N. 136 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 luglio 2017

Ordinanza del 13 luglio 2017  del  Consiglio  di  Stato  sul  ricorso
proposto da  Ditta  F.A.I.  di  Ferroni  Ivano  contro  Provincia  di
Ferrara. 
 
Professioni - Esercizio della professione di trasportatore su  strada
  di cose per conto di terzi - Requisiti per l'iscrizione all'albo  -
  Onorabilita' - Previsione che non sussiste, o cessa di  sussistere,
  il requisito dell'onorabilita'  in  capo  alla  persona  che  abbia
  subito, in qualita' di datore di lavoro, condanna penale definitiva
  per fatti che costituiscono violazione degli  obblighi  in  materia
  previdenziale ed assistenziale. 
- Decreto legislativo 22 dicembre  2000,  n.  395  (Attuazione  della
  direttiva 98/76/CE del 1° ottobre 1998  del  Consiglio  dell'Unione
  europea, modificativa della direttiva 96/26/CE del 29  aprile  1996
  riguardante l'accesso alla professione di trasportatore  su  strada
  di merci e di viaggiatori, nonche' il riconoscimento  reciproco  di
  diplomi,  certificati  e  altri  titoli  allo  scopo  di   favorire
  l'esercizio della liberta' di stabilimento di  detti  trasportatori
  nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali), artt.  4  e
  5, commi 2, lett. g), e 8. 
(GU n.41 del 11-10-2017 )
 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
              in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) 
 
    Ha pronunciato la  presente  ordinanza  sul  ricorso  in  appello
iscritto al numero di registro generale 5869 del 2016, proposto da: 
        Ditta  Fai  di  Ferroni  Ivano,   in   persona   del   legale
rappresentante pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dall'avvocato
Antonello Ciervo, con domicilio eletto presso il suo studio in  Roma,
via Nizza, n. 53; 
    Contro Provincia  di  Ferrara,  in  persona  del  presidente  pro
tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato  Sarah  Pantanali,  con
cui  e'  elettivamente  domiciliata  ex  art.  25  c.p.a.  presso  la
segreteria sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza  Capo  di
Ferro, n. 13; 
    Per  la  riforma  della  sentenza  del  Tribunale  amministrativo
regionale Emilia-Romagna - Bologna, Sez. I, n. 278/2016, resa tra  le
parti, concernente la revoca dell'iscrizione all'albo  delle  persone
fisiche e giuridiche che esercitano l'autotrasporto di cose per conto
terzi. 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di  costituzione  in  giudizio  della  Provincia  di
Ferrara; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2017 il Cons.
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti  e  uditi  per  le  parti  gli  avvocati
Antonello  Ciervo  e,  in  sostituzione  dell'avv.  Pantanali,  Guido
Fiorentino; 
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. 
 
                                Fatto 
 
    1. Il Tribunale amministrativo regionale  per  l'Emilia  Romagna,
Bologna, Sez. II, con la sentenza 3 marzo 2016, n. 278,  ha  respinto
il ricorso proposto dalla  F.A.I.,  impresa  individuale  di  Ferroni
Ivano, per l'annullamento dell'atto n. 566 del 5 febbraio  2015,  con
il quale la Provincia di Ferrara aveva disposto la revoca  della  sua
iscrizione e la  cancellazione  dall'Albo  delle  persone  fisiche  e
giuridiche che esercitano l'autotrasporto di  cose  per  conto  terzi
della Provincia, essendo emersi in danno del titolare quattro decreti
penali di condanna per omesso versamento dei contributi previdenziali
ed assistenziali e conseguenti perdita dei requisiti di  onorabilita'
(ex artt. 4 e 5, comma 2, del decreto legislativo n. 395 del 2000). 
    Il Tribunale amministrativo regionale ha in sintesi rilevato che: 
    la fattispecie di cui all'art. 5 decreto legislativo n.  395  del
2000 costituisce un'ipotesi di sanzione amministrativa conseguente al
verificarsi di determinati presupposti, tra cui quella  di  cui  alla
lettera g) del comma 2, secondo cui cessa di sussistere il  requisito
dell'onorabilita' in capo  alla  persona  che  «...abbia  subito,  in
qualita' di datore di lavoro, condanna penale  definitiva  per  fatti
che costituiscono violazione degli obblighi  sussistenti  in  materia
previdenziale e assistenziale»; 
    le decisioni assunte dal giudice penale,  ancorche'  con  decreto
penale, costituiscono condanne penali a tutti gli effetti e sono  del
tutto equiparabili alle condanne pronunciate con sentenza; 
    l'ipotizzata sopravvenuta  inefficacia  della  norma  citata  per
effetto della ritenuta immediata applicabilita' di quanto prevede  il
regolamento CE n. 1071 del 2009,  che  ha  sostituito  la  precedente
direttiva 98/76/CE,  recepita  in  Italia  dall'art.  5  del  decreto
legislativo n. 395 del 2000, non sussiste, posto  che  la  disciplina
contenuta nel citato regolamento e' del tutto  in  linea  rispetto  a
quella applicata nella  specie,  poiche'  anche  nel  regolamento  il
requisito della «perdita di onorabilita'» e' integrato dalle condanne
penali (oltre ad altre sanzioni per eventuali infrazioni gravi  della
normativa nazionale in vigore), anche  nell'ambito  delle  violazioni
delle condizioni di retribuzione e di lavoro della professione»; 
    «le condanne o sanzioni  per  eventuali  infrazioni  gravi  della
normativa nazionale in  vigore...»  relative  a  «...  condizioni  di
retribuzione e di lavoro della professione» (cfr. art. 6 reg.  CE  n.
1071-2009) riguardano, dunque, condanne penali che  presuppongono  un
comportamento del datore di lavoro - autotrasportatore contrario alla
relativa  disciplina   nazionale   regolatrice   la   professione   e
l'attivita' svolta quale datore di  lavoro,  con  conseguente  logica
inclusione, tra tali comportamenti, di quelli in relazione  ai  quali
egli e' stato condannato penalmente  per  violazione  degli  obblighi
previdenziali ed assistenziali nei confronti dei propri dipendenti; 
    sono  oggettivamente  gravi  i  reati  commessi  dal  ricorrente,
trattandosi, come emerge dai decreti penali, di  reiterate  omissioni
di  versamento  dei  contributi  previdenziali,  nel  ristretto  arco
temporale  di  4  anni  (2009  -  2013),  relativi  alle  prestazioni
lavorative dei dipendenti  dell'impresa  individuale:  non  sussiste,
pertanto,  in  relazione  al  requisito  della   «gravita'»,   alcuna
violazione del Regolamento. 
    2. La ditta F.A.I.  ha  chiesto  la  riforma  di  tale  sentenza,
deducendone l'erroneita' per «violazione di legge ex art. 460,  comma
5, codice di procedura penale e art. 5, comma 4, decreto  legislativo
n. 395-2000» (sostenendo, tra  l'altro,  che  il  decreto  penale  di
condanna non comporterebbe l'applicazione di pene accessorie e, anche
se  divenuto  esecutivo,  non  avrebbe  efficacia  di  giudicato  nel
giudizio civile o amministrativo, con conseguenti inammissibilita' di
applicare le sanzioni irrogate con l'atto della cui  legittimita'  si
controverte, tanto piu' che il decreto penale  di  condanna  non  era
indicato  tra  gli  atti  considerati  come  condanna,  ex  comma  4,
dell'art. 5 del decreto legislativo n. 395 del 2000) e «violazione di
legge ex art. 6 regolamento CE n. 1071-2009». 
    3. Si e' costituita in giudizio la provincia appellata, chiedendo
la   reiezione   dell'appello   e   spiegando   appello   incidentale
relativamente al capo della sentenza che ha disposto la compensazione
delle spese di lite. 
    4. Con ordinanza n. 4483 del 7 ottobre 2016 la Sezione ha accolto
l'istanza cautelare  ed  ha  sospeso  l'esecutivita'  della  sentenza
impugnata, avendo  «ritenuto  che  le  articolate  censure  contenute
nell'atto  di  appello  ed  ulteriormente  rappresentate  nel   corso
dell'odierna   discussione,    con    particolare    riguardo    alla
compatibilita' della normativa italiana con quella europea e comunque
alla  legittimita'  costituzionale  di  quella  attualmente  vigente,
necessitano di ulteriore  approfondimento  nell'appropriata  fase  di
merito...». 
    5. Nell'imminenza dell'udienza di trattazione la parte appellante
ha ulteriormente illustrato le proprie tesi  difensive,  evidenziando
il dubbio di legittimita' costituzionale degli articoli  4  e  5  del
decreto legislativo n. 395 del 2000. 
    5. All'udienza pubblica del  27  aprile  2017,  dopo  la  rituale
discussione, la causa e' stata trattenuta in decisione. 
 
                               Diritto 
 
    6.  In  punto  di  fatto  la  Sezione  osserva  che   l'attivita'
istruttoria posta a fondamento del provvedimento di revoca della  cui
legittimita'  si  controverte  e'  consistita  nell'acquisizione  del
certificato  del  casellario  giudiziale  del  sig.  Ferroni   Ivano,
titolare della ditta  appellante,  da  cui  e'  merso  che  nei  suoi
confronti sono stati emessi n.  4  decreti  penali  di  condanna  per
omesso  versamento  (continuato)  delle  ritenute   previdenziali   e
assistenziali, delitto previsto e punito dall'art.  2,  comma  1-bis,
del decreto-legge n. 463 del 1983, convertito con modificazioni dalla
legge n. 638 del 1983. 
    E' pacifico che i predetti decreti penali di  condanna  non  sono
stati opposti e sono divenuti esecutivi in data 28 novembre  2009,  3
novembre 2011, 8 aprile 2013 e 10 maggio 2013; non  risulta  concessa
la sospensione condizionale della pena, ne' vi  e'  dichiarazione  di
estinzione dei reati. 
    L'art. 5, comma 2,  del  decreto  legislativo  n.  395  del  2000
stabilisce che non sussiste, o cessa di sussistere, il  requisito  di
onorabilita' (previsto dall'art. 4 dello stesso decreto  legislativo)
in caso di condanna del datore di lavoro per fatti che  costituiscono
violazione degli obblighi sussistenti  in  materia  previdenziale  ed
assistenziale. 
    I ricordati decreti penali hanno percio' concretizzato la perdita
del requisito dell'onorabilita' ex art. 4 decreto legislativo n.  395
del 2000, tipizzato dalla citata lettera g) del comma 2 dell'articolo
5, e conseguentemente la Provincia di Ferrara ha  disposto  in  danno
della  ditta  F.A.I.,  la   revoca   dell'iscrizione   all'albo   dei
trasportatori per conto di terzi e la cancellazione  d'ufficio;  cio'
del resto in puntuale e vincolata  applicazione  del  comma  8  dello
stesso articolo 5, a mente del quale «La sussistenza del requisito di
onorabilita' cessa, di diritto, come conseguenza del verificarsi  dei
presupposti previsti dai commi che precedono». 
    7. La  Sezione  osserva  che  in  presenza  dell'univoco  dettato
legislativo, cosi' delineato,  non  puo'  ragionevolmente  dubitarsi,
sotto   un   profilo   formale,   della   correttezza    dell'operato
dell'amministrazione. 
    7.1. E' infatti indiscutibile  che,  per  effetto  del  combinato
disposto degli articoli 4, e 5, commi 2 e 8, del decreto  legislativo
n. 395 del 2000, gli incontestati decreti di condanna, inoppugnati  e
divenuti pertanto definitivi, pronunciati nei confronti del  titolare
della F.A.I.,  quale  datore  di  lavoro,  per  la  violazione  degli
obblighi in materia di previdenziale  ed  assistenziale,  integra  il
presupposto della perdita dei requisiti di onorabilita'  e  determina
la revoca dell'iscrizione all'Albo e/o la cancellazione d'ufficio. 
    7.2. Ne' vale sostenere che con il decreto penale di condanna non
possono essere applicate  pene  accessorie,  perche'  tale  non  puo'
essere  considera  la  misura  meramente  amministrativa  di  cui  si
discute, priva di qualsiasi effetto punitivo  o  afflittivo  (il  che
esclude, ad avviso della Sezione, che  possa  essere  invocato  nella
fattispecie in esame la violazione del principio del ne bis in idem),
ma diretta unicamente ad evitare che l'attivita' professionale di cui
si tratta sia svolta  da  un  soggetto  che  non  si  sia  dimostrato
affidabile in ordine al rispetto della  legislazione  in  materia  di
tutela del lavoro subordinato; ugualmente inconferente e' il richiamo
alla inefficacia di giudicato del decreto penale nei giudizi civili o
amministrativi, 
    7.3. Ne' puo' fondatamente sostenersi  che  una  piu'  favorevole
previsione   in   materia    sia    contenuta,    come    prospettato
dall'appellante, nel regolamento CE n. 1071 del 2009  (art.  6,  par.
3): e' sufficiente rilevare che l'abrogazione  per  effetto  di  tale
nuovo regolamento della precedente direttiva 96/26/CE,  recepita  con
il decreto legislativo n. 395 del 2000, non comporta  antomaticamente
anche l'abrogazione di quest'ultimo, che resta in vigore tutto quanto
non sia incompatibile con la nuova disciplina,  incompatibilita'  che
non e' dato  rinvenire  nei  riguardi  della  specifica  materia  dei
requisiti di  onorabilita',  per  i  quali  e'  rimasta  ostativa  la
condanna per gravi reati in materi di legislazione comunitaria  e  di
lavoro, tra cui rientra quella per cui e'  questione  nella  presente
controversia. 
    8. Cio'  posto,  tuttavia  la  Sezione  e'  dell'avviso  che  sia
rilevante  (alla  stregua  di  quanto  fin  qui   rilevato)   e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
del combinato disposto degli articoli 4, e 5, commi 2 e 8,  del  piu'
volte citato decreto legislativo n. 395 del 2000 in riferimento  agli
articoli, 3, 24 e 113 della Costituzione. 
    8.1. Come si e' osservato in precedenza, l'articolo 4,  comma  5,
dispone che  i  requisiti  (indicati  dagli  artt.  5,  6  e  7)  per
l'iscrizione all'albo di cui all'art.  1  legge  n.  298/1974  devono
permanere per il periodo di iscrizione; il successivo art.  5,  comma
2, stabilisce che «Non sussiste, o cessa di sussistere, il  requisito
dell'onorabilita' in capo alla persona che...  g)  abbia  subito,  in
qualita' di datore di lavoro, l'applicazione di  qualunque  sanzione,
comunque comminata, per omesso o insufficiente versamento degli oneri
previdenziali od assistenziali». 
    Tale combinato disposto determina un automatismo normativo tra la
perdita del requisito di onorabilita' in  applicazione  di  qualsiasi
sanzione penale grave, comunque comminata (come nel caso  in  esame),
escludendo in radice qualsiasi possibilita' di valutazione  da  parte
dell'amministrazione circa la  tipologia  di  infrazione  compiuta  o
l'entita' della sanzione subita o qualsiasi altro elemento  rilevante
(elemento psicologico del reato, successiva  estinzione  della  pena,
depenalizzazione del reato, etc.); cio' trova del resto conferma  nel
ricordato comma 8 dell'art. 5, a tenore del quale «La sussistenza del
requisito dell'onorabilita' cessa, di diritto, come  conseguenza  del
verificarsi dei presupposti previsti dai commi che precedono». 
    In tale ipotesi, dunque, il giudizio sugli interessi, pubblici  e
privati, in gioco e sul bilanciamento  degli  stessi  e'  gia'  stato
fatto, una volta e per tutte, astrattamente dal  legislatore  che  ha
imposto un'attivita'  rigidamente  vincolata  all'Amministrazione  in
punto  verifica  della   permanenza   del   suddetto   requisito   di
onorabilita'. 
    8.2. Sennonche', ad avviso della Sezione,  tale  automatismo  non
sembra conforme alla previsione dell'art. 3  della  Costituzione,  in
tema di ragionevolezza e proporzionalita'. 
    Invero  occorre  ricordare  che,  come  ha  statuito   la   Corte
costituzionale in altri settori dell'ordinamento  (cfr.,  da  ultimo,
sentenza 18 luglio  2013,  n.  202),  gli  automatismi  disposti  dal
legislatore devono  rispecchiare  un  ragionevole  bilanciamento  tra
tutti gli interessi e i diritti di rilievo costituzionale coinvolti e
devono  conseguentemente   essere   censurate   quelle   disposizioni
legislative che incidano in modo sproporzionato e  irragionevole  sui
diritti fondamentali (cfr., anche sentenze n. 245-2011, n. 299-2010 e
n. 249-2010). 
    Nel caso in esame, la liberta' di iniziativa  economica  privata,
protetta dalla Costituzione  e  richiamata  anche  dalla  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali  (CEDU),  puo'  essere  agevolmente  configurata   quale
diritto fondamentale del cittadino, anche nella prospettiva  dinamica
di  strumento  per   la   concreta   manifestazione   della   propria
personalita', da un  lato,  e  di  crescita  e  sviluppo  sociale  ed
economico  della  societa',  dall'altro:  tale   diritto   resterebbe
definitivamente ed inesorabilmente compromesso nel  caso  di  specie,
sotto il profilo  della  perdita  irrevocabile  del  requisito  della
onorabilita', dalla sussistenza  di  una  qualsiasi  sanzione  penale
anche minima. 
    Cio' rileva anche sotto il profilo  della  proporzionalita',  dal
momento  che  proprio  quell'effetto  interamente  automatico   della
misura/sanzione   amministrativa   di   revoca   dell'iscrizione    o
cancellazione dall'albo, priva  di  qualsiasi  possibile  graduazione
automatica, finisce con il ricollegare una conseguenza  irreversibile
ad  una  misura  che,  in  quanto  penale  e  dunque   punitiva,   e'
necessariamente temporanea o addirittura ha natura pecuniaria. 
    Tanto piu' che, nell'ambito dei reati in materia previdenziale e'
da poco intervenuto il decreto legislativo 15  gennaio  2016,  n.  8,
attuativo della legge 28 aprile 2014, n. 67, entrato in vigore  il  6
febbraio 2016,  che  ha  disposto  la  depenalizzazione  di  numerose
ipotesi di reato in materia  di  lavoro  e  previdenza  obbligatoria,
prevedendone la trasformazione in illeciti amministrativi. 
    L'intervento  di  depenalizzazione  nell'ambito   della   materia
previdenziale ha riguardato,  in  particolare,  l'articolo  2,  comma
1-bis, decreto-legge 12  settembre  1983,  n.  463,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n.  638,  che  e'  stato
sostituito dall'articolo 3, comma 6, di detto decreto. 
    Anche per il legislatore penale, dunque, sussiste una graduazione
tra sanzioni diverse (penali e ammnistrative) a seconda  del  tipo  e
dell'entita'  dell'illecito,  frutto  di  un  giudizio  astratto  del
legislatore  che  cerca  un  equilibrato  bilanciamento  tra   valori
opposti, che nel  caso  di  specie  e'  del  tutto  assente,  poiche'
qualsiasi sanzione in materia previdenziale, di qualsiasi  natura  ed
entita', comporta automaticamente il ritiro dell'autorizzazione. 
    8.3. Sotto altro concorrente profilo  quello  stesso  automatismo
puo'  determinare  in  via  di  fatto  una  parimenti   inammissibile
violazione dell'art. 24, che predica il diritto di difesa e di  agire
in giudizio del cittadino per la  tutela  di  un  proprio  diritto  o
interesse, e dell'art. 113 (in tema di  sindacato  sugli  atti  della
pubblica amministrazione). 
    Solo formalmente  infatti  in  una  situazione  del  genere  puo'
ammettersi l'esistenza della facolta'  di  agire  in  giudizio  e  di
sindacare un  atto  dell'amministrazione  laddove  in  concreto  tali
facolta' sono del tutto assente o irragionevolmente limitate al  solo
riscontro    formale     dell'avvenuto     riscontro     da     parte
dell'amministrazione dell'esistenza di  una  condanna  penale,  senza
alcuna possibilita' di valutazione in concreto della sua rilevanza ai
fini della persistenza dell'iscrizione  all'albo  o  della  effettiva
ricorrenza di  un  pregiudizio  o  di  un  pericolo  per  l'interesse
pubblico derivante dall'esistenza di quella sentenza. 
    8.4. Non puo' in tal senso sottacersi che il par. 3, dell'art. 6,
del regolamento CE 21 ottobre 2009, n.  1071,  espressamente  prevede
che il requisito di onorabilita' (di cui all'art. 3, par. 1,  lettera
b) «...non si considera  rispettato  finche'  non  sia  adottata  una
misura di riabilitazione o un'altra misura di effetto  equivalente  a
norma delle pertinenti disposizioni nazionali», il  che  consente  di
ritenere  l'irragionevolezza  di  un  provvedimento   automatico   ed
irreversibile come quello  previsto  dalle  disposizioni  di  cui  al
decreto legislativo n. 395  del  2000,  essendo  appena  il  caso  di
aggiungere che non e' possibile, ad avviso della Sezione, operare nel
caso di specie un'interpretazione costituzionalmente orientata  delle
predette  disposizioni,  spettando  esclusivamente   al   legislatore
l'individuazione   e   la   previsione   concreta   delle   adeguate,
proporzionate  e  ragionevole  misure  sanzionatorie   amministrative
conseguenti a pronunce di condanne  penale  incidenti  sul  requisito
dell'onorabilita' ovvero della misure riabilitative o di altre misure
di effetto equivalente, anche di natura temporanea. 
    9. Per le ragioni sopra esposte si  solleva  innanzi  alla  Corte
costituzionale la questione  di  legittimita'  costituzionalita'  del
combinato disposto degli artt. 4, e art. 5, comma 2,  lettera  g),  e
comma 8, decreto legislativo 22 dicembre  2000,  n.  395,  nei  sensi
indicati in motivazione, con riferimento agli articoli 3,  24  e  113
della Costituzione. 
    Resta sospesa ogni decisione sul ricorso in epigrafe, dovendo  la
questione essere demandata al giudizio della Corte costituzionale. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale  (Sezione  Quinta),
visti gli articoli 1 della legge 9 febbraio 1948, n.  1  e  23  della
legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta rilevante e  non  manifestamente
infondata la questione di costituzionalita' degli  articoli  4  e  5,
comma 2, lettera g) e comma 8, decreto legislativo 22 dicembre  2000,
n. 395 in relazione agli articoli 3, 24  e  113  della  Costituzione,
dispone   l'immediata   trasmissione   degli    atti    alla    Corte
costituzionale, sospendendo il giudizio in corso. 
    Ordina che, a cura della segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri e
sia comunicata alla Presidenza del Senato della  Repubblica  ed  alla
Presidenza della Camera dei deputati. 
    Cosi' deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  27
aprile 2017 con l'intervento dei magistrati: 
        Carlo Saltelli, Presidente; 
        Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, consigliere, estensore; 
        Fabio Franconiero, consigliere; 
        Stefano Fantini, consigliere; 
        Daniele Ravenna, consigliere. 
 
                       Il Presidente: Saltelli 
 
 
                                                   L'estensore: Lotti