N. 63 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 settembre 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria  il  5  settembre  2017  (della  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta). 
 
Ambiente  -  Disposizioni  concernenti  la  valutazione  dell'impatto
  ambientale di determinati progetti pubblici e privati -  Competenze
  in materia di VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA -  Forme
  e modalita' di adozione del provvedimento di VIA in sede  regionale
  - Provvedimento autorizzatorio unico  regionale  -  Modifiche  agli
  Allegati alla Parte seconda del decreto legislativo 3 aprile  2006,
  n. 152 - Disposizioni transitorie e finali. 
In via subordinata: richiesta alla Corte costituzionale di  sollevare
  innanzi a se' questione di legittimita' costituzionale degli  artt.
  1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114. 
- Decreto legislativo  16  giugno  2017,  n.  104  (Attuazione  della
  direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16
  aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE,  concernente  la
  valutazione  dell'impatto  ambientale   di   determinati   progetti
  pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14  della  legge  9
  luglio 2015, n. 114), artt. 5; 16, comma 2; 22, commi 1, 2, 3 e  4;
  23, comma 4; e 24. 
(GU n.41 del 11-10-2017 )
    Ricorso della Regione autonoma Valle d'Aosta, con sede in  Aosta,
P.zza Deffeyes, n. 1, c.f. 80002270074, in persona del presidente pro
tempore, Pierluigi Marquis,  rappresentato  e  difeso,  in  forza  di
procura a margine del presente atto ed in virtu' della  deliberazione
della giunta regionale n. 1171 del 28 agosto  2017,  dal  prof.  avv.
Francesco   Saverio   Marini    (c.f.    MRNFNC    73D28H501U;    PEC
francescosaveriomarini@ordineavvocatiroma.org;   fax    06.36001570),
presso il cui studio in Roma, via di Villa Sacchetti,  9,  ha  eletto
domicilio; ricorrente; 
    Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del
Consiglio dei ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo  Chigi,
Piazza Colonna, 370, rappresentato e difeso ex  lege  dall'Avvocatura
generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi,  12,
resistente; 
    Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto
legislativo  16  giugno  2017,  n.  104,  recante  «Attuazione  della
direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio,  del  16
aprile 2014, che modifica la  direttiva  2011/92/UE,  concernente  la
valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti  pubblici
e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio  2015,
n. 114», pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  del  6  luglio  2017,
limitatamente agli articoli 5, 16, comma 2, 22, commi da 1 a  4,  23,
comma 4, e 24. 
 
                                Fatto 
 
    Con la direttiva 2014/52/UE del 16  aprile  2014  il  legislatore
europeo  ha  novellato  la  precedente  direttiva   2011/92/UE,   che
disciplina la  valutazione  dell'impatto  ambientale  di  determinati
progetti pubblici e privati. 
    Per provvedere alla necessaria attuazione,  le  Camere,  con  gli
articoli 1 e  14  della  legge  n.  114  del  2015,  hanno  conferito
un'apposita delega legislativa  al  Governo,  stabilendo  i  seguenti
principi e criteri direttivi: 
    a)  semplificazione,  armonizzazione  e  razionalizzazione  delle
procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione  al
coordinamento  e  all'integrazione  con  altre  procedure  volte   al
rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale; 
    b) rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di
impatto ambientale,  allineando  tale  procedura  ai  principi  della
regolamentazione intelligente (smart regulation) e della  coerenza  e
delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali; 
    c) revisione e razionalizzazione  del  sistema  sanzionatorio  da
adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE,  al  fine  di  definire
sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive  e  di  consentire  una
maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni; 
    d)   destinazione   dei   proventi   derivanti   dalle   sanzioni
amministrative  per  finalita'  connesse   al   potenziamento   delle
attivita' di vigilanza, prevenzione e monitoraggio  ambientale,  alla
verifica del rispetto delle condizioni previste nel  procedimento  di
valutazione  ambientale,  nonche'  alla  protezione  sanitaria  della
popolazione in caso di incidenti o calamita' naturali, senza nuovi  o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica». 
    Nell'esercizio di tale delega, il Governo ha adottato il  decreto
legislativo  16  giugno  2017,  n.  104,  recante  «Attuazione  della
direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio,  del  16
aprile 2014, che modifica la  direttiva  2011/92/UE,  concernente  la
valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti  pubblici
e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio  2015,
n. 114», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 luglio 2017. 
    L'atto normativo in parola - in modo particolare agli articoli 5,
16, comma 2, 22, commi 1-4, 23, comma 4, e 24 - realizza un  profondo
e pervasivo riassetto  del  riparto  delle  competenze  fra  Stato  e
regioni in materia di VIA, che la Valle d'Aosta ritiene illegittimo e
lesivo delle proprie competenze costituzionali alla luce dei seguenti
motivi di 
 
                               Diritto 
 
I. Sull'art. 5. Violazione degli articoli 2, comma 1, lettera a), d),
f) ed m), 3 e 4 dello Statuto valdostano. Violazione  degli  articoli
3, 5, 76, 117, commi 1 e 3, 120 Cost. anche in relazione all'art.  10
della legge cost. n. 3 del 2001. Violazione degli  articoli  1  e  14
della legge n. 114 del 2015. 
    1. L'art. 5 del decreto legislativo n. 104 del 2017  aggiunge  al
decreto legislativo n. 152 del 2006 un nuovo  art.  7-bis,  rubricato
«Competenze in materia di VIA e di verifica  di  assoggettabilita'  a
VIA». 
    Per quanto qui interessa, il nuovo articolo contiene una serie di
previsioni che indubbiamente interferiscono in modo assai  penetrante
con ambiti di competenza regionale. 
    a) Ridisegna (ai commi 2 e 3) la distribuzione  delle  competenze
fra Stato e regioni in relazione ai progetti da sottoporsi a VIA e  a
verifica di assoggettabilita' a VIA, assegnando allo Stato i progetti
di cui agli Allegati II e II-bis alla parte seconda del decreto; alle
regioni i progetti di cui agli Allegati III e IV alla  parte  seconda
del decreto. 
    b) Stabilisce (al  comma  4)  che  in  sede  statale  l'autorita'
competente  e'  il  Ministero  dell'ambiente  e  della   tutela   del
territorio  e  del  mare,  che  esercita  le  proprie  competenze  in
collaborazione con il Ministero dei beni e delle attivita'  culturali
e del turismo per le attivita' istruttorie relative  al  procedimento
di VIA. Si dispone  inoltre  che  il  provvedimento  di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA e' adottato  dal  Ministero  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare; mentre  il  provvedimento  di
VIA e' adottato nelle forme e con le modalita' di cui al  nuovo  art.
25, comma 2, e all'art. 27, comma 8, che  non  contemplano  piu',  al
contrario del passato, il parere delle regioni interessate; 
    c) Per l'ipotesi in cui un progetto sia sottoposto a verifica  di
assoggettabilita' a VIA o a VIA di competenza regionale, si obbligano
(comma 7) le regioni e le Province autonome di Trento  e  Bolzano  ad
assicurare che le procedure siano svolte in conformita' agli articoli
da 19 a 26 e da 27-bis a 29 del decreto. Il procedimento  di  VIA  di
competenza regionale si svolge  con  le  modalita'  di  cui  all'art.
27-bis. 
    d) Si disciplina integralmente dal centro (ai sensi del comma  7)
la procedura di VIA regionale, il quale dovra' svolgersi  secondo  le
modalita' delineate piu' avanti dall'art. 27-bis. 
    e) Si circoscrive (al comma 8) la potesta' normativa (legislativa
e regolamentare) delle regioni e delle Province autonome di Trento  e
di Bolzano alla disciplina dell'organizzazione e delle  modalita'  di
esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia
di VIA, consentendo in  aggiunta  l'eventuale  conferimento  di  tali
funzioni  o  di  compiti  specifici  agli  altri  enti   territoriali
sub-regionali. 
    Tale potesta' normativa  viene  assoggettata  al  rispetto  della
legislazione europea e di quanto previsto nel decreto, fatto salvo il
solo potere di stabilire  regole  particolari  ed  ulteriori  per  la
semplificazione   dei   procedimenti,   per   le   modalita'    della
consultazione  del  pubblico  e  di   tutti   i   soggetti   pubblici
potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti  e
delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la
destinazione alle finalita' di cui all'art. 29, comma 8, dei proventi
derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.
In ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi  di
cui agli articoli 19 e 27-bis. 
    f) Si impongono (al comma 9) penetranti controlli e  obblighi  di
reportistica sulle regioni. Infatti, si prevede che a  decorrere  dal
31 dicembre 2017, e con cadenza biennale, le regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano informino il Ministero  dell'ambiente
e della tutela del  territorio  e  del  mare  circa  i  provvedimenti
adottati e i procedimenti di verifica di assoggettabilita' a VIA e di
VIA, fornendo: i) il numero di progetti di cui agli allegati III e IV
sottoposti  ad  una  valutazione  dell'impatto  ambientale;  ii)   la
ripartizione delle valutazioni  dell'impatto  ambientale  secondo  le
categorie dei progetti di cui agli allegati III e IV; iii) il  numero
di  progetti  di  cui  all'allegato  IV  sottoposti  a  verifica   di
assoggettabilita' a VIA; iv)  la  durata  media  delle  procedure  di
valutazione dell'impatto ambientale; v) stime generali dei costi medi
diretti delle valutazioni dell'impatto ambientale, incluse  le  stime
degli effetti sulle piccole e medie imprese. 
    Ebbene: tale pervasivi interferenza con le  competenze  regionali
si  mostra  costituzionalmente  illegittima,  tanto  nello  strumento
attraverso cui e'  stata  realizzata  (norme  delegate  ultra  vires,
invalide ex art. 76 Cost.), quanto nei contenuti (per  contrasto  con
plurime disposizioni di grado costituzionale: gli articoli  2,  comma
1, lettera a), d), f) ed m), 3 e  4  dello  Statuto  valdostano;  gli
articoli 3, 5, 117, commi 1  e  3,  120  Cost.,  anche  in  relazione
all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001). 
    2.1. In via preliminare e assorbente, l'art. 5 e' illegittimo per
violazione dell'art. 76 Cost.,  essendo  il  Governo  incorso  in  un
evidente eccesso di delega, la' dove ha operato, in difetto  assoluto
di un puntuale conferimento da parte delle Camere, un cosi'  profondo
riassetto del riparto di competenze fra Stato e regioni in materia di
VIA.  Se,  infatti,  si  volge  lo  sguardo  ai  principi  e  criteri
direttivi,  emerge  all'evidenza  come   tale   intervento   esorbiti
dall'alveo del potere normativo delegato. 
    Anzitutto, le norme delegate sono prive  -  in  parte  qua  -  di
qualunque fondamento esplicito nelle norme deleganti. 
    Le guidelines al cui rispetto il Governo era vincolato - e  dalle
quali  possono  ricostruirsi  contenuto  ed  estensione  del   potere
normativo delegato - si traggono dagli articoli 1 e  14  della  legge
delega n. 114 del 2015.  Cominciando  dall'art.  1,  nell'attuare  le
direttive elencate negli allegati A  e  B,  il  legislatore  delegato
avrebbe dovuto  attenersi  in  primo  luogo  ai  principi  e  criteri
direttivi sanciti dagli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012.
Nessuno di questi,  pero',  autorizza  la  modifica  del  riparto  di
competenze fra Stato e regioni: anzi, all'opposto, spicca la  massima
attenzione a salvaguardare le attribuzioni  dei  singoli  livelli  di
governo, la' dove l'art.  32,  comma  1,  lettera  g)  prescrive  che
«quando   si   verifichino   sovrapposizioni   di   competenze    tra
amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le  competente  di
piu' amministrazioni  statali,  i  decreti  legislativi  individuano,
attraverso le piu' opportune forme di  coordinamento,  rispettando  i
principi di sussidiarieta',  differenziazione,  adeguatezza  e  leale
collaborazione e le competenze  delle  regioni  e  degli  altri  enti
territoriali,  le  procedure  per  salvaguardare  l'unitarieta'   dei
processi decisionali, la trasparenza,  la  celerita',  l'efficacia  e
l'economicita' nell'azione amministrativa e la chiara  individuazione
dei soggetti responsabili». 
    Ancor piu' «fragoroso»,  e  significativo,  e'  il  silenzio  dei
principi e criteri direttivi  contenuti  nell'art.  14,  che  esclude
qualunque  intenzione  delle  Camere   di   consentire   l'intervento
governativo sull'assetto delle competenze Stato-regioni. 
    Per avvedersi di cio',  dopo  averli  illustrati  nel  Fatto,  e'
sufficiente scorrerli di nuovo rapidamente: 
    «a) semplificazione,  armonizzazione  e  razionalizzazione  delle
procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione  al
coordinamento  e  all'integrazione  con  altre  procedure  volte   al
rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale; 
    b) rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di
impatto ambientale,  allineando  tale  procedura  ai  principi  della
regolamentazione intelligente (smart regulation) e della  coerenza  e
delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali; 
    c) revisione e razionalizzazione  del  sistema  sanzionatorio  da
adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE,  al  fine  di  definire
sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive  e  di  consentire  una
maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni; 
    d)   destinazione   dei   proventi   derivanti   dalle   sanzioni
amministrative  per  finalita'  connesse   al   potenziamento   delle
attivita' di vigilanza, prevenzione e monitoraggio  ambientale,  alla
verifica del rispetto delle condizioni previste nel  procedimento  di
valutazione  ambientale,  nonche'  alla  protezione  sanitaria  della
popolazione in caso di incidenti o calamita' naturali, senza nuovi  o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica». 
    Il combinato disposto degli articoli 1 e 14 della  legge  n.  114
del 2015 lascia chiaramente intendere che le Camere abbiano conferito
al Governo - come spesso avviene -  una  mera  delega  di  revisione,
riordino, armonizzazione e semplificazione delle norme  preesistenti,
senza    autorizzare,    pero',    «l'introduzione    di    soluzioni
sostanzialmente   innovative   rispetto   al   sistema    legislativo
previgente».  Un  tale,  piu'  profondo  intervento  da   parte   del
legislatore delegato - per consolidata giurisprudenza  costituzionale
- e' «ammissibile soltanto nel caso in cui siano stabiliti principi e
criteri direttivi idonei  a  circoscrivere  la  discrezionalita'  del
legislatore delegato, giacche' quest'ultimo non puo' innovare  al  di
fuori di ogni vincolo alla  propria  discrezionalita'  esplicitamente
individuato dalla  legge-delega»  (le  citazioni  sono  tratte  dalla
sentenza n. 293 del 2010). 
    Posto che,  nella  fattispecie,  mancano  del  tutto  principi  e
criteri direttivi volti ad autorizzare e  circoscrivere  l'intervento
del legislatore delegato sull'assetto  Stato-regioni  in  materia  di
VIA, non puo' che trovare applicazione il  costante  insegnamento  di
codesta ecc.ma Corte, secondo cui «in mancanza di principi e  criteri
direttivi che giustifichino la riforma della normativa  preesistente,
la  delega  deve  essere  intesa  in  senso  minimale,  tale  da  non
consentire, di per se', l'adozione di norme delegate  sostanzialmente
innovative rispetto al sistema legislativo» (cfr., fra  molte,  Corte
costituzionale, sentenza n. 303 del 2005, e piu' di recente  sentenza
n. 80 del 2012). 
    Giova  a  questo  punto  richiamare  un  precedente   del   tutto
sovrapponibile  al  caso  oggi  in  esame,  riguardante  il   decreto
legislativo n. 79 del 2011 («Codice della normativa statale  in  tema
di ordinamento e mercato del turismo»), che era  stato  impugnato  da
alcune regioni. Fra le altre doglianze, le ricorrenti lamentavano  un
eccesso di delega, nella parte in cui il Governo, anziche'  limitarsi
ad  individuare  le  disposizioni  legislative  statali,   pubblicate
anteriormente  al  1°  gennaio  1970,   delle   quali   si   riteneva
indispensabile  la  permanenza  in  vigore,  e  a   provvedere   alla
organizzazione delle disposizioni da mantenere per settori omogenei o
per materie, ha ridisegnato ex novo l'assetto generale  dei  rapporti
tra Stato e regioni in materia di turismo. 
    La  Corte,  analizzato  il  quadro  normativo  di  riferimento  e
ricostruita la portata e l'estensione della delega,  ha  concluso  in
quella vicenda - analoga all'odierna - che  l'oggetto  di  essa  deve
ritenersi circoscritto al coordinamento formale e alla ricomposizione
logico-sistematica di settori omogenei di legislazione  statale,  con
facolta' di introdurre le sole integrazioni e  correzioni  necessarie
ad  un'operazione  di  coerente  riassetto  normativo.  Stando   alla
pronuncia,  «il  fine  dichiarato»  di  questa  attivita'   consiste,
esaurendovisi, nella semplificazione della normativa  vigente,  cosi'
da agevolarne la conoscenza  da  parte  dei  cittadini.  Per  contro,
«nella legge delega non si rinviene alcun cenno alla  disciplina  dei
rapporti tra Stato e regioni, ambito per il quale  non  puo'  valere,
consideratane a fortiori la  particolare  delicatezza,  una  generica
delegazione al Governo ad operare  un  riassetto  di  norme  statali,
essendo necessari principi e criteri direttivi appositi. In  ipotesi,
la remissione al legislatore delegato di tali valutazioni di  merito,
deve essere preceduta da una precisa delimitazione dell'oggetto della
disciplina, che peraltro non puo' estendersi genericamente ad  intere
materie, e dalla fissazione di principi e criteri direttivi, mirati a
indirizzare la normazione particolare affidata al Governo; del  resto
l'introduzione di soluzioni sostanzialmente  innovative  rispetto  al
sistema legislativo previgente e' [...] ammissibile soltanto nel caso
in  cui  siano  stabiliti  principi  e  criteri  direttivi  idonei  a
circoscrivere la discrezionalita del legislatore  delegato,  giacche'
quest'ultimo non puo' innovare al  di  fuori  di  ogni  vincolo  alla
propria    discrezionalita'    esplicitamente    individuato    dalla
legge-delega». 
    2.2. D'altro canto, e' impossibile rinvenire un ancoraggio  nella
delega  per  l'intervento  governativo,  anche  facendo  applicazione
dell'insegnamento di codesta ecc.ma Corte  (cfr.,  fra  molte,  Corte
costituzionale, sentt. nn. 98 del 2008, 341 del 2007, 426  del  2006,
285 del 2006), secondo cui «il contenuto  della  delega  deve  essere
identificato tenendo conto del  complessivo  contesto  normativo  nel
quale si inseriscono la legge-delega ed i relativi principi e criteri
direttivi, nonche' delle finalita' che la ispirano, verificando,  nel
silenzio del legislatore  delegante  sullo  specifico  tema,  che  le
scelte del legislatore  delegato  non  siano  in  contrasto  con  gli
indirizzi generali della medesima». 
    Ebbene, in questo caso il  silenzio  del  legislatore  delegante,
interpretato  alla  luce  delle  finalita'  di  mera  armonizzazione,
semplificazione  e  riordino,   della   disciplina   previgente   che
caratterizzano inequivocabilmente la delega, puo' assumere uno  e  un
solo significato: le Camere non hanno stabilito  principi  e  criteri
direttivi   specifici   per   guidare   il    legislatore    delegato
nell'attivita'. di riassetto dei rapporti Stato-regioni  in  materia,
per la semplice ragione  che  non  volevano  affatto  autorizzare  un
simile  intervento  riformatore,  cui  invece  il  Governo   ha   poi
erroneamente e unilateralmente dato seguito. 
    A conferma del fatto che le Camere abbiano conferito - per  cosi'
dire - «una delega minimale», volta solo a coordinare, armonizzare  e
semplificare la disciplina previgente, senza stravolgerla, depone  la
circostanza che la legge delega - nel procedimento di formazione  del
decreto - prescriva il coinvolgimento delle regioni nella  forma  del
mero parere, e non dell'intesa. 
    Ora,  le  alternative  sono   due.   Se   -   con   un'operazione
d'interpretazione costituzionalmente orientata - si  ricostruisce  il
contenuto della delega alla  luce  della  scelta  di  coinvolgere  le
regioni nella forma del  mero  parere,  deve  concludersi  -  secondo
quanto qui sosteniamo - che le Camere abbiano  abilitato  il  Governo
solo ad una «blanda» operazione di riordino e  semplificazione  della
materia,  che  intacca  in  misura  minima  o  addirittura  nulla  le
competenze regionali, e che dunque non richiede l'attivazione di piu'
penetranti strumenti di leale collaborazione. In questa  prospettiva,
quindi,  l'art.  5  del  decreto  legislativo  n.  104  del  2017  e'
palesemente viziato per eccesso di delega, in  ragione  dell'invasivo
intervento sull'assetto dei rapporti Stato-regioni. 
    All'opposto,  se  si  ritiene,  erroneamente,  che   l'intervento
governativo  sia  intra  vires,  e  che  le  Camere  abbiano   voluto
implicitamente consentire al  delegato  di  riformare  le  competenze
statali e regionali in materia di VIA, e' chiaro che lo strumento del
mero parere prescritto dalla legge di delega sia del tutto inidoneo a
consentire  una  seria  interlocuzione  fra  i  livelli  di   governo
coinvolti,  attesa  la  quantita'  e  l'intensita'  delle  competenze
regionali sacrificate (quanto meno, quelle in materia di tutela della
salute, governo del territorio,  oltre  a  quelle  di  cui  la  Valle
d'Aosta gode in forza degli articoli 2, comma 1, lettere a),  d),  f)
ed m), 3 e 4 del suo Statuto). La conseguenza cui tale  tesi  conduce
e' ben grave, ed e' quella delineata dalla recente  sentenza  n.  251
del 2016 di codesta ecc.ma Corte. Gli articoli 1  e  14  della  legge
delega  n.  114  del  2015  -  in  questa  prospettiva  -   sarebbero
illegittimi per violazione  del  principio  di  leale  collaborazione
(articoli 5 e 120 Cost.) nella parte in cui prevedono il mero  parere
e non l'intesa, il ricorso alla quale e' invece necessario la' dove -
come nella specie - «il legislatore delegato si accinge  a  riformare
istituti  che   incidono   su   competenze   statali   e   regionali,
inestricabilmente connesse», imponendosi «quale cardine  della  leale
collaborazione anche quando l'attuazione delle  disposizioni  dettate
dal legislatore statale e' rimessa a  decreti  legislativi  delegati,
adottati dal Governo sulla base dell'art. 76 Cost.». 
    Di tale vizio, la Corte dovra' conoscere, sollevando innanzi a se
stessa, in  via  di  autoremissione,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale degli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015. 
    Il vizio che inficia la legge  di  delega  si  riverbera  in  via
derivata sulle norme delegate,  e  assume  rilievo  -  sempre  stando
all'insegnamento della sentenza n. 251 del  2016  di  codesta  ecc.ma
Corte - dal momento in cui ha dispiegato appieno le sue potenzialita'
lesive dell'autonomia regionale. Piu' in particolare, a  causa  della
prescrizione di un mero parere anziche' del piu' pervasivo  strumento
dell'intesa, il Governo ha potuto del tutto disattendere sette  delle
nove condizioni che le regioni avevano formulato come  irrinunciabili
in sede di Conferenza Stato-regioni (parere 17/52/SR8/C5) e  che  qui
di seguito vale riportare: 
    (Condizione n. 1) art. 23 decreto legislativo n. 104/2017 - nella
parte in cui non prevede l'introduzione  di  un  regime  transitorio,
della durata di tre anni, per consentire alle regioni di  adeguare  i
propri ordinamenti alla nuova disciplina; 
    (Condizione n. 2) art. 22 decreto legislativo n. 104/2017 - nella
parte in cui modifica  il  riparto  delle  competenze  tra.  Stato  e
regioni e non  mantiene  l'integrale  quadro  normativo  vigente  sul
riparto delle competenze amministrative tra livello statale e livello
regionale in materia di valutazione di impatto ambientale; 
    (Condizione n. 4) art. 23 decreto legislativo n. 104/2017 - nella
parte in  cui  non  prevede  una  clausola  di  salvaguardia  per  le
prerogative di specialita' delle regioni a statuto speciale  e  delle
Province autonome di Trento e di Bolzano. Con particolare riferimento
a queste ultime, e' stato richiesto  di  fare  specifico  riferimento
agli articoli 7 e 8 del decreto del Presidente  della  Repubblica  19
novembre 1987, n. 526, nonche' all'art. 10 della legge costituzionale
n. 3 del 2001; 
    (Condizione n. 5)  art.  25,  comma  2,  decreto  legislativo  n.
104/2017 - nella parte in cui non prevede il mantenimento del  parere
regionale in sede di VIA statale da parte delle regioni interessate; 
    (Condizione n. 6) art. 18,  decreto  legislativo  n.  104/2017  -
nella parte in cui  prevede  l'istituto  della  cd  VIA  postuma  non
previsto dalla direttiva comunitaria recepita; 
    (Condizione n. 7) art. 2, comma 1, lettera c) decreto legislativo
n. 104/2017 - nella parte in cui non prevede il  mantenimento  di  un
livello progettuale definitivo per le  procedure  di  VIA  regionali,
nonche' di elementi progettuali certi e sufficientemente approfonditi
per la procedura di verifica; 
    (Condizione n. 8) articoli 8, 14  e  16  decreto  legislativo  n.
104/2017 - nella parte in cui prevedono la perentorieta' dei  termini
dei procedimenti di VIA. 
    2.3. Riepilogando, l'art. 5 del decreto legislativo  n.  104  del
2017 e' illegittimo per violazione dell'art. 76  Cost.,  poiche'  dal
silenzio assoluto sul punto del legislatore delegante e  dalle  forme
di interlocuzione «minimali» prescritte con  le  regioni,  si  desume
come il Governo non avesse titolo per operare interventi di  profondo
riassetto del riparto di competenze fra Stato e regioni in materia. 
    Ma anche nell'ipotesi in cui si ritenga che l'art. 5 si sia mosso
in un ambito autorizzato dal legislatore delegante, esso e' nondimeno
incostituzionale in via derivata, perche'  sono  incostituzionali,  a
monte, gli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015, la quale,  se
davvero ha voluto delegare al Governo un cosi'  penetrante  riassetto
delle competenze statali e  regionali,  avrebbe  dovuto  prescrivere,
nell'iter di formazione del decreto, lo  strumento  dell'intesa,  non
gia' quello del mero parere. Ove la Corte ritenga di aderire a questa
seconda tesi, si chiede all'ecc.mo Giudice di sollevare innanzi a  se
stesso questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1 e 14
della  legge  n.  114  del  2015,  disponendone   l'annullamento,   e
disponendo altresi' l'annullamento, in via consequenziale,  dell'art.
5 del decreto legislativo n. 104 del 2017. 
    3. Fermo il rilievo assorbente del vizio ex  art.  76  Cost.,  la
disposizione  impugnata  contrasta  anche  -  dal  punto   di   vista
contenutistico - con l'art. 2, comma  1,  lettere  a),  d),  f),  m),
nonche' con gli articoli 3 e 4 dello Statuto speciale valdostano,  in
combinato disposto con l'art. 117,  commi  1  e  3  Cost.,  anche  in
relazione alla «clausola di maggior favore» di cui all'art. 10  della
legge cost. n. 3 del 2001. 
    Piu' in dettaglio, l'art. 2  attribuisce  alla  Regione,  fra  le
altre, la competenza legislativa piena  in  materia  di:  ordinamento
degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato  giuridico
ed economico del personale; agricoltura e foreste, zootecnia, flora e
fauna;  strade  e  lavori  pubblici  di  interesse  regionale;  acque
pubbliche  destinate  ad  irrigazione  ed  a  uso   domestico.   Tale
competenza,  come  noto,  incontra  il  solo  limite  degli  obblighi
internazionali,  degli  interessi  nazionali,  nonche'  delle   norme
fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. 
    L'art. 3, poi, attribuisce alla Regione la  potesta'  di  emanare
norme legislative di integrazione e di attuazione delle  leggi  della
Repubblica - sempre entro i  limiti  degli  obblighi  internazionali,
degli interessi nazionali, nonche'  delle  norme  fondamentali  delle
riforme economico-sociali  della  Repubblica  -  per  adattarle  alle
condizioni  regionali,  in  tutta  una  serie  di  materie,  che   si
intrecciano in varia misura con quelle  implicate  nella  valutazione
d'impatto   ambientale:    industria    e    commercio,    disciplina
dell'utilizzazione  delle  acque  pubbliche  ad  uso   idroelettrico,
disciplina della  utilizzazione  delle  miniere,  igiene  e  sanita',
antichita' e belle arti. 
    Infine, l'art. 4 intesta alla Regione «le funzioni amministrative
sulle materie nelle quali  ha  potesta'  legislativa  a  norma  degli
articoli 2 e 3, salve quelle attribuite ai comuni e agli  altri  enti
locali dalle leggi della Repubblica. La Regione esercita altresi'  le
funzioni amministrative che le siano delegate dallo Stato con legge». 
    Ora, a fronte di questo ampio ed  intenso  elenco  di  competenze
regionali, sia legislative che amministrative,  appare  evidentemente
illegittima e sproporzionata l'operazione effettuata dallo Stato  con
l'art. 5 del decreto legislativo n.  104  del  2017.  Il  legislatore
nazionale, infatti, ha enormemente compresso e degradato le  funzioni
di cui la Valle d'Aosta gode in forza del proprio  Statuto  speciale,
che ora: 
    1) si trova confinata nel ruolo di mero «custode» delle  norme  e
procedure prescritte dallo Stato: l'art. 5, comma 7, dispone  infatti
che nei casi di progetto sottoposto a verifica di assoggettabilita' a
VIA o a VIA di competenza regionale, il ruolo delle regioni  e  delle
Province autonome di Trento e Bolzano e' quello di assicurare che  le
procedure siano svolte in conformita' agli articoli da 19 a 26  e  da
27-bis a 29 del decreto. Tale ruolo di mero custode e'  ulteriormente
gravato - ex art.  5,  comma  9  -  da  un  obbligo  di  reportistica
periodica; 
    2) vede limitata - ex art. 5,  comma  8  -  la  propria  potesta'
normativa,  sia  legislativa  che  regolamentare,   alla   disciplina
dell'organizzazione e delle modalita'  di  esercizio  delle  funzioni
amministrative ad esse attribuite in materia di VIA (facendosi  salva
la sola facolta' di dettare norme particolari  ed  ulteriori  per  la
semplificazione   dei   procedimenti,   per   le   modalita'    della
consultazione  del  pubblico  e  di   tutti   i   soggetti   pubblici
potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti  e
delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la
destinazione dei proventi derivanti dall'applicazione delle  sanzioni
amministrative); 
    3) subisce l'integrale regolazione dal centro della procedura  di
VIA regionale (cristallizzata nella disciplina  dell'art.  27-bis)  e
perde ogni ruolo d'interlocuzione nel procedimento  di  VIA  statale,
dal momento in cui e' stato eliminato il parere regionale  prescritto
dalla normativa previgente all'art. 25, comma 2. 
    Nel nuovo quadro normativo, non  si  cadrebbe  lontano  dal  vero
nell'affermare  che  la  Regione  speciale  viene   irragionevolmente
«declassata» a ufficio territoriale dello Stato. Il  che  peraltro  -
come si e'  gia'  detto  -  e'  avvenuto  in  palese  violazione  del
principio di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e 120 Cost.,
essendo state disattese tutte le proposte  di  emendamento  formulate
dalla Conferenza Stato-regioni.  Il  declassamento  in  discorso  non
trova  alcuna  giustificazione  nel  diritto  europeo.  La  direttiva
2014/52/UE appare, anzi, per piu'  versi  attenta  alle  specificita'
territoriali, ed incline a valorizzare, non certo ad annichilire,  le
competenze degli enti sub-statali. Sotto tale profilo basti  pensare,
fra l'altro: i)  al  punto  3  delle  Raccomandazioni  politiche  del
Comitato delle regioni, consultato  nel  procedimento  di  formazione
della direttiva, il  quale  ha  ricordato  come  «la  modifica  della
direttiva VIA attualmente all'esame avra' un notevole  impatto  sugli
enti locali e  regionali,  che  svolgono  un  ruolo  di  primo  piano
nell'attuazione delle azioni proposte»; ii)  al  considerando  n.  9,
dove si evidenzia «l'importanza economica e sociale di  una  corretta
pianificazione territoriale, inclusi l'uso del suolo e la  necessita'
di un'azione urgente intesa a invertirne il degrado  [...]  opportuni
piani  di  utilizzo  del  suolo  e  politiche  a  livello  nazionale,
regionale e locale sono altresi' rilevanti a tal riguardo»;  iii)  al
novellato art. 6, par. 1, della direttiva 2011/92/UE,  ai  sensi  del
quale «gli Stati membri adottano le misure  necessarie  affinche'  le
autorita' che possono essere interessate al  progetto,  per  la  loro
specifica responsabilita' in materia di ambiente o  in  virtu'  delle
loro competenze  locali  o  regionali,  abbiano  la  possibilita'  di
esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e
sulla domanda di autorizzazione». 
    Tale declassamento, poi, si mostra incompatibile con  il  sistema
costituzionale di riparto delle competenze, delineato  dall'art.  117
Cost. Benche', infatti, la valutazione d'impatto  ambientale  sia  in
larga parte riconducibile alla competenza esclusiva  dello  Stato  in
materia di tutela dell'ambiente (ex art. 117, comma 2,  Cost.),  cio'
«non  e'  incompatibile  con  interventi  specifici  del  legislatore
regionale che si alienano  alle  proprie  competenze»  (Corte  cost.,
sentenza  n.  259  del  2004),  specie  in  materia  di  governo  del
territorio e tutela della salute (Corte cost.,  sentt.  nn.  234  del
2009, 398 del 2006, 407 del 2002). La stessa natura «trasversale» del
titolo competenziale «tutela dell'ambiente»,  seppure  consente  ampi
margini d'intervento allo Stato, e' comunque astretta al limite della
ragionevolezza  e  proporzionalita',  non  valendo  di  per  se'   ad
escludere  ogni  margine  di  competenza  delle  regioni.  In  questa
prospettiva, la Corte ha ad esempio ammesso che «e'  consentito  alla
legge regionale incrementare gli standard  di  tutela  dell'ambiente,
quando essa costituisce esercizio di una competenza legislativa della
Regione e  non  compromette  un  punto  di  equilibrio  tra  esigenze
contrapposte espressamente individuato dalla norma  dello  Stato  (ex
plurimis, sentenze n. 66 del 2012, n. 225 del 2009, n. 398 del  2006,
n. 407 del 2002)». 
    Ebbene: se cio' vale per  le  regioni  ordinarie,  non  puo'  non
valere,  a  fortiori,  per  l'odierna  ricorrente,  in  forza   delle
ulteriori competenze ad essa attribuite in materia  dal  suo  Statuto
speciale o, se non altro, in virtu' della clausola di maggior  favore
di cui all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.  Non  e'  inutile
ricordare come piu' volte codesta ecc.ma Corte abbia  escluso  che  -
pur ove si tratti di adempiere a  obblighi  europei  -  il  grado  di
dettaglio della normativa statale in materia di VIA possa essere tale
da precludere ogni spazio d'intervento al legislatore  regionale.  Si
vedano, in proposito, la  sentenza  n.  273  del  1998,  dove  si  e'
riconosciuta la legittimita' di una norma statale  che  faceva  salvo
«un margine compatibile con l'autonomia  della  Provincia  di  Trento
[ricorrente nella fattispecie], e uno spazio  sufficientemente  ampio
all'esercizio del potere normativo delle regioni a statuto speciale e
delle Province autonome». 
    Infine, la consapevolezza  circa  l'esistenza  di  incomprimibili
competenze delle regioni speciali e' emersa anche  nel  parere  della
Commissione ambiente del  Senato  (ai  punti  12  e  13,  in  cui  si
raccomanda di adottare in parte qua gli emendamenti  suggeriti  dalla
Conferenza Stato-regioni) e nel parere  della  I  Commissione  Affari
costituzionali della Presidenza del  Consiglio  (pp.  49-50,  ove  si
auspicano modifiche per salvaguardare le  condizioni  di  specialita'
delle regioni e delle Province autonome). 
II. Sugli articoli 16, comma 2, e 24. Violazione  degli  articoli  2,
comma 1, lettera a), d), f) ed m), 3 e 4  dello  Statuto  valdostano.
Violazione degli articoli 3, 5, 76, 97, 117, commi 1 e 3, 118  E  120
Cost., anche in relazione all'art. 10 della  legge  cost.  n.  3  del
2001. Violazione degli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015. 
    1. L'art. 16, comma 2, del decreto legislativo n.  104  del  2017
introduce nel decreto legislativo n. 152 del 2006 un nuovo  articolo,
il 27-bis, che  disciplina  il  «provvedimento  autorizzatorio  unico
regionale». Si tratta di un atto che riassume in  se'  e  sostituisce
tutte  le  autorizzazioni,  intese,  concessioni,  licenze,   pareri,
concerti, nulla osta e assensi comunque  denominati,  necessari  alla
realizzazione  e  all'esercizio  del  progetto   sottoposto   a   VIA
regionale. Le posizioni di tutte, le amministrazioni coinvolte  -  ai
sensi dell'art. 24 del decreto oggi gravato, che novella  l'art.  14,
comma 4, della  legge  n.  241  del  1990  -  devono  essere  assunte
nell'ambito  di  un'apposita  conferenza  di  servizi,  convocata  in
modalita' sincrona ai sensi dell'art. 14-ter della medesima legge  n.
241 del 1990. 
    Con la nuova normativa, il  legislatore  statale  disciplina  del
centro e in ogni minuto dettaglio il procedimento da seguirsi per  il
rilascio della VIA regionale; al legislatore regionale,  per  contro,
non  residua  spazio  alcuno,  se  non   quello   di   vigilare   sul
procedimento, e di dettare norme  particolari  ed  ulteriori  per  la
semplificazione   dei   procedimenti,   per   le   modalita'    della
consultazione  del  pubblico  e  di   tutti   i   soggetti   pubblici
potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti  e
delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la
destinazione dei proventi derivanti dall'applicazione delle  sanzioni
amministrative. 
    Sennonche', anche gli articoli 16, comma 2, e 24  -  nell'operare
un'abnorme  compressione  dell'autonomia  regionale  -  si   mostrano
illegittimi in relazione  ai  medesimi  parametri  gia'  evocati  per
l'art. 5, oltreche' rispetto agli articoli 97 e 118 Cost. 
    2. Anzitutto, le  norme  impugnate  esorbitano  ampiamente  dalla
delega conferita con gli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015. 
    Il vizio si coglie con particolare  evidenza,  ove  si  consideri
che,  a  fronte  di  una  delega  conferita  con  meri  obiettivi  di
«semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle  procedure
di  valutazione  di  impatto  ambientale  anche   in   relazione   al
coordinamento  e  all'integrazione  con  altre  procedure  volte   al
rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale» (art. 14,
comma 1, lettera a), il Governo da un lato ha fatto  tabula  rasa  di
tutte le previgenti discipline regionali; dall'altro lato, ha operato
la reductio ad unitatem di tutte le procedure, dettando  dal  centro,
in maniera pervasiva e vincolante, il nuovo procedimento. 
    Fermi tutti gli  argomenti  gia'  svolti  supra  con  riferimento
all'art.   5   (ivi   compresi    quelli    relativi    all'eventuale
incostituzionalita'  a  monte  della  legge  delega),  da  intendersi
richiamati, preme ribadire una volta di piu' che un intervento  cosi'
radicale e penetrante  sulle  competenze  regionali  non  si  sarebbe
potuto operare -  come  invece  e'  avvenuto  -  in  assenza  di  una
esplicita e circostanziata delega delle Camere, o di strumenti idonei
a   consentire   l'effettiva   interlocuzione   delle   regioni   nel
procedimento di formazione del decreto delegato. 
    Il carattere «minimale» della delega conferita con  la  legge  n.
114 del 2015;  la  predisposizione,  da  parte  di  essa,  di  blandi
congegni di raccordo fra  Stato  e  regioni,  nella  forma  del  mero
parere; il principio di cui all'art. 32, comma 1,  lettera  g)  della
legge n. 234 del 2012,  in  base  al  quale  «quando  si  verifichino
sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o  comunque
siano coinvolte le competenze  di  piu'  amministrazioni  statali,  i
decreti legislativi individuano, attraverso le piu'  opportune  forme
di  coordinamento,  rispettando   i   principi   di   sussidiarieta',
differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le  competenze
delle regioni e degli  altri  enti  territoriali,  le  procedure  per
salvaguardare l'unitarieta' dei processi decisionali, la trasparenza,
la celerita', l'efficacia e l'economicita' nell'azione amministrativa
e la chiara individuazione dei soggetti responsabili».  Tutti  questi
elementi confermano una volta di piu' come il Governo sia andato  ben
oltre la lettera e lo spirito della delega conferita dalle Camere. 
    Peraltro, la draconiana  operazione  realizzata  dal  legislatore
delegato non trova copertura o giustificazione  neppure  nel  diritto
europeo: infatti, la direttiva 2014/52/UE si  limita  ad  evocare  in
piu' punti la mera opportunita' di istituire procedure  coordinate  o
comuni; ma cio' - ovviamente - e' ben diverso dall'imporre a tutte le
regioni una procedura unica e inderogabile. In buona sostanza, ne' la
legge di delega, ne' la direttiva 2014/52/UE  consentivano,  e  tanto
meno imponevano, al Governo di  azzerare  il  precedente  sistema  di
(moderato) «pluralismo» procedimentale, sostituendolo  con  un  nuovo
assetto di granitico «monismo». 
    3. Gli articoli 16, comma 2,  e  24,  sono  altresi'  illegittimi
rispetto all'art. 2, comma 1, lettere a), d), f),  m),  nonche'  agli
articoli 3 e  4  dello  Statuto  speciale  valdostano,  in  combinato
disposto con l'art. 117, commi 1 e 3 Cost., anche in  relazione  alla
«clausola di maggior favore» di cui all'art. 10 della legge cost.  n.
3 del 2001. 
    La titolarita' in capo alla Regione ricorrente di una  pluralita'
di potesta' legislative  piene  e  integrative/attuative  in  materie
strettamente connesse alla VIA (gia' richiamate sopra ed elencate  al
punto   successivo),   nonche'    delle    corrispondenti    funzioni
amministrative, impedisce allo Stato di dettare in modo unilaterale e
vincolante  per  la  Valle  d'Aosta  l'intero  procedimento  per   la
valutazione d'Impatto ambientale: cosi' facendo,  infatti,  i  titoli
competenziali valdostani sono stati sostanzialmente  disattivati  dal
legislatore statale. 
    La compressione delle competenze regionali, peraltro,  si  mostra
tanto piu' grave, anzitutto  perche'  e'  avvenuta  al  di  fuori  di
qualunque forma di seria  e  paritaria  interlocuzione  fra  Stato  e
regioni,  come  invece  avrebbe  imposto  il   principio   di   leale
collaborazione. 
    In secondo luogo, perche' la pretesa del legislatore  statale  di
disciplinare dal centro e in modo uguale per tutto il suolo nazionale
la  VIA  regionale,  senza  tenere  in   alcuna   considerazione   le
specificita'  locali,  si  mostra  manifestamente   irragionevole   e
contraria  ai  principi  di   buon   andamento   (art.   97   Cost.),
sussidiarieta' e differenziazione (art. 118 Cost.). Peraltro, anche a
voler ritenere che lo Stato abbia avocato a se' -  tramite  «chiamata
in sussidiarieta'» - la disciplina  del  procedimento  in  questione,
cio'  non  toglie  che   l'integrale   regolazione   apprestata   dal
legislatore nazionale esorbiti  dai  limiti  della  ragionevolezza  e
proporzionalita',  stabiliti  da  codesta  ecc.ma  Corte  fin   dalla
sentenza n. 303 del 2003. 
III. Sull'art. 22, commi 1-4. Violazione degli articoli 2,  comma  1,
lettera a), d), f) ed m), 3 e 4 dello Statuto valdostano.  Violazione
degli articoli 3, 5, 76, 117, commi 1 e 3, 118 e 120 Cost., anche  in
relazione all'art. 10 della legge cost. n.  3  del  2001.  Violazione
degli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015. 
    1. Con l'art. 22, commi 1-4, del decreto oggi impugnato e'  stato
ampiamente novellato il corpus degli Allegati alla parte seconda  del
decreto legislativo n. 152 del 2006, i quali contengono  gli  elenchi
dei procedimenti sottoposti a VIA statale (Allegato II),  a  verifica
di assoggettabilita' a VIA statale (Allegato II-bis), a VIA regionale
(Allegato III), a  verifica  di  assoggettabilita'  a  VIA  regionale
(Allegato IV). 
    Le disposizioni  in  questione,  rispetto  al  testo  previgente,
drenano in misura drastica gli elenchi dei procedimenti di competenza
regionale, trasferendoli allo Stato: anch'esse, dunque,  si  mostrano
lesive - al pari di quelle gia' censurate nei precedenti motivi -  in
relazione agli articoli 3, 5, 76, 97, 117, commi 1 e  3,  118  e  120
Cost., nonche' in relazione agli articoli 2, comma 1, lettere a), d),
f), m), 3 e 4 dello Statuto valdostano. 
    2. Anzitutto, occorre evidenziare  nuovamente  come  il  profondo
riassetto del riparto di competenze Stato-regioni esuli di gran lunga
dal circoscritto perimetro della  delega  di  mera  armonizzazione  e
semplificazione conferita dalle Camere con gli articoli 1 e 14  della
legge n.  114  del  2015  (salvo  a  voler  considerare  quest'ultima
incostituzionale per prescrizione di insufficienti strumenti di leale
collaborazione). L'assenza di principi e criteri direttivi non voleva
ne' poteva essere una delega in bianco al Governo, per consentire  al
legislatore delegato -  come  invece  e'  avvenuto  -  di  riscrivere
integralmente  in  modo  arbitrario  gli  elenchi  dei   procedimenti
affidati  ai  diversi  livelli  territoriali.  Tale  silenzio,  molto
semplicemente, e' stato serbato solo perche'  il  Parlamento  non  ha
autorizzato alcun intervento in questo senso: ubi noluit, tacuit. 
    3.  Ancora,  l'impoverimento   degli   elenchi   regionali   lede
illegittimamente le competenze di cui la Regione Valle  d'Aosta  gode
in  virtu'  del  proprio  Statuto:  cioe',  le  piu'  volte   evocate
competenze legislative piene di cui all'art. 2, comma 1, lettere  a),
d), f) e m) (ordinamento degli uffici e degli enti  dipendenti  dalla
Regione e stato giuridico ed economico del personale;  agricoltura  e
foreste, zootecnia, flora  e  fauna;  strade  e  lavori  pubblici  di
interesse regionale; acque pubbliche destinate ad  irrigazione  ed  a
uso domestico); le competenze integrative-attuative di cui all'art. 3
(in primis,  industria  e  commercio,  disciplina  dell'utilizzazione
delle  acque  pubbliche  ad  uso  idroelettrico,   disciplina   della
utilizzazione delle miniere, igiene e  sanita',  antichita'  e  belle
arti);  le  competenze  amministrative,  accordate  dall'art.  4  «in
parallelo» a quelle legislative di cui ai precedenti articoli 2 e  3.
Risultano altresi' lese le competenze  di  cui  la  Regione  gode  ex
articoli 117 in virtu' dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del  2001,
prime  fra  tutte  quelle  di  tutela  della  salute  e  governo  del
territorio, fortemente intrecciate - come visto  -  alla  valutazione
d'impatto ambientale. 
    4. Devono censurarsi, infine, due ulteriori aspetti. 
    Il primo, e' la circostanza che  la  riscrittura  degli  Allegati
alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006  e'  stata
operata dal legislatore delegato - in violazione degli articoli  5  e
120 Cost. - al di fuori di idonei congegni di leale collaborazione, i
quali   sarebbero    stati    costituzionalmente    necessari    dato
l'inestricabile intreccio fra competenze statali e regionali. L'ampia
ridefinizione  dei  procedimenti  spettanti  ai  diversi  livelli  di
governo  e'  stata  operata  dal  legislatore  delegato  in   maniera
unilaterale: rispetto a questo, l'acquisizione del mero parere  della
Conferenza  Stato-regioni,  peraltro  in   larga   parte   disatteso,
costituisce un temperamento del tutto insufficiente a  compensare  il
sacrificio delle attribuzioni regionali. 
    Il secondo aspetto e' che  la  nuova  sistematica  degli  elenchi
sfugge a qualunque canone di razionalita': se, infatti, si passano in
rassegna i procedimenti e i progetti assegnati alla competenza  delle
regioni e, soprattutto, dello Stato, emerge come il Governo non abbia
fatto alcun riferimento  alla  dimensione  territoriale  dell'impatto
dell'intervento,  lasciandosi  piuttosto  guidare  da  un'ispirazione
«tutoria» e centralistica fine a se stessa. 
    Le  criticita'  in  discorso  si  colgono  in   particolare:   i)
nell'adozione di criteri dimensionali del tutto scollegati  dal  dato
territoriale - ad esempio, la potenza termica o la  dimensione  dello
specchio  acqueo  -  privi  di  valore  sintomatico   rispetto   alla
dimensione regionale o  sovra-regionale  dell'intervento;  ii)  nella
scelta  di  assoggettare  alla  VIA  statale  o  alla   verifica   di
assoggettabilita'  a  VIA  statale  anche  progetti  (indicati  dagli
Allegati II e II-bis) che pacificamente interessano una sola regione,
la quale peraltro - in virtu' della nuova disciplina che ha eliminato
il parere dal testo dell'art. 25, comma 2, del decreto legislativo n.
152 del 2006  -  non  ha  alcuna  possibilita'  d'interlocuzione  nel
procedimento statale. 
    Le scelte irragionevoli del Governo finiscono cosi' per  assumere
rilievo non solo rispetto all'art. 3,  ma  anche  in  relazione  agli
articoli 97 e 118 Cost., dal  momento  in  cui  risultano  del  tutto
disattesi i principi di buon andamento e sussidiarieta'. 
IV. Sull'art. 23, comma 4. Violazione  degli  articoli  2,  comma  1,
lettera a), d), f) ed m), 3 e 4 dello Statuto valdostano.  Violazione
degli articoli 3, 5, 117, commi 1, 3 e 5, 118 e 120 Cost.,  anche  in
relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 
    L'art. 23, comma 4, del  decreto  legislativo  n.  104  del  2017
dispone: «le regioni e le Province autonome di Trento  e  di  Bolzano
adeguano i propri ordinamenti esercitando le  potesta'  normative  di
cui all'art. 7-bis, comma 8, del decreto legislativo 3  aprile  2006,
n. 152, come introdotto dall'art. 5 del presente  decreto,  entro  il
termine perentorio di centoventi giorni dall'entrata  in  vigore  del
presente decreto. Decorso inutilmente il suddetto termine, in assenza
di disposizioni regionali o provinciali vigenti idonee allo scopo, si
applicano i poteri sostitutivi di cui  all'art.  117,  quinto  comma,
della Costituzione, secondo quanto previsto dagli articoli  41  e  43
della legge 24 dicembre 2012, n. 234». 
    La  disposizione,  nel  porre  a  presidio  degli   obblighi   di
adeguamento che incombono sulle regioni il potere  sostitutivo  dello
Stato, si mostra illegittima alla luce degli  articoli  2,  comma  1,
lettere a), d), f) ed m), 3 e 4  dello  Statuto  valdostano;  nonche'
degli articoli 3, 5, 117, commi 1, 3 e 5, 118 e 120 Cost.,  anche  in
relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 
    In particolare, ad essere censurabile e' l'assoluta genericita' e
vaghezza dei presupposti, cui l'attivazione  del  potere  statale  e'
connessa: vale a dire, la «mera idoneita'  allo  scopo»  delle  norme
regionali e provinciali adottate in forza  delle  potesta'  normative
assegnate dal nuovo art. 7-bis, comma 8, del decreto  legislativo  n.
152 del 2006. 
    Ora,  il  vizio  si  coglie  agevolmente   alla   luce   di   due
considerazioni. Anzitutto, la valutazione  di  idoneita'  vagheggiata
dalla norma statale non e' accompagnata da alcun criterio o parametro
atto  a  delimitare  ex  ante,  o  sindacare  ex  post,  l'uso  della
discrezionalita' da parte  dello  Stato.  La  conseguenza  e'  subito
evidente:  il  potere  sostitutivo  non  «puo'  essere  brandito  dal
legislatore statale come un'arma per aprirsi qualsiasi varco»  (Corte
cost.,  sentenza  n.  177  del  1988),  sulla  base  di   valutazioni
squisitamente politiche, che trovano un unico  contrappeso  (tenue  e
anch'esso tutto politico) nella sottoposizione dell'atto  sostitutivo
alla Conferenza Stato-regioni, ai sensi dell'art. 41 della  legge  n.
234  del  2012.  Il  legislatore  statale,  cosi',  e'  posto   nella
condizione di rimodulare a piacere  i  confini  costituzionali  delle
competenze. 
    Da altra prospettiva, e' assai sfuggente e indefinito  lo  stesso
«scopo» cui le norme regionali devono tendere.  Questo,  infatti,  e'
individuato  tramite  un  mero  richiamo  alle   potesta'   normative
attribuite dal nuovo art. 7-bis, comma 8, del decreto legislativo  n.
152 del 2006, introdotto dall'art.  5  del  decreto  oggi  impugnato.
Quest'ultimo - come gia' visto  -  dispone  che:  «le  regioni  e  le
Province autonome di Trento e di  Bolzano  disciplinano  con  proprie
leggi o regolamenti l'organizzazione  e  le  modalita'  di  esercizio
delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia  di  VIA,
nonche' l'eventuale  conferimento  di  tali  funzioni  o  di  compiti
specifici agli altri enti  territoriali  sub-regionali.  La  potesta'
normativa di cui al presente comma e' esercitata in conformita'  alla
legislazione europea e nel rispetto di quanto previsto  nel  presente
decreto, fatto salvo il potere di  stabilire  regole  particolari  ed
ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per  le  modalita'
della consultazione del pubblico  e  di  tutti  i  soggetti  pubblici
potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti  e
delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la
destinazione alle finalita' di cui all'art. 29, comma 8, dei proventi
derivanti    dall'applicazione    delle    sanzioni    amministrative
pecuniarie». 
    Le funzioni sopra  delineate,  a  guardar  bene,  sono  tutte  ad
esercizio eventuale e facoltativo, e dunque rispetto ad esse  non  e'
configurabile alcun potere  sostitutivo  dello  Stato:  per  pacifica
giurisprudenza, infatti, esso puo' ammettersi solo  in  relazione  ad
atti  e  attivita'  vincolate  nell'an  (cfr.,   fra   molte,   Corte
costituzionale, sentt. nn. 177 del 1988 e 227 del 2004). Solo  quella
relativa all'organizzazione  e  alle  modalita'  di  esercizio  delle
funzioni  amministrative  puo'  dirsi  una  competenza  normativa  ad
esercizio obbligatorio: sennonche', da un lato, non si vede quale sia
l'ubi consistam dello scopo, dato che  la  nuova  disciplina  statale
gia' determina in modo  esaustivo  ogni  aspetto  delle  funzioni  in
questione, soprattutto  con  il  nuovo  art.  27-bis  introdotto  dal
decreto oggi gravato; dall'altro lato, e consequenzialmente,  diviene
ancora piu'  difficile  valutare  l'idoneita'  allo  scopo  di  norme
regionali  di  cosi'  scarso  rilievo,  dato  che   il   successo   o
l'insuccesso della riforma  dipendera'  tutto  quanto  dall'efficacia
della pervasiva disciplina dello Stato. 
    Tutte queste criticita' si acuiscono ulteriormente, peraltro,  se
si considera che l'autonomia  speciale  di  cui  gode  la  ricorrente
dovrebbe  garantirle  un  presidio  ancora   maggiore   rispetto   ad
interventi  unilaterali  dello  Stato:  non  per  caso,  in  sede  di
Conferenza Stato-regioni, si erano proposti correttivi  funzionali  a
garantire  una  maggiore  compatibilita'  fra  potere  sostitutivo  e
competenze delle regioni speciali (cfr. il punto 53 del parere). 
 
                              P. Q. M. 
 
    Voglia  l'ecc.ma  Corte  costituzionale  adita,  ogni   contraria
istanza eccezione  e  deduzione  disattesa,  accogliere  il  presente
ricorso e per l'effetto: 
        a)   in   via   principale,    dichiarare    l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 5, 16, comma 2, 22, commi da 1 a 4, 23,
comma 4, e 24, del decreto legislativo 16 giugno  2017,  n.  104,  in
relazione agli articoli 2, comma 1, lettere a), d), f) ed m), 3  e  4
dello Statuto valdostano; agli articoli 3, 5, 76, 97, 117, commi 1, 3
e 5, 118 e 120 Cost., anche alla luce dell'art. 10 della legge  cost.
n. 3 del 2001; agli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015; 
        b) in via subordinata e nella sola  ipotesi  in  cui  non  si
ritenga violato l'art. 76 Cost.: i) sollevare innanzi a se stessa, in
via di autoremissione, la questione  di  legittimita'  costituzionale
relativa agli articoli 1 e 14 della legge  n.  114  del  2015,  nella
parte in cui non prescrive  l'acquisizione  dell'intesa  in  sede  di
Conferenza  Stato-regioni,  in  relazione  al  principio   di   leale
collaborazione,   per   i   profili   esposti   in   narrativa;   ii)
consequenzialmente, dichiarare l'illegittimita' costituzionale  degli
articoli 5, 16, comma 2, 22, commi da 1 a 4, 23, comma 4, e  24,  del
decreto legislativo  16  giugno  2017,  n.  104,  in  relazione  agli
articoli 2, comma 1, lettere a), d), f) ed m), 3 e  4  dello  Statuto
valdostano; agli articoli 3, 5, 76, 97, 117, commi 1, 3 e  5,  118  e
120 Cost., anche alla luce dell'art. 10 della legge cost.  n.  3  del
2001; agli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015. 
    Si depositeranno, unitamente al presente ricorso notificato: 
        copia conforme della delibera di giunta regionale n. 1171 del
28 agosto 2017. 
          Roma, 1° settembre 2017 
 
                          Prof. avv. Marini