N. 101 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 marzo 2017

Ordinanza del 30 marzo 2017 del Tribunale di  Pisa  nel  procedimento
penale a carico di L.A.. 
 
Processo penale - Giudizio immediato -  Avviso  all'imputato  che  ha
  facolta' di chiedere la sospensione del procedimento per messa alla
  prova entro quindici giorni  dalla  notificazione  del  decreto  di
  giudizio immediato, a pena di decadenza,  come  previsto  dall'art.
  458, comma 1, cod. proc. pen. - Mancata previsione. 
- Codice di procedura penale, art. 456, comma 2. 
(GU n.33 del 16-8-2017 )
 
                     TRIBUNALE ORDINARIO DI PISA 
                     IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA 
 
    Il giudice dottoressa Eugenia Mirani, 
    Vista l'eccezione di legittimita' costituzionale  dell'art.  456,
comma 2  del  codice  di  procedura  penale,  proposta  dalla  difesa
all'odierna udienza, nella parte in cui non prevede che il decreto di
giudizio  immediato   debba   contenere   l'avviso   della   facolta'
dell'imputato di presentare istanza  di  messa  alla  prova  entro  i
termini previsti, a pena di decadenza. dall'art.  458,  comma  1  del
codice di procedura penale (entro quindici giorni dalla notificazione
del decreto del giudizio immediato), osserva: 
        1. Nei confronti  di  A.  L.,  e'  stato  emesso  decreto  di
giudizio immediato dal G.I.P. presso il Tribunale di Pisa, in data 20
aprile 2015, per i reati di cui agli  articoli  73  del  decreto  del
Presidente della Repubblica  n.  309/90,  187  comma  8  del  decreto
legislativo n. 285/92 e succ. mod., art. 4 della legge n. 110/1975; 
        All'udienza dell'1 dicembre 2016 l'imputato  per  il  tramite
del proprio difensore di fiducia ha fatto istanza di ammissione  alla
messa  alla  prova,  depositando  richiesta  di  elaborazione  di  un
programma di trattamento  all'U.E.P.E.  territorialmente  competente.
Sull'accordo delle parti, questo giudice si riservava la decisione in
ordine alla valutazione di  ammissibilita'  dell'istanza  all'odierna
udienza,  durante  la  quale  il  difensore  dell'imputato  sollevava
questione di costituzionalita' nei termini predetti. 
2. Rilevanza della questione. 
    Sulla base della disciplina vigente, trattandosi di  procedimento
conseguente all'emissione di decreto di giudizio immediato, l'istanza
di ammissione alla messa alla prova avrebbe  dovuto  essere  proposta
dall'odierno imputato entro i termini previsti dall'art. 458, comma 1
del codice di procedura penale, cioe'  a  pena  di  decadenza,  entro
quindici  giorni  dalla  notificazione  del   decreto   di   giudizio
immediato, e quindi  l'istanza  dallo  stesso  proposta  alla  scorsa
udienza dovrebbe essere dichiarata inammissibile perche' tardiva. 
    L'accoglimento     dell'eccezione     sollevata     consentirebbe
all'imputato di  poter  essere  rimesso  in  termini  per  richiedere
l'ammissione alla messa alla prova dovendosi ravvisare  un  oggettivo
collegamento tra l'omissione  dell'avviso  ed  il  mancato  esercizio
della facolta' cui l'avviso era preposto. 
3. Non manifesta infondatezza. 
    Giova qui rammentare che l'art. 456, comma  2  prescrive  che  il
decreto di giudizio  immediato  debba  contenere  solo  l'avviso  che
l'imputato   possa   chiedere   il   giudizio    abbreviato    ovvero
l'applicazione della pena su richiesta delle parti. A tale proposito,
poi, l'art. 458, comma 1 del codice di procedura penale  prevede  che
l'imputato,  a  pena  di  decadenza,  possa  chiedere   il   giudizio
abbreviato entro quindici giorni dalla notificazione del  decreto  di
giudizio  immediato.  Infine  l'art.  446,  comma  1  del  codice  di
procedura penale, in materia di applicazione della pena su  richiesta
delle parti, rimanda alle modalita' e ai termini  previsti  dall'art.
458, comma l del codice di procedura penale. 
    In modo analogo l'art. 464-bis, comma 2 del codice  di  procedura
penale prevede che, in  caso  di  notifica  di  decreto  di  giudizio
immediato, la sospensione del procedimento con messa alla prova debba
essere «formulata entro il termine e con le forme stabiliti dall'art.
458 c. 1 c.p.p.». 
    Tuttavia l'art. 456, comma 2 del codice di procedura  penale  nel
prescrivere  il  contenuto  obbligatorio  del  decreto  di   giudizio
immediato non menziona, tra gli altri, l'avviso che l'imputato  possa
chiedere anche la sospensione del procedimento con messa alla  prova,
contrariamente a quanto invece espressamente previsto per il giudizio
abbreviato e l'applicazione della  pena  su  richiesta  delle  parti,
nonostante la previsione delle medesime  modalita'  di  presentazione
dell'istanza ed i medesimi termini di decadenza. 
    In questa sede, trattandosi per questo giudice di caso del  tutto
analogo - per i motivi che  si  diranno  appresso  -  a  quello  gia'
oggetto di esame da parte della Corte costituzionale  nella  sentenza
n.  201  del  6  luglio  2016  (  dep.  21   luglio   2016)   debbono
sinteticamente  richiamarsi  i  principi  posti  a  fondamento  della
predetta pronuncia. 
    La  Consulta,   chiamata   a   pronunciarsi   sull'eccezione   di
costituzionalita' dell'art. 460, comma l, lettera e)  del  codice  di
procedura penale, sollevata dal Tribunale di Savona in relazione agli
articoli 3 e 24 della Costituzione, ha affermato che l'istituto della
messa  alla  prova  consiste  «in  un  nuovo  procedimento   speciale
alternativo al giudizio, nel corso del quale, il giudice  decide  con
ordinanza sulla richiesta di sospensione del procedimento  con  messa
alla prova». 
    La Corte ha altresi' ricordato  che,  secondo  la  giurisprudenza
costituzionale  costante,   «la   richiesta   di   riti   alternativi
costituisce  anch'essa  una  modalita',  tra  le  piu'  qualificanti,
dell'esercizio del diritto di difesa. Di conseguenza si  e'  ritenuto
che l'avviso  all'imputato  della  possibilita'  di  richiedere  riti
alternativi costituisca una garanzia essenziale per il godimento  del
diritto di difesa (sentenza n. 497 del 1995), e che la sanzione della
nullita' ex art. 178,  comma  1,  lettera  e)  c.p.p.,  nel  caso  di
omissione dell'avviso prescritto dalla norma, trovi  la  sua  ragione
essenzialmente  nella  perdita  irrimediabile   della   facolta'   di
chiederli se per la richiesta e'  stabilito  un  termine  a  pena  di
decadenza». 
    La Consulta ha quindi rammentato che quando il termine entro  cui
chiedere  i  riti  alternativi  e'  anticipato  rispetto  alla   fase
dibattimentale sicche' la mancanza  o  l'insufficienza  del  relativo
avvertimento puo' determinare la perdita irrimediabile della facolta'
di accedervi, allora  la  violazione  della  regola  processuale  che
impone di dare all'imputato esatto avviso della sua facolta' comporta
la violazione del diritto di difesa (sentenza n. 148 del 2004). 
    Nella presente pronuncia la Corte quindi concludeva nel senso che
i consolidati principi sulle facolta' difensive per la richiesta  dei
riti  speciali  dovessero  ritenersi  valevoli  anche  per  il  nuovo
procedimento di  messa  alla  prova.  Dichiarava  quindi  illegittimo
l'art. 460, comma 1, lettera e) del codice di procedura penale  nella
parte in  cui  non  prevedeva  che  il  decreto  penale  di  condanna
contenesse  l'avviso  della  facolta'  dell'imputato   di   chiedere,
mediante l'opposizione, la sospensione  del  procedimento  con  messa
alla prova, per violazione dell' art. 24, comma 2 della Costituzione,
atteso  che  «la  mancanza  di  tale  avviso  puo'   determinare   un
pregiudizio  irreparabile»  al  diritto  di   difesa,   come   quello
verificatosi nel giudizio a quo, in quanto  l'imputato,  non  essendo
stato avvisato, proponeva istanza di messa alla prova solo nel  corso
dell'udienza dibattimentale e, quindi, tardivamente. 
    Le conclusioni a cui la Corte e' di recente pervenuta in  materia
di messa alla prova consentono di  ritenere  sussistente  nel  nostro
ordinamento un principio fondato sull'  art.  24  della  Costituzione
secondo cui la scelta delle alternative del  giudizio  dibattimentale
ordinario, quando  debba  essere  compiuta  entro  brevi  termini  di
decadenza che maturino fuori udienza o in limine  alla  stessa,  deve
essere preceduta da uno specifico avviso. 
    E proprio tale principio appare violato nel  caso  di  specie  in
materia di messa alla prova in  quanto,  non  essendo  contenuto  nel
decreto di giudizio immediato anche lo specifico avviso che la  parte
possa fare istanza di sospensione del  procedimento  con  messa  alla
prova, cio' si sostanzia in  una  lesione  irreparabile  del  diritto
della difesa di poter accedere ai  riti  alternativi  considerato  il
breve termine previsto dall'art. 458, comma 1 del codice di procedura
penale a pena di decadenza per poter  presentare  l'istanza,  termine
che tra l'altro viene a cadere fuori udienza. 
    La questione appare pertanto non manifestamente  infondata  tanto
in relazione all'art. 24 della Costituzione che in relazione all'art.
3 della Costituzione. 
    Sotto tale ultimo profilo appare  del  tutto  evidente  come  fra
coloro  che  decidano  di  definire  il  procedimento  con   giudizio
abbreviato o applicazione della  pena  su  richiesta  delle  parti  e
coloro che, invece, volessero accedere al nuovo ed assimilabile  rito
alternativo della «messa  alla  prova»  si  crei  una  disparita'  di
trattamento in quanto solo i primi riceverebbero lo specifico  avviso
della  possibilita'  di  richiedere  tali  riti,  evitando  cosi'  di
incorrere nelle conseguenze derivanti dal  termine  di  decadenza  ex
art. 458 del codice di procedura penale a  cui  rimarrebbero  esposti
solo i secondi. 
    Un'ulteriore disparita' di trattamento  vi  sarebbe  inoltre  tra
coloro che siano citati a giudizio mediante  emissione  di  citazione
diretta o giudizio direttissimo, ben potendo gli stessi accedere alla
sospensione del procedimento con messa alla prova  fino  all'apertura
del dibattimento (art. 464-bis,  comma  2  del  codice  di  procedura
penale) e coloro, che per una mera scelta della  pubblica  accusa  di
procedere  con  giudizio  immediato,  senza  che  sia  previsto   uno
specifico avviso nel relativo decreto, possono incorrere nel  termine
decadenziale di cui all'art. 458, comma 1  del  codice  di  procedura
penale, di modo che, in caso di presentazione  dell'istanza  in  fase
predibattimentale, questa dovrebbe  essere  dichiarata  inammissibile
perche' tardiva, come accadrebbe nel caso di specie. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione e  23  della  legge  11
marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 456,  comma  2  del  codice  di
procedura penale in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione
nella parte in cui non prevede che il decreto di  giudizio  immediato
debba contenere l'avviso all'imputato che ha facolta' di chiedere  la
sospensione del procedimento per  messa  alla  prova  entro  quindici
giorni dalla notifica del predetto decreto a pena di  decadenza  come
previsto dall'art. 458, comma 1 del codice di procedura penale; 
    Sospende il giudizio in corso; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina la notificazione della presente  ordinanza  a  cura  della
Cancelleria al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  la  sua
comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
 
      Pisa, 3 marzo 2017 
 
                         Il giudice: Mirani