N. 108 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 febbraio 2017
Ordinanza del 14 febbraio 2017 del Tribunale di Catania nel procedimento civile promosso da Gandolfo Francesco e altri contro Consorzio di bonifica n. 9 di Catania. Impiego pubblico - Norme della Regione Siciliana - Esclusione degli enti pubblici economici, dipendenti o sottoposti al controllo della Regione, dal reclutamento tramite pubblico concorso o procedure selettive per l'assunzione di personale da inquadrare nei livelli retributivo-funzionali per l'accesso ai quali non e' richiesto il possesso di un titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo. - Legge della Regione Siciliana 30 aprile 1991, n. 12 (Disposizioni per le assunzioni presso l'Amministrazione regionale e gli enti, aziende ed istituti sottoposti al controllo della Regione), art. 1, comma 1-bis, introdotto dall'art. 13 della legge della Regione Siciliana 19 agosto 1999, n. 18 (Disposizioni in materia di lavoro).(GU n.35 del 30-8-2017 )
IL TRIBUNALE DI CATANIA Seconda sezione civile - Lavoro Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale (articoli 134 della Costituzione e 23 legge 11 marzo 1953 n. 87) emessa nella causa civile iscritta al n. 7352/2011 R.G.L., avente ad oggetto: contratti a termine - Consorzio di bonifica regionale - conversione del rapporto ai sensi del decreto legislativo n. 368/2001 e successive modifiche; Promossa da Gandolfo Francesco, Maccarrone Domenico, Massimino Mario. Sileci Luigi Orazio, rappresentati e difesi dall'avv. C. Parisi, elettivamente domiciliati presso lo Studio dell'avv. S. Romeo, in Catania, via Filocomo n. 69; Ricorrenti; Contro Consorzio di Bonifica n. 9 di Catania, rappresentato e difeso dall'avv. A. Ravi'. elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso, in Catania, via C. Ruggero n. 37; Resistente; Il giudice, dott, M. Fiorentino, letti gli atti, scaduto il termine per note concesso alle parti di giorni 60; Esaminate le note tempestivamente depositate il 7 gennaio 2017; Sciolta la riserva che precede, osserva quanto segue; 1. Premessa. Con i riuniti ricorsi, le parti attrici, esponendo di avere prestato attivita' lavorativa alle dipendenze del Consorzio di Bonifica 9 di Catania, quali operai addetti alla manutenzione delle reti irrigue, in forza di plurimi contratti di lavoro a tempo determinato stipulati tra il 2000 e il 2010, hanno agito per l'accertamento della nullita' dei termini apposti nei predetti contratti ex art. 1 decreto legislativo n. 368/2001. della conseguente natura a tempo indeterminato dei rispettivi rapporti, nonche' per la condanna del convenuto consorzio alla reintegra di essi ricorrenti nel posto di lavoro e al risarcimento del danno. Hanno dedotto la genericita' delle causali giustificative dei termini apposte nei negozi (sempre uguali nel corso degli anni, al pari delle mansioni svolte), le quali difetterebbero del carattere della specificita', traducendosi in clausole di mero stile, per nulla rappresentative delle ragioni tecniche, organizzative e produttive richieste dall'art. 1 del decreto legislativo n. 368/2001. Si e' costituito tempestivamente il Consorzio eccependo, preliminarmente, l'intervenuta decadenza dei ricorrenti, ai sensi dell'art. 32 legge n. 183/2010, per non avere i medesimi impugnato i contratti nel termine di scadenza ivi previsto, oltre che la prescrizione dei diritti invocati. Nel merito, ha rimarcato l'impossibilita' giuridica di convertire i rapporti da tempo determinato a tempo indeterminato, per le seguenti ragioni: 1) l'ordinamento regionale ha autorizzato i consorzi a stipulare solo contratti a tempo determinato (art. 3 legge 76/1995 e successive proroghe), stabilendo il divieto di assunzioni di personale non di ruolo (articoli 6 legge regionale n. 14/1958; 3 legge regionale n. 49/1981: 32 legge regionale n. 45/1995), per le quali e' richiesta la regola del pubblico concorso (art. 9 legge n. 14/1958); non potrebbe, dunque, trovare applicazione la disciplina di cui al decreto legislativo n. 368/2001; 2) le assunzioni a tempo indeterminato per i dipendenti degli enti della regione Sicilia presupporrebbero l'espletamento del pubblico concorso, nel caso di specie mancante, sicche' i relativi rapporti dovrebbero considerarsi nulli, alla stregua della giurisprudenza di legittimita' espressa con specifico riguardo ai contratti a termine non preceduti da pubblico concorso (Cassazione civile, Sezione lavoro n. 4117/2011): in tal senso deporrebbe anche l'art. 36 del decreto legislativo 165/2001; 3) i termini apposti nei contratti. cosi come le relative proroghe, sarebbero validamente apposti, sicche' risulterebbe infondata la dedotta censura di nullita'. All'udienza di discussione del 9 novembre 2016 le parti hanno trattato della questione di nullita' dei rapporti, in quanto non preceduti da alcuna pubblica selezione, e sono state invitate a discutere della questione di costituzionalita' relativa al comma 1-bis, dell'art. 1 legge regionale Sicilia 30 aprile 1991 n. 12, come introdotto dalla legge regionale Sicilia 19 agosto 1999, n. 18, nella parte in cui ha fatto venir meno per gli enti pubblici economici dipendenti o sottoposti al controllo della Regione Sicilia o degli enti locali le procedure pubbliche selettive previste dal primo comma dello stessa articolo. Dalla costituzionalita' o meno di tale norma, infatti, come si vedra' in punto di rilevanza, dipende l'esito dell'odierno giudizio. 2. Questioni preliminari. Prima di esporre i motivi di specifica rilevanza, appare necessario esaminare, innanzitutto, le eccezioni preliminari sollevate dalla parte convenuta, posto che l'eventuale fondatezza di una di queste, precludendo a monte ogni possibilita' di ritenere accoglibile la domanda delle parti lavoratrici, per ragioni che prescindono dall'applicazione della norma sospettata di incostituzionalita', renderebbe priva di interesse la relativa questione (arg. Corte costituzionale n. 242/2011; 106/2013). 2.1. Eccezioni di decadenza e prescrizione. Il Consorzio, innanzitutto, ha sollevato la questione dell'inammissibilita' dei ricorsi, in quanto proposti in violazione del termine di decadenza introdotto, per l'impugnativa dei contratti a termine, dall'art. 32 legge n. 183/2010 (c.d. Collegato lavoro). Ha, inoltre, eccepito la prescrizione dei diritti azionati dalle parti ricorrenti, ritenendo estinta «ogni pretesa relativa al periodo antecedente ai 5 anni dalla data di notifica del ricorso». Tali eccezioni appaiono infondate. Quanto all'eccezione di decadenza ex art. 32 legge n. 183/2010, basta rilevare che i riuniti ricorsi sono stati proposti in data 1° luglio 2011 e, dunque, ben prima che avessero effetto le disposizioni previste dall'art. 32 legge 183 cit. Sul punto, la giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione, a Sezioni unite, ha chiarito che il differimento al 31 dicembre 2011 dei termini di decadenza di cui all'art. 32 della legge n. 183/2010, per come previsto dal comma 1-bis (introdotto dal decreto legge n. 225 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 10 del 2011), si applica a tutti i contratti ai quali tale regime risulta esteso (e, dunque, anche ai contratti a termine) e riguarda tutti gli ambiti di novita' di cui al novellato art. 6 della legge n. 604 del 1966 (Cassazione, Sezioni unite civili 14 marzo 2016, n. 4913). Avendo i ricorrenti proposto domanda giudiziaria ancor prima che divenissero efficaci le nuove norme previste dall'art. 32 legge n. 183/2010, in materia di decadenza, la relativa eccezione formulata dalla parte convenuta si rivela priva di ragione. Parimenti, avendo ad oggetto il giudizio l'accertamento della nullita' dei termini apposti nei diversi contratti a tempo determinato stipulati tra il 2000 e il 2010, appare infondata l'eccezione di prescrizione. Ed infatti, ai sensi dell'art. 1422 del Codice civile, l'azione per far dichiarare la nullita' non e' soggetta a prescrizione, salvi gli effetti dell'usucapione e della prescrizione dell'azione di ripetizione. Al riguardo, anche la giurisprudenza di legittimita' ha chiarito che «l'azione diretta a far valere la illegittimita' del termine apposto al contratto di lavoro, per violazione delle disposizioni che individuano le ipotesi in cui e' consentita l'assunzione a tempo determinato, si configura come azione di nullita' parziale del contratto per contrasto con norme imperative ex articoli 1418 e 1419, comma 2, codice civile di natura imprescrittibile» (Cassazione civile, Sezione lavoro, 15 novembre 2010, n. 23057). Inoltre, anche ove si ritenesse di dovere applicare il termine di prescrizione ordinario (quello quinquennale, invocato dal consorzio, e' previsto limitatamente alla retribuzione, ex art. 2948, n. 4, codice civile, e peraltro con la decorrenza prevista da Corte costituzionale n. 63/1966), lo stesso risulterebbe utilmente interrotto dalla proposizione dei ricorsi, posto che le parti ricorrenti hanno documentato di avere stipulato contratti di lavoro anche in epoca successiva al 2000, e cio' in particolare nel 2001, 2002, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007, 2008, 2009, fino al 2010. Le eccezioni esaminate, pertanto, appaiono destituite di fondamento e, dunque, inidonee ad escludere la rilevanza della questione. 2.2. Eccezione di inapplicabilita' del decreto legislativo n. 368/2001 in forza dei divieti di assunzione, nonche' del divieto di conversione di cui all'art. 36, comma quinto, decreto legislativo n. 165/2001. Eccepisce la parte convenuta che l'ordinamento regionale ha autorizzato i consorzi a stipulare solo contratti a tempo determinato (art. 3 legge n. 76/1995 e successive proroghe), stabilendo divieto di assunzioni di personale non di ruolo (articoli 6 legge regionale n. 14/1958; 3 legge regionale n. 49/1981; 32 legge regionale n. 45/1995), sicche' non potrebbe trovare applicazione la disciplina di cui al decreto legislativo n. 368/2001, con conseguente infondatezza della domanda attorea. Argomenta, inoltre, il consorzio, che la chiesta conversione sarebbe preclusa dal divieto previsto dall'art. 36, comma quinto, decreto legislativo n. 165/2001, secondo cui «la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non puo' comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilita' e sanzione ...». Tali argomenti non appaiono oggi sostenibili, alla luce della giurisprudenza di legittimita' sviluppatasi proprio avuto riguardo ai consorzi di bonifica, con particolare riguardo a quelli siciliani. In primo luogo, la Corte ha evidenziato che i divieti di assunzione previsti originariamente dal legislatore regionale siciliano risultano superati dalla legislazione successiva, avendo la legge regionale n. 76/1995 autorizzato i consorzi a ricorrere ad assunzioni a tempo determinato, con conseguente applicabilita', anche ai fini della conversione, della disciplina di cui al decreto legislativo n. 368/2001 (in tali termini, Corte di cassazione civile, Sezione lavoro 17 luglio 2012 n. 12242; nello stesso senso, Cassazione civile, Sezione lavoro 2 agosto 2013, n. 18532). In secondo luogo, la Corte, ribadendo che i consorzi in questione costituiscono enti pubblici economici (sul punto, infra), ha escluso che possa trovare applicazione il divieto di conversione previsto dall'art. 36 decreto legislativo n. 165/2001, disposizione, quest'ultima, riferibile solo agli enti pubblici non economici ricompresi nell'art. 1 dello stesso decreto (da ultimo, Cassazione, Sezioni unite civili, 9 marzo 2015, n. 4685, par. 14; specificamente, Cassazione civile, Sezione lavoro 2 agosto 2013, n. 18532; conformi anche Cassazione civile, Sezione lavoro, 9 ottobre 2012, n. 17168; Cassazione civile, Sezione lavoro, 18 febbraio 2011, n. 4062). Anche la giurisprudenza di merito esclude dall'ambito di applicazione del divieto di cui all'art. 36 decreto legislativo n. 165/2001 gli enti pubblici economici (Tribunale di Ancona, Sezione lavoro, 26 febbraio 2015). Del resto, la nozione di pubblica amministrazione prevista dall'art. 1, decreto legislativo n. 165/2001, non contempla gli enti pubblici economici. Le eccezioni in scrutinio, pertanto, appaiono infondate e, come tali, non in grado di escludere la rilevanza della questione. 2.3. Inapplicabilita' della conversione per mancanza di pubblico concorso o selezione. Nullita' dei rapporti. La giurisprudenza delle Sezioni unite e l'incidenza di quest'ultima nella questione. Parte convenuta, infine, ha eccepito che la conversione dei contratti a termine risulterebbe preclusa dalla circostanza che, nel caso di specie, i ricorrenti sono stati assunti senza il rispetto di alcuna pubblica procedura concorsuale o selettiva (circostanza pacifica tra le parti e confermata dai procuratori delle medesime all'ultima udienza del 9 novembre 2016), in violazione di quanto prevede l'art. 9 legge regionale n. 14/1958. Anche questo argomento, non appare determinante per escludere la rilevanza della questione, e cio' alla luce della piu' recente giurisprudenza di legittimita' delle Sezioni unite, segnatamente avuto riguardo ai contratti stipulati dalle parti ricorrenti nell'intervallo temporale tra 1999 e fino all'entrata in vigore della legge regionale siciliana n. 15/2004. Ed infatti, al termine di un'articolata ricostruzione normativa, le Sezioni unite della Suprema Corte hanno evidenziato che «In fattispecie regolata dalla legislazione regionale siciliana, dopo l'entrata in vigore della legge regionale 19 agosto 1999, n. 18, che ha aggiunto all'art. 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 12, il comma 1-bis, e prima della entrata in vigore della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15, nel caso di declaratoria di nullita' del termine apposto al contratto di lavoro di un dipendente di un ente pubblico economico regionale, anche se sottoposto a tutela o vigilanza della Regione, l'instaurazione del rapporto di lavoro indeterminato non e' condizionata dall'obbligo di espletamento di un pubblico concorso o di procedure selettive» (Cassazione civile, Sezioni unite, 9 marzo 2015, n. 4685). La Corte, in particolare, ha escluso la vigenza del regime normativo all'uopo invocato dal consorzio, ovverosia dell'art. 9 legge regionale n. 14/1958 (secondo cui «le nuove assunzioni di personale sono fatte per pubblico concorso»), evidenziando che quest'ultimo, per i posti per i quali non si richiedevano titoli di studio superiori alla scuola dell'obbligo, e' stato dapprima sostituito dall'art. 1 legge regionale n. 12/1991 (che ha previsto l'applicazione del sistema del collocamento obbligatorio), poi, per gli enti pubblici economici, del tutto soppresso dall'art. 1, comma 1-bis, legge n. 12/1991, per come introdotto dall'art. 13 legge regionale n. 18/1999, per essere stato reintrodotto solo con l'entrata in vigore dell'art. 49 della legge regionale siciliana 5 novembre 2004 n. 15. E' possibile riassumere la ricostruzione normativa effettuata dalla Suprema Corte in quattro distinte fasi: 1) il periodo di vigenza dell'art. 9 legge regionale 7 maggio 1958 n. 14, secondo cui «le nuove assunzioni di personale sono fatte per pubblico concorso»; 2) il successivo periodo di vigenza dell'art. 1 legge regionale 30 aprile 1991 n. 12, che, «attenua[ndo] il rigore [delle precedenti] disposizioni» (Cassazione, Sezioni unite, n. 4685/2015, cit.), e richiamando le disposizioni nazionali sul collocamento, ha stabilito che «l'Amministrazione regionale e le aziende ed enti da essa dipendenti o comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza, gli enti locali territoriali e/o istituzionali, nonche' gli enti da essi dipendenti e/o comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza, e le unita' sanitarie locali della Sicilia effettuano le assunzioni del personale da inquadrare in qualifiche o profili professionali per l'accesso ai quali e' richiesto il possesso del titolo di studio non superiore a quello della scuola dell'obbligo e, ove richiesto, di una specifica professionalita', ai sensi dell'art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modifiche, e delle relative disposizioni di attuazione, salva l'osservanza delle disposizioni sul collocamento obbligatorio»; 3) il successivo periodo di vigenza del comma 1-bis dell'art. 1 legge regionale n. 12/1991, introdotto dall'art. 13 della legge regionale 19 agosto 1999, n. 18. secondo cui «Al fine di armonizzare le norme regionali in materia di assunzioni alle disposizioni dell'art. 9-bis del decreto legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modifiche, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, quanto previsto al comma 1 non trova applicazione per gli enti pubblici economici, dipendenti o sottoposti al controllo, tutela e vigilanza della Regione o degli enti locali territoriali e istituzionali ed al Consorzio per le autostrade siciliane, fermo restando il rispetto, ai fini delle assunzioni ivi previste, dell'art. 3 della presente legge (posti non rientranti in quelli previsti dall'art. 1) e degli ordinamenti propri dei medesimi enti» La Corte di cassazione ha, al riguardo, precisato che «La legislazione della Regione Sicilia alla fine degli anni novanta, dunque, per l'amministrazione regionale e per tutti gli enti locali, territoriali e non, ad essa comunque riconducibili, dettava disposizioni che consentivano il reclutamento dei dipendenti addetti alle qualifiche e ai profili professionali di piu' modesto contenuto con le modalita' previste dalla legge 28 febbraio 1987, n. 56, art. 16, ovvero "sulla base di selezioni effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilita' a condizione che essi abbiano i requisiti richiesti". Unica condizione prevista per la selezione era che gli iscritti a tali liste fossero avviati numericamente secondo l'ordine di graduatoria risultante dalle liste delle circoscrizioni territorialmente competenti. Da tale forma di selezione (estremamente semplificata) erano esclusi "gi enti pubblici economici, dipendenti o sottoposti al controllo, tutela e vigilanza della Regione o degli enti locali territoriali e istituzionali", per i quali rimaneva fermo solo l'obbligo di espletare il pubblico concorso per i posti per i quali l'accesso prevedeva un titolo superiore a quello della scuola dell'obbligo» (Cassazione, Sezioni unite, n. 4685/2015, cit., par. 16; v. anche par. 18.2).; 4) il successivo periodo, allorquando e' stato introdotta la legge regionale 5 novembre 2004 n. 15, la quale, all'art. 49, ha stabilito che «L'Amministrazione regionale, le aziende ed enti dalla stessa dipendenti o comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza, gli enti locali territoriali do istituzionali, le aziende sanitarie locali, nonche' gli enti da essi dipendenti e comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza, effettuano le assunzioni del personale da inquadrare in qualifiche, livelli o profili professionali per l'accesso ai quali e' richiesto il possesso del titolo di studio non superiore a quello della scuola dell'obbligo, mediante concorso per titoli, integrato, qualora sia richiesta una specifica professionalita', da una prova d'idoneita', nel rispetto dei principi contenuti nel comma 3 dell'art. 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferma restando la speciale disciplina in materia di assunzione dei soggetti appartenenti alle categorie protette, di cui al comma 2 del medesimo articolo». La Corte ha precisato che «Il complesso normativo appena sintetizzato, secondo le scansioni temporali derivanti dall'entrata in vigore delle singole fonti normative, costituisce dunque la nuova disciplina delle assunzioni alle dipendenze delle amministrazioni e degli enti pubblici regionali, che sostituisce quella originaria della legge del 1958, da considerare ormai abrogata base ai normali principi in materia di successione delle leggi» (Cassazione, Sezioni unite, n. 4685/2015, cit.). Ha, inoltre, evidenziato che la mancanza di procedure selettive non determina la nullita' dei rapporti di lavoro e non preclude, pertanto, la loro conversione a tempo indeterminato ai sensi del decreto legislativo n. 368/2001, ove le assunzioni del personale siano intervenute nel periodo di vigenza dell'art. 1. comma 1-bis, legge regionale n. 12/1991, come introdotto dalla legge regionale n. 18/1999, e fino all'entrata in vigore della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15. In tal senso, le Sezioni unite hanno espressamente affermato che il comma 1-bis ha fatto venir meno «per gli enti pubblici economici ivi indicati quel residuo velo di concorsualita' previsto per tutti gli altri soggetti pubblici ... ne consegue che la declaratoria di nullita' del termine apposto al contratto di lavoro di un dipendente di un ente pubblico economico regionale, anche se sottoposto a tutela o vigilanza della Regione, non e' condizionata dall'esistenza dell'obbligo di espletamento delle procedure selettive» (v. Cassazione, Sezioni unite, 4685/2015 cit., par. 18.2., ultima proposizione). Per converso, ai di fuori del periodo di vigenza del comma 1-bis. art. 1 cit., la Corte ha ribadito i precedenti indirizzi, che negavano la possibilita' di conversione del rapporto in assenza di pubblico concorso, specificando che con l'entrata in vigore della legge regionale n. 15/2004, «la reintroduzione di una concorsualita' qualificata o, comunque, semplificata per le assunzioni impedisce, di conseguenza, l'automatica trasformazione del contratto a tempo determinato a tempo indeterminato» (Cassazione, Sezioni unite, n. 4685/2015 cit., par. 18.3). Alla luce di quanto premesso, appare chiaro che, secondo la giurisprudenza. delle Sezioni unite della Suprema Corte, l'assenza di pubbliche selezioni, nelle assunzioni degli enti pubblici economici siciliani per posti non richiedenti titoli di studio superiori a quelli della scuola dell'obbligo, impedisce la conversione di un rapporto a tempo determinato solo ove questo sia stato stipulato al di fuori dell'arco temporale di vigenza dell'art. 1, comma 1-bis, legge regionale siciliana n. 12/1991. I rapporti stipulati nel periodo di sua vigenza, invece, non possono essere ritenuti nulli, perche' conformi a legge. L'eccezione di nullita' sollevata dal Consorzio, per assenza del pubblico concorso, alla luce dell'attuale quadro normativo e giurisprudenziale, appare, pertanto, accoglibile solo con riguardo ai rapporti stipulati tra le parti dopo l'entrata in vigore della legge regionale n. 15/2004 (quando, con la formulazione dell'art. 49, la regola del pubblico concorso e' stata ripristinata anche per i profili di base), ma non anche con riferimento a quelli stipulati tra 2000 e fino all'entrata in vigore della legge regionale n. 15/2004 (si tratta nel complesso, come si vedra', di ben 14 rapporti). Anche tale eccezione, pertanto, a legislazione invariata, e tenuto conto del chiaro indirizzo espresso dalle Sezioni unite, non consente di definire il giudizio indipendentemente dalla questione di costituzionalita'. 3. La norma impugnata. La ricostruzione del quadro normativo offerta dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione, e la soluzione da queste adottata in merito alla conversione dei rapporti stipulati in assenza di pubblica selezione, nel periodo di vigenza dell'art. 1, comma l-bis, regione siciliana, n. 12/1991, per come introdotto dall'art. 13 legge regionale siciliana 19 agosto 1999 n. 18, porta a ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del predetto art. 1, comma 1-bis legge n. 12/1991 (1) . Tale disposizione «disapplica», per gli enti pubblici economici dipendenti a vario titolo dalla Regione, le procedure di pubblica selezione previste dall'art. 1, comma 1, per il personale da inquadrare in qualifiche o profili professionali per i quali non sia richiesto un titolo di studio superiore alla scuola dell'obbligo (art. 16 legge 28 febbraio 1987 n. 56), disancorando le assunzioni del detto personale da qualsiasi forma pubblica di selezione o di concorsualita', ancorche' attenuata o semplificata, e riconoscendo cosi totale liberta' agli enti pubblici economici di stabilire come, quando, e soprattutto chi, assumere. La sua permanenza nell'ordinamento giuridico. sia pure per i rapporti per i quali e' temporalmente applicabile (come parte di quelli oggetto del presente giudizio), e gli effetti da essa discendenti - come la possibilita' di ritenere conformi a legge rapporti non preceduti da alcuna pubblica selezione - giustifica la proposizione della questione per le seguenti ragioni in punto di rilevanza e non manifesta infondatezza. 4. Rilevanza. La questione sollevata e' rilevante, posto che dalla sua soluzione dipende l'esito della causa. Nessun dubbio puo' residuare sull'applicabilita' della norma impugnata al caso di specie, sussistendone tutti i presupposti di operativita', sia con riguardo alla natura dell'ente pubblico coinvolto, sia con riferimento alla tipologia dei posti oggetto dei contratti di assunzione. Con riguardo al primo aspetto, si rileva che i consorzi di bonifica siciliani, ivi compreso l'odierno convenuto, sono enti pubblici economici sottoposti alla vigilanza e controllo della Regione. Cio' si ricava dalla semplice lettura della legge regionale Sicilia 25 maggio 1995 n. 45 (Gazzetta Ufficiale, Regione siciliana 29 maggio 1995, n. 29) ed e' stato ribadito piu' volte dalla giurisprudenza di legittimita' (Cassazione civile, Sezione lavoro n. 2525/1992; n. 12242/2012; 18532/2013) (2) . Sotto il secondo profilo, si evidenzia che, come risulta dalla documentazione in atti (cfr. contratti assunzione, qualifiche e mansioni ivi dedotte) e come riferito dagli stessi procuratori all'udienza. che precede, i contratti a termine oggetto di causa riguardano posti di qualifica o inquadramento per i quali non sono richiesti titoli superiori a quelli della scuola dell'obbligo. Ben 14 dei detti contratti risultano stipulati durante la vigenza della disposizione impugnata, avendoli i ricorrenti conclusi nelle seguenti annualita': Maccarrone e Massimino nel 2000, nel 2001 e nel 2002; tutti i ricorrenti nel 2003, nel 2004 (gennaio), oltre che nel 2005, nel 2006, nel 2007, nel 2008 e fino al 2009; i ricorrenti Massimino e Gandolfo nel 2010 (cfr. fascicoli di parte, in atti). Cio' posto, va osservato quanto segue. Gli odierni attori, per stipulare i contratti a termine oggetto di causa, non hanno partecipato ad alcuna pubblica selezione, ne' sono stati individuati tramite le graduatorie del collocamento ex art. 16 legge n. 56/1987, come risulta dalle dichiarazioni a verbale rese all'udienza del 9 novembre 2016 e come e' pacifico tra le parti, alla luce degli atti introduttivi di causa. Essi, pertanto, non sono stati sottoposti ad alcuna forma di concorsualita', sia pure «attenuta» o «semplificata», e non e' dato comprendere, neppur a seguito del termine per note concesso, in base a quali criteri siano stati reclutati. Le causali giustificative dei termini apposte nei contratti appaiono particolarmente generiche, in quanto si traducono in clausole di mero stile, peraltro con motivazioni sostanzialmente reiterate in ogni contratto. Esse, pertanto, non appaiono rispondere ai criteri di specificita' previsti dalla legge (art. 1 e seguenti decreto legislativo n. 368/2001), per come chiariti dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimita' (Corte costituzionale 14 luglio 2009 n. 214; da ultimo, v. Cassazione civile, Sezioni unite, 14 marzo 2016, n. 4911). Del pari, con riguardo ai contratti conclusi prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 368/2001, non appaiono ricorrere presupposti previsti dalla pregressa legislazione per la valida stipula dei contratti a tempo determinato (art. l e seguenti legge n. 230/1962). Dagli atti, infatti, non emerge che l'attivita' espletata rivestisse il prescritto requisito di specialita' (come richiesto dall'art. 1. lettera a) legge n. 230 cit.); le assunzioni non risultano disposte per sostituire lavoratori assenti (art. 1, lettera b) legge 230 cit.), ne' appaiono preordinate per l'esecuzione di un'opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario od occasionale (art. 1, lettera c) legge 230 cit.); ne' risulta che siano state disposte per la realizzazione di opere richiedenti lavorazioni a fasi successive che presuppongono maestranze diverse (art. 1, lettera d) legge 230 cit.); si puo' infine escludere per tabulas che le assunzioni riguardassero personale artistico e tecnico della produzione di spettacoli (art. 1, lettera e) legge 230 cit.) o che fossero state effettuate da aziende di trasporto aereo o da aziende esercenti i servizi aeroportuali (art. 1, lettera f) legge 230 cit.). La rilevata assenza dei presupposti di legge per consentire l'apposizione del termine e, in ogni modo, la rilevata genericita' delle clausole apposte nei contratti stipulati sotto la vigenza del decreto legislativo n. 368/2001, appaiono tali da determinare la nullità-inefficacia dei detti termini (art. 1 decreto legislativo n. 368/2001; art. 1 e seguenti, legge n. 230/1962) e, dunque, ove il rapporto sia ritenuto validamente costituito, la «conversione» dei contratti, da tempo determinato a tempo indeterminato. Diviene, pertanto, necessario stabilire se i rapporti di lavoro possano essere reputati legittimi ovvero nulli ex art. 2126 del Codice civile, come ritiene il Consorzio, per violazione delle disposizioni di cui agli articoli 3, 97 e 51 della Costituzione, non potendo disporsi la chiesta conversione, ancorche' le clausole appositive dei termini siano effettivamente inefficaci, ove il rapporto debba essere considerato geneticamente invalido, mancando in tal caso un valido titolo costitutivo dello stesso (in tal senso, v. Cassazione civile, Sezione lavoro 7 maggio 2008 n. 11163; 4117/2011). Come gia' evidenziato, l'eccezione di nullita' sollevata dal Consorzio, per assenza di pubblica selezione, alla luce dell'attuale quadro normativo e giurisprudenziale, appare accoglibile solo con riguardo ai rapporti stipulati tra le parti dopo l'entrata in vigore della legge regionale n. 15/2004. ma non anche con riferimento a quelli stipulati tra il 2000 e fino all'entrata in vigore della legge regionale n. 15/2004. Questi ultimi, infatti, proprio in forza dell'art. 1. comma l-bis, legge regionale n. 12/1991, quanto all'assenza di ogni pubblica forma di selezione, devono essere ritenuti conformi a legge regionale (ordinaria), che in tal senso dispone. Sicche', in assenza di una declaratoria di incostituzionalita' di tale norma, non e' possibile rilevare la nullita' dei detti rapporti ex art. 2126 del Codice civile, non essendo previsto nel nostro ordinamento un sindacato diffuso sulla costituzionalita' delle leggi ordinarie e non potendo, pertanto, il giudice ordinario disapplicare la legge ritenuta incostituzionale. Si comprende appieno, pertanto, la rilevanza della questione. Ove la disposizione impugnata dovesse essere ritenuta costituzionalmente illegittima, verrebbe meno, e con effetti ex tunc, quanto da essa previsto. In tal caso, la domanda delle parti ricorrenti dovrebbe essere rigettata. con accoglimento dell'eccezione preliminare della convenuta, per la nullita' dei rapporti, in quanto stipulati in assenza di forme di selezione pubblica, in violazione dei principi generali di cui all'art. 97 della Costituzione, nonche' della stessa disposizione di cui all'art. 1, comma 1, legge regionale n. 12/1991. Verrebbe, infatti, a mancare, e con efficacia retroattiva, quella norma che, in deroga ai summenzionati disposti, autorizzava gli enti pubblici economici siciliani ad assumere senza il rispetto di alcuna formalita' (3) . Per converso, ove fosse confermata la legittimita' della disposizione di legge impugnata, cio' condurrebbe alla conversione dei rapporti stipulati fino all'entrata in vigore della legge n. 15/2004, attesa la rilevata genericita' delle clausole appositive dei termini e l'assenza di vizi genetici del vincolo negoziale. Ne consegue che, preso atto, peraltro, della giurisprudenza della Suprema Corte a Sezioni unite sopra ricordata, diviene assolutamente necessaria la verifica di costituzionalita' dell'art. 1, comma 1-bis, legge n. 12/1991, per stabilire se i diversi rapporti stipulati tra il 2000 e l'entrata in vigore dell'art. 49 legge regionale sic. 5 novembre 2004 n. 15 (che, come gia' ricordato, ha reintrodotto la regola del pubblico concorso per tutti i profili professionali), siano o meno suscettivi di essere convertiti in rapporti di lavoro a tempo indeterminato ovvero debbano essere ritenuti affetti da nullita', con accoglimento dell'eccezione preliminare sollevata dalla convenuta. Ad escludere la rilevanza della questione, non puo' opporsi il rilievo che l'eccezione di nullita' appare fondata avuto riguardo ai contratti stipulai dopo l'entrata in vigore dell'art. 49 della legge regionale n. 15/2004, ovverosia tutti i contratti sottoscritti dal 2005 in poi. Invero, la nullita' di detti rapporti lavorativi non preclude - ma anzi accentua - la necessita' di esaminare i rapporti contratti prima, sotto la vigenza dell'art. 1, comma 1-bis, legge regionale n. 12/1991, atteso che la nullita' del termine apposto anche ad uno solo di questi ultimi darebbe luogo alla conversione del rapporto, a prescindere dalla validita' di tutti gli altri, con conseguente diritto delle parti ricorrenti ad essere riammesse nel posto di lavoro. Non sono, infine, realisticamente prospettabili, come si vedra' al termine, interpretazione costituzionalmente orientate della norma (infra, § 6.). 5. Non manifesta infondatezza. L'art. 1, comma 1-bis, legge regionale n. 12/1991, per come introdotto dall'art. 13 legge regionale 19 agosto 1999 n. 18, temporalmente applicabile avuto riguardo ai rapporti di lavoro intercorsi tra le parti dal 2000 al 2004, dispone: «Al fine di armonizzare le norme regionali in materia di assunzioni alle disposizioni dell'art. 9-bis del decreto legge 1° ottobre 1996, n, 510, convertito, con modifiche, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, quanto previsto al comma 1 non trova applicazione per enti pubblici economici, dipendenti o sottoposti al controllo, tutela e vigilanza della Regione o degli enti locali territoriali e istituzionali ed al Consorzio per le autostrade siciliane, fermo restando il rispetto, ai fini delle assunzioni ivi previste, dell'art. 3 della presente legge e degli ordinamenti propri dei medesimi enti». Come si desume dalla stessa interpretazione elaborata dalle Sezioni unite della Cassazione, sopra ricordata, la disposizione in scrutinio, relativamente ai posti per i quali non risulta richiesto titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo, sancisce: 1) la disapplicazione, con riguardo alle assunzioni degli enti pubblici economici, del sistema di reclutamento attuato tramite il collocamento, previsto dall'art. 1, comma 1, legge regionale n. 12/1991; 2) la disapplicazione di qualsiasi altra forma di concorsualita'. A tali conclusioni, del resto, depone la chiara lettera della disposizione, la quale, nel disapplicare il sistema di cui alla legge n. 56/1987, tiene ferma la regola del pubblico concorso solo avuto riguardo ai posti previsti dal successivo art. 3 (posti per i quali si richiede titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo) (4) . Si ritiene che l'art. 1, comma 1-bis, legge regionale n. 12/1991, per come introdotto dall'art. 13 legge regionale 19 agosto 1999 n. 18, sia affetto dai seguenti vizi di costituzionalita'. I) Violazione dell'art. 3 della Costituzione; irragionevolezza. La norma appare, innanzitutto, irragionevole, in violazione di quanto prescrive l'art. 3 della Costituzione. Essa, infatti, senza alcun plausibile motivo, esonera le assunzioni del personale ivi indicato - al contrario di quelle previste dall'art. 3 della medesima legge regionale n. 12/1991 - da ogni forma di pubblica selezione, riconoscendo cosi' totale liberta' agli enti pubblici economici di stabilire come, quando, e soprattutto chi, assumere, in spregio ai piu' elementari principi di eguaglianza, trasparenza ed imparzialita'. Si noti che, sin dalla legge regionale n. 14 del 7 maggio 1958 e fino all'introduzione del comma 1-bis dell'art. 1 in esame, il legislatore regionale aveva ritenuto di assoggettare le assunzioni del personale degli enti pubblici economici o alla regola del pubblico concorso prevista dall'art. 9, legge n. 14/1958 (norma ritenuta applicabile anche agli enti in questione, cfr. Cassazione, Sezioni unite n. 4685/2015, par. 15.1.; Cassazione civile, Sezione lavoro n. 11163/2008) ovvero, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 1, comma 1, legge n. 12/1991, al sistema del collocamento obbligatorio previsto dalla 56/1987. anch'esso considerabile come mezzo di pubblica selezione idoneo a garantire i principi di imparzialita' e trasparenza, in quanto basato su graduatorie pubbliche formate alla stregua di criteri obiettivi e predeterminati. La stessa Corte costituzionale, pochi anni prima dell'introduzione della norma in valutazione e con specifico riferimento alla legislazione regionale siciliana, aveva ribadito la necessita' di rispettare la regola del pubblico concorso anche con riguardo agli enti pubblici economici (Corte costituzionale 17 giugno 1996 n. 205, su cui, piu' ampiamente, infra). La decisione di prevedere un esonero totale da qualsiasi forma di pubblica selezione, come quella adottata con la disposizione qui impugnata per i posti di modesto contenuto professionale, appare, pertanto, irragionevole e, come tale, illegittima sotto il profilo della violazione dell'art. 3 della Costituzione. Non vi e' alcun motivo che possa sorreggere tale scelta, come peraltro comprova la successiva determinazione dello stesso legislatore regionale di reintrodurre la regola del pubblico concorso anche con riguardo ai posti in questione (art. 49 legge n. 15/2004), con l'ulteriore illogica conseguenza - stando alla stessa giurisprudenza delle Sezioni unite piu' volte citata - che la «conversione» dei rapporti a termine contratti senza pubblico concorso sarebbe possibile solo nell'intervallo temporale di vigenza della disposizione impugnata (in tal senso, Corte di cassazione, Sezioni unite n. 4685/2015, analiticamente citata, supra § 2.3.). Ne', a sorreggere tale decisione, puo' reputarsi il mero fine, dichiarato in seno al comma 1-bis, di «armonizzare le norme regionali in materia di assunzioni alle disposizioni dell'art. 9-bis del decreto legge 1° ottobre 1996 n. 510, convertito in legge, con modifiche, in legge 28 novembre 1996 n. 608...». Ed infatti, le disposizioni dell'art. 9-bis del decreto legge n. 510/1996, nella formulazione vigente all'epoca dell'introduzione dell'art. l, comma 1-bis, legge regionale n. 12/1991, non recano alcuna previsione che richieda, imponga ovvero giustifichi un tale esonero. L'art. 9-bis, decreto legge n. 510/1996, nella formulazione che rileva ratione temporis, infatti, stabilisce che «nell'ambito di applicazione della disciplina del collocamento ordinario, agricolo e dello spettacolo, i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici procedono a tutte le assunzioni nell'osservanza delle disposizioni di legge vigenti in materia. Restano ferme le norme in materia di iscrizione dei lavoratori nelle liste di collocamento nonche' le disposizioni di cui all'art. 8 della legge 30 dicembre 1986, n. 943, e dell'art. 2, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398» (comma 1). L'art. 9-bis decreto legge n. 510 cit., poi, si limita a disciplinare le modalita' di esecuzione degli adempimenti previsti in materia di comunicazione dell'assunzione (commi 2, 3, 4, 6), le modalita' di fruizione dei benefici eventualmente previsti (comma 5), le sanzioni in caso di inosservanza dell'obbligo di riserva (comma 7), l'organizzazione degli uffici di vigilanza c di ispezione (commi 8, 9, 10, 14), le modalita' di individuazione dei lavoratori da avviare al lavoro nelle pubbliche amministrazioni, secondo criteri oggettivi e trasparenti (commi 11, 12), la razionalizzazione delle procedure relative agli adempimenti da osservare (commi 13), i ricorsi da esperire avverso i provvedimenti adottati dagli uffici provinciali (comma 15). Il richiamo effettuato all'art. 9-bis, del decreto legge n. 510/1996, appare pertanto inidoneo a giustificare la scelta prevista di consentire l'assunzione del personale senza il rispetto di alcuna procedura pubblica deputata a garantire l'imparzialita' e la trasparenza nelle selezioni, non essendo tale percorso imposto da alcuna effettiva necessita' di armonizzazione, ne' da alcuna altra esigenza, difatti neppure indicata dal legislatore regionale. Del resto, come si vedra' piu' ampiamente nel seguente motivo, la stessa giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente ribadito che l'eccezione alla regola del pubblico concorso deve rispondere a peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico (ex multis, Corte costituzionale 9 novembre 2006, n. 363) e cio' avuto riguardo anche alle assunzioni disposte dagli enti pubblici economici della Regione Sicilia (Corte costituzionale 17 giugno 1996 n. 205). Nel caso di specie, tali presupposti non appaiono neppure prospettati dal legislatore regionale. Per tali ragioni, la disposizione impugnata non appare rispettosa del parametro costituzionale della ragionevolezza, ex art. 3 della Costituzione. II) Violazione degli articoli 97, 51 e 3 della Costituzione. La disposizione impugnata appare inoltre in contrasto con i principi previsti dagli articoli 97, 51 e 3 della Costituzione, secondo cui i pubblici uffici sono organizzati in modo che siano assicurati il buon andamento, l'imparzialita', la trasparenza dell'amministrazione (art. 97, primo comma), il relativo personale deve essere assunto mediante pubbliche selezioni, salvo i casi stabiliti dalla legge (art. 97, terzo comma), nell'accesso ai posti occorre garantite parita' di condizioni, formali e sostanziali, tra tutti i cittadini (articoli 51 e 3 della Costituzione). L'applicabilita' dei principi desumibili dagli articoli 97, 51 e 3 della Costituzione agli enti pubblici economici trova conferma nella stessa giurisprudenza della Corte costituzionale. Quest'ultima, infatti, ne ha espressamente predicato l'applicabilita' con riguardo alle assunzioni degli enti pubblici economici della Regione siciliana, allorquando ha dichiarato l'incostituzionalita' della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 19 ottobre 1995, riguardante le norme per il personale dell'E.S.A., la cui natura di ente pubblico economico regionale era stata gia' affermata dalla giurisprudenza di legittimita' (sul punto, cfr. Cassazione civile, Sezione II, 11 aprile 2001, n. 5424). Al riguardo, la Corte costituzionale ha evidenziato che «e' fondata l'ulteriore censura del Commissario dello Stato, secondo cui la Regione sarebbe incorsa nella violazione degli articoli 3 e 51 della Costituzione, avendo nella sostanza disposto l'assunzione "ad personam" dei singoli borsisti, in contrasto con il principio del pubblico concorso» (Corte costituzionale 17 giugno 1996 n. 205). L'applicabilita' agli enti pubblici economici dei superiori principi costituzionali risulta confermata, piu' di recente, da ulteriori pronunce della Corte, che li ha ritenuti operanti anche alle assunzioni disposte dalle societa' «partecipate», nonostante la natura formalmente privata di tali organismi. Al riguardo, e' stato rilevato che «l'assenza di criteri di trasparenza, pubblicita' e imparzialita' per il reclutamento di personale delle societa' a partecipazione pubblica totale o di controllo» implica una violazione dell'art. 97 della Costituzione, oltre che delle norme interposte, nonche' del principio del buon andamento (in tal senso, Corte costituzionale, 3 marzo 2011 n. 68, §. 12.2.). In tale occasione, la Corte ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, nella misura in cui prevedeva l'assunzione a tempo indeterminato, anziche' l'utilizzo, del personale della precedente impresa o societa' affidataria dell'appalto, senza una pubblica selezione, per cio' ritenendo la detta legislazione regionale irrispettosa dei principi desumibili dall'art. 97 della Costituzione. L'applicabilita' dei principi previsti dall'art. 97 della Costituzione alle assunzioni dei dipendenti delle societa' partecipate rende evidente come gli stessi non possano che essere applicati, a fortiori, al regime delle assunzioni degli enti pubblici, ancorche' questi svolgano attivita' economiche secondo criteri di economicita' tipici delle imprese private. Trattasi infatti di soggetti pubblici che devono necessariamente sottostare ai principi di imparzialita', trasparenza e buon andamento sanciti dall'art. 97 della Costituzione. Appare, quindi, in contrasto, con tali canoni ammettere - come fa la norma impugnata - che tali enti godano di assoluta liberta' nella scelta del personale da assumere, proprio perche' cio' implica inevitabile violazione dell'imparzialita' e della trasparenza delle scelte, che si traducono, inevitabilmente, nella frustrazione delle esigenze di buon andamento degli apparati pubblici, come gia' rilevato dalla Corte costituzionale, con riguardo agli enti pubblici economici regionali, nella citata sentenza n. 205/1996. Ne' tale opzione, nel caso di specie, puo' ritenersi ammissibile e giustificabile, dovendosi considerare che la norma impugnata riguarda i posti per i quali non e' richiesto alcun titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo, sicche' neppure possono invocarsi eventuali esigenze di individuazione dei soggetti da assumere (intuitu personae), in ragione della peculiarita' del relativo profilo professionale, nel caso di specie dei tutto inesistenti, trattandosi, appunto, di profili di base. Sul punto, non si puo' omettere di richiamare la giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui «Il concorso pubblico - quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei piu' capaci sulla base del criterio del merito - costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni - esso e' posto a presidio delle esigenze di imparzialita' e di efficienza dell'azione amministrativa. Le eccezioni a tale regola consentite dall'art. 97 della Costituzione, purche' disposte con legge, debbono rispondere a peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico; altrimenti la deroga si risolverebbe in un privilegio a favore di categorie piu' o meno ampie di persone. Perche' sia assicurata la generalita' della regola del concorso pubblico disposta dall'art. 97 della Costituzione, l'area delle eccezioni va, pertanto, delimitata in modo rigoroso» (cosi', ex multis, Corte costituzionale, 9 novembre 2006, n. 363). L'eccezionalita' della deroga del pubblico concorso e' stata ripetutamente ribadita dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, anche in tempi recenti (v. Corte costituzionale, 21 maggio 2014, n. 134, che cita, peraltro, ulteriori pronunce, quali le sentenze n. 227/2013, 62/2012, 310/2011, nonche' la sentenza n. 217/2013). La stessa, del resto, risultava gia' affermata dalla Corte, e con riguardo alla legislazione regionale sulle assunzioni degli enti pubblici economici, dichiarata incostituzionale, con la citata sentenza 17 giugno 1996 n. 205, secondo cui, appunto, «il concorso pubblico e' la forma generale di reclutamento nel pubblico impiego; una deroga ad essa e' possibile solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, nel qual caso la discrezionalita' del legislatore nella scelta di un criterio diverso da quello del pubblico concorso trova comunque il suo limite nella necessita' di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (sentenza n. 477 del 1995)». Per quanto premesso, i rilievi qui sollevati non possono essere esclusi dalla natura privatistica dei rapporti di lavoro, dato che la natura della disciplina che regola il rapporto, nella sua fase esecutiva, deve distinguersi dalla disciplina riguardante la fase genetica dello stesso, inevitabilmente attratta dal regime pubblicistico di selezione e dai relativi principi di trasparenza, imparzialita' e buon andamento ex art. 97, Costituzione. Ne consegue la evidente illegittimita' costituzionale della norma impugnata, introdotta peraltro dopo la sentenza n. 205/1996 della Corte, posto che, come visto, anche alla luce della giurisprudenza delle Sezioni unite, la stessa deve essere interpretata nel senso di escludere, per il tempo di sua vigenza, l'applicazione delle regole del pubblico concorso o di qualsiasi altra forma di selezione pubblica per l'assunzione nei posti degli enti pubblici economici che non richiedono titolo di studio diverso da quello della scuola dell'obbligo. 6. Interpretazione costituzionalmente orientata. Per superare i motivi di censura sopra prospettati, non appare percorribile una interpretazione costituzionalmente orientata, a fronte del chiaro tenore letterale della norma, che, come visto sopra, sancisce inequivocamente l'esclusione, da qualsiasi tipo di selezione pubblica, ancorche' attenuata, delle assunzioni ivi contemplate. Del resto, a tale conclusione e' pervenuta anche la Suprema Corte di cassazione, a Sezioni unite, nella sentenza n. 4685/2015. (1) Per comodita' di lettura, si riporta integralmente la disposizione in esame: «Al fine di armonizzare le norme regionali in materia di assunzioni alle disposizioni dell'art. 9-bis del decreto legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modifiche, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, quanto previsto al comma 1 non trova applicazione per gli enti pubblici economici, dipendenti o sottoposti al controllo, tutela e vigilanza della Regione o degli enti locali territoriali e istituzionali ed al Consorzio per le autostrade siciliane, fermo restando il rispetto, ai fini delle assunzioni ivi previste, dell'art. 3 della presente legge (posti non rientranti in quelli previsti dall'art. 1) e degli ordinamenti propri dei medesimi enti». (2) L'art. 1 della legge regionale Sicilia n. 45/1995 dispone, infatti, che «La Regione, nell'ambito dei programmi per la difesa, conservazione e tutela del suolo, per la valorizzazione del territorio, per lo sviluppo della produzione agricola e dell'irrigazione e per la tutela dell'ambiente, promuove ed organizza, attraverso i consorzi di bonifica, di seguito denominati consorzi, la bonifica come mezzo permanente di difesa, conservazione, valorizzazione e tutela del suolo, di utilizzazione e tutela delle acque e di salvaguardia dell'ambiente». Il successivo art. 5, comma 4, precisa che i consorzi di bonifica «sono persone giuridiche di diritto pubblico che svolgono attivita' economica»; il successivo art. 6, comma 1, prevede «I consorzi sono costituiti con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'assessore regionale per l'agricoltura e le foreste «sentito il parere dei consigli delle province regionali»; l'art. 20 dispone che «Spettano all'assessore regionale per l'agricoltura e le foreste funzioni di vigilanza coordinamento ed indirizzo. L'assessore regionale per l'agricoltura e le foreste puo': a) disporre ispezioni: b) provvedere, previa diffida, alla nomina di commissari ad acta per il compimento di atti obbligatori; c) sciogliere o revocare gli organi dei consorzi per gravi violazioni di legge o regolamenti, per persistenti inadempienze su atti dovuti, per dimissioni di meta' dei componenti»; l'art. 21, comma 1, prevede che «Sono sottoposti all'approvazione della Giunta regionale gli statuti dei consorzi e le deliberazioni di assunzione e di inquadramento del personale». L'inquadramento del Consorzio di Bonifica 9 di Catania nell'ambito del sopra delineato sistema regionale risulta pacifico tra le parti e confermato dalle informazioni reperibili nel relativo sito internet istituzionale http://www.consorziobonifica9ct.it (3) Si e' gia' detto che la nullita' del rapporto, per assenza di pubblica selezione, e' stata riscontrata costantemente dalla giurisprudenza della Suprema Corte, in assenze di deroghe legislative sulla regola del pubblico concorso (in tal senso, v. Cassazione civile, Sezione lavoro 7 maggio 2008 n. 11163; 4117/2011). (4) Dispone l'art. 3 legge regionale Sicilia n. 12/1991: «salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, per l'accesso ai posti non rientranti tra quelli indicati all'art. 1, gli enti ivi previsti procedono all'assunzione mediante pubblici concorsi».
P.Q.M. Visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; Visti gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione; Ritenuto, in relazione alle suddette disposizioni, non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1-bis, legge regionale siciliana 30 aprile 1991 n. 12, come introdotto dall'art. 13 legge regionale siciliana 19 agosto 1999 n. 18; Ritenute le questioni rilevanti, per le argomentazioni indicate in parte motiva; Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza venga notificata: 1) alle parti in causa; 2) al presidente della Regione siciliana; 3) al presidente dell'Assemblea regionale siciliana. Catania, 14 febbraio 2017 Provvedimento depositato telematicamente in pari data. Il Giudice: Fiorentino - TRIBUNALE DI CATANIA Sezione Lavoro Il giudice ha pronunciato il seguente decreto correzione errore materiale, nella causa civile iscritta al n. 7352/2011 R.G. promossa da: Gandolfo Francesco e altri, con patrocinio degli avv. Parisi Christian e, con elezione di domicilio in via Filocomo n. 69 c/o avv. S. Romeo Catania presso avv. Parisi Christian; Ricorrenti; Contro: Consorzio di Bonifica n. 9 di Catania con il patrocinio dell'avv./dott. Ravi' Antonino Giuseppe; Resistente/i. Il giudice, visti gli atti; Rilevato che decreto di convocazione dei procuratori delle parti, unitamente ai rilievi relativi all'errore materiale di che trattasi, e' stato ritualmente comunicato per l'odierna udienza; Rilevato che e' comparso il procuratore della parte resistente, il quale nulla ha osservato in merito alla comunicata necessita' di procedere alla correzione dell'errore materiale; Rilevato che, per mero errore materiale nella redazione telematica dell'atto, nell'Ordinanza del 14 febbraio 2017, alla pag. 31, rigo 3°, 4° e 5°, risulta riportato «la cui natura di ente pubblico economico regionale era stata gia' affermata dalla giurisprudenza di legittimita' (sul punto, cfr. Cassazione civile Sezione II, 11 aprile 2001, n. 5424)», anziche' «la cui natura di ente pubblico economico regionale era stata gia' affermata dalla giurisprudenza (Corte conti, Sezione giurisdizionale, regione Sicilia, 20 maggio 1996, n 96; sul punto, cfr. anche Cassazione civile Sezione II, 11 aprile 2001, n. 5424)»; P.Q.M. Dispone la correzione dell'Ordinanza del 14 febbraio 2017, alla pag. 31, rigo 3°, 4° e 5°, nella parte in cui recita «la cui natura di ente pubblico economico regionale era stata gia' affermata dalla giurisprudenza di legittimita' (sul punto, cfr. Cassazione civile Sezione II, 11 aprile 2001, n. 5424)», anziche' «la cui natura di ente pubblico economico regionale era stata gia' affermata dalla giurisprudenza (Corte conti, Sezione giurisdizionale, regione Sicilia, 20 maggio 1996, n. 96; sul punto, cfr. anche Cassazione civile Sezione II, 11 aprile 2001, n. 5424)». Si comunichi alle parti. Catania, venerdi' 3 marzo 2017 Il Giudice del lavoro: Fiorentino