N. 208 SENTENZA 6 giugno - 17 luglio 2017
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Misure di prevenzione - Sospensione del procedimento per incapacita' del proposto - Modalita' di definizione. - Codice di procedura penale, art. 72, comma 2. -(GU n.29 del 19-7-2017 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente:Paolo GROSSI; Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 72, comma 2, del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale ordinario di Napoli, nel procedimento penale a carico di C. B. ed altri, con ordinanza del 29 settembre 2015, iscritta al n. 2 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 2016. Visti l'atto di costituzione di S. B., nella qualita' di tutore legale di C. B., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 6 giugno 2017 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi; uditi l'avvocato Stefano Sorrentino per S. B., nella qualita' di tutore legale di C. B., e l'avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 29 settembre 2015 (r.o. n. 2 del 2016), il Tribunale ordinario di Napoli, sezione misure di prevenzione, ha proposto questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 72, comma 2, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui, nel procedimento di applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale, non prevede la revoca dell'ordinanza di sospensione disposta per l'infermita' di mente del proposto, qualora si accerti che l'incapacita' della persona e' irreversibile. Il Tribunale rimettente riferisce che, su proposta del Procuratore distrettuale antimafia e del Questore, con due decreti del 21 e del 27 giugno 2011, aveva sottoposto a sequestro «svariati beni mobili e immobili intestati a B. C. (proposto anche per la misura di prevenzione personale cd. antimafia), alla moglie B. S. [...], alle figlie B. A. [...] e B. D.». Nel corso del procedimento e' risultato che il proposto versava in una condizione di totale e irreversibile incapacita' di partecipare consapevolmente, originata da un grave deterioramento mentale subito in seguito a un arresto cardiorespiratorio per un'overdose di cocaina, avvenuto nel 2003. Per questo stato mentale il proposto era stato dichiarato interdetto dal Tribunale di Napoli e la moglie ne era stata nominata tutore provvisorio. Il Tribunale, facendo applicazione dell'art. 71 cod. proc. pen., che aveva ritenuto applicabile anche al procedimento di prevenzione, ne aveva disposto la sospensione. In seguito a ripetuti accertamenti, il giudice rimettente era giunto alla conclusione che l'incapacita' del proposto era divenuta irreversibile e che tale stato faceva «venir meno in radice ogni possibilita' di ritenere attuale la sua eventuale pericolosita'», sicche' doveva «certamente escludersi uno dei requisiti essenziali per l'applicazione della misura di prevenzione personale ex art. 2 L. 575/65». Secondo la difesa del proposto, l'incapacita' irreversibile avrebbe dovuto determinare il rigetto della «proposta tout court, anche per la parte patrimoniale, con restituzione dei beni agli aventi diritto», ma il Tribunale ha escluso la possibilita' di adottare un provvedimento del genere. Infatti, secondo il giudice rimettente, una volta affermata «l'operativita' della sospensione dell'art. 71 c.p.p.», non appariva «possibile alcuna analogia con la "sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere"; queste, mai previste dalla legislazione in materia di misure di prevenzione, [avrebbero] evidentemente ragione di essere solo nel procedimento penale di cognizione ed innanzi alla contestazione di ipotesi di reato». L'art. 72 cod. proc. pen., conclude il Tribunale, non e' dunque in nessun modo interpretabile nel senso appena indicato. Ne conseguirebbe, a parere del giudice rimettente, «il pericolo di una permanente stasi processuale», perche' il procedimento per l'applicazione della misura reale non potrebbe essere riavviato nei confronti dell'incapace, e nel frattempo continuerebbe ad avere efficacia il sequestro dei beni, disposto in precedenza in attesa di una decisione sulla confisca. Per superare la stasi processuale occorrerebbe una pronuncia di illegittimita' costituzionale, che secondo il giudice rimettente dovrebbe riguardare solo il procedimento relativo all'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale. Il giudice sarebbe solo chiamato a stabilire se certi beni debbano essere sottratti al circuito economico di origine per escludere i condizionamenti criminali che li connotano ed evitare la formazione di patrimoni illeciti, considerato che, a partire dall'entrata in vigore dell'art. 2-bis, comma 6-bis, della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere), introdotto dall'art. 10, comma 1, lettera c), numero 2), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, come sostituito dalla legge di conversione n. 125 del 2008, e modificato dall'art. 2, comma 22, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), la confisca puo' essere disposta anche a prescindere dalla concomitante applicazione della misura di prevenzione personale e dalla perdurante pericolosita' sociale del proposto, al punto che puo' raggiungere anche gli eredi della persona pericolosa. Il giudice rimettente reputa la situazione in questione analoga a quella su cui e' intervenuta la sentenza di questa Corte n. 45 del 2015, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 159, primo comma, del codice penale, nella parte in cui non escludeva la sospensione della prescrizione quando era stata accertata la definitiva incapacita' dell'imputato di partecipare al procedimento per una irreversibile infermita' di mente. L'attuale assetto normativo sarebbe lesivo del principio di uguaglianza, perche' tratterebbe in modo diverso l'imputato nel procedimento penale e il proposto nel procedimento di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, e sarebbe anche del tutto irragionevole. Inoltre sarebbe leso, sia il diritto di difesa dell'incapace, «al quale viene preclusa ogni possibilita' di far valere le proprie ragioni attraverso il curatore speciale per dimostrare la lecita provenienza dei beni in sequestro», sia il diritto di difesa dei terzi intestatari di beni sequestrati nel presupposto che ne abbia la disponibilita' il proposto. L'art. 72 cod. proc. pen. sarebbe percio' in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non permette di revocare l'ordinanza di sospensione del procedimento di applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale, ove sia accertata la irreversibile incapacita' della persona. In caso di accoglimento delle questioni, vi sarebbe la possibilita' di decidere sulla confisca dei beni sequestrati. 2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili o infondate. Le questioni sarebbero inammissibili perche' il rimettente non avrebbe esperito il tentativo di interpretazione costituzionalmente conforme. Nel merito, esse sarebbero infondate in ragione della «profonda differenza intercorrente tra il procedimento penale ed il procedimento di prevenzione». 3.- Si e' costituito anche il proposto, rappresentato, in quanto interdetto, dal proprio tutore, e ha chiesto l'accoglimento della questioni. Secondo il proposto anche l'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale non potrebbe prescindere dallo «svolgimento del contraddittorio» con la parte privata, in particolare sull'esistenza della pericolosita' «al momento dell'acquisto del bene oggetto della richiesta ablatoria». L'incapacita' processuale del proposto, pertanto, non potrebbe consentire al Tribunale l'adozione di un provvedimento sulla confisca del bene. Ne' l'incapace potrebbe essere equiparato al deceduto, che resta estraneo al procedimento avviato nei confronti degli eredi, e per il quale non si pone percio' un problema di violazione del diritto di difesa, come questa Corte ha ritenuto con la sentenza n. 21 del 2012. 4.- Nell'imminenza dell'udienza pubblica, l'Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria, insistendo perche' le questioni siano dichiarate inammissibili e, nel merito, non fondate. La difesa erariale ribadisce che il rimettente avrebbe dovuto offrire un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione impugnata, in difetto della quale sarebbe inammissibilmente richiesto alla Corte di «avallare una tra le scelte ermeneutiche possibili». Nel merito, l'Avvocatura generale insiste sulle differenze tra il procedimento penale e il procedimento per l'applicazione della misura di prevenzione reale, con ampie citazioni tratte dalla giurisprudenza costituzionale. Questa distinzione renderebbe non fondate le questioni. Considerato in diritto 1.- Il Tribunale ordinario di Napoli, sezione misure di prevenzione, solleva questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 72, comma 2, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui, nel procedimento di applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale, non prevede la revoca dell'ordinanza di sospensione disposta per l'infermita' di mente del proposto, qualora si accerti che l'incapacita' della persona e' irreversibile. Il giudice a quo si trova a decidere su domande congiunte di applicazione di una misura di prevenzione personale e della confisca, nei confronti di una persona indiziata di appartenere a un'associazione di tipo mafioso, nell'ambito di un procedimento ancora governato ratione temporis dalla legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere), e dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralita'). Nel corso del procedimento e' stato accertato che il proposto non era in grado di partecipare coscientemente a causa di un'infermita' mentale. Per tale ragione il Tribunale rimettente ha adottato un'ordinanza di sospensione ai sensi dell'art. 71 cod. proc. pen. All'esito di una nuova perizia e' risultata la natura irreversibile dell'incapacita'. Il giudice a quo reputa che la «permanente stasi processuale», alla quale il procedimento sull'applicabilita' della misura patrimoniale sarebbe consegnato per effetto di tale situazione, generi un contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. L'attuale assetto normativo sarebbe lesivo del principio di uguaglianza, perche' tratterebbe in modo diverso l'imputato nel procedimento penale e il proposto nel procedimento di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, e sarebbe anche del tutto irragionevole. Inoltre sarebbe leso, sia il diritto di difesa dell'incapace, «al quale viene preclusa ogni possibilita' di far valere le proprie ragioni attraverso il curatore speciale per dimostrare la lecita provenienza dei beni in sequestro», sia il diritto di difesa dei terzi intestatari di beni sequestrati nel presupposto che ne abbia la disponibilita' il proposto. 2.- L'Avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilita' delle questioni, perche' il rimettente non avrebbe esperito il tentativo di interpretare la norma impugnata in senso costituzionalmente conforme, e ne ha chiesto il rigetto facendo rilevare la differenza tra il processo penale e il procedimento di prevenzione. 3.- L'eccezione di inammissibilita' e' priva di fondamento, perche' il giudice rimettente ha ritenuto che la possibilita' di dare un'interpretazione della disposizione impugnata tale da far superare il denunciato contrasto fosse preclusa dal testo normativo, che non permetterebbe di revocare l'ordinanza di sospensione per il caso di irreversibile incapacita' del proposto (sentenza n. 42 del 2017). 4.- Le questioni non sono fondate. Di fronte all'incapacita' del proposto di partecipare coscientemente al procedimento di prevenzione, il Tribunale rimettente, richiamando una giurisprudenza in tal senso, ha ritenuto di dover fare applicazione delle disposizioni che regolano una situazione analoga nel processo penale, e in particolare dell'art. 71 cod. proc. pen. Percio' ha sospeso il procedimento. L'irreversibilita' dell'incapacita' avrebbe poi determinato, secondo il Tribunale, una durata interminabile della sospensione, in quanto non si sarebbe potuta verificare nel procedimento di prevenzione la situazione che, a norma dell'art. 72, comma 2, cod. proc. pen., comporta nel processo penale la revoca dell'ordinanza sospensiva; sarebbe cioe' mancata la possibilita' di pronunciare una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere. Il giudice a quo rileva che lo stato di irreversibile incapacita' del proposto nel caso di specie, anche alla luce della natura dell'infermita' mentale che lo ha colpito, «fa venir meno in radice ogni possibilita' di ritenere attuale la sua eventuale pericolosita' sociale», e che pertanto «deve certamente escludersi uno dei requisiti essenziali per l'applicazione della misura di prevenzione personale ex art. 2 L. 575/65». Nonostante cio', l'ordinanza di sospensione non potrebbe essere revocata; infatti non sarebbe «possibile alcuna analogia con la "sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere". Queste, «mai previste dalla legislazione in materia di misure di prevenzione, [avrebbero] evidentemente ragione di essere solo nel procedimento penale di cognizione ed innanzi alla contestazione di ipotesi di reato». Tale affermazione non puo' essere condivisa. E' vero che nel procedimento di prevenzione non sono previste sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere, ma se fossero previste verrebbe in questione non un'applicazione analogica dell'art. 72, comma 2, cod. proc. pen., ma un'applicazione diretta. Esclusa l'applicazione diretta, nel caso in cui la mancanza di pericolosita' del proposto comporti il rigetto della richiesta della misura di prevenzione personale, non c'e' alcuna ragione per escludere anche l'applicazione analogica della disposizione in questione. In questo caso il procedimento di prevenzione si conclude con una decisione sostanzialmente assolutoria, come quella del processo penale, e, una volta fatta applicazione analogica dell'art. 71 cod. proc. pen. per disporre la sospensione del procedimento, non puo' non farsi uguale applicazione anche dell'art. 72, comma 2, cod. proc. pen. per revocarla. Deve percio' concludersi che, dopo aver constatato la mancanza di pericolosita' attuale, il Tribunale era tenuto a revocare l'ordinanza di sospensione e a rigettare la richiesta di applicazione della misura di prevenzione personale. 5.- Una volta chiarito cio', occorre stabilire quale debba essere la sorte della richiesta relativa alla confisca. Al riguardo va anzitutto escluso che l'incapacita' irreversibile del proposto impedisca l'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, dato che questa prescinde dall'attuale pericolosita' della persona, ma ha lo scopo di sottrarre definitivamente i beni «al "circuito economico" di origine, per inserirl[i] in altro, esente dai condizionamenti criminali che caratterizzano il primo» (sentenza n. 335 del 1996). Nel caso della confisca non vi e' percio' ragione di rigettare la domanda a causa della infermita' mentale del proposto, visto che tale stato e' compatibile, sul piano sostanziale, con l'adozione di una misura preventiva di natura patrimoniale. E' da aggiungere che, a partire dall'entrata in vigore dell'art. 2-bis, comma 6-bis, della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere), introdotto dall'art. 10, comma 1, lettera c), numero 2), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, come sostituito dalla legge di conversione n. 125 del 2008, e modificato dall'art. 2, comma 22, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), la confisca puo' essere disposta anche a prescindere dalla concomitante applicazione della misura di prevenzione personale e dalla stessa perdurante pericolosita' sociale del proposto, al punto che puo' raggiungere anche gli eredi della persona pericolosa. Inoltre l'irreversibile incapacita' del proposto non costituisce un ostacolo alla definizione del procedimento relativo alla misura patrimoniale. Erra infatti il rimettente nel ritenere che la possibilita' di una tale definizione sia preclusa dalla normativa vigente e richieda percio' di essere introdotta con una dichiarazione di illegittimita' costituzionale. L'errore consiste nella supposta equiparazione tra misura di prevenzione personale e misura di prevenzione reale per quanto concerne l'applicabilita' degli artt. 70 e seguenti cod. proc. pen., in relazione alla sospensione del procedimento per l'incapacita' del proposto. 6.- Come e' noto, il procedimento di prevenzione e' governato dalla normativa relativa all'applicazione delle misure di sicurezza, in quanto applicabile (art. 4 della legge n. 1423 del 1956). L'art. 678 cod. proc. pen., con riferimento alle misure di sicurezza e per quanto qui interessa, rinvia a sua volta all'art. 666 cod. proc. pen., relativo al procedimento di esecuzione. L'art. 666, comma 8, cod. proc. pen. stabilisce che, nel caso di infermita' mentale dell'interessato, si procede nei confronti del tutore, del curatore o del curatore provvisorio, che deve essere nominato in assenza dei primi. La normativa concernente il procedimento per l'applicazione delle misure di sicurezza pertanto esclude che l'incapacita' della persona comporti la sospensione del procedimento e impone, al contrario, che esso prosegua anche nei confronti del tutore o del curatore. Compito dell'interprete e' decidere se questa normativa sia o no compatibile con la natura e la struttura del procedimento di prevenzione, e quindi se essa sia o no per tale parte ad esso applicabile, sia quando ha ad oggetto misure personali, sia quando ha ad oggetto misure patrimoniali. In caso di incompatibilita' troverebbero infatti spazio, in entrambi i casi, gli artt. 70 e seguenti cod. proc. pen. 7.- Questa Corte ha spesso rimarcato che il procedimento di prevenzione e' caratterizzato da «profonde differenze» rispetto al processo penale (ordinanza n. 275 del 1996), che consentono al legislatore un ampio spazio di diversificazione della disciplina (sentenza n. 321 del 2004; da ultimo, sentenza n. 106 del 2015). Al contempo, quando viene in gioco il bene supremo della liberta' della persona, suscettibile di essere pesantemente inciso da una misura di prevenzione personale, neppure le spiccate peculiarita' del procedimento di prevenzione consentono che esso sia sottratto al patrimonio comune delle garanzie normative essenziali, correlate alle diverse caratteristiche procedimentali (sentenze n. 306 del 1997, n. 77 del 1995, n. 160 del 1982 e n. 76 del 1970; ordinanza n. 7 del 1998), se del caso anche attraverso l'applicazione delle regole relative al processo penale (sentenza n. 53 del 1968; in seguito, sentenza n. 306 del 1997). E' quanto deve accadere, e nella specie e' accaduto, per l'applicazione della misura di prevenzione personale, tenuto conto che il bene sul quale essa opera ha «una propria e particolare rilevanza costituzionale» (sentenza n. 53 del 1968; in seguito, sentenza n. 306 del 1997). E' percio' necessario che l'esercizio del diritto di difesa, e di "autodifesa", da parte del proposto sia «consapevole e attivo» (sentenza n. 39 del 2004), cosa che non potrebbe accadere se fosse possibile procedere nonostante lo stato di incapacita'. In questo caso, l'art. 666, comma 8, cod. proc. pen. si dimostra pertanto incompatibile con il rito di prevenzione personale, e dunque inapplicabile, mentre adeguata, per quanto qui rileva, appare la disciplina recata dagli artt. 70 e seguenti cod. proc. pen. 8.- A una conclusione diversa si deve invece pervenire con riferimento al procedimento relativo alle misure di prevenzione patrimoniali, perche' un conto e' l'inviolabilita' della liberta' personale, altro conto e' «la libera disponibilita' dei beni, che la legge ben puo' contemperare in funzione degli interessi collettivi che vengono ad essere coinvolti» (sentenza n. 48 del 1994; in seguito, sentenza n. 21 del 2012; ordinanza n. 216 del 2012). Questa Corte, in particolare, e' gia' stata chiamata a decidere sulla legittimita' costituzionale della scelta legislativa di prevedere che il procedimento di prevenzione per la confisca dei beni possa essere proposto nei confronti dei successori a titolo universale o particolare della persona deceduta. In tale occasione, si e' precisato che «l'individuazione, operata dal rimettente, della "presenza fisica dell'interessato" (o almeno della sua "possibilita' astratta di partecipare") quale "momento fondamentale del rapporto processuale, che condiziona la correttezza globale del giudizio", in cui si sostanzia il nucleo essenziale della questione, non e' giustificata con riferimento a un procedimento finalizzato all'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca». Infatti le «profonde differenze, di procedimento e di sostanza, tra le due sedi, penale e di prevenzione» (ordinanza n. 275 del 1996) e le peculiarita' di quest'ultima, particolarmente significative quando, come nel caso della confisca, la sede sia funzionale all'applicazione di misure destinate ad incidere non gia' sulla liberta' personale della parte, ma sul suo patrimonio, in uno con la considerazione della ratio dell'istituto, confermano l'infondatezza della questione, incentrata sull'assunto - valido per il processo penale - che la "presenza fisica" del "soggetto nei confronti del quale [la confisca] potrebbe essere disposta" (o almeno la sua "possibilita' astratta di partecipare") sia condizione ineludibile di conformita' del procedimento per l'applicazione della misura patrimoniale ai parametri costituzionali evocati dal rimettente» (sentenza n. 21 del 2012). Se, dunque, la natura del procedimento per l'applicazione della confisca e' tale da non comportare necessariamente l'autodifesa da parte del proposto, al punto che esso puo' avviarsi nei confronti dei terzi successori, non si vede ragione costituzionalmente ineludibile per sospendere il procedimento in caso di incapacita' del proposto stesso. L'esercizio del diritto di difesa e' infatti legittimamente garantito da parte del tutore o del curatore, una volta chiarito che si puo' prescindere dalla partecipazione personale del proposto. Cio' in linea con la natura di actio in rem che la stessa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo attribuisce al procedimento di confisca (da ultimo, sentenza 12 agosto 2015, Gogitidze contro Georgia). Naturalmente tali considerazioni attengono al solo profilo di legittimita' costituzionale prospettato dal rimettente, con riferimento alla potesta' pubblica di avviare e procedere nel giudizio di prevenzione reale nei confronti dell'incapace, rappresentato dal suo tutore o curatore provvisorio. Indiscussa la sussistenza di tale potesta' per le ragioni appena esposte, resta impregiudicata ogni valutazione circa la compatibilita' con la Costituzione della particolare configurazione che il legislatore ha impresso al procedimento, specie in punto di oneri probatori e di allegazione, anche quando la persona che ha diretta conoscenza dei fatti, e che potrebbe articolare la propria difesa in base a cio', non sia in grado di prendere parte coscientemente al giudizio. Si tratta, infatti, di due profili distinti, attinenti l'uno all'an del procedimento, e l'altro al quomodo, dei quali il primo soltanto e' oggetto del presente giudizio incidentale (sentenza n. 21 del 2012). In conclusione, con riguardo all'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, l'art. 666, comma 8, cod. proc. pen. si rivela compatibile con la struttura del procedimento e va percio' applicato anche nei casi di incapacita' del proposto, rimanendo inoperanti gli artt. 70 e seguenti cod. proc. pen. Le questioni sono percio' non fondate, perche' e' errato ritenere che gli artt. 70 e seguenti cod. proc. pen. siano applicabili al procedimento di prevenzione patrimoniale, in luogo dell'art. 666, comma 8, cod. proc. pen., e che solo attraverso una declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 72, comma 2, cod. proc. pen. possa conseguirsi l'effetto di proseguire nel giudizio relativo alla confisca.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 72, comma 2, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Napoli, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2017. F.to: Paolo GROSSI, Presidente Giorgio LATTANZI, Redattore Filomena PERRONE, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 17 luglio 2017. Il Cancelliere F.to: Filomena PERRONE