N. 126 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 aprile 2017

Ordinanza  del  21  aprile  2017  del  Tribunale   di   Perugia   nel
procedimento civile promosso da Caiello Giancarlo e altri contro Arpa
Umbria e Inps. 
 
Impiego  pubblico  -  Adeguamenti  della  struttura   retributiva   e
  contributiva conseguenti all'applicazione del trattamento  di  fine
  rapporto - Invarianza della retribuzione  complessiva  netta  e  di
  quella utile a fini pensionistici. 
- Legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica  per  la
  stabilizzazione e lo sviluppo), art. 26, comma 19. 
(GU n.39 del 27-9-2017 )
 
                        TRIBUNALE DI PERUGIA 
                           Sezione Lavoro  
 
    Nella causa civile iscritta al r.g.  n.  1113/2016  promossa  da:
Giancarlo  Caiello,  Cristina  Marinello,  Annarita  Petrini,   Lucia
Selvaggio, Aila  Stentella  (avvocati  Antonio  Fiamingo  e  Gianluca
Perdichizzi) - ricorrenti; 
    Contro A.R.P.A. Umbria (avv. Donato Antonucci) - convenuto; 
    Nei confronti di I.N.P.S. (avvocati M. Arlotta, R. Annovazzi e R.
Lini) terzo chiamato; 
    Il Giudice dott. Giampaolo Cervelli, a scioglimento della riserva
assunta all'udienza del 21 aprile 2017, ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza  di   rimessione   della   questione   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 26, comma 19, della legge n. 448/1998. 
 
                          Il giudizio a quo 
 
    I ricorrenti in epigrafe hanno convenuto in giudizio  dinanzi  al
Tribunale di Perugia in  funzione  di  giudice  del  lavoro  A.r.p.a.
Umbria  al  fine  di  sentire  accogliere,  nei  confronti  dell'ente
convenuto, le seguenti conclusioni: «in via principale,  accertare  e
dichiarare, anche solo in via incidentale, il mancato  rispetto,  nel
Comparto di  riferimento,  dei  principi  della  c.d.  invarianza  di
retribuzione complessiva netta e della c.d.  parita'  di  trattamento
contrattuale  dei  rapporti  di  lavoro  quali  sanciti  dal   quadro
normo-contrattuale   di   cui   al   presente   atto   (in    primis,
rispettivamente, dall'art. 26, comma 19, legge n. 448/1998  e  ss.  e
dall'art. 49, comma 2, decreto legislativo n. 29/1993 ss.mm.ii. quale
richiamato dall'art. 1, comma 4, decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri 20 dicembre 1999);  accertare  e  dichiarare,  pertanto,
l'illegittimita' della trattenuta del 2,50% della retribuzione  lorda
mensile effettuata a carico dei ricorrenti, tutti ab initio regime di
TFR, anche per violazione del disposto di cui  all'art.  45,  decreto
legislativo n. 165/2001 (in  nessun  caso  possono  essere  stabiliti
trattamenti inferiori a  quelli  previsti  dai  rispettivi  contratti
collettivi), accertando anche solo incidentalmente che  il  monte  di
detto  abbattimento  e'  rimasto  allocato  e  nella   disponibilita'
materiale della controparte datoriale; -  accogliere  l'eccezione  di
incostituzionalita' dell'art. 1, comma 3, del DPCM 20  dicembre  1999
nella parte in cui prevede la riduzione della retribuzione  lorda  in
misura  pari  al  contributo  soppresso  e  successive,   statuizioni
conseguenti, oltre che dell'art. 1, comma 4,  del  DPCM  20  dicembre
1999 nella parte in cui prevede l'applicazione del citato comma 3  ai
dipendenti assunti dal giorno successivo all'entrata  in  vigore  del
presente  decreto  (recte,  dal  1°  gennaio  2001),  per  violazione
dell'art. 3 Cost. (nella prospettiva per cui la disciplina  dell'art.
2120 de codice civile viene a incidere, a parita' di retribuzione, in
misura deteriore sui dipendenti pubblici in regime  TFR  rispetto  ai
loro colleghi in regime di TFS,  oltre  che  rispetto  ai  dipendenti
privati nei cui confronti non e' prevista rivalsa alcuna da parte del
datore di lavoro) e/o dell'art. 36 Cost. (nella  prospettiva  che  il
protrarsi del prelievo sulla retribuzione dei dipendenti pubblici  in
regime TFR determina un'illegittima e irragionevole  riduzione  della
retribuzione percepita mensilmente, considerata sia in se' e per  se'
sia in rapporto ai loro colleghi pubblici in regime TFS) per tutte le
ragioni esposte nella  parte  motiva  del  presente  ricorso  e,  per
conseguenza, sospendere il presente giudizio  e  rimettere  gli  atti
alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 23, legge n. 87/1953;  -
in  ogni  caso,  condannare  Agenzia  Regionale  per  la   Protezione
dell'Ambiente dell'Umbria, in  persona  del  direttore  generale  pro
tempore, a cessare la trattenuta del 2,50% della  retribuzione  lorda
mensile a carico di ciascuno dei ricorrenti; - condannare, sempre  in
ogni  caso,  Agenzia  Regionale  per  la   Protezione   dell'Ambiente
dell'Umbria,  in  persona  del  Direttore  Generale  pro  tempore,  a
restituire  quanto  indebitamente  decurtato  ai  ricorrenti  per  il
superiore titolo, a ritroso entro la soglia massima degli ultimi n. 5
(cinque) anni antecedenti al deposito del presente  ricorso,  nonche'
da quest'ultima data sino alla pubblicazione della auspicata sentenza
di accoglimento, con quantificazione in separata sede. 
    Hanno sostenuto che il decreto del Presidente del  Consiglio  dei
ministri del 20 dicembre del 1999 il quale ha previsto  la  riduzione
della retribuzione lorda ad essi spettante in  misura  pari  al  2,5%
dell'80% della retribuzione  medesima,  in  misura  pari,  cioe',  al
contributo  destinato  al  finanziamento  del  trattamento  di   fine
servizio non potrebbe trovare  applicazione  nei  loro  confronti  in
quanto destinato ai dipendenti pubblici in regime di TFR optanti  per
la previdenza complementare. In subordine hanno  evidenziato  profili
di illegittimita'  costituzionale  del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri in questione ex articoli 3 e 36 Cost., traendo
argomenti anche dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 223 del
2012 la quale ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 12, comma
10, del decreto-legge n. 78/2010. 
    Si e' costituita l'A.r.p.a. contestando in  fatto  e  diritto  il
ricorso di cui ha  chiesto  il  rigetto  ed  esponendo  che  essa  ha
rispettato le disposizioni di  cui  al  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri del 20 dicembre del 1999 e chiedendo, in  caso
di accoglimento della domanda, la restituzione degli importi da  essa
versati all'Inps. 
I) Il quadro normativo 
    L'art. 2, commi 5 - 7, della legge n. 335 del  1995  prevede  «5.
Per i lavoratori assunti dal 1° gennaio 1996  alle  dipendenze  delle
Amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1 del decreto legislativo 3
febbraio 1993, n.  29,  i  trattamenti  di  fine  servizio,  comunque
denominati, sono regolati in base a quanto  previsto  dall'art.  2120
del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto. 
    6. La contrattazione collettiva  nazionale  in  conformita'  alle
disposizioni del titolo III del decreto legislativo 3 febbraio  1993,
n.  29  e  successive  modificazioni  ed   integrazioni,   definisce,
nell'ambito dei singoli comparti,  entro  il  30  novembre  1995,  le
modalita'  di  attuazione  di  quanto  previsto  dal  comma  5,   con
riferimento ai conseguenti adeguamenti della struttura retributiva  e
contributiva del personale di cui al medesimo comma, anche ai fini di
cui all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 21 aprile  1993,  n.
124 e successive  modificazioni  ed  integrazioni,  disciplinante  le
forme pensionistiche complementari. Con decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, su proposta  del  Ministro  per  la  funzione
pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro e  con  il  Ministro
del lavoro  e  della  previdenza  sociale,  entro  trenta  giorni  si
provvede a dettare norme di esecuzione di quanto  definito  ai  sensi
del primo periodo del presente comma. 
    7.  La  contrattazione  collettiva  nazionale,  nell'ambito   dei
singoli comparii, definisce, altresi',  ai  sensi  del  comma  6,  le
modalita' per  l'applicazione,  nei  confronti  dei  lavoratori  gia'
occupati alla data del 31 dicembre 1995, della disciplina in  materia
di trattamento di fine rapporto. Trova applicazione  quanto  previsto
dal secondo periodo  del  comma  6  in  materia  di  disposizioni  di
esecuzione». 
    L'art. 26, comma 19, della legge  n.  448/1998  ha  ulteriormente
previsto, con norma di interpretazione autentica che «con il  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'art. 2, commi
6 e 7, della legge 8 agosto 1995,  n.  335,  si  provvede,  ai  sensi
dell'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124,
a disciplinare  l'accantonamento,  la  rivalutazione  e  la  gestione
dell'1,5 per cento dell'aliquota contributiva relativa all'indennita'
di  fine  servizio   prevista   dalle   gestioni   previdenziali   di
appartenenza da destinare alla previdenza complementare del personale
che opta per la trasformazione dell'indennita' di  fine  servizio  in
trattamento di fine rapporto, nonche' i criteri per l'attribuzione ai
fondi della somma di cui al comma 18.  Con  il  medesimo  decreto  si
provvedera'   a   definire,   ferma   restando   l'invarianza   della
retribuzione  complessiva  netta  e   di   quella   utile   ai   fini
pensionistici,  gli  adeguamenti  della   struttura   retributiva   e
contributiva conseguenti all'applicazione  del  trattamento  di  fine
rapporto, le modalita'  per  l'erogazione  del  trattamento  di  fine
rapporto per i periodi di lavoro prestato a tempo determinato nonche'
quelle necessarie per rendere operativo il passaggio al nuovo sistema
del personale di cui al comma 5, dall'art. 2, della  legge  8  agosto
1995, n. 335». 
    In conformita' con quanto previsto dall'art. 26, comma  19  della
legge n. 448/98, con specifico riguardo  al  vincolo  dell'invarianza
della retribuzione netta, le parti collettive, con accordo tra l'ARAN
e le OO.SS. del 29 luglio 1999, hanno convenuto quanto  segue  «1.  A
decorrere dalla data di esercizio dell'opzione prevista dall'art. 59,
comma 56 della legge n. 449/1997, ai dipendenti che transiteranno per
effetto della medesima opzione dal progresso regime di trattamento di
fine servizio al  regime  del  TFR,  non  si  applica  il  contributo
previdenziale  obbligatorio  nella  misura  del   2,5%   della   base
retributiva  previsto  dall'art.  11,  della  legge  n.  152/1968   e
dall'art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29  dicembre
1973, n. 1032. La soppressione del contributo non  determina  effetti
sulla retribuzione imponibile ai  fini  fiscali.  2.  Per  assicurare
l'invarianza della retribuzione complessiva netta e di  quella  utile
ai fini previdenziali secondo quanta previsto dall'art. 26, comma 19,
della legge n. 448/1998 nei confronti dei lavoratori cui  si  applica
il disposto del comma 1,  la  retribuzione  lorda  viene  ridotta  in
misura pari all'ammontare del contributo soppresso e  contestualmente
viene stabilito un recupero in misura pari alla riduzione  attraverso
un corrispondente  incremento  figurativo  ai  fini  previdenziali  e
dell'applicazione delle norme sul TFR, ad ogni  fine  contrattuale  e
agli  effetti  della  determinazione  della  massa  salariale  per  i
contratti collettivi. 3. La medesima disciplina di cui ai commi 1 e 2
si applica nei confronti dei dipendenti assunti successivamente  alla
data di entrata in vigore del DPCM di cui all'art. 2, comma 1». 
    Occorre, al riguardo, ricordare che l'art.  37  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973,  con  riferimento  agli
impiegati  civili  e  militari   dello   Stato,   prevede   che   «L'
Amministrazione  cui  l'iscritto  appartiene  versa   al   Fondo   di
previdenza e credito  un  contributo  previdenziale  obbligatorio  in
misura pari al  7,10  per  cento  della  base  contributiva  indicata
nell'art. 38; il contributo e' elevato  al  7,60  per  cento  dal  1°
gennaio 1976 e all'8,10 per  cento  dal  1°  gennaio  1978;  ciascuna
amministrazione si rivale a carico del dipendente iscritta in  misura
pari al 2,50 per cento della base contributiva  predetta.  L'art.  38
del decreto del Presidente della Repubblica cit.  definisce  la  base
contributiva, sulla quale e' applicato il contributo di cui  all'art.
37 come composta dall'80% dello stipendio, paga o retribuzione annui,
considerati al lordo, di cui alle leggi  concernenti  il  trattamento
economico del personale iscritto al Fondo,  oltre  ad  una  serie  di
indennita' ed assegni specificamente individuati.  L'art.  11,  della
legge  n.  152  del  1968  prevede,   ai   fini   del   conseguimento
dell'indennita' premio di servizio in favore  degli  impiegati  degli
enti locali prevede che «il contributo dovuto per  ogni  iscritto  ai
fini del trattamento di previdenza e' stabilito, a decorrere  dal  1°
marzo 1966, nella  misura  del  5,00  per  cento  della  retribuzione
contributiva annua  considerata  in  ragione  dell'80  per  cento;  a
decorrere dal 1° gennaio 1968 nella misura  del  5.50  per  cento;  a
decorrere dal 1° gennaio 1970 nella misura  del  5,85  per  cento.  A
decorrere dal 1° gennaio 1972 l'aliquota  contributiva  e'  stabilita
nella misura definitiva del 6,10 per cento. Il  contributo  e'  cosi'
ripartito tra enti e iscritti: dal 1° marzo 1966 a  carico  dell'ente
2,60 per cento; a carico dell'iscritto 2,40 per cento;  in  totale  5
per cento; dal 1° gennaio 1968 a carico dell'ente 3,00 per  cento;  a
carico dell'iscritto 2,50 per cento; in totale 5,50 per cento; dal 1°
gennaio 1970 in poi a carico  dell'ente  3,35  per  cento;  a  carico
dell'iscritto 2,50 per cento;  in  totale  5,85  per  cento;  dal  1°
gennaio 1972 in poi a carico  dell'ente  3,60  per  cento;  a  carico
dell'iscritto  2,50  per  cento;  in  totale  6,10   per   cento...La
retribuzione contributiva e' costituita  dallo  stipendio  o  salario
comprensivo degli aumenti periodici, della tredicesima  mensilita'  e
del valore degli assegni in natura, spettanti per legge o regolamento
e formanti parte integrante ed essenziale dello stipendio stesso.  Il
valore degli assegni in natura da computarsi per  dodici  mensilita',
quando non risulti stabilito da esplicite norme, e'  determinato  dal
prefetto, sentiti gli enti interessati. 
    Secondo  quanto  previsto  dalla  seconda  parte  del  comma   6,
dell'art. 2, della legge n. 335 del 1995 ed in conformita' con quanto
stabilito con il richiamato accordo del 29 luglio del 1999, l'art.  1
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 dicembre
1999 ha previsto «2. A decorrere  dalla  data  dell'opzione  prevista
dall'art. 59, comma 56, della legge n. 449 del 1997 ai dipendenti che
transiteranno dal pregresso regime di trattamento di  fine  servizio,
comunque denominato, al regime di trattamento di fine rapporto non si
applica il contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5
per cento della base retributiva previsto dall'art. 11 della legge  8
marzo 1968, n. 152, e dall'art. 37 del decreto del  Presidente  della
Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032. La soppressione del  contributo
non determina effetti sulla retribuzione imponibile ai fini  fiscali.
3. Per assicurare l'invarianza della retribuzione netta complessiva e
di quella utile ai fini previdenziali dei  dipendenti  nei  confronti
dei quali si applica quanto disposto dal  comma  2,  la  retribuzione
lorda viene  ridotta  in  misura  pari  al  contributo  previdenziale
obbligatorio soppresso e contestualmente viene stabilito un  recupero
in misura pari alla riduzione attraverso un corrispondente incremento
figurativo ai fini previdenziali e dell'applicazione delle norme  sul
trattamento di fine rapporto, ad ogni fine contrattuale  nonche'  per
la determinazione della massa salariale per  i  contratti  collettivi
nazionali 4. Per garantire la parita' di trattamento contrattuale dei
rapporti di lavoro, prevista  dall'art.  49,  comma  2,  del  decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n.  29,  e  successive  modificazioni  e
integrazioni, ai dipendenti assunti dal giorno successivo all'entrata
in vigore del presente decreto, si applica la disciplina prevista dai
commi 2 e 3». 
    La normativa richiamata, di fonte  negoziale  e  il  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri del 20 dicembre del 1999 hanno,
dunque, previsto in modo non equivoco, a svantaggio  degli  impiegati
dello Stato e degli Enti locali in regime di TFR, una riduzione della
retribuzione che sarebbe altrimenti  loro  spettata  con  riferimento
alle mansioni disimpegnate ed avuto riguardo ai trattamenti  previsti
dalla contrattazione collettiva applicata  -  e  quale  spettante  ai
dipendenti statali in regime di indennita' di buonuscita (da  qui  in
avanti per semplicita' IBU) ed ai dipendenti degli enti locali e  del
SSN in regime di trattamento di fine servizio (di qui in  avanti  per
semplicita' TFS) pari al 2,5% sull'80% della base contributiva di cui
all'art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica n.  1032  del
1973 (che costituiva oggetto della rivalsa a  carico  del  dipendente
pubblico in regime di IBU in relazione al contributo previdenziale di
cui all'art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica  n.  1032
del 1973 per il finanziamento del trattamento di  fine  servizio),  o
pari al contributo di cui all'art. 11 della legge  n.  152  del  1968
(che costituiva oggetto del contributo a  carico  del  dipendente  in
regime di TFS) al fine di garantire l'invarianza  della  retribuzione
netta. Tale riduzione della retribuzione ha, in concreto,  riguardato
sia il personale assunto dopo l'entrata in  vigore  del  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri - cfr. il  comma  4  -  sia  il
personale assunto prima, che effettui l'opzione - cfr. il comma  2  -
con la precisazione che, a fini previdenziali e per  il  computo  del
trattamento di fine rapporto, la retribuzione  base  per  il  calcolo
viene incrementata di un importo corrispondente alla riduzione  della
retribuzione. L'incremento cui si  riferisce  il  medesimo  comma  3,
riguarda la base di computo del trattamento di  fine  rapporto  e  la
base retributiva su cui sara' applicata l'aliquota di computo per  la
determinazione  del  montante  contributivo  per  il  calcolo   della
pensione;  si  tratta,  cioe',  di  incrementi  figurativi   la   cui
effettivita' potra' essere valutata solo al momento della  cessazione
del rapporto di lavoro. 
II) Sulla rilevanza della questione di costituzionalita' nel giudizio
a quo 
    Quello di cui al punto I essendo il quadro delle norme  di  fonte
primaria, negoziale e regolamentare pertinenti per la decisione della
controversia, ad avviso di questo giudice, la domanda proposta  dalle
parti ricorrenti dovrebbe essere respinta in quanto non vi e'  dubbio
che essi, in quanto pubblici dipendenti assunti dopo il  31  dicembre
2000 e, quindi, ex lege in regime di TFR,  non  avrebbero  titolo  ad
esigere la restituzione di una somma pari al 2,5% della  retribuzione
contributiva annua considerata in ragione dell'80 per  cento  di  cui
all'art. 11 della legge n. 152 del 1968 (che costituiva e costituisce
oggetto del contributo a carico del dipendente regime di TFS) essendo
positivamente  prevista,  a  loro  svantaggio,  una  riduzione  della
retribuzione di pari importo dal decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri richiamato. Ad avviso di  questo  giudice,  inoltre,  il
contenuto del decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri  in
questione cosi come il conforme contenuto dell'accordo collettivo del
29  luglio  del  1999  non  avrebbero  potuto   essere   diversi   in
considerazione del non equivoco tenore letterale dell'art. 26,  comma
19, della legge n. 448/98 il  quale,  nel  delegare  al  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri  la  ridefinizione  della  base
retributiva e contributiva dei  dipendenti  pubblici  dello  Stato  e
degli Enti Locali passati in regime di TFR, ha chiaramente stabilito,
imponendolo alle fonti secondarie, il principio dell'invarianza della
retribuzione netta. Ora e' evidente, ad  avviso  di  questo  giudice,
che, al fine di garantire l'invarianza della retribuzione  netta  con
riferimento a lavoratori pubblici dipendenti  non  piu'  soggetti  al
prelievo contributivo a titolo di rivalsa ex art. 37 del decreto  del
Presidente della Repubblica n. 1032  del  1973  o  a  quello  di  cui
all'art. 11 della legge n. 152 del 1968, non vi era alcuna  soluzione
alternativa se non quella  di  stabilire  una  equivalente  riduzione
della retribuzione lorda. Cosi' facendo, tuttavia, il Legislatore, ad
avviso di questo giudice, ha violato irragionevolmente i principi  di
cui agli articoli 3 Cost. e 36 Cost. (su cui  si  argomentera'  nella
parte motivazionale relativa alla presente ordinanza di rimessione). 
    Sempre  in  punto  di  rilevanza  nel  giudizio   a   quo,   deve
considerarsi che,  laddove  non  vi  fosse  alcun  vincolo  di  fonte
legislativa relativamente all'invarianza  della  retribuzione  netta,
questo giudice riterrebbe le norme di cui all'accordo collettivo  del
29 luglio del 1999 e di cui al decreto del Presidente  del  Consiglio
dei ministri, che hanno stabilito, a  svantaggio  dei  dipendenti  in
regime di TFR, una riduzione della retribuzione lorda di importo pari
al prelievo contributivo a titolo di rivalsa ex art. 37  del  decreto
del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 o di quello  di  cui
all'art. 11 della n. 152 del 1968, illegittime per eccesso di  delega
e per violazione dei principi costituzionali di cui agli articoli  36
Cost. e 3 Cost.  In  tale  prospettiva,  la  normativa  in  questione
avrebbe  potuto  essere  incidentalmente  dichiarata  illegittima   e
disapplicata in parte qua con accoglimento della domanda proposta dai
ricorrenti. Tale  dichiarazione  incidentale  d'illegittimita'  delle
fonti  secondarie  e'  pero'  preclusa  dall'essere,   le   medesime,
attuative del criterio di delega dell'invarianza  della  retribuzione
netta di cui all'art. 26, comma 19 della legge n. 448/98. 
III)  Sui  motivi  della  presente  ordinanza  di  rimessione   della
questione della legittimita' costituzionalita'  dell'art.  26,  comma
19, della legge n. 448/98,  nella  parte  in  cui,  demandando  a  un
decreto del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  la  definizione
della struttura retributiva e contributiva dei dipendenti pubblici in
regime  di  TFR,  ha  imposto  il   vincolo   dell'invarianza   della
retribuzione netta nonostante la cessazione del prelievo contributivo
a titolo di rivalsa ex art.  37  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 1032 del 1973 e di quello  di  cui  all'art.  11  della
legge n. 152 del 1968 - normativa non conforme  ai  principi  di  cui
all'art. 3 Cost. e di cui all'art. 36 Cost. 
    Come evidenziato  nella  ricostruzione  del  quadro  normativo  i
dipendenti pubblici che, cosi' come i ricorrenti, sono stati  assunti
dopo l'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri del 20 dicembre del 1999 cosi' come  i  dipendenti  pubblici
che abbiano esercitato l'opzione per il passaggio dal regime dell'IBU
o del TFS a quello del TFR subiscono, per  effetto  delle  norme  del
citato decreto del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  delle
conformi norme dell'accordo collettivo del 29 luglio  del  1999,  una
riduzione  della  retribuzione  loro  astrattamente  spettante   pari
all'importo del prelievo contributivo a titolo di rivalsa ex art.  37
del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973  o  pari
all'importo del contributo ex art. 11 della legge n. 152 del  1968  a
carico dei dipendenti pubblici rimasti in regime di  IBU  o  di  TFS.
Tale assetto normativo e' stato motivato con l'esigenza. di garantire
l'invarianza della retribuzione netta cosi' come  previsto  dall'art.
26, comma 19 della legge n. 448 del 1998. 
    Ad avviso di questo giudice, si tratta, tuttavia, di  un  assetto
normativo   che   contrasta   con   i   parametri   di   legittimita'
costituzionale di cui all'art. 3 Cost. e di cui all'art. 36 Cost. 
    Quanto all'art. 3 Cost., deve considerarsi  che  la  retribuzione
dei   lavoratori   non   puo'   essere   considerata   quella   netta
effettivamente  ricevuta  in  pagamento  essendo,  tale  retribuzione
effettiva, la risultante di una serie di trattenute di natura fiscale
e contributiva  operate  sul  trattamento  ipoteticamente  spettante,
trattenute che, a loro volta, sono correlate a specifici obblighi che
gravano su tutti o soltanto parte dei lavoratori dipendenti (pubblici
o  privati).  E',  dunque,  la  retribuzione  lorda  e   non   quella
effettivamente ricevuta in pagamento dal lavoratore  che  costituisce
il corretto punto di partenza per verificare se  vi  sia  o  meno  la
parita' dei  trattamenti  retributivi  tra  lavoratori  che  svolgano
analoghe mansioni.  Tale  essendo  il  corretto  inquadramento  della
questione, ad avviso di questo giudice, nel caso di specie,  sussiste
una evidente  ed  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra  i
lavoratori dipendenti dello Stato e degli Enti Locali  in  regime  di
IBU o TFS ed i dipendenti delle medesime amministrazioni in regime di
TFR in quanto ai primi e'  riconosciuto  un  trattamento  retributivo
piu' elevato rispetto ai  secondi.  Piu'  precisamente  ai  primi  e'
riconosciuto un trattamento piu' alto  di  una  somma  pari  al  2,5%
sull'80% della base contributiva di cui all'art. 38 del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 o pari all'ammontare del
contributo di cui all'art. 11 della legge n. 152 del 1968. 
    D'altronde la piu' elevata retribuzione netta  che  i  lavoratori
dipendenti in regime di TFR avrebbero ricevuto in pagamento  ove  non
fosse stata disposta (ad avviso di questo giudice  irragionevolmente)
la riduzione della loro  retribuzione  lorda  avrebbe  costituito  la
logica conseguenza dell'inesistenza di alcun obbligo  di  contribuire
al finanziamento dell'indennita' di buonuscita o del  trattamento  di
fine servizio ad essi  non  spettante.  Va,  peraltro,  ulteriormente
sottolineato che la previsione di una specifica facolta' di  opzione,
per i dipendenti rimasti sotto il regime dell'IBU o del TFS,  per  il
passaggio al regime del TFR sterilizzava,  a  monte,  ogni  possibile
doglianza, da parte di questi, in ordine ad (inesistenti)  disparita'
di trattamento a favore dei dipendenti passati ex lege al regime  del
TFR. 
    Quanto alla violazione dell'art. 36 Cost., occorre ricordare  che
tale norma e' posta a presidio della proporzionalita'  e  sufficienza
dei  trattamenti  retributivi  dei  lavoratori  in   relazione   alla
quantita' e qualita' del lavoro prestato. Ebbene, ad avviso di questo
giudice, la riduzione dei trattamenti retributivi dei  dipendenti  in
regime di  TFR  di  una  somma  pari  al  2,5%  sull'80%  della  base
contributiva di cui all'art. 38  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 1032 del 1973,  o  di  una  somma  pari  al  contributo
previdenziale di cui  all'art.  11  della  legge  n.  152  del  1968,
collocando la retribuzione di tale categoria di  dipendenti  pubblici
al di sotto della soglia della retribuzione tabellare prevista  dalla
contrattazione collettiva con riferimento a determinate tipologie  di
prestazioni lavorative ha determinato  una  violazione  dell'art.  36
Cost.  comportando,  per  i  dipendenti  in   regime   di   TFR,   il
riconoscimento di trattamenti retributivi inferiori rispetto a quelli
minimi previsti dalle parti collettive. 
    La presente ordinanza di  rimessione  trae,  peraltro,  ulteriori
motivi di supporto dalla pronuncia di  incostituzionalita'  dell'art.
12, comma  10,  del  decreto-legge  n.  78  del  2010,  sollevata  in
riferimento agli articoli 3 e 36 Cost. contenuta nella sentenza della
Corte costituzionale n. 223 del 2012. La norma di  cui  all'art.  12,
comma 10 del decreto-legge n. 78  del  2010  prevedeva,  con  effetto
sulle anzianita' contributive maturate a  decorrere  dal  1°  gennaio
2011, che, per i lavoratori  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche  ancora  in  regime  di  TFS,  il  computo   dei   predetti
trattamenti di fine servizio si effettuasse secondo le regole di  cui
al citato art. 2120 del codice civile. Tale norma e' stata dichiarata
incostituzionale nella parte in cui non escludeva,  carico  di  detti
dipendenti, la rivalsa di cui all'art. 37 del decreto del  Presidente
della Repubblica n. 1032 del 1973.  Nella  motivazione,  la  Consulta
ebbe  a  precisare  che  «la   disposizione   censurata,   a   fronte
dell'estensione del regime di cui all'art. 2120 del codice civile (ai
fini del computo dei trattamenti di fine rapporto)  sulle  anzianita'
contributive maturate a fare tempo dal  1°  gennaio  2011,  determina
irragionevolmente l'applicazione dell'aliquota del 6,91%  sull'intera
retribuzione,  senza  escludere  nel  contempo   la   vigenza   della
trattenuta  a  carico  del  dipendente  pari  al  2,50%  della   base
contributiva  della  buonuscita,  operata   a   titolo   di   rivalsa
sull'accantonamento per l'indennita' di buonuscita, in combinato  con
l'art. 37 del decreto del Presidente  della  Repubblica  29  dicembre
1973,  n.   1032.   Nel   consentire   allo   Stato   una   riduzione
dell'accantonamento,  irragionevole  perche'  non  collegata  con  la
qualita' e quantita' del lavoro prestato e perche'  -  a  parita'  di
retribuzione - determina un ingiustificato trattamento deteriore  dei
dipendenti pubblici rispetto  a  quelli  privati,  non  sottoposti  a
rivalsa da parte del datare  di  lavoro,  la  disposizione  impugnata
viola per cio' stesso gli articoli 3 e 36 della  Costituzione».  Ora,
al  di  la'  della   qualificazione   normativa   della   diminuzione
patrimoniale imposta al dipendente  pubblico  (come  derivante  dalla
conservazione della trattenuta a titolo di rivalsa o  contributivo  o
come conseguente da un abbattimento della retribuzione lorda di  pari
importo), la Corte costituzionale ebbe a precisare che  il  passaggio
dei dipendenti dal regime dell'IBU o di TFS al regime del TFR sarebbe
stato legittimo solo a condizione di  riconoscere  ad  essi  l'intera
retribuzione   lorda   prevista   dalla   contrattazione   collettiva
escludendo al contempo la trattenuta a titolo di rivalsa ex  art.  37
del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  1032  del  1973  in
quanto, in mancanza,  si  sarebbe  realizzata  una  violazione  degli
articoli 3 e 36 Cost. Tanto evidenziato, pur nella consapevolezza del
fatto che la pronuncia in questione e' stata resa con riferimento  ad
una norma distinta, non puo' ignorarsi il fatto  che  la  fattispecie
scrutinata dalla Consulta,  in  concreto,  coincide  con  quella  dei
lavoratori dipendenti pubblici passati ex lege o in virtu' di opzione
al regime del TFR, in base dal decreto del Presidente  del  Consiglio
dei ministri del 20 dicembre del 1999. 
    Ne discende  il  convincimento,  alla  luce  di  quanto  sin  ora
esposto,  che  l'imposizione  del   vincolo   dell'invarianza   della
retribuzione netta ai dipendenti pubblici passati al regime  del  TFR
dal precedente regime dell'IBU o del TFS ad opera dell'art. 26, comma
19, della legge n.  448/98,  comportando,  stante  l'imposizione  del
risultato, di fatto, la conservazione della trattenuta  a  titolo  di
rivalsa ex art. 37 decreto del Presidente della  Repubblica  n.  1032
del 1973 e quella a titolo di sostituto di imposta, per il contributo
di cui all'art. 11 della legge n. 152 del 19698, pur in mancanza  del
conseguente beneficio previdenziale, abbia violato gli articoli  3  e
36 Cost. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Il Tribunale dispone, ai sensi dell'art. 23, comma 3, della legge
n. 87/1953, la trasmissione degli atti del presente procedimento alla
Corte  costituzionale  affinche'  valuti  se  sia  costituzionalmente
legittimo, con riferimento ai parametri di cui agli articoli 3  e  36
Cost., l'art. 26, comma 19, della legge n. 448/1998  nella  parte  in
cui, demandando  a  un  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri la definizione della struttura  retributiva  e  contributiva
dei dipendenti pubblici passati, ex lege, dal precedente  regime  del
TFS  o  dell'IBU  al  regime  del  TFR,   ha   imposto   il   vincolo
dell'invarianza della retribuzione netta nonostante la cessazione del
prelievo contributivo a titolo di rivalsa ex art. 37 del decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  1032  del  1973  e  nonostante  la
cessazione dell'obbligo contributivo di cui all'art. 11  della  legge
n. 152 del 19698. Ordina che a cura della  Cancelleria,  la  presente
ordinanza sia notificata, alle parti in causa, nonche' al  Presidente
del Consiglio  dei  ministri.  Dispone,  altresi',  che  la  presente
ordinanza sia comunicata con immediatezza  ai  Presidenti  delle  due
Camere del Parlamento. Dispone la sospensione del  presente  giudizio
sino alla decisione della Corte costituzionale. 
      Perugia, 21 aprile 2017 
 
                        Il Giudice: Cervelli