N. 171 ORDINANZA 21 giugno - 12 luglio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Sanzioni  amministrative  -  Continuazione   e   conseguente   cumulo
  giuridico - Limitazione alle sole violazioni di leggi in materia di
  previdenza ed assistenza obbligatorie. 
- Legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale),  art.
  8, secondo comma. 
-   
(GU n.29 del 19-7-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8,  secondo
comma, della legge 24 novembre 1981, n.  689  (Modifiche  al  sistema
penale), promosso dal Tribunale ordinario di Genova, nel procedimento
tra Edilcave Liguria srl e la Citta'  metropolitana  di  Genova,  con
ordinanza del  9  giugno  2016,  iscritta  al  n.  209  del  registro
ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 43, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 21  giugno  2017  il  Giudice
relatore Giuliano Amato. 
    Ritenuto che il Tribunale ordinario di Genova  ha  sollevato,  in
riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo comma,  della  legge
24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al  sistema  penale)  -  inserito
dall'art. 1-sexies del decreto-legge 2 dicembre 1985, n. 688  (Misure
urgenti in materia previdenziale, di tesoreria  e  di  servizi  delle
ragionerie provinciali dello Stato), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 31 gennaio 1986, n. 11 - nella parte  in  cui  limita  la
continuazione, ed il conseguente  cumulo  giuridico  delle  sanzioni,
alle sole violazioni di leggi in materia di previdenza ed  assistenza
obbligatorie; 
    che il Tribunale rimettente e' chiamato a decidere in  ordine  al
ricorso  avverso  un'ordinanza-ingiunzione  con  la  quale  e'  stata
irrogata la sanzione amministrativa di  12.480  euro  per  violazione
dell'art. 193, comma  1,  e  dell'art.  258,  comma  5,  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia  ambientale),  in
particolare per avere effettuato il trasporto di rifiuti speciali non
pericolosi utilizzando 48 formulari (tutti emessi tra il 15  dicembre
2010 ed il 2 febbraio 2011), contenenti dati inesatti, in  quanto,  a
fronte della corretta indicazione del codice di recupero, era barrata
la casella relativa all'attivita' di smaltimento; 
    che, dopo avere evidenziato l'infondatezza dell'unico  motivo  di
doglianza formulato dalla societa' opponente,  il  Tribunale  osserva
che, in applicazione dell'art. 8 della legge  n.  689  del  1981,  la
determinazione  della  sanzione  andrebbe  effettuata  applicando  la
disciplina del cumulo materiale, ossia  moltiplicando  l'importo  del
minimo edittale per ciascuna delle violazioni contestate; 
    che la questione sarebbe rilevante e non manifestamente infondata
nella parte in cui la disposizione in esame  limita  l'applicabilita'
del cumulo giuridico delle sanzioni alle sole violazioni di leggi  in
materia di previdenza ed assistenza obbligatorie; 
    che, ad avviso del giudice a  quo,  tale  previsione,  introdotta
dalla legge n. 11 del 1986, di conversione,  con  modificazioni,  del
d.l. n. 688 del  1985,  violerebbe  l'art.  3,  primo  comma,  Cost.,
determinando  un'irrazionale  disparita'  di  trattamento   tra   chi
commetta violazioni in materia previdenziale e assistenziale  e  chi,
invece, commetta illeciti amministrativi in altri ambiti; 
    che il Tribunale richiama gli argomenti gia' svolti dal Consiglio
di Stato, prima  sezione,  nell'ordinanza  iscritta  al  n.  139  del
registro ordinanze 2014, con la quale e' stata sollevata la  medesima
questione di legittimita' costituzionale; 
    che,  dopo  aver  sinteticamente  ripercorso  l'evoluzione  della
disposizione censurata, si evidenzia in particolare che - mediante un
intervento settoriale inserito all'interno della disciplina  generale
sulla repressione degli illeciti amministrativi - e'  stato  previsto
un istituto, parimenti generale, di mitigazione delle sanzioni,  qual
e' la  continuazione,  limitando  tuttavia  il  beneficio  alla  sola
materia considerata dalla  legge  settoriale,  cosi'  immotivatamente
escludendolo per tutte le altre; 
    che  cio'  avrebbe  determinato  un'irrazionale   disparita'   di
trattamento tra chi commetta violazioni in  materia  previdenziale  e
assistenziale  e  chi  commetta  illeciti  amministrativi  in   altre
materie,  tanto  piu'  che  la  continuazione,   come   istituto   di
mitigazione delle sanzioni, in linea di principio e salvo ragionevoli
eccezioni,  sarebbe  estensibile   alla   generalita'   delle   leggi
repressive; 
    che,  pur   non   dubitando   del   fatto   che   rientri   nella
discrezionalita' del legislatore  differenziare  il  trattamento  del
concorso di illeciti - prevedendo il cumulo  giuridico  per  il  solo
concorso formale e non anche per l'illecito continuato  -  e  neppure
che il legislatore abbia la facolta' di sottrarre  al  beneficio  del
cumulo  giuridico,  assoggettandole  al  cumulo  materiale,  sanzioni
previste per violazioni in un ambito determinato, in  cui  sussistano
ragioni che giustifichino un particolare rigore,  il  giudice  a  quo
ritiene, tuttavia, che la limitazione del cumulo giuridico  stabilita
dalla disposizione censurata non  sia  qualificabile  in  termini  di
discrezionalita', quanto piuttosto di casualita', determinata  da  un
intervento di carattere settoriale; 
    che  il  Tribunale  rimettente  -  pur  essendo  consapevole  dei
principi affermati da questa Corte  nelle  pronunce  nelle  quali  la
medesima questione e' stata dichiarata  manifestamente  inammissibile
poiche' «un intervento  come  quello  invocato  dal  rimettente  deve
ritenersi  precluso  dalla  discrezionalita'  del   legislatore   nel
configurare il trattamento sanzionatorio per il concorso tra  plurime
violazioni, nonche' per  l'assenza  di  soluzioni  costituzionalmente
obbligate [...]» (ordinanza n. 270 del 2015) - ritiene che  vi  siano
elementi per una rivalutazione della questione; 
    che, a suo avviso, l'esclusione  del  cumulo  giuridico  potrebbe
essere legittimamente prevista, purche' tale scelta sia  motivata  da
una ratio di tutela di particolari beni  giuridici,  la  quale  renda
opportuno   un   maggiore   rigore   sanzionatorio;   viceversa,   la
disposizione censurata sembrerebbe  riconducibile  ad  un  intervento
casuale, originato da una riforma settoriale, tale da comportare  una
ingiustificata disparita' ed un'incoerenza del sistema; 
    che, d'altra parte, anche i richiami rivolti al legislatore nelle
ordinanze n. 468 del 1989 e n. 23 del 1995 - affinche' sia introdotta
una   disciplina   organica,   relativa   all'accertamento   e   alla
contestazione della continuazione - andrebbero  interpretati  proprio
alla luce dell'esigenza di  coerenza  sistematica  rappresentata  dal
medesimo giudice a quo; 
    che, a suo avviso, lo scrutinio della Corte puo' avere ad oggetto
l'opportunita' della scelta compiuta dal legislatore in relazione  al
principio di ragionevolezza, la quale si  manifesterebbe  anche  come
non arbitrarieta', quando la scelta legislativa sia sostenuta da  una
ragione giustificatrice sufficiente,  ovvero  non  si  presenti  come
costituzionalmente intollerabile (e' richiamata la  sentenza  n.  206
del 1999); 
    che tale sindacato potrebbe consistere anche in  una  valutazione
circa   la   proporzionalita',    la    congruita',    l'adeguatezza,
l'eccessivita', l'equilibrio del mezzo rispetto al  fine  perseguito,
risolvendosi  in  una  valutazione  di  ragionevolezza  della  scelta
legislativa (al riguardo, sono richiamate le  sentenze  n.  1130  del
1988 e n. 14 del 1964); 
    che il maggiore  rigore  dovuto  alla  mancata  previsione  della
continuazione rispetto alle ipotesi di concorso di  plurime  condotte
illecite amministrative, ad eccezione del settore della previdenza  e
dell'assistenza  obbligatorie,  non  supererebbe  il   sindacato   di
ragionevolezza,  in  quanto  non  sarebbe  rinvenibile  alcuna  ratio
giustificatrice del differente trattamento; 
    che, in linea generale, il Tribunale rimettente evidenzia che  il
canone della ragionevolezza dovrebbe trovare  applicazione  non  solo
all'interno dei singoli comparti normativi,  ma  anche  con  riguardo
all'intero sistema (in tal senso, e' richiamata la sentenza n. 84 del
1997); 
    che la denunciata disparita' di  trattamento  avrebbe  introdotto
nell'ordinamento un elemento di irrazionalita' che esula dalle scelte
di carattere politico e discrezionale, e che  renderebbe  ammissibile
l'intervento della Corte costituzionale; 
    che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione sollevata dal  Tribunale  ordinario
di Genova sia dichiarata inammissibile e comunque infondata; 
    che la difesa dell'interveniente  sottolinea  come  questa  Corte
abbia  gia'   dichiarato   la   medesima   questione   manifestamente
inammissibile, ritenendo che competa esclusivamente al legislatore la
decisione "sul se e sul come" configurare il concorso tra  violazioni
omogenee   o   anche   tra   violazioni   eterogenee,   nonche'    la
predisposizione  di  un'idonea  disciplina  organizzativa  in  ordine
all'accertamento ed alla contestazione della continuazione (ordinanze
n. 468 del 1989, n. 23 del 1995, n. 36 e n. 270 del 2015); 
    che  tali  argomentazioni  conserverebbero  la  loro  attualita',
perche' non vi sarebbe alcun parametro costituzionale che vincoli  il
legislatore nello stabilire se la continuazione possa essere limitata
alle sole violazioni di norme  amministrative  omogenee,  ovvero  sia
estensibile anche a quelle tra loro eterogenee; 
    che, d'altra parte, con riferimento alla possibilita' di limitare
la continuazione alla  sola  legge  settoriale  della  previdenza  ed
assistenza obbligatorie, cosi' immotivatamente escludendola da  tutte
le altre, l'Avvocatura generale dello  Stato  ritiene  che  anche  la
definizione  dell'ambito  applicativo  delle  disposizioni  normative
rientri  nella  discrezionalita'  legislativa,  non  essendovi  alcun
precetto  costituzionale  che  imponga  di  mitigare  il  trattamento
sanzionatorio in caso di concorso di piu' violazioni amministrative; 
    che, in ogni caso, la scelta  di  consentire  l'unificazione,  ai
fini   del   trattamento   sanzionatorio,   delle   sole   violazioni
amministrative in materia previdenziale  risulterebbe  ragionevole  e
non arbitrariamente discriminatoria,  trattandosi  di  illeciti  che,
quasi necessariamente, riguardano una pluralita' di dipendenti; 
    che non rileverebbe, d'altra parte,  la  circostanza  che  questa
limitazione sia stata  inserita  nella  norma  generale  in  tema  di
illeciti amministrativi,  poiche'  da  una  scelta  di  mera  tecnica
legislativa non potrebbe trarsi la conclusione che  la  continuazione
degli illeciti amministrativi abbia assunto la qualita'  di  istituto
generale del diritto sanzionatorio (e' richiamata l'ordinanza n.  270
del 2015); 
    che  da  tali   assunti   non   si   discosterebbe   neanche   la
giurisprudenza consolidata della  Corte  di  Cassazione,  laddove  ha
precisato come in materia di sanzioni amministrative non si  applichi
l'istituto  della  continuazione,  ma  solo  il  cosiddetto  concorso
formale (e' richiamata la sentenza della Corte di cassazione, sezione
prima civile, 11 giugno 2007, n. 13672). 
    Considerato che, nel corso  di  un  giudizio  di  opposizione  ad
ordinanza-ingiunzione  relativa  ad   illecito   amministrativo,   il
Tribunale ordinario di Genova ha sollevato, in  riferimento  all'art.
3,  primo  comma,  della  Costituzione,  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 8, secondo comma, della  legge  24  novembre
1981, n. 689 (Modifiche  al  sistema  penale)  -  inserito  dall'art.
1-sexies del decreto-legge 2 dicembre 1985, n. 688 (Misure urgenti in
materia previdenziale, di tesoreria e  di  servizi  delle  ragionerie
provinciali dello Stato), convertito, con modificazioni, dalla  legge
31 gennaio 1986, n. 11 - nella parte in cui limita la  continuazione,
ed  il  conseguente  cumulo  giuridico  delle  sanzioni,  alle   sole
violazioni  di  leggi  in  materia  di   previdenza   ed   assistenza
obbligatorie; 
    che il Tribunale rimettente osserva che la disposizione censurata
ha  introdotto  nel  sistema  sanzionatorio  amministrativo  il  piu'
favorevole regime del cumulo giuridico per il concorso  materiale  di
illeciti - corrispondente a quello previsto per le pene dall'art. 81,
secondo comma, del codice penale - limitandolo, tuttavia,  alle  sole
violazioni  di  leggi  in  materia  di   previdenza   ed   assistenza
obbligatorie; 
    che, ad avviso del rimettente, tale limitazione  si  porrebbe  in
contrasto  con   l'art.   3,   primo   comma,   Cost.,   determinando
un'irragionevole disparita'  di  trattamento  tra  le  violazioni  in
materia previdenziale e assistenziale e tutte le altre; 
    che, peraltro, il giudice a quo riferisce  che,  a  sostegno  del
ricorso, la parte opponente ha  addotto  un  unico  motivo  (asserita
violazione dell'art. 8-bis, quarto comma,  della  legge  n.  689  del
1981), che  il  medesimo  giudice  ritiene  infondato,  cosicche'  ad
affermare la necessita' di applicare la disposizione censurata e'  lo
stesso rimettente, ancorche' in assenza di uno  specifico  motivo  di
impugnazione; 
    che, dunque, la questione relativa  all'art.  8,  secondo  comma,
della legge  n.  689  del  1981  risulta  sollevata  in  un  giudizio
meramente impugnatorio, in cui i confini del  thema  decidendum  sono
rigidamente  ancorati  ai  motivi  dedotti  dall'opponente  nell'atto
introduttivo (ex  plurimis,  Corte  di  cassazione,  sezione  seconda
civile, sentenza 11  gennaio  2016,  n.  232;  Corte  di  cassazione,
sezione  seconda  civile,  3  ottobre  2013,  n.  22637;   Corte   di
cassazione, sezione seconda civile, 18 gennaio 2010, n. 656; Corte di
cassazione, sezione seconda civile, 11 gennaio 2006, n. 217; Corte di
cassazione, sezione prima civile, 25 marzo 2005, n. 6519); 
    che,  pertanto,  la  questione  dell'applicabilita'  del   cumulo
giuridico  di  cui  all'art.  8,  secondo  comma,  risulta  priva  di
rilevanza nel giudizio a quo, non essendo ricompresa tra i motivi  di
impugnazione e non potendo il giudice a quo rilevare  d'ufficio  vizi
diversi; 
    che, sotto  un  ulteriore  profilo,  la  costante  giurisprudenza
costituzionale  ha  affermato  che  la  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 8, secondo comma, della  legge  n.  689  del
1981, nella parte in cui  non  prevede  la  possibilita'  del  cumulo
giuridico delle sanzioni -  anche  per  gli  illeciti  amministrativi
diversi  dalle  violazioni  di  norme  in  materia  previdenziale  ed
assistenziale - e' inammissibile, in quanto un intervento come quello
invocato   dal   rimettente    deve    ritenersi    precluso    dalla
discrezionalita'  del  legislatore  nel  configurare  il  trattamento
sanzionatorio per il concorso tra  plurime  violazioni,  nonche'  per
l'assenza di soluzioni costituzionalmente obbligate (ordinanze n. 270
del 2015, n. 280 del 1999, n. 23 del 1995 e n. 468 del 1989). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   manifestamente   inammissibile   la    questione    di
legittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo comma,  della  legge
24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in
riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di
Genova, con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA