N. 176 SENTENZA 5 - 13 luglio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Privilegi  erariali  -  Crediti  dello  Stato  per  imposte  dirette,
  assistiti  da  privilegio   generale   mobiliare   -   Collocazione
  sussidiaria, in caso di  infruttuosa  esecuzione  sui  mobili,  sul
  prezzo  degli  immobili,  con  preferenza   rispetto   ai   crediti
  chirografari - Estensione di tale regime ai crediti sorti  in  data
  anteriore al 6 luglio 2011. 
- Codice civile, art. 2776, terzo comma,  come  modificato  dall'art.
  23, comma 39, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98  (Disposizioni
  urgenti  per  la  stabilizzazione  finanziaria),  convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; d.l. n.  98  del
  2011, art. 23, comma 39.   
-   
(GU n.29 del 19-7-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici  :Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2776, terzo
comma, del codice civile, come modificato dall'art. 23, comma 39, del
decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria),  come  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e dell'art.  23,  comma  39,  del
d.l. n. 98 del 2011, promosso dal Giudice  istruttore  del  Tribunale
ordinario di Forli', sezione civile, nel procedimento vertente tra C.
V. e G. M. e Equitalia Centro spa, con ordinanza del 2 febbraio 2015,
iscritta al n. 196 del registro ordinanze  2016  e  pubblicata  sulla
Gazzetta Ufficiale n. 41, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  consiglio  dei
Ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  5  luglio  2017  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di un  procedimento  di  esecuzione  immobiliare  -
promosso dalla vittima  di  un  delitto  di  violenza  sessuale  (per
ottenere il  pagamento  della  provvisionale  riconosciutale  con  la
sentenza di condanna dell'imputato), ed in esito al quale il  giudice
procedente aveva approvato un piano di  riparto  con  cui  il  prezzo
ricavato dalla vendita dell'immobile pignorato  veniva  per  l'intero
attribuito alla (successivamente) intervenuta Equitalia  Centro  spa,
in ragione del  "privilegio  sussidiario"  su  detta  somma  da  essa
vantato, ai sensi  della  sopravvenuta  novella  dell'art.  2776  del
codice civile, in relazione a crediti  tributari  relativi  a  cinque
cartelle esattoriali emesse nei confronti del medesimo debitore e per
i quali era stato inutilmente tentato il pignoramento  di  suoi  beni
mobili - il giudice istruttore del  Tribunale  ordinario  di  Forli',
sezione  civile,  adito  in  sede  di  opposizione  della  creditrice
chirografaria avverso il  predetto  piano  di  riparto,  ha  ritenuto
rilevante e non manifestamente infondata, ed ha  per  cio'  sollevato
con l'ordinanza in epigrafe, questione di legittimita' costituzionale
del predetto art. 2776, terzo comma, cod. civ., cosi' come modificato
dall'art. 23, comma 39,  del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,
nonche' dello stesso art. 23,  comma  39  [recte:  comma  39,  ultimo
periodo], del d.l. n. 98 del 2011, come  convertito,  «per  contrasto
con gli artt. 3, 117 comma 1 in relazione all'art. 6 della CEDU,  111
e 24 Cost.». 
    Secondo il giudice a quo, il novellato art.  2776,  terzo  comma,
cod. civ. - con il disporre che anche i crediti dello Stato  indicati
dall'art. 2752, primo comma, cod. civ. (ossia quelli «per le  imposte
e le sanzioni dovute secondo le  norme  in  materia  di  imposta  sul
reddito delle persone fisiche,  imposta  sul  reddito  delle  persone
giuridiche, imposta sul reddito  delle  societa',  imposta  regionale
sulle attivita' produttive ed imposta locale sui redditi»), che hanno
gia'  privilegio  generale  sui  mobili  del  debitore,  in  caso  di
infruttuosa   esecuzione   su    detti    beni,    siano    collocati
sussidiariamente sul prezzo degli immobili, con  preferenza  rispetto
ai crediti chirografari - si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della
Costituzione,  «sub   specie   di   violazione   del   principio   di
ragionevolezza e  non  discriminazione,  non  risultando  sussistenti
ragioni di interesse costituzionale che giustifichino una  diversita'
di trattamento e apprezzabili motivi che consentano di sacrificare le
pretese creditorie di altri soggetti», e con l'art.  111  Cost.,  per
«probabile» alterazione delle condizioni di parita' tra le parti  del
processo esecutivo. 
    A sua volta, l'art. 23, comma 39, ultimo periodo, del d.l. n.  98
del 2011 - con  il  prevedere  che  «[l]a  disposizione  [di  cui  al
predetto modificato terzo comma dell'art. 2776 cod. civ.] si  osserva
anche per i crediti sorti  anteriormente  alla  data  di  entrata  in
vigore del presente decreto» - violerebbe l'art.  117,  primo  comma,
Cost., in relazione all'art. 6 della Convenzione per la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4
agosto  1955,  n.  848,  in  quanto  l'applicazione  retroattiva  del
privilegio sussidiario sul ricavato della vendita degli immobili  del
debitore   esecutato,   in   danno   della   creditrice   procedente,
determinerebbe un'indebita ingerenza sullo svolgimento  del  processo
esecutivo, orientando la soddisfazione dei crediti  in  favore  dello
Stato a scapito del legittimo  affidamento  nella  soddisfazione  dei
propri crediti riposto dagli altri creditori,  senza  che  sussistano
motivi imperativi di interesse generale, attesa la  natura  meramente
economica dell'interesse perseguito dallo Stato. 
    E,  in  questa  prospettiva,  il  rimettente  -  che  adombra  la
violazione anche dell'art. 24 Cost. - richiama la sentenza di  questa
Corte  n.  170  del  2013,   che   ha   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale dei commi 37, ultimo periodo, e 40 del  medesimo  art.
23 del d.l. n. 98 del 2011. 
    2.- Nel  giudizio  innanzi  a  questa  Corte  e'  intervenuto  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    L'Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e  difende,
ha eccepito  preliminarmente  l'inammissibilita'  delle  censure  per
violazione dei precetti di cui agli artt. 111 e 24 Cost.: entrambi, a
suo   avviso,    non    pertinentemente    evocati.    Ha    eccepito
l'inammissibilita', altresi', della questione relativa  all'art.  23,
comma 39, ultimo periodo, del d.l. n. 98 del 2011, non reputando  che
possa «parlarsi di irretroattivita' [recte:  retroattivita']  di  una
norma, nella misura in cui essa disciplina modalita' di soddisfazione
di un credito avente gia' natura privilegiata». 
    Nel merito, ha escluso  che  sussista  la  denunciata  violazione
dell'art. 3 Cost., poiche' la deroga - che l'art. 2776, terzo  comma,
cod. civ. apporta  al  principio  della  par  condicio  creditorum  -
sarebbe giustificata «in ragione della specifica natura  dei  crediti
ivi indicati, che gia' godono di privilegio generale sui beni  mobili
ai sensi degli articoli 2751, 2751-bis e 2752 c.c.». 
    In subordine, ha contestato, comunque, anche la fondatezza  della
questione relativa al su citato art. 23, comma  39,  ultimo  periodo,
del d.l. n. 98 del 2011, stante la non equiparabilita', a suo avviso,
di tale disposizione alla normativa caducata dalla  sentenza  n.  170
del 2013, richiamata dal rimettente. 
    Con memoria successivamente depositata, l'Avvocatura dello  Stato
ha poi ancora sottolineato come, per effetto della novella impugnata,
il trattamento dei crediti per imposte dirette sia stato uniformato a
quello dei crediti per imposte sul valore aggiunto, i quali  godevano
gia' della medesima collocazione sussidiaria, sia per il tributo, sia
per le sanzioni, in base al testo previgente dell'art. 2776 cod. civ. 
    Ed ha, infine, aggiunto che l'estensione di un tale regime  anche
ai crediti sorti anteriormente al 6 luglio 2011 avrebbe riproposto un
principio di retroattivita' dei privilegi gia' cristallizzato  a  suo
tempo dall'art. 15 della legge 29 luglio 1975, n. 426  (Modificazioni
al codice civile e alla legge 30 aprile 1969, n. 153, in  materia  di
privilegi), che aveva introdotto una nuova  disciplina  organica  dei
privilegi, e risponderebbe allo scopo di consentire  il  piu'  celere
soddisfacimento dei crediti erariali, come precisato nella  relazione
al denunciato decreto-legge. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- In riferimento ai parametri di cui agli artt. 3,  24,  111  e
117, primo comma, della  Costituzione  -  evocato,  quest'ultimo,  in
relazione all'art.  6  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmata  a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4
agosto 1955, n. 848 - il giudice istruttore del  Tribunale  ordinario
di Forli', sezione civile, dubita, come  in  narrativa  detto,  della
legittimita' costituzionale dell'art. 2776, terzo comma,  del  codice
civile,  cosi'  come  modificato  dall'art.   23,   comma   39,   del
decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria), convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111, nonche' dello stesso art. 23, comma  39
[recte: comma 39, ultimo periodo], del d.l.  n.  98  del  2011,  come
convertito. 
    1.1.- Il  novellato  art.  2776  cod.  civ.,  denunciato  in  via
principale,  e'  raggiunto  da  una  duplice  censura  di  violazione
dell'art. 3 e dell'art. 111 Cost., nella parte  in  cui  dispone  che
«[i] crediti dello Stato indicati dal  primo  [...]  comma  dell'art.
2752 [ossia quelli per le imposte e le  sanzioni  dovute  secondo  le
norme in materia  di  imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche,
imposta sul reddito delle persone  giuridiche,  imposta  sul  reddito
delle societa',  imposta  regionale  sulle  attivita'  produttive  ed
imposta locale sui redditi] sono collocati sussidiariamente, in  caso
di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili,  con
preferenza rispetto ai crediti chirografari [...]». 
    Questa disposizione violerebbe, appunto, secondo  il  rimettente,
«il principio  di  ragionevolezza  e  non  discriminazione»  (art.  3
Cost.),   «non   risultando   sussistenti   ragioni   di    interesse
costituzionale che giustifichino  una  diversita'  di  trattamento  e
apprezzabili  motivi  che  consentano  di  sacrificare   le   pretese
creditorie di altri soggetti». E  contrasterebbe,  altresi',  con  il
principio del giusto processo (art. 111 Cost.), per alterazione delle
condizioni di parita' tra le parti del processo esecutivo. 
    1.2.- L'art. 23, comma 39, del d.l. n. 98 del  2011,  convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, e' denunciato in  via
subordinata, in ragione della previsione (contenuta  nell'ultimo  suo
periodo) per cui «[l]a disposizione [di cui  al  predetto  modificato
terzo comma dell'art. 2776 cod. civ.] si osserva anche, per i crediti
sorti anteriormente alla data  di  entrata  in  vigore  del  presente
decreto». 
    Nella prospettazione del giudice a quo, detta  norma  di  diritto
intertemporale  violerebbe  l'art.  117,  primo  comma,   Cost.,   in
relazione all'art. 6 della CEDU, in quanto l'applicazione retroattiva
del privilegio sussidiario sul ricavato della vendita degli  immobili
del debitore esecutato  determinerebbe  un'indebita  ingerenza  sullo
svolgimento del processo esecutivo, privilegiando crediti dello Stato
a scapito del legittimo affidamento nella  soddisfazione  dei  propri
crediti riposto dagli altri creditori, senza  che  sussistano  motivi
imperativi  di  interesse  generale,  attesa  la   natura   meramente
economica dell'interesse perseguito dallo Stato. 
    E contrasterebbe, inoltre, con l'art.  24  Cost.,  in  quanto  la
disposta retroattivita' verrebbe a «menomare il diritto di  difesa  e
di azione della parte». 
    2.- La difesa dello Stato ha formulato preliminari  eccezioni  di
inammissibilita' delle censure attinenti agli artt. 111 e 24 Cost.  -
non ritenendo prospettabile la violazione  di  detti  parametri  -  e
della questione  di  legittimita'  dell'art.  23,  comma  39,  ultimo
periodo,  del  d.l.  n.  98  del  2011,  in  quanto   sollevata   sul
presupposto, a suo avviso errato, di una portata retroattiva di detta
norma. 
    Ma tali eccezioni di inammissibilita' sono superabili, come tali,
poiche' finiscono con il  rifluire  sul  merito  delle  questioni  in
esame, di ciascuna delle quali l'Avvocatura dello Stato ha, comunque,
contestato la fondatezza, come piu' ampiamente riferito nel  Ritenuto
in fatto. 
    3.- In relazione ad entrambi i parametri  evocati,  il  novellato
comma  terzo  dell'art.  2776  cod.  civ.  supera  lo  scrutinio   di
legittimita' costituzionale. 
    3.1.- La prevista estensione,  in  via  sussidiaria,  sul  prezzo
degli immobili, del privilegio gia'  accordato  sui  beni  mobili  ai
crediti dello Stato per le imposte dirette (di  cui  al  primo  comma
dell'art. 2752 cod. civ.) non viola, in primo luogo, l'art. 3 Cost. 
    Cio' che, infatti, introduce la norma denunciata e' non altro che
un privilegio, seppur valevole solo in via  sussidiaria,  su  crediti
(dello Stato)  gia'  privilegiati  in  ragione  della  causa  che  li
connota, e dunque una "causa legittima di prelazione", che giustifica
la deroga alla par condicio creditorum, ai sensi dell'art. 2741  cod.
civ. 
    Per di piu', tale nuova disposizione - estendendo ai crediti  per
tributi erariali diretti il privilegio sussidiario gia' accordato, in
base al  testo  previgente  dell'art.  2776  cod.  civ.,  ai  crediti
relativi  all'imposta  sul  valore  aggiunto  (IVA)  -  armonizza   e
razionalizza  il  regime  dei  crediti  tributari,  gia'  muniti   di
privilegio generale sui beni mobili, che  rimangano  in  tutto  o  in
parte insoddisfatti. 
    E cio' anche alla luce della contestuale  abrogazione  (ad  opera
del comma 38 dello stesso art. 23  del  d.l.  n.  98  del  2011)  dei
privilegi previsti  dall'art.  2771  cod.  civ.,  che  attribuiva  ai
crediti dello Stato per le imposte o quote  d'imposta  imputabili  ai
redditi immobiliari,  non  tutelati  dall'art.  2752  cod.  civ.,  un
privilegio speciale  sugli  immobili  del  contribuente  situati  nel
Comune in cui era effettuata la riscossione. 
    3.2.- Il  privilegio,  come  sopra  introdotto,  diversamente  da
quanto paventato dal rimettente, non incide, del resto, sulla parita'
delle  armi  tra  le  parti,  ma  solo  sulla  causa  del  credito  e
sull'esigenza che lo stesso sia soddisfatto. E cio' toglie fondamento
anche alla censura di violazione dell'art. 111 Cost. 
    4.- L'art. 23, comma 39, ultimo periodo, del d.l. n. 98 del 2011,
come convertito, e' sospettato, in  via  gradata,  di  contrasto  con
l'art. 117, primo comma, Cost. - in relazione all'art. 6 della CEDU -
e con l'art. 24 Cost. E cio' in ragione della presupposta sua portata
retroattiva, ricollegata dal rimettente alla prevista osservanza  del
privilegio sussidiario - introdotto nel corpus  dell'art.  2776  cod.
civ. dal medesimo art. 23, comma 39, del d.l. n. 98 del 2011 -  anche
«per i crediti sorti anteriormente alla data di entrata in vigore del
presente decreto». 
    Ritiene, al riguardo, il giudice a quo che ricorrano nella specie
le medesime ragioni di tutela dell'affidamento del privato che  hanno
gia' comportato la declaratoria di illegittimita' costituzionale  dei
commi 37 (ultimo periodo) e 40 del predetto art. 23 del  d.l.  n.  98
del 2011, con sentenza n. 170 del 2013. 
    La questione, nei termini della sua prospettazione, e' fondata. 
    4.1.-  Per  principio   generale   regolatore   delle   procedure
concorsuali  (fallimentari  ed   espropriative   in   generale),   il
privilegio introdotto ex novo dal legislatore e' destinato a ricevere
immediata applicazione da parte del  giudice  procedente,  anche  con
riguardo a crediti che - ancorche'  sorti  anteriormente  alla  legge
istitutiva di quel privilegio - vengano, comunque, fatti  valere,  in
concorso con altri, in un momento successivo. 
    Nella sentenza n. 170 del 2013 - a proposito  della  disposizione
(contigua ed omologa a quella ora in  esame)  di  cui  al  precedente
comma 37, ultimo periodo, dello stesso art. 23 del  d.l.  n.  98  del
2011, come convertito (disposizione che, con riguardo al  privilegio,
per tributi e sanzioni tributarie, introdotto in sede di novellazione
dell'art. 2771, primo comma, cod. civ., identicamente ne  prescriveva
l'osservanza «anche per i crediti sorti anteriormente all'entrata  in
vigore del presente decreto») - questa Corte ha  gia'  osservato  che
«una previsione come quella contenuta nel comma  37  non  puo'  avere
altro  significato   che   quello   di   estendere   retroattivamente
l'applicabilita' della nuova regola oltre ai casi consentiti in  base
ai principi generali e  cioe'  a  quelli  in  cui  lo  stato  passivo
esecutivo e' gia' definitivo». 
    Su questa linea, la Corte di legittimita' ha da epoca  risalente,
del resto, espresso il principio, consolidatosi in termini di diritto
vivente, secondo cui,  in  presenza  di  una  legge  retroattiva  che
introduca nuovi privilegi, questi ultimi assistono  anche  i  crediti
sorti anteriormente alla sua entrata in  vigore,  a  prescindere  dal
tempo in cui siano stati azionati  in  sede  concorsuale  e,  quindi,
anche i crediti prima chirografari, e come tali  ammessi  al  passivo
fallimentare, con la conseguenza che tale privilegio puo' esercitarsi
anche dopo l'approvazione dello stato passivo  (e,  per  cio',  anche
dopo la formazione del cosiddetto giudicato endofallimentare), fino a
quando il riparto non sia  divenuto  definitivo  (in  tal  senso,  da
ultimo, Corte di  cassazione,  sezione  prima,  24  giugno  2015,  n.
13090). 
    4.2. - Sulla base  di  tali  premesse  -  e  con  riferimento  al
medesimo parametro di  cui  all'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione  all'art.  6  della  CEDU,  invocato   anche   nell'odierno
giudizio, oltreche' all'art. 3 Cost. - la richiamata sentenza n.  170
del 2013 ha, appunto, dichiarato, l'illegittimita' costituzionale del
comma 37, ultimo periodo, e del connesso comma 40, dell'art.  23  del
d.l. n. 98 del 2011, per la ragione che una tale  disciplina  «altera
[...] i rapporti tra i creditori, gia'  accertati  con  provvedimento
del   giudice   ormai   consolidato   dall'intervenuta    preclusione
processuale, favorendo le pretese economiche dello Stato a detrimento
delle  concorrenti  aspettative  delle  parti  private».  E  cio'  in
«assenza di adeguati motivi che giustifichino la retroattivita' della
legge». 
    4.3.- Alla  disposizione  (sub  comma  39,  ultimo  periodo,  del
predetto art. 23), che viene qui ora  in  esame,  sono  riconducibili
effetti (del tutto identici, come si e' visto, a quelli prodotti  dal
caducato comma 37,  ultimo  periodo),  di  indebita  ingerenza  sullo
svolgimento  del  processo  esecutivo,  e   di   orientamento   della
soddisfazione  dei  crediti  tributari  in  favore  dello   Stato   a
detrimento del legittimo affidamento nella soddisfazione  dei  propri
crediti riposto dagli altri creditori, senza  che  sussistano  motivi
imperativi di interesse generale che lo giustifichino. 
    E cio', analogamente,  comporta  l'illegittimita'  costituzionale
anche del qui censurato comma 39, ultimo periodo,  dell'art.  23  del
d.l. n. 98 del 2011, come convertito,  per  il  profilo,  assorbente,
della  violazione  del  citato  art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione all'art. 6 della CEDU. 
    4.4.- Resta di conseguenza assorbito l'ulteriore dedotto  profilo
di violazione dell'art. 24 Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  23,  comma
39,  ultimo  periodo,  del  decreto-legge  6  luglio  2011,   n.   98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; 
    1)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2776, terzo comma, del codice  civile,  come
modificato  dall'art.  23,  comma  39,  del  d.l.  n.  98  del  2011,
convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  n.  111   del   2011,
sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione,  dal
giudice istruttore del Tribunale ordinario di Forli', sezione civile,
con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA