N. 107 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 novembre 2016
Ordinanza del 9 novembre 2016 del Tribunale di Chieti nel procedimento penale a carico di C. R. . Esecuzione penale - Applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato - Pluralita' di condanne intervenute per il medesimo reato permanente in relazione a distinte frazioni della condotta - Potere del giudice dell'esecuzione di rideterminare una pena unica, in applicazione degli artt. 132 e 133 cod. pen., che tenga conto dell'intero fatto storico accertato nelle plurime sentenze irrevocabili e di assumere le determinazioni conseguenti in tema di concessione e revoca della sospensione condizionale, ai sensi degli artt. 163 e 164 cod. pen. - Mancata previsione. - Codice di procedura penale, art. 671.(GU n.35 del 30-8-2017 )
TRIBUNALE DI CHIETI Sezione distaccata di Ortona Ordinanza di remissione di questione di legittimita' costituzionale, art. 23, legge n. 87/53 e 671 del codice di procedura penale, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. Il Giudice dell'intestato Tribunale dott. Luca De Ninis, in funzione di G.E.: visti gli atti del procedimento indicato in epigrafe nei confronti di: • C. ... R. ..., nato a ... il ...; letta l'Istanza depositata il 7 settembre 2016 con la quale il difensore avv. Celestino Gentile ha richiesto: in via principale, ex artt. 649 e 669 del codice di procedura penale, dichiarare la pluralita' di condanne per il medesimo fatto in relazione alle seguenti sentenze emessa da questo Tribunale per il reato di violazione aggravata degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 cpv. c.p.): dott.ssa Allieri del 17 maggio 2012 esecutiva il 28 giugno 2016, con condanna a mesi 6 di reclusione e € 300 di multa, per fatti commessi da marzo a settembre 2008; dott.ssa Allieri del 21 giugno 2012, esecutiva il 12 maggio 2015, con condanna a mesi 6 di reclusione e € 300 di multa, per fatti commessi da ottobre 2008 a marzo 2009: dott. Di Berardino del 10 aprile 2014, esecutiva il 28 giugno 2016, con condanna a mesi 6 di reclusione, per fatti commessi da agosto 2009 a marzo 2010; ed ordinare l'esecuzione della sentenza emessa per prima in primo grado il 17 maggio 2012, esecutiva il 28 giugno 2016 (condanna a mesi 6 di reclusione e € 300 di multa); in via gradata, applicare la disciplina del reato continuato ex art. 671 del codice di procedura penale tra la predetta sentenza e te due ulteriori condanne sopra indicate; sentite le parti all'udienza del 3 novembre 2016; ritenuta la propria competenza ai sensi dell'art. 665, quarto comma del codice di procedura penale; Osserva § 1. Proposizione della questione di legittimita' costituzionale Ritiene il giudice che sussistano le condizioni previste dall'art. 23, legge n. 87/1953 per sollevare ex officio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 671 del codice di procedura penale di seguito specificata, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, poiche' nell'attuale quadro normativo dubita della possibilita' di fornire una risposta costituzionalmente corretta all'istanza al G.E. sopra indicata. 1.1 Il difensore di C. ... R. ... ha promosso ricorso al G.E. per chiedere che sia dichiarata l'unicita' del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (aggravato dall'aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori), per il quale il medesimo e' stato condannato con le tre distinte sentenze di questo Tribunale sopra riportate. L'istanza fonda su un presupposto corretto (l'unicita' del reato permanente per il quale e' stata riportata una pluralita' di condanne) e sull'innegabile interesse difensivo ad evitare il cumulo tra le pene irrogate dalle singole sentenze, per complessivi anni 1 mesi 6 di reclusione e € 600 di multa, che risulta invece esercitato con il provvedimento del Procuratore della Repubblica del 19 luglio 2016 (cfr. annotazione n. 14 del certificato del casellario giudiziale estratto il 4 novembre 2016) ed annotato in calce alle due sentenze emesse dalla dott.ssa Allieri. Il difensore conclude pertanto: in via principale che, riconosciuta la natura permanente del reato contestato ed oggetto delle tre pronunce di condanna, il G.E. faccia applicazione degli artt. 649 e 669 del codice di procedura penale e dichiari esecutiva la sola sentenza di condanna emessa per prima il 17 maggio 2012; in subordine che faccia applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 del codice di procedura penale e per l'effetto ridetermini la pena complessiva da espiare. E' utile incidentalmente rilevare che l'ipotetico accoglimento dell'istanza principale determinerebbe, ai sensi dell'art. 669, primo comma del codice di procedura penale, l'ordine di esecuzione non della sentenza esecutiva invocata dal difensore (quella emessa per prima in primo grado) bensi' di quella con cui e' stata pronunciata la condanna meno grave: cioe' quella del dott. Di Berardino del 10 aprile 2014, esecutiva il 28 giugno 2016, la quale a parita' delle pene detentive e' l'unica che, sia pure erroneamente, non ha applicato alcuna pena pecuniaria. Non pare sussistere invece il potere di scelta della sentenza da eseguire da parte dell'interessato, che l'art. 669, secondo comma conferisce solo «quando le pene irrogate sono diverse»: inciso da interpretare nel senso di «pene eterogenee, in relazione alle quali i successivi commi 3° e 4° dettano norme sussidiarie per il caso di mancata scelta dell'interessato», non gia' di «pene di diversa misura o unilateralmente aggiuntive», giacche' in tali casi opera la regola sancita dall'art. 669, primo comma del codice di procedura penale della prevalenza della condanna meno grave, che altrimenti sarebbe inutiliter data. Tale e' allora anche il caso in esame in cui, alla medesima pena detentiva della condanna meno grave, la sentenza indicata dall'interessato aggiunge semplicemente un'ulteriore pena pecuniaria. 1.2 Tanto premesso, pur risultando fondato l'interesse difensivo ad una pronuncia sull'identita' del reato oggetto delle plurime condanne esecutive, l'accoglimento della domanda principale risulta pero' precluso dalla giurisprudenza consolidata in tema di divieto di secondo giudizio e di condanna per il medesimo fatto, che limita l'applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 649 e 669 del codice di procedura penale ai soli casi di identita' del fatto storico oggetto dell'imputazione, che nel caso in esame non ricorre, come meglio si dira' al § 2. 1.3 Parimenti precluso risulta l'accoglimento della domanda subordinata di applicazione dell'istituto della continuazione in executivis, non sussistendo nel caso in esame alcuna (originaria) pluralita' dei reati da unificare per la continuazione, ma solo un unico delitto di natura permanente, oggetto di tre accertamenti giudiziari frazionati, in relazione a tre periodi distinti e consecutivi tra loro della condotta omissiva censurata (con il vuoto relativo al periodo non incriminato da aprile a luglio 2009, tuttavia non indicativo di alcuna interruzione della permanenza, come si dira' al § 3.1). 1.4 Si ritiene pertanto necessario l'intervento del Giudice delle Leggi perche', con pronuncia eventualmente additiva, valuti la legittimita' dell'art. 671 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede, in caso di pluralita' di condanne intervenute per il medesimo reato permanente in relazione a distinte frazioni della condotta oggetto dell'imputazione, il potere del G.E. di rideterminare una pena unica, in applicazione degli articoli 132 e 133 del codice penale, che tenga conto dell'intero fatto storico accertato nelle plurime sentenze di condanna irrevocabili e di assumere le determinazioni conseguenti anche in terna di concessione della sospensione condizionale, ai sensi degli artt. 163 e 164 del codice penale. La disposizione censurata e' infatti quella che appare piu' rispondente, per analogia del fondamento che la sostiene, a realizzare l'interesse del reo alla rivalutazione in sede esecutiva del trattamento sanzionatorio complessivo derivante dai giudizi di fatto accertati nelle plurime sentenze di condanna in relazione ad un reato unico, di natura permanente, ma reso oggetto di accertamenti giudiziari frazionati in relazione alle condotte successivamente intervenute. Cio' nondimeno essa, in assenza della invocata pronuncia additiva, non puo' essere utilizzata ne' in via diretta ne' in via analogica, perche' il riferimento al cumulo giuridico delle pene irrogate nelle plurime sentenze esecutive non collima con la necessita' di riparametrare la pena secondo lo schema del reato unico, sia pure diversamente valutato per effetto della diversa (cioe' piu' protratta e grave) configurazione del fatto storico che deriva dall'esame complessivo di tutte le sentenze di condanna, la quale sembra imporre un nuovo ricorso ai parametri di cui agli articoli 132 e 133 del codice penale da parte del giudice dell'esecuzione, sostitutivo di quello operato dai giudici della cognizione sui distinti frammenti della condotta oggetto dei rispettivi giudizi. § 2. Sulla rilevanza della questione: A) impossibile applicazione dell'art. 669 del codice di procedura penale. Richiamato l'interesse del ricorrente ad una pronuncia del G.E. sull'unificazione delle plurime sentenze di condanna emesse in relazione ad un reato unico, si deve innanzitutto evidenziare che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita' «in tema di reato permanente, il divieto di un secondo giudizio riguarda la condotta delineata nell'imputazione ed accertata con sentenza, di condanna o di assoluzione, divenuta irrevocabile e non anche la prosecuzione della stessa condotta o la sua ripresa in epoca successiva, giacche' si tratta di "fatto storico" diverso non coperto dal giudicato e per il quale non vi e' impedimento alcuno a procedere. (Fattispecie in tema di sottrazione di minore e di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice)» (cfr. Cassazione Sez. 6ª del 5 marzo 2015, n. 20315). Inoltre, secondo Cassazione S.U. del 28 giugno 2005, n. 34655, «ai fini della preclusione connessa al principio "ne bis in idem", l'identita' del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona». Se dunque, nel caso in esame, sono stati legittimamente aperti e definiti i due ulteriori giudizi relativi alle condotte di violazione aggravata degli obblighi familiari ulteriori e successive rispetto a quelle oggetto del primo giudizio, ne consegue che non si tratta di condanne irrogate «per il medesimo fatto», come recita l'art. 669 del codice di procedura penale, ma solo per il medesimo reato, in relazione a condotte frazionate e distinte tra loro, omogenee ma non coincidenti con riguardo al tempo della loro commissione. E' evidente, peraltro, che ciascuna delle commisurazioni delle pene eseguita nelle tre sentenze di condanna ha tenuto in esame solo le condotte accertate nei singoli giudizi, mentre l'offesa complessivamente arrecata dal delitto deriva dall'effetto congiunto di tutte le condotte accertate, nella loro complessiva protrazione. Ne consegue che, nonostante l'unicita' del reato penalmente accertato, certamente la questione proposta dal ricorrente non puo' liquidarsi dichiarando eseguibile la sola condanna meno grave, perche' la stessa non contempla l'effetto delle condotte esaminate negli altri due giudizi, che certamente determinano l'aggravamento dell'offesa penalmente rilevante e la necessita' di rideterminare la sanzione secondo tutti i parametri dell'art. 133 del codice penale, ed in particolare della gravita' del reato desumibile dal tempo e da ogni modalita' dell'azione. § 3. Segue: B) impossibile applicazione, diretta o analogica, dell'art. 671 del codice di procedura penale Escluso il fondamento dell'istanza principale, ad analoga conclusione si deve pervenire in relazione all'istanza subordinata di rideterminazione delle pene ai sensi dell'art. 671 del codice di procedura penale, in applicazione dell'istituto della continuazione, sia in via diretta sia in via analogica. 3.1 Quanto all'applicazione diretta si deve osservare che caso in esame nessuna interruzione della permanenza si e' verificata nei corso delle condotte incriminate nei tre giudizi esecutivi. Ne consegue che non e' possibile configurare alcun delitto autonomo in relazione alle condotte oggetto dei giudizi successivi al primo, presupposto imprescindibile per scrutinare l'istanza di unificazione legale di plurimi reati, ai sensi dell'art. 671 del codice di procedura penale. Consolidata e' infatti la giurisprudenza di legittimita' secondo cui «il reato di' violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all'art. 570, comma secondo, n. 2 del codice penale, e' reato permanente, che non puo' essere scomposto in una pluralita' di reati omogenei, essendo unico ed identico il bene leso nel corso della durata dell'omissione, ne deriva che le cause di estinzione del reato operano non in relazione alle singole violazioni, ma solo al cessare della permanenza, che si verifica o con l'adempimento dell'obbligo eluso o, in difetto, con la pronuncia della sentenza di primo grado» (cfr. Cassazione Sez. 6ª del 20 ottobre 2015, n. 45462). Orbene la prima sentenza di primo grado e' quella emessa dalla dott.ssa Allieri il 17 maggio 2012, posteriore all'ultima delle condotte contestate nei tre giudizi esecutivi. Quanto all'ipotesi di adempimento intermedio dell'obbligo eluso, formulabile sulla scorta dell'omessa incriminazione delle condotte nel periodo da aprile a luglio 2009 - la quale comunque renderebbe oggetto di reato autonomo le sole condotte oggetto della condanna del dott. Di Berardino del 10 aprile 2014, commesse da agosto 2009 a marzo 2010, lasciando impregiudicata la questione della unificazione delle altre due condanne irrogate in relazione a periodi non intervallati da soluzione di continuita' - si tratta di ipotesi certamente infondata, alla luce dell'accertamento di fatto eseguito dal giudice della cognizione e vincolante per il G.E. Infatti, secondo la motivazione della stessa sentenza del dott. Di Berardino (la quale, in assenta di qualunque costituto difensivo alternativo, si dichiara fondata sulla sola deposizione testimoniale della persona offesa), S. ... R. ... «ha riferito di non aver ricevuto nulla dal C. ... a seguito del decreto del Presidente del Tribunale di Napoli del 6 marzo 2008, il quale aveva previsto l'obbligo, a carico del medesimo, di corresponsione mensile, a titolo di mantenimento, della somma di € 600, escluse le spese di natura straordinaria». In mancanza di interruzioni della permanenza nei tre periodi incriminati, ne consegue l'unicita' del delitto per il quale il C. ... ha riportato le tre condanne esecutive sopra richiamate e l'impossibilita' di operare una valutazione unitaria del trattamento penale attraverso l'istituto della continuazione. 3.2 Tale valutazione unitaria, pur necessaria, non puo' essere perseguita neppure attraverso l'applicazione analogica in bonum partem dell'art. 671 del codice di procedura penale. Si e' gia' detto infatti che il riferimento al cumulo giuridico delle pene irrogate nelle plurime sentenze esecutive non collima con la necessita' di riparametrare la pena secondo lo schema del reato unico, sia pure diversamente valutato per effetto della diversa configurazione del fatto storico che deriva dall'esame complessivo di tutte le sentenze di condanna, la quale sembra poter ricevere adeguata commisurazione sanzionatoria solo attraverso il nuovo ricorso ai parametri di cui agli artt. 132 e 133 del codice penale da parte del Giudice dell'Esecuzione. Tale attivita' non e' del resto preclusa dal vincolo di intangibilita' del giudicato e non esorbita dai poteri del G.E., come dimostra l'analogo principio stabilito dalla nota sentenza delle S.U. del 26 febbraio 2015, n. 37107, in materia di illegittimita' costituzionale della norma penale che modifichi il trattamento sanzionatorio della fattispecie incriminatrice. § 4. Sulla non manifesta infondatezza della questione 4.1 Non potendo il G.E. fare applicazione, per quanto illustrato, ne' dell'art. 669 ne' dell'art. 671 del codice di procedura penale, rispetto all'istanza difensiva si configura un vuoto di' tutela giurisidizionale che pone il dubbio della compatibilita' della seconda disposizione del codice di rito indicata, quella rispondente alla medesima ratio della pronuncia additiva invocata, sia con l'art. 3, primo comma, sia con l'art. 24 della Carta costituzionale, per rimanere l'istante R. ... C. ... soggetto al cumulo di una pluralita' di condanne emesse per un unico reato. Si rimarca sul punto: che il reo ha diritto ad una valutazione unitaria delle condotte oggetto delle plurime sentenze di condanna la quale, da un lato, eviti il cumulo delle condanne frazionate irrogate in relazione ad un reato unico, dall'altro commisuri la sanzione all'effettiva e complessiva offesa arrecata con tutte le condotte oggetto dei giudizi: che il cumulo derivante dall'occasionale pluralita' di condanne per un reato unico non fonda su alcuna giustificazione razionale, ma anzi determinerebbe un trattamento deteriore anche rispetto ai casi disciplinati dall'art. 671 del codice di procedura penale, che non possono essere ritenuti meno gravi rispetto a quello in esame, della pluralita' di reati avvinti dal concorso formale o dall'esecuzione del medesimo disegno criminoso; che tale pluralita' di condanne risulta determinata da eventi indipendenti dalla condotta e dalle scelte del reo, riconducibili essenzialmente alle modalita' ed ai tempi con quali sono stati esercitati i diritto di querela e l'azione penale per le singole frazioni della condotta contestata ed al mancato raccordo dei procedimenti penali cosi' incardinati, finalizzato alla loro riunione. Si configura pertanto il dubbio sulla legittimita' costituzionale dell'art. 671 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede, in caso di pluralita' di condanne intervenute per il medesimo reato permanente in relazione a distinte frazioni della condotta, il potere del G.E. di rideterminare una pena unica, in applicazione degli artt. 132 e 133 del codice penale, che tenga conto dell'intero fatto storico accertato nelle plurime sentenze irrevocabili. 4.2 Tale dubbio si presenta ulteriormente aggravato nell'ipotesi - non riguardante il caso in esame, in cui nessun beneficio e' stato concesso in ragione dei precedenti a carico dell'istante, ma certamente configurabile in cui piu' condanne per il medesimo reato permanente siano state emesse, in relazione a condotte distinte, con pene condizionalmente sospese: in tale caso infatti, in assenza del potere di unificazione delle condanne frazionate da parte del G.E., l'istante rimarrebbe esposto non solo al cumulo delle condanne ma anche alla revoca delle sospensioni condizionali gia' concesse (nelle stesse plurime sentenze per il medesimo reato permanente o anche in un'altra precedente o successiva eventualmente irrogata) senza la possibilita' di beneficiare di una rivalutazione analoga a quella prevista dall'art. 671, terzo comma del codice di procedura penale, risultando indebitamente fruitore di piu' sospensioni condizionali per il medesimo reato. Si configura pertanto l'ulteriore dubbio sulla legittimita' costituzionale dell'art. 671 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede, in caso di pluralita' di condanne intervenute per il medesimo reato permanente in relazione a distinte frazioni della condotta, il potere del G.E. di valutare l'unicita' del reato ed assumere le determinazioni conseguenti in tema di concessione o revoca della sospensione condizionale, ai sensi degli artt. 163 e 164 del codice penale.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale perche' si pronunci sulla legittimita' costituzionale dell'art. 671 del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede, in caso di pluralita' di condanne intervenute per il medesimo reato permanente in relazione a distinte frazioni della condotta, il potere del G.E. di rideterminare una pena unica, in applicazione degli articoli 132 e 133 del codice penale, che tenga conto dell'intero fatto storico accertato nelle plurime sentenze irrevocabili, e di assumere le determinazioni conseguenti in tema di concessione o revoca della sospensione condizionale, ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale. Sospende il giudizio di esecuzione in corso. Manda la Cancelleria per le notifiche e le comunicazioni previste dall'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87. Ortona, 8 novembre 2016 Il Giudice: De Ninis