N. 58 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 24 agosto 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 24 agosto 2017 (della Regione Campania). 
 
Bilancio e contabilita' - Enti locali  -  Trasferimenti  regionali  a
  Province  e  Citta'  metropolitane   per   funzioni   conferite   -
  Riconoscimento di una quota del 20 per cento  del  fondo  nazionale
  per il concorso dello Stato agli oneri per  il  trasporto  pubblico
  locale a condizione dell'avvenuta erogazione certificata  da  parte
  della Regione a ciascuna Provincia  e  Citta'  metropolitana  delle
  risorse  per  l'esercizio  delle  funzioni  ad  esse  conferite   -
  Formalizzazione della certificazione tramite intesa  in  Conferenza
  unificata  -  Deliberazione  del   Consiglio   dei   ministri   del
  riconoscimento della quota del 20 per cento del fondo suddetto,  in
  caso di mancata intesa. 
- Decreto-legge 24  aprile  2017,  n.  50  (Disposizioni  urgenti  in
  materia finanziaria, iniziative a favore degli  enti  territoriali,
  ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure
  per lo sviluppo), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  21
  giugno 2017, n. 96, art. 39. 
(GU n.38 del 20-9-2017 )
    Ricorso per la Regione Campania (c.f. n. 80011990636), in persona
del Presidente della Giunta regionale, On.le Vincenzo De Luca,  quale
legale rapp.te pro tempore,  rapp.ta  e  difesa  dagli  avv.ti  Maria
d'Elia (c.f. DLEMRA53H42F839H)  e  Almerina  Bove  (BVOLRN70C46I262Z)
dell'Avvocatura regionale  (pec:  us01@pec.regione.campania.it -  fax
0817963684 presso cui desiderano ricevere ogni comunicazione ex  art.
136 c.p.c.) domiciliati in Roma, alla via Poli, n. 29  in  virtu'  di
mandato a  margine  del  presente  atto  e  deliberazione  di  Giunta
regionale n. 538 dell'8 agosto 2017; 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
rapp.to e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex
lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12; per la declaratoria  di
illegittimita'  costituzionale  dell'art.  39  del  decreto-legge  24
aprile 2017, n. 50,  convertito  con  modificazioni  dalla  legge  21
giugno  2017,  n.  96,  recante  «Disposizioni  urgenti  in   materia
finanziaria, iniziative a favore degli enti  territoriali,  ulteriori
interventi per le zone colpite da eventi  sismici  e  misure  per  lo
sviluppo», per violazione degli articoli 114, commi 1 e 2; 117, commi
3 e 4; 118,  commi  1  e  2  e  120  comma  2;  119,  comma  1  della
Costituzione, nonche' per violazione del principio di  ragionevolezza
e di proporzionalita' (art. 3 della Costituzione) e del principio  di
buon   andamento   dell'azione   amministrativa   (art.   97    della
Costituzione). 
 
                                Fatto 
 
    1. Nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale n. 144 del 23 giugno
2017 - Suppl. Ordinario n. 13, e' stata pubblicata la legge 21 giugno
2017,  n.  96  di  «Conversione  in  legge,  con  modificazioni,  del
decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti  in
materia finanziaria, iniziative a  favore  degli  enti  territoriali,
ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici  e  misure
per lo sviluppo». 
    2. Il citato decreto-legge 24 aprile 2017,  n.  50  «Disposizioni
urgenti in  materia  finanziaria,  iniziative  a  favore  degli  enti
territoriali, ulteriori interventi per  le  zone  colpite  da  eventi
sismici e misure per  lo  sviluppo»  (in  Suppl.  Ordinario  20  alla
Gazzetta  Ufficiale,  24   aprile   2017,   n.   95),   all'art.   39
(Trasferimenti  regionali  a  province  e  citta'  metropolitane  per
funzioni conferite) stabilisce che: «Ai fini del coordinamento  della
finanza pubblica, per il quadriennio 2017-2020, una quota del 20  per
cento del fondo di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge  6
luglio 2012, n. 95, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  7
agosto 2012, n. 135, e' riconosciuta  a  condizione  che  la  regione
entro il 30 giugno di ciascun anno abbia certificato, in  conformita'
alla legge regionale di attuazione dell'Accordo sancito tra  Stato  e
regioni in sede  di  Conferenza  unificata  dell'11  settembre  2014,
l'avvenuta erogazione a ciascuna provincia e citta' metropolitana del
rispettivo territorio delle risorse per l'esercizio delle funzioni ad
esse conferite. La predetta certificazione  e'  formalizzata  tramite
Intesa in Conferenza unificata da raggiungere entro il 10  luglio  di
ciascun anno. 2. In caso di  mancata  Intesa,  il  riconoscimento  in
favore della regione interessata del 20 per cento del  fondo  per  il
trasporto pubblico locale  di  cui  al  comma  1  e'  deliberato  dal
Consiglio dei ministri su proposta del Dipartimento  per  gli  affari
regionali». 
    3. Il Fondo di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge  6
luglio 2012, n. 95 - cui la citata disposizione fa riferimento  -  e'
stato istituito, a decorrere dal 2013, per sostenere  gli  oneri  del
trasporto pubblico locale, anche ferroviario, a carico delle  Regioni
a statuto ordinario. Il citato art. 16-bis prevede, al comma 3, che i
criteri e le modalita' con cui  ripartire  il  Fondo  siano  definiti
sulla base del rapporto tra ricavi da traffico e  costi  dei  servizi
previsto dalla normativa nazionale vigente in materia di  servizi  di
trasporto  pubblico  locale  e  di  servizi   ferroviari   regionali,
salvaguardando le esigenze della mobilita' nei  territori  anche  con
differenziazione dei servizi, e che siano finalizzati  a  incentivare
le regioni e gli enti locali a razionalizzare e rendere efficiente la
programmazione e la gestione dei servizi. A tale fine,  la  norma  ha
previsto che  le  regioni  procedano  all'adozione  di  un  piano  di
riprogrammazione dei  servizi  di  trasporto  pubblico  locale  e  di
trasporto ferroviario regionale,  rimodulando  i  servizi  a  domanda
debole, sostituendo  le  modalita'  di  trasporto  diseconomiche  con
quelle piu' idonee a garantire il servizio nel rispetto dello  stesso
rapporto  tra  ricavi  e  costi.  L'istituzione  di  detto  Fondo  e'
finalizzata, dunque,  al  perseguimento  dell'efficientamento,  della
qualita' dei  servizi  e  della  liberalizzazione  del  mercato,  che
costituiscono principi cardine cui e' orientata tutta la normativa di
settore, prima di tutto comunitaria, da oltre un decennio.  La  quota
di Fondo spettante a ciascuna  Regione  e'  volta  a  far  fronte  ai
diversi e gravosi oneri connessi al trasporto  pubblico  locale,  pur
non  essendo  sufficiente  a  coprire  integralmente  il   fabbisogno
(ciascuna Regione aggiunge al fondo nazionale una propria quota - cd.
«quota libera» - per consentire  il  livello  minimo  essenziale  dei
servizi di trasporto pubblico sul proprio  territorio):  peraltro  lo
stanziamento del Fondo ex  art.  16-bis  cit.  esaurisce  ogni  onere
connesso al servizio, tra i  quali  gli  oneri  connessi  ai  rinnovi
contrattuali ai sensi dei vigenti contratti collettivi  nazionali  di
comparto, precedentemente oggetto di stanziamenti  ad  hoc  da  parte
dello Stato. L'art. 27 del medesimo decreto-legge 24 aprile 2017,  n.
50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017,  n.  96,
prevede lo stanziamento delle risorse relative al Fondo  e  introduce
nuove disposizioni per il  relativo  riparto  2,  prevedendo  che  «A
decorrere dall'anno 2018, il riparto del Fondo di cui al comma 11  e'
effettuato, entro il 30 giugno di ogni anno, con decreto del Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia e  delle  finanze,  previa  intesa  con  la  Conferenza
unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28  agosto  1997,
n. 281.  In  caso  di  mancata  intesa  si  applica  quanto  previsto
dall'art. 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Il suddetto riparto e' operato sulla base dei  seguenti  criteri:  a)
suddivisione tra le regioni di una quota  pari  al  dieci  per  cento
dell'importo  del  Fondo  sulla  base  dei  proventi  complessivi  da
traffico e dell'incremento dei medesimi registrato, tenuto  conto  di
quanto previsto dall'art. 19, comma 5,  del  decreto  legislativo  19
novembre 1997, n. 422, tra l'anno 2014 e l'anno di  riferimento,  con
rilevazione effettuata dall'Osservatorio di  cui  all'art.  1,  comma
300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Negli anni successivi,  la
quota e' incrementata del cinque per cento dell'importo del Fondo per
ciascun anno fino a raggiungere il venti per cento  dell'importo  del
predetto Fondo; b) suddivisione tra le regioni di una quota pari, per
il primo anno, al dieci per cento dell'importo del Fondo  in  base  a
quanto previsto dal decreto del Ministro delle infrastrutture  e  dei
trasporti di determinazione dei costi standard, di  cui  all'art.  1,
comma 84, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. Negli anni successivi
la quota e' incrementata del cinque per cento dell'importo del  Fondo
per ciascun anno fino a raggiungere il venti per  cento  dell'importo
del predetto Fondo. Nel riparto di tale quota si  tiene  conto  della
presenza di infrastrutture ferroviarie  di  carattere  regionale;  c)
suddivisione della quota residua del Fondo, sottratto quanto previsto
dalle lettere a) e b), secondo le percentuali regionali di  cui  alla
tabella allegata al  decreto  del  Ministro  delle  infrastrutture  e
trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle  finanze
dell'11 novembre 2014; definizione dei livelli adeguati  di  servizio
di cui al comma 6 che, a decorrere dal secondo anno  successivo  alla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto, sostituiscono le predette  percentuali  regionali,  comunque
entro i limiti di spesa complessiva prevista  dal  Fondo  stesso;  d)
riduzione in ciascun anno delle risorse del Fondo da trasferire  alle
regioni qualora i servizi di trasporto pubblico  locale  e  regionale
non risultino affidati con procedure di evidenza pubblica entro il 31
dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento, ovvero  ancora
non ne risulti pubblicato  alla  medesima  data  il  bando  di  gara,
nonche' nel caso di  gare  non  conformi  alle  misure  di  cui  alle
delibere dell'Autorita' di  regolazione  dei  trasporti  adottate  ai
sensi dell'art. 37, comma 2, lettera f), del decreto-legge 6 dicembre
2011, n, 201, convertito, con modificazioni dalla legge  22  dicembre
2011, n. 214,  qualora  bandite  successivamente  all'adozione  delle
predette delibere. (Omissis).. Le risorse derivanti da tali riduzioni
sono ripartite tra le altre  Regioni  con  le  modalita'  di  cui  al
presente comma, lettere a), b) e e); e) in  ogni  caso,  al  fine  di
garantire  una  ragionevole  certezza   delle   risorse   finanziarie
disponibili, il riparto derivante dall'attuazione delle lettere da a)
a d) non puo' determinare per ciascuna regione  una  riduzione  annua
maggiore  del  cinque  per  cento  rispetto  alla  quota   attribuita
nell'anno precedente; ove l'importo complessivo del  Fondo  nell'anno
di riferimento sia inferiore  a  quello  dell'anno  precedente,  tale
limite e' rideterminato in misura proporzionale  alla  riduzione  del
Fondo medesimo. Nel primo quinquennio di applicazione il riparto  non
puo' determinare per ciascuna regione, una riduzione  annua  maggiore
del 10 per cento rispetto  alle  risorse  trasferite  nel  2015;  ove
l'importo  complessivo  del  Fondo  nell'anno  di   riferimento   sia
inferiore a quello del 2015, tale limite e' rideterminato  in  misura
proporzionale alla riduzione del Fondo medesimo». 
    4. Alla stregua di quanto rilevato, si deduce  la  illegittimita'
costituzionale del citato art. 39 del decreto-legge 24  aprile  2017,
n. 50 «Disposizioni urgenti  in  materia  finanziaria,  iniziative  a
favore degli enti territoriali,  ulteriori  interventi  per  le  zone
colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo»,  convertito  con
modificazioni  dalla  legge  21   giugno   2017,   n.   96,   recante
«Disposizioni urgenti in materia  finanziaria,  iniziative  a  favore
degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite  da
eventi sismici e misure per lo sviluppo», per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
I. Violazione dell'art. 117, commi 3 e 4  e  dell'art.  119  comma  1
della Costituzione. 
    Le  disposizioni  di  cui  all'art.  39  oggetto  della  presente
impugnativa presentano, ad avviso della ricorrente Regione  Campania,
plurimi profili di illegittimita' costituzionale,  alla  stregua  dei
parametri indicati in epigrafe. 
    1.1. Valga,  invero,  in  primo  luogo  rilevare  che  la  citata
disposizione, nella parte in cui subordina il riconoscimento  di  una
quota pari  al  20%  del  Fondo  nazionale  trasporti  alla  avvenuta
erogazione, alle Province e Citta' metropolitane, delle risorse,  per
l'esercizio delle funzioni ad esse  conferite,  in  conformita'  alla
legge regionale  di  attuazione  dell'Accordo  sancito  tra  Stato  e
regioni in sede  di  Conferenza  unificata  dell'11  settembre  2014,
impedisce alle Regioni di esercitare  l'autonomia  finanziaria  e  di
spesa riconosciute dall'art. 119  della  Costituzione,  imponendo  un
indebito vincolo alla spesa per i servizi e agli altri interventi  in
materia   di   trasporto   attraverso   la   sottrazione,    peraltro
potenzialmente a titolo  definitivo,  delle  relative  risorse  nella
misura indicata. 
    Codesta Corte ha chiarito con giurisprudenza consolidata (tra  le
altre, con sentenze n. 417/2005  e  n.  77/2015)  che  le  norme  che
fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci
delle  regioni  e  degli  enti  locali  non  costituiscono   principi
fondamentali  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  ai  sensi
dell'art. 117, terzo comma, della  Costituzione,  e  ledono  pertanto
l'autonomia  finanziaria  di  spesa  garantita  dall'art.  119  della
Costituzione: il legislatore  statale  puo',  invero,  legittimamente
imporre  agli  enti  autonomi  vincoli  alle  politiche  di  bilancio
(ancorche' si traducano, inevitabilmente,  in  limitazioni  indirette
all'autonomia di spesa degli enti), ma soltanto  con  «disciplina  di
principio» e «per ragioni di coordinamento  finanziario  connesse  ad
obiettivi nazionali, condizionati anche  dagli  obblighi  comunitari»
(sentenza n. 36 del 2004; v. anche le sentenze n. 376 del 2003 e  nn.
4 e  390  del  2004).  Perche'  detti  vincoli  possano  considerarsi
rispettosi dell'autonomia delle regioni e degli  enti  locali,  essi,
poi, debbono avere ad oggetto o  l'entita'  del  disavanzo  di  parte
corrente oppure - ma solo «in  via  transitoria  ed  in  vista  degli
specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti
dal legislatore statale» - la crescita  della  spesa  corrente  degli
enti autonomi; in altri termini, la legge statale puo' stabilire solo
un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di
allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di  spesa»
(sentenza n. 36 del 2004). Nella citata sentenza n. 417/2005  codesta
Corte, nell'affermare tale principio, ha  altresi'  chiarito  che  la
previsione da parte della legge statale di limiti all'entita' di  una
singola voce di  spesa  non  puo'  essere  considerata  un  principio
fondamentale in materia di  armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  e
coordinamento  della  finanza  pubblica,  perche'  pone  un  precetto
specifico e puntuale sull'entita' della spesa e  si  risolve  percio'
«in una indebita invasione, da parte della legge  statale,  dell'area
[...] riservata alle autonomie regionali e degli  enti  locali,  alle
quali la legge statale puo' prescrivere criteri  [...]  ed  obiettivi
(ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma  non  imporre  nel
dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli
obiettivi» (sentenza n. 390 del  2004)  ».  L'indicato  orientamento,
secondo cui la disciplina di  principio  dei  vincoli  finanziari  si
configura compatibile con l'autonomia degli  enti  costituzionalmente
garantiti, come le Regioni ed i Comuni, solo e tassativamente laddove
stabilisca un limite complessivo di intervento - avente ad oggetto  o
l'entita' del disavanzo di parte corrente o  i  fattori  di  crescita
della spesa corrente - ma lasci agli enti stessi  piena  autonomia  e
liberta' di  allocazione  delle  risorse  fra  i  diversi  ambiti  ed
obiettivi di  spesa,  deve  ritenersi  a  fortiori  applicabile  alla
previsione  che  disponga  il  mancato  trasferimento  delle  risorse
destinate ad una specifica spesa. 
    1.2. La violazione dei parametri indicati in  epigrafe  e',  poi,
tanto  piu'  grave  in  quanto  alla  mancata  certificazione   della
erogazione entro la data del 30 giugno la norma impugnata collega  la
definitiva sottrazione, alla Regione interessata, del 20% della quota
di riparto di sua competenza. Codesta Corte ha in merito chiarito che
e' illegittimo l'istituto della riserva, attraverso il quale lo Stato
sottragga  definitivamente  all'ente  territoriale   una   quota   di
compartecipazione al tributo erariale o altra entrata che gli sarebbe
spettata, e se ne appropri a tutti gli effetti al fine di  soddisfare
proprie finalita' (ex plurimis, sentenze n. 145 del 2014, n.  97  del
2013 e n. 198 del 1999), potendo -  al  contrario  -  il  legislatore
statale al piu' prevedere,  ricorrendone  i  presupposti,  che  poste
attive permangano nella titolarita' della Regione, benche'  sottratte
a  un'immediata  disponibilita'  attraverso   il   diverso   istituto
dell'accantonamento. 
    Con sentenza n. 79/2014 e' stato ribadito, al riguardo,  che  «e'
consentito al legislatore statale imporre limiti alla spesa  di  enti
pubblici  regionali,   che   si   configurano   quali   principi   di
«coordinamento della finanza pubblica», anche nel  caso  in  cui  gli
«obiettivi di riequilibrio della medesima» tocchino singole  voci  di
spesa a condizione che: tali obiettivi consistano in «un contenimento
complessivo, anche se non generale, della spesa corrente», in  quanto
dette voci corrispondano ad un «importante aggregato della  spesa  di
parte corrente», come nel caso delle spese per il personale (sentenze
n. 287 del 2013 e n.  169  del  2007);  il  citato  contenimento  sia
comunque «transitorio»,  in  quanto  necessario  a  fronteggiare  una
situazione contingente, e  non  siano  previsti  «in  modo  esaustivo
strumenti o modalita' per il perseguimento  dei  suddetti  obiettivi»
(sentenze n. 23 e n. 22 del 2014; n. 236, n. 229 e n. 205  del  2013;
n. 193 del 2012; n. 169 del 2007);  e,  con  successiva  sentenza  n.
64/2016, con riguardo alla prima di tali condizioni, codesta Corte ha
affermato che essa deve ritenersi soddisfatta anche  da  disposizioni
statali che prevedano «puntuali misure di riduzione [...] di  singole
voci di spesa»,  sempre  che  «da  esse  possa  desumersi  un  limite
complessivo, nell'ambito del  quale  le  Regioni  restano  libere  di
allocare le risorse tra  i  diversi  ambiti  e  obiettivi  di  spesa»
(sentenza  n.  139  del  2012),  essendo,  in  tale  caso,  possibile
«l'estrapolazione, dalle singole disposizioni  statali,  di  principi
rispettosi  di  uno  spazio   aperto   all'esercizio   dell'autonomia
regionale» (sentenze n. 139 del 2012 e n. 182 del 2011; nello  stesso
senso, sentenze n. 236 e n. 36 del 2013, n. 262 e n. 211 del 2012). 
    Alla luce delle pronunce citate, emerge la palese  illegittimita'
costituzionale della previsione di cui al citato art. 39 per  eccesso
dei  limiti  propri  dei  principi  di  coordinamento  della  finanza
pubblica  di  cui  all'art.  117  della  Costituzione  e  conseguente
violazione, altresi', dell'art. 119, comma 1 della Costituzione. 
II. Violazione del principio di ragionevolezza e di  proporzionalita'
(art. 3 della  Costituzione)  e  del  principio  del  buon  andamento
dell'azione amministrativa (art. 97 della  Costituzione).  Violazione
degli articoli 114, commi 1 e 2, dell'art. 118 e dell'art. 120  della
Costituzione. 
    2.1. La disposizione  impugnata  concreta,  altresi',  una  grave
violazione degli  articoli  3  e  97  della  Costituzione  -  la  cui
violazione ridonda anche in termini di contrasto con la  disposizione
di  cui  all'art.   119,   comma   4   della   Costituzione   -   per
irragionevolezza (art. 3 della Costituzione), per l'evidente mancanza
di proporzionalita' e di rispondenza logica rispetto alle  finalita',
dichiarate nello stesso  art.  39  del  decreto-legge  n.  50/17,  di
coordinamento   della   finanza   pubblica,   per   le   interferenze
nell'esercizio delle funzioni regionali connesse all'erogazione di un
servizio  fondamentale,  quale  quello  dei   trasporti,   attraverso
l'introduzione di una condizione e la previsione di  un  procedimento
ad hoc - peraltro sottratto al «governo» della  Regione  interessata,
come sopra rilevato - cui viene subordinato il  riconoscimento  delle
risorse finanziarie necessarie in materia di trasporto, in  contrasto
altresi' con la imprescindibile necessita' di assicurare  livelli  di
omogeneita' nella resa del servizio su tutto il territorio nazionale. 
    2.2.  I  parametri  indicati  in  epigrafe  risultano,  peraltro,
violati anche sotto il  diverso  e  concorrente  profilo  concernente
specificamente il procedimento di certificazione delineato  dall'art.
39 impugnato: la norma, come sopra riportato, sancisce, al  riguardo,
da un lato che la erogazione del 20% del Fondo sia  subordinato  alla
circostanza che «la regione entro il 30 giugno di ciascun anno  abbia
certificato,  in  conformita'  alla  legge  regionale  di  attuazione
dell'Accordo sancito tra  Stato  e  regioni  in  sede  di  Conferenza
unificata dell'11 settembre 2014, l'avvenuta  erogazione  a  ciascuna
provincia e citta'  metropolitana  del  rispettivo  territorio  delle
risorse», in tal guisa attribuendo  alla  Regione  la  competenza  e,
correlativamente,   l'onere   della   «certificazione»,   ovvero   di
un'attivita'   meramente    dichiarativa    (e,    in    particolare,
certificativa); dall'altro, contraddittoriamente rispetto alla citata
previsione, sancisce che «La predetta certificazione e'  formalizzata
tramite Intesa in Conferenza unificata da  raggiungere  entro  il  10
luglio di ciascun anno», in tal guisa  differendo  il  termine  della
certificazione e snaturandone la portata da atto dichiarativo ad atto
di  volizione;  infine,  per  il  caso  di   mancata   Intesa   sulla
certificazione, demanda l'eventuale erogazione  alla  competenza  del
Consiglio dei ministri, senza prevedere termini ne' presupposti della
relativa deliberazione. 
    La  norma,  in  altri   termini,   delinea   un   meccanismo   di
riconoscimento di una  significativa  quota  del  Fondo  irrispettoso
dell'assetto  delle  competenze,  erroneo  sotto  il  profilo   della
qualificazione degli atti prescritti e del relativo  perfezionamento,
farraginoso e incerto nei tempi, con evidenti riflessi sulla gestione
delle risorse e sulla erogazione dei servizi  di  trasporto  pubblico
locale la cui competenza e' posta in capo alle regioni, e per di piu'
senza alcun collegamento, ed anzi in evidente distonia rispetto  alle
previsioni dell'art. 27 del medesimo decreto-legge  che,  come  sopra
rilevato,  ai  commi  2  lettera  e)  e  4  fornisce  le  regole   di
funzionamento  del  Fondo,  prevedendone:  l'esatta   quantificazione
annuale; le modalita'  del  riparto,  che  avviene  con  decreto  del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,  di  concerto  con  il
MEF, previa intesa con la Conferenza unificata (art. 27,  alinea  del
comma 2); i criteri di riparto (art. 27, comma 2, lettere  da  a)  ad
e). Tra tali criteri figura quello «di chiusura» enunciato  al  comma
2, lettera e), secondo il quale: «in ogni caso, al fine di  garantire
una ragionevole certezza delle risorse  finanziarie  disponibili,  il
riparto derivante dall'attuazione delle lettere da a) a d)  non  puo'
determinare per ciascuna regione una  riduzione  annua  maggiore  del
cinque  per  cento  rispetto  alla  quota   attribuita   nell'   anno
precedente;  ove  l'importo  complessivo  del  Fondo   nell'anno   di
riferimento sia inferiore a quello dell'anno precedente, tale  limite
e' rideterminato in misura proporzionale  alla  riduzione  del  Fondo
medesimo. Nel primo quinquennio di applicazione il riparto  non  puo'
determinare per ciascuna regione, una riduzione annua maggiore del 10
per cento rispetto alle risorse trasferite nel  2015;  ove  l'importo
complessivo del Fondo nell'anno di riferimento sia inferiore a quello
del 2015, tale limite e' rideterminato in misura  proporzionale  alla
riduzione del Fondo medesimo». 
    A sua volta, il comma 4  dell'art.  27  prevede  che  nelle  more
dell'emanazione del decreto  di  riparto,  entro  il  15  gennaio  di
ciascun anno, e' ripartito tra le regioni, a titolo di anticipazione,
l'ottanta per cento dello stanziamento del Fondo. L'anticipazione  e'
effettuata sulla base delle percentuali attribuite  ciascuna  regione
l'anno precedente. Le risorse erogate a titolo di anticipazione  sono
oggetto di integrazione, di saldo o di  compensazione  con  gli  anni
successivi. La relativa erogazione alle regioni a  statuto  ordinario
e' disposta con cadenza mensile. La lettura congiunta  dell'impugnato
art. 39 e  dei  sopra  riportati  commi  dell'art.  27  dello  stesso
decreto-legge porta  al  contraddittorio  risultato  che  le  regioni
possano beneficiare  di  un'anticipazione  solo  apparentemente  pari
all'80% dello stanziamento del Fondo, ma in realta' pari al solo  64%
(l'80%    dell'80%),    vista    l'esistenza    della    decurtazione
'sanzionatoria' del 20% introdotta dall'art. 39. 
    Si introduce, in altri  termini,  un'indebita  ed  ingiustificata
alea, correlata ad adempimenti che nulla hanno  a  che  fare  con  il
settore dei trasporti, che espone le Regioni al concreto  rischio  di
non  vedersi  assicurati  l'apporto  finanziario  e   la   liquidita'
necessari a coprire il fabbisogno minimo di  mobilita',  con  effetti
gravissimi sulla efficacia della programmazione, la  contrazione  dei
servizi e le conseguenti ricadute sul piano occupazionale e  piu'  in
generale sulla economia di settore. 
    2.3. Il  meccanismo  delineato  dalla  norma  impugnata  -  sopra
descritto - contrasta, infine, gravemente con il principio  di  leale
collaborazione e  dell'intesa,  traducendosi  in  un  intralcio  alla
gestione regionale delle risorse e delle  competenze  in  materia  di
trasporto pubblico locale. Il rapporto tra Stato e Regioni, per  come
espresso nella  norma  impugnata,  viola  il  principio  della  leale
collaborazione tra enti  parimenti  costitutivi  della  Repubblica  e
riconosciuti  come  Enti  autonomi  con  propri  statuti,  poteri   e
funzioni, secondo i principi sanciti dalla stessa Costituzione, tra i
quali il principio di attribuzione ed il principio di  sussidiarieta'
e differenziazione per come declinato agli articoli 118, commi 1 e  2
e 120,  comma  2,  delineando  un'indebita  ingerenza  e  un  incerto
meccanismo  sostitutivo  nelle  attribuzioni  regionali  laddove,  al
secondo comma, si prevede un potere sostitutivo nei  confronti  delle
Regioni non conforme all'art. 8 della legge 5  giugno  2003,  n.  131
(Disposizioni per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della  Repubblica
alla legge costituzionale 18  ottobre  2001,  n.  3)  -  che  prevede
l'assegnazione  all'ente  inadempiente  di  un  congruo  termine  per
provvedere e l'audizione da parte del Consiglio dei ministri, nonche'
la partecipazione  del  Presidente  della  Regione  interessata  alla
riunione del  Consiglio  dei  ministri  che  adotta  i  provvedimenti
necessari - che ne risultano illegittimamente svilite e frustrate. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia codesta Ecc.ma Corte costituzionale, in  accoglimento  del
presente ricorso, dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  delle
disposizioni impugnate, nei profili e termini sopra esposti. 
 
                       Avv. Bove - Avv. d'Elia