'imputato, non prevede che  il  giudice  possa  disporre
accertamenti peritali anche sul  minore,  al  fine  di  valutare  gli
effetti che la  detenzione  del  genitore  puo'  produrre  sulla  sua
salute, sulla sua incolumita' e sul suo equilibrato sviluppo; 
    che, in ulteriore subordine, il rimettente chiede a questa  Corte
di dichiarare l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  276,  comma
1-ter, cod. proc. pen., sempre per violazione dell'art. 117 Cost., in
relazione agli artt.  3,  commi  1  e  2,  4  e  6,  comma  2,  della
Convenzione sui diritti del fanciullo, in  quanto  tale  disposizione
impone la revoca della misura degli arresti domiciliari e impedisce -
come nel caso al suo esame - che  tale  ultima  misura  possa  essere
nuovamente concessa, anche nell'ipotesi in cui essa sia stata violata
da un soggetto la cui  prole  sarebbe  danneggiata  dalla  detenzione
carceraria del genitore; 
    che,  inoltre,  il  rimettente,  «in  subordine»,  solleva  anche
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 1, della
legge n. 354 del 1975, per asserita violazione dell'art.  117  Cost.,
in relazione agli artt. 3, commi 1  e  2,  4  e  6,  comma  2,  della
Convenzione sui diritti del fanciullo, in  quanto  tale  disposizione
non include, tra le esigenze di giustizia che legittimano  il  potere
di disporre il  trasferimento  dell'imputato,  quelle  relative  alla
risoluzione di rilevanti  problemi  alla  salute,  all'incolumita'  o
all'equilibrato sviluppo del figlio minorenne dell'imputato detenuto,
derivanti dalla sua detenzione  in  luogo  non  vicino  a  quello  di
residenza della sua famiglia; 
    che, per asserita violazione dei medesimi parametri, il giudice a
quo censura anche il comma 2 dell'art. 42  della  legge  n.  354  del
1975, in  quanto  consentirebbe  il  trasferimento  dell'imputato  in
luoghi di  detenzione  non  prossimi  a  quelli  di  residenza  della
famiglia, allorche' vi sia presenza di figli minori; 
    che, a prescindere dai profili problematici relativi  a  ciascuna
questione di legittimita' costituzionale, singolarmente  considerata,
le  censure  risultano   tutte   manifestamente   inammissibili   per
l'assorbente ragione che il giudice a quo non delimita  correttamente
il thema decidendum sottoposto a questa Corte; 
    che, infatti, il rimettente individua due  distinti  rimedi  alla
condizione di disagio  della  figlia  minore  del  soggetto  detenuto
(dalla  quale  deriverebbe  la  lesione   degli   evocati   parametri
costituzionali): da un lato, la concessione al  padre  degli  arresti
domiciliari, perseguita attraverso la rimessione di plurime questioni
di legittimita' costituzionale relative a disposizioni del codice  di
procedura penale;  dall'altro,  il  trasferimento  del  padre  in  un
carcere  vicino  al  nucleo  familiare,  da  ottenere  attraverso  la
dichiarazione   di    illegittimita'    costituzionale    di    norme
dell'ordinamento penitenziario; 
    che la irrisolta scelta tra i due diversi rimedi  e'  percepibile
gia' nella formulazione delle questioni relative all'art. 275,  commi
4 e 4-bis, cod.  proc.  pen.,  dei  quali  il  rimettente  chiede  la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale nelle parti in cui non
prevedono  il   divieto   della   custodia   cautelare   in   carcere
dell'imputato genitore di prole minorenne, quando dal  suo  stato  di
detenzione, «in relazione anche al luogo di [...]  esecuzione»,  «non
vicino a quello di residenza della sua famiglia», possa  derivare  un
rilevante  nocumento  alla  salute  e  all'equilibrato  sviluppo  del
fanciullo; 
    che, infatti, il luogo di esecuzione della detenzione  carceraria
e' aspetto disciplinato dalle norme di ordinamento  penitenziario,  e
non da quelle del codice di procedura penale; 
    che il rimettente solleva, dunque, due  gruppi  di  questioni  di
legittimita'  costituzionale  relativi  a  disposizioni   del   tutto
diverse, in vista dell'ottenimento di risultati eterogenei; 
    che, inoltre, tali due gruppi risultano non gia' in  rapporto  di
subordinazione  logica,  ma   affiancati   in   una   condizione   di
alternativita' non risolta (ordinanza n. 4 del  2016,  ma  anche,  ex
plurimis, sentenze n. 22 del 2016 e n. 248 del 2014; ordinanze n.  46
e n. 18 del 2016, n. 207 e n. 41 del 2015); 
    che, infatti, mentre tra le varie  questioni  sollevate,  in  via
gradata,  sulle  disposizioni  del  codice  di  procedura  penale  e'
predicabile un rapporto di subordinazione logica, tale  rapporto  non
sussiste  tra  queste  ultime  e  quelle  riferite  alle   norme   di
ordinamento penitenziario; 
    che, in definitiva, il giudice a quo, non  delimitando  il  thema
decidendum sottoposto a questa Corte, attribuisce  impropriamente  ad
essa  la   scelta   dell'oggetto   del   giudizio   di   legittimita'
costituzionale. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale degli artt. 275, commi 4  e  4-bis,  276,
comma 1-ter, e 299, comma 4-ter,  del  codice  di  procedura  penale,
nonche' dell'art. 42, commi 1 e 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354
(Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure
privative e limitative della  liberta'),  sollevate,  in  riferimento
agli artt. 3 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli
artt. 3, commi 1 e 2, 4 e 6, comma 2, della Convenzione  sui  diritti
del fanciullo, fatta a New York il 20  novembre  1989,  ratificata  e
resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, dal Giudice  per  le
indagini  preliminari  del  Tribunale   ordinario   di   Lecce,   con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA