N. 75 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 settembre 2017
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 21 settembre 2017 (della Regione Veneto). Sanita' pubblica - Decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 119 - Disposizioni in materia di vaccini - Obbligatorieta' e gratuita' per i minori di eta' compresa tra zero e sedici anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati delle seguenti vaccinazioni: a) anti-poliomielitica; b) anti-difterica; c) anti-tetanica; d) anti-epatite B; e) anti-pertosse; f) anti-Haemophilus influenzae tipo b - Obbligatorieta' e gratuita', altresi', per i medesimi minori delle seguenti vaccinazioni: a) anti-morbillo; b) anti-rosolia; c) anti-parotite; d) anti-varicella - Possibilita' per il Ministro della salute di disporre la cessazione dell'obbligatorieta' per una o piu' vaccinazioni del secondo gruppo sopra indicato (anti-morbillo; anti-rosolia; anti-parotite; anti-varicella) sulla base della verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali reazioni avverse, delle coperture vaccinali raggiunte, nonche' degli eventuali eventi avversi segnalati dalla Commissione per il monitoraggio dell'attuazione dei nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA) - Controlli e sanzioni - Adempimenti vaccinali per l'iscrizione ai servizi educativi per l'infanzia, alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione, ai centri di formazione professionale regionale e alle scuole private non paritarie - Misure di semplificazione degli adempimenti previsti a decorrere dall'anno 2019 - Inserimento dei minori nelle istituzioni scolastiche ed educative in relazione all'adempimento dell'obbligo vaccinale - Disposizioni transitorie e finali per l'anno scolastico 2017-2018 - Indennizzi a favore dei soggetti danneggiati da complicanze irreversibili da vaccinazioni - Disposizioni finanziarie - Istanza di sospensione. - Decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 (Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, di malattie infettive e di controversie relative alla somministrazione di farmaci), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 119, intero testo e, in particolare, artt. 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4 e 6-ter; 3; 3-bis; 4; 5; 5-quater e 7.(GU n.39 del 27-9-2017 )
Ricorso proposto dalla Regione Veneto (Codice fiscale 80007580279
- Partita I.V.A. n. 02392630279), in persona del Presidente della
Giunta regionale dott. Luca Zaia (Codice fiscale ZAILCU68C27C957O),
autorizzato con delibera della Giunta regionale n. 1412 del 5
settembre 2017 (doc. n. 1), rappresentato e difeso, per mandato a
margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente,
dagli avv.ti Ezio Zanon (Codice fiscale ZNNZEI57L07B563K)
coordinatore dell'Avvocatura regionale, prof. Luca Antonini (Codice
fiscale NTNLCU63E27D869I) del Foro di Milano e Luigi Manzi (Codice
fiscale MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con domicilio eletto
presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri n. 5 (per
eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronica
certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org), contro il Presidente
del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato
ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, per la dichiarazione,
previa istanza di sospensione, di illegittimita' costituzionale del
decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante «Disposizioni urgenti in
materia di prevenzione vaccinale», cosi' come convertito con
modificazioni dalla legge n. 119 del 31 luglio 2017, recante
«Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 giugno
2017, n. 73, recante disposizioni urgenti in materia di prevenzione
vaccinale», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 5 agosto
2017, sia nella sua interezza, sia in relazione all'art. 1, commi 1,
1-bis, 1-ter, 2, 3, 4, 6-ter; nonche' in relazione agli articoli 3;
3-bis; 4; 5; 5-quater e 7.
Fatto
La Regione Veneto ha promosso ricorso in via d'azione contro il
decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 (ric. n. 51, depositato in
cancelleria il 21 luglio 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale -
Serie speciale - Corte costituzionale n. 32 del 9 agosto 2017)
ritenendo che tale decreto preveda disposizioni che si pongono in
contrasto con la Costituzione e in violazione della autonomia
legislativa, amministrativa e finanziaria regionale.
Lo stesso decreto-legge e' stato convertito con la legge n. 119
del 2017 senza rimuovere le disposizioni lesive delle autonomia
regionale e/o quantomeno senza modificarle in misura tale da
determinarne il venire meno della stessa lesivita'. La Regione
Veneto, pertanto, ritiene di impugnare l'intero decreto-legge e in
ogni caso le norme dello stesso indicate in epigrafe, cosi' come
risultanti dalla legge di conversione.
Nello specifico, e' preliminare ribadire che il Governo ha
emanato il suddetto decreto-legge, ritenuta «la straordinaria
necessita' ed urgenza di emanare disposizioni per garantire in
maniera omogenea sul territorio nazionale le attivita' dirette alla
prevenzione, al contenimento e alla riduzione dei rischi per la
salute pubblica e di assicurare il costante mantenimento di adeguate
condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di
copertura vaccinale». E perche' ha ritenuto altresi' «necessario
garantire il rispetto degli obblighi assunti e delle strategie
concordate a livello europeo e internazionale e degli obiettivi
comuni fissati nell'area geografica europea».
Senza che sia dato rinvenire a quali obblighi europei o
internazionali si faccia riferimento (dal momento che l'European
Vaccine Action plan 2015-2020, emanato dalla sezione europea dell'OMS
(1) e' basato sulla informazione e la responsabilizzazione del
cittadino e in nessuna parte del programma si parla di obblighi
vaccinali da introdurre), e pertanto dovendosi escludere la
riconducibilita' dell'intervento alla materia della «profilassi
internazionale», in particolare, quanto alle singole disposizioni
impugnate, l'art. 1 del decreto-legge, cosi' come risultante dalle
modifiche apportate dalla legge di conversione, stabilisce, ai commi
1 e 1-bis, «Al fine di assicurare la tutela della salute pubblica e
il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in
termini di profilassi e di copertura vaccinale ...»,
l'obbligatorieta' per i minori di eta' compresa tra zero e 16 anni, e
per tutti i minori stranieri non accompagnati, di 10 (e non piu' 12)
vaccinazioni, a carattere gratuito, indicate in base al Calendario
vaccinale nazionale riferito a ciascuna coorte di nascita.
Il comma 1-ter prevede poi la possibilita', per il Ministero
della salute, di disporre la cessazione dell'obbligatorieta' per uno
o piu' delle vaccinazioni previste al comma 1-bis (relative a
anti-morbillo; anti-rosolia; anti-parotite; anti-varicella) sulla
base della verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali reazioni
avverse, delle coperture vaccinali raggiunte, nonche' degli eventuali
eventi avversi segnalati dalla Commissione per il monitoraggio
dell'attuazione dei nuovi LEA, istituita con decreto ministeriale del
19 gennaio 2017.
A tale scopo si provvede con un decreto, da adottare decorsi tre
anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
decreto-legge, e successivamente con cadenza triennale, sentiti il
Consiglio superiore di sanita', l'Agenzia italiana del farmaco e la
Conferenza Stato-regioni, previo parere delle competenti Commissioni
parlamentari. Se gli schemi di decreto non vengono presentati alle
Camere nei termini sopra previsti, il Ministro della salute e'
chiamato a trasmettere alle stesse una relazione con le motivazioni
della mancata presentazione, oltre che i dati epidemiologici e quelli
sulle coperture vaccinali.
Con tali disposizioni si estende quindi il novero delle
vaccinazioni obbligatorie attualmente previste (la vaccinazione
antidifterica: legge 6 giugno 1939, n. 891; la vaccinazione
anti-tetanica: legge 5 marzo 1963, n. 292; la vaccinazione
antipoliomielitica: legge 4 febbraio 1966, n. 51 e la vaccinazione
anti-epatite virale B: legge 27 maggio 1991, n. 165), elevandole da
quattro a dieci e includendovi anche l'anti-pertosse,
l'anti-Haemophilus influenzae tipo b, l'anti-morbillo,
l'anti-rosolia, l'anti-parotite e l'anti-varicella.
Le uniche due ipotesi di esenzione dall'obbligo vaccinale
previste dal decreto-legge sono:
a) l'«avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale,
comprovata dalla notifica effettuata dal medico curante, ai sensi
dell'art. 1 del decreto del Ministro della sanita' 15 dicembre 1990,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 6 dell'8 gennaio 1991, ovvero
dagli esiti dell'analisi sierologica», che esonera, salvo quanto
previsto dal secondo periodo del medesimo comma, dall'obbligo della
relativa vaccinazione (comma 2);
b) l'«accertato pericolo per la salute, in relazione a
specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di
medicina generale o dal pediatra di libera scelta», che possono
consentirne l'omissione o il differimento (comma 3).
Nel successivo comma 4 dello stesso articolo si prevede quindi un
dettagliato sistema di controlli e sanzioni volto a garantire il
rispetto degli obblighi di cui ai commi 1 e 1-bis.
In particolare, il primo periodo del comma 4, prevede che in caso
di mancata osservanza dell'obbligo vaccinale di cui al presente
articolo, i genitori esercenti la responsabilita' genitoriale, i
tutori e i soggetti affidatari siano convocati dall'azienda sanitaria
locale territorialmente competente per un colloquio al fine di
fornire ulteriori informazioni sulle vaccinazioni e di sollecitarne
l'effettuazione.
In ogni caso, per la mancata osservanza dell'obbligo di
effettuare le vaccinazioni, il secondo periodo del comma 4, prevede
che sia comminata, a carico dei genitori esercenti la responsabilita'
genitoriale o dei tutori ovvero dei soggetti affidatari, una sanzione
amministrativa pecuniaria, da 100 a 500 euro (nel testo originario
del decreto era prevista una sanzione da 500 a 7.500 euro).
Tuttavia il terzo periodo del comma 4 prevede una preventiva fase
di contestazione, da parte dell'azienda sanitaria locale
territorialmente competente, con conseguente esclusione della
sanzione qualora il vaccino o la prima dose vaccinale siano
somministrati nel termine indicato nell'atto di contestazione ed il
ciclo sia completato nel rispetto della tempistica stabilita nella
schedula vaccinale in relazione all'eta'.
Il quarto periodo del comma 4 fa rinvio, per l'accertamento, la
contestazione e l'irrogazione delle sanzioni in esame, alle norme
generali (in quanto compatibili) sulle sanzioni amministrative di cui
al capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689, e
successive modificazioni. Viene quindi disposto, nel quinto periodo
del comma 4, che all'accertamento, alla contestazione ed
all'irrogazione provvedono gli organi competenti secondo la
disciplina regionale (o delle province autonome).
Il comma 5 viene soppresso e il successivo comma 6-ter, assegna,
con riferimento al rispetto degli obiettivi del calendario vaccinale
nazionale, alla «Commissione per il monitoraggio dell'attuazione del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione e
aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza», il compito sia
di verifica dell'attuazione (del suddetto calendario) sia quello di
individuazione, nei casi di mancata, ritardata o non corretta
applicazione, di congrui procedure e strumenti. Prevede quindi
l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Governo, in presenza
di specifiche condizioni di rischio per la salute pubblica, ai sensi
dell'art. 120, secondo comma della Costituzione e secondo le
procedure di cui all'art. 8 della legge n. 131/2003.
Tale sistema e' integrato dalle disposizioni, qui impugnate, di
cui agli articoli 3, 4, 5, 5-quater e 7 del decreto-legge.
In particolare, l'art. 3, cosi' come modificato dalla legge di
conversione, al comma 1, detta tempi e modi per la presentazione da
parte dei genitori esercenti la responsabilita' genitoriale e dei
tutori, all'atto dell'iscrizione dei minori, inclusi i minori
stranieri non accompagnati, alle istituzioni del sistema nazionale di
istruzione, ai servizi educativi per l'infanzia, ai centri di
formazione professionale regionale e alle scuole private non
paritarie, della documentazione «comprovante l'effettuazione delle
vaccinazioni obbligatorie indicate all'art. 1, commi 1 e 1-bis,
ovvero l'esonero, l'omissione o il differimento delle stesse in
relazione a quanto previsto dall'art. 1, commi 2 e 3, o la
presentazione della formale richiesta di vaccinazione all'azienda
sanitaria locale», stabilendo, al comma 2, che la mancata
presentazione della documentazione nei termini previsti - salva la
disposizione transitoria dell'art. 5 per l'anno scolastico 2017/2018
- e' segnalata, entro i successivi dieci giorni, dai responsabili
delle suddette istituzioni, «all'azienda sanitaria locale che,
qualora la medesima o altra azienda sanitaria non si sia gia'
attivata in ordine alla violazione del medesimo obbligo vaccinale,
provvede agli adempimenti di competenza e, ricorrendone i
presupposti, a quelli di cui all'art. 1, comma 4». Al comma 3 del
medesimo art. 3 si precisa quindi che per i servizi educativi per
l'infanzia e le scuole dell'infanzia, ivi incluse quelle private non
paritarie, «la presentazione della documentazione di cui al comma 1
costituisce requisito di accesso», mentre per gli altri gradi di
istruzione, e per i centri di formazione professionale, «la
presentazione della documentazione di cui al comma 1 non costituisce
requisito di accesso alla scuola o al centro ovvero agli esami». Con
il comma 3-bis, inserito dalla legge di conversione, e' stato
disposto che entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di
conversione, gli operatori scolastici, i sanitari e gli operatori
sociosanitari presentano agli istituti scolastici ed alle aziende
sanitarie in cui prestano servizio una dichiarazione sostitutiva
comprovante la propria situazione vaccinale.
L'art. 3-bis, inserito dalla legge di conversione, stabilisce
che, a decorrere dall'anno scolastico 2019-2020 e dal calendario
relativo al 2019-2020 dei servizi educativi per l'infanzia e dei
corsi per i centri di formazione professionale regionale, si applichi
una nuova articolata procedura che consiste i) nella trasmissione
alle aziende sanitarie locali, da parte dei suddetti dirigenti
scolastici e responsabili dei servizi educativi per l'infanzia e dei
centri di formazione professionale regionale, entro il 10 marzo,
dell'elenco degli iscritti di eta' compresa tra zero e sedici anni e
minori stranieri non accompagnati per l'anno scolastico (o per il
calendario) successivo; ii) nella restituzione di tali elenchi, da
parte delle aziende sanitarie locali, entro il 10 giugno, con
l'indicazione dei soggetti che risultino non in regola con gli
obblighi vaccinali, che non rientrino nelle situazioni di esonero,
omissione o differimento delle vaccinazioni e che non abbiano
presentato formale richiesta di vaccinazione; iii) nell'invito, nei
dieci giorni successivi all'acquisizione degli elenchi, da parte dei
suddetti dirigenti scolastici e responsabili dei servizi educativi
per l'infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e
delle scuole private non paritarie, ai genitori, ai tutori ed ai
soggetti affidatari, a depositare, entro il 10 luglio, la
documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni ovvero
l'esonero, l'omissione o il differimento delle stesse, o la
presentazione della formale richiesta di vaccinazione alla ASL
competente; iv) nella trasmissione, entro il 20 luglio, da parte dei
dirigenti scolastici e dei responsabili sopracitati all'azienda
sanitaria locale della documentazione pervenuta o della comunicazione
dell'eventuale mancato deposito, in modo che l'azienda medesima -
qualora la stessa o altra azienda non si sia gia' attivata in ordine
alla violazione del medesimo obbligo - provveda agli adempimenti di
competenza; v) nella previsione, per i servizi educativi per
l'infanzia e per le scuole dell'infanzia, della decadenza dalla
iscrizione in caso di mancata presentazione della documentazione.
In tal modo si precisa che solo a decorrere dall'anno scolastico
2019-2020 la mancata presentazione della documentazione nei termini
previsti determinera', per i servizi educativi per l'infanzia e per
le scuole dell'infanzia, la decadenza dall'iscrizione (art. 3-bis,
comma 5), mentre ai sensi dell'art. 3, comma 3, per gli anni
scolastici 2017/2018 e 2018/2019, ovvero nella suddetta fase
transitoria, la presentazione della documentazione vaccinale entro la
data prevista costituisce un mero requisito di accesso, per cui
riguardo ai bambini gia' iscritti alla frequenza dei servizi
educativi per l'infanzia ed alle scuole dell'infanzia prima
dell'entrata in vigore della legge di conversione la mancata
presentazione della documentazione prevista costituisce irregolarita'
ma non sembra determinare la decadenza dall'iscrizione.
Pertanto per l'anno 2017/2018 se l'iscrizione e' gia' avvenuta
prima dell'entrata in vigore della legge di conversione sembrerebbero
non esserci, in caso di inottemperanza dell'obbligo vaccinale,
conseguenze preclusive all'accesso ai servizi ed alle scuole
dell'infanzia e non sembrerebbero riguardare neppure la prosecuzione
dell'accesso ai servizi ed alle scuole dell'infanzia, dal momento che
l'iscrizione avviene d'ufficio per gli anni successivi.
L'art. 4 regola poi l'inserimento dei minori nelle istituzioni
scolastiche ed educative in relazione all'adempimento dell'obbligo
vaccinale, prevedendo che: «1. I minori che si trovano nelle
condizioni di cui all'art. 1, comma 3, sono inseriti, di norma, in
classi nelle quali sono presenti solo minori vaccinati o immunizzati,
fermi restando il numero delle classi determinato secondo le
disposizioni vigenti e i limiti di cui all'art. 1, comma 201, della
legge 13 luglio 2015, n. 107, e all'art. 19, comma 7, del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. 2. I dirigenti scolastici delle
istituzioni del sistema nazionale di istruzione e i responsabili dei
centri di formazione professionale regionale e delle scuole private
non paritarie comunicano all'azienda sanitaria locale, entro il 31
ottobre di ogni anno, le classi nelle quali sono presenti piu' di due
minori non vaccinati».
L'art. 5 contiene disposizioni transitorie e finali e prevede
dispone che per l'anno scolastico 2017/2018 la documentazione
comprovante l'effettuazione dei vaccini ovvero l'omissione, l'esonero
o il differimento delle stesse debba avvenire entro il 10 settembre
2017 presso i servizi educativi per l'infanzia e le scuole
dell'infanzia, ed entro il 31 ottobre 2017 presso le istituzioni del
sistema nazionale di istruzione e i centri di formazione
professionale regionale. In caso di presentazione di dichiarazione
sostitutiva la documentazione comprovante l'effettuazione delle
vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata entro il 10 marzo
2018.
Il comma 1-bis del medesimo articolo, inserito dalla legge di
conversione, prevede che, al fine di agevolare gli adempimenti
vaccinali introdotti dalla legge di conversione del decreto in esame,
le regioni e le province autonome possono prevedere che la
prenotazione gratuita delle vaccinazioni di cui all'articolo 1,
avvenga, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso
le farmacie convenzionate aperte al pubblico mediante il centro
unificato di prenotazione.
L'art. 5-quater, introdotto dalla legge di conversione, propone
un richiamo esplicito alla legge n. 210/1992 (Indennizzo a favore dei
soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di
vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di
emoderivati), disponendo che essa si applichi a tutti i soggetti che,
a causa delle vaccinazioni indicate nell'articolo 1, abbiano
riportato lesioni o infermita' dalle quali sia derivata una
menomazione permanente dell'integrita' psico-fisica.
L'art. 7, non modificato dalla legge di conversione, infine,
contiene le disposizioni finanziarie affermando che l'unico maggior
onere della normativa introdotta con il decreto-legge e' quella
inerente alla formazione: «1. Agli oneri derivanti dall'art. 2, comma
3, pari a duecentomila euro per l'anno 2017, si provvede mediante
corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui
all'articolo 1 della legge 18 dicembre 1997, n. 440. 2.
Dall'attuazione del presente decreto, a eccezione delle disposizioni
di cui all'art. 2, comma 3, non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica. 3. Il Ministro dell'economia e
delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio».
Lo scopo dichiarato della normativa qui impugnata e' di rendere
obbligatorie le vaccinazioni nei confronti di malattie a rischio
epidemico, al fine di raggiungere e mantenere «la soglia del 95 per
cento, soglia raccomandata dall'OMS per la cosiddetta «immunita' di
gregge», per proteggere, cioe', indirettamente anche coloro che, per
motivi di salute, non possono vaccinarsi, sul presupposto che:
a) a partire dal 2013 si sarebbe registrato in Italia «un
progressivo e inesorabile trend in diminuzione del ricorso alle
vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, che ha determinato
una copertura vaccinale al di sotto del 95 per cento»;
b) nello stesso periodo si sarebbe registrato «un preoccupante
aumento» dei casi di malattie infettive (specialmente del morbillo e
della rosolia), anche «in fasce di eta' diverse da quelle classiche e
con quadri clinici piu' gravi e un maggiore ricorso
all'ospedalizzazione», «oltre alla ricomparsa di malattie ormai da
tempo debellate anche in ragione del consistente fenomeno migratorio
che interessa, ormai da diversi anni, il nostro Paese»;
c) dal rapporto dell'OMS «World Health Statistics», pubblicato
il 17 maggio 2017, emergerebbe che «le coperture italiane, oltre ad
essere tra le piu' basse d'Europa, risultano inferiori a quelle di
alcuni Paesi africani».
Tutto cio' renderebbe «necessario ed urgente adottare misure
idonee ad estendere e rendere effettivi gli obblighi vaccinati
vigenti, anche in conformita' al principio di precauzione, secondo
cui, in presenza di un alternativa che presenti un rischio per la
salute umana - anche non del tutto accertato - il decisore pubblico
deve optare per la soluzione che consenta di neutralizzare o
minimizzare il rischio» (v. p. 4 della Relazione al d.d.l.
C-4533/2017 per la conversione in legge del decreto-legge n. 73 del
2017; nonche', nello stesso senso, pagine 2 e 3 della circolare del
Ministero della salute del 12 giugno 2017, recante prime indicazioni
operative per l'attuazione del decreto-legge n. 73 del 2017).
Diritto
1) Illegittimita' costituzionale dell'intero decreto-legge n. 73 del
2017 cosi' come convertito dalla legge n. 119 del 2017, e in ogni
caso degli articoli 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4, 6-ter, nonche'
degli articoli 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7, cosi' come convertiti
dalla legge n. 119 del 2017, per violazione dell'articolo 77, comma
2, della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 117,
commi 3 e 4, e 118 della Costituzione.
1.1 - E' preliminare ribadire che la Regione Veneto non contesta
in alcun modo la validita' dei programmi di vaccinazione, avendo
impostato la propria legislazione in termini decisamente convinti
della opportunita' di perseguirli (legge Regione Veneto n. 7 del
2007), dimostrando altresi' il raggiungimento di elevati livelli di
copertura, attraverso un modello basato sul consenso informato e
sull'alleanza terapeutica rivolta ad una adesione consapevole, come
avviene nella maggior parte dei Paesi europei.
Quello che la Regione contesta e' un intervento statale, attuato
impropriamente con lo strumento della decretazione di urgenza e senza
che sia dato rinvenire a quali obblighi europei o internazionali si
riferisca, che: i) impone con pesanti coercizioni un obbligo
collettivo di ben dieci vaccinazioni; ii) non ha precedenti storici a
livello internazionale (nemmeno in periodi bellici o post-bellici);
iii) finisce - in ogni caso, anche se le vaccinazioni obbligatorie
sono state ridotte rispetto alle dodici inizialmente previste dal
decreto-legge - per rendere l'Italia il Paese con il maggior numero
di vaccinazioni obbligatorie in Europa e probabilmente al mondo.
1.2 - Da questo punto di vista, le disposizioni impugnate devono
essere dichiarate incostituzionali in primo luogo per insussistenza
dei presupposti di cui all'art. 77, comma 2, Cost., che ammette la
decretazione d'urgenza all'esclusivo fine di fronteggiare casi
straordinari di necessita' ed urgenza.
Come ha recentemente ribadito codesta ecc.ma Corte con la
sentenza n. 220 del 2013, l'adozione di un decreto-legge trova
infatti la propria legittimazione unicamente nella sussistenza di
casi straordinari che necessitino di essere disciplinati
immediatamente, in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e
urgenti necessita'.
Nel caso di specie e' evidente invece la mancanza di tali
presupposti e in ogni caso l'arbitraria valutazione degli stessi, con
conseguente violazione dell'art. 77, comma 2, Cost. (cfr., ex
plurimis, Corte cost. sentenze n. 133 del 2016, n. 10 del 2015, n. 22
del 2012, n. 93 del 2011, n. 355 e n. 83 del 2010, n. 128 del 2008,
n. 171 del 2007). E' altrettanto pacifico, nella giurisprudenza di
codesta ecc.ma Corte costituzionale, che i vizi inerenti i
presupposti di necessita' e urgenza non sono sanati dalla legge di
conversione, risolvendosi in un vizio in procedendo della stessa, in
quanto «affermare che la legge di conversione sana in ogni caso i
vizi del decreto significherebbe attribuire in concreto al
legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale
delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione
delle fonti normative» (sent. n. 71 del 2007, nonche' sentenze numeri
22 del 2012 e 220 del 2013).
Contrariamente a quanto dichiarato nel preambolo del
decreto-legge e affermato dal Governo e dal Ministero della Salute
negli atti sopra citati, infatti, ad oggi non esiste nella Regione
Veneto alcuna situazione di sanita' pubblica in relazione al
complesso delle patologie indicate all'art. 1, commi 1 e 1-bis, del
decreto-legge n. 73 del 2017, cosi' come convertito, che giustifichi
il ricorso a una decretazione d'urgenza che, travolgendo l'attuale
modello regionale fondato sul consenso informato (legge regionale
Veneto n. 7 del 2007, sul quale si rimanda al p.to 2.3 del ricorso),
disponga l'introduzione della vaccinazione obbligatoria per dieci
patologie.
Per dimostrarlo e' preliminare fare riferimento ai criteri
attualmente in uso presso la comunita' scientifica per la valutazione
delle emergenze sanitarie connesse a rischi epidemici e ai documenti
pubblicati dalle istituzioni nazionali e internazionali competenti in
materia.
La c.d. «immunita' di gruppo» o «immunita' di gregge» (herd
immunity) viene considerata come l'immunita' o la resistenza
collettiva a un determinato agente patogeno mostrata da parte di una
comunita' o da parte di una popolazione umana. (2) .
L'immunita' di gregge e' assicurata all'interno di ciascuna
comunita' quando la copertura vaccinale e' superiore alla soglia
critica individuata per ogni singola patologia in uno specifico
contesto.
Ne consegue che una situazione di necessita' e urgenza in ambito
sanitario puo' insorgere soltanto quando la copertura vaccinale
scenda al di sotto della soglia critica.
Appare quindi del tutto arbitraria la motivazione portata dal
Governo, nella relazione al decreto-legge, per cui l'Organizzazione
mondiale della sanita' (d'ora in avanti OMS) avrebbe raccomandato il
raggiungimento della soglia di copertura vaccinale del 95% per
garantire la c.d. «immunita' di gregge» in relazione a tutto il
complesso di patologie indicate nell'art. 1, comma 1.
Valga il vero: la soglia del 95% e' stata indicata dall'OMS
nell'European Vaccine Action Plan 2015-2020 (3) solo come soglia
ottimale (c.d. «Goal 4»), mai come soglia critica, e unicamente per
il complesso DTP (difterite-tetano-pertosse).
Il Piano nazionale di prevenzione vaccinale (d'ora in poi PNPV)
2017-2019, (4) approvato il 19 gennaio 2017 dalla Conferenza
Stato-regioni, ha poi previsto la soglia ottimale di copertura del
95% per il 2019, da raggiungere mediante le specifiche strategie
regionali, per meningite, rosolia, varicella e papilloma virus,
indicando, anche in questo caso, tale soglia sempre come obiettivo e
mai come soglia critica (pagine 13-14).
La soglia del 95% di copertura vaccinale non e' quindi mai stata
indicata dall'OMS, ne' da altra istituzione, quale soglia critica
generale al di sotto della quale potrebbe determinarsi l'insorgere di
un rischio epidemico.
Per diverse malattie sono infatti disponibili da molto tempo
studi dettagliati, utili per definire, mediante modelli matematici,
la propagazione dei diversi agenti patogeni. Adottando questi modelli
si individuano i c.d. parametri critici (c.d. «tasso di riproduzione»
e «andamento dell'incidenza») relativi all'andamento epidemiologico
di malattie infettive quali il morbillo, la rosolia, la parotite ecc.
Previa definizione della soglia critica di ciascuna patologia in
ciascun contesto, da raggiungere per ottenere il controllo
dell'agente patogeno, e' cosi' possibile individuare la strategia
ottimale per il contrasto dell'infezione in un determinato ambito
spazio-temporale (che e' quindi, lo si ribadisce, del tutto diversa
dalla soglia critica), analizzando l'effetto delle campagne
vaccinati, valutando lo stato dell'immunita' di gregge da esse
indotta e tenendo conto delle eventuali controindicazioni dei
vaccini, come indicato dalla seguente tabella, elaborata dall'OMS e
dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention degli USA) per
alcune patologie (difterite, morbillo, parotite, pertosse,
poliomielite, rosolia e vaiolo) (5)
Parte di provvedimento in formato grafico
Tali dati dimostrano innanzitutto che non esiste un'unica soglia
critica (che nella motivazione delle norme impugnate viene
arbitrariamente indicata in modo generalizzato nel 95%) valida per
tutti gli agenti patogeni in tutti i contesti, dovendosi tenere conto
nella sua individuazione di molteplici fattori biologici
(aggressivita' del batterio o del virus responsabile della patologia,
modi di contagio ecc.), ambientali (condizioni igieniche dei luoghi,
temperatura, umidita' ecc.) e socio-economici (livello di nutrizione
e di istruzione della popolazione, condizioni igieniche degli
individui ecc.) (6)
In conclusione, l'adozione della soglia del 95% - considerata
come «ottimale» (mai come «critica») dalle istituzioni sanitarie
nazionali e internazionali per alcune malattie (e non per tutte) -
quale criterio generale per la valutazione del rischio epidemico nel
territorio italiano con riferimento alle dieci diverse patologie di
cui all'art. 1, commi 1 e 1-bis, del decreto-legge n. 73 del 2017,
cosi' come convertito, appare dunque del tutto arbitraria, essendo
priva di qualsiasi giustificazione scientifica o normativa. (7)
Del tutto indebita e', quindi, la generalizzazione addotta a
fondamento del presupposto di straordinaria necessita' e urgenza
delle norme impugnate.
A ulteriore conferma di quanto affermato si riporta di seguito
uno stralcio della DGR 2319 del 28 luglio 2009 (8) , che approva il
documento di monitoraggio (elaborato sotto il controllo delle
autorita' governative ai sensi dell'art. 3, legge Regione Veneto n. 7
del 2007) sulla sospensione dell'obbligo vaccinale previsto dalla
stessa legge.
«Soglia critica di copertura. La definizione di una soglia
critica di copertura ha come riferimento limite la soglia di rischio
per la salute pubblica che per alcune malattie sottende al concetto
di herd immunity. Tuttavia non essendo tale limite estesamente
applicabile a tutte le malattie e precisamente definito in
popolazioni altamente immunizzate, abbiamo ritenuto di definire
soglie critiche che ragionevolmente tengono conto anche degli
obiettivi del Sistema Vaccinale (Tabella 1.1).
I livelli di attenzione e di allarme si misurano e vengono
monitorati a tutti i livelli di sorveglianza secondo lo schema
precedentemente illustrato nella tabella 1.0. Gli indicatori verranno
semestralmente valutati da ogni distretto/AULSS e le eventuali azioni
correttive verranno immediatamente messe in atto a livello locale non
appena rilevate, secondo l'ordine di priorita' riportato nella
tabella 1.2.
In sede regionale verra' considerato sia il dato medio regionale
sia i dati per AULSS. Le situazioni di raggiungimento del limite di
allarme saranno attentamente valutate anche in relazione alla loro
distribuzione territoriale dal comitato regionale, che decidera' in
merito all'attuazione delle azioni conseguenti. In sintonia con uno
degli indicatori di efficienza del sistema definiti piu' avanti, si
ritiene che il raggiungimento della soglia di allarme per il 25%
delle ULSS, possa costituire motivo per la riapplicazione
dell'obbligo vaccinale. Sara' compito della Comitato
tecnico-scientifico stabilire inoltre se il provvedimento sara'
applicato estesamente a tutte le vaccinazioni o interessera' anche
solo una di queste».
Tabella 1.1 - Obiettivi e soglie critiche di copertura
Da quanto sopra esposto si dimostra l'arbitraria identificazione
del presupposto di straordinaria necessita' e urgenza posto a
fondamento delle norme impugnate.
Evidentemente arbitrario e irragionevole risulta infatti il
presupposto su cui le stesse si basano, per cui il cui mancato
raggiungimento nell'anno in corso della soglia del 95% di copertura
vaccinale per tutte le patologie indicate all'art. 1, commi 1 e
1-bis, del decreto-legge, cosi' come convertito, determinerebbe
l'insorgere di una situazione tale da giustificare il ricorso alla
decretazione d'urgenza ex art. 77, comma 2, Costituzione, con
imposizione alle Regioni di una disciplina dettagliata sul sistema di
somministrazione dei vaccini in una materia di competenza legislativa
concorrente come la «tutela della salute».
In forza della distinzione, pacificamente acquisita dalla
comunita' scientifica, tra soglia critica e soglia ottimale, si deve
ribadire che nella Regione Veneto non esiste alcuna, generalizzata,
situazione che giustifichi il ricorso alla decretazione d'urgenza.
Nella Regione, infatti, le coperture vaccinali si sono
stabilmente attestate negli ultimi anni al di sopra del 90% per la
maggior parte delle patologie indicate all'art. 1, commi 1 e 1-bis,
decreto legislativo n. 73 del 2017, e in ogni caso al di sopra della
soglia critica per tutte le altre (semmai, a seconda degli studi di
riferimento, con la sola eccezione del morbillo e della parotite, le
cui coperture nel 2016 per i nati 2014, rispettivamente dell'89,19% e
dell'89,07%, sono comunque di due punti superiori alla media
nazionale e in sensibile crescita rispetto all'anno precedente), come
risulta dai dati pubblicati sul sito dell'Istituto Superiore di
Sanita' (9) E' altresi' importante considerare un piu' aggiornato
studio effettuato dalla Regione del Veneto a febbraio 2017, e
inserito nel Report dell'attivita' vaccinale 2016 (10) in cui si e'
valutata la copertura vaccinale per poliomielite e morbillo per tutti
i soggetti residenti e domiciliati sul territorio regionale di eta'
compresa tra i 2 e i 18 anni (oltre 780 mila soggetti). Da tale
studio risulta che per la polio la copertura complessiva e' del 94,5%
e per il morbillo e' del 92,6%.
Cio' conferma che, allo stato attuale, in Veneto non esiste
un'effettiva situazione sanitaria che giustifichi il ricorso alla
decretazione d'urgenza (cfr. doc. n. 2: Tabella riassuntiva copertura
Regione del Veneto e definizione della soglia minima) tale da
giustificare un intervento del legislatore statale che porta
improvvisamente a introdurre dieci vaccinazioni obbligatorie per i
minori di eta' compresa tra zero e sedici anni.
Solo in relazione al morbillo nella Regione Veneto, come anche in
altre regioni italiane, si verifica, secondo alcuni dati, una
situazione di copertura nazionale pari a 87,26% (11) , che sarebbe al
di sotto della soglia critica secondo quando afferma il PNPV
2017-2019 (p. 27), ma va precisato che lo studio della Regione del
Veneto, citato in precedenza, sui soggetti tra i 2 e i 18 anni
dimostra una situazione lontana dalla situazione di allarme.
In ogni caso, e' dirimente precisare che a questa situazione le
norme impugnate non sono in grado di rispondere adeguatamente, dal
momento che l'attuale epidemia di morbillo: i) riguarda
prevalentemente adolescenti di eta' superiore ai 16 anni (mentre le
norme impugnate stabiliscono l'obbligo di vaccinazione «per i minori
di eta' compresa tra zero e sedici anni»), con una eta' mediana 27
anni, ii) il numero di casi di morbillo su persone vaccinate e' alto,
iii) non esiste una correlazione tra copertura vaccinale (5/6 anni
seconda dose) e casi di morbillo, come risulta certificato
dall'Istituto superiore di sanita' (12)
Anche in questo caso, quindi, si conferma l'assenza del
presupposto di necessita' e urgenza delle norme impugnate.
La mancanza dei presupposti richiesti dall'art. 77, comma 2,
Costituzione, per il ricorso alla decretazione d'urgenza - oltre a
rappresentare un vizio di incostituzionalita' in se' del
decreto-legge impugnato, rilevabile in sede di giudizio di
legittimita' in via incidentale - fa venir meno l'esigenza di una
disciplina dettagliata sul sistema di somministrazione dei vaccini,
qual e' quella prevista dall'intero decreto-legge n. 73 del 2017, e
in ogni caso dagli articoli 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4, 6-ter,
3; 3-bis; 4; 5; 5-quater e 7, cosi' come convertiti dalla legge n.
119 del 2017, da applicarsi in modo uniforme in tutto il territorio
nazionale.
1.3. Va inoltre evidenziato che le norme impugnate non sono in
realta' destinate a «operare immediatamente, allo scopo di dare
risposte normative rapide a situazioni bisognose di essere regolate
in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessita'»,
come invece richiesto da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella
sentenza n. 220 del 2013.
Infatti, in base all'art. 3, comma 1 - sebbene i dirigenti
scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione ed i
responsabili dei servizi educativi per l'infanzia, dei centri di
formazione professionale regionale e delle scuole private non
paritarie siano tenuti, all'atto dell'iscrizione del minore di eta'
compresa tra zero e sedici anni e del minore straniero non
accompagnato, a richiedere ai genitori esercenti la responsabilita'
genitoriale e ai tutori la presentazione di idonea documentazione
comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni indicate all'art. 1,
commi 1 e 1-bis - si stabilisce che a tale fine e' sufficiente «la
presentazione della formale richiesta di vaccinazione all'azienda
sanitaria locale territorialmente competente, che eseguira' le
vaccinazioni obbligatorie secondo la schedula vaccinale prevista in
relazione all'eta', entro la fine dell'anno scolastico o la
conclusione del calendario annuale dei servizi educativi per
l'infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale
regionale».
Inoltre, l'art. 5, comma 1, stabilisce che per l'anno scolastico
2017/2018 e per il calendario annuale dei servizi educativi per
l'infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale
regionale, «la documentazione comprovante l'effettuazione delle
vaccinazioni obbligatorie puo' essere sostituita dalla dichiarazione
resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre
2000, n. 445; in tale caso, la documentazione comprovante
l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie deve essere
presentata entro il 10 marzo 2018».
Infine, l'art. 3-bis, inserito dalla legge di conversione, ha
addirittura efficacia differita di un anno, perche', per
l'applicazione della nuova articolata procedura di comunicazione e
verifica dei soggetti in regola con l'adempimento degli obblighi
vaccinali, fa riferimento non all'anno scolastico 2017/2018, bensi'
all'anno scolastico 2019-2020 e al calendario relativo al 2019-2020
dei servizi educativi per l'infanzia e dei corsi per i centri di
formazione professionale regionale.
Ma vi e' di piu'.
Dal confronto tra l'art. 3, comma 3, e la disposizione dell'art.
3-bis, comma 5, emerge, infatti, che la decadenza dall'iscrizione e'
prevista solo a partire dall'anno 2019/2020, mentre per gli anni
scolastici 2017/2018 e 2018/2019 la presentazione della
documentazione vaccinale entro la data prevista costituisce un mero
requisito di accesso, per cui riguardo ai bambini gia' iscritti alla
frequenza dei servizi educativi per l'infanzia ed alle scuole
dell'infanzia prima dell'entrata in vigore della legge di conversione
la mancata presentazione della documentazione prevista costituisce
irregolarita' ma non sembra determinare la decadenza dall'iscrizione.
Pertanto per l'anno 2017/2018 se l'iscrizione e' gia' avvenuta prima
dell'entrata in vigore della legge di conversione non pare vi siano
conseguenze preclusive all'accesso ai servizi ed alle scuole
dell'infanzia e in ogni caso nessuna preclusione sembra riguardare la
prosecuzione dell'accesso ai servizi ed alle scuole dell'infanzia,
dal momento che l'iscrizione avviene d'ufficio gli anni successivi,
in cio' quindi risultando vanificato l'obiettivo dichiarato di
ottenere un aumento rapido delle coperture vaccinali.
Inoltre, come chiarito dalla circolare del Ministero della salute
del 16 agosto 2017, recante indicazioni operative
(http://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2017
&codLeg=60282&parte=1%20&serie=null), la sanzione per il mancato
rispetto dell'obbligo viene applicata una sola volta («La sanzione
per la medesima violazione non sara' comminata nuovamente all'inizio
di ogni anno scolastico», pag. 9), consentendo quindi, solo
attraverso il pagamento di una unica sanzione, il mantenimento nelle
classi di soggetti non vaccinati fino al calendario relativo al
2019-2020 dei servizi educativi per l'infanzia e dei corsi per i
centri di formazione professionale regionale.
Peraltro, in relazione alla scuola dell'obbligo, dove non il
rispetto dell'obbligo vaccinale non costituisce ne' requisito di
accesso, ne' determina decadenza dalla iscrizione, il pagamento
dell'unica sanzione esonera di fatto dall'obbligo della vaccinazione.
Anche sotto questo profilo, quindi, si conferma la violazione
dell'art. 77, comma 2, Costituzione, dal momento che le suddette
discipline contraddicono ulteriormente il dichiarato obiettivo di
ottenere in tempi brevi un elevato grado di copertura vaccinale.
1.4. L'impugnata disciplina del decreto-legge, cosi' come
risultante dalla legge di conversione, in ogni caso, travolgendo il
sistema in vigore nella Regione Veneto fondato sul consenso informato
e condizionando l'accesso dei minori ai servizi scolastici ed
educativi, ridonda (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 22 del
2012, ma, ancora prima, sentenza n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003) in
una lesione delle competenze legislative e amministrative regionali
in materia di «tutela della salute» (relative all'organizzazione e al
funzionamento del Servizio sanitario regionale) e di «istruzione»
(relative all'erogazione dei servizi educativi per l'infanzia e alla
garanzia da parte della Regione del diritto allo studio nell'ambito
delle istituzioni scolastiche ed educative), di cui agli articoli
117, comma 3 e 4, e 118, comma 1, Costituzione, che risultano incise
dalla disciplina statale senza alcuna giustificazione.
Si rimanda, in merito, anche a quanto esposto, in approfondimento
circa la ridondanza, nei punti 2.7 e 2.8 del ricorso.
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 1-bis, 2, 3,
4, 6-ter, nonche' degli articoli 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7 del
decreto-legge n. 73 del 2017, cosi' come convertiti dalla legge n.
119 del 2017, per violazione degli articoli 2, 3, 5, 31, 32, 34, 97
della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 117, commi
3 e 4, e 118 della Costituzione.
2.1. Le disposizioni impugnate si dimostrano ingiustificate e
comunque eccessive rispetto allo scopo dal momento che, come
dimostrato nel punto 1 del ricorso, sulla base della distinzione tra
soglia critica e soglia ottimale si deve escludere l'esistenza di una
generalizzata emergenza sanitaria che giustifichi l'imposizione
dell'obbligo di dieci vaccinazioni.
Le suddette norme devono pertanto essere dichiarate
incostituzionali - oltre che per i motivi addotti al punto precedente
- anche per violazione: i) del diritto alla salute e del diritto allo
studio (articoli 2, 32 e 34 della Costituzione); ii) dei principi di
ragionevolezza e di proporzionalita' (art. 3 della Costituzione),
iii) del principio di buon andamento dell'amministrazione (art. 97
della Costituzione), iv) del principio pluralista di cui all'art. 5
della Costituzione. Tutte le suddette violazioni ridondano, come si
dimostrera', v) in una illegittima compressione dell'autonomia
regionale, anche autonomamente considerata, relativa alle materia
sanita' e istruzione di cui agli articoli 117, comma 3 e 4, e 118
della Costituzione.
2.2. L'art. 32 della Costituzione, infatti, nel riconoscere, al
comma 1, la salute come «fondamentale diritto dell'individuo», tutela
una delle massime espressioni della liberta', quella di non essere
sottoposti a cure o terapie che non siano liberamente scelte o
accettate: solo uno stato di necessita' per la salute pubblica puo',
infatti, consentire al legislatore l'imposizione di un trattamento
sanitario.
In tal caso, tuttavia, il legislatore deve rispettare le due
condizioni poste dal comma 2 dello stesso articolo. La prima, di
natura formale, per cui l'obbligo di sottoporsi a un determinato
trattamento puo' essere previsto solo da una legge ordinaria; la
seconda, di natura sostanziale, per cui in nessun caso possono essere
violati «i limiti imposti dal rispetto della persona umana».
Si e' pertanto in presenza di una riserva di legge c.d.
«rinforzata», che stabilisce una stretta correlazione fra la salute
dell'individuo e i valori della persona umana, nel senso che, anche
quando sia in gioco la salute collettiva, il trattamento sanitario
non sara' consentito ove non rispetti il «limite irriducibile della
persona umana» (13) , in forza del principio personalista (art. 2
della Costituzione) cui e' informato l'intero ordinamento italiano
(14) .
Da qui assume rilievo costituzionale il principio di
autodeterminazione della persona in materia di trattamenti sanitari,
«che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto
fondamentale» (sentenza n. 207 del 2012, ma si veda anche la sentenza
n. 162 del 2014, dove, sebbene ad altri fini, viene comunque
precisato che «la generale liberta' di autodeterminarsi ... e'
riconducibile agli articoli 2, 3 e 31 della Costituzione, poiche'
concerne la sfera privata e familiare. Conseguentemente, le
limitazioni di tale liberta', ed in particolare un divieto assoluto
imposto al suo esercizio, devono essere ragionevolmente e
congruamente giustificate dall'impossibilita' di tutelare altrimenti
interessi di pari rango (sentenza n. 332 del 2000)»).
Il principio di autodeterminazione, intrinsecamente legato alla
tutela della dignita' della persona (15) e' inoltre riconosciuto e
tutelato da numerose norme del diritto dell'Unione europea e del
diritto internazionale, che, sebbene non trattino in maniera
specifica il problema delle vaccinazioni, contribuiscono a rafforzare
una lettura in senso personalista dell'art. 32 della Costituzione, in
base alla quale ogni intervento diretto a realizzare la profilassi di
talune malattie infettive e diffusive a fini immunologici, dovrebbe
per cio' stesso soggiacere a quel limite insuperabile rappresentato
dalla salvaguardia dei beni fondamentali quali la vita, l'integrita'
psico-fisica, la dignita' umana e la riservatezza.
In particolare nel diritto dell'Unione europea, i diritti alla
dignita' e all'autodeterminazione sono richiamati dagli articoli 1 e
3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, che, come e' noto, ha assunto
lo stesso valore giuridico dei trattati con il Trattato di Lisbona
(cfr. art. 6, par. 1, TUE).
L'art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
afferma, infatti, che «la dignita' umana e' inviolabile», mentre il
successivo art. 3 sancisce che «ogni individuo ha diritto alla
propria integrita' fisica e psichica» (comma 1) e che nell'ambito
della medicina e della biologia deve essere in particolare
rispettato, tra gli altri, «il consenso libero e informato della
persona interessata, secondo le modalita' definite dalla legge»
(comma 2).
A livello internazionale, il diritto all'autodeterminazione e'
espresso all'art. 8, comma 1, della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti umani del 1950, ratificata e resa esecutiva
con la legge 4 agosto 1955, n. 848, che prevede il «diritto al
rispetto della vita privata e familiare».
A cio' si aggiunga che l'art. 24 della Convenzione sui diritti
del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata e
resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, premesso che gli
Stati «riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato
di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di
riabilitazione», dispone che «tutti i gruppi della societa' in
particolare i genitori ed i minori ricevano informazioni sulla salute
e sulla nutrizione del minore».
Ulteriori riconoscimenti del principio di autodeterminazione in
materia sanitaria si rinvengono poi negli articoli 5, 6 e 9 (16)
della Convenzione sui diritti dell'uomo e la biomedicina, firmata ad
Oviedo il 4 aprile 1997, ratificata dall'Italia con legge 28 marzo
2001, n. 145, il cui art. 5 stabilisce la «Regola generale» per cui
«un trattamento sanitario puo' essere praticato solo se la persona
interessata abbia prestato il proprio consenso libero ed informato».
Questo patrocinio, evidentemente, non ignora che, allo stato
attuale, lo strumento di ratifica della Convenzione di Oviedo non e'
stato ancora depositato, ma, non potra' negarsi, come del resto
affermato anche dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, che
le norme ivi contenute rappresentano uno strumento interpretativo del
diritto vigente, in forza del generale consenso consolidatosi sul
piano internazionale sui principi e sulle regole ivi contenute,
nonche' in forza dell'adesione a quei principi e a quelle regole
espresse dal Parlamento italiano nella legge di autorizzazione alla
ratifica (Cassazione civile - Sezione I, 16 ottobre 2007, n. 21748)
(17)
Sulla base di tali premesse si chiarisce il significato del
diritto alla salute con riferimento al caso in cui la sua dimensione
individuale confligga con quella collettiva: in tale ipotesi, che
ricorre tipicamente nel caso delle vaccinazioni, il disposto
costituzionale subordina la legittimita' dell'imposizione
dell'obbligo di vaccinazione alla compresenza di un interesse, non
altrimenti tutelabile, alla salute del singolo e della collettivita'.
In tal caso, dunque, occorre muoversi nella prospettiva di un
bilanciamento tra i due valori in questione e qui assume rilievo il
problema del «consenso informato» del destinatario della prestazione
sanitaria che puo' trovare un contemperamento solo nella necessita',
lo si ribadisce, non altrimenti tutelabile, di perseguire valori che
possano porsi sullo stesso livello gerarchico in cui si colloca
quello del rispetto della persona umana.
Da questo punto di vista e' dirimente considerare che un sistema
basato sul consenso informato e sull'alleanza terapeutica e' stato
strutturato dalla Regione Veneto con la legge n. 7 del 2007 e che
tale sistema ha consentito di raggiungere, come dimostrato nel punto
1 del ricorso, un livello di copertura vaccinale al di sopra della
soglia critica. Viene quindi meno il necessario presupposto
dell'esistenza di valori non altrimenti tutelabili.
2.3. Coerentemente con il sistema costituzionale e la normativa
internazionale e sovranazionale, la Regione Veneto, a partire dal
2007, ha infatti optato per una strategia incentrata sulla
sensibilizzazione e l'accompagnamento dei genitori verso la scelta di
vaccinare i propri figli, escludendo ogni forma di coercizione,
ritenuta in contrasto con il fondamentale principio di
autodeterminazione in materia di trattamenti sanitari e
controproducente al fine di assicurare un'elevata copertura vaccinale
su tutto il territorio regionale.
Peraltro, un percorso condiviso tra Stato e regioni di graduale
superamento dell'obbligo vaccinale era gia' stato definito nel Piano
nazionale vaccini 2005-2007, oggetto di Accordo in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano (atto n. 2240 del 3 marzo 2005). Tra i
principali obiettivi di tale superamento vi era la necessita' di
attenuare il contrasto tra gli ottimi risultati conseguiti in termini
di copertura per le vaccinazioni obbligatorie (relative a difterite,
tetano, poliomielite ed epatite B) e i risultati meno incoraggianti
relativi alle vaccinazioni raccomandate, percepite come meno
importanti (cfr. Piano nazionale vaccini 2005-2007, p. 66).
In questo senso veniva avviato un percorso culturale di
sensibilizzazione sociale per il superamento di tale differenza. Il
Piano affermava che sarebbe preferibile «per ogni attivita' di
prevenzione, l'impegno per l'informazione e la persuasione, piuttosto
che l'imposizione legale» (Piano nazionale vaccini 2005-2007, p. 66),
anche alla luce del fatto che «la qualita' e' stata poco considerata
nei servizi vaccinali perche' il vincolo dell'obbligatorieta' ha
rappresentato una sorta di freno per l'avvio di processi di
miglioramento» (ivi, p. 84).
Di conseguenza, e' stato concesso alle regioni di iniziare un
periodo di sperimentazione della sospensione dell'obbligo vaccinale,
subordinato al rispetto delle seguenti condizioni:
i) presenza di un sistema informativo regionale efficace, con
basi anagrafiche vaccinali ben organizzate;
ii) presenza di un'adeguata copertura vaccinale;
iii) presenza di un sistema di sorveglianza delle malattie
trasmissibili sensibile e specifico;
iv) presenza di un buon sistema di monitoraggio degli eventi
avversi al vaccino (cfr. Piano nazionale vaccini 2005-2007, pagine
66-67).
La Regione Veneto, con la legge 23 marzo 2007, n. 7, ha quindi
disposto la sospensione dell'obbligo vaccinale per tutti i nuovi
nati, a far data dal 1° gennaio 2008, delle vaccinazioni relative
alla difterite, al tetano, alla poliomielite e all'epatite virale B
(art. 1, comma 1, legge Regione Veneto n. 7/2007). Tali vaccinazioni
hanno comunque continuato a costituire livello essenziale di
assistenza, rimanendo «offerte attivamente e gratuitamente dalle
aziende unita' locali socio sanitarie (ULSS)», e «restando inserite
nel calendario vaccinale dell'eta' evolutiva ... in conformita' agli
indirizzi contenuti nel vigente Piano nazionale vaccini, secondo
quanto previsto dalla normativa statale in materia» (art. 1, comma 2,
legge Regione Veneto n. 7/2007). Inoltre, e' rimasto salvo l'obbligo
di indennizzo a favore di soggetti danneggiati da complicanze
irreversibili a causa di tali vaccinazioni (art. 1, comma 3, legge
Regione Veneto n. 7/2007).
La legge in questione ha poi previsto un articolato sistema di
monitoraggio, istituendo innanzitutto un Comitato tecnico
scientifico, nominato dalla giunta regionale, alle cui riunioni
partecipano, previa intesa con il Ministero della salute, anche il
direttore del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo
delle malattie e un rappresentate dell'Istituto superiore di sanita'
(art. 3, legge Regione Veneto n. 7/2007). Il Comitato e' chiamato a
redigere ogni sei mesi un documento contenente «la valutazione
dell'andamento epidemiologico delle malattie per le quali la ...
legge sospende l'obbligo vaccinale ed il monitoraggio dell'andamento
dei tassi di copertura vaccinale nel territorio regionale» (art. 3,
legge Regione Veneto n. 7/2007).
Qualora si manifesti un pericolo per la salute pubblica
conseguente al verificarsi di eccezionali e imprevedibili eventi
epidemiologici collegati a tali malattie, oppure in caso di allarme
relativo ai tassi di copertura vaccinale, il presidente della giunta
regionale e' tenuto a sospendere l'applicazione della legge de qua.
In seguito all'abolizione dell'obbligo, la prassi seguita dalla
Regione Veneto si e' quindi caratterizzata per l'impegno rivolto a
una graduale sensibilizzazione e a un progressivo accompagnamento dei
genitori verso un autonomo convincimento dell'importanza della
vaccinazione dei bambini, mediante un sistema di comunicazione attivo
ma non invasivo.
L'ULSS competente, infatti, contatta i genitori e li invita a
portare i propri figli affinche' siano sottoposti alla vaccinazione;
in caso di mancata risposta o giustificazione, viene spedito un
secondo invito e, qualora anche quest'ultimo rimanga inascoltato, ne
viene inviato un terzo a mezzo raccomandata. (18) Inoltre, al fine di
contrastare la diffusione, specialmente nel web, di informazioni
false o incomplete, e' stato allestito un apposito portale
istituzionale online al fine di favorire una diffusa conoscenza sulle
politiche regionali in materia di vaccinazione (19)
A cio' si aggiunga che la Regione Veneto ha predisposto e
implementato molteplici progetti a sostegno della verifica degli
effetti della sospensione dell'obbligo vaccinale.
Nello specifico:
i) e' stato allestito un software unico a livello
territoriale per la gestione delle vaccinazioni (20) ;
ii) e' stato attivato un programma per il contenimento delle
malattie infettive prevenibili con vaccino attraverso strategie
efficaci per il mantenimento delle coperture vaccinali e per la
vaccinazione di gruppi e categorie a rischio (21) ;
iii) e' stata implementata la sorveglianza delle patologie
collegate alle vaccinazioni, con particolare riguardo al monitoraggio
delle meningiti (22) ;
iv) e' stato avviato uno studio approfondito sui determinati
del rifiuto vaccinale (23) ;
v) e' stato attivato un progetto di consulenza prevaccinale e
sorveglianza degli eventi avversi a vaccinazione, denominato «Canale
Verde» (24) ;
vi) e' stato avviato un progetto di prevenzione precoce e
monitoraggio dei comportamenti e delle azioni di prevenzione e
promozione della salute nei primi anni di vita (25) .
In seguito alla sospensione dell'obbligo vaccinale, dopo alcuni
anni nei quali il trend di copertura e' leggermente calato, pur
rimanendo a livelli molto elevati e ben al di sopra del 90% per tutte
le quattro vaccinazioni ex obbligatorie, le ultime rilevazioni
effettuate dalla Regione Veneto mostrano una sensibile crescita della
copertura.
L'ultimo report sull'attivita' vaccinale del 2016 (26) certifica
infatti che la copertura vaccinale «normalizzata» (il cui calcolo
esclude i bambini italiani domiciliati all'estero, gli stranieri
temporaneamente rientranti nel Paese di origine, i nomadi, i senza
fissa dimora e i non rintracciabili) per i nati della coorte 2014
risultava in Veneto la seguente: vaccinazione contro la poliomielite
92,0%; vaccinazione contro difterite e tetano 92,0%; vaccinazione
contro l'epatite B 91,4%.
Inoltre, come dimostrano i primi dati relativi all'anno 2016
contenuti nel Report sul monitoraggio della sospensione dall'obbligo
vaccinale, «Per le vaccinazioni ex-obbligatorie e per le altre
offerte nel vaccino esavalente si riscontra un progressivo aumento
delle coperture, che, iniziata per la coorte dei nati nel 2015 si e'
ulteriormente rafforzata per la coorte 2016. Complessivamente si ha
una copertura del 91,6% per prima dose dell'esavalente (tetano,
difterite, poliomielite, epatite B, pertosse ed hib) per la coorte
2016. Tale valore sale per la sola coorte dei nati nel secondo
semestre 2016, per la poliomielite al 92,6%, massimo rilevate nelle
ultime nove coorti semestrali» (27) .
A cio' si aggiunga che il modello applicato in Veneto al di fuori
delle vaccinazioni ex-obbligatorie ha condotto a coperture elevate
anche con riferimento alle altre vaccinazioni raccomandate. Per molte
di queste, i tassi raggiunti (con riferimento ai nati della coorte
2014, cui si riferiscono gli ultimi dati disponibili) sono superiori
alla media nazionale: morbillo 89,19% (media nazionale: 87,26%);
varicella 85,53% (media nazionale 46,06%); meningococco C 90,64%
(media nazionale: 80,67%); parotite 89,07% (media nazionale: 87,20%);
rosolia 89,14% (media nazionale 87,19%) (28) .
Del resto, come emerge dall'approfondita «Indagine sui
determinanti del rifiuto dell'offerta vaccinale nella Regione
Veneto», condotta dal Dipartimento di prevenzione Azienda ULSS di
Verona, «la strategia vaccinale della Regione Veneto di sospensione
dell'obbligo e' vincente: non influisce negativamente sulle scelte
dei genitori ma permette, nel contempo, di aprire spazi e
possibilita' di confronto che sono risultati essere una forte
esigenza di tutta la popolazione» (29) .
Quest'ultima ricerca, inoltre, rivela che dal punto di vista
statistico la sospensione dell'obbligo vaccinale gioca un ruolo del
tutto marginale sulla scelta dei genitori di vaccinare o meno i
propri figli (30)
Infine, allo scopo di estendere ulteriormente le coperture
vaccinali ed evitare al contempo eventuali diminuzioni, la Giunta
della Regione Veneto ha recentemente adottato la DGR n. 1935 del 29
novembre 2016 (31) con la quale, oltre a ribadire le numerose
attivita' gia' svolte in termini di informazione e sensibilizzazione
della popolazione, di formazione continua degli operatori sanitari e
di controllo costante dei dati, e' stato disposto l'avvio delle
seguenti azioni:
i) predisposizione di accordi di collaborazione tra la Regione
Veneto e gli ordini professionali e le associazioni sindacali per la
segnalazione di controinformazione da parte degli operatori sanitari;
ii) attivazione di una campagna informativa straordinaria per
la popolazione generale;
iii) promozione di un'adeguata informazione e formazione dei
professionisti sanitari;
iv) l'introduzione di una procedura con cui sara' necessario
presentare, per l'accesso a nidi e scuole per l'infanzia, la
documentazione sulle avvenute vaccinazioni, da inviare poi al sindaco
dell'ULSS territorialmente competente per la valutazione su eventuali
rischi individuali e/o collettivi; il sindaco, quale autorita'
sanitaria locale, potra' assumere la decisione di allontanare
temporaneamente il bambino in questione dalla struttura o non
ammetterlo alla frequenza, previo parere del Servizio di igiene e
sanita' pubblica (SISP).
Da quanto esposto, dunque, si evince come la Regione Veneto sia
particolarmente attenta alla gestione delle vaccinazioni nel proprio
territorio, consapevole che il superamento del vincolo
dell'obbligatorieta' (a suo tempo condiviso con il governo centrale)
rappresenta un importante valore aggiunto sia nel perseguimento degli
obiettivi di copertura, sia nella diffusione di una maggiore
consapevolezza da parte della popolazione nelle scelte riguardanti la
vaccinazione dei minori.
2.4. Alla luce degli ottimi risultati conseguiti dal sistema
sperimentato dalla Regione Veneto (che la colloca stabilmente tra le
migliori regioni italiane per copertura vaccinale rispetto a tutte le
patologie indicate dall'art. 1, comma 1, decreto-legge n. 73 del
2017), appare del tutto irragionevole e mancante di proporzionalita'
la decisione del legislatore statale di imporre, in modo immediato e
assolutamente automatico, il passaggio da una strategia vaccinale
basata sulla convinzione a una basata sulla coercizione.
Se e' vero, infatti, che l'art. 32 della Costituzione consente di
contemperare il diritto individuale alla salute e alle cure
liberamente scelte con l'interesse alla salute dell'intera
collettivita', e' anche vero che il bilanciamento operato dal
legislatore deve rispondere ai canoni della ragionevolezza e della
proporzionalita', la cui violazione e' sindacabile in sede di
giudizio di legittimita' costituzionale.
Peraltro, nella sentenza n. 258 del 1994 codesta ecc.ma Corte ha
stabilito che le leggi che prevedono l'obbligatorieta' delle
vaccinazioni sono compatibili con il precetto costituzionale a tutela
della salute di cui all'art. 32 della Costituzione, in virtu' del
contemperamento tra i valori che tale articolo contempla, ossia il
diritto alla salute della collettivita', da un lato, e il diritto
alla salute del singolo, dall'altro.
Tuttavia, e' ben lontano dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma
Corte costituzionale affermare che la tutela della salute del singolo
debba cedere automaticamente di fronte al diritto alla salute della
collettivita': l'eventuale introduzione di una normativa che imponga
l'obbligatorieta' dei vaccini deve muoversi, infatti, nell'ottica di
un ragionevole bilanciamento delle due necessita'.
Cio' in quanto non si puo' dissolvere la solenne proclamazione
del diritto alla salute nell'inciso «interesse della collettivita'»,
con un'interpretazione della norma che, privilegiando il richiamo
all'interesse generale, traduca automaticamente e a prescindere
dall'esistenza di un modello regionale efficace, un diritto in
soggezione avvalendosi dell'interesse generale, se non a costo di
modificare il modello stesso cui si informa la nostra Costituzione.
Il fondamentale diritto dell'individuo alla salute, dunque, «non
puo' essere considerato in principio e in ogni caso cedevole, per la
sua qualificazione di diritto sociale nei confronti del dovere dello
Stato e dei provvedimenti adottati a tutela dell'interesse della
collettivita'» (32)
Un'interpretazione dell'art. 32, comma 1, Cost., diretta a
privilegiare oltre misura il richiamo all'interesse della
collettivita', non potrebbe quindi mai essere condivisa, in quanto
racchiuderebbe in se' «i germi per una completa subordinazione
dell'interesse individuale a quello statale, e, condotta alle sue
implicite ma estreme conseguenze, potrebbe (...) giustificare
qualsiasi trattamento coattivo che possa pero' consentire migliori
contributi dell'individuo al benessere sociale». (33)
E' stato proprio questo aspetto del bene della salute umana che
e' stato posto in evidenza dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma
Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 88 del 1979,
laddove si e' affermato che il bene afferente alla salute «e'
tutelato dall'art. 32 della Costituzione non solo come interesse
della collettivita', ma anche e soprattutto come diritto fondamentale
dell'individuo, sicche' si configura come un diritto primario ed
assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra privati (...),
da ricomprendere tra le posizioni soggettive direttamente tutelate
dalla Costituzione».
Pertanto, il principio costituzionale del rispetto della persona
umana, letto in stretto collegamento con l'art. 2 della Costituzione,
pone in primo piano il problema del consenso della persona che debba
comunque sottoporsi a trattamenti sanitari; una necessita', quella
del consenso, che puo' trovare un contemperamento solo in dimostrate
e imprescindibili esigenze di tutela di valori che, ai fini di un
adeguato bilanciamento, possano porsi sullo stesso livello gerarchico
in cui si colloca quello del rispetto della persona umana.
Anche in tal caso, tuttavia, occorrerebbe sempre, da parte del
legislatore, bilanciare e ponderare i due valori costituzionalmente
protetti, rappresentati dalla tutela della salute collettiva e della
autodeterminazione, che l'obbligatorieta' delle vaccinazioni
conseguentemente limita in riferimento a scelte riguardanti la
propria salute.
Codesta ecc.ma Corte costituzionale, quindi, nella propria
giurisprudenza concernente le vaccinazioni obbligatorie non ha mai
affermato che il diritto alla salute del singolo ceda il passo sic et
simpliciter al diritto alla salute collettiva.
Nella sentenza n. 118 del 1996 ha anzi affermato: «L'esatto
inquadramento del problema di costituzionalita' che la Corte e'
chiamata a risolvere presuppone la chiarificazione del significato
del diritto costituzionale alla salute con riferimento al caso in cui
la sua dimensione individuale confligga con quella collettiva,
ipotesi che puo' ricorrere tipicamente nei casi di trattamenti
sanitari obbligatori, tra i quali rientra la vaccinazione
antipoliomielitica.
La disciplina costituzionale della salute comprende due lati,
individuale e soggettivo l'uno (la salute come «fondamentale diritto
dell'individuo»), sociale e oggettivo l'altro (la salute come
«interesse della collettivita'»). Talora l'uno puo' entrare in
conflitto con l'altro, secondo un'eventualita' presente nei rapporti
tra il tutto e le parti. In particolare - questo e' il caso che qui
rileva - puo' accadere che il perseguimento dell'interesse alla
salute della collettivita', attraverso trattamenti sanitari, come le
vaccinazioni obbligatorie, pregiudichi il diritto individuale alla
salute, quando tali trattamenti comportino, per la salute di quanti
ad essi devono sottostare, conseguenze indesiderate, pregiudizievoli
oltre il limite del normalmente tollerabile.
Tali trattamenti sono leciti, per testuale previsione dell'art.
32, secondo comma, della Costituzione, il quale li assoggetta ad una
riserva di legge, qualificata dal necessario rispetto della persona
umana e ulteriormente specificata da questa Corte, nella sentenza n.
258 del 1994, con l'esigenza che si prevedano ad opera del
legislatore tutte le cautele preventive possibili, atte a evitare il
rischio di complicanze. Ma poiche' tale rischio non sempre e'
evitabile, e' allora che la dimensione individuale e quella
collettiva entrano in conflitto. Il caso da cui trae origine il
presente giudizio di costituzionalita' ne e' un esempio».
Ha quindi precisato che: «la vaccinazione antipoliomielitica
comporta infatti un rischio di contagio, preventivabile in astratto -
perche' statisticamente rilevato - ancorche' in concreto non siano
prevedibili i soggetti che saranno colpiti dall'evento dannoso. In
questa situazione, la legge che impone l'obbligo della vaccinazione
antipoliomielitica compie deliberatamente una valutazione degli
interessi collettivi ed individuali in questione, al limite di quelle
che sono state denominate «scelte tragiche» del diritto: le scelte
che una societa' ritiene di assumere in vista di un bene (nel nostro
caso, l'eliminazione della poliomielite) che comporta il rischio di
un male (nel nostro caso, l'infezione che, seppur rarissimamente,
colpisce qualcuno dei suoi componenti). L'elemento tragico sta in
cio', che sofferenza e benessere non sono equamente ripartiti tra
tutti, ma stanno integralmente a danno degli uni o a vantaggio degli
altri.
Finche' ogni rischio di complicanze non sara' completamente
eliminato attraverso lo sviluppo della scienza e della tecnologia
mediche - e per la vaccinazione antipoliomielitica non e' cosi' -, la
decisione in ordine alla sua imposizione obbligatoria apparterra' a
questo genere di scelte pubbliche» (enfasi ns.).
Ha quindi concluso che «la Corte costituzionale ha affermato che
il rilievo dalla Costituzione attribuito alla salute in quanto
interesse della collettivita', se e' normalmente idoneo da solo a
«giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell'uomo
che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto
fondamentale», cioe' a escludere la facolta' di sottrarsi alla misura
obbligatoria (si veda, altresi' la sentenza n. 258 del 1994), non lo
e' invece quando possano derivare conseguenze dannose per il diritto
individuale alla salute. ... Ma nessuno puo' essere semplicemente
chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri,
fossero pure tutti gli altri».
Da quanto questa Ecc.ma Corte ha con estrema lucidita' precisato,
emerge quindi che l'imposizione di vaccinazioni obbligatorie attiene
all'ambito, delicatissimo, delle «scelte tragiche» del diritto.
E' del tutto evidente quindi l'illegittimita' costituzionale di
una normativa che sceglie l'imposizione generalizzata su tutto il
territorio nazionale di ben dieci vaccinazioni senza che sia
dimostrato che questa costituisca l'ultima ratio a cui l'ordinamento
non poteva che ricorrere.
E' altrettanto evidente, inoltre, che le modifiche apportate
dalla legge di conversione al testo originario del decreto-legge, pur
riducendo da dodici a dieci l'insieme delle vaccinazioni
obbligatorie, determinano in ogni caso un impatto dirompente sulla
legislazione regionale del Veneto, fondata invece sul consenso
informato e sull'alleanza terapeutica rivolta ad una adesione
consapevole; rimane quindi inalterato, per gli esposti motivi, il
carattere di lesivita' sull'autonomia regionale.
Il bilanciamento operato dal legislatore statale nel sancire
l'obbligatorieta' di dieci vaccinazioni non e' infatti in grado di
superare il test, nell'ambito del principio di proporzionalita',
della «necessita'» perche' il legislatore non ha fatto ricorso al
least-restrictive means, ovvero allo strumento che permette di
ottenere l'obiettivo prefissato con il minor sacrificio possibile di
altri diritti o interessi costituzionalmente protetti.
Il bilanciamento operato dal legislatore nelle normative
impugnate tende, invece, a fare assumere illegittimamente un «valore
tirannico» (Corte cost., sent. n. 85 del 2013) a un asserito
interesse della collettivita', senza alcuna considerazione che quello
stesso valore viene tutelato in termini sostanzialmente analoghi
dalla normativa regionale vigente, senza dover fare ricorso alla
«scelta tragica» della coercizione e della negazione di ogni spazio
al principio di autodeterminazione.
Ne' tale conclusione e' messa in discussione dalla previsione
dell'art. 1, comma 1-ter, introdotto dalla legge di conversione, che
prevede la possibilita', per il Ministero della salute, al ricorrere
di determinate condizioni, di disporre, ma solo dopo tre anni
dall'introduzione del relativo obbligo vaccinale, la cessazione
dell'obbligatorieta' per uno o piu' delle vaccinazioni previste al
comma 1-bis (riguardanti anti-morbillo; anti-rosolia; anti-parotite;
anti-varicella).
In ogni caso, infatti, l'introduzione dell'obbligo travolge, per
lo meno per i primi tre anni, il diverso modello assunto dalla
legislazione regionale.
Si conferma quindi l'illegittimita' di una normativa statale che
travolge un sistema, quale quello strutturato dalla Regione Veneto,
fondato su un sistema vaccinale piu' libero e maggiormente
responsabilizzato, incentrato sul consenso informato del destinatario
della prestazione sanitaria.
2.5. La lesione dell'autonomia regionale, peraltro, da questo
punto di vista si conferma considerando che la normativa impugnata
travolge il diverso bilanciamento tra i valori costituzionali
disposto dalla disciplina stabilita dalla Regione in quanto ente
esponenziale che si fa carico della rappresentanza degli interessi
della comunita' residente sul proprio territorio (34) .
La normativa statale impugnata, infatti, assumendo il territorio
regionale come «un elemento amorfo tale da essere suddiviso e
pianificato a piacere, quasi fosse creta nelle mani del vasaio» (35)
prescinde da qualsiasi considerazione sull'efficiente attuazione dei
valori costituzionali gia' realizzata, nel caso di specie, dalla
normativa regionale del Veneto in relazione alla propria comunita' di
riferimento.
In tal modo l'impugnata disciplina dimostra di assumere a proprio
fondamento una concezione organicistica e meramente giacobina dei
corpi sociali, che, come scrisse Luigi Sturzo criticandola, «non solo
ai bigotti e agli ignoranti, ma a molte persone illuminate sembra
dover essere uno dei caratteri dell'unita' nazionale» (36) .
In cio' la disciplina impugnata, nella sua irragionevole
uniformita' di applicazione territoriale, dimostra di contraddire il
pluralismo giuridico (37) e anche l'essenza stessa del principio
pluralista di cui all'art. 5 della Costituzione, negando in radice il
diverso bilanciamento tra i valori costituzionali attuato - si
ribadisce: in modo efficace - dalla legislazione regionale del
Veneto.
2.6. Ma c'e' di piu'. La disciplina introdotta dalle disposizioni
impugnate, in particolare quella prevista dall'art. 1, comma 1 e
1-bis, del decreto-legge cosi' come convertito - oltre a imporre una
limitazione sproporzionata al diritto individuale alla salute di cui
all'art. 32 della Costituzione -, appare inidonea a raggiungere gli
obiettivi che si prefigge con riferimento alla maggior parte delle
patologie considerate e comunque eccessiva rispetto al suo scopo.
Quanto al tetano, trattandosi di una patologia con un bassissimo
tasso di incidenza (un caso su un milione), con una mortalita'
inferiore alla meta' dei casi e la cui trasmissione non avviene per
contagio fra persone, la vaccinazione ha un valore limitato alla
protezione del singolo individuo e non si giustifica quindi una
campagna vaccinale per motivi di interesse pubblico. In altre parole,
difetta, in relazione a questa patologia un vero e proprio interesse
della collettivita', dal momento che la stessa, appunto, non si
diffonde per contagio, pertanto l'inclusione del vaccino antitetanico
tra gli obbligatori difetta del requisito necessario per essere
compatibile con l'art. 32 della Costituzione: «preservare lo stato di
salute degli altri» (Corte cost. sent. n. 307/1990).
Quanto all'epatite B, non esiste allo stato attuale un'emergenza
di sanita' pubblica che giustifichi il ricorso alla vaccinazione
obbligatoria in eta' infantile, dato che le epatiti da HBv, come le
altre a trasmissione ematica quali epatiti C e Delta, hanno mostrato
negli ultimi decenni un'importante e costante riduzione
dell'incidenza e che i soggetti maggiormente a rischio di contrarre
la malattia sono quelli di eta' compresa tra i 35 e i 54 anni (con
un'incidenza di 1,4 casi su 100.000), sebbene si sia assistito a un
calo dell'incidenza anche in questo gruppo di popolazione.
Quanto alla difterite, non esiste alcuna emergenza sanitaria, dal
momento che dagli anni '90 a oggi in Italia si sono registrati
soltanto due casi di difterite respiratoria causati da C. diphtheriae
produttori di tossina (uno nel 1993 dovuto a C. diphtheriae biotipo
gravis e l'altro, nel 1995, dovuto a C. diphtheriae biotipo mitis).
Nel periodo 2000-2014 i casi di difterite, confermati
microbiologicamente presso l'ISS, sono stati due, entrambi segnalati
nel Nord Italia e causati da C. ulcerans. Nello stesso periodo sono
stati segnalati anche cinque casi di infezioni dovuti a ceppi di C.
diphtheriae non produttori di tossina (notiziario ISS marzo 2015).
Quanto alla poliomielite, l'ultimo caso nel nostro Paese si e'
registrato nel 1982.
Quanto all'Haemophilus influenzae tipo b, l'incidenza in Italia
e' molto bassa, come si evidenzia dal seguente grafico dell'Istituto
superiore di sanita'.
Inoltre, riguardo alla vaccinazione contro l'Emofilo,
ingiustificata nei soggetti immuno competenti dopo i 5 anni di eta',
il mantenimento dell'obbligatorieta' fino a 16 anni risulta
contraddetto da quanto riportato nella stessa, prima citata,
circolare del Ministero della salute del 16 agosto 2017 che a pag. 4,
nota 1, recita: «L'obbligatorieta' del vaccino anti Hib trova
indicazione, come da scheda tecnica, principalmente nei bambini;
tuttavia, non solo e' possibile utilizzarlo a qualsiasi eta' senza
alcun rischio, ma trova un'importante prescrizione nei soggetti ad
alto rischio, quali gli immunodepressi o in chi e' affetto da gravi
patologie che richiedono maggiori coperture. Data l'epidemiologia
dell'Haemophilus influenzae, che oltre i 5 anni di eta' non pone un
alto rischio di malattia invasiva, salvo in soggetti particolari, in
caso di attestata immunita' naturale, si puo' ricorrere a una
combinazione di vaccini senza di esso».
Quanto alla pertosse, l'incidenza negli ultimi anni si e' sempre
mantenuta sotto l'1 per 100.000.
Per quanto riguarda, infine, il morbillo, valgono le
considerazioni svolte supra, al punto 1.2, sull'inidoneita' delle
misure introdotte dal decreto-legge, cosi' come convertito, a
contrastare l'attuale recrudescenza dell'infezione a causa
dell'assoluta peculiarita' della stessa. Peraltro, anche qualora si
ritenesse utile ricorrere alla vaccinazione obbligatoria unicamente
per questa patologia, appare senz'altro eccessiva l'introduzione di
un obbligo generale e non gia' territorialmente circoscritto alle
sole aree interessate. Da questo punto di vista, quindi, la mera
possibilita', introdotta dalla legge di conversione, che tale obbligo
possa essere rimosso decorsi tre anni non e' sufficiente a
ristabilire la ragionevolezza della previsione.
Si conferma dunque, anche sotto questo profilo, l'evidente
irragionevolezza, con violazione dell'art. 3 Cost., delle scelte
operate dal legislatore statale con l'adozione della normativa
impugnata, nella misura in cui impone l'obbligo di vaccinazione per
patologie non a rischio epidemico.
2.6. Infatti, il necessario rispetto del principio di
precauzione, secondo cui, «in presenza di un'alternativa che presenti
un rischio per la salute umana - anche non del tutto accertato - il
decisore pubblico deve optare per la soluzione che consenta di
neutralizzare o minimizzare il rischio» (cfr., ex multis, Cons. St.,
sez. III, ord. 20 aprile 2017, n. 1662), impropriamente posto dal
Governo a fondamento del decreto-legge n. 73 del 2017, avrebbe
dovuto, al contrario, indurlo a limitare (in misura ben piu' estesa
di quanto disposto dalle modifiche operate in sede di conversione)
l'obbligo vaccinale alle sole situazioni in cui esso si rende
realmente necessario. E cio', non gia' in forza di un'astratta e del
tutto apodittica affermazione circa l'esigenza di raggiungere una
copertura del 95% per tutte le patologie elencate all'art. 1, commi 1
e 1-bis, ma in base a un'accurata e specifica valutazione
epidemiologica (che non risulta essere mai stata compiuta) del
rischio di diffusione delle singole malattie infettive nei diversi
contesti spazio-temporali.
Peraltro, dal momento che non risulta vi siano altri paesi al
mondo in cui si fatta esperienza di un sistema di profilassi che
somministra in modo obbligatorio dieci vaccini, ne deriva anche che
non esistono studi disponibili per valutare gli esiti concreti della
loro applicazione nel breve nel medio e nel lungo periodo, con
l'obiettivo di valutare se questo tipo di sistema aumenta realmente
le coperture vaccinali.
Da questo punto di vista, le norme impugnate, proprio
contraddicendo il pur invocato principio di precauzione, introducono,
come e' stato affermato, una sorta di grottesca «sperimentazione di
massa» obbligatoria senza un adeguato consenso informato, senza il
sostegno di un preventivo sistema di farmacovigilanza e senza una
supervisione bioetica (38)
Anche sotto questo profilo risulta quindi confermata la
violazione degli enunciati parametri costituzionali (2, 3 e 32
Cost.), ulteriormente aggravata dalla circostanza che nel
decreto-legge n. 73 del 2017, cosi' come convertito, non si rinviene
alcuna traccia, a fronte ad un incremento cosi' consistente del
numero delle vaccinazioni obbligatorie, di alcuna misura di
valutazione preventiva del rischio e conseguente suo alleviamento.
La mera previsione di un esonero in caso di accertato pericolo
per la salute in relazione a specifiche condizioni cliniche
documentate attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra
di libera scelta (art. 1, comma 3) non rappresenta una adeguata forma
di cautela o di analisi prodromica del rischio, la quale resta
affidata al caso o alla «onerosa» previdenza dei genitori.
Sarebbe stato, invece, necessario come affermato dalla sentenza
n. 258 del 1994 codesta ecc.ma Corte, individuare e prescrivere «gli
accertamenti preventivi idonei a prevedere ed a prevenire i possibili
rischi di complicanze» e il legislatore avrebbe dovuto prevedere
«tutte le cautele preventive possibili, atte a evitare il rischio di
complicanze» (sent. n. 118 del 1996).
Di cio', come detto, manca invece ogni traccia nel decreto-legge,
salvo per quanto disposto in assolutamente termini generici dall'art.
1, comma 1-ter, dove, in relazione alla possibilita' di sospensione
dell'obbligo, si accenna a possibili «reazioni avverse» ma solo in
riferimento alle vaccinazioni anti-morbillo; anti-rosolia;
anti-parotite; anti-varicella.
Si conferma quindi pienamente la violazione degli articoli 2, 3 e
32 della Costituzione.
2.7. Le disposizioni impugnate devono essere dichiarate
incostituzionali - oltre che per le ragioni fin qui illustrate -
anche per violazione del principio di buon andamento
dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost., in combinato disposto
con gli artt. 117, comma 3, e 118 Cost., in quanto determinano una
grave ingerenza nelle competenze regionali in materia di
organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario regionale, con
potenziali ricadute negative sulla capacita' della Regione di erogare
efficacemente i servizi sanitari.
Le misure da esse previste costringono, infatti, le regioni -
anche quelle dotate, come il Veneto, di un'efficace strategia
vaccinale, in grado di conciliare la liberta' di scelta degli
individui con l'interesse della collettivita' - a concentrare le
proprie risorse e il proprio personale sanitario sulle vaccinazioni e
sulle procedure per far fronte ai nuovi obblighi previsti dal
decreto-legge (art. 1, commi 1 e 1-bis) e ai connessi adempimenti
amministrativi (art. 1, commi 2, 3, 4 e art. 3, comma 2, art. 3-bis,
comma 2, art. 4, commi 3 e 4), a danno degli altri LEA, con
conseguente sacrificio del fondamentale diritto alla salute dei
cittadini (art. 32 Cost.).
Si tratta di un impatto che non riceve alcuna considerazione
nelle norme impugnate: la circostanza viene rilevata anche nel
Dossier n. 185 del Servizio Bilancio del Senato
(http://www.senato.it/service/pdf/pdfserver/bgt/01027800.pdf, pag.
12): «l'estensione degli obblighi vaccinali potrebbe determinare un
aumento in termini quantitativi degli adempimenti correlati a tali
competenze. Si tratta, pertanto, di valutare, perlomeno in linea di
massima, la percentuale attesa di aggravio lavorativo sulle anzidette
strutture, e fornire chiarimenti in merito alla sostenibilita' di
tale (eventuale) aggravio a valere sulle risorse umane, strumentali e
finanziarie ordinariamente disponibili».
Ne' va trascurato che le stesse norme, condizionando l'accesso ai
servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia alla
presentazione della documentazione relativa all'adempimento
dell'obbligo vaccinale (art. 3, comma 3) e comminando sanzioni
amministrative (che rimangono pesanti anche se ridotte dalla modifica
introdotta dalla legge di conversione) alle famiglie che non
sottopongano i propri figli alle vaccinazioni obbligatorie (art. 1,
comma 4), sono suscettibili di incidere negativamente sulla capacita'
delle regioni di erogare i servizi per l'infanzia (art. 31 Cost.) e
di garantire il diritto allo studio nell'ambito delle istituzioni
scolastiche ed educative (art. 34 Cost.).
Infine, dal momento che la citata circolare del Ministero della
salute del 16 agosto 2017 ha precisato che la sanzione per il mancato
rispetto dell'obbligo vaccinale viene applicata una sola volta e «non
sara' comminata nuovamente all'inizio di ogni anno scolastico» (pag.
9), di fatto la disciplina introdotta dal decreto-legge, cosi' come
convertito, consente ai genitori in grado di pagare la sanzione - con
discriminazione quindi verso i non abbienti, di mantenere i propri
figli non vaccinati alla scuola dell'obbligo con violazione, anche
sotto questo profilo, dell'art. 3 della Costituzione, sia sotto il
profilo della ragionevolezza che del principio di eguaglianza.
2.8. Tutte le violazioni delle norme costituzionali indicate nel
punto 2.1 e specificate nei punti successivi del presente ricorso
determinano quindi un'evidente ridondanza sulle competenze e
attribuzioni di spettanza regionale di cui agli articoli 117, commi 3
e 4, e 118 Cost. in relazione alla materie tutela della salute,
istruzione e istruzione professionale.
Oltre all'obbligo imposto alle aziende sanitarie di provvedere
alle vaccinazioni rese obbligatorie, va ricordato, nello specifico
che l'art. 1, comma 4, dispone che, in caso di mancata osservanza
dell'obbligo vaccinale, «ai genitori esercenti la responsabilita'
genitoriale, ai tutori o ai soggetti affidatari ai sensi della legge
4 maggio 1983, n. 184, e' comminata la sanzione amministrativa
pecuniaria da curo cento a euro cinquecento»; tale sanzione non si
applica qualora, in seguito alla contestazione da parte dell'azienda
sanitaria locale territorialmente competente, i genitori o i tutori
provvedano a far somministrare al minore il vaccino.
Ne consegue che, anche alla luce quanto previsto dal successivo
art. 3, comma 2, l'accertamento e la contestazione del mancato
rispetto dell'obbligo spettano all'azienda sanitaria locale
competente per territorio, la quale, se ricorrono i presupposti,
dovra' anche irrogare la sanzione prevista (e' stata invece
soppressa, con la legge di conversione, la norma di cui all'art. 1,
comma 5, che disponeva che a seguito del mancato rispetto del termine
indicato dall'azienda sanitaria locale in sede di contestazione
quest'ultima era tenuta a «segnalare l'inadempimento dell'obbligo
vaccinale alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i
minorenni per gli eventuali adempimenti di competenza»; ne consegue
che in relazione a tale norma si deve ritenere cessato l'interesse
regionale al ricorso espresso nell'impugnativa avverso il testo
originario del decreto-legge).
Ulteriori adempimenti sono posti a carico delle aziende sanitarie
locali dall'art. 3, comma 2, del decreto, ai sensi del quale queste
ultime ricevono le segnalazioni relative alla mancata presentazione
della documentazione concernente l'adempimento degli obblighi
vaccinali inviate loro dai dirigenti scolastici delle istituzioni del
sistema nazionale di istruzione e dai responsabili dei servizi
educativi per l'infanzia, dei centri di formazione professionale
regionale e delle scuole private non paritarie. La segnalazione
comporta l'obbligo per l'azienda sanitaria locale di provvedere agli
adempimenti relativi all'accertamento ed eventuale irrogazione della
sanzione prevista dall'art. 1 del decreto.
Le disposizioni citate, quindi, si confermano come norme che,
travolgendo il modello della legge reg. n. 7 del 2007, incidono
sull'organizzazione regionale dei servizi sanitari - che, come piu'
volte chiarito da codesta ecc.ma Corte, sotto il profilo della
potesta' legislativa e' da ritenersi «parte integrante della
'materia' costituita dalla 'tutela della salute' di cui al terzo
comma del citato art. 117 Cost.» (Corte cost. sent. n. 371 del 2008;
cfr. anche, ex multis, sentt. n. 105 del 2007, nn. 328 e 181 del
2006, nn. 384 e 270 del 2005, n. 510 del 2002), con quindi una
evidente ridondanza sulla autonomia regionale in materia.
In tale ambito, peraltro, occorre aggiungere che lo Stato
potrebbe intervenire solamente definendo i principi fondamentali,
mentre le disposizioni che incidono «su profili che attengono
direttamente all'organizzazione del servizio sanitario» devono essere
considerate quali disposizioni di dettaglio (Corte cost. sent. n. 371
del 2008).
Come gia' anticipato, le previsioni normative qui censurate
introducono invece adempimenti e obblighi puntuali e dettagliati
direttamente in capo alle aziende sanitarie locali, chiamate, oltre
che a somministrare i vaccini, anche a svolgere le descritte
attivita' di accertamento, segnalazione, contestazione e irrogazione
delle sanzioni amministrative previste dal decreto-legge.
In questo modo, in violazione anche diretta dell'art. 117, terzo
comma, in materia di tutela della salute, non vengono introdotti
principi fondamentali, ma disciplinati in dettaglio profili
direttamente attinenti all'organizzazione dei servizi sanitari, la
cui competenza legislativa spetta invece chiaramente alle regioni.
Anche con riferimento alle disposizioni, di cui agli artt. 3 e 4,
del decreto-legge n. 73 del 2017, cosi' come convertito, riguardanti
gli adempimenti vaccinali per l'iscrizione ai servizi educativi per
l'infanzia e alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione le
violazioni sinora censurate ridondano su competenze e attribuzioni
regionali.
In particolare, l'art. 4, comma 1, del decreto-legge, cosi' come
convertito, dispone che i minori per i quali le vaccinazioni
obbligatorie possono essere omesse o differite in caso di accertato
pericolo per la salute «sono inseriti, di norma, in classi nelle
quali sono presenti solo minori vaccinati o immunizzati, fermi
restando il numero delle classi determinato secondo le disposizioni
vigenti e i limiti di cui all'art. 1, comma 201, della legge 13
luglio 2015, n. 107 e all'art. 19, comma 7, del decreto-legge 6
luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
luglio 2011, n. 111». L'articolo censurato prosegue, al comma 2,
disponendo che i dirigenti e responsabili scolastici comunichino
all'azienda sanitaria locale, «entro il 31 ottobre di ogni anno, le
classi nelle quali sono presenti piu' di due minori non vaccinati».
Tali disposizioni violano direttamente le attribuzioni regionali
relative alla competenza concorrente in materia di istruzione e alla
competenza residuale in materia di istruzione e formazione
professionale di cui agli artt. 117, terzo e quarto comma, Cost, e in
ogni caso determinano una ridondanza della suddetta disciplina sulle
stesse competenze regionali.
In particolare, si realizza una lesione in relazione alla
programmazione scolastica regionale e al dimensionamento della rete
delle istituzioni scolastiche sul territorio, ambiti di sicura
competenza legislativa regionale. Come infatti affermato da codesta
ecc.ma Corte, «l'ampio decentramento delle funzioni amministrative
... ha visto delegare importanti e nuove funzioni alle regioni, fra
cui anzitutto quelle di programmazione dell'offerta formativa
integrata tra istruzione e formazione professionale ..., e di
programmazione della rete scolastica ... Sicche', proprio alla luce
del fatto che gia' la normativa antecedente alla riforma del titolo V
prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle
istituzioni scolastiche, e quindi postulava la competenza sulla
programmazione scolastica ..., e' da escludersi che il legislatore
costituzionale del 2001 «abbia voluto spogliare le regioni di una
funzione che era gia' ad esse conferita» (sent. n. 34 del 2005; in
senso conforme Corte cost. sentt. n. 147 del 2012 e n. 200 del 2009).
Peraltro, anche l'istituzione di nuove sezioni nelle scuole
dell'infanzia gia' esistenti, «attiene, in maniera diretta, al
dimensionamento della rete scolastica sul territorio» (Corte cost.
sent. n. 92 del 2011).
Le disposizioni di cui all'art. 4, quindi, introducendo norme che
incidono sulla conformazione delle classi, si riflettono anche sulla
programmazione e sul dimensionamento delle istituzioni del sistema
scolastico, dei servizi educativi per l'infanzia e dei centri di
formazione professionale. Non e' da escludersi, infatti, che la
necessita' di inserire minori che non possono vaccinarsi in classi in
cui tutti gli altri alunni siano immunizzati possa confliggere con le
disposizioni regionali in materia di dimensionamento degli istituti.
Tale evenienza potrebbe essere ancor piu' probabile nei comuni di
piccole dimensioni, in cui gli istituti scolastici presentano un
numero di iscritti inferiore alla media.
In tali casi, quindi, il corretto sviluppo dell'autonomia
regionale in materia di programmazione e dimensionamento della rete
scolastica territoriale e dei servizi educativi risulta quindi
limitato dall'applicazione delle disposizioni censurate, con evidente
violazione diretta e, in ogni caso, altrettanto evidente ridondanza
sulle competenze regionali in materia di istruzione (art. 117, comma
3, Cost.) e istruzione e formazione professionale (art. 117, comma 4,
Cost.), nonche' sull'autonomia amministrativa regionale tutelata
dall'art. 118 Cost.
Infine, anche gli obblighi introdotti, con la nuova procedura di
cui all'art. 3-bis a carico dei dirigenti scolastici, dei
responsabili dei servizi educativi per l'infanzia e dei centri di
formazione professionale regionale, nonche' delle aziende sanitarie
confermano sia la violazione diretta sia la ridondanza sulle
competenze regionali in materia di istruzione, istruzione e
formazione professionale, tutela della salute.
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 1-bis, 1-ter,
2, 3, 4, 6-ter, nonche' degli articoli 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7
del decreto-legge n. 73 del 2017, cosi' come convertiti dalla legge
n. 119 del 2017, per violazione degli articoli 81, comma 3, e 119,
commi 1 e 4, della Costituzione.
3.1. L'art. 7 («Disposizioni finanziarie») stabilisce che:
«1. Agli oneri derivanti dall'art. 2, comma 3, pari a
duecentomila euro per l'anno 2017, si provvede mediante
corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art.
1 della legge 18 dicembre 1997, n. 440;
2. Dall'attuazione del presente decreto, a eccezione delle
disposizioni di cui all'articolo 2, comma 3, non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».
In questi termini le nuove vaccinazioni obbligatorie imposte
dall'art. 1, commi 1 e 1-bis, per i minori di eta' compresa tra zero
e sedici anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati, come
«obbligatorie e gratuite", risultano prive di adeguata copertura
finanziaria, in violazione degli artt. 81, comma 3, Cost. ("ogni
legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi
fronte"), che conseguentemente ridonda in violazione, anche diretta
ed autonoma, dell'art. 119, commi 1 e 4, Cost.
Nessuna copertura, ad eccezione di quella per le iniziative di
formazione, viene infatti prevista per gli ingenti oneri derivanti
dalle nuove vaccinazioni che vengono rese obbligatorie, e del tutto
surrettiziamente l'art. 7, comma 2, afferma che dalle altre
disposizioni del decreto-legge non derivano oneri per la finanza
pubblica.
In realta' maggiori ed ingenti oneri, come si precisera' di
seguito, vengono imposti, da piu' punti di vista, alle strutture del
servizio sanitario regionale in assenza di adeguata copertura
finanziaria, in violazione quindi della garanzia costituzionale
dell'autonomia finanziaria e del principio per cui «le risorse
derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai
Comuni, alle Province, alle Citta' metropolitane e alle Regioni di
finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite".
In questi termini la mancanza di copertura determina una lesione
dell'autonomia finanziaria regionale, dal momento che, come affermato
in piu' occasioni da codesta ecc.ma Corte costituzionale, la
«garanzia di tale autonomia, infatti, comporta che non possano essere
addossati al bilancio regionale (o provinciale) gli oneri derivanti
da decisioni non imputabili alla regione stessa» (gia' sent. n. 452
del 1989), per cui «la disponibilita' finanziaria costituisce limite
alla autonomia, con duplice funzione di protezione dei vari soggetti
e con carattere di reciprocita', cioe' nel senso che gli enti di
autonomia debbono provvedere con risorse proprie in presenza di
maggiori spese dipendenti da proprie scelte, giustificabili da
esigenze locali. Cosi' lo Stato, una volta trasferiti o determinati i
mezzi finanziari di cui vi e' disponibilita', puo' rifiutare di
addossarsi gli ulteriori disavanzi per spese estranee alle proprie
scelte o dipendenti da determinazioni degli enti gestori, ma non puo'
addossare al bilancio regionale oneri relativi alla spesa sanitaria
che derivano da decisioni non imputabili alle regioni stesse» (cosi'
sent. n. 416 del 1995; si vedano anche sentt. n. n. 283 del 1991, 369
del 1992 e 22 del 2012).
3.2. Nello specifico la mancanza di adeguata copertura delle
norme impugnate si evidenzia gia' nella stessa relazione tecnica al
decreto-legge (Atti Parlamentari, Camera dei deputati, XVII
Legislatura, A.C. 4533).
In essa, infatti, si afferma che, oltre alla copertura delle
quattro vaccinazioni gia' obbligatorie, «delle ulteriori otto [ora
sei] introdotte con il presente decreto, cinque (anti-morbillo,
anti-parotite, anti-rosolia, anti-pertosse e anti-Haemophilus
influenzae b), rientrano nei livelli essenziali di assistenza (LEA)
fin dal 2001, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 29 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8
febbraio 2002, n. 33".
A fronte della facile obiezione che nei suddetti Lea questi
ultimi cinque vaccini non erano obbligatori, la Relazione tecnica ha
cura di precisare che l'obiettivo di copertura vaccinale pari al 95%
«e' stato inserito anche nella relazione tecnica al decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, recante
«Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di
cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502".
Tuttavia, essa omette di considerare che la Relazione tecnica al
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017,
recante i nuovi LEA, facendo riferimento al PNPV 2016-2018, aveva
avuto cura di specificare come l'obiettivo della copertura vaccinale
al 95% fosse un obiettivo graduale da raggiungere per il 2018,
ipotizzando peraltro che non tutta la popolazione di riferimento
avrebbe fatto ricorso al vaccino nei tempi proposti. Il successivo
PNPV 2017-2019, infatti, ha spostato il suddetto obiettivo di
copertura al 2019.
Ma soprattutto la Relazione tecnica omette di considerare
completamente la questione delle risorse necessarie per il recupero
dei non vaccinati (coorti 2001-2016), essendo la copertura precedente
relativa solo ai nati nel 2017.
Non solo.
La stessa Relazione tecnica, se da un lato riconosce che «gli
oneri derivanti dalle vaccinazioni raccomandate dal PNPV 2017-2019
hanno trovato copertura finanziaria nell'articolo 1, comma 408, della
legge 11 dicembre 2016, n. 232, che a decorrere dall'anno 2017,
nell'ambito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale,
prevede una specifica finalizzazione, pari a 100 milioni di euro per
l'anno 2017, a 127 milioni di euro per l'anno 2018 e a 186 milioni di
euro a decorrere dall'anno 2019", dall'altro e' costretta ad
ammettere che «Tale stanziamento copre il raggiungimento degli
obiettivi di copertura vaccinale di tutte le vaccinazioni rese
obbligatorie dal presente decreto [ma questo in ogni caso non vale,
come detto per coprire i costi del recupero delle coorti 2001-2016],
ad eccezione dell'antimeningococco B e dell'anti-varicella, per le
quali nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12
gennaio 2017 e nel PNPV era definito un obiettivo di copertura
vaccinale pari al 60% per l'anno 2017, al 75% per l'anno 2018,
nonche' la copertura vaccinale indicata dall'OMS a decorrere
dall'anno 2019".
Tuttavia, a fronte di tale realistica considerazione, la
Relazione tecnica perviene subito dopo alla irrealistica e infondata
considerazione della assenza di nuovi e maggiori oneri sulla base di
una artificiosa rimodulazione dei dati utilizzati nella relazione
tecnica di soli pochi mesi prima (quella al DPCM del 12 gennaio
2017), ipotizzando quindi a) riduzione della coorte di popolazione
interessata dalle predette vaccinazioni, per effetto del calo
demografico; b) una riduzione del prezzo dei vaccini; c) una
riduzione del numero di dosi di anti-meningococco B da somministrare,
per il solo anno 2017.
Da qui la conclusione, per cui:
«per l'anno 2017, con riferimento all'anti-varicella, non
sussiste alcun onere aggiuntivo;
per l'anno 2017, per l'anti-meningococco B, pur considerato
l'incremento dell'obiettivo di copertura vaccinale (dal 60% al 95%) -
moltiplicando la coorte di popolazione di riferimento per il prezzo
delle dosi di vaccini da somministrare - si verifica che l'onere
associato e' coerente con la copertura prevista a legislazione
vigente;
per l'anno 2018, per l'anti-meningococco B e per
l'anti-varicella, pur considerato l'incremento dell'obiettivo di
copertura vaccinale (dal 75% al 95%) - moltiplicando la coorte di
popolazione di riferimento per il prezzo delle dosi di vaccini da
somministrare - si stima un onere leggermente superiore alla
copertura prevista a legislazione vigente (cfr. Tabella 1), che
tuttavia e' compensato dal minor costo per gli altri vaccini ove si
utilizzino i dati aggiornati della popolazione».
E' evidente quindi che la copertura viene riscontrata sulla base
di dati del tutto aleatori (perlomeno per quanto riguarda l'anti
varicella rimasto obbligatorio).
La circostanza e' stata rilavata anche dal citato Dossier del
Servizio Bilancio del Senato, dove si precisa: che «l'articolato e
molto severo apparato sanzionatorio potrebbe condurre ad un
superamento dell'obiettivo del 95% su cui sarebbero calibrati gli
stanziamenti", per cui «si rappresenta, in sostanza, la possibilita',
non valutata dalla RT, che maggiori oneri rispetto a quelli
teoricamente gia' calcolati sulla base dei nuovi LEA si presentino
anche per tutte le 9 vaccinazioni appena considerate (4+2+3), in
relazione ad un eventuale superamento della quota del 95%, assunta
come obiettivo auspicabile di politica sanitaria ... Sarebbe quindi
opportuno valutare l'inserimento di una clausola di monitoraggio
conforme a quanto previsto dai commi 12 e seguenti dell'articolo 17
della legge di contabilita', prevedendosi quindi, se necessario, la
riduzione di altri stanziamenti per far fronte agli scostamenti
dell'andamento degli oneri rispetto alle previsioni.» (pag. 8).
Nel medesimo Dossier viene altresi' rilevato, in relazione alla
ipotetica copertura derivante dalla altrettanto ipotetica riduzione
dei prezzi dei vaccini, che «tale modalita' di copertura, che in
realta' coinvolge anche i profili di quantificazione degli oneri
relativi al presente decreto, in rapporto ai prezzi dei due vaccini
in parola, se risulta accettabile nell'ottica dei saldi tendenziali
(evidentemente costruiti sulla base dei precedenti prezzi), non si
puo' tuttavia considerare perfettamente coerente con il principio
della legislazione vigente, atteso che tali correzioni di prezzo si
sarebbero verificati (anzi, per la stessa RT, si sono gia'
verificati) anche in assenza delle norme in esame» ... «Non appare
quindi contabilmente corretto tenerne conto nella costruzione dei
tendenziali, perlomeno in termini differenziali rispetto a quelli
attesi sulla base della legislazione previgente» (p.10).
Inoltre, il Dossier evidenzia che «Non appaiono persuasive
nemmeno le considerazioni svolte dalla RT in ordine alla questione
dei minori stranieri non accompagnati. Esse sono riconducibili a due
ordini di spiegazioni. Il primo richiama il fatto che comunque anche
tali soggetti sono de iure iscritti al SSN. Ma tale argomentazione
varrebbe anche per i bambini italiani, per i quali invece la RT
fornisce una dimostrazione della copertura dei maggiori oneri
derivanti al provvedimento in esame, almeno per l'anticipazione dei
due vaccini varicella e Meningococco B. Proprio il fatto che il comma
3 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 286 del 1998 prevede
che ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale sono
garantite, tra l'altro, le vaccinazioni secondo la normativa e
nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva
autorizzati dalle regioni, a sollevare il problema, ovviamente
finanziario, in quanto la platea di minori da raggiungere per le
vaccinazioni potrebbe risultare in aumento, compensando in parte il
calo delle nascite nel territorio nazionale. A tale proposito, i dati
di monitoraggio del Ministero del lavoro mostrano un incremento di
minori stranieri non accompagnati entro i sedici anni dai 5.489 del
2015 a 7.546 del 2016» (pag. 10).
Tutto cio' premesso, in considerazione che il PNV non prevedeva
la obbligatorieta' dei vaccini, la Regione Veneto e' in grado di
documentare nella tabella allegata (doc. n. 3), il maggior onere che
risulta posto a carico dell'autonomia finanziaria regionale dalle
impugnate disposizioni del decreto-legge n. 73 del 2017, cosi' come
convertito dalla legge n. 119 del 2017.
Complessivamente, dalla coorte 2001 (16enni) a quella del 2017
(nuovi nati) sono da prevedere oltre 574.755 dosi di vaccino per
completare la copertura per le dieci vaccinazioni rese obbligatorie:
una dose MPR coorti 2001-2017, seconda dose MPR coorti 2001-2011, tre
dosi Esavalente coorti 2001-2017.
Tali sono le dosi necessarie per assolvere alle prescrizioni
stabilite dalle norme impugnate (sono ovviamente gia' esclusi i gia'
vaccinati per le rispettive vaccinazioni e rispettive dosi). Volendo
escludere la coorte dei nuovi nati si giunge ad un totale di 379.755
dosi.
Applicando il costo dei vaccini a tali cifre si puo' stimare in
oltre 17 milioni di euro la cifra necessaria per l'acquisto dei
vaccini necessari (cifra che scende a 10.509.167 euro escludendo i
nuovi nati).
3.3. Ma non solo.
Nel valutare l'impatto sull'autonomia finanziaria regionale
occorre, infatti, considerare i costi dell'insieme degli ingenti
adempimenti previsti a carico del sistema organizzativo regionale,
sia soprattutto in termini di carico di lavoro in capo alle
istituzioni regionali preposte alla somministrazione dei vaccini, sia
per le ulteriori disposizioni che ricadono sull'organizzazione
amministrativa regionale (cfr. p.to 2.8 del ricorso).
La relazione tecnica in modo del tutto sbrigativo e superficiale
si limita ad affermare che «le attivita' che si dispone svolgano le
aziende sanitarie locali non comportano nuovi e maggiori oneri per la
finanza pubblica, in quanto rientrano tra gli adempimenti
istituzionali di competenza delle stesse a legislazione vigente e
sono previsti, tra l'altro, dal Piano nazionale di prevenzione
vaccinale 2017-2019 (cfr. Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6,
della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le regioni e le
province autonome di Trento e Bolzano Rep. atti n. 10/CSR del 19
gennaio 2017)".
L'affermazione e' del tutto apodittica e dimentica che il PNPV
non era in alcun modo fondato sul presupposto della obbligatorieta'
di dieci vaccinazioni - stabilita invece solo ora, anche in relazione
alle coorti 2001-2016, dalle impugnate disposizioni - ma sulla
condivisione di un obiettivo tendenziale.
Il citato Dossier del Servizio Bilancio del Senato evidenzia il
problema, denunciando come manchi «la conferma che l'incremento del
numero di somministrazioni vaccinali non determini aggravi
organizzativi e lavorativi tali da richiedere il ricorso a maggiore
lavoro straordinario nelle ASL, soprattutto a livello di personale
impiegatizio e infermieristico, con conseguenti maggiori oneri
finanziari» (pag. 9 e 10).
Il presupposto su cui fonda la normativa impugnata
(l'obbligatorieta' delle dieci vaccinazioni e il nuovo sistema
sanzionatorio) e' infatti radicalmente diverso da quanto prevedeva il
PNPV e incide pesantemente, quanto ai tempi, alla mole di lavoro e ai
costi, sulla struttura organizzativa regionale, che si trova gravata
da ingenti costi per il personale come stimato dalla tabella allegata
(doc. n. 3): considerando solo 10 minuti a medico e 10 minuti a
comparto per le dieci vaccinazioni (quando e' noto che l'attivita'
esige invece maggiori tempistiche, in quanto andrebbe considerato
tutto l'aspetto legato all'anamnesi, all'invito, al colloquio col
genitore, alla gestione della sede vaccinale - aperture, stoccaggio
vaccini, ecc.- che nella tabella allegata non e' stato considerato)
in termini di personale e tempo si puo' quantificare
approssimativamente in circa 5 milioni di euro la ulteriore spesa
relativa al personale (oltre 3 milioni escludendo la coorte dei nuovi
nati).
3.4. La denunciata assenza di copertura finanziaria riguarda,
infine, anche i costi che deriveranno, in forza dell'estensione
dell'obbligo, dall'erogazione degli indennizzi dovuti in seguito a
danni derivanti da vaccinazione.
La disciplina in questione, come noto, e' stata introdotta dalla
legge n. 210 del 1992, recante «Indennizzo a favore dei soggetti
danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di
vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di
emoderivati». L'art. 1, comma 1, della citata legge dispone che
«chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per
legge o per ordinanza di un'autorita' sanitaria italiana, lesioni o
infermita', dalle quali sia derivata una menomazione permanente della
integrita' psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello
Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge».
Il medesimo articolo prevede anche che il beneficio venga
corrisposto alle persone non vaccinate che abbiano riportato danni a
seguito di contatto con persona vaccinata, nonche' alle persone che
si siano sottoposte a vaccinazioni non obbligatorie ma necessarie per
motivi di lavoro e ai soggetti a rischio operanti nelle strutture
ospedaliere (art. 1, comma 4, legge n. 210 del 1992).
La giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale
successivamente ha in parte esteso la platea dei beneficiari,
includendovi i soggetti sottoposti a specifiche vaccinazioni non
obbligatorie ma raccomandate e incentivate, quali l'antipoliomielite
e l'antiepatite B, per il periodo precedente all'introduzione della
relativa obbligatorieta' (sentt. n. 27 del 1998 e n. 423 del 2000),
nonche' le vaccinazioni contro il morbillo, la parotite e la rosolia
(sent. n. 107 del 2012).
Successive disposizioni normative hanno previsto alcune
integrazioni all'indennizzo in questione. Con la legge n. 238 del
1997 e' stata introdotta la possibilita' di richiedere un assegno una
tantum per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell'evento
dannoso e l'ottenimento dell'indennizzo. La legge n. 229 del 2005 ha
poi riconosciuto ai soggetti danneggiati indicati dalla legge n. 210
del 1992 un ulteriore indennizzo, consistente in un assegno mensile
vitalizio, corrisposto per la meta' al soggetto danneggiato e per
meta' ai congiunti che prestano o abbiano prestato ad esso assistenza
prevalente e continuativa.
Tanto premesso, si e' costretti a rilevare che ne' le norme
impugnate, ne' tantomeno la Relazione tecnica, si sono poste
minimamente il problema dei maggiori oneri che, dal punto di vista
degli indennizzi, deriveranno dall'estensione dell'obbligo vaccinale.
Il complesso normativo introdotto dalla legge di conversione n.
119 del 2017 con gli articoli da 5-bis a 5-quater non considera
affatto questo specifico aspetto: infatti, l'art. 5-bis si limita a
prevedere che l'Aifa sia litisconsorte necessario nei giudizi
relativi alle domande di indennizzo da vaccinazione, l'art. 5-ter
implementa il personale del Ministero della salute al fine di
definire le procedure di indennizzo, l'art. 5-quater conferma che le
disposizioni della legge n. 210 del 1992 si applicano ai danneggiati
dalle vaccinazioni di cui all'art. 1 del decreto-legge impugnato.
Nulla viene quindi disposto in relazione al problema della
copertura dei maggiori indennizzi, evidenziato anche dal citato
Dossier del Servizio Bilancio del Senato: «la RT non si sofferma
sulla questione degli indennizzi dovuti per danni permanenti
derivanti dalle vaccinazioni obbligatorie. Si fa presente che
l'aumento del numero di vaccini obbligatori e della copertura
vaccinale dovrebbe verosimilmente determinare un corrispondente
aumento dei soggetti da indennizzare per danni derivanti dalle
vaccinazioni, con conseguenti oneri legati all'erogazione dei
risarcimenti monetari in sede civile. Sarebbero quindi necessarie
stime in ordine al maggiore impatto citato» (p. 11).
Al riguardo e' opportuno precisare che la competenza
amministrativa e gli oneri finanziari connessi all'erogazione degli
indennizzi in parola, in seguito all'adozione del decreto legislativo
n. 112 del 1998 e del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 26 maggio 2000 sono stati trasferiti alle regioni a
decorrere dal 1º gennaio 2001, individuando al contempo le risorse
finanziarie da trasferire ad esse dal bilancio dello Stato.
Tali risorse erano tuttavia rapportate alle legislazione allora
vigente, con un minor tasso di obbligatorieta' delle vaccinazioni.
Se successivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri
(in particolare 8 gennaio 2002 e 24 luglio 2003) hanno poi operato
una rideterminazione delle risorse finanziarie da trasferire, le
norme impugnate omettono ora ogni considerazione del problema a
fronte della pur imponente estensione degli obblighi di vaccinazione.
Di conseguenza, a fronte di un aumento esponenziale delle
vaccinazioni obbligatori disposto dalle norme censurate, il
legislatore avrebbe dovuto prevedere una specifica copertura
finanziaria per il conseguente aumento delle domande di indennizzo.
La mancanza di ogni forma di copertura di questo ulteriore onere
conferma quindi la censura esposta al punto 3.1.
A cio' si aggiunga che, ai sensi dell'art. l, comma 586 della la
legge di stabilita' 2016 (legge n. 208 del 2015), le regioni sono ora
tenute ad anticipare le somme dovute a titolo di indennizzo agli
aventi diritto, «in attesa del trasferimento dallo Stato» (art. 1,
comma 586, legge n. 208 del 2015).
Dal momento che nessuna copertura finanziaria viene disposta al
riguardo, la regione si trovera' esposta ad anticipare le relative
somme senza la garanzia di un'adeguata restituzione da parte dello
Stato.
Istanza di sospensione
La Regione del Veneto chiede che codesta ecc.ma Corte, nelle more
del giudizio di legittimita' costituzionale delle disposizioni di
legge statale qui censurate, sospenda l'applicazione dell'intero
decreto-legge n. 73 del 2017 cosi' come convertito dalla legge n. 119
del 2017, e in ogni caso degli articoli 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2,
3, 4, 6-ter, nonche' degli articoli 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7,
cosi' come convertiti dalla legge n. 119 del 2017, ai sensi dell'art.
35 della legge n. 87/53, come sostituito dall'art. 9 della legge n.
131/2003, che tanto consente in presenza di un rischio di pregiudizio
grave e irreparabile all'interesse pubblico o per i diritti dei
cittadini.
E' del tutto evidente l'irreparabilita' del danno per i diritti
dei cittadini e per l'interesse pubblico che si verrebbe a verificare
nelle more ordinarie del giudizio di legittimita' costituzionale,
posto che l'introduzione dell'obbligatorieta' delle nuove
vaccinazioni e i relativi oneri posti a carico dei dirigenti
scolastici, dei responsabili dei servizi educativi per l'infanzia,
dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole
private non paritarie, nonche' delle aziende sanitarie locali,
travolgono il percorso e il modello avviato sin dal 2007 dalla
Regione Veneto, fondato sul consenso informato e sull'alleanza
terapeutica rivolta ad una adesione consapevole.
Qualora quindi l'udienza si svolgesse non prima dell'inizio
dell'anno scolastico e dell'inizio previsto dal calendario dei
servizi educativi per l'infanzia e le scuole dell'infanzia,
inevitabili ripercussioni si verificherebbero con riferimento al
principio di autodeterminazione della persona in materia di
trattamenti sanitari, per l'effetto del traumatico passaggio da una
strategia vaccinale e basata sulla convinzione a una basata sulla
coercizione, senza peraltro che siano stati adeguatamente considerati
gli accertamenti preventivi idonei a prevedere e a prevenire i
possibili rischi di complicanze.
Risponde dunque all'interesse generale sospendere l'esecuzione
delle suddette disposizioni, nelle more del giudizio di legittimita'
costituzionale, dato il concreto rischio di un pregiudizio grave ed
irreparabile per i diritti dei cittadini, nonche' di un irreparabile
pregiudizio all'interesse pubblico.
(1) (http://www.euro.who.int/_data/assets/pdf_file/0007/255679/WHO_EV
AP_UK_v30_WEBx.pdf;
http://www.euro.who.int/_data/assets/pdf_file/0008/276659/EVAP-EN
G.with-front.pdf )
(2) S. Salmaso, I Vaccini come strumento di prevenzione, Centro
nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della
salute, Istituto superiore di sanita'; P.E. Fine, Herd immunity:
History, Theory, Practice Epidemiol Rev, 15 (1993), pp. 265-302.
Cfr., inoltre, P. Urbano, F.G. Urbano, Giornale di batteriologia,
virologia ed immunologia, 1997, vol. 89, p. 47 ss.; G. GoNçALVES,
Herd Immunity: Recent Uses in Vaccine Assessment, Expert Rev
Vaccines, 2008.
(3) World Health Organization - Rregional Office for Europe, European
Vaccine Action Plan 2015-2020, consultabile in
http://www.euro.who.int/data/assets/pdf_file/0007/255679/WHOEVAP_
UK_v30_WEBx.pdf?ua=1
(4) Piano nazionale di prevenzione vaccinale (PNPV) 2017-2019, di cui
all'intesa, ai sensi dell'art. 8, comma 6, legge 5 giugno 2003,
n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di
Trento e Bolzano, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 41 del
18 febbraio 2017, approvato il 19 gennaio 2017 dalla Conferenza
Stato-Regioni con lo scopo primario dell'«armonizzazione delle
strategie vaccinali in atto nel Paese, al fine di garantire alla
popolazione, indipendentemente da luogo di residenza, reddito e
livello socio-culturale, i pieni benefici derivanti dalla
vaccinazione; intesa sia come strumento di protezione individuale
che di prevenzione collettiva, attraverso l'equita' nell'accesso
a vaccini di elevata qualita', anche sotto il profilo della
sicurezza, e disponibili nel tempo (prevenendo, il piu'
possibile, situazioni di carenza), e a servizi di immunizzazione
di livello eccellente»
(5) Centers For disease control and prevention (CDC) and world health
organization (WHO/OMS), History and Epidemiology of Global
Smallpox Eradication. From the training course titled Smallpox:
Disease, Prevention, and Intervention, Slides 16-17, pubblicato
in
http://www.bt.cdc.gov/agent/smallpox/training/overview/pdf/eradic
ationhistory.pdf I dati in essa contenuti vengono ripresi anche
dalla letteratura scientifica, almeno fino al 2015 (R.M. MERRILL,
Introduction to Epidemiology, 2015,
https://books.google.it/books?id=Vy0iswEACAAJ&printsec=frontcover
&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=Smallpox%20&f=false. Si veda anche_ P.E. FINE, Herd immunity: History, Theory, Practice Epidomiol Rev, 15 (1993), pp. 265-302; M.
Doherty, P. Buchy, B. Standaert, C. Giaquinto, D. Prado Cohers,
Vaccines Impact: Benefit for Human Health, Vaccine, Volume 34,
Issue 52, 20 December 2016, p. 6707-6714; S. Salmaso, I vaccini
come strumento di prevenzione, cit.
(6) P.E. Fine, Herd Immunity: History, Theory, Practice Epidemiol
Rev, 15 (1993), pp. 265-302; S. Salmaso, I vaccini come strumento
di prevenzione, cit.
(7) Cfr. I. Cavicchi, Vaccini. Non basta ridurre il numero degli
obbligatori, serve un'alleanza terapeutica, in Quotidiano
sanita', 3 luglio 2017,
http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?artic
olo_id=52302&fr=n, dove viene radicalmente contestata,
confrontando sia gli indici dell'OMS sia la piu' accreditata
letteratura scientifica, l'indicazione della soglia del 95% per
l'effetto gregge da parte dell'ISS.
(8) http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.a
spx?id=217494
(9) http://www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/dati_Ita.asp
(10) Cfr. http://www.
regione.veneto.it/web/rete-degli-urp-del-veneto/vaccinazioni
(11) Ministero della Salute, dato al 2016, coorte del 2014.
www.salute.gov.it
(12) http://www.epicentro.iss.it/problemi/morbillo/Infografica2017.as
p
(13) C. Colapietro, La valutazione costi-benefici nei trattamenti
sanitari obbligatori: il bilanciamento tra gli interessi del
singolo e quelli della collettivita', in Aa.Vv., Vaccinazioni:
obbligo o liberta?, Forum internazionale, Napoli, 2017, p. 68,
consultabile in
http://www.luimo.org/images/forum/Napoli_forum_vaccinazioni_it.p
df.; nello stesso senso, v., gia', R. D'Alessio, I limiti
costituzionali dei trattamenti «sanitari», in Diritto e
Societa', 1981, p. 546 e seguenti, e V. Caianiello, Limiti delle
prestazioni idrotermali nel quadro del diritto alla salute e del
diritto di scelta del cittadino, in Nuova Rassegna, 1985, p.
827.
(14) Sulla persona umana come valore centrale nel sistema
costituzionale, al quale tutti gli altri si riportano, v., ex
multis, A. Barbera, Commento all'art. 2, in Commentario della
Costituzione a cura di G. Branca, Bologna, 1975, p. 91; N.
Occhiocupo, Liberazione e promozione umana nella Costituzione.
Unita' di valori nella pluralita' di posizioni, Milano, 1988, p.
68 e seguenti; A. Baldassarre, Diritti inviolabili, in
Enciclopedia Giuridica, XI, Roma, 1989; A. Pace, Problematica
delle liberta' costituzionali - Parte generale, Padova, 1990,
passim; L. Carlassare, Forma di Stato e diritti fondamentali, in
Quaderni Costituzionali, 1995, 1, p. 45.
(15) R. Dworkin, La democrazia possibile. Principi per un nuovo
dibattito politico, Milano, 2007, pp. 28-29. Cfr. inoltre G.
Marini, Il consenso, in S. Rodota' e P. Zatti (diretto da),
Trattato di biodiritto, vol. I; S. Rodota' e M. Tallacchini (a
cura di), Ambito e fonti del biodiritto, Milano, 2010, pp. 381
seguenti
(16) Gli articoli 5, 6 e 9 della Convenzione di Oviedo sui diritti
dell'uomo e la biomedicina sono contenuti al capitolo II recante
«Consenso», e sono rispettivamente rubricati «Regola generale»
(art. 5), «Protezione delle persone che non hanno la capacita'
di dare consenso» (art. 6), e «Desideri precedentemente
espressi» (art. 9).
(17) Cass. civ. Sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748, punto 7.2: «Ora,
e' noto che, sebbene il Parlamento ne abbia autorizzato la
ratifica con la legge 28 marzo 2001, n. 145, la Convenzione di
Oviedo non e' stata a tutt'oggi ratificata dallo Stato italiano.
Ma da cio' non consegue che la Convenzione sia priva di alcun
effetto nel nostro ordinamento. Difatti, all'accordo valido sul
piano internazionale, ma non ancora eseguito all'interno dello
Stato, puo' assegnarsi - tanto piu' dopo la legge parlamentare
di autorizzazione alla ratifica - una funzione ausiliaria sul
piano interpretativo: esso dovra' cedere di fronte a norme
interne contrarie, ma puo' e deve essere utilizzato
nell'interpretazione di norme interne al fine di dare a queste
una lettura il piu' possibile ad esso conforme. Del resto, la
Corte costituzionale, nell'ammettere le richieste di referendum
su alcune norme della legge 19 febbraio 2004, n. 40, concernente
la procreazione medicalmente assistita, ha precisato che
l'eventuale vuoto conseguente al referendum non si sarebbe posto
in alcun modo in contrasto con i principi posti dalla
Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997, recepiti nel nostro
ordinamento con la legge 28 marzo 2001, n. 145 (Corte
costituzionale, sentenze n. 46, n. 47, n. 48 e n. 49 del 2005):
con cio' implicitamente confermando che i principi da essa posti
fanno gia' oggi parte del sistema e che da essi non si puo'
prescindere.».
(18) Cfr.
http://www.regione.veneto.it/web/rete-degli-urp-del-veneto/vacci
nazioni
(19) Cfr. http://vaccinarsinveneto.org
(20) DGR Veneto n. 3139 del 14 dicembre 2010, consultabile in
http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
aspx?id=229351
(21) DGR Veneto n. 3139 del 14 dicembre 2010, consultabile in
http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
aspx?id=229351
(22) DGR Veneto n. 3139 del 14 dicembre 2010, consultabile in
http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
aspx?id=229351
(23) DGR Veneto n. 3664 del 25 novembre 2008, consultabile in
http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
aspx?id=211577
(24) DGR Veneto n. 3139 del 14 dicembre 2010, consultabile in
http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
aspx?id=229351
(25) DGR Veneto n. 3139 del 14 dicembre 2010, consultabile in
http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
aspx?id=229351
(26) Regione Veneto, Report sull'attivita' vaccinale dell'anno 2016.
Copertura vaccinale a 24 mesi (coorte 2014), marzo 2017,
consultabile in
https://www.regione.veneto.it/web/sanita/monitoraggio-vaccinazio
ni
(27) Regione Veneto, Report sul monitoraggio della sospensione
dell'obbligo vaccinale. Dati sulle coperture vaccinali per i
nuovi nati aggiornati al 31 marzo 2017, consultabile in
https://www.regione.veneto.it/web/sanita/monitoraggio-vaccinazio
ni, p. 14
(28) Dati EpiCentro, portale dell'epidemiologia per la sanita'
pubblica, a cura del Centro nazionale per la prevenzione delle
malattie e la promozione della salute dell'Istituto superiore di
sanita', consultabili in
http://www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/dati_Ita.asp. Per
le restanti vaccinazioni raccomandate, inoltre, i tassi di
copertura in Veneto non si discostano di molto dalla media
nazionale: pertosse 92% (media nazionale: 93,55%); Hib 91,26%
(media nazionale: 93,05%); pneumococco 84,46% (media nazionale
88,35%) - i dati EpiCentro si riferiscono sempre alla coorte
2014
(29) Progetto «Indagine sui determinanti del rifiuto dell'offerta
vaccinale nella Regione Veneto», Report di ricerca, Analisi dei
dati e indicazioni operative (DGR n. 3664 del 25 novembre 2008 -
allegato B) (del. Az. ULSS 20 n. 278 del 27 maggio 2009),
consultabile in
https://prevenzione.ulss20.verona.it/iweb/1324/argomento.html,
p. 6.
(30) Ivi, pp. 46-47.
(31) Consultabile in
https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr
.aspx?id=334537
(32) Modugno, Trattamenti sanitari «non obbligatori» e Costituzione,
in Dir. e Soc., 1981, p. 310
(33) D'Alessio, I limiti costituzionali dei trattamenti «sanitari»,
in Dir. e Soc., 1981, p. 540.
(34) Cfr. Paladin, Il territorio degli enti autonomi, in Riv. trim.
dir. pubbl. 1961, pp. 658, ss., dove di precisa che gli ente
territoriali autonomi si caratterizzano «per essere
rappresentativi delle popolazioni stanziate sui loro territori».
(35) Usa questa espressione Sicardi, Essere di quel luogo. Brevi
considerazioni sul significato di territorio e di appartenenza
territoriale, in Pol. dir., 2003, p. 122.
(36) Sturzo, La regione nella nazione, (1949), ora in Opera omnia,
Bologna, p. 19.
(37) Grossi, Societa', diritto, Stato. Un recupero per il diritto,
Milano, 2006, p. 214.
(38) Cfr. I. Cavicchi, Vaccini. Non basta ridurre il numero degli
obbligatori, serve un'alleanza terapeutica, cit.
P. Q. M. la Regione del Veneto chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale, previsa sospensione ai sensi dell'art. 35 della legge n. 87/53, come sostituito dall'art. 9 della legge n. 131/2003, dell'intero decreto-legge n. 73 del 2017 cosi' come convertito dalla legge n. 119 del 2017, e in ogni caso degli articoli 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4, 6-ter, nonche' degli articoli 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7, cosi' come convertiti dalla legge n. 119 del 2017, dichiari l'illegittimita' costituzionale: dell'intero decreto-legge n. 73 del 2017 cosi' come convertito dalla legge n. 119 del 2017, e in ogni caso degli articoli 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4, 6-ter, nonche' degli articoli 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7, cosi' come convertiti dalla legge n. 119 del 2017, per violazione dell'art. 77, comma 2, della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 117, commi 3 e 4, e 118 della Costituzione; dell'articolo l, commi l, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4, 6-ter, nonche' degli articoli 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7 del decreto-legge n. 73 del 2017, cosi' come convertiti dalla legge n. 119 del 2017, per violazione degli articoli 2, 3, 5, 31, 32, 34, 97 della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 117, commi 3 e 4, e 118 della Costituzione; Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4, 6-ter, nonche' degli articoli 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7 del decreto-legge n. 73 del 2017, cosi' come convertiti dalla legge n. 119 del 2017, per violazione degli articoli 81, comma 3, e 119, commi 1 e 4, della Costituzione. Si depositano: 1. delibera della giunta regionale n. 1442 del 5 settembre 20l7, di autorizzazione a proporre ricorso e affidamento dell'incarico di patrocinio per la difesa regionale; 2. tabella riassuntiva copertura Regione del Veneto e definizione della soglia minima. 3. tabella sui maggiori oneri per la Regione Veneto. Treviso-Venezia-Roma, il 6 settembre 20l7 Avv. Zanon - Avv. prof. Antonini - Avv. Manzi