N. 65 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 settembre 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 6 settembre 2017 (della Regione Puglia). 
 
Ambiente  -  Disposizioni  concernenti  la  valutazione  dell'impatto
  ambientale di determinati progetti pubblici e privati -  Competenze
  in materia di VAS e di AIA - Competenze in  materia  di  VIA  e  di
  verifica di assoggettabilita' a VIA - Modifiche agli Allegati  alla
  Parte seconda del decreto legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  -
  Valutazione  degli  impatti  ambientali  e  provvedimento  di   VIA
  - Esclusione  dall'applicazione  della  disciplina  della  VIA   di
  specifici progetti - Prosecuzione di  progetti  realizzati  non  in
  conformita' con la disciplina della VIA. 
- Decreto legislativo  16  giugno  2017,  n.  104  (Attuazione  della
  direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16
  aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE,  concernente  la
  valutazione  dell'impatto  ambientale   di   determinati   progetti
  pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14  della  legge  9
  luglio 2015, n. 114), intero testo e, in  subordine,  artt.  3,  in
  particolare, comma 1, lett. g); 4; 5; 14; 18, comma 3; e 22. 
(GU n.42 del 18-10-2017 )
    Ricorso  ex  art.  127  Cost.  e  art.  32  l.  n.  87  del  1953
nell'interesse della Regione Puglia, C.F. 80017210727, in persona del
Presidente in carica, Dott. Michele Emiliano  con  sede  in  70121  -
Bari, Lungomare N. Sauro, 33,  autorizzato  con  deliberazione  della
Giunta regionale n. 1391 del 30.08.2017  (All.  A),  rappresentato  e
difeso, per mandato in calce al seguente atto, dal Prof. Avv.  Stelio
Mangiameli  del  Foro  di  Roma  (C.F.:   MNGSTL54D16C351N,   P.E.C.:
steliomangiameli@ordineavvocatiroma.org, Fax: 06-5810197), in  virtu'
di procura in calce al presente atto, ed elettivamente domiciliata in
Roma, Via A.  Poerio  n.  56,  presso  lo  Studio  professionale  del
medesimo Avvocato 
    Contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in  persona  del
Presidente in carica, nella propria nota sede in 00187- Roma, Palazzo
Chigi, Piazza Colonna n.  370  -  la  Presidenza  del  Consiglio  dei
Ministri, in persona del Presidente in  carica,  presso  l'Avvocatura
generale dello Stato. in 00186 - Roma, Via dei Portoghesi n. 12, 
    Per la declaratoria di illegitimita'  costituzionale del  decreto
legislativo  16  giugno  2017,  n.  104,  recante  "Attuazione  della
direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio,  del  16
aprile 2014, che modifica la  direttiva  2011/92/UE,  concernente  la
valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti  pubblici
e privati, ai sensi degli articoli I e 14 della legge 9 luglio  2015,
n. 114", pubblicato sulla G.U. Serie Generale n.  156  del  6  luglio
2017, costituzionalmente illegittimo 
        1)  nella  sua  interezza,  per  violazione   del   parametro
costituzionale  di  cui  all'art.  76  Cost.,  come  integrato  dalle
seguenti norme interposte: artt. l e 14 della legge n. 114 del  2015;
art. 31, comma 1, della legge 234 del 2012; art.  2  della  Direttiva
2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014; 
        2) nella sua interezza, per violazione del principio di leale
collaborazione; 
        3) in riferimento agli artt. 3, 4, 5 e 22 per  agli  allegati
ivi disciplinati, che rispettivamente modificano gli  artt.  6  e  7,
introducono l'art. 7-bis del d.lgs. n. 152 del 2006 e modificano  gli
allegati richiamati, per violazione del parametro  costituzionale  di
cui all'art. 76 Cost., come intearato dall'art. 14 della legge n. 114
del 2015; 
        4) in riferimento  all'art.  14,  nella  parte  in  cui,  nel
riformulare l'art. 25 del D.Lgs. n. 152 del 2006, non contempla  piu'
il parere della Regione  interessata  nell'ambito  delle  valutazioni
ambientali  di  competenza  statale,  per  violazione  del  parametro
costituzionale di cui all'art. 76 Cost., come integrato dall'art.  14
della  legge  n.  114  del  2015,  nonche'  del  principio  di  leale
collaborazione; 
        5)  in  riferimento  all'art.  3,  comma  1,  lett.  g),  per
violazione degli artt. 3, 9, 76 e 97 Cost., nonche' del principio  di
leale collaborazione, e all'art. 18, comma 3,  per  violazione  degli
artt. 3, 9, 76 e 97 Cost., nonche' dell'art. 24 Cost. 
A) Sull'illegittimita' costituzionale del Decreto legislativo n.  104
del 2017 nella sua interezza. 
    A.I. Esercizio della delega oltre il termine. Illegittimita'  del
Decreto legislativo n. 104 del  2017,  per  violazione  dell'art.  76
Costituzione. - L'articolo I della legge n. 144 del 2015  (Delega  al
Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione  di
altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione  europea  2014)
dispone che "1.  Il  Governo  e'  delegato  ad  adottare  secondo  le
procedure, i principi e i criteri direttivi di cui agli articoli 31 e
32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, i  decreti  legislativi  per
l'attuazione delle direttive elencate  negli  allegati  A  e  B  alla
presente legge." e "2. I termini per l'esercizio delle deleghe di cui
al comma I sono individuati ai sensi dell'articolo 31, comma I, della
legge 24 dicembre 2012, n. 234." 
    L'articolo 31, comma I,  della  legge  n.  234  del  2012  (Norme
generali  sulla  partecipazione   dell'Italia   alla   formazione   e
all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea)
dispone che "1. In relazione alle deleghe legislative  conferite  con
la legge di delegazione europea per il recepimento  delle  direttive,
il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine  di  quattro
mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in  ciascuna  delle
direttive; per le direttive il cui termine cosi' determinato sia gia'
scaduto alla data di entrata in vigore  della  legge  di  delegazione
europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il Governo  adotta  i'
decreti legislativi di recepimento  entro  tre  mesi  dalla  data  di
entrata in vigore della medesima legge;  per  le  direttive  che  non
prevedono un termine di recepimento, il  Governo  adotta  i  relativi
decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore
della legge di delegazione europea." 
    L'articolo 2 della Direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo  e
del  Consiglio  del  16  aprile  2014,  che  modifica  la   Direttiva
2011/92/UE, concernente la  valutazione  dell'impatto  ambientale  di
determinati progetti pubblici e privati, prevede che "1. Fatto  salvo
l'articolo 3 (relativo alle procedure  anteriori  e  in  corso),  gli
Stati  membri  mettono  in  vigore   le   disposizioni   legislative,
regolamentari  ed  amministrative  necessarie  per  conformarsi  alla
presente direttiva entro il 16 maggio 2017". 
    Percio',  il  termine  della  data  di  esercizio  della   delega
legislativa, per la resezione della direttiva, avrebbe dovuto  essere
il 16 gennaio 2017. 
    Il decreto legislativo n. 104,  invece,  e'  stato  emanato,  dal
Presidente della Repubblica, il 16 giugno  2017  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale n. 156, del 6 luglio 2017. 
    Risulta evidente  che  il  termine  della  delega  non  e'  stato
rispettato   dal   Governo    e,    conseguentemente,    ne    deriva
l'illegittimita' dell'intero Decreto legislativo n. 104 del 2017, per
violazione dell'art. 76 della Costituzione, che prevede tra i vincoli
della delegazione legislativa il "tempo limitato". 
    Ne'  in  contrario  avviso  puo'  addursi  l'eventuale  data   di
deliberazione del Consiglio dei Ministri, giacche'  anche  questa  e'
intervenuta  fuori  termine,  essendo  l'atto  stato  deliberato  dal
Consiglio dei  Ministri  in  data  9  giugno  2017,  come  si  rileva
agevolmente dal preambolo del medesimo Decreto (penultimo alinea), 
    Ne' cambierebbe alcunche' laddove si volesse (graziosamente) fare
riferimento alla data della preliminare deliberazione  del  Consiglio
dei ministri, invero totalmente irrilevante ai  fini  del  tempestivo
esercizio della delega, se si considera che essa  e'  stata  adottata
nella riunione del 10 marzo 2017 (v. quintultimo alinea del preambolo
del Decreto impugnato),  cui  ha  fatto  seguito  l'acquisizione  del
parere della Conferenza Stato-Regioni del 4 maggio 2017. 
    In ogni caso, per tuziorismo, si specifica che la data  dell'atto
delegato,  che  ne   identifica   l'esistenza   stessa,   e'   quella
dell'emanazione del Presidente della Repubblica, a norma dell'art. 87
della Costituzione ("Promulga le leggi  ed  emana  i  decreti  aventi
valore di legge e i regolamenti"), giacche' a  partire  dall'atto  di
emanazione il Decreto e'  immesso  nell'ordinamento  giuridico  della
Repubblica e svolge la sua efficacia. 
    La data di emanazione, pertanto, e' quella che rileva ai fini del
rispetto del termine  della  delegazione,  previsto  dalla  legge  di
delega, dacche' deriva l'illegittimita' costituzionale del D. Lgs. n.
104 del 2017 nella sua interezza per vizio in procedendo. 
    A.II.  Il  quadro  delle  competenze  cui   ricondurre   l'ambito
materiale de quo. Illegittimita' costituzionale del d.lgs. n. 104 del
2017 per violazione del  principio  di  leale  collaborazione.  -  La
direttiva europea colloca la normativa VIA nell'ambito della garanzia
di un livello elevato di  protezione  dell'ambiente  e  della  salute
umana,  facoltizzando  gli  Stati  membri  di  stabilire  misure   di
protezione piu' rigorose conformemente al Trattato sul  funzionamento
dell'Unione europea (TFUE) [l]. 
    Essa, inoltre, persegue l'intento di "migliorare i principi della
valutazione dell'impatto ambientale dei progetti  e  di  adeguare  la
direttiva 85/337/CEE al contesto politico, giuridico e  tecnico,  che
ha subito una notevole  evoluzione"  [2]  e  apporta  modifiche  alla
direttiva 2011/92/UE, "per rafforzare la qualita' della procedura  di
valutazione  d'impatto  ambientale,  allineare  tale   procedura   ai
principi della regolamentazione  intelligente  (smart  regulation)  e
rafforzare la coerenza e le sinergie con altre normative e  politiche
dell'Unione, come anche con le  strategie  e  le  politiche  definite
dagli Stati membri in settori di competenza nazionale" [3].  Richiede
che, nelle modifiche  apportate,  le  procedure  previste  dovrebbero
essere  semplificate  e  armonizzate,  al  fine  di   "garantire   il
miglioramento della protezione ambientale,  una  maggiore  efficienza
delle risorse e il sostegno alla  crescita  sostenibile  nell'Unione"
[6]. 
    La direttiva, richiamando il documento delle  NU  sullo  sviluppo
sostenibile del 2012, considera [9] "l'importanza economica e sociale
di una corretta pianificazione territoriale, inclusi l'uso del  suolo
e la necessita' di un'azione urgente intesa a invertirne il degrado",
nonche' la necessita' che "i progetti pubblici e  privati  dovrebbero
(...) prendere in considerazione il territorio  e  limitare  il  loro
impatto,  per  quanto  riguarda  in  particolare  la  sottrazione  di
territorio e di suolo, facendo riferimento  inoltre  alla  componente
organica,       all'erosione,       alla       compattazione        e
all'impermeabilizzazione";  e  ritiene  "altresi'  rilevanti  a   tal
riguardo" "opportuni piani  di  utilizzo  del  suolo  e  politiche  a
livello nazionale, regionale e locale". 
    Questa   disciplina   dovrebbe   servire   alla   tutela    della
biodiversita', degli habitat  protetti  e  a  "garantire  un  elevato
livello di protezione dell'ambiente marino", in  connessione  con  la
"Direttiva 2013/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del  12
giugno 2013, sulla sicurezza delle operazioni  in  mare  nel  settore
degli idrocarburi", anche in relazione  al  rischio  delle  calamita'
naturali e alla vulnerabilita' a  gravi  incidenti  e/o  a  calamita'
naturale di  determinati  progetti  per  i  quali  occorre  prevedere
particolari misure precauzionali. 
    Quanto, poi,  alla  tutela  e  alla  promozione  del  "patrimonio
culturale, comprendente i siti storici urbani  e  il  paesaggio,  che
sono parte integrante della diversita' culturale che  l'Unione",  "e'
importante  tener  conto,  nelle  valutazioni  d'impatto  ambientale,
dell'impatto visivo dei progetti, ossia del cambiamento di aspetto  o
di visuale del paesaggio edificato o naturale e  delle  zone  urbane"
[16]. Per ragioni di sicurezza,  dall'applicazione  della  direttiva,
sono escluse le opere militari; mentre le opere di protezione  civile
lo  sono,  per  evitare  effetti  negativi  sull'ambiente;   dovrebbe
sussistere  una  procedura  di  screening,  per  "garantire  che  una
valutazione dell'impatto ambientale sia richiesta solo per i progetti
suscettibili di avere effetti significativi sull'ambiente". 
    Questo, in breve, il quadro delle competenze toccate e richiamate
dalla direttiva, la quale non  pone  nel  contesto  della  disciplina
alcuna esigenza di modifica del riparto interno,  ma  prevede  sempre
che le prescrizioni indicate sono rivolte  all'autorita'  competente,
facendo cosi' un rinvio all'ordinamento costituzionale interno  degli
Stati membri, come nel considerando  n.  30  dove  si  riprendono  le
finalita' della direttiva  e  si  prevede  che,  "per  migliorare  la
qualita' di una valutazione dell'impatto ambientale, semplificare  le
procedure  e  razionalizzare  il  processo  decisionale,  l'autorita'
competente  dovrebbe  esprimere  un   parere,   ove   richiesto   dal
committente,  sulla  portata  e  il  livello   di   dettaglio   delle
informazioni  ambientali  da  fornire  nell'ambito  di  rapporto   di
valutazione  dell'impatto  ambientale  (definizione  dell'ambito   di
applicazione)". 
    Le  materie  cui  pone  rilievo  la  direttiva  sono,  certamente
l'ambiente, comprensivo di quello marino, delle biodiversita' e degli
habitat protetti, ma anche la tutela della salute, la  pianificazione
territoriale e, piu' in generale, l'uso del territorio, la  tutela  e
la promozione del patrimonio culturale, la  difesa  e  la  protezione
civile. 
    Queste materie, in base alla Costituzione, sono  distribuite  tra
lo  Stato  e  le  Regioni:  al  primo  compete   certamente   "tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali"  e  la  "difesa"
(art. 117, comma 2, lettere s e d, Cost.),  alle  Regioni  la  tutela
della salute, il governo del territorio, la promozione dei patrimonio
culturale e la protezione civile (art. 117, comma  3,  Cost.);  altre
materie, come l'agricoltura, la  pesca  e  le  attivita'  produttive,
riconducibili  all'art.  117,  comma  4,  Cost.,  potrebbero   essere
implicitamente riguardate dalla disciplina VIA. 
    Insomma, quando non e' possibile distinguere adeguatamente i vari
campi materiali interessati dalle procedure VIA relative  a  progetti
pubblici e privati, che possono essere, percio', di ambito statale  o
regionale, cosi'  definibili  anche  facendo  uso  del  "criterio  di
prevalenza", nel settore considerato dalla direttiva si determina  un
intreccio di campi materiali dello Stato e delle Regioni, il quale  -
secondo la giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte costituzionale -  se
abilita lo Stato ad assumere la competenza  legislativa,  obbliga  lo
stesso Stato a inverare procedure collaborative nell'esercizio  della
medesima. 
    Ora,  questo   intreccio   di   oggetti   delle   materie   della
legislazione, per massima parte regionali e rientranti nell'art. 117,
comma 3 e 4, Cost., che hanno una rilevanza ai fini della  competenza
legislativa statale di cui all'art. 117, comma 2, lettera s),  Cost.,
"tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali",  e  che
da  sempre  caratterizza  questa  parte  dell'ordinamento   giuridico
nazionale  ed  europeo,  non  poteva  non  generare  un  sistema   di
competenze ripartite tra Stato e Regioni, con riferimento ai piani  e
ai programmi  da  valutare  e  autorizzare,  che  la  legge  statale,
rectius: il Codice delle Norme in  materia  ambientale,  ha  definito
puntualmente, per il tramite degli allegati. 
    Il D. Lgs. n. 104 del 2017 ha inciso sul riparto delle competenze
cosi' definito: in primo luogo, ha modificato l'art.  7,  scorporando
le previsioni della VIA dal corpo dell'articolo e  disciplinando  poi
separatamente la Valutazione di impatto ambientale  nell'art.  7-bis.
Inoltre,  ha  predisposto  nell'art.  6,  commi  6,   7   e   9,   la
risistemazione dei progetti negli allegati. Infine, all'art.  22,  e'
intervenuto concretamente nella determinazione puntuale dei  progetti
negli allegati, spostando la valutazione e l'autorizzazione di  varie
tipologie di progetti, secondo criteri anche  di  tipo  quantitativo,
dalla competenza regionale a quella statale. 
    Prima di entrare nel merito delle  singole  modifiche  apportate,
del loro peso e dell'afferenza ai poteri regionali di  valutazione  e
autorizzazione dei progetti,  e'  bene  considerare  che  il  decreto
legislativo n. 104 del 2017, proprio per la riscrittura  del  riparto
delle competenze in tema di VIA e di autorizzazione dei progetti,  si
pone in contrasto con il principio di leale collaborazione. 
    I parametri di costituzionalita' indicati vanno  rapportati  alla
legge n. 114 del 2015, che costituisce la legge di delega su  cui  si
fonda il decreto legislativo impugnato. 
    Questa Ecc.ma Corte costituzionale, con la sentenza  n.  251  del
2016, ha esteso il campo della leale collaborazione anche al  sistema
delle fonti normative e, in particolare, ai decreti legislativi,  per
il  caso  in  cui  la  delega  legislativa  affidi  al  governo   una
delegazione legislativa  per  "oggetti  definiti"  appartenenti  alla
competenza dello Stato  e  delle  Regioni  senza  che  sia  possibile
distinguerne i margini della competenza dell'uno o delle altre. 
    Secondo questo  insegnamento,  qualora  "palese  il  concorso  di
competenze, inericabilmente connesse, nessuna delle quali  si  rivela
prevalente, ma  ciascuna  delle  quali  concorre  alla  realizzazione
dell'ampio disegno di riforma" "non e' costituzionalmente illegittimo
l'intervento del  legislatore  statale,  se  necessario  a  garantire
l'esigenza di unitarieta' sottesa alla riforma. Tuttavia,  esso  deve
muoversi  nel  rispetto  del  principio  di   leale   collaborazione,
indispensabile anche in questo caso a guidare i rapporti tra lo Stato
e il sistema  delle  autonomie.  Poiche'  le  disposizioni  impugnate
toccano sfere di competenza esclusivamente statali  e  regionali,  il
luogo idoneo di espressione della leale  collaborazione  deve  essere
individuato nella Conferenza Stato-Regioni." 
    E in conclusione, le esigenze di carattere unitario, che  possono
spingere  il  legislatore  statale  a  derogare  al   riparto   delle
competenze costituzionale, incidendo profondamente  sulle  competenze
regionali,  anche  in  quelle  conformate   gia'   dalla   precedente
legislazione, richiedono l'estensione del vincolo  concertativo  "con
l'avvio di procedure collaborative nella  fase  di  attuazione  della
delega". 
    Dal preambolo risulta che il D. Lgs. n. 104 e'  stato  deliberato
dopo avere "acquisito il parere della  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
Bolzano, che si e' espressa nella seduta del 4 maggio 2017". 
    Appare evidente, percio', che la nuova disciplina di  recepimento
della direttiva europea, incidendo profondamente  sul  riparto  delle
competenze tra lo Stato e le  Regioni,  spostando  la  valutazione  e
l'autorizzazione di piani e programmi dalla competenza delle  Regioni
a  quella  dello  Stato,  non  sarebbe  stato  sufficiente,  per   la
legittimita' del decreto legislativo, l'acquisizione del parere della
Conferenza permanente, bensi' avrebbe dovuto avere luogo l'estensione
del vincolo concertativo  "con  l'avvio  di  procedure  collaborative
nella  fase  di  attuazione  della  delega"  al  fine  di  conseguire
l'intesa. 
    Valuti l'Ecc.ma Corte costituzionale se sollevare davanti  a  se'
stessa la questione di legittimita'  costituzionale  della  legge  di
delega,  che  non  ha  previsto  appositamente   l'intesa,   per   la
deliberazione  del   decreto   legislativo,   oppure   se   censurare
direttamente vizio in capo al decreto legislativo  per  la  procedura
concretamente seguita. 
    Questa seconda sembrerebbe invero agevolmente percorribile, se si
considera che l'approdo giurisprudenziale, cui si e'  giunti  con  la
sentenza  n.  251  del  2016,   avrebbe   una   diretta   derivazione
costituzionale, non legata alla legge di delega,  bensi'  al  sistema
costituzionale  incentrato  sulla  flessibilita'  del  riparto  delle
competenze,  grazie   all'applicazione   del   principio   di   leale
collaborazione. 
    Infatti, se e' vero che la  subordinazione  dell'esercizio  della
delega legislativa che tocca anche le competenze  regionali  richiede
l'intesa con la  Conferenza  Stato-Regioni,  richiede  una  procedura
collaborativa incentrata sull'intesa, l'esperimento di questa non  e'
piu' nelle mani del legislatore delegante (come prima della  sentenza
n, 251 del 2016). Percio', a prescindere  da  qualunque  impugnazione
della legge n. 114 del 2015, il decreto legislativo oggi censurato e'
stato adottato in violazione del sistema  costituzionale  di  riparto
delle competenze, come recentemente interpretato  da  codesta  Ecc.ma
Corte. 
    Qui non resta che aggiungere  una  considerazione  di  merito,  e
cioe' che il parere della Conferenza e' stato negativo e  le  Regioni
"tuttavia sottolineavano che  tale  giudizio  avrebbe  potuto  essere
superato qualora fossero stati accolti gli  emendamenti  inderogabili
illustrati nel loro documento". 
    In  particolare,   le   Regioni   formulavano   nove   condizioni
irrinunciabili nel parere reso in sede di Conferenza sul  merito  del
decreto,  che  sono  state  totalmente  disattese   dal   legislatore
delegato. 
B) Sull'illegittimita' costituzionale delle singole disposizioni  del
Decreto legislativo n. 104 del 2017. 
    B.1. Il riparto delle competenze tra lo Stato  e  le  Regioni  in
materia di VIA - Violazione dell'art. 76 Cost. -  Eccesso  di  delega
con riferimento all'oggetto e ai principi e criteri  direttivi  della
legge n. 144 del 2015. - Il Codice delle norme ambientali, D.Lgs.  n.
152  del  2006,  ss.mm.ii.,  prevedeva  originariamente  all'art.   7
l'ambito  di  applicazione  della  VAS  e  una  distribuzione   delle
competenze in materia di' VIA  all'art.  25  (1.  La  valutazione  di
impatto ambientale compete: a) per i progetti di opere ed  interventi
sottoposti ad autorizzazione statale  e  per  quelli  aventi  impatto
ambientale interregionale o internazionale, al Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per i beni
e le attivita' culturali, secondo le disposizioni di cui al  presente
capo I ed al capo II; b) negli altri casi, all'autorita'  individuata
dalla regione o dalla provincia autonoma con  propria  legge,  tenuto
conto   delle   attribuzioni    della    competenza    al    rilascio
dell'autorizzazione  alla  realizzazione   delle   varie   opere   ed
interventi e secondo le procedure dalla stessa stabilite  sulla  base
dei criteri direttivi di cui al capo III del presente  titolo,  ferme
restando le disposizioni comuni di cui al presente capo I.) 
    Successivamente, con la novella  del  D.  Lgs.  n.  4  del  2008,
nell'art. 7 del Codice venivano definite le competenze in materia  di
VAS e VIA e si prevedeva, per la VAS, che "1. Sono sottoposti  a  VAS
in sede statale i' piani e programmi di cui all'articolo 6, commi  da
I a 4, la cui approvazione compete ad organi dello Stato"  e,  subito
dopo, che "2. Sono sottoposti a VAS  secondo  le  disposizioni  delle
leggi regionali, i piani e programmi di cui all'articolo 6, commi  da
I a 4, la cui approvazione compete alle regioni e province autonome o
agli enti locali". 
    Per la VIA il riparto di competenze e' legato alla tecnica  degli
allegati che definiscono i progetti di competenza  statale  (Allegato
11) e quelli di competenza regionale (Allegati III e IV). Infatti,  i
commi 3 e 4 dell'art. 7, disponevano: "3. Sono sottoposti  a  VIA  in
sede statale i progetti di cui all'allegato II al presente decreto" e
"4. Sono  sottoposti  a  VIA  secondo  le  disposizioni  delle  leggi
regionali, i progetti di cui agli  allegati  III  e  IV  al  presente
decreto". 
    Con il D. Lgs. n.  128  del  2010  viene  introdotta  nel  Codice
l'Autorizzazione  Integrata  Ambientale  (AIA)  e  nell'art.   7   si
prevedono le rispettive competenze statali  e  regionali  secondo  il
medesimo criterio degli allegati: "4-bis. Sono sottoposti ad  AIA  in
sede statale i progetti relativi alle attivita' di  cui  all'allegato
XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali" e "4-ter.  Sono
sottoposti ad AIA secondo le disposizioni  delle  leggi  regionali  e
provinciali i progetti di cui all'allegato  VIII  che  non  risultano
ricompresi  anche  nell'allegato  XII  al  presente  decreto  e  loro
modifiche sostanziali", 
    Il sistema  delle  competenze,  percio',  individuava  lo  stesso
"oggetto" per la VAS che viene  ripartito  tra  Stato  e  Regioni  in
ragione della competenza VIA, che connessa ai progetti  che  Stato  e
Regioni possono rispettivamente approvare e autorizzare  secondo  gli
allegati di riferimento e medesime modalita' sono indicate  anche  la
competenza AIA. 
    E' bene precisare che l'oggetto cui si riferisce l'art. 6,  comma
2, del Codice altro non e' che un coacervo di materie, in  quanto  fa
riferimento a "piani e programmi"  «a)  che  sono  elaborati  per  la
valutazione e gestione  della  qualita'  dell'aria  ambiente,  per  i
settori agricolo, forestale, della  pesca,  energetico,  industriale,
dei trasporti, della  gestione  dei  rifiuti  e  delle  acque,  delle
telecomunicazioni, turistico,  della  pianificazione  territoriale  o
della  destinazione  dei  suoli,  e  che  definiscono  il  quadro  di
riferimento   per   l'approvazione,   l'autorizzazione,   l'area   di
localizzazione o comunque  la  realizzazione  dei  progetti  elencati
negli allegati Il, III e IV del presente decreto;» e «b) per i quali,
in  considerazione  dei  possibili   impatti   sulle   finalita'   di
conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per
la conservazione degli uccelli selvatici e quelli  classificati  come
siti di  importanza  comunitaria  per  la  protezione  degli  habitat
naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria
una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del decreto  del
Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n.  357,  e  successive
modificazioni». 
    Orbene, come sopra ricordato, il D.  Lgs.  n.  104  del  2017  ha
ampiamente inciso su questo  assetto  del  riparto  delle  competenze
amministrative  fra  Stato  e  Regioni  in  materia  di   valutazioni
ambientali, attribuendo alla competenza  dello  Stato  una  serie  di
procedimenti di spettanza regionale. 
    Ci si riferisce anzitutto a quelle  ipotesi  che  l'art.  22  del
d.lgs, n. 104 del 2017 ha aggiunto all'allegato 11 della Parte II del
Codice dell'ambiente [v. art. 22, comma 1, lett. a), e), i)  ed  l)],
ma anche quelle abrogazioni  -  recate  dalla  stessa  norma  -  che,
nell'elidere parole che  circoscrivevano  l'ambito  di  applicazione,
hanno esteso la portata della fattispecie [v. art. 22, comma l, lett.
b)]. 
    Inoltre, anche laddove la  medesima  norma  (art.  22,  comma  1,
d.lgs.  n.  104  del  2017)  ha  operato  sostituzioni  nello  stesso
allegato, si e' determinata un'estensione della  competenza  statale,
come nel caso della lett. d), che, nel sostituire il punto  7-quater,
ha contemplato anche l'attivita' di ricerca e coltivazione di risorse
geotermiche in mare. 
    Infine, e'  possibile  richiamare  l'allegato  11-bis,  che,  nel
delineare ex novo - come recita il titolo -  i  "Progetti  sottoposti
alla verifica di assoggettabilita' di  competenza  statale",  estende
per cio' solo la competenza statale (v., in particolare, ad  esempio,
Allegato  11-bis,  comma  1,  lettere  a)  e  d))  sulla   precedente
competenza regionale. 
    Per non parlare poi dei casi  in  cui  il  Decreto  ricorre  alla
tecnica della "sostituzione" delle ipotesi;  e,  di  conseguenza,  il
riscontro per una estensione della competenza  diventa  poco  agevole
(e' questo ad esempio il caso della lett. f del comma primo dell'art.
22, relativo allo "stoccaggio", per il quale  le  soglie  sono  tutte
dimezzate [con ampliamento della competenza],  tranne  l'ultima,  che
rimane immutata). 
    Deve pero' osservarsi  come  ne'  la  legge  di  delega,  ne'  la
direttiva europea hanno  richiesto  una  revisione  delle  competenze
interne o fornito una base adeguata per la modifica del riparto delle
competenze tra Stato e Regioni. 
    Tale  "espropriazione"  di  competenza  sembra  pertanto   essere
avvenuta sine titulo, se si considera che  nessuna  norma  interposta
(ne' la direttiva, ne' la legge delega) lo richiedeva. 
    La  direttiva  europea,  che  avrebbe  dovuto  essere   recepita,
perseguiva - come gia' rilevato - l'intento di "migliorare i principi
della valutazione dell'impatto ambientale dei progetti e di  adeguare
la direttiva 85/337/CEE al contesto politico,  giuridico  e  tecnico,
che ha subito una notevole evoluzione" [2] e apportava modifiche alla
direttiva 2011/92/UE, "per rafforzare la qualita' della procedura. di
valutazione  d'impatto  ambientale,  allineare  tale   procedura   ai
principi della regolamentazione  intelligente  (smart  regulation)  e
rafforzare la coerenza e le sinergie con altre normative e  politiche
dell'Unione, come anche con le  strategie  e  le  politiche  definite
dagli Stati membri in settori di competenza nazionale"  [3];  infine,
richiedeva che, nelle  modifiche  apportate,  le  procedure  previste
avrebbero dovuto  essere  semplificate  e  armonizzate,  al  fine  di
"garantire il miglioramento della protezione ambientale, una maggiore
efficienza delle risorse e  il  sostegno  alla  crescita  sostenibile
nell'Unione" [6]. 
    La  direttiva,  in  nessuna  disposizione  o  dichiarazione   del
preambolo, richiede che una determinata funzione sia attribuita  allo
Stato o alle Regioni, ma si esprime sempre in termini  di  "autorita'
competente". 
    La legge di delega n. 144 del  2015,  all'art.  14,  afferma  che
"nell'esercizio  della  delega  per  l'attuazione   della   direttiva
2014/52/UE del Parlamento europeo e  del  Consiglio,  del  16  aprile
2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione
dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici  e  privati,
il Governo e' tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi
di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti principi  e  criteri
direttivi specifici: 
        a) semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione  delle
procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione  al
coordinamento  e  all'integrazione  con  altre  procedure  volte   al
rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale; 
        b)  rafforzamento   della   qualita'   della   procedura   di
valutazione di  impatto  ambientale,  allineando  tale  procedura  ai
principi della regolamentazione  intelligente  (smart  regulation)  e
della coerenza e delle  sinergie  con  altre  normative  e  politiche
europee e nazionali; 
        c) revisione e razionalizzazione del sistema sanzionatorio da
adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE,  al  fine  di  definire
sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive  e  di  consentire  una
maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni; 
        d)  destinazione  dei  proventi  derivanti   dalle   sanzioni
amministrative  per  finalita'  connesse   al   potenziamento   delle
attivita' di vigilanza, prevenzione e monitoraggio  ambientale,  alla
verifica del rispetto delle condizioni previste nel  procedimento  di
valutazione  ambientale,  nonche'  alla  protezione  sanitaria  della
popolazione in caso di incidenti o calamita' naturali, senza nuovi  o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica". 
    Come si nota, nessun criterio o principio  direttivo  abilita  il
governo alla modifica delle competenze delle Regioni, soprattutto nel
senso di una maggiore  centralizzazione  in  capo  allo  Stato  delle
valutazioni e delle autorizzazione  dei  piani  e  dei  progetti  con
rilevanza ambientale. 
    Questo profilo, infatti, e' particolarmente rilevante se si tiene
conto che l'art. l4 della  legge  di  delega  rinvia  ai  principi  e
criteri direttivi dell'art. 1, comma 1 ("Il Governo  e'  delegato  ad
adottare secondo le procedure, i principi e i  criteri  direttivi  di
cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234"),  il
quale richiama l'art. 32 della legge n. 234 del 2012, che concerne  i
"Principi e criteri direttivi generali di delega per l'attuazione del
diritto dell'Unione  europea"  e  tra  questi,  proprio  in  tema  di
competenze,  vige  il  principio  che  "g)  quando   si   verifichino
sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o  comunque
siano coinvolte le competenze  di  piu'  amministrazioni  statali,  i
decreti legislativi individuano, attraverso le piu'  opportune  forme
di  coordinamento,  rispettando   i   principi   di   sussidiarieta',
differenziazione, adeguatezza e  leale  collaborazione  (sic!)  e  le
competenze  delle  regioni  e  degli  altri  enti  territoriali,   le
procedure per salvaguardare l'unitarieta' dei  processi  decisionali,
la  trasparenza,   la   celerita',   l'efficacia   e   l'economicita'
nell'azione amministrativa e la chiara  individuazione  dei  soggetti
responsabili". 
    Anche secondo il comune buon  senso,  pare  che  non  si  possano
confondere  le  esigenze   di   semplificazione,   armonizzazione   e
razionalizzazione  delle  procedure  con  la  centralizzazione  delle
competenze; a meno di non volere affermare  che  solo  centralizzando
sia possibile semplificare  armonizzare  e  razionalizzare.  Di  qui,
percio', la necessita' di censurare il vizio di eccesso di delega, in
relazione all'art. 76 della Costituzione, che ridonda  sulle  singole
disposizioni che modificano la competenza per limitare  i  poteri  di
valutazione e autorizzazione delle Regioni (artt. 3, 4, 5  e  22  del
D.Lgs. n. 104 del 2017, che rispettivamente modificano gli artt. 6  e
7, introducono l'art. 7-bis del d.lgs. n. 152 del 2006  e  modificano
gli allegati  richiamati),  attraverso  lo  spostamento  di  piani  e
progetti nella competenza dello Stato. 
    B.II.  Sulla  partecipazione  regionale   nei   procedimenti   di
valutazione ambientale di competenza statale -  Violazione  dell'art.
76 Cost. e del principio di leale  collaborazione  -  L'art.  14  del
D.Lgs. n. 104 del 2017, nel riformulare l'art. 25 del D.Lgs.  n.  152
del 2006, non contempla piu'  il  parere  della  Regione  interessata
nell'ambito delle valutazioni ambientali di competenza statale. 
    Cio' rileva sotto un duplice profilo. 
    Per un verso, similmente a quanto osservato nel precedente motivo
di ricorso, nessuna norma di  delega  legislativa  prevedeva,  fra  i
propri principi e criteri direttivi, la modifica  del  coinvolgimento
regionale  nelle  procedure  amministrative,  ne'   tanto   meno   un
depotenziamento della partecipazione medesima. 
    Come gia' rilevato, altro e' semplificare un  settore  normativo,
altro  e'  svilire  la  partecipazione   dei   livelli   di   governo
interessati. 
    La  disposizione  nella  formulazione  pregressa  muoveva   dalla
considerazione che le attivita'  sul  territorio  sottoposte  a  VIA,
anche se di competenza dello Stato, riguardavano  comunque  anche  le
Regioni, per via del sottostante rilievo che  dette  attivita'  hanno
per le competenze regionali e per la  rappresentanza  generale  degli
interessi regionali da parte dell'ente  esponenziale  della  relativa
comunita'. Per giunta, appare del tutto irragionevole ravvedere in un
mero  parere  (per  sua  natura  non  vincolante)  un  ostacolo  alla
semplificazione   normativa.   Piuttosto,    occorrerebbe    prendere
seriamente  in  considerazione  che  le  Amministrazioni  interessate
potrebbero  fornire  utili  elementi  da  sottoporre  all'esame   del
Ministero dell'Ambiente. 
    Nulla autorizzava pertanto il legislatore  delegato  a  irrompere
nell'assetto del riparto delle competenze in materia di  VIA  e  cio'
rileva  indirettamente  anche  rispetto   alla   precedente   censura
concernente lo spostamento di competenze. 
    Se infatti la centralizzazione delle  competenze  in  materia  di
valutazioni ambientali avrebbe potuto trovare una  qualche  forma  di
compensazione nel coinvolgimento regionale - almeno nella forma, gia'
vigente, del parere regionale - allo stato attuale le Regioni vengono
deprivate  di  ogni  forma  di  partecipazione  in  modo  del   tutto
irragionevole e senza neppure una base legislativa di riferimento. 
    Per giunta, proprio  in  ragione  del  rilevato  intreccio  delle
competenze in materia. la rimozione (persino) di questa blanda  forma
di partecipazione sembra porsi in netto contrasto con il principio di
leale collaborazione, che, a prescindere da qualunque disposizione di
delegazione  legislativa,  presiede  al  riparto   delle   competenze
legislative e amministrative e  deve,  percio',  trovare  espressione
anche nelle valutazioni ambientali, dove vengono in rilievo  numerose
competenze regionali (v. supra). 
    Si chiede pertanto che codesta  Ecc.ma  Corte  voglia  dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14 del D.Lgs.  n.  104  del
2017, nella parte in cui, nel riformulare l'art. 25 del D.Lgs. n. 152
del 2006, non contempla piu'  il  parere  della  Regione  interessata
nell'ambito delle valutazioni ambientali di competenza statale. 
    B.III Sull'illegittima esclusione di progetti dalle procedure  di
valutazione ambientale - Violazione degli artt. 3, 9,  24,  76  e  97
Cost., nonche' del principio di leale collaborazione - L'art. 1 della
Direttiva 2014/52/UE, cui il decreto legislativo  impugnato  vorrebbe
dare attuazione, modifica il par.  4,  comma  1,  dell'art.  2  della
Direttiva 2011/92/UE, stabilendo  che  "gli  Stati  membri,  in  casi
eccezionali,  possono  esentare  in  tutto o  in  parte  un  progetto
specifico  dalle  disposizioni  della  presente  direttiva,   qualora
l'applicazione  di  tali  disposizioni  incida  negativamente   sulla
finalita'  del  progetto,  a  condizione  che  siano  rispettati  gli
obiettivi della presente direttiva". 
    Ora, basterebbe limitarsi a considerare che la  Direttiva  faceva
riferimento a una  mera  facolta'  e  non  a  un  obbligo  e  che  il
legislatore  delegato  aveva  imposto  il  principio  direttivo   del
"rafforzamento della  qualita'  della  procedura  di  valutazione  di
impatto ambientale" per  comprendere  come  la  previsione  normativa
interna  che   riproduce   quella   europea   non   dovesse   trovare
assolutamente cittadinanza nell'ordinamento interno. 
    Infatti, se nulla obbligava il  legislatore  a  prevedere  questa
facolta', a fortiori nulla autorizzava il legislatore delegato  nello
stesso senso. 
    Ciononostante, l'art. 3, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 104  del
2010 prevede una duplice possibilita' di  esonero  dalla  valutazione
ambientale. 
    Per un verso, "per i progetti o parti di  progetti  aventi  quale
unico obiettivo la difesa nazionale e per  i  progetti  aventi  quali
unico  obiettivo  la  risposta  alle  emergenze  che  riguardano   la
protezione civile, il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni  e  delle
attivita' culturali e del turismo,  dopo  una  valutazione  caso  per
caso, puo' disporre, con decreto, l'esclusione di tali  progetti  dal
campo di applicazione delle norme di cui al titolo  III  della  parte
seconda del presente decreto, qualora ritenga che  tale  applicazione
possa pregiudicare i suddetti obiettivi". 
    Per altro verso, "fatto salvo quanto previsto  dall'articolo  32,
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio  e  del  mare
puo', in casi eccezionali, previo parere  del  Ministro  dei  beni  e
delle attivita' culturali e del turismo, esentare in tutto o in parte
un progetto specifico dalle disposizioni di cui al titolo  III  della
parte seconda del presente decreto, qualora  l'applicazione  di  tali
disposizioni incida negativamente sulla  finalita'  del  progetto,  a
condizione  che  siano  rispettati  gli  obiettivi  della   normativa
nazionale ed europea in materia di valutazione di impatto  ambientale
(...)". 
    Se tali previsioni normative si pongono in contrasto  con  l'art.
76 Cost. per  le  ragioni  gia'  illustrate,  non  si  puo'  comunque
omettere di considerare come esse, in combinato disposto  con  l'art.
18, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 104 del 2017 si  pongano  altresi
in contrasto con gli artt. 3, 9 e 97 della Carta. 
    Infatti, nulla assicura che vi possa essere  un  serio  sindacato
giurisdizionale sulla decisione ministeriale,  dal  momento  che  non
sono previsti particolari oneri motivazionali  per  agire  in  deroga
alla legge  e  cio'  rileva  in  termini  di  irragionevolezza  della
normativa stessa. 
    Neppure vi sono elementi in grado di  compensare  la  paradossale
recessivita' del bene-ambiente tutelato dall'art. 9 Cost. e la palese
deroga al principio di buon andamento e imparzialita' della  pubblica
amministrazione, la  quale  invece  agirebbe  proprio  in  spregio  a
quest'ultimo a proprio libito. 
    Si badi peraltro  che  tale  esenzione  non  contempla  limiti  o
valutazioni successive in grado di "sanare" la deroga iniziale. 
    Inoltre, con  specifico  riferimento  all'esenzione  motivata  da
esigenze di protezione civile, occorre tenere conto che la  decisione
sottesa verrebbe in ogni caso adottata in violazione del principio di
leale collaborazione.  Infatti,  la  ponderazione  di  interessi  che
dovrebbe  condurre  alla  rinuncia  del  perseguimento  della  tutela
ambientale in vista del raggiungimento  di  obiettivi  di  protezione
civile dovrebbe giocoforza contemplare  meccanismi  cooperativi,  dal
momento che ta-le materia appartiene alla competenza concorrente  fra
Stato e Regioni. 
    Percio', quand'anche il giudizio  di  prevalenza  previsto  dalla
norma  sia  conforme  al  quadro  costituzionale,  l'esercizio  della
competenza concorrente, che prevale su quella  esclusiva  in  materia
ambientale, necessita della previa intesa regionale. 
    Per giunta, cio' che piu' lascia perplessi  in  riferimento  alla
violazione degli stessi parametri e' il disposto di cui all'art.  18,
comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 104 del 2017, in base al  quale  "nel
caso di progetti a cui si  applicano  le  disposizioni  del  presente
decreto realizzati senza la previa sottoposizione al procedimento  di
verifica di assoggettabilita' a VIA, al procedimento di VIA ovvero al
procedimento unico di cui  all'articolo  27  o  di  cui  all'articolo
27-bis, in violazione delle disposizioni di cui  al  presente  Titolo
III, ovvero in caso di annullamento  in  sede  giurisdizionale  o  in
autotutela dei provvedimenti di verifica di assoggettabilita' a VIA o
dei provvedimenti di VIA relativi a un progetto gia' realizzato o  in
corso di realizzazione, l'autorita'  competente  assegna  un  termine
all'interessato entro il quale avviare un nuovo procedimento  e  puo'
consentire la prosecuzione dei lavori o delle attivita' a  condizione
che tale prosecuzione avvenga in termini di  sicurezza  con  riguardo
agli eventuali  rischi  sanitari,  ambientali  o  per  il  patrimonio
culturale". 
    La disposizione, oltre a non essere conforme  ad  alcun  criterio
direttivo  -  che,  come  gia'  rilevato,   casomai   richiedeva   un
rafforzamento delle  valutazioni  ambientali  -  si  pone  in  palese
contrasto anche con gli altri  parametri  costituzionali  richiamati,
nonche' con l'art. 24 Cost. 
    Infatti, in spregio a ogni criterio  di  ragionevolezza  (art.  3
Cost.), di perseguimento della tutela ambientale (art. 9  Cost.),  di
legalita' (art. 97 Cost.) e concreta ed effettiva difesa  dei  propri
diritti e interessi legittimi in giudizio (art. 24 Cost.), il decreto
consente  che,  nonostante  l'acclarata  violazione  in  termini   di
valutazioni ambientali (per erroneo esonero o altra  illegittimita'),
possano continuare a essere assentite le  attivita'  di  riferimento,
per giunta entro un termine non specificato in via  legislativa,  con
conseguente ulteriore violazione dei principi di buon andamento e  di
imparzialita' della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost. 
    Ne deriva l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3,  comma  1,
lett. g) del d. lgs. n. 104 del 2017, per violazione degli  artt.  3,
9, 76 e 97 Cost., e dell'art. 18, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 104
del 2017,  per  violazione  degli  stessi  parametri  costituzionali,
nonche' dell'art. 24 Cost. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Regione Puglia, in persona  del  Presidente  in  carica,  come
sopra  rappresentata  e   difesa,   chiede   che   venga   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale del d.lgs. n. 219 del 2016 nella  sua
interezza o, in via subordinata,  delle  disposizioni  richiamate  in
narrativa nei termini e per le ragioni ivi dedotte. 
    Si allega: 
        A) Deliberazione delle Giunta della Regione  Puglia  n.  1391
del 30.08.2017. 
          Roma, 1° settembre 2017 
 
                       Prof. Avv.: Mangiameli