N. 208 SENTENZA 6 giugno - 17 luglio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Misure di prevenzione - Sospensione del procedimento per  incapacita'
  del proposto - Modalita' di definizione. 
- Codice di procedura penale, art. 72, comma 2. 
-   
(GU n.29 del 19-7-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  72,  comma
2, del codice di procedura penale, promosso dal  Tribunale  ordinario
di Napoli, nel procedimento penale a carico di C. B.  ed  altri,  con
ordinanza del 29 settembre  2015,  iscritta  al  n.  2  del  registro
ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 4, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visti l'atto di costituzione di S. B., nella qualita'  di  tutore
legale di C. B., nonche' l'atto  di  intervento  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 giugno 2017 il Giudice relatore
Giorgio Lattanzi; 
    uditi l'avvocato Stefano Sorrentino per S. B., nella qualita'  di
tutore legale di C. B., e l'avvocato dello  Stato  Massimo  Giannuzzi
per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 29 settembre 2015 (r.o. n. 2 del 2016),  il
Tribunale ordinario di Napoli,  sezione  misure  di  prevenzione,  ha
proposto questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 72, comma
2, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3  e  24
della  Costituzione,  nella  parte  in  cui,  nel   procedimento   di
applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale,  non  prevede
la revoca dell'ordinanza di sospensione disposta per l'infermita'  di
mente del  proposto,  qualora  si  accerti  che  l'incapacita'  della
persona e' irreversibile. 
    Il  Tribunale  rimettente  riferisce   che,   su   proposta   del
Procuratore distrettuale antimafia e del Questore,  con  due  decreti
del 21 e del 27 giugno 2011, aveva sottoposto a  sequestro  «svariati
beni mobili e immobili intestati a  B.  C.  (proposto  anche  per  la
misura di prevenzione personale cd. antimafia),  alla  moglie  B.  S.
[...], alle figlie B. A. [...] e B. D.». 
    Nel corso del procedimento e' risultato che il  proposto  versava
in  una  condizione  di  totale  e   irreversibile   incapacita'   di
partecipare consapevolmente, originata  da  un  grave  deterioramento
mentale  subito  in  seguito  a  un  arresto  cardiorespiratorio  per
un'overdose di cocaina, avvenuto nel 2003. Per questo  stato  mentale
il proposto era stato dichiarato interdetto dal Tribunale di Napoli e
la moglie ne era stata nominata tutore provvisorio. 
    Il Tribunale, facendo applicazione dell'art. 71 cod. proc.  pen.,
che aveva ritenuto applicabile anche al procedimento di  prevenzione,
ne aveva disposto la sospensione. 
    In seguito a ripetuti accertamenti,  il  giudice  rimettente  era
giunto alla conclusione che l'incapacita' del proposto  era  divenuta
irreversibile e che tale stato faceva  «venir  meno  in  radice  ogni
possibilita' di ritenere attuale  la  sua  eventuale  pericolosita'»,
sicche' doveva «certamente escludersi uno  dei  requisiti  essenziali
per l'applicazione della misura di prevenzione personale ex art. 2 L.
575/65». 
    Secondo  la  difesa  del  proposto,  l'incapacita'  irreversibile
avrebbe dovuto determinare il rigetto  della  «proposta  tout  court,
anche per la parte  patrimoniale,  con  restituzione  dei  beni  agli
aventi diritto», ma  il  Tribunale  ha  escluso  la  possibilita'  di
adottare un provvedimento del genere.  Infatti,  secondo  il  giudice
rimettente, una volta  affermata  «l'operativita'  della  sospensione
dell'art. 71 c.p.p.», non appariva «possibile alcuna analogia con  la
"sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere"; queste, mai
previste dalla legislazione in  materia  di  misure  di  prevenzione,
[avrebbero] evidentemente ragione di  essere  solo  nel  procedimento
penale di cognizione ed innanzi  alla  contestazione  di  ipotesi  di
reato». 
    L'art. 72 cod. proc. pen., conclude il Tribunale, non  e'  dunque
in nessun modo interpretabile nel senso appena indicato. 
    Ne conseguirebbe, a parere del giudice rimettente,  «il  pericolo
di una permanente stasi processuale»,  perche'  il  procedimento  per
l'applicazione della misura reale non potrebbe essere  riavviato  nei
confronti dell'incapace,  e  nel  frattempo  continuerebbe  ad  avere
efficacia il sequestro dei beni, disposto in precedenza in attesa  di
una decisione sulla confisca. 
    Per superare la stasi processuale occorrerebbe una  pronuncia  di
illegittimita' costituzionale,  che  secondo  il  giudice  rimettente
dovrebbe riguardare solo il  procedimento  relativo  all'applicazione
della misura di prevenzione patrimoniale. 
    Il giudice sarebbe  solo  chiamato  a  stabilire  se  certi  beni
debbano  essere  sottratti  al  circuito  economico  di  origine  per
escludere i condizionamenti criminali che li connotano ed evitare  la
formazione  di  patrimoni  illeciti,  considerato  che,   a   partire
dall'entrata in vigore dell'art. 2-bis, comma 6-bis, della  legge  31
maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni  criminali
di tipo mafioso, anche straniere), introdotto dall'art. 10, comma  1,
lettera c), numero 2),  del  decreto-legge  23  maggio  2008,  n.  92
(Misure urgenti in materia di sicurezza  pubblica),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n.  125,  come  sostituito
dalla legge di conversione n. 125 del 2008, e modificato dall'art. 2,
comma 22, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in  materia
di sicurezza pubblica), la confisca  puo'  essere  disposta  anche  a
prescindere  dalla  concomitante   applicazione   della   misura   di
prevenzione personale e dalla perdurante  pericolosita'  sociale  del
proposto, al punto che puo' raggiungere anche gli eredi della persona
pericolosa. 
    Il giudice rimettente reputa la situazione in questione analoga a
quella su cui e' intervenuta la sentenza di questa Corte  n.  45  del
2015, che ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
159, primo comma, del codice penale, nella parte in cui non escludeva
la sospensione della  prescrizione  quando  era  stata  accertata  la
definitiva incapacita' dell'imputato di partecipare  al  procedimento
per una irreversibile infermita' di mente. 
    L'attuale assetto  normativo  sarebbe  lesivo  del  principio  di
uguaglianza, perche'  tratterebbe  in  modo  diverso  l'imputato  nel
procedimento penale e il proposto nel  procedimento  di  applicazione
della misura di prevenzione patrimoniale, e sarebbe anche  del  tutto
irragionevole. 
    Inoltre sarebbe leso, sia il diritto di difesa dell'incapace, «al
quale viene preclusa ogni  possibilita'  di  far  valere  le  proprie
ragioni attraverso il curatore  speciale  per  dimostrare  la  lecita
provenienza dei beni in sequestro», sia  il  diritto  di  difesa  dei
terzi intestatari di beni sequestrati nel presupposto che ne abbia la
disponibilita' il proposto. 
    L'art. 72 cod. proc. pen. sarebbe percio' in  contrasto  con  gli
artt. 3 e 24 Cost., nella parte  in  cui  non  permette  di  revocare
l'ordinanza di sospensione del procedimento di  applicazione  di  una
misura  di   prevenzione   patrimoniale,   ove   sia   accertata   la
irreversibile incapacita' della  persona.  In  caso  di  accoglimento
delle  questioni,  vi  sarebbe  la  possibilita'  di  decidere  sulla
confisca dei beni sequestrati. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili o
infondate. 
    Le questioni sarebbero inammissibili perche'  il  rimettente  non
avrebbe esperito il tentativo di  interpretazione  costituzionalmente
conforme. 
    Nel merito, esse sarebbero infondate in ragione  della  «profonda
differenza  intercorrente  tra   il   procedimento   penale   ed   il
procedimento di prevenzione». 
    3.- Si e' costituito anche il proposto, rappresentato, in  quanto
interdetto, dal proprio tutore, e  ha  chiesto  l'accoglimento  della
questioni. 
    Secondo  il  proposto  anche  l'applicazione  di  una  misura  di
prevenzione patrimoniale non potrebbe prescindere dallo  «svolgimento
del  contraddittorio»  con   la   parte   privata,   in   particolare
sull'esistenza della pericolosita' «al momento dell'acquisto del bene
oggetto della richiesta ablatoria». 
    L'incapacita' processuale del proposto,  pertanto,  non  potrebbe
consentire al Tribunale l'adozione di un provvedimento sulla confisca
del bene. Ne' l'incapace potrebbe essere equiparato al deceduto,  che
resta estraneo al procedimento avviato nei confronti degli  eredi,  e
per il quale non si  pone  percio'  un  problema  di  violazione  del
diritto di difesa, come questa Corte ha ritenuto con la  sentenza  n.
21 del 2012. 
    4.-  Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica,  l'Avvocatura  dello
Stato ha depositato una  memoria,  insistendo  perche'  le  questioni
siano dichiarate inammissibili e, nel merito, non fondate. 
    La difesa erariale ribadisce che  il  rimettente  avrebbe  dovuto
offrire   un'interpretazione   costituzionalmente   orientata   della
disposizione   impugnata,   in   difetto    della    quale    sarebbe
inammissibilmente richiesto alla Corte di «avallare una tra le scelte
ermeneutiche possibili». 
    Nel merito, l'Avvocatura generale insiste sulle differenze tra il
procedimento penale e il procedimento per l'applicazione della misura
di prevenzione reale, con ampie citazioni tratte dalla giurisprudenza
costituzionale.  Questa  distinzione  renderebbe   non   fondate   le
questioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Tribunale  ordinario  di  Napoli,  sezione   misure   di
prevenzione,  solleva  questioni   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 72, comma 2, del codice di procedura penale, in riferimento
agli artt. 3 e  24  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui,  nel
procedimento  di  applicazione   di   una   misura   di   prevenzione
patrimoniale, non prevede la  revoca  dell'ordinanza  di  sospensione
disposta per l'infermita' di mente del proposto, qualora  si  accerti
che l'incapacita' della persona e' irreversibile. 
    Il giudice a quo si trova a  decidere  su  domande  congiunte  di
applicazione di una misura di prevenzione personale e della confisca,
nei  confronti  di   una   persona   indiziata   di   appartenere   a
un'associazione di  tipo  mafioso,  nell'ambito  di  un  procedimento
ancora governato ratione temporis dalla legge 31 maggio 1965, n.  575
(Disposizioni contro le organizzazioni  criminali  di  tipo  mafioso,
anche straniere), e dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure  di
prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e
per la pubblica moralita'). 
    Nel corso del procedimento e' stato accertato che il proposto non
era in grado di partecipare coscientemente a causa  di  un'infermita'
mentale.  Per  tale  ragione  il  Tribunale  rimettente  ha  adottato
un'ordinanza di sospensione ai sensi dell'art. 71 cod. proc. pen. 
    All'esito  di  una  nuova  perizia   e'   risultata   la   natura
irreversibile dell'incapacita'. 
    Il giudice a quo reputa che la  «permanente  stasi  processuale»,
alla  quale  il   procedimento   sull'applicabilita'   della   misura
patrimoniale sarebbe  consegnato  per  effetto  di  tale  situazione,
generi un contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. 
    L'attuale assetto  normativo  sarebbe  lesivo  del  principio  di
uguaglianza, perche'  tratterebbe  in  modo  diverso  l'imputato  nel
procedimento penale e il proposto nel  procedimento  di  applicazione
della misura di prevenzione patrimoniale, e sarebbe anche  del  tutto
irragionevole. 
    Inoltre sarebbe leso, sia il diritto di difesa dell'incapace, «al
quale viene preclusa ogni  possibilita'  di  far  valere  le  proprie
ragioni attraverso il curatore  speciale  per  dimostrare  la  lecita
provenienza dei beni in sequestro», sia  il  diritto  di  difesa  dei
terzi intestatari di beni sequestrati nel presupposto che ne abbia la
disponibilita' il proposto. 
    2.- L'Avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilita' delle
questioni, perche' il rimettente non avrebbe esperito il tentativo di
interpretare la norma impugnata in senso costituzionalmente conforme,
e ne ha chiesto il rigetto facendo  rilevare  la  differenza  tra  il
processo penale e il procedimento di prevenzione. 
    3.- L'eccezione  di  inammissibilita'  e'  priva  di  fondamento,
perche' il giudice rimettente ha ritenuto che la possibilita' di dare
un'interpretazione della disposizione impugnata tale da far  superare
il denunciato contrasto fosse preclusa dal testo normativo,  che  non
permetterebbe di revocare l'ordinanza di sospensione per il  caso  di
irreversibile incapacita' del proposto (sentenza n. 42 del 2017). 
    4.- Le questioni non sono fondate. 
    Di   fronte   all'incapacita'   del   proposto   di   partecipare
coscientemente  al  procedimento   di   prevenzione,   il   Tribunale
rimettente, richiamando una giurisprudenza in tal senso, ha  ritenuto
di dover  fare  applicazione  delle  disposizioni  che  regolano  una
situazione analoga nel processo penale, e in particolare dell'art. 71
cod. proc. pen. Percio' ha sospeso il procedimento. 
    L'irreversibilita'  dell'incapacita'  avrebbe  poi   determinato,
secondo il Tribunale, una durata interminabile della sospensione,  in
quanto  non  si  sarebbe  potuta  verificare  nel   procedimento   di
prevenzione la situazione che, a norma dell'art. 72,  comma  2,  cod.
proc. pen., comporta nel processo  penale  la  revoca  dell'ordinanza
sospensiva; sarebbe cioe' mancata la possibilita' di pronunciare  una
sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere. 
    Il giudice a quo rileva che lo stato di irreversibile incapacita'
del proposto nel  caso  di  specie,  anche  alla  luce  della  natura
dell'infermita' mentale che lo ha colpito, «fa venir meno  in  radice
ogni possibilita' di ritenere attuale la sua eventuale  pericolosita'
sociale»,  e  che  pertanto  «deve  certamente  escludersi  uno   dei
requisiti essenziali per l'applicazione della misura  di  prevenzione
personale ex art. 2 L. 575/65». 
    Nonostante cio', l'ordinanza di sospensione non  potrebbe  essere
revocata; infatti non  sarebbe  «possibile  alcuna  analogia  con  la
"sentenza di proscioglimento o di non  luogo  a  procedere".  Queste,
«mai previste dalla legislazione in materia di misure di prevenzione,
[avrebbero] evidentemente ragione di  essere  solo  nel  procedimento
penale di cognizione ed innanzi  alla  contestazione  di  ipotesi  di
reato». 
    Tale affermazione non puo' essere condivisa. 
    E' vero che nel procedimento di  prevenzione  non  sono  previste
sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere, ma se fossero
previste  verrebbe  in  questione   non   un'applicazione   analogica
dell'art. 72, comma 2, cod. proc. pen., ma  un'applicazione  diretta.
Esclusa l'applicazione diretta,  nel  caso  in  cui  la  mancanza  di
pericolosita' del proposto comporti il rigetto della richiesta  della
misura  di  prevenzione  personale,  non  c'e'  alcuna  ragione   per
escludere  anche  l'applicazione  analogica  della  disposizione   in
questione. 
    In questo caso il procedimento di prevenzione si conclude con una
decisione  sostanzialmente  assolutoria,  come  quella  del  processo
penale, e, una volta fatta applicazione analogica dell'art.  71  cod.
proc. pen. per disporre la sospensione del procedimento, non puo' non
farsi uguale applicazione anche dell'art. 72,  comma  2,  cod.  proc.
pen. per revocarla. 
    Deve percio' concludersi che, dopo aver constatato la mancanza di
pericolosita' attuale, il Tribunale era tenuto a revocare l'ordinanza
di sospensione e a  rigettare  la  richiesta  di  applicazione  della
misura di prevenzione personale. 
    5.- Una volta chiarito cio', occorre stabilire quale debba essere
la sorte della richiesta relativa alla confisca. 
    Al riguardo va anzitutto escluso che l'incapacita'  irreversibile
del proposto impedisca l'applicazione  della  misura  di  prevenzione
patrimoniale, dato che questa  prescinde  dall'attuale  pericolosita'
della persona, ma ha lo scopo di sottrarre definitivamente i beni «al
"circuito economico" di origine, per inserirl[i] in altro, esente dai
condizionamenti criminali che caratterizzano il primo»  (sentenza  n.
335 del 1996). Nel caso della confisca non vi e' percio'  ragione  di
rigettare la domanda a causa della infermita' mentale  del  proposto,
visto che tale stato  e'  compatibile,  sul  piano  sostanziale,  con
l'adozione di una misura preventiva di natura patrimoniale. 
    E' da aggiungere che, a partire dall'entrata in vigore  dell'art.
2-bis, comma 6-bis, della legge 31 maggio 1965, n. 575  (Disposizioni
contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere),
introdotto  dall'art.  10,  comma  1,  lettera  c),  numero  2),  del
decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure  urgenti  in  materia  di
sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  24
luglio 2008, n. 125, come sostituito dalla legge  di  conversione  n.
125 del 2008, e modificato dall'art. 2,  comma  22,  della  legge  15
luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di  sicurezza  pubblica),
la  confisca  puo'  essere  disposta  anche   a   prescindere   dalla
concomitante applicazione della misura  di  prevenzione  personale  e
dalla stessa perdurante pericolosita' sociale del proposto, al  punto
che puo' raggiungere anche gli eredi della persona pericolosa. 
    Inoltre l'irreversibile incapacita' del proposto non  costituisce
un ostacolo alla definizione del procedimento  relativo  alla  misura
patrimoniale. 
    Erra infatti il rimettente nel ritenere che  la  possibilita'  di
una tale definizione sia preclusa dalla normativa vigente e  richieda
percio' di essere introdotta con una dichiarazione di  illegittimita'
costituzionale. 
    L'errore consiste nella  supposta  equiparazione  tra  misura  di
prevenzione personale  e  misura  di  prevenzione  reale  per  quanto
concerne l'applicabilita' degli artt. 70 e seguenti cod. proc.  pen.,
in relazione alla sospensione del procedimento per l'incapacita'  del
proposto. 
    6.- Come e' noto, il procedimento  di  prevenzione  e'  governato
dalla normativa relativa all'applicazione delle misure di  sicurezza,
in quanto applicabile (art. 4 della legge n. 1423 del 1956). 
    L'art. 678 cod.  proc.  pen.,  con  riferimento  alle  misure  di
sicurezza e per quanto qui interessa, rinvia a sua volta all'art. 666
cod. proc. pen., relativo al procedimento di esecuzione. 
    L'art. 666, comma 8, cod. proc. pen. stabilisce che, nel caso  di
infermita' mentale dell'interessato, si  procede  nei  confronti  del
tutore, del curatore o del  curatore  provvisorio,  che  deve  essere
nominato in assenza dei primi. 
    La normativa concernente il procedimento per l'applicazione delle
misure di sicurezza pertanto esclude che l'incapacita' della  persona
comporti la sospensione del procedimento e impone, al contrario,  che
esso prosegua anche nei confronti del tutore o del curatore.  Compito
dell'interprete e' decidere se questa normativa sia o no  compatibile
con la natura e la  struttura  del  procedimento  di  prevenzione,  e
quindi se essa sia o no per  tale  parte  ad  esso  applicabile,  sia
quando ha ad oggetto misure  personali,  sia  quando  ha  ad  oggetto
misure patrimoniali. In caso di incompatibilita' troverebbero infatti
spazio, in entrambi i casi, gli artt. 70 e seguenti cod. proc. pen. 
    7.- Questa Corte ha  spesso  rimarcato  che  il  procedimento  di
prevenzione e' caratterizzato da «profonde  differenze»  rispetto  al
processo penale (ordinanza  n.  275  del  1996),  che  consentono  al
legislatore un ampio  spazio  di  diversificazione  della  disciplina
(sentenza n. 321 del 2004; da ultimo, sentenza n. 106 del 2015). 
    Al contempo, quando viene in gioco il bene supremo della liberta'
della persona, suscettibile di  essere  pesantemente  inciso  da  una
misura di prevenzione personale, neppure le spiccate peculiarita' del
procedimento di prevenzione consentono  che  esso  sia  sottratto  al
patrimonio comune delle garanzie normative essenziali, correlate alle
diverse caratteristiche procedimentali (sentenze n. 306 del 1997,  n.
77 del 1995, n. 160 del 1982 e n. 76 del 1970;  ordinanza  n.  7  del
1998), se del  caso  anche  attraverso  l'applicazione  delle  regole
relative al processo penale (sentenza n. 53  del  1968;  in  seguito,
sentenza n. 306 del 1997). 
    E'  quanto  deve  accadere,  e  nella  specie  e'  accaduto,  per
l'applicazione della misura di prevenzione  personale,  tenuto  conto
che il bene sul quale  essa  opera  ha  «una  propria  e  particolare
rilevanza costituzionale» (sentenza  n.  53  del  1968;  in  seguito,
sentenza n. 306 del 1997). E' percio' necessario che l'esercizio  del
diritto di difesa, e di  "autodifesa",  da  parte  del  proposto  sia
«consapevole e attivo» (sentenza  n.  39  del  2004),  cosa  che  non
potrebbe accadere se fosse possibile procedere nonostante lo stato di
incapacita'. In questo caso, l'art. 666, comma 8, cod. proc. pen.  si
dimostra pertanto incompatibile con il rito di prevenzione personale,
e dunque inapplicabile,  mentre  adeguata,  per  quanto  qui  rileva,
appare la disciplina recata dagli artt. 70 e seguenti cod. proc. pen. 
    8.- A una  conclusione  diversa  si  deve  invece  pervenire  con
riferimento al  procedimento  relativo  alle  misure  di  prevenzione
patrimoniali, perche' un conto  e'  l'inviolabilita'  della  liberta'
personale, altro conto e' «la libera disponibilita' dei beni, che  la
legge ben puo' contemperare in funzione  degli  interessi  collettivi
che vengono ad  essere  coinvolti»  (sentenza  n.  48  del  1994;  in
seguito, sentenza n. 21 del 2012; ordinanza n. 216 del 2012). 
    Questa Corte, in particolare, e' gia' stata chiamata  a  decidere
sulla  legittimita'  costituzionale  della  scelta   legislativa   di
prevedere che il procedimento di prevenzione per la confisca dei beni
possa  essere  proposto  nei  confronti  dei  successori   a   titolo
universale o particolare della persona deceduta. In  tale  occasione,
si e' precisato che «l'individuazione, operata dal rimettente,  della
"presenza fisica dell'interessato" (o almeno della sua  "possibilita'
astratta di partecipare") quale "momento  fondamentale  del  rapporto
processuale, che condiziona la correttezza globale del giudizio",  in
cui si  sostanzia  il  nucleo  essenziale  della  questione,  non  e'
giustificata  con   riferimento   a   un   procedimento   finalizzato
all'applicazione  della  misura  di  prevenzione  patrimoniale  della
confisca». Infatti le «profonde  differenze,  di  procedimento  e  di
sostanza, tra le due sedi, penale e di prevenzione» (ordinanza n. 275
del  1996)  e  le  peculiarita'  di   quest'ultima,   particolarmente
significative quando, come nel  caso  della  confisca,  la  sede  sia
funzionale all'applicazione di misure destinate ad incidere non  gia'
sulla liberta' personale della parte, ma sul suo patrimonio,  in  uno
con  la  considerazione   della   ratio   dell'istituto,   confermano
l'infondatezza della questione, incentrata sull'assunto - valido  per
il processo penale - che  la  "presenza  fisica"  del  "soggetto  nei
confronti del quale [la confisca] potrebbe essere disposta" (o almeno
la  sua  "possibilita'  astratta  di  partecipare")  sia   condizione
ineludibile di conformita' del procedimento per l'applicazione  della
misura  patrimoniale  ai   parametri   costituzionali   evocati   dal
rimettente» (sentenza n. 21 del 2012). 
    Se, dunque, la natura del procedimento per  l'applicazione  della
confisca e' tale da non comportare  necessariamente  l'autodifesa  da
parte del proposto, al punto che esso puo' avviarsi nei confronti dei
terzi successori, non si vede ragione costituzionalmente  ineludibile
per sospendere il procedimento in caso di  incapacita'  del  proposto
stesso. 
    L'esercizio del  diritto  di  difesa  e'  infatti  legittimamente
garantito da parte del tutore o del curatore, una volta chiarito  che
si puo' prescindere dalla partecipazione personale del proposto. Cio'
in linea con la natura di actio in rem che la  stessa  giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell'uomo attribuisce al procedimento
di confisca (da ultimo, sentenza 12  agosto  2015,  Gogitidze  contro
Georgia). 
    Naturalmente tali considerazioni attengono  al  solo  profilo  di
legittimita'   costituzionale   prospettato   dal   rimettente,   con
riferimento  alla  potesta'  pubblica  di  avviare  e  procedere  nel
giudizio  di   prevenzione   reale   nei   confronti   dell'incapace,
rappresentato dal suo tutore o curatore  provvisorio.  Indiscussa  la
sussistenza di tale potesta' per le  ragioni  appena  esposte,  resta
impregiudicata  ogni  valutazione  circa  la  compatibilita'  con  la
Costituzione della particolare configurazione che il  legislatore  ha
impresso al procedimento, specie in punto di  oneri  probatori  e  di
allegazione, anche quando la persona che ha  diretta  conoscenza  dei
fatti, e che potrebbe articolare la propria difesa in  base  a  cio',
non sia in grado di prendere parte  coscientemente  al  giudizio.  Si
tratta, infatti, di due profili distinti, attinenti l'uno all'an  del
procedimento, e l'altro al quomodo, dei quali il  primo  soltanto  e'
oggetto del presente giudizio incidentale (sentenza n. 21 del 2012). 
    In conclusione, con riguardo  all'applicazione  della  misura  di
prevenzione patrimoniale, l'art. 666, comma 8,  cod.  proc.  pen.  si
rivela compatibile con la struttura del  procedimento  e  va  percio'
applicato anche nei  casi  di  incapacita'  del  proposto,  rimanendo
inoperanti gli artt. 70 e seguenti cod. proc. pen. 
    Le questioni sono percio' non fondate, perche' e' errato ritenere
che gli artt. 70 e seguenti cod.  proc.  pen.  siano  applicabili  al
procedimento di prevenzione patrimoniale,  in  luogo  dell'art.  666,
comma 8, cod. proc. pen., e che solo attraverso una  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 72, comma 2, cod. proc.  pen.
possa conseguirsi l'effetto di proseguire nel giudizio relativo  alla
confisca. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 72, comma 2, del codice di procedura penale, sollevate,  in
riferimento agli artt. 3  e  24  della  Costituzione,  dal  Tribunale
ordinario di Napoli, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                     Giorgio LATTANZI, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 17 luglio 2017. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE