N. 170 SENTENZA 23 maggio - 12 luglio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Misure per la valorizzazione delle risorse  energetiche  nazionali  -
  Disciplina delle attivita' di prospezione, ricerca  e  coltivazione
  di  idrocarburi  e  di  stoccaggio  sotterraneo  di  gas   naturale
  (adozione del piano ministeriale delle aree per le attivita'  sulla
  terraferma; valutazione di impatto ambientale;  titolo  concessorio
  unico; progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti). 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133  (Misure  urgenti  per
  l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la
  digitalizzazione  del  Paese,   la   semplificazione   burocratica,
  l'emergenza del dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
  attivita' produttive), convertito, con modificazioni,  dalla  legge
  11 novembre 2014, n. 164; intero art. 38  del  citato  d.l.  e  dei
  commi 1, 1-bis, 2, 3, 4, 5, 6, 6-bis, 6-ter, 7, 8 e 10 del medesimo
  art. 38. 
-   
(GU n.29 del 19-7-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale del  decreto-legge  12
settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura  dei  cantieri,
la realizzazione  delle  opere  pubbliche,  la  digitalizzazione  del
Paese,  la  semplificazione  burocratica,  l'emergenza  del  dissesto
idrogeologico  e  per  la  ripresa   delle   attivita'   produttive),
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n.  164,
dell'intero art. 38 del citato d.l. e dei commi 1, 1-bis, 2, 3, 4, 5,
6, 6-bis, 6-ter, 7, 8 e 10  del  medesimo  art.  38,  promossi  dalle
Regioni  Abruzzo,  Marche,  Puglia,  Lombardia,  Veneto,  Campania  e
Calabria con ricorsi notificati il 30 dicembre 2014, il 9-14  gennaio
2018 (tre ricorsi), il 9 gennaio 2015, il 12 gennaio  2015  e  il  13
gennaio 2015, depositati in cancelleria il 7, il 15 (tre ricorsi), il
16, il 21 (due ricorsi) gennaio 2015, ed iscritti ai nn. 2, 4, 5,  6,
10, 13 e 14 del registro ricorsi 2015;  nonche'  dell'art.  1,  comma
554, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
di stabilita' 2015), promossi dalle Regioni Campania, Abruzzo, Marche
e  Puglia,  con  ricorsi  notificati  il  27  febbraio-4  marzo  (due
ricorsi), il 25 febbraio e il 27 febbraio-5 marzo 2015, depositati in
cancelleria il 4, il 5 ed il 6 marzo (due ricorsi) 2015  ed  iscritti
ai nn. 32, 35, 39 e 40 del registro ricorsi 2015. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri, nonche' gli atti di intervento  dell'Associazione  italiana
per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) Onlus  Ong  e  quello,
fuori termine, dell'Associazione "Amici  del  Parco  Archeologico  di
Pantelleria"; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  23  maggio  2017  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi gli  avvocati  Francesca  Lalli  per  la  Regione  Abruzzo,
Francesco Saverio Marini per le Regioni  Marche  e  Puglia,  Giovanni
Guzzetta per la Regione  Lombardia,  Ezio  Zanon,  Luca  Antonini  ed
Andrea Manzi per la  Regione  Veneto,  Alba  Di  Lascio  e  Beniamino
Caravita di Toritto per la Regione Campania, Graziano Pungi'  per  la
Regione Calabria e  l'avvocato  dello  Stato  Andrea  Fedeli  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 7 gennaio 2015 (reg. ric. n. 2  del
2015) la Regione Abruzzo ha promosso,  tra  le  altre,  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  38  del   decreto-legge   12
settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura  dei  cantieri,
la realizzazione  delle  opere  pubbliche,  la  digitalizzazione  del
Paese,  la  semplificazione  burocratica,  l'emergenza  del  dissesto
idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle  attivita'  produttive)   -
convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n.  164  -
nonche', specificamente, dei commi 1, 1-bis, 4, 5, 6,  6-bis,  6-ter,
7, 8 e 10 del medesimo articolo, in riferimento agli artt.  77,  117,
primo e terzo comma, 118,  primo  comma,  della  Costituzione  ed  al
principio  di  leale  collaborazione,  nonche'  in   relazione   alla
direttiva 30 maggio  1994,  n.  94/22/CE  (Direttiva  del  Parlamento
europeo e del Consiglio relativa alle condizioni  di  rilascio  e  di
esercizio  delle   autorizzazioni   alla   prospezione,   ricerca   e
coltivazione di idrocarburi), recepita  con  decreto  legislativo  25
novembre 1996, n. 625 (Attuazione della direttiva 94/22/CEE  relativa
alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni  alla
prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi). 
    Anzitutto, la ricorrente censura l'art. 38 del d.l.  n.  133  del
2014 in quanto contenuto in un atto normativo adottato in difetto dei
requisiti di straordinaria necessita' ed urgenza. 
    Inoltre, sulla premessa che la disposizione sarebbe riconducibile
alla  materia  «produzione,  trasporto  e   distribuzione   nazionale
dell'energia»  in  cui   la   Regione   ha   competenza   legislativa
concorrente, la ricorrente censura l'art. 38, comma 1,  del  d.l.  n.
133 del 2014, secondo il quale «Al fine  di  valorizzare  le  risorse
energetiche   nazionali    e    garantire    la    sicurezza    degli
approvvigionamenti del Paese, le attivita' di prospezione, ricerca  e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas
naturale rivestono  carattere  di  interesse  strategico  e  sono  di
pubblica  utilita',  urgenti  e  indifferibili.  I  relativi   titoli
abilitativi  comprendono  pertanto  la  dichiarazione   di   pubblica
utilita', indifferibilita' ed urgenza dell'opera e l'apposizione  del
vincolo preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi [...]». 
    Secondo la Regione, la qualificazione delle citate attivita' come
«di interesse strategico e [...]  di  pubblica  utilita',  urgenti  e
indifferibili» sarebbe generica e  priva  di  motivazione  idonea  ad
attribuire tale status a priori  ed  in  via  generale  ed  astratta.
Inoltre,  la  strategicita'  non  corrisponderebbe  al  requisito  di
proporzionalita'   richiesto   per   la   cosiddetta   chiamata    in
sussidiarieta' che la norma intenderebbe realizzare e  determinerebbe
l'applicazione, alle attivita' in considerazione,  di  una  procedura
semplificata ed accelerata di valutazione di impatto ambientale (VIA)
che inibirebbe l'intervento della Regione nell'iter autorizzativo, in
violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. 
    La ricorrente censura altresi' il comma 1-bis  -  nella  versione
anteriore alla sostituzione operata dall'art.  1,  comma  554,  della
legge  23  dicembre  2014,  n.  190,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2015)» - del citato art.  38,  secondo  cui  «Il  Ministro
dello sviluppo economico, con proprio decreto,  sentito  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, predispone un
piano delle aree in cui sono consentite le attivita' di cui al  comma
1». 
    La  norma,  incidendo  in   materie   di   competenza   regionale
concorrente  (produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia;  governo  del  territorio  e  tutela   della   salute),
richiederebbe il coinvolgimento della Regione nell'adozione del piano
attraverso la previsione di un'intesa in senso  forte  in  seno  alla
Conferenza unificata. La mancanza di simile previsione determinerebbe
la violazione degli artt. 117,  terzo  comma,  e  118,  primo  comma,
Cost., nonche' del principio di leale collaborazione. 
    La ricorrente impugna inoltre il successivo comma 4 del  medesimo
articolo, il quale dispone che «Per i procedimenti di valutazione  di
impatto ambientale in corso presso le regioni alla data di entrata in
vigore del presente decreto, relativi  alla  prospezione,  ricerca  e
coltivazione di idrocarburi, la regione  presso  la  quale  e'  stato
avviato il procedimento conclude lo stesso entro il  31  marzo  2015.
Decorso inutilmente tale termine, la regione  trasmette  la  relativa
documentazione  al  Ministero  dell'ambiente  e  della   tutela   del
territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza, dandone
notizia al Ministero dello sviluppo economico. [...]». 
    La norma determinerebbe un'avocazione allo Stato di  funzioni  di
attuale titolarita' regionale, in riferimento a procedimenti gia'  in
corso,  correlata  al  mero  decorso  del  tempo  ed  in  assenza  di
coinvolgimento della regione, in violazione degli  artt.  117,  terzo
comma, e 118, primo comma, Cost. 
    La Regione censura altresi' il successivo comma  5,  secondo  cui
«Le attivita' di ricerca e  coltivazione  di  idrocarburi  liquidi  e
gassosi di cui alla legge 9 gennaio 1991, n. 9, sono svolte a seguito
del rilascio di un titolo concessorio unico [...]». 
    La disposizione contrasterebbe con l'art. 117, primo comma, Cost.
in relazione alla direttiva 94/22/CE - recepita dal d.lgs. n. 625 del
1996 - in base alla quale  i  titoli  abilitativi  dovrebbero  essere
necessariamente due - il permesso di  ricerca  e  la  concessione  di
coltivazione - anche per ragioni di tutela del diritto di proprieta'. 
    La ricorrente impugna anche il comma 6, secondo  cui  «Il  titolo
concessorio unico di cui al comma 5 e' accordato: a) a seguito di  un
procedimento unico svolto nel termine di centottanta  giorni  tramite
apposita conferenza di servizi, nel cui ambito  e'  svolta  anche  la
valutazione ambientale  preliminare  del  programma  complessivo  dei
lavori espressa, entro sessanta giorni, con parere della  Commissione
tecnica di verifica dell'impatto  ambientale  VIA/VAS  del  Ministero
dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare;  b)  con
decreto del Ministro dello sviluppo economico, previa intesa  con  la
regione  o  la  provincia   autonoma   di   Trento   o   di   Bolzano
territorialmente  interessata,  per  le  attivita'  da  svolgere   in
terraferma, sentite la Commissione per gli idrocarburi e  le  risorse
minerarie e le Sezioni territoriali dell'Ufficio nazionale  minerario
idrocarburi e georisorse; c) a soggetti che dispongono  di  capacita'
tecnica, economica ed organizzativa ed offrono garanzie adeguate alla
esecuzione e  realizzazione  dei  programmi  presentati  e  con  sede
sociale in Italia o in altri Stati membri dell'Unione  europea  e,  a
condizioni di reciprocita', a soggetti di altri  Paesi.  Il  rilascio
del titolo concessorio unico ai medesimi soggetti e' subordinato alla
presentazione  di  idonee  fideiussioni   bancarie   o   assicurative
commisurate al valore delle opere di recupero  ambientale  previste»;
il comma 6-bis, secondo cui «I progetti  di  opere  e  di  interventi
relativi alle attivita' di ricerca e di coltivazione  di  idrocarburi
liquidi e gassosi relativi a un titolo concessorio unico  di  cui  al
comma 5 sono sottoposti  a  valutazione  di  impatto  ambientale  nel
rispetto della  normativa  dell'Unione  europea.  La  valutazione  di
impatto ambientale e' effettuata secondo le modalita' e le competenze
previste dalla parte seconda del decreto legislativo 3  aprile  2006,
n. 152, e successive modificazioni»; il comma 6-ter, secondo cui  «Il
rilascio di nuove autorizzazioni per la ricerca e per la coltivazione
di idrocarburi e' vincolato a una verifica sull'esistenza di tutte le
garanzie economiche da parte della societa' richiedente, per  coprire
i costi di un eventuale incidente durante le attivita', commisurati a
quelli  derivanti  dal  piu'  grave  incidente  nei  diversi  scenari
ipotizzati in fase di studio ed analisi dei rischi»; e il comma 7,  a
mente del quale «Con disciplinare  tipo,  adottato  con  decreto  del
Ministero   dello   sviluppo   economico,   sono   stabilite,   entro
centoottanta giorni dall'entrata in vigore del presente  decreto,  le
modalita' di conferimento del titolo  concessorio  unico  di  cui  al
comma 5, nonche' le modalita' di esercizio delle  relative  attivita'
ai sensi del presente articolo». 
    Tali norme, nel disciplinare il procedimento per il rilascio  del
titolo concessorio unico, estrometterebbero da quello  relativo  alle
attivita' in mare (cosiddette offshore), oltre agli enti  locali,  le
Regioni, considerate alla stregua di tutte le  altre  amministrazioni
che concorrono al processo  decisionale.  Cio'  in  violazione  degli
artt.  117,  terzo  comma,  e  118,  primo  comma,  Cost.,   che   ne
imporrebbero il coinvolgimento attraverso intese forti,  in  ossequio
al principio di leale  collaborazione,  che  non  sarebbero  previste
nemmeno in sede di conferenza  di  servizi  e  la  cui  mancanza  non
risulterebbe   foriera   di   conseguenza   giuridica   alcuna.    Le
disposizioni, inoltre, determinerebbero un  impiego  improprio  delle
valutazioni ambientali. 
    La ricorrente impugna anche  il  successivo  comma  8,  il  quale
dispone che «I commi 5, 6  e  6-bis  si  applicano,  su  istanza  del
titolare o del richiedente, da presentare entro novanta giorni  dalla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto, anche ai titoli  rilasciati  successivamente  alla  data  di
entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e ai
procedimenti in corso. Il comma 4 si applica fatta  salva  l'opzione,
da  parte  dell'istante,  di  proseguimento   del   procedimento   di
valutazione di impatto ambientale presso la  regione,  da  esercitare
entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore  della  legge  di
conversione del presente decreto». La  disposizione,  richiamando  il
precedente comma 4, viene impugnata rinviando alle censure  formulate
con riferimento ad esso. 
    Infine, la Regione impugna l'art. 38, comma 10, del d.l.  n.  133
del 2014 - il quale dispone che «All'articolo 8 del decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  6
agosto 2008, n. 133, dopo  il  comma  1  sono  inseriti  i  seguenti:
"1-bis. Al fine di tutelare le risorse nazionali  di  idrocarburi  in
mare  localizzate  nel  mare  continentale  e  in  ambiti  posti   in
prossimita'  delle  aree  di  altri  Paesi  rivieraschi  oggetto   di
attivita' di ricerca e coltivazione di idrocarburi, per assicurare il
relativo gettito fiscale allo  Stato  e  al  fine  di  valorizzare  e
provare  in  campo  l'utilizzo  delle   migliori   tecnologie   nello
svolgimento dell'attivita' mineraria,  il  Ministero  dello  sviluppo
economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della  tutela
del territorio e del  mare,  sentite  le  Regioni  interessate,  puo'
autorizzare, previo espletamento della procedura  di  valutazione  di
impatto ambientale che dimostri l'assenza di  effetti  di  subsidenza
dell'attivita' sulla costa, sull'equilibrio dell'ecosistema  e  sugli
insediamenti antropici, per un periodo non superiore a  cinque  anni,
progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti. I progetti  sono
corredati  sia  da  un'analisi   tecnico-scientifica   che   dimostri
l'assenza  di  effetti  di  subsidenza  dell'attivita'  sulla  costa,
sull'equilibrio dell'ecosistema e sugli insediamenti antropici e  sia
dai relativi progetti  e  programmi  dettagliati  di  monitoraggio  e
verifica, da condurre sotto il controllo del Ministero dello sviluppo
economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare.  Ove  nel  corso  delle  attivita'  di  verifica  vengano
accertati   fenomeni   di   subsidenza   sulla   costa    determinati
dall'attivita',   il   programma   dei   lavori   e'   interrotto   e
l'autorizzazione alla sperimentazione decade. Qualora al termine  del
periodo  di  validita'  dell'autorizzazione   venga   accertato   che
l'attivita'  e'  stata   condotta   senza   effetti   di   subsidenza
dell'attivita' sulla costa, nonche' sull'equilibrio dell'ecosistema e
sugli insediamenti antropici,  il  periodo  di  sperimentazione  puo'
essere prorogato per ulteriori cinque anni,  applicando  le  medesime
procedure di controllo. 1-ter. Nel caso di attivita' di cui al  comma
1-bis, ai territori costieri si applica quanto previsto dall'articolo
1, comma 5, della legge n. 239 del 2004 e  successive  modificazioni.
1-quater. All'articolo 1, comma 5, della legge  23  agosto  2004,  n.
239, e successive modificazioni, dopo le parole:  'Le  regioni'  sono
inserite le seguenti: ', gli  enti  pubblici  territoriali'."»  -  in
quanto, in relazione a determinate risorse nazionali di  idrocarburi,
consentirebbe al Ministero dello sviluppo  economico  di  autorizzare
progetti sperimentali di coltivazione senza prevedere un'intesa forte
con  le  regioni,  pur  vertendosi   in   materia   di   legislazione
concorrente. 
    2.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'infondatezza del ricorso. 
    Anzitutto il Presidente del Consiglio dei ministri nega che nella
fattispecie il decreto-legge che  contiene  le  norme  impugnate  sia
stato adottato in violazione  dell'art.  77,  secondo  comma,  Cost.,
vertendosi in un caso straordinario di necessita' ed d'urgenza. 
    Quanto alle singole censure, in merito all'art. 38, comma 1,  del
d.l.  n.  133  del  2014  evidenzia   come   la   motivazione   della
qualificazione ivi operata delle attivita' di prospezione, ricerca  e
coltivazione  degli  idrocarburi  nonche'  di  quelle  di  stoccaggio
sotterraneo  di  gas  naturale  sia  contenuta   nell'incipit   della
disposizione  -  «Al  fine  di  valorizzare  le  risorse  energetiche
nazionali e  garantire  la  sicurezza  degli  approvvigionamenti  del
Paese» - e  corroborata  dalla  relazione  al  disegno  di  legge  di
conversione del decreto. Sarebbe inoltre la natura  strategica  delle
attivita'  in   considerazione   ad   integrare   il   requisito   di
proporzionalita'  necessario  per  la  chiamata   in   sussidiarieta'
realizzata dalla disposizione, senza in tal modo  determinare  alcuna
semplificazione  del  procedimento  di  VIA,  come  lamentato   dalla
ricorrente. 
    In ordine al successivo comma 1-bis, l'Avvocatura generale  dello
Stato sottolinea l'intervenuta  sostituzione  della  disposizione  ad
opera dell'art. 1, comma 554,  della  legge  n.  190  del  2014,  con
l'introduzione  della  previsione  che,  per   le   attivita'   sulla
terraferma, il piano delle aree venga adottato previa intesa  con  la
Conferenza  unificata.  Di  qui  la  cessazione  della  materia   del
contendere. 
    Con riguardo al censurato comma 4, la difesa  erariale  evidenzia
come  la  norma  miri  esclusivamente  a   dettare   una   disciplina
transitoria destinata a disciplinare gli effetti del trasferimento di
competenze in  materia  di  VIA,  mantenendo  l'adozione  del  titolo
concessorio unico subordinata all'intesa con la Regione interessata. 
    In  merito  all'impugnazione  del  comma  5,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri  eccepisce  l'inammissibilita'  della  censura
relativa alla violazione  dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  per
difetto di ridondanza, e ne contesta  nel  merito  la  fondatezza  in
quanto  l'art.  1  della  direttiva  94/22/CE  non  prevederebbe   la
necessaria duplicita' dei titoli abilitativi, ma  anzi  consentirebbe
anche l'adozione di un unico atto autorizzativo per piu' attivita'. 
    Con  riguardo  al  comma  6,  il  resistente  nega   la   dedotta
estromissione  degli  enti  locali  -  attesa  la  previsione   della
conferenza  di  servizi  nel  procedimento  di  adozione  del  titolo
concessorio unico in cui  detti  enti  potrebbero  rappresentare  gli
interessi   ad   essi   facenti   capo   -   nonche'   la   lamentata
marginalizzazione della regione, prevedendosi l'intesa con la stessa. 
    Le considerazioni svolte confuterebbero anche le censure mosse ai
commi 8 e 10 del medesimo art. 38. 
    3.- E' intervenuta in giudizio  l'Associazione  Italiana  per  il
World Wide Fund for Nature (WWF Italia) Onlus Ong, deducendo  in  via
preliminare la propria legittimazione all'intervento e,  nel  merito,
sostenendo l'illegittimita' costituzionale,  tra  l'altro,  dell'art.
38, commi 1, 1-bis, 4 e 10, del d.l. n. 133 del 2014, per  violazione
degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nonche'  del
principio  di  leale  collaborazione  con  argomenti  sostanzialmente
coincidenti con quelli svolti dalla Regione Abruzzo. 
    4.- Con memoria depositata il 10 marzo 2016 la Regione Abruzzo ha
evidenziato che l'art. 1, comma 240, della legge 28 dicembre 2015, n.
208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)», ha modificato  e
abrogato alcune delle disposizioni censurate. In ragione di  cio'  la
Regione  ha  chiesto  che  sia  dichiarata  cessata  la  materia  del
contendere   con   riferimento   alle   questioni   di   legittimita'
costituzionale relative all'art. 38, commi 1 e 1-bis, del d.l. n. 133
del  2014,  insistendo  nelle  censure  relative  alle  altre   norme
impugnate,  ulteriormente  avvalorate  nella  loro  fondatezza  dalle
sopravvenute modifiche apportate al comma 1, da cui e' stato  espunto
il riferimento alla strategicita' delle attivita'  minerarie  oggetto
della disciplina in considerazione. 
    Con memoria depositata il 2 maggio 2017 la Regione Abruzzo,  alla
luce delle abrogazioni o delle modifiche apportate dalla legge n. 208
del 2015 alle disposizioni censurate, ha chiesto che  sia  dichiarata
cessata la materia del contendere con riferimento alle  questioni  di
legittimita' costituzionale relative all'art. 38, commi 1, 1-bis e 5,
del d.l. n. 133 del 2014, rinunciando all'impugnativa del comma 4 del
medesimo articolo e, per il  resto,  insistendo  nelle  censure  gia'
proposte. 
    5.- Con memoria depositata il 15 marzo 2016 l'Avvocatura generale
dello Stato ha dedotto l'inammissibilita'  del  ricorso  quanto  alle
censure rivolte all'art. 38,  commi  1  e  1-bis,  in  ragione  delle
modifiche ad essi apportate dalla legge n. 208 del  2015.  Quanto  ai
residui motivi di  doglianza,  la  difesa  erariale  ha  ribadito  la
riconducibilita' della disciplina  della  VIA  alla  materia  «tutela
dell'ambiente» ed evidenziato  come  il  comma  4  dell'art.  38  non
rappresenti  l'esercizio  di  un  potere  sostitutivo,   bensi'   una
disciplina  transitoria  dettata  nel  passaggio  dell'allocazione  a
livello centrale delle  procedure  di  VIA,  prevista  a  regime  dal
precedente comma 3 funzionalmente alla  realizzazione  di  interventi
considerati strategici, in cui la  posizione  della  Regione  sarebbe
salvaguardata  dalla  possibilita'  di  rendere  il  parere  previsto
dall'art. 25, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152
(Norme  in  materia  ambientale),  e,  a  valle,   dalla   previsione
dell'intesa  per  il   rilascio   del   titolo   concessorio   unico.
Quest'ultima,  peraltro,  non  sarebbe  richiesta  per  le  attivita'
minerarie da realizzarsi nel mare  continentale  -  oltre  le  dodici
miglia marine - in  quanto  lo  stesso  esulerebbe  dalla  competenza
regionale,  ragione  per  cui  non   sarebbe   configurabile   alcuna
irragionevole discriminazione. 
    Con memoria depositata il 2  maggio  2017  l'Avvocatura  generale
dello Stato ha sostenuto l'inammissibilita' del ricorso  quanto  alle
censure rivolte ai commi 1, 1-bis, e 5, in ragione delle modifiche  e
delle abrogazioni operate  dalla  legge  n.  208  del  2015  e  della
conseguente sopravvenuta carenza di interesse. Inoltre, ha  sostenuto
l'infondatezza delle  residue  censure,  ribadendo  in  sostanza  gli
argomenti gia' precedentemente dedotti. 
    6.- Con ricorso depositato il 15 gennaio 2015 (reg. ric. n. 4 del
2015) la Regione Marche ha  promosso,  tra  le  altre,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 38, commi 1-bis, 4, 6,  lettera
b), e 10, del d.l. n. 133 del 2014 (come convertito)  in  riferimento
agli artt. 3, primo comma, 117, terzo comma, 118, primo comma, e 120,
secondo comma, Cost. ed in relazione all'art. 8, comma 1, della legge
5   giugno   2003,   n.   131   (Disposizioni    per    l'adeguamento
dell'ordinamento  della  Repubblica  alla  legge  costituzionale   18
ottobre 2001, n. 3). 
    Anzitutto la ricorrente impugna l'art. 38, comma 1-bis, del  d.l.
n. 133 del 2014 in quanto, intervenendo  nelle  materie  «produzione,
trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»  e  «governo  del
territorio» di competenza concorrente regionale,  nell'attribuire  al
Ministro dello sviluppo economico la predisposizione del piano  delle
aree in cui sono consentite le attivita' di  prospezione,  ricerca  e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas
naturale senza al contempo prevedere l'intesa con la singola  Regione
interessata, realizzerebbe una chiamata in sussidiarieta' in  difetto
dei requisiti in cui cio' e' consentito. Di qui la  violazione  degli
artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte in cui
non e' prevista l'intesa. 
    La Regione censura altresi' il successivo comma  4  del  medesimo
articolo,   in   quanto,   prevedendo   l'avocazione   al   Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i procedimenti
di VIA relativi alle attivita' di cui al comma 1 in corso  alla  data
di entrata in vigore  del  decreto  che  non  siano  conclusi  al  31
dicembre 2015, violerebbe l'art. 120, secondo  comma,  Cost.,  atteso
che, da un lato, la sostituzione non avverrebbe ad opera del  Governo
nel  suo  complesso  ma  di  una  sua  componente;   dall'altro,   la
sostituzione  non  interverrebbe  secondo  le   condizioni   previste
dall'art. 8, comma 1, della legge n. 131  del  2003  ne'  secondo  un
modulo collaborativo ispirato  ad  analoghi  criteri,  che  coinvolga
adeguatamente la  Regione  interessata  dall'attivazione  del  potere
sostitutivo. 
    La ricorrente impugna inoltre l'art. 38, comma 6, lettera b), del
d.l. n. 133 del 2014,  in  quanto  prevede  il  rilascio  del  titolo
concessorio unico per le attivita' di ricerca  e  coltivazione  degli
idrocarburi  liquidi  e  gassosi  previa  intesa   con   la   Regione
interessata solo nel caso in cui dette  attivita'  debbano  svolgersi
sulla  terraferma  e  non   anche   nel   mare   continentale.   Tale
disposizione, comunque incidente in materie di competenza legislativa
concorrente,  realizzerebbe  una  chiamata  in  sussidiarieta'  senza
rispettare la  condizione  dell'intesa,  con  conseguente  violazione
degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nella  parte
in cui non la prevede. La previsione sarebbe  altresi'  in  contrasto
con  l'art.  3,  primo  comma,   Cost.,   in   quanto   realizzerebbe
un'irragionevole disparita' di trattamento tra situazioni  del  tutto
assimilabili. 
    Infine, la Regione censura il  successivo  comma  10,  in  quanto
consente l'autorizzazione di progetti sperimentali di coltivazione di
giacimenti  di  idrocarburi  previo   mero   parere   delle   Regioni
interessate sebbene, incidendo in materie di competenza  concorrente,
la chiamata in sussidiarieta' imponga l'intesa. Di qui la  violazione
degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nella  parte
in cui  si  prevede  il  parere  anziche'  l'intesa  con  la  Regione
interessata. 
    7.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'infondatezza del ricorso. 
    Anzitutto, il resistente deduce la cessazione della  materia  del
contendere in ordine  alla  questione  relativa  all'art.  38,  comma
1-bis, del d.l. n. 133 del 2014, attesa la sostituzione  della  norma
ad opera dell'art. 1, comma 554,  della  legge  n.  190  del  2014  e
l'introduzione  della  previsione  che,  per   le   attivita'   sulla
terraferma, il piano delle aree venga adottato previa intesa  con  la
Conferenza unificata, quale organo adeguatamente  rappresentativo  di
Regioni ed enti locali, anch'essi titolari di funzioni amministrative
riguardate  dalle  politiche  del  settore  energetico  (si  cita  la
sentenza n. 383 del 2005). 
    In ordine all'impugnazione del successivo comma  4,  l'Avvocatura
generale dello Stato evidenzia  che  la  disciplina  transitoria  ivi
prevista, volta a riportare la materia mineraria su un piano  tecnico
uniforme, superando i ritardi che caratterizzerebbero le procedure di
VIA in varie Regioni, non rappresenterebbe l'esercizio di  un  potere
sostitutivo  da  parte  dello  Stato  ex  art.  120   Cost.   -   che
presupporrebbe trattarsi di competenze che  sono  e  restano  proprie
dell'ente sostituito - ma la rimessione  al  Governo  delle  funzioni
amministrative nella  materia  ambientale,  di  competenza  esclusiva
statale, ivi allocando il procedimento di esercizio delle stesse  per
ragioni unitarie ex art. 118 Cost. 
    In merito all'impugnazione del comma 6, lettera  b),  del  citato
art. 38, la difesa erariale evidenzia che  le  attivita'  energetiche
che interessino il mare continentale - oltre le dodici miglia  marine
- rientrerebbero nella competenza legislativa esclusiva  statale,  in
quanto in detta zona troverebbe applicazione il principio di liberta'
dei mari che comporterebbe il riconoscimento a ciascuno Stato  di  un
uguale diritto di sfruttamento a condizione che siano rispettati  gli
interessi degli altri Stati. Si tratterebbe,  dunque,  di  un  ambito
disciplinare rientrante nell'art. 117,  secondo  comma,  lettera  a),
Cost., da cui risulterebbe esclusa la  Regione,  anche  difficilmente
individuabile come portatrice dell'interesse  potenzialmente  inciso.
Tale  differenza   si   riverbererebbe   sullo   sfruttamento   degli
idrocarburi sulla terraferma rispetto a quello nello  spazio  marino,
soggetto anche ad interessi internazionali,  da  cui  l'insussistenza
della  disparita'  di  trattamento  denunciata  dalla   Regione   per
violazione dell'art. 3, primo comma, Cost. 
    Per le stesse ragioni sarebbe infondata la censura del successivo
comma 10 del medesimo articolo, posto che nel mare continentale ed in
ambiti  posti  in  prossimita'  di  altri   Paesi   rivieraschi   non
sussisterebbe alcuna  competenza  regionale,  ma  solo  quella  dello
Stato. 
    8.- E' intervenuto in giudizio il WWF Italia,  deducendo  in  via
preliminare la propria legittimazione all'intervento e,  nel  merito,
sostenendo l'illegittimita' costituzionale,  tra  l'altro,  dell'art.
38, commi 1-bis, 4 e 10, del d.l. n. 133 del 2014, in  riferimento  a
parametri e per profili in  parte  coincidenti  con  quelli  indicati
dalla Regione Marche ed in parte ulteriori. 
    9.- Con memoria depositata il 15 marzo 2016  la  Regione  Marche,
nel  riepilogare  le  proprie  censure  anche  alla  luce  dello  ius
superveniens, ha anzitutto evidenziato l'intervenuta cessazione della
materia del contendere relativamente alla questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 1-bis, del d.l. n. 133  del  2014,
attesa l'abrogazione della norma ad opera  dell'art.  1,  comma  240,
lettera b), della legge n. 208 del 2015 senza che il piano delle aree
originariamente previsto sia mai stato adottato. 
    Con riferimento al successivo comma 4, la ricorrente sostiene che
nella  fattispecie  non  sarebbe  stata  realizzata  un'attrazione  a
livello centrale di funzioni amministrative, ma l'attivazione  di  un
potere sostitutivo in ordine all'esercizio delle stesse,  trattandosi
dei procedimenti  di  VIA  in  corso  «presso  le  regioni»,  che  ne
verrebbero private. 
    Quanto  al  comma  6,  lettera  b),  del  medesimo  art.  38,  la
ricorrente insiste nel sostenere l'illegittimita' della norma che non
prevede l'intesa con riferimento alle attivita' minerarie da svolgere
in mare. Cio' in quanto l'art. 6, comma 17, del  d.lgs.  n.  152  del
2006, nel testo in vigore al momento della proposizione del  ricorso,
contemplava una serie di eccezioni al divieto di attivita'  entro  le
dodici miglia marine, onde la sussistenza della competenza regionale,
viceversa non estesa al mare aperto. Peraltro, a seguito della  legge
n. 208 del 2015, tale divieto sarebbe stato reso assoluto  e  poiche'
nel  frattempo  non  sarebbe  stato  adottato  il  piano  delle  aree
subordinatamente  al  quale  era  previsto  il  rilascio  del  titolo
concessorio  unico,   anche   con   riferimento   alla   censura   in
considerazione sarebbe sopravvenuta la cessazione della  materia  del
contendere. 
    Infine, la Regione ribadisce le  censure  rivolte  al  successivo
comma 10, analoghe a quelle relative al comma 6, sollecitando  questa
Corte a valutare la  potenziale  abrogazione  della  disposizione  ad
opera del divieto assoluto di attivita'  mineraria  entro  le  dodici
miglia marine previsto a seguito delle modifiche apportate al  citato
art. 6, comma 17, del d.lgs. n. 152 del 2006 dalla legge n.  208  del
2015,  con  conseguente  eventuale  cessazione  della   materia   del
contendere in caso di mancata applicazione della norma. 
    Con memoria depositata il 2 maggio  2017  la  Regione  Marche  ha
riepilogato i motivi di censura  gia'  articolati  e  replicato  alla
difesa erariale, insistendo nella declaratoria  di  fondatezza  delle
questioni di legittimita' costituzionale proposte, salva  l'eventuale
sussistenza degli estremi per dichiarare la cessazione della  materia
del contendere quanto all'impugnativa dell'art. 38, commi  1-bis,  6,
lettera b), e 10, del d.l. n. 133 del 2014. 
    10.-  Con  memoria  depositata  il  15  marzo  2016  l'Avvocatura
generale dello Stato  ha  svolto  argomenti  coincidenti  con  quelli
sviluppati nella propria memoria  illustrativa  relativa  al  ricorso
della Regione Abruzzo, ribadendo  in  merito  al  comma  10  che  non
sussisterebbe competenza regionale sul mare  continentale  e  che  la
norma terrebbe in debito conto gli aspetti ambientali. 
    11.- Con ricorso depositato il 15 gennaio 2015 (reg.  ric.  n.  5
del 2015) la Regione Puglia ha promosso, tra le altre,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 38, commi 1-bis, 4, 6,  lettera
b), e 10, del d.l. n. 133 del 2014 (come convertito), in  riferimento
agli artt. 3, primo comma, 117, terzo comma, 118, primo comma, e 120,
secondo comma, Cost., adducendo a sostegno delle censure  motivazioni
coincidenti con quelle sviluppate dalla Regione  Marche  nel  ricorso
con cui ha impugnato le medesime disposizioni. 
    12.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   deducendo   l'infondatezza   del   ricorso   con   argomenti
corrispondenti a quelli svolti  in  merito  al  ricorso  con  cui  la
Regione Marche ha impugnato le medesime disposizioni. 
    13.- Sono intervenuti in giudizio il WWF Italia  -  deducendo  in
via preliminare  la  propria  legittimazione  all'intervento  e,  nel
merito,  sostenendo  l'illegittimita'  costituzionale,  tra  l'altro,
dell'art. 38, commi 1-bis, 4 e 10, del  d.l.  n.  133  del  2014,  in
riferimento a parametri e per profili in parte coincidenti con quelli
indicati dalla Regione Puglia  ed  in  parte  ulteriori  -  e,  fuori
termine,   l'Associazione   "Amici   del   Parco   Archeologico    di
Pantelleria", sostenendo la propria legittimazione  all'intervento  e
la  fondatezza  delle  censure  mosse  dalla  Regione   Puglia   alle
disposizioni impugnate, nonche' sollecitando questa Corte a sollevare
innanzi a se' questione di legittimita' costituzionale, tra  l'altro,
dell'art. 38 anche con  riferimento  a  parametri  posti  a  presidio
dell'autonomia speciale riconosciuta alla Regione siciliana. 
    14.- Con memoria depositata il 15 marzo 2016 la Regione Puglia ha
svolto considerazioni coincidenti con quelle sviluppate dalla Regione
Marche nella memoria da essa depositata in pari data. 
    Con memoria depositata il 2 maggio  2017  la  Regione  Puglia  ha
svolto considerazioni coincidenti con quelle sviluppate dalla Regione
Marche nella memoria da essa depositata in pari data. 
    15.- Con memoria depositata il 15 marzo 2016  l'Avvocatura  dello
Stato ha svolto argomenti coincidenti  con  quelli  sviluppati  nella
propria  memoria  illustrativa  relativa  al  ricorso  della  Regione
Marche. 
    16.- Con ricorso depositato il 15 gennaio 2015 (reg.  ric.  n.  6
del 2015) la Regione Lombardia ha promosso questioni di  legittimita'
costituzionale dell'intero d.l. n. 133 del 2014 (come  convertito)  e
dell'art. 38 dello  stesso  nonche',  specificamente,  dei  commi  1,
1-bis, 4, 7 e 10 del medesimo articolo, in riferimento agli artt.  3,
11, 77, secondo comma, 117, primo, secondo e terzo comma, 118, 119  e
120 Cost., nonche' in relazione agli artt. 3,  paragrafo  2,  lettera
a), 4, e da 5 a 12, della direttiva 27  giugno  2001,  n.  2001/42/CE
(Direttiva del Parlamento europeo  e  del  Consiglio  concernente  la
valutazione  degli  effetti  di   determinati   piani   e   programmi
sull'ambiente), ed all'art. 8 della legge n. 131 del 2003. 
    Anzitutto, come risulterebbe dal titolo e dal preambolo, l'intero
d.l. n. 133 del 2014 non avrebbe un contenuto omogeneo e coerente ne'
dal punto di vista oggettivo ne' da quello finalistico,  diversamente
da quanto previsto dall'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988,
n. 400 (Disciplina dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della
Presidenza del Consiglio dei  Ministri),  esplicitativo  della  ratio
implicita nell'art. 77, secondo comma, Cost., che dunque risulterebbe
violato.  Tale  violazione  ridonderebbe  nella   menomazione   delle
attribuzioni costituzionali della Regione nella materia «governo  del
territorio» di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. ed in  un  vulnus
alla sua autonomia finanziaria, garantita dall'art. 119 Cost. 
    La ricorrente censura altresi' l'art. 38 del d.l. n. 133 del 2014
nella sua interezza per  difetto  dei  requisiti  della  decretazione
d'urgenza, in  violazione  dell'art.  77,  secondo  comma,  Cost.  La
disposizione, infatti, prevederebbe lo svolgimento delle attivita' di
ricerca e coltivazione degli idrocarburi sulla base di  un  programma
articolato in fasi di una durata talmente lunga da non  rappresentare
una  risposta  a  casi  straordinari  di   necessita'   ed   urgenza,
trattandosi piuttosto di corrispondere alla necessita' di  interventi
strutturali nel sistema della gestione delle  risorse  energetiche  -
ossia, di un riassetto ordinamentale - che difetterebbe del carattere
accidentale,  sopravvenuto  ed  emergenziale.  Inoltre,  l'art.   38,
contemplando il piano delle aree  e  disciplinando  le  modalita'  di
attribuzione dei titoli abilitativi ed i tempi di  svolgimento  delle
attivita' di ricerca e coltivazione  degli  idrocarburi,  comprensivi
delle  relative  proroghe,  non  prevederebbe  misure  di   immediata
applicazione come richiesto dall'art. 15, comma 3, della legge n. 400
del 1988, che espliciterebbe profili  connaturati  alla  decretazione
d'urgenza. Infine, pure l'art. 38 sarebbe  connotato  da  difetto  di
omogeneita' e coerenza delle misure con  esso  introdotte.  Anche  in
questo caso la  violazione  dell'art.  77  Cost.  ridonderebbe  nella
menomazione delle attribuzioni  costituzionali  della  Regione  nella
materia «governo del territorio» di cui all'art.  117,  terzo  comma,
Cost. ed in un  vulnus  alla  sua  autonomia  finanziaria,  garantita
dall'art. 119 Cost. 
    Secondo la Regione, l'art. 38 del d.l. n. 133 del 2014 nella  sua
interezza contrasterebbe altresi' con gli artt. 117, secondo e  terzo
comma, e 118 Cost., in quanto detterebbe misure  di  dettaglio  nelle
materie  di   competenza   legislativa   concorrente   «governo   del
territorio», «pianificazione urbanistica ed  edilizia»,  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale  dell'energia»  e  «tutela  della
salute». 
    La ricorrente impugna altresi' specificamente i commi 1  e  1-bis
del citato art. 38, in quanto le attivita' di prospezione, ricerca  e
coltivazione degli idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo  di
gas naturale (contemplate dal comma 1) sono consentite nell'ambito di
un piano delle aree che, in quanto atto di pianificazione in  materia
di risorse energetiche suscettibile di  impatto  ambientale,  avrebbe
dovuto essere sottoposto a valutazione ambientale  strategica  (VAS),
ai sensi degli artt. 3, paragrafo 2, lettera a), 4 e da 5 a 12  della
direttiva n. 2001/42/CE, recepita dal decreto  legislativo  3  aprile
2006,  n.  152  (Norme  in  materia  ambientale),  durante  la   fase
preparatoria del programma e prima della sua approvazione.  Le  norme
violerebbero gli artt. 11 e 117, primo  comma,  Cost.,  in  relazione
alla citata direttiva, in quanto adottano il piano  senza  aver  dato
luogo alla necessaria procedura di VAS o, comunque, non la  prevedono
con riferimento all'adozione del decreto del Ministro dello  sviluppo
economico  che   predispone   il   piano.   Le   dedotte   violazioni
ridonderebbero in un vulnus delle competenze regionali in materia  di
«governo del territorio», «pianificazione urbanistica  ed  edilizia»,
«produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale  dell'energia»  e
«tutela della salute». In via subordinata,  la  ricorrente  sollecita
questa Corte al rinvio  pregiudiziale  ai  sensi  dell'art.  267  del
Trattato sul  funzionamento  dell'Unione  europea  (TFUE)  in  ordine
all'interpretazione degli artt. 1,  3,  4,  8  e  9  della  direttiva
2001/42/CE come  ostativa  all'applicazione  del  combinato  disposto
dell'art. 38, commi 1 e 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014. 
    Inoltre, i commi 1-bis, 4, 7 e 10  violerebbero  gli  artt.  117,
secondo e terzo comma, e 118 Cost. in quanto, pur costituendo ipotesi
di chiamata in sussidiarieta', non ne rispetterebbero i requisiti  di
legittimita'.  In  particolare,  il  comma  1-bis  non   prevederebbe
un'intesa  in  senso  forte  tra  Stato  e  Regione,  ne'  a  livello
bilaterale ne' in sede di conferenza. Anche  il  successivo  comma  4
integrerebbe   un'ipotesi   di   chiamata   in   sussidiarieta'   dei
procedimenti di VIA correlata al mero trascorrere del tempo  e  senza
alcuna forma di intesa con la Regione, vizi che  si  riverbererebbero
sulla conseguente  assegnazione  allo  Stato  degli  oneri  di  spesa
istruttori   prevista   dalla   medesima   norma,   altresi'   lesiva
dell'autonomia finanziaria regionale in violazione degli  artt.  3  e
119 Cost. Il comma 7 prevede che con disciplinare tipo, adottato  con
decreto del Ministero dello sviluppo economico,  siano  stabilite  le
modalita' di esercizio delle attivita' rientranti  nelle  materie  di
competenza concorrente, senza  prevedere  l'intesa  con  la  regione.
Infine, pur vertendosi in  materia  di  «governo  del  territorio»  e
«produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»,  il
comma 10 prevederebbe il parere della Regione e non l'intesa  con  la
stessa. 
    Secondo la Regione, il citato comma 4 violerebbe altresi'  l'art.
120  Cost.,  in  quanto  prevederebbe  l'attivazione  di  un   potere
sostitutivo al di fuori dei  casi  previsti  dal  secondo  comma  del
parametro citato e senza rispettare i principi di sussidiarieta' e di
leale  collaborazione  quali  garantiti   dalla   procedura   dettata
dall'art. 8 della legge n. 131 del 2003, in mancanza di alcuna  forma
di   coinvolgimento   regionale.   Inoltre,   poiche'   l'art.    118
attribuirebbe  in  via   di   principio   ai   comuni   le   funzioni
amministrative e poiche' l'art. 120  Cost.  legittimerebbe  anche  il
legislatore  regionale,  nelle  materie  di  propria  competenza,   a
disciplinare un potere sostitutivo in relazione  all'esercizio  delle
funzioni di competenza dei comuni (si cita  la  sentenza  n.  43  del
2004), il comma 4 violerebbe l'art. 120 Cost. anche per aver previsto
la  sostituzione  dello  Stato  agli   enti   locali,   estromettendo
completamente la Regione. 
    17.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'infondatezza del ricorso. 
    Anzitutto, sostenendo che le ragioni di necessita' ed urgenza non
debbano essere oggetto di motivazione espressa e  che  la  violazione
dell'art. 77  Cost.  debba  ravvisarsi  solo  nei  casi  di  evidente
mancanza  dei  presupposti,  il  resistente  evidenzia   l'intrinseca
coerenza delle norme contenute nel decreto,  volte  a  rilanciare  le
opere  pubbliche  e  l'edilizia  privata,  nonche'  a  rafforzare  la
sicurezza  e  gli  approvvigionamenti  energetici  del  Paese.   Pure
l'impugnato art. 38 risponderebbe a dette finalita', come emergerebbe
dalla relazione al disegno di legge di conversione del decreto, anche
attraverso   la   semplificazione   e    l'accelerazione    dell'iter
procedimentale autorizzatorio con misure di immediata applicazione. 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la  censura  al
combinato disposto dei  commi  1  e  1-bis  del  citato  art.  38  in
riferimento  agli  artt.  11  e  117,  primo  comma,  Cost.   sarebbe
inammissibile,  per  la  mancata  dimostrazione  della   lesione   di
competenze regionali. 
    Viceversa, in merito alla censura  rivolta  al  comma  1-bis  per
mancato rispetto delle condizioni della chiamata  in  sussidiarieta',
la difesa statale deduce la cessazione della materia  del  contendere
alla luce della modifica della norma censurata ad opera dell'art.  1,
comma 554, della  legge  n.  190  del  2014,  che  ha  introdotto  la
previsione dell'intesa con la Conferenza unificata. 
    Il resistente sostiene  l'infondatezza  della  censura  mossa  al
successivo comma 4 - che avoca  allo  Stato  i  procedimenti  di  VIA
pendenti e non conclusi entro il 31 marzo 2015 - in riferimento  agli
artt. 117, secondo e terzo comma, e 118 Cost. Si tratterebbe  di  una
normativa transitoria finalizzata a riportare, in via sussidiaria, la
materia mineraria, sotto il profilo ambientale, su un  piano  tecnico
uniforme, superando i ritardi che le procedure di  VIA  subiscono  in
varie Regioni, e da valutare alla stregua  dell'intesa  prevista  per
l'adozione del titolo concessorio  unico  a  valle.  La  legittimita'
della norma si estenderebbe alla previsione  del  trasferimento  allo
Stato dei  corrispondenti  oneri  di  spesa  istruttori.  Altrettanto
infondata sarebbe la censura mossa alla medesima norma in riferimento
all'art. 120 Cost. Il comma 4 andrebbe letto unitamente al precedente
comma  3,  che  riconduce  a  livello  centrale,   per   ragioni   di
uniformita',  il  procedimento  di  VIA.  La  normativa  transitoria,
dunque,  completerebbe  la  chiamata  in  sussidiarieta'  in  materia
ambientale, di competenza esclusiva statale, senza  esercitare  alcun
potere sostitutivo di una funzione mantenuta in capo alla Regione. 
    Altrettanto infondata sarebbe la censura mossa  al  comma  7  del
medesimo   articolo,   che   detterebbe   una   disciplina   uniforme
dell'esercizio delle attivita'  legittimate  dal  titolo  concessorio
unico nell'esercizio di una competenza statale. 
    Viceversa, sarebbe inammissibile la censura del successivo  comma
10, attesa la carenza  di  interesse  della  ricorrente  per  ragioni
correlate alla sua collocazione geografica, che la priva  di  sbocchi
sul mare. Peraltro, il  mare  continentale  esulerebbe  dagli  ambiti
territoriali   oggetto    di    competenze    regionali,    ricadendo
esclusivamente in quella dello Stato. 
    18.- E' intervenuto in giudizio il WWF Italia, deducendo  in  via
preliminare la propria legittimazione all'intervento e,  nel  merito,
sostenendo   l'illegittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
censurate  dalla  Regione  Lombardia,  argomentando  in   ordine   ai
parametri ed ai profili di censura dedotti dalla ricorrente. 
    19.-  Con  memoria  depositata  il  15  marzo  2016  l'Avvocatura
generale dello Stato  ha  svolto  argomenti  coincidenti  con  quelli
sviluppati nella propria memoria  illustrativa  relativa  al  ricorso
della Regione Marche ed, in  aggiunta,  ha  ribadito  la  sussistenza
degli estremi di necessita' ed urgenza  legittimanti  il  ricorso  al
decreto-legge e l'immediata applicabilita' delle  misure  contemplate
dall'art. 38 del d.l. n. 133 del 2014. In ordine alle  censure  mosse
al comma 7 del citato articolo, la difesa erariale evidenzia come, da
un lato, la Regione  sia  adeguatamente  coinvolta  nel  procedimento
attraverso la  previsione  dell'intesa  in  merito  all'adozione  del
titolo concessorio unico e, dall'altro, il  decreto  ministeriale  di
adozione del  disciplinare  contemplato  dalla  norma  impugnata  sia
destinato ad  integrare  il  decreto  del  Ministero  dello  sviluppo
economico del 4 marzo 2011  (Disciplinare  tipo  per  i  permessi  di
prospezione e di ricerca e per  le  concessioni  di  coltivazione  di
idrocarburi liquidi  e  gassosi  in  terraferma,  nel  mare  e  nella
piattaforma continentale), gia' esistente. 
    20.-  Con  memoria  depositata  il  2  maggio  2017  la   Regione
Lombardia, nel prendere atto dell'incidenza della legge  n.  208  del
2015 sull'art. 38, commi 1 e 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014, insiste
in  particolare  nelle  censure  rivolte  al  comma  7  del  medesimo
articolo. 
    21.- Con ricorso depositato il 16 gennaio 2015 (reg. ric.  n.  10
del 2015) la Regione Veneto ha promosso, tra le altre,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 38, commi 1, 1-bis, 2, 3, 4, 5,
6, 8 e 10, del d.l. n. 133 del 2014 (come convertito), in riferimento
agli artt. 3, 9, 11, 32, 97, 117, primo, terzo e quarto  comma,  118,
119 e 120 Cost. ed  in  relazione  agli  artt.  3  e  seguenti  della
direttiva n.  2001/42/CE  ed  al  principio  di  precauzione  di  cui
all'art. 191 del TFUE. 
    Anzitutto, la Regione censura il comma 1 del citato art.  38,  in
quanto,  qualificando  le  attivita'  di   prospezione,   ricerca   e
coltivazione di  idrocarburi  e  di  stoccaggio  sotterraneo  di  gas
naturale di interesse strategico, di pubblica  utilita',  urgenti  ed
indifferibili  e  prevedendo  che  i  relativi   titoli   abilitativi
comprendano la dichiarazione di pubblica  utilita',  indifferibilita'
ed urgenza dell'opera  e  l'apposizione  del  vincolo  espropriativo,
realizzerebbe  una  chiamata  in   sussidiarieta'   in   materia   di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»  senza
al contempo prevedere un'intesa in senso forte con  le  Regioni,  con
cio' violando gli artt. 117, terzo comma, 118 e 120 Cost. 
    In secondo luogo la ricorrente censura il  comma  1-bis  -  nella
versione modificata dall'art. 1, comma 554, della legge  n.  190  del
2014 - in  quanto,  per  l'adozione  del  piano  delle  aree  in  cui
consentire le attivita' di cui al comma 1, la norma realizzerebbe una
chiamata in sussidiarieta' accompagnata solo da un'intesa debole  con
la   Conferenza   unificata,   stabilendo   in   caso   di    mancato
raggiungimento, l'attivazione della  procedura  semplificata  di  cui
all'art. 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino
del settore energetico, nonche' delega al Governo  per  il  riassetto
delle disposizioni vigenti in materia di energia), peraltro  limitata
alle attivita' sulla terraferma, in violazione degli artt. 117, terzo
comma,  118  e  120   Cost.   Inoltre,   la   norma   non   contempla
l'assoggettamento del piano a VAS, come  previsto  dagli  artt.  3  e
seguenti della direttiva 2001/42/CE, con conseguente violazione degli
artt. 11 e 117, primo comma, Cost., che  ridonderebbe  nella  lesione
delle competenze regionali  in  materia  di  «tutela  della  salute»,
«governo del territorio»  e  «valorizzazione  dei  beni  culturali  e
ambientali». 
    La Regione impugna anche  il  successivo  comma  2,  secondo  cui
«Qualora le opere di cui  al  comma  1  comportino  variazione  degli
strumenti urbanistici, il rilascio dell'autorizzazione ha effetto  di
variante urbanistica». Prescrivendo la  variante,  la  norma  non  si
limiterebbe ad una disciplina di principio nella materia  urbanistica
rientrante nella competenza legislativa  concorrente,  ma  recherebbe
una disciplina dettagliata, in contrasto con  gli  artt.  117,  terzo
comma, 118 e 120 Cost.,  quest'ultimo  espressivo  del  principio  di
leale collaborazione. 
    La ricorrente censura altresi' il comma 3  del  citato  art.  38,
che, diversamente da quanto  precedentemente  previsto  dall'art.  7,
comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006,  sottrarrebbe  interamente  alla
Regione la competenza sui procedimenti di VIA afferenti  ai  progetti
relativi  ad  attivita'  minerarie  sulla  terraferma.  Cio'  in  una
materia,   quella   della   tutela   dell'ambiente,   intrinsecamente
trasversale, in cui alle Regioni, nell'ambito delle loro  competenze,
e' consentito di determinare un aumento dei  livelli  di  tutela  (si
cita la sentenza n. 93 del 2013). In tal modo la norma violerebbe gli
artt. 117, terzo e quarto comma, e 118 Cost. Per gli stessi motivi  e
per violazione dei medesimi parametri sarebbe  illegittimo  anche  il
successivo comma 4, che vede l'avocazione allo Stato dei procedimenti
di VIA non conclusi dalle Regioni entro il 31 marzo 2015.  La  norma,
inoltre, determinando un irragionevole e notevole aggravio del lavoro
della Commissione VIA nazionale, violerebbe anche gli artt.  3  e  97
Cost., con una evidente ricaduta sulle competenze regionali  poc'anzi
indicate. 
    La Regione impugna anche il  comma  5  del  citato  art.  38,  in
quanto,  prevedendo  un  titolo  concessorio  unico  in   luogo   dei
precedenti  due  distinti  titoli  (il  permesso  di  ricerca  e   la
concessione di coltivazione) - uno funzionale  all'individuazione  di
un giacimento coltivabile e  l'altro  abilitante  alla  produzione  a
seguito del ritrovamento - attribuirebbe i  poteri  concessori  prima
della scoperta del giacimento. Inoltre, il programma  dei  lavori  da
predisporre prima dell'attivita' di  ricerca  difficilmente  potrebbe
specificare  le  aree  da  essa   interessate.   Cio'   dimostrerebbe
l'irragionevolezza della disciplina, in violazione dell'art. 3 Cost.,
con ridondanza sulle materie di competenza concorrente  «governo  del
territorio», «protezione civile», «valorizzazione dei beni  culturali
e ambientali» e  «produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia». 
    Secondo la ricorrente, anche il successivo comma 6,  lettera  b),
sarebbe illegittimo, in quanto il titolo  concessorio  unico  sarebbe
accordato previa intesa con la  Regione  senza  che  il  suo  mancato
raggiungimento costituisca ostacolo insuperabile alla conclusione del
procedimento  e  comunque  limitata   alle   sole   attivita'   sulla
terraferma. Di qui la violazione degli  artt.  117,  terzo  e  quarto
comma, e 118 Cost. nonche' del principio di leale  collaborazione  di
cui  all'art.  120  Cost.,  vertendosi  in  materie   di   competenza
regionale. Inoltre, la lettera a) del  medesimo  comma  confermerebbe
l'espropriazione  delle  competenze  regionali  in   tema   di   VIA,
esponendosi alle medesime censure mosse al comma 4. 
    La Regione impugna altresi' il comma 8 del medesimo art. 38,  che
estende l'applicazione delle norme sul titolo concessorio unico anche
ai titoli rilasciati successivamente all'entrata in vigore del d.lgs.
n. 152 del 2006 ed ai procedimenti in corso. La norma sarebbe affetta
dagli stessi vizi di legittimita' costituzionale dedotti con riguardo
ai  commi  4,  5  e  6  ed  inoltre  violerebbe   il   principio   di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., stante l'effetto retroattivo,
ridondante sulle competenze regionali gia' in precedenza indicate. 
    Infine, la ricorrente censura il successivo comma  10.  La  norma
legittimerebbe attivita' di ricerca  e  coltivazione  di  idrocarburi
nella forma di progetti sperimentali di  coltivazione  di  giacimenti
anche in aree, come quella del golfo di Venezia, in cui, a fronte del
rischio di subsidenza sulle coste, l'art. 26, comma 2, della legge 31
luglio 2002, n. 179 (Disposizioni in materia  ambientale),  le  aveva
vietate e l'art. 8, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria) - convertito, con modificazioni, dalla legge
6 agosto 2008, n. 133 - aveva previsto il divieto fino a  quando  non
fosse  stata  accertata  l'insussistenza  di  rischi  di  subsidenza.
Prescindendo da tale accertamento, la norma, come  emergerebbe  dalla
relazione tecnica relativa al d.l.  n.  133  del  2014,  da  un  lato
avrebbe l'obiettivo di realizzare studi  volti  ad  escludere  rischi
apprezzabili di subsidenza  per  superare  il  divieto  e  dall'altro
permetterebbe di garantire  produzioni  significative  di  gas  e  di
effettuare importanti investimenti privati, assicurando «il  relativo
gettito fiscale allo Stato». L'impossibilita'  di  conciliare  simili
finalita' dimostrerebbe l'intenzione del legislatore  di  sacrificare
la  tutela  dell'ambiente,  della  salute   e   dell'integrita'   del
territorio agli altri scopi, come emergerebbe dal coinvolgimento  del
Ministero  dello  sviluppo  economico  a  fronte  di  un   precedente
affidamento al Ministero dell'ambiente  degli  studi  sui  rischi  di
subsidenza, al contempo esautorando la  Regione  e  svilendo  le  sue
competenze. Di qui l'irragionevolezza e  l'assenza  di  bilanciamento
degli interessi in gioco nonostante le evidenze  del  fenomeno  della
subsidenza, con conseguente violazione dell'art. 3 Cost. Un'ulteriore
violazione  di  tali  principi  deriverebbe  dalla  possibilita'   di
prorogare il periodo di sperimentazione ove, al termine  del  periodo
di validita' dell'autorizzazione (fino a cinque  anni)  del  progetto
sperimentale, si accerti che non vi siano stati effetti di subsidenza
sulla costa. Non solo il periodo originario sarebbe eccessivo, ma  il
fatto  che  sia  prevista  una   verifica   ex   post   dimostrerebbe
l'insufficienza dei controlli previsti ex ante al fine  di  escludere
danni ambientali. La norma, inoltre, contrasterebbe  con  l'art.  191
del TFUE, espressivo del principio  di  precauzione,  come  declinato
dalla giurisprudenza della Corte di  giustizia  dell'Unione  europea,
per cui in presenza di incertezze  scientifiche  in  un  caso  dubbio
dovrebbero prevalere le esigenze di  protezione  dell'ambiente  sugli
interessi economici. Di qui il contrasto con  gli  artt.  11  e  117,
primo comma, Cost. Risulterebbero altresi' violati gli artt. 9, 32  e
97 Cost. con ridondanza sulle  competenze  regionali  in  materia  di
«tutela della salute», «governo del territorio», «protezione civile»,
«valorizzazione dei  beni  culturali  e  ambientali»  e  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», pregiudicate anche
direttamente in quanto la norma prevede che la Regione venga soltanto
sentita e non contempla l'intesa, in contrasto  con  gli  artt.  117,
terzo  e  quarto  comma,  Cost.  e  con   il   principio   di   leale
collaborazione di cui all'art.  120  Cost.  Infine,  sarebbe  violato
anche l'art. 119, sesto comma, Cost. per la  lesione  dell'integrita'
del demanio regionale. 
    22.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'infondatezza del ricorso. 
    Anzitutto, con riferimento all'impugnazione dell'art.  38,  comma
1-bis, del d.l. n. 133 del 2014, la difesa erariale nega che il piano
delle aree ivi previsto sia soggetto a VAS, dovendo contenere un mero
elenco  di  aree  in  cui  possono  essere  svolte  le  attivita'  di
prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e le attivita'  di
stoccaggio sotterraneo  di  gas  naturale,  senza  nessuna  ulteriore
indicazione   da   cui   possano   desumersi    potenziali    effetti
sull'ambiente, secondo la finalita' a cui  risponderebbe  la  VAS  ai
sensi dell'art. 4, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 152  del  2006.
Ne  discenderebbe  l'infondatezza  della   questione   sollevata   in
riferimento all'art. 117, primo comma, Cost. 
    Quanto alla censura rivolta al successivo comma 3, il  resistente
evidenzia che, con  riguardo  alla  VIA,  l'ambito  competenziale  in
rilievo sarebbe quello della «tutela  dell'ambiente»,  attribuito  in
via esclusiva al legislatore statale ai sensi dell'art. 117,  secondo
comma, lettera  s),  Cost.  Di  conseguenza,  l'attribuzione  in  via
generale dei nuovi procedimenti di  VIA  allo  Stato  cosi'  come  la
disciplina transitoria prevista dall'art. 38, comma 4,  del  d.l.  n.
133    del    2014    costituirebbe    esercizio    di    prerogative
costituzionalmente  riconosciute   al   legislatore   statale.   Tale
attribuzione, peraltro, corrisponderebbe agli  obbiettivi  dichiarati
nell'incipit  dell'art.  38,  legittimando  il  ricorso  a  procedure
unitarie ed a misure di accelerazione. Peraltro, il comma  6-bis  del
medesimo articolo prevede che la VIA debba essere effettuata  secondo
le modalita' di cui alla parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006, il
cui art. 25,  comma  2,  assicura  il  coinvolgimento  della  Regione
interessata attraverso il parere. 
    23.- E' intervenuto in giudizio il WWF Italia, deducendo  in  via
preliminare la propria legittimazione all'intervento e,  nel  merito,
sostenendo   l'illegittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
censurate dalla Regione Veneto, argomentando in ordine  ai  parametri
ed ai profili di censura dedotti dalla ricorrente. 
    24.- Con memoria depositata il 15 marzo 2016 la  Regione  Veneto,
con riguardo alle censure mosse all'art. 38, comma 1-bis, del d.l. n.
133 del 2014,  ha  sostenuto  essere  sopravvenuta  cessazione  della
materia del contendere a  seguito  dell'abrogazione  della  norma  da
parte dell'art. 1, comma 240, lettera b),  della  legge  n.  208  del
2015. Diversamente,  in  ordine  alle  altre  disposizioni  parimenti
impugnate  la  ricorrente  ribadisce  le  censure  ad  esse  rivolte,
producendo altresi' documentazione a suffragio della riscontrabilita'
dell'effetto di subsidenza sulle coste a distanza di molto tempo  dal
verificarsi della causa determinante, oltre i cinque anni  di  durata
massima dei progetti sperimentali previsti dal comma  10  del  citato
art. 38. 
    Con memoria depositata il 2 maggio  2017  la  Regione  Veneto  ha
ribadito la sopravvenuta  cessazione  della  materia  del  contendere
relativamente alla questione di legittimita' costituzionale dell'art.
38, comma 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014, insistendo  nelle  censure
rivolte alle  altre  disposizioni  impugnate,  negando  rilievo  alla
previsione dell'intesa da parte dell'art. 1,  comma  7,  lettera  n),
della legge n. 239 del 2004 e dell'art. 38, comma 6, del d.l. n.  133
del 2014, peraltro non estesa  alle  attivita'  in  mare,  nonostante
l'attrazione    in    sussidiarieta',    comunque    sprovvista    di
proporzionalita' quanto al censurato comma 10. 
    25.-  Con  memoria  depositata  il  15  marzo  2016  l'Avvocatura
generale dello Stato  ha  anzitutto  dedotto  l'inammissibilita'  del
ricorso per sopravvenuta carenza di  interesse  quanto  alle  censure
rivolte all'art. 38, commi 1, 1-bis, e 5, del d.l. n. 133  del  2014,
alla luce delle modifiche apportate dalla legge n. 208 del  2015.  In
secondo luogo l'Avvocatura ha ribadito la legittimita' dei commi 3, 4
e 6, lettera b),  del  medesimo  art.  38  alla  stregua  della  loro
riconducibilita' alla  materia  ambientale  di  competenza  esclusiva
statale e dell'adeguato coinvolgimento regionale  attraverso  parere,
salva  la  necessita'  dell'intesa  per  il   rilascio   del   titolo
concessorio unico, correttamente circoscritta al  caso  di  attivita'
mineraria sulla terraferma, attesa l'assenza di competenza  regionale
sul mare.  In  ragione  di  quest'ultimo  rilievo  e  della  adeguata
considerazione degli aspetti ambientali sarebbero altresi'  infondate
le censure rivolte all'art. 38, comma 10, del d.l. n. 133 del 2014 in
riferimento ai  parametri  competenziali  evocati  dalla  ricorrente,
mentre, in riferimento a quelli non competenziali, il ricorso sarebbe
inammissibile per difetto di ridondanza. 
    26.- Con ricorso depositato il 21 gennaio 2015 (reg. ric.  n.  13
del 2015) la Regione Campania ha proposto, tra le altre, questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 7, del  d.l.  n.  133
del 2014 in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. 
    Dopo aver dato atto della modifica dell'art. 38, comma 1-bis, del
d.l. n. 133 del 2014 ad opera dell'art. 1, comma 554, della legge  n.
190 del 2014 - ragione per la quale  la  ricorrente  non  censura  la
norma  nella  versione  originaria  -  la  Regione  lamenta  che   il
successivo comma 7, nel definire le  modalita'  di  conferimento  del
titolo concessorio unico, nonche' quelle di esercizio delle  relative
attivita', non abbia previsto la partecipazione regionale  attraverso
l'intesa,  nonostante  si  tratti  di  un   caso   di   chiamata   in
sussidiarieta', vertendosi in materia  di  «produzione,  trasporto  e
distribuzione  nazionale  dell'energia»,  «governo  del  territorio»,
«tutela  della  salute»  e  «valorizzazione  dei  beni  culturali   e
ambientali». Di qui la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118
Cost. 
    27.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'infondatezza del ricorso. 
    Dopo aver evidenziato  le  modifiche  apportate  dal  legislatore
all'art. 38, comma 1-bis,  del  d.l.  n.  133  del  2014,  la  difesa
erariale sottolinea come sia legittima  la  disposizione  di  cui  al
successivo comma 7, in quanto tesa a definire,  in  maniera  uniforme
sull'intero territorio nazionale, le modalita'  di  conferimento  del
titolo unico e di esercizio delle relative attivita'. 
    28.- E' intervenuto in giudizio il WWF Italia, deducendo  in  via
preliminare la propria legittimazione all'intervento e,  nel  merito,
sostenendo l'illegittimita' costituzionale sia  dell'art.  38,  comma
1-bis, del d.l. n. 133  del  2014  -  avverso  il  quale  la  Regione
Campania non muove censure, alla  luce  delle  modifiche  apportatevi
dallo ius superveniens - che del  successivo  comma  7  del  medesimo
articolo,  argomentando  in  ordine  ai  parametri  ed   ai   profili
d'impugnazione dedotti dalla ricorrente. 
    29.-  Con  memoria  depositata  il  15  marzo  2016  l'Avvocatura
generale dello Stato  ha  svolto  argomenti  coincidenti  con  quelli
sviluppati a proposito dell'art. 38, comma 7, del  d.l.  n.  133  del
2014 nella memoria  depositata  in  relazione  all'impugnativa  della
Regione Lombardia. 
    Con successiva memoria depositata il 3 marzo  2017,  la  medesima
Avvocatura ha evidenziato la cessazione della materia del  contendere
quanto all'asserita impugnativa dell'art. 38, comma 1-bis,  del  d.l.
n. 133 del 2014 - stante l'abrogazione della  disposizione  ad  opera
dell'art. 1, comma 240, lettera b), della legge n.  208  del  2015  e
ribadito  gli  argomenti  gia'  esposti  nella   precedente   memoria
illustrativa a proposito del comma 7 dello stesso art. 38. 
    30.- Con ricorso depositato il 21 gennaio 2015 (reg. ric.  n.  14
del 2015) la Regione Calabria ha promosso, tra le altre, questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 38, commi 1, 4, 5 e 6, del d.l.
n. 133 del 2014 (come convertito), in  riferimento  agli  artt.  114,
117, terzo, quarto e quinto comma, 118 e 120 Cost. ed ai principi  di
leale collaborazione e  sussidiarieta',  nonche'  in  relazione  agli
artt. 1 della legge n. 239 del 2004, 31 del  decreto  legislativo  31
marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del  capo
I della legge 15 marzo 1997, n. 59), 6, comma 17, del d.lgs.  n.  152
del 2006,  4,  paragrafo  6,  della  direttiva  12  giugno  2013,  n.
2013/30/UE (Direttiva del Parlamento europeo e  del  Consiglio  sulla
sicurezza delle operazioni in mare nel settore  degli  idrocarburi  e
che modifica la direttiva 2004/35/CE), 1, paragrafo 1, lettera b),  e
6, paragrafo  1,  della  direttiva  16  aprile  2014,  n.  2014/52/UE
(Direttiva del Parlamento europeo e del  Consiglio  che  modifica  la
direttiva  2011/92/UE   concernente   la   valutazione   dell'impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati). 
    La Regione, dopo aver evidenziato che l'art. 38 del d.l.  n.  133
del 2014 inciderebbe  su  materie  di  competenza  concorrente  quali
«produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale   dell'energia»,
«governo  del  territorio»,  «valorizzazione  dei  beni  culturali  e
ambientali» e «tutela della salute», censura il comma 1 in quanto, in
ragione   dell'ampiezza   e   dell'indeterminatezza   dell'intervento
normativo operato e  della  semplificazione  ed  accelerazione  delle
procedure che ne seguirebbero, si porrebbe in contrasto con gli artt.
117, terzo e quarto comma, e 118 Cost. e  con  i  principi  di  leale
collaborazione  e  sussidiarieta',  escludendo  ogni   coinvolgimento
regionale. 
    Il successivo comma 4, riguardando l'intera  materia  ambientale,
non farebbe corretta applicazione  dei  principi  di  sussidiarieta',
differenziazione  ed  adeguatezza  nell'allocazione  delle   funzioni
amministrative, violando gli artt. 117, terzo, quarto e quinto comma,
118 e 120 Cost. 
    Anche i successivi commi 5 e 6 relativi al  rilascio  del  titolo
concessorio unico a seguito  di  un  procedimento  unico  svolto  nel
termine di centottanta giorni tramite apposita conferenza di  servizi
sarebbero illegittimi - in  quanto  contrari  agli  artt.  114,  117,
terzo, quarto e quinto comma, e 118  Cost.  nonche'  ai  principi  di
leale   collaborazione   e   sussidiarieta'   -   atteso   che    non
riconoscerebbero alla Regione, attraverso un'idonea intesa  in  senso
forte, una posizione specifica  differenziata  rispetto  a  qualsiasi
altra amministrazione. 
    Inoltre,  i  citati  commi  4,  5  e  6  non  garantirebbero   il
coinvolgimento degli enti locali, violando le norme di  principio  di
cui agli artt. 1 della legge n. 239 del 2004, 31 del  d.lgs.  n.  112
del  1998  e  6,  comma  17,  del  d.lgs.  n.   152   del   2006,   e
contrasterebbero  con  l'art.  4,  paragrafo   6,   della   direttiva
2013/30/UE nonche' con gli artt. 1, paragrafo 1,  lettera  b),  e  6,
paragrafo 1, della direttiva 2014/52/UE. 
    31.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'infondatezza del ricorso. 
    La difesa  erariale  anzitutto  evidenzia  come  la  chiamata  in
sussidiarieta' operata dall'art. 38, comma 1, del  d.l.  n.  133  del
2014 sia rispettosa del  principio  di  proporzionalita',  attesa  la
natura strategica degli interventi. Evidenzia inoltre come le Regioni
siano idoneamente  salvaguardate  attraverso  il  coinvolgimento  sia
nell'adozione del piano delle aree in cui consentire le attivita'  di
cui al comma 1, subordinato all'intesa con  la  Conferenza  unificata
(ex comma 1-bis, come modificato dall'art. 1, comma 554, della  legge
n. 190 del 2014) - a presidio di tutto  il  sistema  delle  autonomie
territoriali - sia con riguardo agli interventi  specifici,  mediante
l'intesa con le singole regioni (si  cita  la  sentenza  n.  163  del
2012). Di qui l'infondatezza delle censure mosse ai commi 4,  5  e  6
del medesimo art. 38. 
    Circa  la  dedotta  violazione  della   normativa   europea,   il
Presidente del Consiglio eccepisce l'inammissibilita' della questione
per mancata dimostrazione della lesione di competenze  regionali,  e,
nel merito, deduce l'infondatezza delle censure. 
    32.- E' intervenuto in giudizio il WWF Italia, assumendo  in  via
preliminare la propria legittimazione all'intervento e,  nel  merito,
sostenendo   l'illegittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
censurate dalla Regione Calabria, argomentando in ordine ai parametri
ed ai profili di censura dedotti dalla ricorrente. 
    33.-  Con  memoria  depositata  il  15  marzo  2016  l'Avvocatura
generale dello Stato  ha  anzitutto  dedotto  l'inammissibilita'  del
ricorso per sopravvenuta carenza di  interesse  quanto  alle  censure
rivolte all'art. 38, commi 1, 1-bis, e 5, del d.l. n. 133  del  2014,
alla luce delle modifiche apportate dalla legge n. 208 del  2015.  In
secondo luogo l'Avvocatura generale ha ribadito la legittimita' delle
disposizioni contenute nell'art. 38 del d.l.  n.  133  del  2014  che
incidono  sulla  disciplina  della  VIA,  anche  in   ragione   della
previsione del coinvolgimento delle Regioni attraverso  l'intesa  per
il rilascio del titolo concessorio unico. 
    Con memoria depositata il 2  maggio  2017  l'Avvocatura  generale
dello Stato ha svolto  argomenti  coincidenti  con  quelli  contenuti
nella propria memoria - salvo quanto ivi dedotto in  ordine  all'art.
38, commi 7 e 10, del d.l. n. 133 del 2014 - depositata in pari  data
in relazione al ricorso proposto dalla Regione Abruzzo. 
    34.- Con ricorso depositato il 4 marzo 2015 (reg. ric. n. 32  del
2015) la Regione Campania ha promosso, tra  le  altre,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 554,  della  legge  n.
190 del 2014, in riferimento  agli  artt.  117  e  118  Cost.  ed  al
principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. 
    La ricorrente evidenzia che  la  norma  censurata  ha  sostituito
l'art. 38, comma 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014 con una disposizione
del seguente tenore:  «Il  Ministro  dello  sviluppo  economico,  con
proprio decreto, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, predispone un piano delle  aree  in  cui  sono
consentite le attivita' di cui al comma 1. Il piano, per le attivita'
sulla  terraferma,  e'  adottato  previa  intesa  con  la  Conferenza
unificata. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, si provvede
con le modalita' di cui all'articolo 1, comma 8-bis, della  legge  23
agosto 2004, n. 239. Nelle more  dell'adozione  del  piano  i  titoli
abilitativi di cui al comma 1 sono rilasciati sulla base delle  norme
vigenti  prima  della  data  di  entrata  in  vigore  della  presente
disposizione». 
    Le censure  della  Regione  riguardano  il  terzo  periodo  della
disposizione, in quanto la procedura semplificata prevista  dall'art.
1, comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004 - secondo cui «[...]  nel
caso di mancata espressione da parte delle amministrazioni  regionali
degli atti di assenso o di intesa, comunque denominati, inerenti alle
funzioni di cui al comma 8 del presente articolo, entro il termine di
centocinquanta giorni dalla richiesta nonche'  nel  caso  di  mancata
definizione dell'intesa di cui al comma 5 dell'articolo  52-quinquies
del testo unico di cui al decreto del Presidente della  Repubblica  8
giugno 2001, n. 327, e nei casi di cui all'articolo 3, comma  4,  del
decreto legislativo  1°  giugno  2011,  n.  93,  il  Ministero  dello
sviluppo economico invita le medesime a provvedere entro  un  termine
non superiore a trenta giorni. In caso di ulteriore inerzia da  parte
delle amministrazioni  regionali  interessate,  lo  stesso  Ministero
rimette gli atti alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  la
quale, entro sessanta giorni dalla rimessione, provvede in merito con
la partecipazione della regione interessata [...]» -  conterrebbe  la
«drastica previsione» della decisivita' della volonta'  di  una  sola
parte in caso di dissenso, come conseguenza  automatica  del  mancato
raggiungimento dell'intesa e senza preventivo  ulteriore  svolgimento
di idonee procedure a cio'  finalizzate,  comunque  ostacolate  dalla
previsione di un termine esiguo. Di qui la violazione degli artt. 117
e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione di cui agli artt.
5 e 120 Cost., non  essendo  stati  rispettati  i  presupposti  della
chiamata in sussidiarieta'  realizzata  dalla  norma  in  materie  di
competenza concorrente. 
    35.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'infondatezza del ricorso. 
    La difesa statale,  premesso  che  il  sistema  delle  Conferenze
rappresenterebbe il principale strumento per consentire alle  Regioni
di avere un ruolo determinante nelle decisioni statali  che  incidono
su materia di loro competenza, evidenzia coma  la  procedura  di  cui
all'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004 sia  gia'  stata
scrutinata favorevolmente da questa Corte con la sentenza n. 239  del
2013. 
    Inoltre, tanto le norme  statali  ispirate  alla  semplificazione
amministrativa ed alla celerita', al fine  di  garantire  sull'intero
territorio nazionale la conclusione del  procedimento  autorizzatorio
entro termini definiti, quanto quelle che definiscono le modalita' di
esercizio dell'intesa e, soprattutto, le procedure per ricercarla  in
caso  di  diniego  e  comunque   di   supplire   alla   sua   carenza
rappresenterebbero principi fondamentali che il  legislatore  sarebbe
legittimato  a  dettare  in  materie  a  competenza  concorrente.  Ne
conseguirebbe la legittimita' della  normativa  nella  parte  attinta
dalla censura. 
    36.- Con ricorso depositato il 5 marzo 2015 (reg. ric. n. 35  del
2015) la Regione Abruzzo ha promosso,  tra  le  altre,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 554,  della  legge  n.
190 del 2014 in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo
comma, Cost. 
    Ad  avviso  della  ricorrente,  l'intesa  prevista  dalla   norma
garantirebbe soltanto una forma "debole" di partecipazione  regionale
alla predisposizione del piano delle aree ove consentire le attivita'
di cui al comma 1 dell'art. 38 del d.l. n.  133  del  2014,  peraltro
limitatamente alle sole attivita' sulla terraferma e non esteso anche
al mare continentale, ambito compreso nella competenza regionale.  La
mancata  previsione  dell'intesa  forte,  estesa  alle  attivita'  da
svolgere   in   mare,   renderebbe   illegittima   la   chiamata   in
sussidiarieta' operata dalla norma, con conseguente violazione  degli
artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. 
    37.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo la reiezione del ricorso. 
    La difesa erariale anzitutto  evidenzia  come,  in  generale,  il
sistema delle conferenze  rappresenti  il  principale  strumento  per
consentire  alle  Regioni  di  avere  un  ruolo  determinante   nelle
decisioni statali che incidono su  materia  di  loro  competenza.  In
particolare, l'acquisizione dell'intesa con la  Conferenza  unificata
garantirebbe la partecipazione  sia  delle  Regioni  che  degli  enti
locali e sarebbe lo strumento adeguato di coinvolgimento, atteso  che
non verrebbe in gioco l'interesse esclusivo  della  singola  Regione,
come nel rilascio dello specifico titolo abilitativo, per il quale e'
prevista l'intesa con la stessa. Peraltro,  la  determinazione  delle
modalita' della collaborazione  nonche'  le  procedure  per  superare
l'eventuale stallo rappresenterebbero principi  fondamentali  che  il
legislatore statale  sarebbe  legittimato  a  dettare  in  materie  a
competenza concorrente. 
    In  secondo  luogo  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
evidenzia come il mare continentale, in cui potrebbero intervenire le
attivita' previste dall'art. 38, comma 1, del d.l. n. 133  del  2014,
costituisca un ambito territoriale sottratto  alla  competenza  della
singola Regione -  che  sarebbe  anche  difficile  individuare  quale
portatrice di un interesse -  e  ricadente  in  quella  dello  Stato,
considerati anche gli evidenti riflessi nei rapporti esteri. 
    38.- Con memoria depositata il 10 marzo 2016 la  Regione  Abruzzo
ha evidenziato l'avvenuta abrogazione dell'art. 38, comma 1-bis,  del
d.l. n. 133 del 2014, come sostituito dall'art. 1, comma  554,  della
legge n. 190 del  2014,  chiedendo,  in  ragione  di  cio',  che  sia
dichiarata cessata la materia del contendere. 
    Con  memoria  depositata  il  2  maggio  2017  la  ricorrente  ha
reiterato tale richiesta. 
    39.-  Con  memoria  depositata  il  2  maggio  2017  l'Avvocatura
generale dello  Stato  ha  chiesto  che  il  ricorso  sia  dichiarato
inammissibile  per  sopravvenuta   carenza   di   interesse,   attesa
l'abrogazione dell'art. 38, comma 1-bis, del d.l. n. 133 del  2014  -
come modificato dall'art. 1, comma 554, della legge n. 190 del 2014 -
ad opera dell'art. 1, comma 240, lettera b), della legge n.  208  del
2015. 
    40.- Con ricorso depositato il 6 marzo 2015 (reg. ric. n. 39  del
2015) la Regione Marche ha  promosso,  tra  le  altre,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 554,  della  legge  n.
190 del 2014 in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo
comma, Cost. 
    Anzitutto, la ricorrente lamenta che, nelle materie di competenza
concorrente  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia»  e  «governo  del  territorio»,  la  norma   impugnata,
realizzando una chiamata in sussidiarieta', abbia  previsto  l'intesa
con la Conferenza unificata anziche' con la Regione interessata. Cio'
sebbene le competenze coinvolte siano  di  pertinenza  della  singola
Regione. Viceversa,  l'intesa  normativamente  prevista  da  un  lato
coinvolgerebbe   gli   enti   locali,    estranei    all'attribuzione
costituzionale   delle   competenze   in   rilievo,   e    dall'altro
consentirebbe la pretermissione della Regione interessata, in  virtu'
dell'applicazione del principio della maggioranza. 
    Inoltre, l'intesa riguarderebbe  solo  le  aree  collocate  sulla
terraferma e non anche  quelle  ubicate  nel  mare  continentale,  in
mancanza di qualunque rilevante elemento di differenziazione. 
    Infine,  la  disposizione  consentirebbe   l'applicazione   della
procedura di superamento della mancata intesa prevista  dall'art.  1,
comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004 anche  al  caso  in  cui  lo
stallo decisionale non  dipenda  dall'inerzia  delle  amministrazioni
regionali, ma da divergenze sostanziali tra le parti, attribuendo  il
potere decisionale al Presidente del  Consiglio  dei  ministri  senza
prevedere lo svolgimento di reiterate trattative tra le parti ed,  al
limite, devolvere la decisione ad un organo terzo. 
    La norma, pertanto,  contrasterebbe  con  gli  artt.  117,  terzo
comma, e 118, primo comma, Cost., nella  parte  in  cui  prevede  una
previa intesa con  la  Conferenza  unificata  anziche'  con  ciascuna
Regione  interessata  e  limitatamente  alle   aree   ubicate   sulla
terraferma e nella parte  in  cui  prevede  il  procedimento  di  cui
all'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004 anche quando  la
mancata intesa dipenda da divergenze sostanziali. 
    41.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo la reiezione del ricorso. 
    La difesa erariale  sostiene  che  nella  materia  energetica  si
renderebbe costituzionalmente obbligata la  previsione  di  un'intesa
forte tra Stato e sistema delle autonomie territoriali  rappresentato
in sede di Conferenza unificata. Infatti, a differenza del  caso  del
singolo intervento, nell'adozione del piano delle aree  non  verrebbe
in gioco l'interesse esclusivo della singola Regione,  ma  l'esigenza
di una visione unitaria per l'intero territorio nazionale. 
    Quanto alla mancata estensione dell'intesa alle  aree  marittime,
esse sarebbero ubicate nel  mare  continentale,  ambito  territoriale
esulante dalla competenza regionale e ricadente in  quella  esclusiva
statale, anche per i risvolti transfrontalieri. 
    Infine, la determinazione delle  modalita'  della  collaborazione
nonche'   le    procedure    per    superare    l'eventuale    stallo
rappresenterebbero principi fondamentali che il  legislatore  statale
sarebbe legittimato a dettare in materie a competenza concorrente. 
    42.- Con memoria depositata il 15 marzo 2016 la Regione Marche ha
ribadito gli argomenti svolti in ricorso a supporto  dell'impugnativa
e  replicato  alle  difese  dell'Avvocatura  generale  dello   Stato,
insistendo per la declaratoria d'illegittimita' costituzionale  della
norma censurata o, in subordine,  di  cessazione  della  materia  del
contendere, alla luce dell'abrogazione dell'art. 38, comma 1-bis, del
d.l. n. 133 del 2014 ad opera dell'art. 1,  comma  240,  lettera  b),
della legge n. 208 del 2015. 
    Con memoria depositata il 2 maggio 2017 la Regione ha riepilogato
gli argomenti a sostegno dell'impugnativa e replicato alle difese del
Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l'accoglimento
del ricorso ove non fossero ravvisati gli estremi per la declaratoria
di cessazione della materia  del  contendere  in  ragione  dello  ius
superveniens. 
    43.- Con ricorso depositato il 6 marzo 2015 (reg. ric. n. 40  del
2015) la Regione Puglia ha  promosso,  tra  le  altre,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 554,  della  legge  n.
190 del 2014, in riferimento agli artt.  117,  terzo  comma,  e  118,
primo comma, Cost.,  adducendo  motivazioni  coincidenti  con  quelle
svolte  dalla  Regione  Marche  a  sostegno  dell'impugnazione  della
medesima disposizione. 
    44.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo la reiezione del ricorso per le ragioni gia' esposte
a proposito del ricorso della Regione  Marche  relativo  alla  stessa
norma. 
    45.- Con memoria depositata il 15 marzo 2016 la Regione Puglia ha
svolto considerazioni coincidenti con quelle contenute nella  memoria
illustrativa della Regione Marche, depositata in pari data,  relativa
all'impugnativa della medesima disposizione. 
    Con memoria depositata il 2 maggio  2017  la  Regione  Puglia  ha
svolto  argomenti  coincidenti  con  quelli  di  cui   alla   memoria
illustrativa della Regione Marche, depositata in pari data,  relativa
all'impugnativa della medesima disposizione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con un primo gruppo di ricorsi (rispettivamente  iscritti  al
reg. ric. n. 2, n. 4, n. 5, n. 6, n. 10, n. 13 e n. 14 del  2015)  le
Regioni  Abruzzo,  Marche,  Puglia,  Lombardia,  Veneto,  Campania  e
Calabria hanno promosso, tra  le  altre,  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'intero decreto-legge 12 settembre  2014,  n.  133
(Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la  realizzazione  delle
opere pubbliche, la digitalizzazione del  Paese,  la  semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive)  -  convertito  con  modificazioni  dalla
legge 11 novembre 2014, n. 164 - in  riferimento  all'art.  77  della
Costituzione; dell'intero art. 38 del citato decreto, in  riferimento
agli artt. 77, 117, secondo e terzo  comma,  e  118  Cost.;  nonche',
specificamente, dei commi 1, 1-bis, 2, 3, 4, 5, 6, 6-bis, 6-ter, 7, 8
e 10, del medesimo art. 38, in riferimento agli artt. 3,  5,  9,  11,
32, 97, 114, 117, primo, secondo, terzo, quarto e quinto comma,  118,
119  e  120  Cost.  ed   ai   principi   di   ragionevolezza,   leale
collaborazione e sussidiarieta', nonche' in relazione agli  artt.  31
del decreto legislativo  31  marzo  1998,  n.  112  (Conferimento  di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli
enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo  1997,  n.
59), 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni  per
l'adeguamento   dell'ordinamento   della   Repubblica   alla    legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), 1 della legge 23 agosto  2004,
n. 239 (Riordino del settore energetico, nonche'  delega  al  Governo
per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia), e
6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme  in
materia ambientale); all'art.  191  del  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione  europea  (TFUE),  alla  direttiva  30  maggio  1994,  n.
94/22/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del  Consiglio  relativa
alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni  alla
prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi), ed agli artt. 3,
paragrafo 2, lettera a), 4, e da 5 a 12, della  direttiva  27  giugno
2001, n. 2001/42/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
concernente la valutazione  degli  effetti  di  determinati  piani  e
programmi sull'ambiente), 4, paragrafo 6, della direttiva  12  giugno
2013, n. 2013/30/UE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
sulla  sicurezza  delle  operazioni  in  mare   nel   settore   degli
idrocarburi e che modifica la direttiva 2004/35/CE), 1, paragrafo  1,
lettera b), e 6, paragrafo 1, della  direttiva  16  aprile  2014,  n.
2014/52/UE (Direttiva del Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  che
modifica  la  direttiva   2011/92/UE   concernente   la   valutazione
dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati). 
    Con un secondo gruppo di  ricorsi  (rispettivamente  iscritti  al
reg. ric. n. 32, n. 35, n. 39 e n. 40 del 2015) le Regioni  Campania,
Abruzzo, Marche e Puglia hanno  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 554, della legge 23 dicembre  2014,
n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e  pluriennale  dello  Stato  -  (legge  di  stabilita'  2015)»,   in
riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., nonche' al principio di leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. 
    Le censure del primo gruppo  di  ricorsi  -  in  disparte  quelle
relative all'intero decreto-legge - riguardano  la  nuova  disciplina
delle  attivita'  minerarie  nel  settore  degli  idrocarburi  recata
dall'art. 38 del d.l. n. 133 del 2014, mentre  le  censure  contenute
nel  secondo  gruppo  si  concentrano  sulla  disposizione   che   ha
sostituito il comma 1-bis del citato  articolo,  afferente  al  piano
delle aree in cui consentire le attivita' di prospezione,  ricerca  e
coltivazione degli idrocarburi, nonche' di stoccaggio sotterraneo  di
gas naturale. 
    2.- I ricorsi vertono sulle  medesime  disposizioni  o  su  norme
strettamente  collegate  ed  avanzano   censure   in   larga   misura
coincidenti, onde l'opportunita' di riunire i giudizi ai fini di  una
decisione congiunta, riservando  a  separate  pronunce  lo  scrutinio
delle altre questioni di legittimita' costituzionale promosse con gli
stessi atti introduttivi. 
    3.- In via preliminare deve essere dichiarata  l'inammissibilita'
degli interventi spiegati dall'Associazione  Italiana  per  il  World
Wide Fund for Nature (WWF Italia) Onlus Ong  nei  giudizi  introdotti
con il primo gruppo di ricorsi e dall'Associazione "Amici  del  Parco
Archeologico di Pantelleria"  nel  giudizio  promosso  dalla  Regione
Puglia (reg. ric. n. 5 del 2015). 
    Quest'ultimo  intervento  e'   inammissibile   in   ragione   del
preliminare  ed  assorbente  profilo  relativo  alla  tardivita'  del
deposito, effettuato oltre il termine previsto dagli artt.  4,  comma
4, e 23 delle norme integrative per  i  giudizi  davanti  alla  Corte
costituzionale (sentenza n. 226 del 2003). 
    Quanto all'intervento del  WWF  Italia,  si  deve  richiamare  la
costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «il giudizio  di
costituzionalita' delle leggi, promosso  in  via  d'azione  ai  sensi
dell'art. 127 Cost. e degli artt. 31 e seguenti della legge 11  marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), si svolge esclusivamente tra  soggetti  titolari  di
potesta' legislativa e non ammette l'intervento di  soggetti  che  ne
siano  privi,  fermi  restando,  per  costoro,  ove  ne  ricorrano  i
presupposti, gli altri mezzi di tutela giurisdizionale  eventualmente
esperibili» (ex plurimis, sentenza n. 110 del 2016). 
    4.- Ancora  in  via  preliminare,  va  ribadita  in  questa  sede
l'inammissibilita' del  ricorso  presentato  dalla  Regione  Calabria
(reg. ric. n. 14  del  2015),  gia'  dichiarata  in  occasione  dello
scrutinio di altra questione di legittimita' costituzionale  promossa
con il medesimo ricorso in  ragione  della  tardivita'  del  deposito
della  deliberazione   della   Giunta   di   ratifica   del   decreto
presidenziale  con   cui   e'   stata   assunta   la   determinazione
all'impugnativa (sentenza n. 110 del 2016). 
    Nel corso della discussione in udienza  la  difesa  regionale  ha
sostenuto che il deposito non e' potuto  intervenire  tempestivamente
in quanto la Giunta che doveva ratificare il decreto  non  era  stata
ancora costituita. 
    L'argomento,  tuttavia,  non   inficia   l'inammissibilita'   del
ricorso. 
    L'art. 33, comma 8, della legge della Regione Calabria 19 ottobre
2004,  n.  25  (Statuto  della  Regione  Calabria),  attribuisce   al
Presidente della Giunta regionale il potere di  compiere,  nei  dieci
giorni successivi  alla  proclamazione,  gli  atti  improrogabili  ed
urgenti di competenza della Giunta. Tra  di  essi  rientra,  a  norma
dell'art. 32, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della  Corte  costituzionale),
la deliberazione alle impugnative davanti alla Corte  costituzionale,
stante anche quanto previsto dall'art. 36, comma 1, lettera l), dello
statuto regionale. 
    Nella fattispecie il decreto presidenziale e' intervenuto  il  12
gennaio 2015, ben  oltre  i  dieci  giorni  dalla  proclamazione  del
Presidente della Regione, risalente - secondo  quanto  si  legge  nel
decreto stesso, prodotto dalla ricorrente - al 9 dicembre 2014. 
    Dunque, anche a prescindere dai motivi che hanno  determinato  il
tardivo  deposito  della  deliberazione  della  Giunta   a   ratifica
dell'originario decreto, il ricorso  e'  comunque  inammissibile  per
difetto di legittimazione processuale attiva in  capo  al  Presidente
della Regione. 
    5.-  Sempre  in   via   preliminare,   deve   essere   dichiarata
inammissibile  la  questione  di  legittimita'   costituzionale   del
decreto-legge n. 133 del 2014 nella  sua  interezza,  promossa  dalla
Regione Lombardia in riferimento all'art. 77 Cost. 
    Non sussiste, infatti, la necessaria piena corrispondenza, quanto
ad oggetto, tra la deliberazione con cui la Giunta  regionale  si  e'
determinata all'impugnazione - che nella fattispecie non menziona  il
decreto-legge nella sua interezza  -  ed  il  ricorso  (ex  plurimis,
sentenza n. 153 del 2015). 
    Parimenti  inammissibile  e'   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'intero art. 38 del d.l. n. 133 del 2014, promossa
dalla Regione Abruzzo in riferimento all'art. 77 Cost. 
    Anche in questo caso  difetta  la  piena  corrispondenza  tra  la
deliberazione ad impugnare - che non include l'art. 77  Cost.  tra  i
parametri  dei  quali  si  lamenta  la  violazione  ad  opera   della
disposizione censurata - ed il contenuto del  ricorso  (ex  plurimis,
sentenza n. 110 del 2016). 
    6.- La Regione Lombardia impugna l'intero art. 38 del d.l. n. 133
del 2014 sia in riferimento all'art. 77, secondo comma,  Cost.  -  in
quanto difetterebbero  i  requisiti  previsti  per  il  ricorso  alla
decretazione d'urgenza - sia in riferimento agli artt. 117, secondo e
terzo comma, e 118 Cost., in quanto l'articolo detterebbe  misure  di
dettaglio in materie di competenza legislativa concorrente. 
    6.1.- La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'intero
art. 38 del d.l. n. 133 del  2014  in  riferimento  agli  artt.  117,
secondo e terzo comma, e 118 Cost. e' inammissibile. 
    Da un  lato,  l'evocazione  degli  artt.  117,  secondo  comma  -
peraltro contraddetta dall'assunto che l'art. 38 del d.l. n. 133  del
2014 inciderebbe su materie di competenza legislativa concorrente - e
118 Cost. risulta immotivata;  dall'altro,  la  censura  proposta  in
riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost. e' generica, non essendo
argomentata in relazione alle singole  disposizioni  -  connotate  da
varieta' contenutistica, seppur astretta da un'omogeneita' di  fondo,
come meglio si dira' nell'immediato prosieguo - di cui l'articolo  si
compone, e finisce per risultare priva  di  un'adeguata  motivazione,
esigenza che si pone in termini particolarmente pregnanti nei giudizi
in via principale (ex plurimis, sentenza n. 244 del 2016). 
    6.2.- La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'intero
art. 38 del d.l. n. 133 del 2014 in riferimento all'art. 77,  secondo
comma, Cost. non e' fondata. 
    La censura e' proposta sotto tre distinti profili: a) la mancanza
dei presupposti della necessita' ed  urgenza;  b)  la  non  immediata
applicabilita' della disciplina recata  dall'impugnato  art.  38,  in
contrasto con quanto richiesto dall'art. 15, comma 3, della legge  23
agosto  1988,  n.  400  (Disciplina  dell'attivita'  di   Governo   e
ordinamento della Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri);  c)  il
difetto di omogeneita' e coerenza delle misure introdotte. 
    Quanto al primo profilo, vale a dire la mancanza dei  presupposti
della straordinaria necessita' ed  urgenza,  occorre  ricordare  come
questa Corte, con  orientamento  costante,  abbia  affermato  che  il
proprio sindacato e' circoscritto «ai casi di "evidente mancanza" dei
presupposti di straordinaria necessita' e urgenza richiesti dall'art.
77,  secondo  comma,  Cost.  o  di  "manifesta   irragionevolezza   o
arbitrarieta' della relativa valutazione" (ex plurimis,  sentenze  n.
22 del 2012, n. 93 del 2011, n. 355 e n. 83  del  2010;  n.  128  del
2008; n. 171 del 2007)» (sentenza n. 10 del 2015; nello stesso senso,
sentenza n. 287 del 2016). 
    Considerati la notoria situazione di crisi  economica  sistemica,
il tenore delle disposizioni censurate e la ratio  che  le  ispira  -
consistente nella finalita' di  valorizzare  le  risorse  energetiche
nazionali,  consentire  il  raggiungimento  degli   obiettivi   della
strategia energetica, garantire la sicurezza degli approvvigionamenti
del Paese e sbloccare gli investimenti privati nel settore - non sono
riscontrabili ne' la mancanza  dei  presupposti  della  straordinaria
necessita' ed urgenza ne' l'irragionevolezza o l'arbitrarieta'  della
loro valutazione. Ne consegue l'infondatezza della censura  sotto  il
profilo in considerazione. 
    Quanto alla mancanza del requisito  di  immediata  applicabilita'
delle disposizioni censurate, occorre ricordare che l'art. 15,  comma
3, della legge n. 400 del  1988  prescrive  -  con  disposizione  che
rileva  anche  per  l'ulteriore  censura  relativa  al   difetto   di
omogeneita' e coerenza dell'impugnato art. 38 - che «I decreti devono
contenere misure di immediata applicazione e il loro  contenuto  deve
essere  specifico,  omogeneo  e  corrispondente  al  titolo»  e   che
«[l']art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina
dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
Consiglio dei Ministri) [...] pur non avendo, in se' e per se', rango
costituzionale,  e  non  potendo  quindi  assurgere  a  parametro  di
legittimita' in un  giudizio  davanti  a  questa  Corte,  costituisce
esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma  dell'art.  77
Cost.» (sentenze n. 220 del 2013 e n. 22 del 2012). 
    Tanto premesso, dalla mera lettura delle  disposizioni  impugnate
emergono  la  loro  portata  precettiva  e  la  immediata  e  diretta
applicabilita'.  Esse,  infatti,  lungi  dal   perseguire   finalita'
programmatiche, hanno  un  contenuto  qualificatorio  (strategicita',
indifferibilita'  ed  urgenza,  pubblica  utilita'  attribuita   alle
attivita'  ed  ai   relativi   titoli   abilitativi),   regolano   il
procedimento di adozione di uno  strumento  di  pianificazione  delle
attivita'  minerarie,  allocano  quello  di  valutazione  di  impatto
ambientale (VIA), prevedono le  condizioni  e  le  modalita'  per  il
rilascio del titolo concessorio unico ed il suo  subentro  ai  titoli
minerari precedenti, disciplinano il procedimento  di  autorizzazione
di progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti. Si tratta  di
disposizioni che, nell'assoluta maggioranza dei casi, non  richiedono
l'adozione di ulteriore normativa,  considerato,  peraltro,  che  «la
straordinaria necessita'  ed  urgenza  non  postula  inderogabilmente
un'immediata applicazione delle disposizioni normative contenute  nel
decreto-legge, ma ben puo' fondarsi sulla  necessita'  di  provvedere
con urgenza, anche laddove  il  risultato  sia  per  qualche  aspetto
necessariamente differito» (sentenza n. 16 del 2017). Ne consegue che
la censura proposta dalla Regione Lombardia non  e'  fondata  neanche
sotto questo profilo. 
    Infine, quanto al dedotto difetto di omogeneita' e coerenza della
normativa impugnata, secondo  la  giurisprudenza  costituzionale  «il
riconoscimento  dell'esistenza  dei  presupposti  fattuali,  di   cui
all'art. 77, secondo comma, Cost., [si ricollega] ad  una  intrinseca
coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o  dal  punto  di
vista oggettivo e materiale,  o  dal  punto  di  vista  funzionale  e
finalistico. La urgente necessita' del provvedere puo' riguardare una
pluralita'  di  norme  accomunate   dalla   natura   unitaria   delle
fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento  di  fronteggiare
situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che   richiedono
interventi oggettivamente  eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie
diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi  urgenti
a situazioni straordinarie venutesi a determinare»  (sentenza  n.  22
del 2012). 
    Le  disposizioni  contenute  nel  censurato  art.  38   risultano
omogenee per ratio al contenuto dell'intero decreto-legge n. 133  del
2014. Quest'ultimo, nonostante  la  diversita'  dei  settori  in  cui
interviene, reca  una  normativa  unitaria  sotto  il  profilo  della
finalita' perseguita,  come  questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di
affermare: «e' bensi' vero che il decreto-legge n. 133  del  2014  e'
riconducibile  alla  categoria  dei  "provvedimenti  governativi   ab
origine a contenuto plurimo", annoverati dalla Corte  tra  gli  "atti
[...] che di  per  se'  non  sono  esenti  da  problemi  rispetto  al
requisito dell'omogeneita'" (sent. n. 32  del  2014);  nondimeno,  le
molteplici disposizioni che lo compongono, ancorche'  eterogenee  dal
punto di vista materiale, presentano una sostanziale  omogeneita'  di
scopo, essendo tutte preordinate all'unitario obiettivo di accelerare
e  semplificare  la  realizzazione  e   la   conclusione   di   opere
infrastrutturali strategiche, nel piu' ampio quadro della  promozione
dello sviluppo economico e del rilancio delle  attivita'  produttive.
Il  decreto-legge  in   esame,   dunque,   ancorche'   articolato   e
differenziato  al  proprio  interno,  appare  fornito  di   una   sua
intrinseca coerenza» (sentenza n. 244 del 2016). 
    D'altra  parte,  l'art.  38  del  d.l.  n.  133   del   2014   e'
effettivamente orientato al  perseguimento  dell'indicato  obiettivo,
regolando - con intento semplificativo ed acceleratorio - l'attivita'
amministrativa concessoria nel settore degli idrocarburi (anche)  con
la finalita' di sbloccare gli investimenti privati in tale ambito. 
    L'articolo, infine, presenta altresi' un  contenuto  omogeneo  al
suo  interno,  dal  momento  che  si  compone  di  disposizioni   che
disciplinano organicamente misure  volte  alla  valorizzazione  delle
risorse energetiche nazionali. 
    Dunque, alla luce  delle  ragioni  che  precedono,  la  questione
promossa  non  e'  fondata  nemmeno  sotto  il  profilo   da   ultimo
considerato. 
    7.- Le Regioni Abruzzo e Veneto impugnano l'art. 38, comma 1, del
d.l. n. 133 del 2014 che - nella versione originaria - prevedeva  che
«Al fine di valorizzare le risorse energetiche nazionali e  garantire
la sicurezza degli approvvigionamenti  del  Paese,  le  attivita'  di
prospezione, ricerca  e  coltivazione  di  idrocarburi  e  quelle  di
stoccaggio  sotterraneo  di  gas  naturale  rivestono  carattere   di
interesse  strategico  e  sono  di  pubblica  utilita',   urgenti   e
indifferibili. I relativi titoli abilitativi comprendono pertanto  la
dichiarazione  di  pubblica  utilita',  indifferibilita'  ed  urgenza
dell'opera e l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio  dei
beni in essa compresi, conformemente al decreto del Presidente  della
Repubblica 8 giugno 2001,  n.  327,  recante  il  testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione
per pubblica utilita'». 
    In particolare, secondo la  Regione  Abruzzo,  la  qualificazione
delle citate attivita' come di interesse  strategico  e  di  pubblica
utilita', urgenti  ed  indifferibili  sarebbe  generica  e  priva  di
motivazione idonea ad attribuire tale  status  a  priori  ed  in  via
generale ed astratta. Inoltre, la strategicita' non  corrisponderebbe
al requisito di proporzionalita' richiesto per la cosiddetta chiamata
in sussidiarieta' e determinerebbe l'applicazione alle  attivita'  in
considerazione di una procedura semplificata ed accelerata di VIA che
inibirebbe l'intervento della  Regione  nell'iter  autorizzativo,  in
contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. 
    La  Regione  Veneto  sostiene  che  la  norma  realizzerebbe  una
chiamata in sussidiarieta' nella materia  di  competenza  concorrente
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», senza
al contempo prevedere un'intesa in senso forte con le Regioni,  cosi'
violando gli artt. 117, terzo comma, 118 e 120 Cost. 
    La disposizione censurata e' stata sostituita dall'art. 1,  comma
240, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n.  208  (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -
legge  di  stabilita'  2016),  statuendo   che   «Le   attivita'   di
prospezione, ricerca  e  coltivazione  di  idrocarburi  e  quelle  di
stoccaggio sotterraneo di gas naturale sono di pubblica  utilita'.  I
relativi titoli abilitativi comprendono pertanto la dichiarazione  di
pubblica utilita'». 
    Lo ius superveniens, tuttavia, non determina la cessazione  della
materia del contendere, la quale, secondo la costante  giurisprudenza
di questa Corte, richiede che la modifica della norma  censurata  sia
satisfattiva delle pretese avanzate con il ricorso  e  che  essa  non
abbia medio tempore ricevuto applicazione (di recente, sentenza n. 50
del 2017). 
    Quanto  alla  prima  condizione,  la  disposizione  sopravvenuta,
mantenendo l'unilaterale qualificazione di  pubblica  utilita'  delle
attivita' ed il relativo effetto declaratorio  ad  opera  dei  titoli
abilitativi, non soddisfa le ragioni dedotte dalle ricorrenti. Quanto
alla seconda, si deve rilevare che  la  norma  originaria  ha  natura
autoapplicativa, in considerazione del contenuto qualificatorio, e si
riferisce a tutti i  «titoli  abilitativi»,  dunque  anche  a  quelli
precedenti al titolo concessorio unico - come,  peraltro,  si  evince
indirettamente anche dall'art. 14 del  decreto  del  Ministero  dello
sviluppo economico del 25 marzo 2015 (Aggiornamento del  disciplinare
tipo in attuazione dell'articolo 38 del  decreto-legge  12  settembre
2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11  novembre
2014, n. 164), che, nel ribadire il contenuto della norma  censurata,
richiama anche la normativa afferente ai titoli minerari di cui  alla
legge del 9 gennaio 1991, n. 9  (Norme  per  l'attuazione  del  nuovo
Piano   energetico   nazionale:   aspetti   istituzionali,   centrali
idroelettriche   ed   elettrodotti,    idrocarburi    e    geotermia,
autoproduzione e  disposizioni  fiscali)  -  frattanto  eventualmente
rilasciati, difettando cosi' certezze in ordine  al  requisito  della
mancata applicazione. 
    7.1.- Tanto premesso, la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 38, comma 1, del d.l.  n.  133  del  2014,  promossa  dalla
Regione Abruzzo in riferimento agli artt. 117,  terzo  comma,  e  118
Cost., non e' fondata. 
    La  norma  censurata  prevede  una  fattispecie  di  chiamata  in
sussidiarieta', cui,  secondo  il  costante  orientamento  di  questa
Corte, «[l]o Stato puo'  ricorrere  [...]  "al  fine  di  allocare  e
disciplinare una funzione amministrativa (sentenza n. 303  del  2003)
pur quando la materia, secondo un criterio di prevalenza,  appartenga
alla competenza regionale concorrente, ovvero residuale" (sentenza n.
278 del 2010)» (sentenza n. 7 del 2016), ossia, nel  caso  in  esame,
alla  materia  concorrente  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia» (sentenze n. 114 del 2017 e n. 383 del 2005). 
    Secondo la ricorrente, la norma non corrisponderebbe a quanto  da
questa Corte affermato in piu' occasioni: «perche' nelle  materie  di
cui all'art. 117, terzo e quarto  comma,  Cost.,  una  legge  statale
possa legittimamente attribuire  funzioni  amministrative  a  livello
centrale ed al tempo stesso regolarne l'esercizio, e' necessario  che
essa  innanzi  tutto   rispetti   i   principi   di   sussidiarieta',
differenziazione ed  adeguatezza  nella  allocazione  delle  funzioni
amministrative, rispondendo ad esigenze di esercizio unitario di tali
funzioni. E' necessario, inoltre, che tale legge detti una disciplina
logicamente pertinente, dunque idonea alla regolazione delle suddette
funzioni, e che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile
a tale fine [...]» (ex plurimis, sentenza n. 7 del  2016,  punto  2).
Insomma,  occorre  che  «"la  valutazione   dell'interesse   pubblico
sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato
sia proporzionata"  e  "non  risulti  affetta  da  irragionevolezza"»
(sentenza n. 142 del 2016). In forza  di  tali  principi  sono  state
ritenute  illegittime  norme  che  pretendevano  di  realizzare   una
chiamata in sussidiarieta' «prevedendo una attribuzione generalizzata
ed astratta ad un organo statale di  un  insieme  indifferenziato  di
funzioni, individuate in modo generico e caratterizzate anche da  una
notevole  eterogeneita'  quanto  alla   possibile   incidenza   sulle
specifiche attribuzioni di competenza» (sentenze n. 144 del 2014 e n.
232 del 2011) in «assoluta carenza nel contesto  dispositivo  di  una
qualsiasi esplicitazione sia dell'esigenza di assicurare  l'esercizio
unitario perseguito attraverso tali funzioni, sia  della  congruita',
in termini di proporzionalita' e ragionevolezza, di detta  avocazione
rispetto al fine voluto ed ai mezzi predisposti per raggiungerlo, sia
della impossibilita' che le funzioni amministrative de quibus possano
essere  adeguatamente  svolte  agli   ordinari   livelli   inferiori»
(sentenze n. 144 del 2014 e n. 232 del 2011). 
    L'intervento normativo in esame, tuttavia, non e' assimilabile  a
quelli da ultimo descritti. Esso, infatti, riguarda le sole attivita'
di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi e quelle  di
stoccaggio  sotterraneo  di  gas  naturale  e   i   relativi   titoli
abilitativi; dunque, un ambito circoscritto, con riferimento al quale
l'art. 38, comma 1, esplicita, seppur sinteticamente -  «Al  fine  di
[...] garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese» - le
ragioni di unitarieta' e proporzionalita'  fondanti  la  chiamata  in
sussidiarieta'. La menzionata finalita',  peraltro,  costituisce  uno
degli «obiettivi generali di politica energetica del  Paese,  il  cui
conseguimento   e'   assicurato   sulla   base   dei   principi    di
sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e leale  collaborazione
dallo Stato, dall'Autorita' per l'energia elettrica e il  gas,  dalle
regioni e dagli enti locali» (art. 1, comma 3, lettera a, della legge
n. 239 del 2004). A tal fine sono state  attribuite  allo  Stato  «le
determinazioni inerenti la prospezione,  ricerca  e  coltivazione  di
idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, adottate,
per la terraferma, di intesa con le  regioni  interessate»  (art.  1,
comma 7, lettera n, della legge n. 239 del 2004), tanto da non essere
stati trasferiti alle Regioni «[...] i giacimenti  petroliferi  e  di
gas e le relative pertinenze nonche' i  siti  di  stoccaggio  di  gas
naturale e le relative pertinenze» (art. 3, comma 1, lettera  a,  del
decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85,  recante  «Attribuzione  a
comuni, province,  citta'  metropolitane  e  regioni  di  un  proprio
patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009,
n. 42»). 
    In tale contesto l'accentramento realizzato dalla norma impugnata
non risulta sproporzionato bensi' coerente (in tal senso, sentenza n.
142 del 2016)  col  carattere  strategico  degli  interventi  cui  si
rivolge (sentenza n. 165 del 2011) e  si  giustifica  alla  luce  del
ruolo centrale nella politica energetica  nazionale  (in  tal  senso,
sentenza n. 313 del 2010) gia' riconosciuto alle attivita'  minerarie
nel settore degli idrocarburi. 
    Quanto al preteso effetto acceleratorio e  semplificatorio  sulla
procedura  di  VIA  asseritamente   ascrivibile   alla   declaratoria
normativa di strategicita',  il  presupposto  interpretativo  da  cui
muove la Regione e' erroneo, risultando smentito dall'art. 38,  comma
6-bis - aggiunto in sede di conversione - del d.l. n. 133  del  2014,
il quale rimanda alle normali «modalita'» e «competenze» di cui  alla
Parte II del d.lgs. n. 152 del 2006, nel cui ambito si collocano  gli
artt. da 19 a 29  che  disciplinano  in  linea  generale  l'ordinaria
procedura di VIA. 
    7.2.- La questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  38,
comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, promossa dalla Regione  Veneto  in
riferimento agli artt. 117, terzo comma, 118  e  120  Cost.,  non  e'
fondata. 
    Diversamente   da   quanto   lamentato   dalla   ricorrente,    e
coerentemente  con  la  costante  giurisprudenza  costituzionale  (ex
plurimis, sentenza n. 7 del  2016),  la  chiamata  in  sussidiarieta'
realizzata dalla norma censurata richiede l'intesa con la Regione per
ogni tipologia di titolo abilitativo  all'esercizio  delle  attivita'
minerarie nel settore degli idrocarburi. 
    In particolare, quanto ai titoli disciplinati dalla  legge  n.  9
del 1991, l'intesa con le Regioni interessate e'  prevista  dall'art.
1, comma 7, lettera n), della legge n. 239 del 2004, che la prescrive
in generale per «le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e
coltivazione di  idrocarburi»  sulla  terraferma;  quanto  al  titolo
concessorio  unico,  l'intesa  per  lo  svolgimento  delle  attivita'
minerarie sulla terraferma e' esplicitamente prevista  dall'art.  38,
comma 6, lettera b), del  d.l.  n.  133  del  2014;  infine,  per  le
attivita' di stoccaggio di gas  naturale,  l'intesa  con  la  Regione
interessata e' richiesta  dall'art.  3,  comma  2,  del  decreto  del
Ministero dello sviluppo economico del 21 gennaio 2011 (Modalita'  di
conferimento della concessione  di  stoccaggio  di  gas  naturale  in
sotterraneo e relativo disciplinare  tipo),  adottato  in  attuazione
dell'art. 11, comma 1, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164
(Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni  per  il
mercato interno del gas naturale,  a  norma  dell'articolo  41  della
legge 17 maggio 1999, n. 144). 
    Con riguardo alle attivita' minerarie in mare, non  si  configura
alcuna fattispecie di attrazione in sussidiarieta', stante il difetto
di competenza regionale in detto ambito, come  meglio  risultera'  in
prosieguo. 
    8.- Le Regioni Abruzzo,  Marche,  Puglia  e  Lombardia  impugnano
l'art. 38, comma 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014, introdotto in  sede
di conversione, che originariamente prevedeva che il  Ministro  dello
sviluppo  economico,  con  proprio  decreto,  sentito   il   Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, predisponesse
un piano delle aree in cui consentire le attivita' minerarie  di  cui
al comma 1 del medesimo art. 38. 
    La disposizione in questione e'  stata  sostituita  dall'art.  1,
comma 554, della  legge  n.  190  del  2014,  in  virtu'  del  quale,
diversamente da quanto precedentemente previsto, il piano delle  aree
disponibili per le attivita' minerarie doveva  essere  adottato,  per
quelle sulla terraferma, previa intesa con la  Conferenza  unificata.
In caso di mancato raggiungimento della stessa,  la  norma  disponeva
che si provvedesse con le modalita' di cui all'art. 1,  comma  8-bis,
della legge n. 239 del 2004  e  che,  nelle  more  dell'adozione  del
piano, i titoli abilitativi di cui  al  comma  1  fossero  rilasciati
sulla base delle norme previgenti. 
    La nuova versione del menzionato comma 1-bis e'  stata  impugnata
dalla Regione Veneto; il citato comma 554 e'  stato  impugnato  dalle
Regioni Campania, Abruzzo, Marche e Puglia. 
    L'art. 1, comma 240, lettera b), della legge n. 208 del  2015  ha
abrogato l'art. 38, comma 1-bis, del  d.l.  n.  133  del  2014,  come
modificato dall'art. 1, comma 554, della legge n. 190 del 2014. 
    Prima dell'abrogazione la norma sul piano delle aree non  ha  mai
trovato applicazione, cosi' come questa Corte ha gia' avuto  modo  di
affermare (sentenza n. 114  del  2017),  mentre  il  previsto  regime
transitorio non e' stato censurato. 
    Pertanto, coerentemente a quanto costantemente ritenuto da questa
Corte  (ex  plurimis,  sentenza  n.  50  del  2017),  sussistono   le
condizioni  per  dichiarare  cessata  la   materia   del   contendere
limitatamente alle questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
38, comma 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014 e dell'art. 1,  comma  554,
della legge n. 190 del 2014. 
    9.- La Regione Veneto impugna l'art. 38, comma 2, del d.l. n. 133
del 2014, secondo cui, «Qualora le opere di cui al comma 1 comportino
variazione    degli    strumenti     urbanistici,     il     rilascio
dell'autorizzazione ha effetto di variante urbanistica». Prescrivendo
l'effetto di variante, la norma non si limiterebbe ad una  disciplina
di principio nella materia urbanistica, rientrante  nella  competenza
legislativa concorrente, ma recherebbe una normativa di dettaglio, in
contrasto  con  gli  artt.  117,  terzo  comma,  118  e  120   Cost.,
quest'ultimo espressivo del principio di leale collaborazione. 
    Dette censure sono inammissibili in riferimento agli artt. 118  e
120 Cost. e non fondate in riferimento  all'art.  117,  terzo  comma,
Cost. 
    Anche la  disposizione  censurata  realizza  una  fattispecie  di
attrazione in sussidiarieta', riconducendo ai titoli  abilitativi  di
cui all'art. 38, comma 1,  del  d.l.  n.  133  del  2014  l'eventuale
effetto di variante urbanistica. 
    Poiche' la chiamata in sussidiarieta'  consente  di  regolare  la
funzione amministrativa in rilievo pur quando la  materia  appartenga
alla competenza regionale concorrente  o  addirittura  residuale,  in
presenza  di  tale  fattispecie  la  distinzione  tra  normativa   di
principio e  normativa  di  dettaglio  e'  destinata  a  dissolversi,
dovendosi piuttosto valutare la rispondenza della norma, da un  lato,
ai criteri dell'art.  118  Cost.  per  allocazione  e  disciplina  e,
dall'altro, al principio di leale collaborazione (sentenza n.  6  del
2004).  Da  cio'  discende  che,  nell'ambito   della   chiamata   in
sussidiarieta',  il  legislatore  ha  correttamente  disciplinato  la
funzione anche nel dettaglio. Quanto all'evocazione degli artt. 118 e
120 Cost., come espressivi del  principio  di  leale  collaborazione,
essa risulta inammissibile, atteso che la ricorrente non denuncia  la
mancanza degli estremi per l'attrazione in sussidiarieta',  cui  tali
parametri si riferiscono. 
    10.- La Regione Veneto impugna altresi' l'art. 38, comma  3,  del
d.l. n. 133 del 2014, che, modificando il punto 7)  dell'allegato  II
della parte seconda del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  in  virtu'  del
richiamo  operato  dall'art.  7,  comma  3,  del  medesimo   decreto,
sottrarrebbe interamente alla Regione la competenza sui  procedimenti
di VIA afferenti ai progetti relativi ad  attivita'  di  prospezione,
ricerca e coltivazione degli idrocarburi sulla  terraferma.  Cio'  in
una  materia,  quella  della  tutela  dell'ambiente,  intrinsecamente
trasversale, in cui alle Regioni, nell'ambito delle loro  competenze,
sarebbe consentito di determinare un aumento dei livelli  di  tutela.
In tal modo la norma violerebbe gli artt. 117, terzo e quarto  comma,
e 118 Cost. 
    La questione non e' fondata. 
    Per costante giurisprudenza di questa Corte la disciplina in tema
di VIA e la relativa procedura  vanno  ascritte  alla  materia  della
«tutela dell'ambiente», di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera
s), Cost. (sentenze n. 114 del 2017, n. 117 del 2015, n. 199 del 2014
e n. 221 del 2010). La VIA «e' autonoma, ancorche' connessa, rispetto
al procedimento amministrativo  nell'ambito  del  quale  si  colloca»
(sentenza n. 221 del 2010). Dunque, ove pure  siano  presenti  ambiti
materiali di spettanza regionale, deve ritenersi prevalente il citato
titolo di legittimazione statale (sentenze n. 93 del 2013  e  n.  234
del  2009).  All'identificazione  della  competenza   esclusiva   del
legislatore statale  conseguono,  da  un  lato,  l'impossibilita'  di
configurare una fattispecie di chiamata in  sussidiarieta'  (sentenza
n. 114 del 2017) e, dall'altro, la spettanza allo stesso  del  potere
di allocare le relative funzioni amministrative ai diversi livelli di
governo ed anche ad organi centrali ove giustificato  alla  luce  dei
principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza (sentenze
n. 20 del 2012, n. 234 del 2009 e n. 225  del  2009),  senza  che  la
Regione abbia titolo per concorrere al relativo  esercizio  (sentenza
n. 278 del 2010). 
    Peraltro, la ricorrente,  pur  evocando  l'art.  118  Cost.,  non
contesta affatto che l'allocazione delle funzioni a livello  centrale
sia adeguata o risponda ad esigenze di esercizio unitario. 
    11.- Le Regioni  Abruzzo,  Marche,  Puglia,  Lombardia  e  Veneto
impugnano anche l'art. 38, comma 4, del d.l.  n.  133  del  2014,  il
quale prevede un regime transitorio per l'allocazione delle procedure
di VIA, disponendo che «Per i procedimenti di valutazione di  impatto
ambientale in corso presso le regioni alla data di entrata in  vigore
del  presente  decreto,  relativi   alla   prospezione,   ricerca   e
coltivazione di idrocarburi, la regione  presso  la  quale  e'  stato
avviato il procedimento conclude lo stesso entro il  31  marzo  2015.
Decorso inutilmente tale termine, la regione  trasmette  la  relativa
documentazione  al  Ministero  dell'ambiente  e  della   tutela   del
territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza, dandone
notizia al Ministero dello sviluppo economico. I conseguenti oneri di
spesa istruttori rimangono a carico delle societa' proponenti e  sono
versati   all'entrata   del   bilancio   dello   Stato   per   essere
successivamente riassegnati al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare». 
    Le censure dalle  ricorrenti  possono  essere  sintetizzate  come
segue:  a)  la  norma  determinerebbe  un'avocazione  allo  Stato  di
funzioni  di  attuale  titolarita'  regionale,   in   riferimento   a
procedimenti gia' in corso, correlata al mero decorso del tempo ed in
assenza di coinvolgimento della Regione, sebbene si tratti di  ambiti
materiali in cui essa potrebbe intervenire, eventualmente  innalzando
il livello di tutela, in violazione degli artt. 117, secondo, terzo e
quarto comma, e 118, primo comma, Cost. (Regioni Abruzzo, Lombardia e
Veneto); b) la disposizione violerebbe l'art. 120 Cost.,  in  quanto,
da un lato, la sostituzione non avverrebbe ad opera del  Governo  nel
suo complesso ma da parte di una sua  componente  e  non  secondo  le
condizioni previste dall'art. 8, comma 1, della legge n. 131 del 2003
o un modulo collaborativo ispirato ad analoghi criteri, che coinvolga
adeguatamente la  Regione  interessata  dall'attivazione  del  potere
sostitutivo (Regioni Marche, Puglia e Lombardia)  e,  dall'altro,  la
sostituzione   dello   Stato   agli   enti   locali   estrometterebbe
completamente la Regione nonostante l'art. 120 Cost. legittimi  anche
il legislatore regionale, nelle  materie  di  propria  competenza,  a
disciplinare un potere sostitutivo in relazione  all'esercizio  delle
funzioni di competenza  dei  Comuni  ai  sensi  dell'art.  118  Cost.
(Regione Lombardia); c) la norma,  determinando  un  irragionevole  e
notevole  aggravio  del  lavoro  della  Commissione  VIA   nazionale,
violerebbe gli artt. 3 e 97 Cost.,  con  un'evidente  ricaduta  sulle
competenze regionali (Regione Veneto); d) l'attribuzione  allo  Stato
dei  procedimenti  di  VIA  in  corso,  lesiva  dell'art.  3   Cost.,
estenderebbe  la  propria  illegittimita'   alla   previsione   della
spettanza dei relativi oneri di spesa istruttori al bilancio statale,
con conseguente violazione dell'art. 119 Cost. (Regione Lombardia). 
    11.1.-  Preliminarmente  si  deve  rilevare  come,  con   memoria
depositata in  prossimita'  dell'udienza,  la  difesa  della  Regione
Abruzzo abbia rinunciato all'impugnativa dell'art. 38, comma  4,  del
d.l. n. 133 del 2014. Cio', tuttavia,  non  determina  la  cessazione
della materia del contendere, atteso  che  la  deliberazione  in  tal
senso della Giunta regionale non e' stata prodotta in tempo utile per
poter essere presa in considerazione. 
    11.2.- Le questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  38,
comma 4, del d.l. n. 133 del 2014, promosse  dalle  Regioni  Abruzzo,
Lombardia e Veneto in riferimento agli artt. 117,  secondo,  terzo  e
quarto comma, e 118, primo comma, Cost., non sono fondate. 
    Al riguardo vale quanto detto a proposito delle analoghe  censure
rivolte al comma 3 del medesimo articolo: dall'identificazione  della
competenza esclusiva del legislatore statale  in  materia  di  tutela
dell'ambiente - cui ricondurre anche la norma  in  esame,  sempre  in
tema di VIA - discende, da un lato, l'impossibilita'  di  configurare
una fattispecie  di  chiamata  in  sussidiarieta',  «con  conseguente
infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale  proposte
in riferimento ai parametri che la presidiano» (sentenza n.  114  del
2017), e, dall'altro, la spettanza al legislatore statale del  potere
di allocare le relative funzioni amministrative ai diversi livelli di
governo ed anche presso organi centrali ove  giustificato  alla  luce
dei principi di sussidiarieta',  differenziazione  ed  adeguatezza  -
della cui violazione le ricorrenti nella fattispecie non si dolgono -
senza  che  la  Regione  abbia  titolo  per  concorrere  al  relativo
esercizio. 
    Con specifico riguardo al regime transitorio di trasferimento  in
sede statale delle procedure  di  VIA  non  tempestivamente  definite
presso le Regioni, si deve altresi' rilevare che «la previsione di un
termine  entro  cui  il  procedimento  deve  concludersi   [...   e']
espressione di una generale esigenza di speditezza volta a  garantire
uniformemente su tutto il territorio nazionale il celere  svolgimento
del procedimento autorizzatorio (cfr.  sentenza  n.  336  del  2005)»
(sentenza n. 383 del 2005) e che «deve desumersi da  quanto  previsto
dall'art.  118  Cost.  [...]  anche  la  previsione  di  "eccezionali
sostituzioni di un livello ad un altro di governo per  il  compimento
di specifici atti o attivita', considerati dalla legge necessari  per
il perseguimento degli interessi unitari coinvolti,  e  non  compiuti
tempestivamente dall'ente competente"  (sentenza  n.  43  del  2004)»
(sentenza n. 249 del 2009). 
    11.3.- Non sono neppure  fondate  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 4,  del  d.l.  n.  133  del  2014,
promosse dalle Regioni Marche,  Puglia  e  Lombardia  in  riferimento
all'art. 120 Cost., anche in relazione all'art.  8,  comma  1,  della
legge n. 131 del 2003. 
    Le funzioni e le procedure di VIA afferenti ai progetti  relativi
ad attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi
sulla terraferma sono state allocate  presso  organi  centrali  -  in
applicazione dell'art. 118 Cost. - dall'art. 38, comma 3, del d.l. n.
133 del 2014, onde  soddisfare  le  esigenze  unitarie  che  permeano
l'intera disciplina dettata da tale articolo nel  settore  energetico
in considerazione. Alla luce di cio',  l'avocazione  delle  procedure
che non siano state tempestivamente esaurite dalle  Regioni  dopo  la
gia' avvenuta assunzione in via ordinaria delle relative funzioni  da
parte dello Stato trova il proprio fondamento nell'art. 118  Cost.  e
non viola l'art. 120 Cost., il quale riguarda la diversa  fattispecie
di sostituzione statale nell'esercizio di una competenza di spettanza
regionale. 
    Questa Corte ha infatti chiarito  che,  «quando  si  applichi  il
principio di sussidiarieta' di cui all'art. 118 Cost., quelle  stesse
esigenze  unitarie  che  giustificano  l'attrazione  della   funzione
amministrativa per sussidiarieta' consentono di  conservare  in  capo
allo Stato poteri acceleratori  da  esercitare  nei  confronti  degli
organi della Regione che restino inerti. In breve, la  gia'  avvenuta
assunzione  di  una  funzione  amministrativa  in   via   sussidiaria
legittima l'intervento sollecitatorio  diretto  a  vincere  l'inerzia
regionale. Nella fattispecie  di  cui  all'art.  120  Cost.,  invece,
l'inerzia  della  Regione  e'  il  presupposto   che   legittima   la
sostituzione statale nell'esercizio di una competenza che e' e  resta
propria dell'ente sostituito» (sentenza n. 303 del 2003). 
    Le considerazioni che precedono determinano l'infondatezza  anche
dell'altro profilo di censura formulato dalla  Regione  Lombardia  in
riferimento all'art. 120 Cost.,  che  non  trova  applicazione  nella
fattispecie in considerazione. Ne' giova richiamare la giurisprudenza
di questa Corte secondo cui «non puo' farsi discendere dall'art. 120,
secondo comma, Cost. una riserva a favore della legge statale di ogni
disciplina del potere sostitutivo,  dovendosi  viceversa  riconoscere
che  "la  legge  regionale,  intervenendo  in  materie   di   propria
competenza e nel disciplinare, ai sensi dell'art. 117, terzo e quarto
comma, e dell'art. 118, primo e secondo comma, Cost., l'esercizio  di
funzioni amministrative  di  competenza  dei  Comuni,  preveda  anche
poteri sostitutivi in capo ad organi regionali, per il compimento  di
atti o attivita' obbligatorie, nel caso di inerzia o di inadempimento
da parte dell'ente competente, al  fine  di  salvaguardare  interessi
unitari che sarebbero compromessi dall'inerzia  o  dall'inadempimento
medesimi" (sentenza n. 43 del 2004)» (sentenza n. 249 del 2009). 
    Fermo restando che la fattispecie in esame si colloca al di fuori
della portata applicativa  dell'art.  120  Cost.,  si  deve  comunque
rilevare che,  alla  stregua  di  quanto  gia'  detto,  nel  caso  in
considerazione non si verte in un ambito di competenza regionale,  ma
esclusivo del legislatore statale, il quale, in  materia  di  «tutela
dell'ambiente», si riappropria della procedura di VIA,  coerentemente
con quanto previsto a regime dal precedente comma 3 del medesimo art.
38. Peraltro, l'attrazione delle  funzioni  non  attinge  al  livello
locale, ma a quello regionale, presso il quale erano  allocate  prima
dell'accentramento; infine,  come  detto,  l'avocazione  avviene  per
esigenze   unitarie   nazionali   di   sfruttamento   delle   risorse
energetiche.  Infatti,   «la   valutazione   della   necessita'   del
conferimento  di  una   funzione   amministrativa   ad   un   livello
territoriale  superiore  rispetto  a  quello  comunale  deve   essere
necessariamente  effettuata  dall'organo  legislativo  corrispondente
almeno al livello territoriale interessato e non certo da  un  organo
legislativo operante  ad  un  livello  territoriale  inferiore  (come
sarebbe un Consiglio  regionale  in  relazione  ad  una  funzione  da
affidare  -  per  l'esercizio  unitario  -  al  livello   nazionale)»
(sentenza n. 6 del 2004). 
    11.4.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art.  38,
comma 4, del d.l. n. 133 del 2014, promossa dalla Regione  Veneto  in
riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., non e' fondata. 
    L'asserito aggravio del lavoro della  Commissione  VIA  nazionale
che la norma determinerebbe  costituisce  un  mero  inconveniente  di
fatto, «"che secondo la giurisprudenza di questa Corte non e'  idoneo
ad introdurre il giudizio di legittimita' di una norma  (sentenza  n.
117 del 2012 e ordinanza n. 362 del  2008)"  (ordinanza  n.  158  del
2014)  in  quanto  non  direttamente   riferibile   alla   previsione
normativa,  ma  ricollegabile,  invece,  "a  circostanze  contingenti
attinenti alla sua concreta applicazione (sentenza n. 270 del  2012),
non involgenti, per cio', un problema di costituzionalita'  (sentenza
n. 295 del 1995)" (sentenza n. 157 del 2014)» (sentenza  n.  114  del
2017). 
    11.5.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art.  38,
comma 4, del d.l. n. 133 del 2014, promossa dalla  Regione  Lombardia
in riferimento agli artt. 3 e 119 Cost., e' in parte inammissibile ed
in parte infondata. 
    La  questione  proposta  in  riferimento  all'art.  3  Cost.   e'
inammissibile, atteso che il  parametro  risulta  meramente  evocato,
senza  indicazione  dei  motivi  per  cui  la  norma   impugnata   vi
contrasterebbe. 
    Quanto alla dedotta violazione dell'art.  119  Cost.,  lo  stesso
principio - invocato dalla ricorrente  -  di  corrispondenza  tra  la
spettanza delle spese istruttorie ed il livello di governo a  cui  e'
attribuito il  procedimento  impone  che,  a  seguito  del  legittimo
trasferimento della procedura di  VIA  all'amministrazione  centrale,
gli  oneri  di  spesa  istruttori  «conseguenti»  siano  devoluti  al
bilancio  dello  Stato,  senza  pregiudizio  alcuno  per  l'autonomia
finanziaria regionale. D'altra parte, la stessa Regione prospetta  la
violazione  come  consequenziale  all'illegittima  assegnazione  allo
Stato dei procedimenti pendenti: esclusa quest'ultima per  quanto  in
precedenza   esposto,   difetta   anche   la   prima.   Ne   consegue
l'infondatezza della questione proposta. 
    12.- Le Regioni Abruzzo e Veneto impugnano l'art.  38,  comma  5,
del d.l. n. 133 del 2014, che - nella versione originaria - prevedeva
che «Le attivita' di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi  e
gassosi di cui alla legge 9 gennaio 1991, n. 9, sono svolte a seguito
del rilascio di  un  titolo  concessorio  unico,  sulla  base  di  un
programma generale di lavori articolato in una prima fase di ricerca,
per la durata di sei anni, prorogabile due volte per  un  periodo  di
tre anni nel caso sia necessario completare le opere  di  ricerca,  a
cui seguono, in caso di rinvenimento di un giacimento tecnicamente ed
economicamente coltivabile, riconosciuto dal Ministero dello sviluppo
economico, la fase di  coltivazione  della  durata  di  trenta  anni,
prorogabile per una o piu' volte per un periodo  di  dieci  anni  ove
siano  stati  adempiuti  gli  obblighi  derivanti  dal   decreto   di
concessione e il giacimento risulti ancora coltivabile, e  quella  di
ripristino finale». 
    In particolare, secondo la Regione Abruzzo  la  norma  violerebbe
l'art. 117,  primo  comma,  Cost.  in  relazione  alla  direttiva  n.
94/22/CE del 1994, in base alla quale i titoli abilitativi dovrebbero
essere necessariamente due - il permesso di ricerca e la  concessione
di coltivazione  -  anche  per  ragioni  di  tutela  del  diritto  di
proprieta'. Ad avviso della Regione Veneto, invece, la norma  sarebbe
in contrasto con il canone di ragionevolezza di cui all'art. 3  Cost.
Cio' dal momento che prevederebbe  un  titolo  concessorio  unico  in
luogo dei precedenti due  distinti  titoli.  In  tal  modo  i  poteri
concessori verrebbero attribuiti antecedentemente alla  scoperta  del
giacimento  ed  al  programma  dei  lavori,  da   predisporre   prima
dell'attivita' di ricerca, rendendo  difficoltosa  la  specificazione
delle aree interessate. 
    L'art. 1, comma 240, lettera c), della legge n. 208 del  2015  ha
sostituito la disposizione censurata, prevedendo che «Le attivita' di
ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi  sono  svolte
con le modalita' di cui alla legge 9 gennaio 1991, n. 9, o a  seguito
del rilascio di  un  titolo  concessorio  unico,  sulla  base  di  un
programma generale di lavori articolato in una prima fase di ricerca,
per la durata di sei anni, a cui seguono, in caso di rinvenimento  di
un   giacimento   tecnicamente   ed    economicamente    coltivabile,
riconosciuto dal Ministero  dello  sviluppo  economico,  la  fase  di
coltivazione  della  durata   di   trent'anni,   salvo   l'anticipato
esaurimento del giacimento, nonche' la fase di ripristino finale». 
    Anche in  questo  caso  lo  ius  superveniens  non  determina  la
cessazione della  materia  del  contendere,  la  quale,  come  detto,
richiede che la modifica della norma impugnata sia satisfattiva delle
pretese avanzate con il ricorso e che essa non  sia  stata  applicata
medio tempore. 
    Quanto alla prima condizione, la  disposizione  sopravvenuta  non
soddisfa le ragioni dedotte dalle ricorrenti, atteso  che  il  titolo
concessorio unico viene mantenuto  con  i  suoi  connotati  originari
(salvo che per  quanto  concerne  la  possibilita'  di  proroga,  non
riguardata dalle censure regionali),  seppur  accanto  ai  precedenti
titoli abilitativi. Quanto alla seconda,  si  deve  rilevare  che  la
norma impugnata puo' aver ricevuto frattanto applicazione in  ragione
del dettato del comma 8 del medesimo art. 38, il quale  prevede  che,
su istanza del titolare o del richiedente, il comma  5  possa  essere
applicato anche ai titoli rilasciati  successivamente  alla  data  di
entrata in vigore del d.lgs. n. 152 del 2006 ed  ai  procedimenti  in
corso. 
    12.1.-   Tanto   premesso,   la   questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 5,  del  d.l.  n.  133  del  2014,
promossa dalla Regione Abruzzo in  riferimento  all'art.  117,  primo
comma, Cost. ed in relazione alla direttiva n. 94/22/CE del 1994,  e'
inammissibile. 
    La  censura,  infatti,  e'  del  tutto  generica,  in  quanto  la
ricorrente non indica i  parametri  interposti  che  assume  violati,
limitandosi ad un rinvio all'intero corpo della direttiva comunitaria
(sentenza n. 156 del 2016). 
    12.2.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art.  38,
comma 5, del d.l. n. 133 del 2014, promossa dalla Regione  Veneto  in
riferimento all'art. 3 Cost., non e' fondata. 
    La medesima Regione ha rivolto censure, peraltro gia'  scrutinate
da questa Corte, di identico tenore all'art. 1,  comma  240,  lettera
c), della legge n. 208 del 2015, che ha  sostituito  la  disposizione
oggetto dell'odierna impugnazione. Puo' dunque  essere  ribadito  che
«in un'ottica acceleratoria e semplificatoria,  non  e'  di  per  se'
irragionevole [...] attribuire i poteri ex ante solo per il  caso  in
cui  effettivamente  sia  scoperto  un  giacimento  suscettibile   di
sviluppo, situazione in cui potranno essere concretamente esercitati»
(sentenza  n.  114  del  2017)  e  che  l'eventuale  difficolta'   di
specificazione delle  aree  interessate  dal  programma  generale  di
lavori sulla base del quale rilasciare il titolo  concessorio  unico,
«preteso   indice   di   irragionevolezza,   costituisce   un    mero
inconveniente di fatto» (sentenza n. 114 del 2017, gia' citata). 
    13.- Le Regioni Abruzzo, Marche, Puglia e Veneto impugnano  anche
l'art. 38, comma 6, del d.l. n. 133 del 2014,  il  quale  concorre  a
disciplinare il titolo concessorio unico, stabilendo che: «Il  titolo
concessorio unico di cui al comma 5 e' accordato: a) a seguito di  un
procedimento unico svolto nel termine di centottanta  giorni  tramite
apposita conferenza di servizi, nel cui ambito  e'  svolta  anche  la
valutazione ambientale  preliminare  del  programma  complessivo  dei
lavori espressa, entro sessanta giorni, con parere della  Commissione
tecnica di verifica dell'impatto  ambientale  VIA/VAS  del  Ministero
dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare;  b)  con
decreto del Ministro dello sviluppo economico, previa intesa  con  la
regione  o  la  provincia   autonoma   di   Trento   o   di   Bolzano
territorialmente  interessata,  per  le  attivita'  da  svolgere   in
terraferma, sentite la Commissione per gli idrocarburi e  le  risorse
minerarie e le Sezioni territoriali dell'Ufficio nazionale  minerario
idrocarburi e georisorse; c) a soggetti che dispongono  di  capacita'
tecnica, economica ed organizzativa ed offrono garanzie adeguate alla
esecuzione e  realizzazione  dei  programmi  presentati  e  con  sede
sociale in Italia o in altri Stati membri dell'Unione  europea  e,  a
condizioni di reciprocita', a soggetti di altri  Paesi.  Il  rilascio
del titolo concessorio unico ai medesimi soggetti e' subordinato alla
presentazione  di  idonee  fideiussioni   bancarie   o   assicurative
commisurate al valore delle opere di recupero ambientale previste». 
    Le censure delle  ricorrenti  possono  essere  sintetizzate  come
segue: a) l'intero comma 6 violerebbe gli artt. 117, terzo  comma,  e
118, primo comma, Cost., non prevedendo un'intesa in senso forte  con
la Regione, nemmeno in sede di conferenza di servizi, la cui mancanza
non  risulterebbe  foriera  di  conseguenza   giuridica   alcuna,   e
determinando  un  impiego  improprio  delle  valutazioni   ambientali
(Regione Abruzzo);  b)  la  lettera  a)  del  comma  6  confermerebbe
l'espropriazione  delle  competenze  regionali  in   tema   di   VIA,
esponendosi alle medesime censure mosse al  precedente  comma  4  del
medesimo art. 38 in riferimento agli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto
comma, e  118  Cost.  (Regione  Veneto);  c)  la  disposizione  -  in
particolare la lettera b) del comma 6 -  violerebbe  gli  artt.  117,
terzo e quarto comma, e 118, primo comma, Cost., nonche' il principio
di leale collaborazione di cui all'art.  120  Cost.,  in  quanto  non
prevederebbe l'intesa con la  Regione  per  il  rilascio  del  titolo
concessorio unico relativo alle attivita' in mare  (Regioni  Abruzzo,
Marche, Puglia e Veneto);  d)  la  norma  comporterebbe  altresi'  la
violazione   dell'art.   3   Cost.,   realizzando   un'ingiustificata
disparita' di trattamento rispetto  alle  attivita'  minerarie  sulla
terraferma (Regioni Marche e Puglia). 
    13.1.- La questione di legittimita' costituzionale della norma in
esame promossa dalla Regione Abruzzo in riferimento agli  artt.  117,
terzo comma, e 118, primo comma, Cost. - indicata  sub  a)  al  punto
precedente - e' inammissibile. 
    La ricorrente non chiarisce la ragione per cui l'intesa  prevista
dal comma 6 non sarebbe "forte" e  neppure  in  che  modo  l'asserita
impropria previsione di VIA e valutazione ambientale strategica (VAS)
determinerebbe la violazione dei parametri evocati. 
    Si deve pertanto concludere che «le argomentazioni  svolte  dalla
ricorrente  a  sostegno  dell'impugnazione  "non  raggiungono  quella
soglia  minima  di  chiarezza  e  completezza  cui   e'   subordinata
l'ammissibilita' delle impugnative in via  principale  (ex  plurimis,
sentenza n. 312 del 2013)" (sentenza n. 88 del  2014)»  (sentenza  n.
125 del  2015),  con  conseguente  inammissibilita'  della  questione
proposta. 
    13.2.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art.  38,
comma 6, lettera a), del d.l. n. 133 del 2014, promossa dalla Regione
Veneto in riferimento agli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma,  e
118 Cost., non e' fondata. 
    Valgono in proposito le stesse osservazioni rivolte alle  censure
della stessa Regione nei confronti del comma 4 del medesimo  art.  38
(precedenti punti 11.2 e 11.4), estese al successivo comma 6, lettera
a),  in  quanto  la  norma  si  rivolge  alla   procedura   di   VIA,
implicitamente confermandone la sottrazione alla sede regionale. 
    13.3.- Le questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  38,
comma 6, lettera b), del d.l. n. 133 del 2014, promosse dalle Regioni
Abruzzo, Marche, Puglia e Veneto in riferimento agli artt. 117, terzo
e quarto comma, e 118, primo comma, Cost., nonche'  al  principio  di
leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost., non sono fondate. 
    Le censure muovono dal presupposto  che  la  norma  realizzi  una
fattispecie di attrazione in sussidiarieta',  la  quale,  per  essere
legittima, imporrebbe il  modulo  collaborativo  dell'intesa  con  la
Regione. 
    Tale assunto  contrasta  con  quanto  recentemente  affermato  da
questa Corte, ossia che, «[s]ebbene la disposizione sia astrattamente
riconducibile  alla  materia  concorrente  "produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia",  occupandosi  dei  titoli  che
abilitano alle attivita' minerarie nel settore degli idrocarburi, non
si ravvisano i presupposti per  la  chiamata  in  sussidiarieta',  la
quale  implica,  come  detto,  la  sussistenza  di   una   competenza
regionale. Le regioni,  infatti,  non  hanno  alcuna  competenza  con
riguardo alle attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione  degli
idrocarburi in mare  (di  recente,  sentenza  n.  39  del  2017).  Ne
consegue   l'infondatezza   della   pretesa   delle   ricorrenti   di
coinvolgimento  regionale,  attraverso  l'intesa,  nel  rilascio  dei
titoli abilitativi a dette attivita' che  ivi  dovrebbero  svolgersi»
(sentenza n. 114 del 2017). 
    13.4.- Le questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  38,
comma 6, lettera b), del d.l. n. 133 del 2014, promosse dalle Regioni
Marche e Puglia in riferimento all'art. 3 Cost., non sono fondate. 
    La discriminazione che la norma realizza tra attivita'  minerarie
sulla terraferma ed omologhe attivita' in mare  -  subordinando  solo
per le prime il rilascio del titolo concessorio unico all'intesa  con
la Regione - si giustifica in ragione del  rilievo  che  nel  secondo
caso,  diversamente  dall'altro,  non  sussiste   alcuna   competenza
regionale con riguardo  alle  attivita'  di  prospezione,  ricerca  e
coltivazione degli idrocarburi, onde l'impossibilita' di  configurare
una fattispecie di  attrazione  in  sussidiarieta'  e  la  necessita'
dell'intesa che essa implica. 
    14.- La Regione Abruzzo impugna, in riferimento agli  artt.  117,
terzo comma, e 118, primo comma, Cost., i commi 6-bis -  secondo  cui
«I progetti di opere e  di  interventi  relativi  alle  attivita'  di
ricerca e di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi relativi a
un titolo concessorio unico di cui  al  comma  5  sono  sottoposti  a
valutazione  di  impatto  ambientale  nel  rispetto  della  normativa
dell'Unione  europea.  La  valutazione  di  impatto   ambientale   e'
effettuata secondo le modalita' e le competenze previste dalla  parte
seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,  e  successive
modificazioni» -  e  6-ter  -  secondo  cui  «Il  rilascio  di  nuove
autorizzazioni per la ricerca e per la coltivazione di idrocarburi e'
vincolato  a  una  verifica  sull'esistenza  di  tutte  le   garanzie
economiche da parte della societa' richiedente, per coprire  i  costi
di un eventuale incidente durante le attivita', commisurati a  quelli
derivanti dal piu' grave incidente nei diversi scenari ipotizzati  in
fase di studio ed analisi dei rischi» - dell'art. 38 del d.l. n.  133
del 2014. 
    Le norme estrometterebbero dal procedimento volto al rilascio del
titolo concessorio unico relativamente alle  attivita'  minerarie  in
mare, oltre che gli enti locali, anche le Regioni,  considerate  alla
stregua di tutte le altre amministrazioni che concorrono al  processo
decisionale. 
    La  descritta  questione  di   legittimita'   costituzionale   e'
inammissibile. 
    Le censure sono rivolte  cumulativamente  ed  indistintamente  ai
commi in questione, senza che emerga in maniera chiara in che modo si
colleghino agli stessi, cosicche' non risulta  adeguatamente  assolto
l'onere motivazionale (sentenza n. 244 del 2016). 
    15.- Le Regioni Abruzzo, Lombardia e  Campania  impugnano  l'art.
38, comma 7, del  d.l.  n.  133  del  2014,  secondo  il  quale  «Con
disciplinare tipo, adottato con decreto del Ministero dello  sviluppo
economico, sono stabilite, entro centoottanta giorni dall'entrata  in
vigore del presente decreto, le modalita' di conferimento del  titolo
concessorio unico  di  cui  al  comma  5,  nonche'  le  modalita'  di
esercizio delle relative attivita' ai sensi del presente articolo». 
    Le ricorrenti, muovendo dal presupposto che la norma integri  una
fattispecie di  chiamata  in  sussidiarieta',  lamentano  il  mancato
coinvolgimento  regionale  attraverso  l'intesa   nell'adozione   del
disciplinare, con  conseguente  violazione  degli  artt.  117,  terzo
comma, e 118 Cost. 
    Le questioni sono fondate. 
    Il disciplinare tipo - adottato con decreto  del  Ministro  dello
sviluppo economico del 25 marzo 2015 (Aggiornamento del  disciplinare
tipo in attuazione dell'articolo 38 del  decreto-legge  12  settembre
2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11  novembre
2014, n. 164) e successivamente abrogato e sostituito dal decreto del
Ministero dello sviluppo economico 7 dicembre 2016 (Disciplinare tipo
per il rilascio e l'esercizio dei titoli minerari per la prospezione,
ricerca  e  coltivazione  di  idrocarburi  liquidi   e   gassosi   in
terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale) -
prevede, coerentemente con quanto disposto dalla norma impugnata,  le
modalita' di conferimento del titolo concessorio unico e le modalita'
di esercizio delle attivita' in tema di idrocarburi. Cio'  anche  con
riferimento a quelle  sulla  terraferma,  come  chiaramente  previsto
dall'art. 1 di entrambi i decreti. 
    Il censurato comma incide  dunque  sulla  materia  di  competenza
concorrente  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia», cui ricondurre le attivita' di prospezione, ricerca  e
coltivazione   degli   idrocarburi   sulla   terraferma.   Rimettendo
esclusivamente al Ministro dello sviluppo  economico  l'adozione  del
disciplinare tipo, realizza  una  chiamata  in  sussidiarieta'  senza
alcun  coinvolgimento  delle  Regioni,  sebbene  questa  Corte  abbia
reiteratamente affermato l'esigenza della  previsione  «di  procedure
che assicurino la partecipazione dei  livelli  di  governo  coinvolti
attraverso strumenti di leale collaborazione o,  comunque,  [...  di]
adeguati meccanismi di cooperazione per  l'esercizio  concreto  delle
funzioni  amministrative  allocate  in  capo  agli  organi  centrali»
(sentenza n. 7 del 2016). 
    D'altra parte, scrutinando una fattispecie  normativa  analoga  a
quella in considerazione,  sempre  afferente  al  settore  energetico
degli  idrocarburi,  questa   Corte   ha   ravvisato   «la   parziale
illegittimita' costituzionale della disposizione  censurata,  per  la
mancata previsione di strumenti di leale collaborazione per la  parte
che  si  riferisce   a   materie   di   competenza   legislativa   ed
amministrativa delle Regioni interessate» (sentenza n. 339 del 2009). 
    Si deve pertanto concludere che l'art. 38, comma 7, del  d.l.  n.
133 del 2014 e' costituzionalmente illegittimo, nella  parte  in  cui
non prevede un adeguato coinvolgimento delle Regioni nel procedimento
finalizzato all'adozione del  decreto  del  Ministro  dello  sviluppo
economico con cui sono stabilite le  modalita'  di  conferimento  del
titolo concessorio unico, nonche' le  modalita'  di  esercizio  delle
relative attivita'. 
    16.- Le Regioni Abruzzo e Veneto impugnano l'art.  38,  comma  8,
del d.l. n. 133 del 2014, secondo cui  «I  commi  5,  6  e  6-bis  si
applicano, su istanza del titolare o del richiedente,  da  presentare
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della  legge  di
conversione  del  presente  decreto,  anche  ai   titoli   rilasciati
successivamente  alla  data  di  entrata  in   vigore   del   decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e ai  procedimenti  in  corso.  Il
comma 4 si applica fatta salva l'opzione, da parte  dell'istante,  di
proseguimento del procedimento di valutazione di  impatto  ambientale
presso la regione, da esercitare entro trenta giorni  dalla  data  di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto». 
    In  particolare,  la  Regione  Abruzzo  estende   al   comma   in
considerazione le censure rivolte al precedente comma 4 del  medesimo
art.  38  -  espressamente  richiamato  dal  secondo  periodo   della
disposizione impugnata - deducendone pertanto il  contrasto  con  gli
artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. La  Regione  Veneto
rivolge alla norma  le  stesse  censure  formulate  con  riguardo  ai
precedenti commi 4, 5 e 6 dell'art. 38 - gli  ultimi  due  richiamati
dal primo periodo del comma 8 - in riferimento agli artt. 3, 97, 117,
terzo e quarto comma,  118  Cost.,  nonche'  al  principio  di  leale
collaborazione di cui all'art. 120 Cost.,  lamentando  la  violazione
dell'art. 3 Cost.  sotto  un  ulteriore  profilo,  ossia  in  ragione
dell'effetto retroattivo della norma. 
    16.1.- La questione nei confronti di tale norma,  promossa  dalla
Regione Abruzzo in riferimento agli artt. 117, terzo  comma,  e  118,
primo comma, Cost., non e' fondata. 
    In merito possono richiamarsi gli argomenti esposti  a  proposito
delle censure rivolte dalla stessa Regione al comma  4  del  medesimo
art. 38 (precedente  punto  11.2),  estese  al  successivo  comma  8,
secondo periodo, in ragione del richiamo normativo ivi contenuto. 
    16.2.- Le questioni proposte dalla Regione Veneto in  riferimento
agli artt. 3, 97, 117, terzo e quarto comma, 118  Cost.,  nonche'  al
principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost., sono  in
parte inammissibili ed in parte infondate. 
    La  questione  proposta  in  riferimento  all'art.  3  Cost.   e'
inammissibile quanto al  profilo  afferente  all'effetto  retroattivo
della norma, atteso che  la  dedotta  censura  non  e'  assistita  da
adeguata motivazione (sentenza n. 131 del 2016). 
    Quanto agli ulteriori parametri, la questione non e' fondata  per
le ragioni indicate a proposito delle censure rivolte dalla  medesima
Regione ai commi 4, 5 e 6 dell'art. 38 (precedenti punti 11.2,  11.4,
12.2 e 13.3), richiamati dalla disposizione censurata. 
    17.- Le Regioni  Abruzzo,  Marche,  Puglia,  Lombardia  e  Veneto
impugnano l'art. 38, comma 10, del d.l. n. 133  del  2014,  il  quale
dispone che «All'articolo 8 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6  agosto  2008,  n.  133,
dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti: "1-bis. Al fine di tutelare
le risorse nazionali di idrocarburi  in  mare  localizzate  nel  mare
continentale e in ambiti posti in prossimita'  delle  aree  di  altri
Paesi rivieraschi oggetto di attivita' di ricerca e  coltivazione  di
idrocarburi, per assicurare il relativo gettito fiscale allo Stato  e
al fine di valorizzare e provare in campo l'utilizzo  delle  migliori
tecnologie nello svolgimento dell'attivita' mineraria,  il  Ministero
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero  dell'ambiente
e della  tutela  del  territorio  e  del  mare,  sentite  le  Regioni
interessate, puo' autorizzare, previo espletamento della procedura di
valutazione di impatto ambientale che dimostri l'assenza  di  effetti
di   subsidenza   dell'attivita'   sulla    costa,    sull'equilibrio
dell'ecosistema e sugli insediamenti antropici, per  un  periodo  non
superiore a cinque anni, progetti  sperimentali  di  coltivazione  di
giacimenti.   I   progetti   sono   corredati   sia   da   un'analisi
tecnico-scientifica che dimostri l'assenza di effetti  di  subsidenza
dell'attivita' sulla costa, sull'equilibrio dell'ecosistema  e  sugli
insediamenti antropici  e  sia  dai  relativi  progetti  e  programmi
dettagliati  di  monitoraggio  e  verifica,  da  condurre  sotto   il
controllo del Ministero dello  sviluppo  economico  e  del  Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ove nel corso
delle attivita' di verifica vengano accertati fenomeni di  subsidenza
sulla costa determinati dall'attivita', il programma  dei  lavori  e'
interrotto e l'autorizzazione alla sperimentazione decade. Qualora al
termine del periodo di validita' dell'autorizzazione venga  accertato
che  l'attivita'  e'  stata  condotta  senza  effetti  di  subsidenza
dell'attivita' sulla costa, nonche' sull'equilibrio dell'ecosistema e
sugli insediamenti antropici,  il  periodo  di  sperimentazione  puo'
essere prorogato per ulteriori cinque anni,  applicando  le  medesime
procedure di controllo. 1-ter. Nel caso di attivita' di cui al  comma
1-bis, ai territori costieri si applica quanto previsto dall'articolo
1, comma 5, della legge n. 239 del 2004 e  successive  modificazioni.
1-quater. All'articolo 1, comma 5, della legge  23  agosto  2004,  n.
239, e successive modificazioni, dopo le parole:  'Le  regioni'  sono
inserite le seguenti: ', gli enti pubblici territoriali'."». 
    La disposizione introduce una  deroga  al  divieto  di  attivita'
minerarie in mare - altrimenti assentibili alla stregua del  generale
regime giuridico  dei  titoli  abilitativi  -  «in  ambiti  posti  in
prossimita'  delle  aree  di  altri  Paesi  rivieraschi»  oggetto  di
attivita' analoghe.  Il  riferimento  alla  vicinanza  alle  sedi  di
insistenza  delle  attivita'  minerarie  dei  Paesi  rivieraschi,  se
esclude che  i  progetti  sperimentali  possano  riguardare  il  mare
territoriale (in cui il divieto e' sancito dall'art. 6, comma 17, del
d.lgs. n. 152 del 2006) e, per ragioni geografiche, la maggior  parte
- se non tutte - le altre aree in cui dette attivita' sono altrimenti
precluse (le acque del Golfo di Napoli, del Golfo di Salerno e  delle
Isole Egadi, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 9 del 1991),  induce
a ritenere che  la  norma  censurata  sia  applicabile  al  Golfo  di
Venezia, in cui il divieto, anch'esso previsto dal menzionato art.  4
della  legge  n.  9  del  1991,  e'  stato  successivamente  ribadito
dall'art. 8, comma 1,  del  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione Tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge
6 agosto 2008, n. 133. 
    D'altra parte, la stessa collocazione sistematica del comma 1-bis
- introdotto dalla norma censurata nell'ambito del citato art. 8  del
d.l. n. 112 del 2008 subito di seguito al  comma  1  -  corrobora  la
conclusione che la deroga operi in detta area. 
    Tanto premesso, le censure rivolte dalle ricorrenti all'art.  38,
comma 10, del d.l. n. 133  del  2014  si  possono  sintetizzare  come
segue: a) la norma violerebbe gli artt. 117, secondo, terzo e  quarto
comma, e 118 Cost., nonche' il principio di leale  collaborazione  di
cui all'art. 120 Cost., in  quanto  la  fattispecie  di  chiamata  in
sussidiarieta' da essa integrata esigerebbe l'intesa con  le  Regioni
interessate anziche' il mero parere delle  stesse  (Regioni  Abruzzo,
Marche,  Puglia,  Lombardia  e   Veneto);   b)   la   norma   sarebbe
irragionevole, con  conseguente  violazione  dell'art.  3  Cost.,  in
quanto legittimerebbe attivita' minerarie in un'area in cui, a fronte
del rischio di subsidenza sulle coste,  l'art.  26,  comma  2,  della
legge 31 luglio 2002, n. 179 (Disposizioni in materia  ambientale)  -
integrando l'art. 4, comma 1, della legge n. 9 del 1991  -  le  aveva
vietate e l'art. 8, comma 1, del d.l. n. 112 del 2008 aveva  previsto
il divieto fino a quando non fosse stata accertata l'insussistenza di
rischi  di  subsidenza:  nonostante  l'evidenza  del  fenomeno  della
subsidenza, mancherebbe un adeguato bilanciamento degli interessi  in
gioco,  sacrificandosi  la  tutela  dell'ambiente,  della  salute   e
dell'integrita' del territorio agli altri scopi di  natura  economica
(Regione Veneto); c) la norma contrasterebbe altresi' con  gli  artt.
11 e 117, primo comma, Cost. in  relazione  all'art.  191  del  TFUE,
espressivo del principio di precauzione, in quanto,  in  presenza  di
incertezze scientifiche, nel dubbio circa  i  rischi  correlati  alle
attivita' minerarie dovrebbero prevalere le  esigenze  di  protezione
dell'ambiente sugli interessi economici (Regione Veneto); d)  infine,
la  norma  violerebbe  l'art.  119,  sesto  comma,  Cost.  -  ledendo
l'integrita' del demanio regionale - e gli artt. 9,  32  e  97  Cost.
(Regione Veneto). 
    17.1.-   In    via    preliminare    deve    essere    dichiarata
l'inammissibilita' delle censure rivolte all'art. 38, comma  10,  del
d.l. n. 133 del 2014 dalla Regione Lombardia. 
    Occorre rammentare che le  Regioni  «hanno  titolo  a  denunciare
soltanto le violazioni che siano in  grado  di  ripercuotere  i  loro
effetti,   in   via   diretta   ed   immediata,   sulle   prerogative
costituzionali loro riconosciute dalla Costituzione. Da cio' consegue
che  e'  in  tale  quadro  -  caratterizzato  dalla  necessita'   che
l'iniziativa assunta  dalle  Regioni  ricorrenti  sia  oggettivamente
diretta a conseguire l'utilita'  propria,  ovviamente,  del  tipo  di
giudizio che, di volta in volta, venga in rilievo - che  deve  essere
valutata  la  sussistenza  dell'interesse  ad  agire,  da   postulare
soltanto quando esso presenti le caratteristiche della concretezza  e
dell'attualita', consistendo in quella utilita' diretta ed  immediata
che il  soggetto  che  agisce  puo'  ottenere  con  il  provvedimento
richiesto al giudice» (sentenze n. 107 del 2009 e n. 216 del 2008). 
    Poiche' (anche) la Regione Lombardia,  attraverso  l'impugnativa,
mira alla  sostituzione  del  parere  con  l'intesa  con  la  Regione
interessata e poiche', trattandosi di progetti sperimentali «nel mare
continentale e in ambiti posti in prossimita'  delle  aree  di  altri
Paesi  rivieraschi  oggetto  di  attivita'»  minerarie,  per  la  sua
collocazione geografica (priva di sbocchi sul mare) la ricorrente non
potrebbe mai trovarsi in tale situazione, si deve concludere che essa
non puo' trarre nessuna utilita'  diretta  ed  immediata,  sul  piano
sostanziale,  da  una  eventuale   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale  della  contestata  disciplina  legislativa   statale.
Difettano, dunque, le caratteristiche di  concretezza  ed  attualita'
che devono  necessariamente  connotare  l'interesse  ad  agire,  onde
l'inammissibilita' della questione promossa dalla Regione Lombardia. 
    17.2.- Le questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  38,
comma 10, del d.l. n. 133 del 2014, promosse dalle  Regioni  Abruzzo,
Marche, Puglia e Veneto in riferimento agli artt. 117, secondo, terzo
e  quarto  comma,  e  118  Cost.,  nonche'  al  principio  di   leale
collaborazione di cui all'art. 120 Cost., non sono fondate. 
    Anche in questo caso le censure muovono dal  presupposto  che  la
norma realizzi una fattispecie di attrazione  in  sussidiarieta',  la
quale, per essere costituzionalmente legittima, imporrebbe il  modulo
collaborativo dell'intesa con la Regione. 
    Tuttavia, anche nella fattispecie «non si ravvisano i presupposti
per la chiamata in sussidiarieta', la quale implica, come  detto,  la
sussistenza di una competenza regionale.  Le  regioni,  infatti,  non
hanno alcuna competenza con riguardo alle attivita'  di  prospezione,
ricerca  e  coltivazione  degli  idrocarburi  in  mare  (di  recente,
sentenza n. 39 del 2017). Ne consegue  l'infondatezza  della  pretesa
delle ricorrenti di coinvolgimento  regionale,  attraverso  l'intesa»
(sentenza n. 114 del 2017). Di  qui  l'infondatezza  delle  questioni
proposte. 
    17.3.- Le censure rivolte dalla Regione Veneto all'art. 38, comma
10, del d.l. n. 133 del 2014 in riferimento agli artt. 9,  32,  97  e
119, sesto comma, Cost. sono inammissibili. 
    La ricorrente deduce la violazione  dei  citati  parametri  senza
offrire adeguata motivazione a supporto dell'asserita illegittimita',
sostanzialmente limitandosi ad evocarli. 
    17.4.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art.  38,
comma 10, del d.l. n. 133 del 2014, promossa dalla Regione Veneto  in
riferimento all'art. 3 Cost., e' fondata. 
    La norma, infatti, a fronte del precedente reiterato  divieto  di
attivita' minerarie nel Golfo  di  Venezia  fino  a  quando  non  sia
definitivamente accertata «la non sussistenza di rischi  apprezzabili
di subsidenza sulle coste» (art. 8, comma 1,  del  d.l.  n.  112  del
2008), prevede la sperimentazione «delle  migliori  tecnologie  nello
svolgimento delle attivita' minerarie» proprio nell'area in questione
- quantomeno connotata da un alto grado di rischio  ambientale,  alla
luce della precedente norma, peraltro ad oggi non  abrogata  -  e  la
consente fino a quando l'effetto di subsidenza non si sia verificato,
prevedendone pertanto l'interruzione quando l'eventuale danno si  sia
ormai prodotto. 
    In tal modo essa non bilancia affatto i  valori  che  vengono  in
rilievo, bensi' sacrifica  agli  interessi  energetici  e  fiscali  -
desumibili dalle finalita' esplicitamente perseguite  -  quello  alla
salvaguardia dell'ambiente, ossia  proprio  il  bene  che  l'impianto
normativo intenderebbe maggiormente  proteggere.  Di  qui  la  palese
irragionevolezza della disposizione e la fondatezza  della  questione
proposta. 
    17.5.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art.  38,
comma 10, del d.l. n. 133 del 2014, promossa dalla Regione Veneto  in
riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. ed  in  relazione
all'art. 191 del TFUE, resta assorbita. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale promosse con  i  ricorsi  indicati  in
epigrafe; 
    riuniti i giudizi, 
    1)  dichiara  inammissibili  gli   interventi   dell'Associazione
italiana per il World Wide Fund for Nature Onlus Ong (WWF Italia) nei
giudizi promossi dalle Regioni Abruzzo,  Marche,  Puglia,  Lombardia,
Veneto, Campania e Calabria rispettivamente con i ricorsi n. 2, n. 4,
n. 5, n. 6, n. 10, n. 13 e n. 14 del 2015 e dell'Associazione  "Amici
del Parco Archeologico di Pantelleria" nel  giudizio  promosso  dalla
Regione Puglia con il ricorso n. 5 del 2015; 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  38,  comma
7, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133  (Misure  urgenti  per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive), convertito, con modificazioni, dalla legge  11
novembre 2014, n. 164, nella parte in cui  non  prevede  un  adeguato
coinvolgimento   delle   Regioni   nel    procedimento    finalizzato
all'adozione del decreto del Ministero dello sviluppo  economico  con
cui  sono  stabilite  le  modalita'  di   conferimento   del   titolo
concessorio unico, nonche' le modalita' di esercizio  delle  relative
attivita'; 
    3) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  38,  comma
10, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito; 
    4) dichiara inammissibile il ricorso n.  14  del  2015,  proposto
dalla Regione Calabria avverso l'art. 38, commi 1, 4, 5 e 6, del d.l.
n. 133 del 2014, come convertito, in riferimento agli artt. 114, 117,
terzo, quarto e quinto comma, 118 e 120 della  Costituzione,  nonche'
ai principi di leale collaborazione e di sussidiarieta'; 
    5)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale del d.l. n. 133 del 2014, come  convertito,  promossa,
in riferimento all'art. 77 Cost.,  dalla  Regione  Lombardia  con  il
ricorso n. 6 del 2015; 
    6)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  38  del  d.l.  n.  133  del   2014,   come
convertito, promossa, in riferimento all'art. 77 Cost., dalla Regione
Abruzzo con il ricorso n. 2 del 2015; 
    7)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  38  del  d.l.  n.  133  del   2014,   come
convertito, promossa, in riferimento agli artt. 117, secondo e  terzo
comma, e 118 Cost., dalla Regione Lombardia con il ricorso n.  6  del
2015; 
    8)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  38  del  d.l.  n.  133  del   2014,   come
convertito, promossa, in  riferimento  all'art.  77,  secondo  comma,
Cost., dalla Regione Lombardia con il ricorso n. 6 del 2015; 
    9)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo  comma,  e
118 Cost., dalla Regione Abruzzo con il ricorso n. 2 del 2015; 
    10)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, 118
e 120 Cost., dalla Regione Veneto con il ricorso n. 10 del 2015; 
    11) dichiara cessata la materia del  contendere  in  ordine  alle
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 38,  comma  1-bis,
del d.l. n. 133 del 2014, come convertito - promosse  in  riferimento
agli artt. 11, 117, primo, secondo e terzo comma, 118 e 120 Cost.  ed
in relazione agli artt. 3, paragrafo 2, lettera a), 4 e  da  5  a  12
della  direttiva  27  giugno  2001,  n.  2001/42/CE  (Direttiva   del
Parlamento europeo e del Consiglio concernente la  valutazione  degli
effetti  di  determinati  piani  e  programmi  sull'ambiente),  dalle
Regioni Abruzzo, Marche, Puglia, Lombardia e Veneto,  rispettivamente
con i ricorsi n. 2, n. 4, n. 5, n. 6 e  n.  10  del  2015  -  nonche'
dell'art. 1,  comma  554,  della  legge  23  dicembre  2014,  n.  190
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge di stabilita'  2015),  promosse,  in  riferimento
agli artt. 117 e 118 Cost. ed al principio di leale collaborazione di
cui agli artt. 5 e 120 Cost., delle Regioni Campania, Abruzzo, Marche
e Puglia rispettivamente con i ricorsi n. 32, n. 35, n. 39  e  n.  40
del 2015; 
    12)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 2, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promossa,  in  riferimento  all'art.  117,  terzo  comma,
Cost., dalla Regione Veneto con il ricorso n. 10 del 2015; 
    13)  dichiara  inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 2, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promossa, in riferimento agli  artt.  118  e  120  Cost.,
dalla Regione Veneto con il ricorso n. 10 del 2015; 
    14)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 3, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo  e  quarto
comma, e 118 Cost., dalla Regione Veneto con il  ricorso  n.  10  del
2015; 
    15)  dichiara  non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 4, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promosse, in riferimento agli artt. 117, secondo, terzo e
quarto comma, e 118,  primo  comma,  Cost.,  dalle  Regioni  Abruzzo,
Lombardia e Veneto rispettivamente con i ricorsi n. 2, n. 6 e  n.  10
del 2015; 
    16)  dichiara  non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 4, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promosse, in riferimento all'art.  120  Cost.,  anche  in
relazione all'art. 8, comma 1, della legge  5  giugno  2003,  n.  131
(Disposizioni per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della  Repubblica
alla legge costituzionale 18  ottobre  2001,  n.  3),  dalle  Regioni
Marche, Puglia e Lombardia rispettivamente con i ricorsi n. 4, n. 5 e
n. 6 del 2015; 
    17)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 4, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promossa, in riferimento agli artt. 3 e 97  Cost.,  dalla
Regione Veneto con il ricorso n. 10 del 2015; 
    18)  dichiara  inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 4, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promossa, in riferimento all'art. 3 Cost., dalla  Regione
Lombardia con il ricorso n. 6 del 2015; 
    19)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 4, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito,  promossa,  in  riferimento  all'art.  119  Cost.,  dalla
Regione Lombardia con il ricorso n. 6 del 2015; 
    20)  dichiara  inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 5, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promossa, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost.
ed in relazione alla direttiva 30 maggio 1994, n. 94/22/CE (Direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio relativa  alle  condizioni  di
rilascio  e  di  esercizio  delle  autorizzazioni  alla  prospezione,
ricerca e coltivazione di idrocarburi), dalla Regione Abruzzo con  il
ricorso n. 2 del 2015; 
    21)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 5, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promossa, in riferimento all'art. 3 Cost., dalla  Regione
Veneto con il ricorso n. 10 del 2015; 
    22)  dichiara  inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 6, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo  comma,  e
118, primo comma, Cost., dalla Regione Abruzzo con il  ricorso  n.  2
del 2015; 
    23)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 6, lettera a), del d.l. n. 133 del
2014, come convertito, promossa, in riferimento  agli  artt.  3,  97,
117, terzo e quarto comma, e 118 Cost., dalla Regione Veneto  con  il
ricorso n. 10 del 2015; 
    24)  dichiara  non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 6, lettera b), del d.l.  n.  133  del  2014,
come convertito, promosse, in riferimento agli  artt.  117,  terzo  e
quarto comma, e 118, primo comma, Cost.  ed  al  principio  di  leale
collaborazione di cui all'art.  120  Cost.,  dalle  Regioni  Abruzzo,
Marche, Puglia e Veneto rispettivamente con i ricorsi n. 2, n. 4,  n.
5 e n. 10 del 2015; 
    25)  dichiara  non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 6, lettera b), del d.l. n. 133 del
2014, come convertito, promosse, in  riferimento  all'art.  3  Cost.,
dalle Regioni Marche e Puglia rispettivamente con i ricorsi n. 4 e n.
5 del 2015; 
    26)  dichiara  inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art 38, commi 6-bis e 6-ter, del d.l. n. 133  del
2014, come convertito, promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo
comma, e 118, primo  comma,  Cost.,  dalla  Regione  Abruzzo  con  il
ricorso n. 2 del 2015; 
    27)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 8, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo  comma,  e
118, primo comma, Cost., dalla Regione Abruzzo con il  ricorso  n.  2
del 2015; 
    28)  dichiara  inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 8, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promossa,  in  riferimento  all'art.  3  Cost.  sotto  il
profilo della retroattivita', dalla Regione Veneto con il ricorso  n.
10 del 2015; 
    29)  dichiara  non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 8, del d.l. n. 133 del 2014,  come
convertito, promosse, in riferimento agli artt. 3, 97, 117,  terzo  e
quarto comma, e 118 Cost. ed al principio di leale collaborazione  di
cui all'art. 120 Cost., dalla Regione Veneto con il ricorso n. 10 del
2015. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA