N. 66 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 settembre 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 7 settembre 2017 (della Regione Abruzzo). 
 
Ambiente  -  Disposizioni  concernenti  la  valutazione  di   impatto
  ambientale di determinati progetti pubblici e privati -  Esclusione
  dall'applicazione della  disciplina  della  VIA,  con  decreto  del
  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di
  concerto con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del
  turismo, dei progetti aventi come unico obiettivo  la  risposta  ad
  emergenze di protezione civile - Competenze in materia di VIA e  di
  verifica di assoggettabilita' a VIA - Provvedimento  autorizzatorio
  unico regionale - Oneri istruttori - Modifiche agli  Allegati  alla
  Parte seconda del decreto legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  -
  Abrogazioni e modifiche - Clausola di invarianza finanziaria. 
- Decreto legislativo  16  giugno  2017,  n.  104  (Attuazione  della
  direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16
  aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE,  concernente  la
  valutazione  dell'impatto  ambientale   di   determinati   progetti
  pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14  della  legge  9
  luglio 2015, n. 114), artt. 3, comma 1, lett. g); 5; 16,  comma  2;
  21; 22, commi da 1 a 4; 26, comma 1, lett. a); e 27. 
(GU n.42 del 18-10-2017 )
    Ricorso ex art. 127 della Costituzione  per  la  Regione  Abruzzo
(codice fiscale n. 80003170661), in persona del  suo  Presidente  pro
tempore   dott.   Luciano   D'Alfonso,   rappresentato    e    difeso
congiuntamente  e  disgiuntamente  dagli   avv.ti   Stefania   Valeri
(VLRSFN67A54L103Y)   e   Alessia   Frattale    (FRTLSS70E59A345F    -
alessia.frattale@pecordineavvocatilaquila.it)         dell'Avvocatura
regionale, entrambe abilitate al patrocinio dinanzi alle Magistrature
superiori, ai sensi della legge regionale n. 9 del 14  febbraio  2000
ed in esecuzione della D.G.R. n. 457 del 1° settembre 2017, in virtu'
di procura  speciale  a  margine  del  presente  atto,  elettivamente
domiciliato a Roma presso e nello studio dell'Avv.  Francesca  Lalli,
via       Lucio       Sestio        n.        12,        Sc.        C
(francescalalli@ordineavvocatiroma.org). 
    Contro Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  ex  lege  dall'Avvocatura  generale  dello   Stato   per   la
declaratoria  della   illegittimita'   costituzionale   del   decreto
legislativo n. 104 del  16  giugno  2017  recante  «Attuazione  della
direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del  Consiglio  del  16
aprile 2014, che modifica la  direttiva  2011/92/UE,  concernente  la
valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti  pubblici
e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio  2015,
n. 114», articoli 3 comma 1, lettera g), 5, 16 comma 2, 21, 22  commi
da 1 a 4, 26 comma 1, lettera a), e 27. 
Le disposizioni impugnate. 
    1.  Il  decreto  legislativo  16  giugno  2017,  n.  104  recante
«Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo  e  del
Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva  2011/92/UE,
concernente la valutazione  dell'impatto  ambientale  di  determinati
progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli  1  e  14  della
legge 9 luglio 2015, n. 114» e' stato adottato  in  attuazione  della
delega di cui all'art. 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114. 
    2. La delega deve essere esercitata nel rispetto dei  principi  e
dei criteri direttivi di cui al citato art. 14 della legge n. 11  del
2015, quali: a) semplificazione, armonizzazione  e  razionalizzazione
delle  procedure  di  valutazione  di  impatto  ambientale  anche  in
relazione al coordinamento e  all'integrazione  con  altre  procedure
volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere  ambientale;
b) rafforzamento della qualita' della  procedura  di  valutazione  di
impatto ambientale,  allineando  tale  procedura  ai  principi  della
regolamentazione intelligente (smart regulation) e della  coerenza  e
delle sinergie con altre normative e politiche europee  e  nazionali;
c)  revisione  e  razionalizzazione  del  sistema  sanzionatorio   da
adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE,  al  fine  di  definire
sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive  e  di  consentire  una
maggiore   efficacia   nella   prevenzione   delle   violazioni;   d)
destinazione dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative per
finalita' connesse al potenziamento  delle  attivita'  di  vigilanza,
prevenzione e monitoraggio ambientale,  alla  verifica  del  rispetto
delle condizioni previste nel procedimento di valutazione ambientale,
nonche' alla  protezione  sanitaria  della  popolazione  in  caso  di
incidenti o calamita' naturali, senza nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica. 
    3. L'art. 3 del decreto legislativo n. 104/2017 modifica l'art. 6
del decreto legislativo n. 152/06, disponendo che: «Per i progetti  o
parti di progetti aventi quale unico obiettiva la difesa nazionale  e
per  i  progetti  aventi  quali  unico  obiettivo  la  risposta  alle
emergenze  che  riguardano  la   protezione   civile,   il   Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  di  concerto
con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e  del  turismo,
dopo una valutazione caso  per  caso,  puo'  disporre,  con  decreto,
l'esclusione di tali progetti dal campo di applicazione  delle  norme
di cui al  titolo III  della  parte  seconda  del  presente  decreto,
qualora ritenga che tale applicazione possa pregiudicare  i  suddetti
obiettivi». Dunque, la norma che in precedenza era diretta a regolare
i soli progetti aventi come  unico  obiettivo  la  difesa  nazionale,
estende la possibilita' di deroga, con una valutazione concreta, caso
per caso, ai progetti aventi come  unico  obiettivo  la  risposta  ad
emergenze che riguardino la protezione civile, senza prevedere alcuna
consultazione delle Regioni interessate. 
    4. L'art. 5 del decreto legislativo n. 104/2017 introduce  l'art.
7-bis del  decreto  legislativo  n.  152/06,  mediante  il  quale  il
legislatore  delegato  ha  inteso  rispondere   alla   «esigenza   di
razionalizzare  i  procedimenti   ed   evitare   duplicazioni   nelle
valutazioni»,  delineando  integralmente  il  procedimento   di   Via
regionale quale provvedimento autorizzatorio unico regionale (di  cui
all'art. 27-bis, introdotto con il successivo art. 16, comma  2,  del
decreto   legislativo   n.   104/2017),   assegnando   alle   regioni
esclusivamente «l'organizzazione e le modalita'  di  esercizio  delle
funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA». 
    5. L'art. 16, comma  2,  del  decreto  legislativo  n.  104/2017,
inserisce nel decreto legislativo n. 152/06 una  nuova  norma,  l'art
27-bis, il quale disciplina  il  Provvedimento  autorizzatorio  unico
regionale, obbligatorio in caso di  VIA  regionale,  stabilendo:  «la
compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata  al  rilascio
di tutte le autorizzazioni,  intese,  concessioni,  licenze,  pareri,
concerti, nulla osta e assensi comunque  denominati,  necessari  alla
realizzazione  e  all'esercizio  del  medesimo  progetto  e  indicati
puntualmente in apposito elenco predisposto dal  proponente  stesso».
La norma, pertanto, regolamenta  procedimenti  regionali  in  diverse
materie,  non  tutte  di  competenza  statale,   ed   istituisce   un
procedimento a «sportello unico». 
    6. L'art. 21 del decreto legislativo  n.  104/2017,  riguarda  le
tariffe da applicare al procedimento sopra descritto, disponendo  che
«Le tariffe da applicare ai proponenti, determinate  sulla  base  del
costo effettivo del servizio, per la copertura dei  costi  sopportati
dall'autorita' competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle
attivita' istruttorie, di monitoraggio e controllo delle procedure di
verifica di assoggettabilita' a VIA, di VIA e di  VAS  sono  definite
con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare,  di  concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze». 
    7. L'art. 22, commi da 1 a 4 e l'art. 26, comma  1,  lettera  a),
del decreto legislativo n. 104/2017 modificano gli  allegati  II,  II
bis, III, IV bis della parte II del decreto  legislativo  n.  152/06,
sottraendo alcuni procedimenti in materia di VIA o di verifica di VIA
alla competenza regionale, anche ove tali progetti prevedano opere da
collocarsi nel territorio di una sola regione. Infine, l'art. 27  del
decreto legislativo n. 104/2017, recante la «clausola  di  invarianza
finanziaria», stabilisce: «Dall'attuazione del presente  decreto  non
devono derivare  nuovi  o  maggiori  oneri  a  carico  della  finanza
pubblica. Fermo il disposto di cui all'art. 21, le attivita'  di  cui
al presente decreto sono svolte con le risorse umane,  strumentali  e
finanziarie disponibili a legislazione vigente». 
    Per come  brevemente  esposto,  e'  di  tutta  evidenza  come  le
disposizioni impugnate non  siano  coerenti  al  prescritto  criterio
costituzionale di  una  maggiore  e  unitaria  tutela  dell'ambiente,
essendo  dirette,  piuttosto,   a   dettagliare   procedimenti   VIA,
includendovi la disciplina di ambiti diversi,  rispetto  alla  tutela
dell'ambiente, per  quanto  ricadenti  nella  sfera  di  attribuzione
regionale. Le norme impugnate sono quindi lesive  delle  attribuzioni
regionali, come di seguito illustrato, oltreche' lesive dell'art.  76
della Costituzione, poiche' sono state adottate in  violazione  della
stessa legge delega. 
    Tutto cio' premesso, con il presente ricorso, la regione Abruzzo,
come in atti rappresentata e  difesa,  impugna  l'art.  3,  comma  1,
lettera g), l'art. 5, l'art.16 comma 2, l'art. 21, l'art. 22 commi da
1 a 4, l'art.  26  comma  1  lettera  a)  e  l'art.  27  del  decreto
legislativo 16 giugno 2017, n. 104, in quanto  contrastanti  con  gli
artt. 3, 97, 76, 117, commi 3 e 4, e 118 della Costituzione, e lesivi
delle proprie attribuzioni, costituzionalmente garantite, in merito a
materie regionali per quanto strettamente intrecciate con  la  tutela
dell'ambiente e, segnatamente, alla materia di tutela  della  salute,
porti e  aeroporti  civili,  produzione,  trasporto  e  distribuzione
dell'energia, protezione civile. 
 
                               Diritto 
 
Premessa. 
    Le norme in materia di  VIA,  di  derivazione  comunitaria,  sono
senz'altro  riferibili  alla  materia  della  tutela   dell'ambiente;
tuttavia, sono riferibili, come meglio si vedra' in seguito, anche ad
alcune materie di competenza regionale concorrente quali, per  tutte,
la tutela della salute. Infatti, come evidenziato da  codesta  Ecc.ma
Corte «il collegamento fra la disciplina ambientale, e in particolare
quella dei rifiuti, e la tutela della salute e' pacifico,  risultando
dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 58 del 2015, n. 244
del 2012, n. 373 del 2010, n. 249, n. 225 e n. 61 del 2009, n. 62 del
2008), dalla direttiva 2008/98/CE  (si  vedano  il  preambolo  e,  in
particolare, gli articoli 1, 12, 13 e 17) e dal codice  dell'ambiente
(si vedano, in particolare, gli articoli 177,  179,  182-bis,  191  e
208, comma 1)» (sentenza n. 75/2017). Con riferimento  alla  disamina
delle singole norme si specificheranno di volta in volta  le  materie
interessate. 
    L'attinenza della disciplina della VIA  all'ambito  normativo  di
tutela della  salute  resa  palese  dalle  premesse  della  direttiva
2014/52/CE, che al considerando n.  41,  espressamente  prevede  come
l'obiettivo sia quello di garantire un elevato livello di  protezione
dell'ambiente e  della  salute  umana,  grazie  alla  definizione  di
requisiti minimi  per  la  valutazione  dell'impatto  ambientale  dei
progetti. Anche il decreto legislativo n. 152/06, all'art.  4,  comma
4, lettera b), conferma che la valutazione ambientale dei progetti ha
la finalita' di proteggere la salute umana. 
    Codesta ecc.ma Corte costituzionale ha  piu'  volte  sottolineato
come la tutela dell'ambiente sia di esclusiva competenza statale,  ma
che le specifiche disposizioni devono, in ogni caso, essere connotate
dalla specifica funzionalita' (cfr. Corte costituzionale n.  443  del
2007). Vedremo che le norme impugnate, sicuramente di dettaglio,  non
lasciano scorgere una  specifica  ed  effettiva  funzione  verso  una
uniforme e penetrante difesa dell'ambiente, per come richiesto  anche
dalla giurisprudenza costituzionale. La Corte ha ben evidenziato come
«i lavori preparatori relativi alla lettera s)  del  nuovo  art.  117
della  Costituzione  inducono,  d'altra  parte,  a  considerare   che
l'intento del legislatore sia stato quello di riservare comunque allo
Stato il potere di fissare standards di tutela  uniformi  sull'intero
territorio nazionale, senza peraltro escludere in questo  settore  la
competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente  collegati
con quelli propriamente ambientali. In  definitiva,  si  puo'  quindi
ritenere che  riguardo  alla  protezione  dell'ambiente  non  si  sia
sostanzialmente inteso eliminare la preesistente pluralita' di titoli
di legittimazione  per  interventi  regionali  diretti  a  soddisfare
contestualmente,  nell'ambito  delle  proprie  competenze,  ulteriori
esigenze rispetto a  quelle  di  carattere  unitario  definite  dallo
Stato» (Corte costituzionale n.  407/2002).  E  ancora,  la  potesta'
legislativa  in  materia  di  ambiente  dello  Stato  «investe  e  si
intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze»  (Corte
costituzionale, n. 312/2003). 
    La sentenza  di  codesta  Ecc.ma  Corte  n.  234  del  2009,  pur
riconoscendo che le norme in materia di VIA rientrano  nel  perimetro
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), riconosce anche la presenza
di ambiti materiali di spettanza  regionale,  soprattutto  nel  campo
della tutela della salute. Inoltre, con sentenza n. 398 del  2006  si
e' precisato che la valutazione ambientale strategica, pur  attenendo
alla materia «tutela dell'ambiente», non esclude ogni competenza  del
legislatore regionale sottolineando, altresi', la peculiarita'  della
materia  in   esame,   ponendo   in   rilievo   la   sua   intrinseca
«trasversalita'», «con la conseguenza che, in ordine alla stessa,  si
manifestano competenze diverse, che  ben  possono  essere  regionali,
spettando allo Stato le determinazioni  che  rispondono  ad  esigenze
meritevoli di disciplina uniforme sull'intero  territorio  nazionale»
(sentenza n. 407 del 2002). 
    Del resto, l'art. 3-quinquies del decreto legislativo n.  152/06,
in linea con la giurisprudenza di codesta  Ecc.ma  Corte,  stabilisce
che  «i  principi  contenuti   nel   presente   decreto   legislativo
costituiscono le condizioni minime ed essenziali  per  assicurare  la
tutela dell'ambiente su tutto il territorio nazionale. Le  Regioni  e
le Province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare forme di
tutela  giuridica  dell'ambiente   piu'   restrittive,   qualora   lo
richiedano situazioni particolari del loro territorio,  purche'  cio'
non  comporti   un'arbitraria   discriminazione,   anche   attraverso
ingiustificati  aggravi  procedimentali.  Lo  Stato   interviene   in
questioni  involgenti  interessi   ambientali   ove   gli   obiettivi
dell'azione prevista, in considerazione delle dimensioni  di  essa  e
dell'entita'   dei   relativi    effetti,    non    possano    essere
sufficientemente realizzati dai  livelli  territoriali  inferiori  di
Governo o non siano stati  comunque  effettivamente  realizzati».  Da
ultimo, si sottolinea come con  la  sentenza  n.  236/2013  e'  stato
stabilito che: «le Regioni sono legittimate  a  denunciare  la  legge
statale anche per la lesione di parametri diversi da quelli  relativi
al riparto  delle  competenze  legislative  ove  la  loro  violazione
comporti   una   compromissione    delle    attribuzioni    regionali
costituzionalmente garantite o  ridondi  sul  riparto  di  competenze
legislative (ex plurimis, sentenze n. 128 e n. 33 del 2011, n. 156  e
n. 52 del 2010).» 
    La violazione dei parametri costituzionali, sotto enucleati,  che
sono in parte al di fuori di  quelli  strettamente  connessi  con  il
riparto di competenze fra Stato e regioni  e',  pertanto,  denunziata
dalla Regione Abruzzo, in quanto  sono  compromesse  le  attribuzioni
regionali,  ridondando  sul  riparto  di   competenze.   Nell'odierno
giudizio, peraltro, la  qui  dimostrata  potenziale  ridondanza  puo'
venire in rilievo solo  ai  fini  dell'ammissibilita'  relativa  alla
violazione dell'art. 76 e dell'art. 3 della Costituzione, giacche' le
ulteriori censure sono tutte svolte anche in relazione  ai  parametri
costituzionali del Titolo V (articoli 117, comma 3, 118  e  principio
di leale collaborazione). 
    Tanto premesso, si sottopone allo scrutinio  di  codesta.  Ecc.ma
Corte il testo di legge in commento, per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera g) del
decreto legislativo 16 giugno 2017,  n.  104,  per  violazione  degli
articoli 117, comma 3, 118, 3, 5 e 120 della Costituzione. 
    L'art. 3, comma 1, lettera g) sostituisce il comma 10 dell'art. 6
del decreto legislativo n. 152/06. La norma e' cosi' formulata:  «Per
i progetti o parti di progetti aventi quale unico obiettivo la difesa
nazionale e per i progetti aventi quali unico obiettivo  la  risposta
alle emergenze che  riguardano  la  protezione  civile,  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  di  concerto
con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e  del  turismo,
dopo una valutazione caso  per  caso,  puo'  disporre,  con  decreto,
l'esclusione di tali progetti dal campo di applicazione  delle  norme
di cui al titolo  III  della  parte  seconda  del  presente  decreto,
qualora ritenga che tale applicazione possa pregiudicare  i  suddetti
obiettivi». 
    In precedenza, la valutazione di esclusione era limitata ai  soli
casi di progetti destinati alla difesa  nazionale;  ora,  invece,  la
valutazione  statale  coinvolge  anche  progetti  aventi  come  unico
obiettivo la risposta ad emergenze riguardanti la protezione  civile.
Quest'ultima  e'  materia  di  legislazione  concorrente,  ai   sensi
dell'art.  117,  comma  3,  della  Costituzione:  il   decreto,   che
porterebbe  all'esclusione  di   alcuni   progetti   dal   campo   di
applicazione delle norme sulla VIA, non prevede alcun  coinvolgimento
della Regione interessata,  perche'  emanato  attraverso  un  decreto
ministeriale, senza stabilire  alcuna  previa  consultazione  con  le
Regioni. In  tal  modo,  il  potere  statale  compromette  il  nucleo
essenziale delle attribuzioni regionali, attraverso una  disposizione
che non trova alcun bilanciamento nella fase di  attuazione,  con  la
previsione  di  forme  adeguate  di   leale   collaborazione   e   di
concertazione. 
    Si va cosi' a violare l'art. 120 e l'art. 5  della  Costituzione,
sotto il profilo della leale  collaborazione.  Nel  caso  di  specie,
infatti,  risulta  esserci  un  concorso  di  competenze  statali   e
regionali (ambiente, salute e protezione  civile)  incompatibile  con
una  procedura  che  vede  la   assoluta   prevalenza   del   decreto
ministeriale e  la  mancanza  di  coinvolgimento  delle  regioni  nel
processo decisionale, il che porterebbe ad importanti esclusioni  dal
novero dei progetti sottoposti alla normativa sulla VIA. 
    Da  cio'  discende,  a  parere  dell'amministrazione  ricorrente,
l'illegittimita' costituzionale del decreto delegato, qui  impugnato,
in quanto prevede un procedimento  che  in  alcun  modo  risponde  al
principio di leale collaborazione tra Stato e Regione.  In  sostanza,
il sacrificio della competenza regionale in materie  concorrenti  non
ha alcun contrappeso nel procedimento stabilito per l'emanazione  del
decreto ministeriale volto a definire, volta per volta, l'esclusione. 
    E' inoltre prefigurabile, in proposito, un fondato  dubbio  sulla
ragionevolezza di tale compressione della leale collaborazione fra lo
Stato e le Regioni, con  conseguente  violazione  dell'art.  3  della
Costituzione, per  mancanza  di  proporzionalita'  e  di  rispondenza
logica  rispetto  alle  finalita'  dichiarate.  La  norma,   infatti,
prefigura  irragionevolmente  situazioni  di  rischio  senza   alcuna
consultazione dell'ente piu' prossimo al territorio  interessato;  in
sostanza, prefigura l'emanazione di decreti  che  dovrebbero  attuare
una concreta disamina («caso per caso»), ma senza  alcun  riferimento
all'ente territorialmente prossimo e quindi maggiormente idoneo  alla
valutazione. Il che oltretutto genera anche gravissime inefficienze e
disfunzioni sull'ordine delle competenze, dal momento che le Regioni,
specialmente per le funzioni da  esse  svolte  nel  campo  sanitario,
hanno la visione e la disponibilita' di dati conoscitivi ed  elementi
di valutazione che sono cruciali per la definizione dei  progetti  da
escludere. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5 del decreto  legislativo
16 giugno 2017, n. 104, per violazione degli articoli 117, comma 3, 3
e 76 della Costituzione. 
    L'art. 5, che introduce l'art. 7-bis del decreto  legislativo  n.
152/06, riscrive sostanzialmente le competenze legislative  regionali
in materia di VIA,  circoscrivendole  a  profili  organizzativi  e  a
modalita'  di  esercizio  delle  funzioni  amministrative  conferite.
L'originario  art.  7  del  decreto   legislativo   disciplinava   le
competenze elencando i progetti da sottoporsi a VAS o VIA «secondo le
disposizioni regionali», ma rimetteva altresi' ad  apposite  leggi  e
regolamenti, tra le altre, la individuazione degli enti  territoriali
interessati e  la  possibilita'  di  individuare  ulteriori  piani  o
programmi o progetti da sottoporre alla disciplina in esame. 
    La disciplina delle competenze in materia di VIA e di verifica di
assoggettabilita'  a  VIA  evidenzia  la  violazione  della  potesta'
legislativa e della competenza amministrativa  regionale  in  materie
concorrenti, con particolare riferimento alla tutela della salute. Si
richiama,  in  proposito,  il   quarantunesimo   considerando   della
direttiva 2014/52UE: «l'obiettivo  della  presente  direttiva,  ossia
garantire un elevato livello  di  protezione  dell'ambiente  e  della
salute umana grazie alla  definizione  di  requisiti  minimi  per  la
valutazione dell'impatto ambientale dei progetti (...)». 
    La tutela della salute  e',  peraltro,  la  principale  finalita'
attribuita alla  valutazione  ambientale  dei  progetti  dal  decreto
legislativo n. 152/2006, come  confermato  dal  legislatore  delegato
nella modifica introdotta all'art. 4 del Codice ambiente. 
    La violazione della potesta' legislativa regionale e' resa  ancor
piu' evidente dal nuovo testo dell'art. 7, come modificato  dall'art.
4 del decreto legislativo  in  esame.  Il  legislatore  delegato  ha,
infatti, confermato la competenza legislativa ed amministrativa delle
regioni e delle province autonome  in  materia  di  VAS  e  AIA:  «Le
Regioni e le Province autonome di Trento e  di  Bolzano  disciplinano
con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle  degli
altri enti locali  in  materia  di  VAS  e  AIA  (...)».  La  diversa
previsione a fronte di materie  che  presentano  analogo  riparto  di
potesta' legislativa tra Stato e regioni (VIA  e  VAS)  non  puo'  in
alcun caso giustificarsi in ragione del generico richiamo,  contenuto
nella legge delega, ai principi di «semplificazione, armonizzazione e
razionalizzazione  delle  procedure   di   valutazione   di   impatto
ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con
altre procedure volte al  rilascio  di  pareri  e  autorizzazioni  di
carattere ambientale». In alcun caso la concretizzazione di  detti  e
condivisibili principi potrebbe confliggere con competenze attribuite
alle regioni dalla Carta costituzionale. Al  contrario,  l'attuazione
dei principi di semplificazione, armonizzazione  e  razionalizzazione
delle procedure non puo' che fondarsi sul riparto di competenze. 
    La  diversa  disciplina  prevista  per  VAS   e   VIA,   con   la
compromissione della potesta' normativa regionale in materia, integra
altresi' la violazione dell'art. 3 della Costituzione,  per  mancanza
di proporzionalita' in ragione delle identiche finalita'  dichiarate:
«... proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente
alla qualita' della vita, provvedere al mantenimento della  specie  e
conservare la capacita' di riproduzione degli  ecosistemi  in  quanto
risorse essenziali per la vita ...» (art. 4  decreto  legislativo  n.
152/2006  come  modificato  dall'art.  1   decreto   legislativo   n.
104/2017).   Ulteriore   violazione   dell'art.   3    della    Carta
Costituzionale si ravvisa nella  irragionevole  compromissione  della
potesta' normativa regionale ravvisabile, in particolare, nei commi 7
e  8  del  decreto  legislativo  n.  152/06,  cosi'  come  modificato
dall'art. 5 della legge qui impugnata. La giurisprudenza  di  codesta
Ecc.ma Corte ha riconosciuto che le Regioni, in  materia  ambientale,
possano stabilire  livelli  di  tutela  piu'  elevati  rispetto  alla
disciplina  statale.  La  limitazione  della   potesta'   legislativa
regionale ai soli profili organizzativi impedisce di  attuare  questa
finalita' che pure codesta ecc.ma Corte ha riconosciuto (sentenza  n.
75/2017). In tal  senso  dispone,  inoltre,  l'art.  3-quinquies  del
decreto legislativo  n.  152/06,  il  quale  applica  i  principi  di
sussidiarieta' e di leale collaborazione alla materia. 
    Quanto all'eccesso di delega ravvisabile nell'articolo in  esame,
tale vizio va ricondotto alla introduzione da parte  del  legislatore
delegato di modifiche delle competenze in luogo di un  intervento  di
semplificazione, armonizzazione, coordinamento  e  razionalizzazione,
quale quello richiesto dalla legge delega. 
    In assenza di una espressa previsione da  parte  del  legislatore
delegante e, conseguentemente, di criteri per operare, il  regime  di
competenze introdotto - fortemente innovativo  del  previgente  -  e'
«tale da ridisegnare ex novo  l'assetto  generale  dei  rapporti  tra
Stato e regioni» (Cost. n. 80/2012), fino ad integrare - a parere  di
questa Amministrazione ricorrente - il vizio di eccesso di delega. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 2,  del  decreto
legislativo 16 giugno 2017, n. 104,  per  violazione  degli  articoli
117, comma 3, 76, 3 e 97 della Costituzione. 
    L'art. 16, comma 25, inserisce nel decreto legislativo n.  165/06
l'art 27-bis, disciplinando  il  Provvedimento  autorizzatorio  unico
regionale. 
    La norma cosi' dispone: «Dopo l'art. 27 del decreto legislativo 3
aprile  2006,  n.  152,  e'  inserito  il  seguente:   «Art.   27-bis
(Provvedimento autorizzatorio unico regionale).  -  1.  Nel  caso  di
procedimenti di VIA di competenza regionale  il  proponente  presenta
all'autorita' competente un'istanza ai sensi dell'art. 23,  comma  1,
allegando la documentazione  e  gli  elaborati  progettuali  previsti
dalle normative di settore per  consentire  la  compiuta  istruttoria
tecnico-amministrativa  finalizzata   al   rilascio   di   tutte   le
autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla
osta e assensi comunque denominati, necessari  alla  realizzazione  e
all'esercizio  del  medesimo  progetto  e  indicati  puntualmente  in
apposito  elenco  predisposto  dal  proponente  stesso.  L'avviso  al
pubblico di  cui  all'art.  24,  comma  2,  reca  altresi'  specifica
indicazione di ogni autorizzazione, intesa, parere,  concerto,  nulla
osta, o atti di assenso richiesti. 
    2.  Entro  quindici  giorni  dalla   presentazione   dell'istanza
l'autorita' competente verifica l'avvenuto pagamento  del  contributo
dovuto ai sensi dell'art. 33,  nonche'  l'eventuale  ricorrere  della
fattispecie  di  cui  all'art.  32,  comma  1,  e  comunica  per  via
telematica  a  tutte  le  amministrazioni  ed   enti   potenzialmente
interessati, e comunque competenti ad esprimersi sulla  realizzazione
e  sull'esercizio  del  progetto,  l'avvenuta   pubblicazione   della
documentazione nel proprio sito web con modalita' tali  da  garantire
la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali  o
commerciali indicate dal proponente, in conformita' a quanto previsto
dalla   disciplina   sull'accesso   del   pubblico   all'informazione
ambientale. In caso di progetti che possono avere  impatti  rilevanti
sull'ambiente di un altro Stato, la pubblicazione  e'  notificata  al
medesimo con le modalita' di cui all'art. 32. 
    3. Entro trenta giorni dalla pubblicazione  della  documentazione
nel sito web  dell'autorita'  competente,  quest'ultima,  nonche'  le
amministrazioni e gli enti di cui  al  comma  2,  per  i  profili  di
rispettiva competenza,  verificano  l'adeguatezza  e  la  completezza
della documentazione, assegnando al proponente un termine  perentorio
non superiore a trenta giorni per le eventuali integrazioni. 
    4. Successivamente alla verifica della  completezza  documentale,
ovvero,  in  caso  di  richieste  di  integrazioni,  dalla  data   di
ricevimento delle stesse, l'autorita' competente pubblica l'avviso di
cui all'art. 23, comma  1,  lettera  e),  di  cui  e'  data  comunque
informazione  pretorio  informatico  delle  amministrazioni  comunali
territorialmente interessate. Tale forma di pubblicita'  tiene  luogo
delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8, commi 3  e  4,  della
legge 7 agosto 1990, n.  241.  Dalla  data  della  pubblicazione  del
suddetto avviso, e per la durata  di  sessanta  giorni,  il  pubblico
interessato puo' presentare osservazioni concernenti  la  valutazione
di impatto ambientale e, ove necessarie, la valutazione di  incidenza
e l'autorizzazione integrata ambientale. 
    5. Entro i successivi trenta giorni l'autorita'  competente  puo'
chiedere al proponente eventuali integrazioni assegnando allo  stesso
un termine non superiore a trenta giorni. Su richiesta  motivata  del
proponente l'autorita' competente puo' concedere, per una sola volta,
la sospensione dei termini per la presentazione della  documentazione
integrativa per  un  periodo  non  superiore  a  centottanta  giorni.
Qualora entro il termine stabilito  il  proponente  non  depositi  la
documentazione integrativa, l'istanza si intende ritirata ed e' fatto
obbligo  all'autorita'  competente  di  procedere  all'archiviazione.
L'autorita' competente, ove motivatamente ritenga che le modifiche  o
le integrazioni  siano  sostanziali  e  rilevanti  per  il  pubblico,
dispone, entro quindici giorni dalla ricezione  della  documentazione
integrativa, che il proponente trasmetta, entro i successivi quindici
giorni, un nuovo  avviso  al  pubblico,  predisposto  in  conformita'
all'art. 24, comma 2, del presente  decreto,  da  pubblicare  a  cura
della medesima autorita' competente sul proprio sito web, di  cui  e'
data  comunque  informazione  nell'albo  pretorio  informatico  delle
amministrazioni comunali territorialmente interessate.  In  relazione
alle  modifiche  o  integrazioni  apportate  al   progetto   e   alla
documentazione,  i  termini  di  cui  al  comma  4  per   l'ulteriore
consultazione del pubblico sono ridotti alla meta'. 
    6. L'autorita' competente puo' disporre che la consultazione  del
pubblico si svolga ai sensi dell'art. 24-bis, comma 1, con le forme e
le modalita' disciplinate dalle regioni e dalle province autonome  ai
sensi dell'art. 7-bis, comma 8. 
    7. Fatto salvo il rispetto dei termini previsti dall'art. 32  per
il caso di consultazioni transfrontaliere, entro dieci  giorni  dalla
scadenza del termine di conclusione della consultazione ovvero  dalla
data  di  ricevimento  delle  eventuali   integrazioni   documentali,
l'autorita' competente convoca una conferenza di servizi  alla  quale
partecipano il proponente e tutte  le  Amministrazioni  competenti  o
comunque potenzialmente interessate per il rilascio del provvedimento
di VIA e  dei  titoli  abilitativi  necessari  alla  realizzazione  e
all'esercizio del progetto richiesti dal proponente. La conferenza di
servizi e' convocata in modalita'  sincrona  e  si  svolge  ai  sensi
dell'art. 14-ter della legge 7 agosto 1990, n.  241.  Il  termine  di
conclusione della conferenza  di  servizi  e'  di  centoventi  giorni
decorrenti dalla data di convocazione dei lavori.  La  determinazione
motivata di conclusione della conferenza di  servizi  costituisce  il
provvedimento  autorizzatorio  unico   regionale   e   comprende   il
provvedimento di  VIA  e  i  titoli  abilitativi  rilasciati  per  la
realizzazione e l'esercizio  del  progetto,  recandone  l'indicazione
esplicita. Resta  fermo  che  la  decisione  di  concedere  i  titoli
abilitativi di cui al periodo precedente e' assunta  sulla  base  del
provvedimento di VIA, adottato in conformita' all'art. 25,  commi  1,
3, 4, 5 e 6, del presente decreto. 
    8. Tutti i termini del procedimento si considerano  perentori  ai
sensi e per gli effetti  di  cui  agli  articoli  2,  commi  da  9  a
9-quater, e 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. 
    9.   Le   condizioni   e   le   misure   supplementari   relative
all'autorizzazione integrata ambientale e contenute nel provvedimento
autorizzatorio  unico  regionale,  sono  rinnovate   e   riesaminate,
controllate e sanzionate  con  le  modalita'  di  cui  agli  articoli
29-octies, 29-decies e 29-quattuordecies. Le condizioni e  le  misure
supplementari relative agli altri titoli abilitativi di cui al  comma
7, sono rinnovate e riesaminate,  controllate  e  sanzionate  con  le
modalita' previste dalle relative disposizioni di  settore  da  parte
delle amministrazioni competenti per materia.» 
    Dunque,  viene   dettagliatamente   regolato   il   provvedimento
autorizzatorio  unico  regionale,   quale   modalita'   esclusiva   e
obbligatoria di procedimento. 
    Per comprendere l'illogicita' e  l'illegittimita'  costituzionale
della previsione normativa occorre considerare che lo stesso art. 16,
al comma 1, prevede che  il  provvedimento  autorizzatorio  unico  in
materia ambientale, se  di  competenza  statale,  possa,  solo  se  a
richiesta dell'interessato, essere unico. 
    In altri termini, in caso di VIA statale, la  regola  e'  che  il
provvedimento non sia unico, salvo richiesta del  proponente,  mentre
in caso di VIA regionale vige  la  obbligatorieta'  del  procedimento
unico, a prescindere dall'istanza dell'interessato (che viene  dunque
ad essere  in  ogni  caso  gravato  da  preventivi  onere  istruttori
maggiori). Non solo, ma il provvedimento unico  statale  tiene  luogo
solo di alcuni atti abilitativi (indicati dal comma 2, lettere  da  a
ad h, del medesimo art. 16). 
    La finalita' di integrare le valutazioni di impatto ambientale  e
rimessa alle decisioni degli Stati membri; in tal senso  si  richiama
il   ventunesimo    considerando    della    direttiva    2014/52/UE,
(semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle  procedure
di  valutazione  di  impatto  ambientale  anche   in   relazione   al
coordinamento  e  all'integrazione  con  altre  procedure  volte   al
rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale),  nonche'
il  comma  2  dell'art.  2  della  Dir.  2011/92/UE  (La  valutazione
dell'impatto  ambientale  puo'  essere  integrata   nelle   procedure
esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati  membri  ovvero,
in mancanza di queste,  in  altre  procedure  o  nelle  procedure  da
stabilire per rispettare gli obiettivi della presente direttiva). 
    Tuttavia la  norma  qui  censurata  riunisce  nell'autorizzazione
unica procedimenti afferenti materie anche diverse rispetto a  quella
ambientale,  dando  cosi'  luogo  ad  una  violazione  della   delega
legislativa e di conseguenza, ad una violazione  dell'art.  76  della
Costituzione. L'art. 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114 stabilisce,
fra i criteri direttivi, quello di «semplificazione, armonizzazione e
razionalizzazione  delle  procedure   di   valutazione   di   impatto
ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con
altre procedure volte  al  rilascio  di  pareri  e  autorizzazioni  a
carattere ambientale». Nessuna integrazione, dunque, in  procedimenti
aventi  ad  oggetto  altre  materie,  quali,   a   titolo   meramente
esemplificativo, quella culturale ovvero il nulla osta  ex  art.  17,
comma 2, decreto legislativo n. 105/2015 (Attuazione della  direttiva
2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti  rilevanti
connessi con  sostanze  pericolose)  oppure  ancora  l'autorizzazione
antisismica, o le autorizzazioni commerciali o i  titoli  abilitativi
urbanistici. 
    Questa difesa e' ben conscia che l'integrazione procedimentale e'
stata disciplinata dal decreto legislativo n.  127/2016,  sulla  base
della quale  fu  novellato  l'intero  istituto  della  conferenza  di
servizi, anche  relativamente  ai  progetti  assoggettati  a  VIA  di
competenza non  statale.  Quello  che  pero'  muta  radicalmente  con
l'introduzione  della  norma  impugnata   e'   la   circostanza   che
l'autorita' competente VIA divenga «sportello unico» e  quindi  anche
luogo, fisico  o  virtuale,  ove  il  proponente  si  rivolgera'  per
ottenere tutto quanto necessario alla autorizzazione dei progetti. Il
decreto legislativo n.  127/2016  identificava  nella  conferenza  di
natura decisoria l'unico momento decisorio riferito a tutti i  titoli
abilitativi necessari e non poneva in capo  all'autorita'  competente
l'onere procedimentale dell'apertura  della  fase  istruttoria.  Cio'
pero', non e' stato previsto dalla legge delega la  quale  richiedeva
un  riordino  attraverso  l'integrazione  dei  soli  procedimenti  in
materia ambientale. 
    Si  tratta  dell'introduzione  di  uno  strumento  procedimentale
obiettivamente  innovativo  e  complesso:  si   veda,   ad   esempio,
l'introduzione dell'obbligo di comunicazione telematica con gli  enti
competenti. 
    La  ratio  della  delega  e'  invece  l'adeguamento  del  sistema
normativo italiano a quello comunitario in materia ambientale  e  con
riferimento  alle  disposizioni   della   direttiva   che   prevedono
l'integrazione  dei  procedimenti  ambientali   (tra   l'altro   come
eventuale).  Dunque,  il  perimetro  della   delega   e'   senz'altro
circoscritto   ai   procedimenti   in   materia   ambientale,   senza
possibilita' di andare ad incidere su ambiti che hanno una  specifica
disciplina, collegata a ratio normative diverse. La creazione di  uno
sportello unico con riferimento ad una serie di atti  afferenti  alle
piu' diverse materie non costituisce il  logico  completamento  (cfr.
Corte costituzionale n. 293/2010 e n.  199/2003)  delle  disposizioni
della legge  delega,  che  hanno  avuto  esclusivamente  riguardo  ai
procedimenti  in  materia  ambientale.  Siffatta  norma  esula  dalla
materia di cui alla lettera s) dell'art. 117, comma 2, poiche' incide
su procedimenti che con l'ambiente non hanno attinenza, quali, a mero
titolo di esempio, il Governo del territorio ovvero la  tutela  della
salute (rischi di incidente rilevante) ovvero  la  protezione  civile
(autorizzazione antisismica). 
    Codesta  ecc.ma  Corte  ha  stabilito  che   «l'introduzione   di
soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema  legislativo
previgente e' tuttavia ammissibile soltanto nel  caso  in  cui  siano
stabiliti principi e criteri  direttivi  idonei  a  circoscrivere  la
discrezionalita' del legislatore delegato (sentenza n. 170 del 2007 e
n. 239 del 2003), giacche' quest'ultimo  non  puo'  innovare  «al  di
fuori di ogni vincolo alla  propria  discrezionalita'  esplicitamente
individuato dalla legge-delega»" (sentenza n. 293 del  2010).  Ancora
«Esula  dall'ambito  della  delega,   quale   precisato   nel   punto
precedente, il riassetto generale dei rapporti tra Stato e Regioni in
materie non di competenza esclusiva statale ai sensi  dell'art.  117,
secondo comma, della Costituzione, in quanto la disciplina necessaria
per operare tale riassetto non puo'  rimanere  ristretta  alla  sfera
legislativa di competenza dello  Stato,  ma  coinvolge  quella  delle
Regioni, sia nel rapporto tra principi fondamentali e legislazione di
dettaglio, nelle materie di competenza concorrente, sia, a  fortiori,
nell'esercizio del potere di  avocazione  da  parte  dello  Stato  di
funzioni amministrative, e conseguentemente legislative,  sulla  base
dell'art. 118, primo comma,  della  Costituzione,  nelle  materie  di
competenza regionale residuale» (sent. n. 80/2012). Si consideri che,
in tal modo, l'autorizzazione unica - solo -  regionale  non  risulta
finalizzata ad una  piu'  penetrante  difesa  dell'ambiente;  neppure
potrebbe ipotizzarsi che la  finalita'  della  norma  sia  quella  di
fissare standard uniformi su tutto il territorio nazionale. 
    La legge di delega,  del  resto,  ha  del  tutto  ragionevolmente
previsto  che  l'integrazione  procedimentale  avvenisse   solo   con
riferimento ai procedimenti in materia ambientale;  il  provvedimento
unico regionale, cosi' come configurato dall'attuale art. 27-bis  del
decreto legislativo n. 152/2006 (come inserito dall'art. 16, comma 2,
del  decreto  legislativo  n.  104/2017),  impone  termini  perentori
all'autorita' competente VIA, pone -  al  contempo  -  in  capo  alla
stessa  autorita'  responsabilita'  e  che   possono   anche   essere
ricondotte a soggetti diversi. Il  tutto  senza  alcun  coordinamento
della normativa di settore. In  sostanza  la  norma,  in  assenza  di
delega  legislativa,  pone  responsabilita'  significative  in   capo
all'autorita' competente per la VIA  regionale,  al  di  fuori  delle
normative  e  dei   procedimenti   in   materia   ambientale,   senza
l'attribuzione di adeguati strumenti operativi. 
    Codesta Ecc.ma Corte evidenzia come «il canone costituzionale del
buon andamento riguarda anche gli aspetti attinenti alle funzioni  ed
all'esercizio  dei  poteri  amministrativi,  cosicche'   i   relativi
procedimenti  debbono  essere  idonei  a   perseguire   la   migliore
realizzazione dell'interesse pubblico  nel  rispetto  dei  diritti  e
degli interessi legittimi dei  soggetti  coinvolti  -  nell'attivita'
amministrativa» (sentenza n.  40  del  1998).  L'obiettivo  del  buon
andamento della Amministrazione puo'  essere  tuttavia  perseguito  e
realizzato con strumenti e modalita' diversi, parimenti efficaci,  la
cui  scelta  e'  rimessa  alla  discrezionalita'   del   legislatore,
naturalmente nei limiti della ragionevolezza  (sentenza  n.  103  del
1993)» (sentenza n. 135/1998). 
    Il procedimento delineato dalla  norma  impugnata,  tra  l'altro,
senza rimettere alcuna possibilita' di scelta neppure al  proponente,
non prevede alcuna  forma  di  coordinamento  con  altri  e  delicati
procedimenti, rimettendo irragionevolmente  all'autorita'  competente
un  potere  e  dei  corrispondenti  doveri  esulanti  dalla   propria
competenza, anche tecnica. La mancanza di  chiarezza  si  traduce  in
incertezza applicativa, con conseguente possibile  pregiudizio  della
garanzia di buon andamento dell'amministrazione pubblica,  consacrato
nell'art. 97 della Costituzione. 
    La norma  non  lascia  alcuno  spazio  ne'  detta  alcuna  regola
procedimentale, rimettendo ogni valutazione all'autorita' competente,
gravata  cosi'  di  responsabilita'  e  da   ambiti   di   competenza
amplissimi, in palese contrasto con  l'art.  97  della  Costituzione.
Ricordiamo che  il  principio  di  buon  andamento  e'  sempre  stato
declinato da  codesta  ecc.ma  Corte  nel  senso  di  obbligare  alla
predisposizione di strutture e  moduli  di  organizzazione  volti  ad
assicurare un'ottimale funzionalita'. 
    Si prefigura, inoltre, un fondato dubbio sulla ragionevolezza  di
tale scelta con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione
e conseguente violazione del principio di leale collaborazione fra lo
Stato  e  le   regioni,   per   mancanza   di   proporzionalita'   ed
irrazionalita'  e  di  rispondenza  logica  rispetto  alle  finalita'
dichiarate. La norma, infatti, configura una indubbia e irragionevole
disparita' di trattamento, a seconda se il procedimento sia statale o
regionale,  senza  che  la  territorialita'  o  meno   dell'autorita'
preposta possa costituire un parametro ragionevole di distinzione. 
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 21 del decreto legislativo
16 giugno 2017, n. 104, per violazione degli articoli 117, commi 3  e
4, 118, 5 e 120 della Costituzione. 
    L'art. 21 del decreto legislativo impugnato sostituisce l'art. 33
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e cosi'  dispone:  «Le
tariffe da applicare ai proponenti, determinate sulla base del  costo
effettivo  del  servizio,  per  la  copertura  dei  costi  sopportati
dall'autorita' competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle
attivita' istruttorie, di monitoraggio e controllo delle procedure di
verifica di assoggettabilita' a VIA, di VIA e di  VAS  sono  definite
con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare,  di  concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze». Risulta, dunque, il mancato coinvolgimento regionale  nella
determinazione,  con  decreto  ministeriale,  delle  tariffe  per  la
copertura dei costi istruttori, di cui  all'art.  33,  comma  1,  del
decreto legislativo n. 152/2006, come  sostituito  dall'art.  21  del
decreto legislativo n. 104/2017. La modifica  introduce  ex  lege  un
parametro  per  la  determinazione  delle   tariffe,   che   verranno
determinate  «sulla  base  del  costo  effettivo  del  servizio».  La
definizione delle tariffe sulla base del  costo  effettivo  non  puo'
tuttavia prescindere da un previo confronto con  tutte  le  autorita'
competenti in materia di VIA (e dunque le Regioni).  L'assenza  della
previsione del previo confronto realizza una lesione  delle  potesta'
organizzative delle regioni,  considerato  anche  che  l'introduzione
dell'autorizzazione unica  regionale  fa  si'  che  il  provvedimento
finale  sia  connesso  a  competenze   che   esulano   dalla   tutela
dell'ambiente  e  ricadono  nelle  materie  di  potesta'  concorrente
regionale. 
    Le   tariffe   dovrebbero   risultare   connesse    all'attivita'
istruttoria e alla copertura degli oneri connessi; l'irragionevolezza
legislativa e ancor piu' messa in luce di quanto previsto dal comma 2
(non modificato) dello stesso art.  33  del  decreto  legislativo  n.
152/2006 («Per le finalita' di cui  al  comma  1,  le  Regioni  e  le
Province autonome di Trento e di  Bolzano  possono  definire  proprie
modalita' di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in
capo ai proponenti»). 
    In sostanza, il legislatore da un lato riconosce la  possibilita'
per le regioni di attuare una propria definizione  tariffaria,  nella
consapevolezza che trattasi di  attivita'  amministrativa  regionale;
dall'altra,  dimentica  del  tutto  qualsiasi  consultazione  con  le
regioni.  Si  realizza,  pertanto,   una   lesione   della   potesta'
organizzativa  regionale,   poiche'   si   va   ad   incidere   sulla
determinazione di tariffe in base a costi effettivi, senza  che  alle
regioni risulti possibile partecipare al  procedimento  che  portera'
alla  cristallizzazione  di  tali  costi.  Ne'   a   dirsi   che   la
determinazione dei costi di istruttoria afferisca alla materia di cui
alla lettera s) dell'art 117, comma 2, della Costituzione. 
    Nel caso di specie, ancora una volta, risulta esserci un concorso
di competenze statali e regionali, incompatibile  con  la  prevalenza
del decreto ministeriale e con la mancanza  di  coinvolgimento  delle
regioni nel processo decisionale che porta alla definizione di  parte
delle risorse destinate a coprire i costi istruttori. 
    Da  cio'  discende,  a  parere  dell'amministrazione  ricorrente,
l'illegittimita' costituzionale della legge delegata  qui  impugnata,
la quale prevede un  procedimento  che  ignora  del  tutto  la  leale
collaborazione tra Stato e Regione auspicata  dalla  Costituzione  in
materia, per quanto detto in premessa, che  inerisce  strettamente  a
competenze regionali. 
    La forma di procedimento disegnata dalla  legge  gravata  risulta
incompatibile  con  il  vigente  modello  costituzionale   di   leale
collaborazione anche nell'esercizio  delle  funzioni  amministrative,
con  manifesta  violazione  degli  articoli  118,  5  e   120   della
Costituzione  e  comprime  il  potere  della  Regione  ricorrente  di
individuare le migliori condizioni di  esercizio  delle  funzioni  di
propria   competenza,   secondo   i   principi   di   sussidiarieta',
differenziazione a adeguatezza, riaffermati dall'art. 3-quinquies del
decreto legislativo n. 152/06, in manifesta  violazione  anche  degli
articoli 117, commi 3 e 4, e 118 della Costituzione. 
5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 22,  commi  da  1  a  4  e
dell'art 26, comma l lettera a), del decreto  legislativo  16  giugno
2017, n. 104, per violazione degli articoli 117, comma 3, 118, 76,  5
e 120 della Costituzione. 
    L'art. 22, commi da 1 a 4,  e  l'art  26,  comma  1  lettera  a),
dispongono  modifiche  agli  allegati  alla  parte  II  del   decreto
legislativo n. 152/2006, sottraendo  alle  regioni  un  considerevole
numero di tipologie progettuali (progetti in VIA e verifica di  VIA),
riguardanti materie di  potesta'  legislativa  anche  regionale,  per
attribuirle alla competenza amministrativa dello Stato. Si  cerchera'
in seguito di riassumere brevemente le  violazioni  della  competenza
regionale: 
        a) in particolare, l'art 22, I comma, riserva alla competenza
statale l'espressione della valutazione di impatto ambientale su  a1)
impianti termici per la produzione di  energia  elettrica,  vapore  e
acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150  MW;  a2)
impianti  eolici  per  la  produzione  di  energia  elettrica   sulla
terraferma  con  potenza  complessiva  superiore   a   30   MW;   a3)
elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica con tensione
nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore  a
10  Km,  anche  se  non  facenti  parte  della  rete   elettrica   di
trasmissione nazionale; a4) perforazione di  pozzi  finalizzati  alla
ricerca  e  coltivazione  di  idrocarburi  liquidi  e  gassosi  sulla
terraferma e in mare;  a5)  coltivazione  di  idrocarburi  liquidi  e
gassosi, sulla terraferma e in mare,  per  un  quantitativo  estratto
superiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a  500.000  m³
al giorno per il gas naturale; a6)  i  rilievi  geofisici  attraverso
l'uso della tecnica  airgun  o  esplosivo;  a7)  impianti  geotermici
pilota di cui all'art. 1, comma 3-bis,  del  decreto  legislativo  11
febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni,  nonche'  attivita'
di ricerca  e  coltivazione  di  risorse  geotermiche  in  mare;  a8)
attivita' di ricerca e  coltivazione  di  minerali  utilizzabili  per
l'estrazione di metalli, metalloidi  e  loro  composti,  di  grafite,
combustibili solidi, rocce asfaltiche  e  bituminose  e  di  sostanze
radioattive. In tal modo va ad  incidere  sulla  materia  concorrente
produzione, trasporto e  distribuzione  dell'energia,  sulla  materia
della ricerca scientifica e tecnologica  e  sostegno  all'innovazione
per i settori produttivi. 
    Stesse violazioni si rintracciano nella  previsione  di  una  VIA
esclusivamente nazionale per quanto riguarda  a9)  lo  stoccaggio  di
petrolio,  prodotti  chimici,   prodotti   petroliferi   e   prodotti
petrolchimici con capacita' complessiva superiore a 40.000 m³; a  10)
lo  stoccaggio  superficiale  di  gas  naturali  con  una   capacita'
complessiva superiore a 40.000 m³;  a11)  lo  stoccaggio  sotterraneo
artificiale  di  gas  combustibili  in  serbatoi  con  una  capacita'
complessiva superiore a  80.000  m³;  a12)  di  prodotti  di  gas  di
petrolio liquefatto  e  di  gas  naturale  liquefatto  con  capacita'
complessiva superiore a 20.000 m³; 
        b) la riserva alla valutazione  ambientale  statale  per  b1)
autostrade e strade  extraurbane  principali;  strade  extraurbane  a
quattro o piu' corsie o adeguamento di strade extraurbane esistenti a
due corsie per renderle a quattro o piu' corsie,  con  una  lunghezza
ininterrotta di almeno 10 km; b2) porti con funzione turistica  e  da
diporto quando lo specchio d'acqua e' superiore a 10 ettari o le aree
esterne interessate superano  i  5  ettari  oppure  i  moli  sono  di
lunghezza superiore ai 500 metri; b3) porti con funzione turistica  e
da diporto quando lo specchio d'acqua e' superiore a 10 ettari  o  le
aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i  moli  sono  di
lunghezza superiore ai 500  metri  afferisce  ad  ambiti  palesemente
ricompresi anche alla materia concorrente porti e  aeroporti  civili,
grandi reti di trasporto e navigazione; 
        c) la riserva alla valutazione  ambientale  statale  per  gli
impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti  che
rientrano nel presente  allegato  e  nell'allegato  III  al  medesimo
decreto o impianti di cattura nei quali il  quantitativo  complessivo
annuo di CO2 catturato e' pari ad almeno 1,5 milioni  di  tonnellate,
ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo di
recepimento della  direttiva  2009/31/CE  in  materia  di  stoccaggio
geologico di biossido  di  carbonio  va  ad  incidere  sulla  materia
concorrente   produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia, sulla materia della ricerca scientifica e tecnologica e
sostegno all'innovazione per i settori  produttivi,  grandi  reti  di
trasporto. 
    L'art. 22, inoltre, introduce l'elenco dei progetti da sottoporsi
alla   verifica   di   assoggettabilita'   di   competenza   statale:
antecedentemente la verifica di assoggettabilita' a VIA di competenza
statale  non  contemplava  specifiche  categorie  progettuali,   come
prevede ora l'allegato II bis, ma veniva svolta solo per le modifiche
o varianti di progetti che avevano gia' espletato la procedura di VIA
nazionale. 
    Trattasi  di  impianti  termici  per  la  produzione  di  energia
elettrica, vapore e  acqua  calda  con  potenza  termica  complessiva
superiore a 50 MW; installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture
per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio  geologico
superiori a  20  km;  impianti  per  la  cattura  di  flussi  di  CO2
provenienti da impianti che non rientrano negli allegati II e III  al
presente decreto ai fini  dello  stoccaggio  geologico  a  norma  del
decreto  legislativo  14  settembre  2011,  n.  162,   e   successive
modificazioni; elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia
elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di
lunghezza superiore a 3 Km in  materia  di  produzione,  trasposto  e
distribuzione nazionale  dell'energia,  coltivazione  di  idrocarburi
liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare,  per  un  quantitativo
estratto fino a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a  500.000
m³ al giorno per il gas naturale sulla materia produzione,  trasporto
e distribuzione nazionale dell'energia, della ricerca  scientifica  e
tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi. 
    Trattasi  inoltre  di  interporti,  piattaforme   intermodali   e
terminali intermodali; porti e impianti portuali marittimi,  fluviali
e  lacuali,  compresi  i  porti  con   funzione   peschereccia,   vie
navigabili; strade extraurbane  secondarie  di  interesse  nazionale;
acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km; aeroporti  (progetti
non compresi nell'Allegato II); porti con  funzione  turistica  e  da
diporto, quando lo specchio  d'acqua  e'  inferiore  o  uguale  a  10
ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i  moli
sono  di  lunghezza  inferiore  o  uguale  a  500  metri  palesemente
ricompresi nella materia concorrente porti e aeroporti civili, grandi
reti di trasporto e navigazione. 
    La norma riserva poi allo Stato la  valutazione  su  modifiche  o
estensioni di progetti di cui all'allegato II o all'allegato II  bis,
al presente allegato anche se gia' autorizzati, realizzati o in  fase
di realizzazione,  che  possono  avere  notevoli  impatti  ambientali
significativi  e  negativi  (modifica  o   estensione   non   inclusa
nell'allegato II); si noti che l'autorizzazione antecedente  potrebbe
essere anche regionale. 
    L'allegato  III  e  l'allegato  IV  alla  parte  seconda  vengono
specularmente modificati, sottraendo competenze alle regioni. 
    L'art. 26, comma 1, lettera a), poi,  dispone  le  corrispondenti
abrogazioni. 
    Sotto il profilo della ragionevolezza della scelta allocativa  la
discrezionalita' del legislatore deve misurarsi con una  presunzione,
relativa ma pure esistente, di adeguatezza dell'ente che fino a  quel
momento ha esercitato le funzioni da riallocare, sulla base  di  dati
reali, acquisiti attingendo alla concreta  esperienza  istituzionale.
L'art.  3-quinquies,  in  particolare  al  comma   3,   del   decreto
legislativo n. 152/06, del resto, riconduce le funzioni regionali  in
materia ambientale al principio sussidiarieta' di cui  all'art.  118,
primo comma, della  Costituzione.  L'ingiustificata  attribuzione  di
competenze prima regionali allo Stato  determina,  dunque,  anche  la
lesione dell'autonomia  amministrativa  costituzionalmente  garantita
alla Regione. 
    Non solo ma, come si e' esposto,  la  giurisprudenza  di  codesta
ecc.ma Corte ha si ribadito che il legislatore in materia  ambientale
ha la possibilita' di emettere norme di dettaglio, ma se  finalizzate
alla tutela del bene ambiente. Tutela che non e' ben  chiaro  perche'
sia perseguita comprimendo le potesta' regionali per alcuni progetti,
senza una ratio che lo giustifichi. La norma, infatti, non  amplia  i
casi  di  sottoposizione  a  procedura  di  valutazione  o   verifica
ambientale; non pone ulteriori garanzie a difesa dell'ambiente, ma si
limita ad attuare  uno  spostamento  -  in  senso  centrale  -  delle
competenze, senza che cio' sia richiesto dalla direttiva  cui  si  e'
inteso dare attuazione ovvero dalla legge delega. 
    Si  attua  cosi'  la  violazione  dell'art.  117  terzo  comma  e
dell'art. 76 della Costituzione, dal momento che la legge delega  non
contempla espressamente  la  revisione  del  riparto  delle  potesta'
legislative ed amministrative tra  Stato  e  regioni,  limitandosi  a
richiamare l'esigenza di regolare aspetti procedurali in  materia  di
VIA.  Le  medesime  norme  violano,  altresi',   l'art.   118   della
Costituzione,  in  quanto  vengono   ridimensionate   le   competenze
amministrative  regionali  e  quelle  a  suo  tempo  conferite,   per
categorie  di  progetti,  dalla  stessa  Regione  agli  enti  locali,
prescindendo da  valutazioni  sull'adeguatezza  o  meno  del  livello
istituzionale coinvolto con ulteriore  violazione  del  principio  di
leale collaborazione (articoli  5  e  120  della  Costituzione),  per
mancata  previa  intesa  in  merito  tra  lo  Stato  e   le   regioni
interessate. 
    Ne' a dirsi che si possa ravvisare la necessita' di un  esercizio
unitario delle funzioni, poiche' i progetti citati dalla  norma  sono
attribuiti allo  Stato  a  prescindere  dal  fatto  di  ricadere  nel
territorio di piu' regioni. Questa  difesa  non  ignora  che  codesta
Ecc.ma  Corte  ha  ritenuto  piu'  volte  che   l'allocazione   delle
competenze amministrative in tema di VIA spetti allo Stato: tuttavia,
nel caso di specie, il riordino di competenze  viene  attuato  al  di
fuori della delega legislativa e  senza  una  finalita'  direttamente
attinente al bene ambiente, poiche', come si e' specificato, la norma
prescinde dalla collocazione dell'opera ovvero da altri dati utili  e
necessari ad una organizzazione unitaria. 
6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 27 del decreto legislativo
16 giugno 2017, n. 104, per violazione degli articoli 117,  comma  3,
118 e 76 della Costituzione. 
    L'art. 27, comma 1 e  2,  del  decreto  legislativo  n.  104/2017
contiene una clausola di invarianza finanziaria: «Dall'attuazione del
presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a  carico
della finanza pubblica. Fermo il disposto  di  cui  all'art.  21,  le
attivita' di cui al presente  decreto  sono  svolte  con  le  risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente». 
    In  sostanza,  si  impongono  alle  regioni   nuovi   adempimenti
procedimentali, con conseguenti nuovi oneri, si interviene  cosi'  su
materie anche concorrenti (come piu' volte riportato  in  premessa  e
nei paragrafi precedenti), ma tutto  cio',  irragionevolmente,  senza
alcuna previsione finanziaria,  anzi,  al  contrario,  imponendo  una
blocco delle risorse. 
    Tale previsione e viziata per contrasto con la legge di delega. 
    L'art. 1, comma 4, della legge n. 114/2015, infatti,  stabilisce,
sia pur entro limiti ben determinati, la possibilita' di  riconoscere
risorse in relazione a spese non contemplate da leggi vigenti  e  che
non  riguardino  l'attivita'  ordinaria  delle  amministrazioni,  nei
limiti occorrenti per l'adeguamento alla direttiva. 
    Il  legislatore  delegato,  invece,  ha  previsto,   in   pretesa
attuazione  della  Direttive  2014/52/CE,  nuovi  e  maggiori   oneri
procedimentali  in  capo  alle  amministrazioni  regionali;  ma,   in
contrasto con il citato art. 1, IV comma legge  n. 114/2015,  non  ha
previsto alcuna possibilita' di adeguamento finanziario,  strumentale
o di personale. L'irrazionalita' della scelta risulta palese se  solo
si  pensi  all'obbligo,  sancito  dall'art.  16  comma  2  qui   pure
impugnato,  di  emettere  il  provvedimento   autorizzatorio   unico,
modificando cosi'  lo  svolgimento  delle  funzioni  regionali.  Cio'
riflette, altresi', il grave deficit delle norme  gravate,  sotto  il
profilo  della  ragionevolezza  e  della  coerenza  con   gli   scopi
perseguiti dalla legge n. 114/2015; trattasi di norma che,  peraltro,
non ha attinenza con la tutela  dell'ambiente  e,  pertanto,  non  e'
interna al perimetro della legislazione statale esclusiva. Il che sta
ulteriormente a dimostrare che la violazione della  legge  delega  e'
ben lungi dall'essere un completamento  della  delega  stessa  ovvero
finalizzata alla tutela del bene ambiente. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia  l'Ecc.ma  Corte  costituzionale  adita,  ogni   contraria
istanza eccezione  e  deduzione  disattesa,  accogliere  il  presente
ricorso e  per  l'effetto,  dichiarare  incostituzionali  i  seguenti
articoli del decreto legislativo 16 giugno 2017, n.  104  «Attuazione
della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo  e  del  Consiglio,
del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente
la  valutazione  dell'impatto  ambientale  di  determinati   progetti
pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1  e  14  della  legge  9
luglio 2015, n.  114»  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale,  Serie
generale, n. 156 del 6 luglio 2017: 
        l'art. 3 comma 1 lettera g), per contrasto con  gli  articoli
117, comma 3, 118, 3, 5 e 120 della Costituzione; 
        l'art. 5 per violazione degli articoli 117, comma 3, 3  e  76
della Costituzione; 
        l'art. 16 comma 2, per contrasto con gli articoli 117,  comma
3, 118, 3, 5 e 120 della Costituzione; 
        l'art. 21, per contrasto con gli articoli 117, commi 3  e  4,
118, 5 e 120 della Costituzione; 
        l'art. 22 commi da  1  a  4,  26  comma  1  lettera  a),  per
contrasto con gli articoli 117, comma 3,  118,  76,  5  e  120  della
Costituzione; 
        l'art. 27 per contrasto con gli articoli 117, comma 3, 118  e
76 della Costituzione. 
    Con  riserva  di  deposito,  unitamente   al   presente   ricorso
notificato, della delibera di giunta regionale  recante  conferimento
di incarico. 
        L'Aquila, 4 settembre 2017 
 
                     Avv. Valeri - Avv. Frattale