N. 67 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 settembre 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'8 settembre 2017 (della Regione Veneto) . 
 
Ambiente  -  Disposizioni  concernenti  la  valutazione  di   impatto
  ambientale di determinati progetti pubblici e privati -  Esclusione
  dall'applicazione della  disciplina  della  VIA,  con  decreto  del
  Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di
  concerto con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del
  turismo, dei progetti aventi come unico obiettivo  la  risposta  ad
  emergenze  di  protezione  civile  -  Possibilita'   del   Ministro
  dell'ambiente e della tutela del  territorio  e  del  mare,  previo
  parere del Ministro dei beni e  delle  attivita'  culturali  e  del
  turismo, di esentare in tutto o  in  parte  un  progetto  specifico
  dall'applicazione  della  disciplina  della  VIA  -  Competenze  in
  materia di VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA - Modifiche
  agli Allegati alla Parte seconda del decreto legislativo  3  aprile
  2006, n. 152 - Abrogazioni - Oneri istruttori. 
- Decreto legislativo  16  giugno  2017,  n.  104  (Attuazione  della
  direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16
  aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE,  concernente  la
  valutazione  dell'impatto  ambientale   di   determinati   progetti
  pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14  della  legge  9
  luglio 2015, n. 114), artt. 3, comma 1, lett. g) e h); 5, comma  1;
  21; 22, commi da 1 a 4; e 26, comma 1, lett. a). 
(GU n.43 del 25-10-2017 )
    Ricorso proposto dalla Regione Veneto (C.F. 80007580279 - partita
iva 02392630279), in persona del Presidente  della  Giunta  regionale
dott.   Luca   Zaia   (C.F.   ZAILCU68C27C957O),   autorizzato    con
deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 1403 del 29 agosto
2017 (doc. 1), rappresentato e difeso,  per  mandato  a  margine  del
presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente,  dagli  avv.ti
Ezio  Zanon  (C.F.  ZNNZEI57L07B563K)  coordinatore   dell'Avvocatura
regionale e Luigi Manzi (C.F. MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con
domicilio eletto presso  lo  studio  di  quest'ultimo  in  Roma,  via
Confalonieri, n. 5  (per  eventuali  comunicazioni:  fax  06/3211370,
posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org). 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso
la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 
    Per  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  degli
articoli 3, comma 1, lettera g) e h); 5, comma 1; 21; 22, commi da  1
a 4; 26, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 16 giugno  2017,
n. 104, recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento
europeo e  del  Consiglio,  del  16  aprile  2014,  che  modifica  la
direttiva  2011/92/UE,  concernente   la   valutazione   dell'impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli
articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114»  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale, 6 luglio  2017,  n.  156,  per  violazione  degli
articoli 3, 76, 97, 114, 117, commi  III  e  IV,  118  e  119  Cost.,
oltreche' del principio di leale collaborazione di cui  all'art.  120
Cost. 
 
                               Motivi 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma  1,  lettera  g),
del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 per  violazione  degli
articoli 3, 76, 97,  117,  comma  III  e  118  Cost.,  oltreche'  del
principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. 
    L'art. 3, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 16  giugno
2017, n. 104 ha modificato l'art. 6 del decreto legislativo 3  aprile
2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», e in particolare
ha cosi sostituito il decimo  comma:  «Per  i  progetti  o  parti  di
progetti aventi quale unico obiettivo la difesa  nazionale  e  per  i
progetti aventi quali unico obiettivo la risposta alle emergenze  che
riguardano la protezione civile, il Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare, di concerto  con  il  Ministro  dei
beni e delle attivita' culturali e del turismo, dopo una  valutazione
caso per caso, puo'  disporre,  con  decreto,  l'esclusione  di  tali
progetti dal campo di applicazione delle norme di cui al  titolo  III
della parte seconda del presente decreto, qualora  ritenga  che  tale
applicazione possa pregiudicare i suddetti obiettivi.» 
    La disposizione in parola nella parte in cui consente al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  di  concerto
con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e  del  turismo,
di disporre l'esclusione dalla disciplina di valutazione  di  impatto
ambientale di progetti aventi quali unico obiettivo la risposta  alle
emergenze che riguardano la protezione civile appare  invasiva  della
competenza regionale in materia di  «protezione  civile»  (art.  117,
comma  III,  Cost.)  oltreche'  lesiva   del   principio   di   leale
collaborazione di cui all'art. 120 Cost. 
    Non e', infatti, prevista alcuna forma di partecipazione da parte
delle Regioni nell'ambito dell'introdotto  procedimento  derogatorio,
di modo che queste, in un ambito di competenza legislativa ripartita,
ove dunque lo Stato  puo'  solo  dettare  principi  fondamentali,  si
vedono espropriate di ogni potesta', non  solo  decisoria,  ma  anche
meramente consultivo/partecipativa. 
    Peraltro,  con  riguardo  ai  progetti  afferenti  a   situazioni
emergenziali di protezione civile, sorge un inevitabile  collegamento
tra gli stessi e il territorio ove tale situazione si e'  verificata,
ragion per cui la partecipazione, istruttoria e/o codecisoria,  degli
enti territoriali appare indispensabile al fine di  salvaguardare  la
stessa ragionevolezza della disposizione di legge, che altrimenti  si
pone in palese contraddizione rispetto non solo all'art. 3 Cost.,  ma
pur nei confronti del canone di buon andamento dell'agire pubblico di
cui all'art. 97 Cost..  Questo,  infatti,  appare  compromesso  dalla
previsione  di  un  potere  derogatorio  alla   disciplina   generale
esercitabile in via unilaterale  da  parte  dello  Stato,  ove  siano
coinvolti interessi territoriali e competenze regionali. 
    A tale riguardo, pur ove si volesse ritenere che la  disposizione
afferisca in via assorbente  alla  materia  di  competenza  esclusiva
dello Stato «tutela dell'ambiente» (il che peraltro e'  dubbio  vista
la teleologia della disposizione che consiste nel far  prevalere  gli
interessi  afferenti  alla  protezione  civile  rispetto   a   quelli
ambientali),  comunque  occorre  tenere   presenti   le   illuminanti
considerazioni  recentemente  enucleate  da  codesta   ecc.ma   Corte
(decisione  n.  169/2017),  secondo  cui,  pur  in  presenza  di  una
competenza esclusiva dello Stato, ove  siano  coinvolti  interessi  e
funzioni regionali, s'impone «una fisiologica dialettica» tra Stato e
Regioni che sia improntata a leale collaborazione, il che conferma la
irragionevolezza  della  disposizione  impugnata  e  la  lesione  del
principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. 
    Tale esautorazione, infatti, e' posta  in  essere  senza  neppure
distinguere  tra  progetti  assoggettati  a  valutazione  di  impatto
ambientale regionale ovvero statale. 
    Ragion per cui, per effetto di tale  disposizione,  il  Ministero
dell'ambiente e della tutela del  territorio  e  del  mare,  potrebbe
giungere a sottrarre alla competenza delle Regioni la valutazione  di
impatto ambientale  di  progetti  affidati  alla  ordinaria  potesta'
decisoria degli enti territoriali. 
    Cosa che comporta, in aggiunta alle sopra enucleate lesioni,  pur
anche una violazione dell'art. 118 Cost., sotto forma di  illegittima
compressione di una  competenza  amministrativa  affidata  alle  cure
regionali. 
    D'altronde,  la  disposizione  che  si  censura   introduce   una
sostanziale modificazione del  riparto  delle  competenze  statali  e
regionali in materia di VIA, in contraddizione rispetto ai principi e
criteri direttivi di cui all'art. 14 della legge 9  luglio  2015,  n.
114, recante «Delega al Governo per il  recepimento  delle  direttive
europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea -  legge  di
delegazione europea 2014». 
    Essa, infatti, al fine di dare attuazione al diritto comunitario,
vincola il legislatore delegato a introdurre esclusivamente regole di
«semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle  procedure
di  valutazione  di  impatto  ambientale  anche   in   relazione   al
coordinamento  e  all'integrazione  con  altre  procedure  volte   al
rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere  ambientale»,  ovvero
di «rafforzamento della qualita' della procedura  di  valutazione  di
impatto ambientale,  allineando  tale  procedura  ai  principi  della
regolamentazione intelligente (smart regulation) e della  coerenza  e
delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali». 
    Ossia l'ambito oggettivo della delega legislativa non ricomprende
in alcun modo la disciplina del riparto delle competenze decisorie in
materia di valutazione  di  impatto  ambientale,  ma  unicamente  gli
aspetti  procedurali,  da  modificare  peraltro  in   ragione   della
rinnovata disciplina comunitaria. 
    Ne consegue che la formulazione  che  si  censura  configura  una
tipica ipotesi di eccesso di  delega,  che  ridonda  in  una  lesione
dell'art.  117,  comma  3  Cost.,  con   riguardo   alla   competenza
legislativa regionale  in  materia  di  «protezione  civile»,  e,  al
contempo, in una lesione dell'art. 118 Cost.,  in  quanto  opera  una
espropriazione delle competenze amministrative regionali  in  materia
di  valutazione   di   impatto   ambientale   come   gia'   delineate
dall'ordinamento. 
    Ne' si puo' addurre a giustificare  o,  rectius,  a  sanare  tale
eccesso di delega il fine di coordinamento di cui all'art. 32,  comma
1, lettera b) della legge 24 dicembre 2012, n.  234,  in  quanto  nel
caso di specie, si e' dinanzi a una disposizione che non  intende  in
alcun modo coordinare  discipline  vigenti  nei  settori  interessati
dall'attuazione del diritto comunitario, ma che invece  introduce  un
potere derogatorio, atto ad alterare il riparto di competenze tra  lo
Stato e le Regioni. 
    Innovazione  normativa  rispetto  alla  quale  non  e'  possibile
rinvenire alcun supporto giustificatorio e  autorizzatorio  da  parte
del legislatore delegante. 
    Non vale, neppure, ad escludere tale vizio di eccesso  di  delega
il fatto che  il  legislatore  delegato  riproduca  una  disposizione
contenuta nella direttiva attuata, in quanto mediante la  contestuale
attribuzione di un potere unilaterale in capo  agli  organi  statali,
anche ove sia prevista una competenza regionale  ovvero  sussista  un
interesse  territoriale,  si  viene  ad  alterare  il  quadro   delle
competenze in materia di VIA, in spregio ai criteri  direttivi  della
legge di delega la quale, come gia' rilevato, autorizza il Governo  a
dare  attuazione  al  diritto  comunitario,  ma  non  ad   introdurre
modifiche che alterino il regime delle competenze. 
    Nulla infatti a tale riguardo ha disposto  la  direttiva  europea
ne' d'altronde essa ha assegnato al legislatore nazionale il  compito
di farlo. 
    A  tal  fine  sarebbe  servita  una   espressa   previsione   del
legislatore delegante, sotto forma di un criterio direttivo  ad  hoc,
in  assenza  della  quale  deve  ritenersi  che  il   Governo   abbia
oltrepassato i limiti del potere legislativo delegatogli,  disponendo
in ambiti non coperti dall'autorizzazione parlamentare. 
    La  disposizione   in   parola   si   deve,   percio',   ritenere
costituzionalmente illegittima in quanto  determina  una  violazione,
partitamente, degli articoli 3, 76 e 97  Cost.  che  ridonda  in  una
lesione della competenza legislativa (art.  117,  comma  3  Cost.)  e
amministrativa regionale (art. 118 Cost.). 
    Competenze  e  disposizioni,  queste   ultime,   che,   peraltro,
risultano lese anche in via autonoma, in uno con  la  violazione  del
principio di leale collaborazione di cui all'art. 120  Cost.  per  la
completa  assenza  di  ogni  apporto  partecipativo  da  parte  delle
Regioni. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma  1,  lettera  h),
del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 per  violazione  degli
articoli 3, 76, 97,  117,  comma  III  e  118  Cost.,  oltreche'  del
principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. 
    L'art. 3, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 16  giugno
2017, n. 104 ha modificato l'art. 6 del decreto legislativo 3  aprile
2006,  n.  152,  recante  «Norme  in  materia  ambientale»,   e,   in
particolare, ha cosi  sostituito  l'undicesimo  comma:  «Fatto  salvo
quanto previsto dall'art.  32,  il  Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare puo', in  casi  eccezionali,  previo
parere del Ministro dei  beni  e  delle  attivita'  culturali  e  del
turismo, esentare in tutto o in parte  un  progetto  specifico  dalle
disposizioni di cui al titolo III della parte  seconda  del  presente
decreto,  qualora  l'applicazione   di   tali   disposizioni   incida
negativamente sulla finalita' del progetto, a  condizione  che  siano
rispettati gli obiettivi della  normativa  nazionale  ed  europea  in
materia di  valutazione  di  impatto  ambientale.  In  tali  casi  il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: 
        a) esamina se sia opportuna un'altra forma di valutazione; 
        b)  mette  a   disposizione   del   pubblico   coinvolto   le
informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di  cui  alla
lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le
ragioni per cui e' stata concessa; 
        c)  informa  la  Commissione  europea,  prima  del   rilascio
dell'autorizzazione,  dei   motivi   che   giustificano   l'esenzione
accordata fornendo tutte le informazioni acquisite.». 
    La disposizione  in  parola  introduce  un'ulteriore  ipotesi  di
deroga alla disciplina generale,  senza  peraltro  neppure  prevedere
alcun criterio direttivo  che  guidi  l'autorita'  amministrativa  in
ordine all'an dell'esercizio del relativo potere. 
    Il che attesta non solo l'irragionevolezza della  norma,  ma  pur
anche la sua contrarieta' rispetto  al  principio  di  legalita',  il
quale costituisce la chiave di volta  che  sorregge  l'esercizio  dei
pubblici poteri e non puo' soffrire deroghe. 
    Di  fatti,  l'unica  espressione  utilizzata  nella  disposizione
attributiva del potere, al fine di definire e circoscrivere  l'ambito
di operativita' del potere di deroga in parola, e' l'inciso «in  casi
eccezionali» unito al criterio dell'incidenza negativa rispetto  alla
finalita' del progetto da valutare. 
    Non e'  pero'  dato  sapere  che  cosa  si  debba  intendere  per
eccezionalita', concetto ambiguo ed elastico che puo' abbracciare  le
piu' svariate quanto generiche  situazioni  in  assenza  di  una  sua
contestualizzazione o della  previsione  di  criteri  valutativi  che
guidino l'interprete.  Elementi  esegetici  e  precettivi  del  tutto
assenti nel caso di specie. 
    Neppure il generico riferimento alla finalita'  del  progetto  e'
tale  da  fornire  significative  indicazioni,  dal  momento  che  la
disposizione  si  rivolge  indifferentemente  a  qualunque   progetto
sottoposto a valutazione di impatto ambientale. 
    Ne' a giustificare tale genericita' si puo' addurre il  fatto  di
avere riprodotto una previsione della  Direttiva  europea,  la  quale
infatti non contiene per sua natura, salvo le rare ipotesi  di  norme
self executing, disposizioni immediatamente precettive, ma regole che
esigono attuazione/specificazione da parte del  legislatore  in  modo
tale da rispettarne e perseguirne i fini, in consonanza coni principi
che informano l'ordinamento giuridico ricevente». 
    Il vago perimetro della  disposizione  impugnata  consegna  cosi'
all'autorita' amministrativa  statale  un  grimaldello  in  grado  di
alterare il sistema di riparto delle competenze esistenti tra Stato e
Regione in materia di VIA, e senza che sia prevista, il che fonda  il
presente motivo di ricorso, alcuna forma di partecipazione, decisoria
o istruttoria, da  parte  delle  Regioni,  fatto  che  determina  una
lesione del principio di leale collaborazione  di  cui  all'art.  120
Cost. nonche' dell'art. 118 Cost. 
    Ma oltre a essere idoneo a  ingenerare  delle  sovrapposizioni  e
delle conflittualita' operative con gli  enti  territoriali,  viepiu'
l'atto legislativo presenta anche i «sintomi» dell'eccesso di  delega
legislativa. 
    Difatti,  il  legislatore  delegato,  come  gia'   rilevato   nel
precedente motivo  di  ricorso,  non  era  autorizzato  a  introdurre
disposizioni atte ad alterare il materiale riparto  delle  competenze
tra Stato e Regioni, ma unicamente  avrebbe  dovuto  dare  attuazione
alla   normativa   comunitaria   introducendo   modifiche   meramente
procedimentali  o,  comunque,  dando   attuazione   alla   disciplina
comunitaria senza elidere o menomare le competenze regionali. 
    Ogni modificazione sostanziale,  invece,  per  essere  legittima,
avrebbe  dovuto  passare  per  il  diverso  procedimento  legislativo
ordinario, ovvero  avrebbe  richiesto  la  necessaria  previsione  di
principi  e  criteri  direttivi  ad  hoc  da  parte  del  legislatore
delegante. Il che non e' avvenuto. 
    Risultano dunque violati, per tali ragioni, gli articoli 76 e  97
Cost., violazioni che, alterando il riparto di  competenze  esistente
tra Stato  e  Regioni  a  detrimento  delle  autonomie  territoriali,
ridondano in una lesione degli articoli 117, commi 3 e 4, e 118 Cost. 
    Ne' a sanare tale illegittimita' si possono addurre le previsioni
procedimentali di cui al periodo conclusivo della  disposizione,  che
si riducono a mere attivita' informative,  conseguenti  all'esercizio
del  potere  derogatorio,  ma  del  tutto  inidonee  a  definirne   i
presupposti di esercizio e a sanare l'eccesso di delega  che  affetta
la disposizione legislativa impugnata. 
    La disposizione appare, inoltre, illegittima,  oltreche'  per  le
ragioni  gia'  enunciate,  anche  laddove   non   prevede   l'apporto
partecipativo, decisorio  o  istruttorio/consultivo,  delle  Regioni,
nelle ipotesi  in  cui  il  progetto  afferisca  ad  una  materia  di
competenza regionale ovvero comunque sia assoggetta a via regionale. 
    Il che determina una lesione degli articoli  117,  commi  3  e  4
Cost. e 118 oltreche' del principio di leale  collaborazione  di  cui
all'art. 120 Cost. 
    Come, infatti, l'intervento partecipativo regionale e  locale  e'
necessario e, infatti, previsto in caso di VIA statale che  interessi
il territorio regionale cosi', e a maggior ragione,  lo  deve  essere
nell'esercizio del potere di  deroga  in  parola,  ove  evidentemente
siano involti interessi regionali. E cio'  per  le  medesime  ragioni
indicate nel motivo di impugnazione dell'art. 3, comma 1, lettera g),
di cui al precedente paragrafo sub n. 1. 
3) Illegittimita' costituzionale degli articoli 5, comma 1; 22, commi
da 1 a 4; 26, comma 1, lett. a) del  decreto  legislativo  16  giugno
2017, n. 104 per violazione degli articoli 76, 117, commi III  e  IV,
118 Cost., oltreche' del principio di  leale  collaborazione  di  cui
all'art. 120 Cost. 
    L'art. 5 del decreto  legislativo  16  giugno  2017,  n.  104  ha
introdotto nel decreto legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  l'art.
7-bis, rubricato «Competenze in materia  di  VIA  e  di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA». 
    In particolare il  secondo  comma  dell'articolo  statuisce  che:
«Sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato
II alla  parte  seconda  del  presente  decreto.  Sono  sottoposti  a
verifica di assoggettabilita' a VIA in sede statale i progetti di cui
all'allegato II-bis alla parte seconda del presente decreto». 
    Il successivo comma, invece, dispone che: «Sono sottoposti a  VIA
in sede regionale, i progetti di  cui  all'allegato  III  alla  parte
seconda  del  presente  decreto.  Sono  sottoposti  a   verifica   di
assoggettabilita'  a  VIA  in  sede  regionale  i  progetti  di   cui
all'allegato IV alla parte seconda del presente decreto.». 
    Per effetto di tale disposizione il  riparto  di  competenze  tra
Stato e Regioni in materia di valutazione di  impatto  ambientale  e'
demandato  ai  quattro  allegati  menzionati,  i  quali  sono   stati
ampiamente modificati nei loro contenuti dall'art. 22, commi da  1  a
4, del decreto legislativo 16 giugno  2017,  n.  104,  nonche'  dalla
disposizione abrogatrice contenuta nell'art. 26, comma 1, lettera  a)
del medesimo decreto legislativo. 
    Nello specifico all'Allegato II alla parte  seconda  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono state apportate  le  seguenti
modificazioni: 
        «a)  al  punto  2),  sono  aggiunti,   infine,   i   seguenti
sottopunti: 
          «impianti termici per la produzione di  energia  elettrica,
vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a  150
MW. 
          impianti eolici per  la  produzione  di  energia  elettrica
sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW»; 
        b) al punto 4-bis)  le  parole:  «facenti  parte  della  rete
elettrica di trasmissione nazionale» sono abrogate; 
        c) il punto 7) e' sostituito dai seguenti: 
          «7)  perforazione  di  pozzi  finalizzati  alla  ricerca  e
coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi sulla terraferma  e  in
mare; 
          7.1) coltivazione di idrocarburi liquidi e  gassosi,  sulla
terraferma e in mare, per un quantitativo estratto  superiore  a  500
tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 m3 al giorno per  il
gas naturale; 
          7.2)  rilievi  geofisici  attraverso  l'uso  della  tecnica
airgun o esplosivo.»; 
        d) il punto 7-quater) e' sostituito dal seguente: 
          «7-quater) impianti geotermici pilota di  cui  all'art.  1,
comma 3-bis, del decreto legislativo  11  febbraio  2010,  n.  22,  e
successive modificazioni, nonche' attivita' di ricerca e coltivazione
di risorse geotermiche in mare.»; 
        e) dopo il punto 7-quater e' inserito il seguente: 
          «7-quinquies) attivita' di  ricerca  e  coltivazione  delle
seguenti sostanze minerali: 
minerali utilizzabili per l'estrazione di metalli, metalloidi e  loro
composti; 
grafite, combustibili solidi, rocce asfaltiche e bituminose; 
sostanze adioattive.»; 
        f) il punto 8 e' sostituito dal seguente: 
          «8 Stoccaggio: 
di  petrolio,  prodotti  chimici,  prodotti  petroliferi  e  prodotti
petrolchimici con capacita' complessiva superiore a 40.000 m3; 
superficiale di gas naturali con una capacita' complessiva  superiore
a 40,000 m3; 
sotterraneo artificiale di  gas  combustibili  in  serbatoi  con  una
capacita' complessiva superiore a 80.000 m3; 
di  prodotti  di  gas  di  petrolio  liquefatto  e  di  gas  naturale
liquefatto con capacita' complessiva superiore a 20.000 m3; 
di prodotti combustibili solidi con capacita' complessiva superiore a
150.000 tonnellate.»; 
        g) il punto 9 e' sostituito dal seguente: 
          «9)  Condutture  di  diametro  superiore  a  800  mm  e  di
lunghezza superiore a 40 km per  il  trasporto  di  gas,  petrolio  e
prodotti chimici e  per  il  trasporto  dei  flussi  di  biossido  di
carbonio (CO2)  ai  fini  dello  stoccaggio  geologico,  comprese  le
relative stazioni di spinta»; 
        h)  al  punto  10),  il  secondo  e  terzo  sottopunto   sono
sostituiti dai seguenti: «autostrade e strade extraurbane principali; 
          strade extraurbane a quattro o piu' corsie o adeguamento di
strade extraurbane esistenti a due corsie per renderle  a  quattro  o
piu' corsie, con una lunghezza ininterrotta di almeno 10 km;»; 
        i) al punto 11, primo periodo, dopo la parola «tonnellate» e'
inserito il seguente periodo: «, nonche' porti con funzione turistica
e da diporto quando lo specchio d'acqua e' superiore a 10 ettari o le
aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i  moli  sono  di
lunghezza superiore ai 500 metri»; 
        l) al punto 17-bis, dopo la parola: «allegato» sono  inserite
le seguenti; «e nell'allegato III al presente decreto»." 
    E'  stato,  poi,  inserito  l'allegato  II-bis  che  sottopone  i
seguenti progetti alla verifica di  assoggettabilita'  di  competenza
statale: 
        «1. Industria energetica ed estrattiva: 
          a) impianti termici per la produzione di energia elettrica,
vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore  a  50
MW; 
          b) installazioni di oleodotti e gasdotti e  condutture  per
il trasporto di flussi di CO2  ai  fini  dello  stoccaggio  geologico
superiori a 20 km; 
          c) impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti  da
impianti che non rientrano  negli  allegati  II  e  III  al  presente
decreto ai fini  dello  stoccaggio  geologico  a  norma  del  decreto
legislativo 14 settembre 2011, n. 162, e successive modificazioni; 
          d) elettrodotti aerei esterni per il trasporto  di  energia
elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di
lunghezza superiore a 3 Km. 
        2. Progetti di infrastrutture: 
          a)  interporti,   piattaforme   intermodali   e   terminali
intermodali; 
          b) porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali,
compresi i porti con funzione peschereccia, vie navigabili; 
          c) strade extraurbane secondarie di interesse nazionale; 
          d) acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km; 
          e) aeroporti (progetti non compresi nell'Allegato II); 
          f) porti con funzione turistica e  da  diporto,  quando  lo
specchio d'acqua e' inferiore o uguale a 10 ettari, le  aree  esterne
interessate non superano i 5  ettari  e  i  moli  sono  di  lunghezza
inferiore o uguale a 500 metri; 
          g) coltivazione di idrocarburi  liquidi  e  gassosi,  sulla
terraferma e in  mare,  per  un  quantitativo  estratto  fino  a  500
tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 m3 al giorno per  il
gas naturale; 
          h) modifiche o estensioni di progetti di  cui  all'allegato
II, o al presente allegato gia' autorizzati, realizzati o in fase  di
realizzazione,  che  possono  avere   notevoli   impatti   ambientali
significativi  e  negativi  (modifica  o   estensione   non   inclusa
nell'allegato II).» 
    All'Allegato III alla parte seconda  del  decreto  legislativo  3
aprile  2006,  n.  152,  sono  state  invece  apportate  le  seguenti
modificazioni: 
        «a) il punto c-bis) e' sostituito dal seguente: 
          «c-bis)  Impianti  eolici  per  la  produzione  di  energia
elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1  MW,
qualora disposto all'esito della verifica di assoggettabilita' di cui
all'art. 19»; 
        b) il punto af-bis) e' sostituito dal seguente: 
          «af-bis) strade urbane di scorrimento». 
    L'Allegato IV, invece, ha sofferto le seguenti modificazioni: «a)
al punto 1, la lettera e), e' sostituita dalla seguente: 
        «e)  impianti  di  piscicoltura  intensiva   per   superficie
complessiva oltre i 5 ettari;»; 
        b) il punto 2, e' sostituito dal seguente: 
          «2. Industria energetica ed estrattiva: 
a) attivita' di ricerca sulla terraferma delle sostanze  minerali  di
miniera di cui all'art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927,
n. 1443, ivi comprese le risorse  geotermiche  con  esclusione  degli
impianti geotermici pilota  di  cui  all'art.  1,  comma  3-bis,  del
decreto  legislativo  11  febbraio  2010,   n.   22,   e   successive
modificazioni, incluse le relative attivita' minerarie; 
b) impianti industriali non termici per  la  produzione  di  energia,
vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW; 
c) impianti industriali per il  trasporto  del  vapore  e  dell'acqua
calda,  che  alimentano  condotte  con  una   lunghezza   complessiva
superiore ai 20 km; 
d) impianti eolici per  la  produzione  di  energia  elettrica  sulla
terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW; 
e) estrazione di sostanze minerali di  miniera  di  cui  all'art.  2,
comma 2,  del  regio  decreto  29  luglio  1927,  n.  1443,  mediante
dragaggio marino e fluviale; 
f) agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite; 
g) impianti di superficie  dell'industria  di  estrazione  di  carbon
fossile e di minerali metallici nonche' di scisti bituminose; 
h) impianti per la produzione di energia  idroelettrica  con  potenza
nominale di concessione superiore a 100 kW e,  per  i  soli  impianti
idroelettrici che rientrano nella casistica di cui all'art.  166  del
presente decreto ed all'art. 4, punto 3.b, lettera  i),  del  decreto
del Ministro dello sviluppo economico del 6 luglio  2012,  pubblicato
nel supplemento ordinario alla  Gazzetta  Ufficiale  n.  159  del  10
luglio 2012, con potenza nominale di concessione superiore a 250 kW; 
i) impianti di gassificazione e liquefazione del carbone;»; 
        c) al punto 7 la lettera h) e' sostituita dalla seguente: 
          «h)   strade   extraurbane    secondarie    non    comprese
nell'allegato II-bis e strade urbane con lunghezza superiore a  1.500
metri non comprese nell'allegato III». 
    Per  effetto  delle  disposizioni  impugnate,   dunque,   si   e'
realizzata una complessiva redistribuzione di competenze tra lo Stato
e le Regioni in materia di valutazione di impatto ambientale. 
    Al fine di meglio comprendere la  portata  riformatrice  di  tale
intervento basti considerare che, su tali rinnovati  riferimenti,  le
Regioni  non  sono  piu'  competenti  per   le   seguenti   tipologie
progettuali soggette a VIA (che per quanto riguarda  la  Regione  del
Veneto erano espressamente ricomprese nell'Allegato  A1  della  legge
regionale del Veneto n. 4/2016, recante «Disposizioni in  materia  di
valutazione di impatto ambientale  e  di  competenze  in  materia  di
autorizzazione integrata ambientale»): 
    Impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e
acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW; 
    Stoccaggio di petrolio,  prodotti  petroliferi,  petrolchimici  e
chimici pericolosi a sensi della legge 29  maggio  1974,  n.  256,  e
successive  modificazioni,  con  capacita'  complessiva  superiore  a
40.000 m3; 
    Stoccaggio di gas naturale liquefatto, con capacita'  complessiva
superiore a 20.000 m3; 
    Porti turistici e  da  diporto  quando  lo  specchio  d'acqua  e'
superiore a 10 ettari o le aree  esterne  interessate  superano  i  5
ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri; 
    Stoccaggio  di   gas   combustibili   in   serbatoi   sotterranei
artificiali con una capacita' complessiva superiore a 80.000 m3; 
    Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da  impianti
che rientrano nel presente allegato. 
    Sono state  parimenti  sottratte  alla  competenza  regionale  le
seguenti   tipologie   progettuali   quanto    alla    verifica    di
assoggettabilita'  (per  quanto  riguarda  la  Regione   del   Veneto
ricomprese nell'Allegato A 2 della  legge  regionale  del  Veneto  n.
4/2016): 
        Impianti termici per  la  produzione  di  energia  elettrica,
vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore  a  50
MW; 
        Installazioni di oleodotti e gasdotti  e  condutture  per  il
trasporto di  flussi  di  CO2  ai  fini  dello  stoccaggio  geologico
superiori a 20 km; 
        Impianti per la cattura  di  flussi  di  CO2  provenienti  da
impianti che non rientrano  negli  allegati  II  e  III  al  presente
decreto ai fini  dello  stoccaggio  geologico  a  norma  del  decreto
legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in  materia  di
stoccaggio geologico di biossido di carbonio; 
        Interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali; 
        Porti e impianti  portuali  marittimi,  fluviali  e  lacuali,
compresi i porti di pesca, le vie navigabili; 
        Strade extraurbane secondarie (NB sono rimaste di  competenza
provinciale quelle non di interesse nazionale); 
        Costruzioni  di  strade  di  scorrimento  in  area  urbana  o
potenziamento di esistenti a quattro o piu' corsie con lunghezza,  in
area urbana o extraurbana, superiore a 1500 metri (escluse le  strade
extraurbane secondarie non comprese  nell'allegato  II-bis  e  strade
urbane  con  lunghezza  superiore  a   1.500   metri   non   comprese
nell'allegato III che sono rimaste di competenza provinciale); 
        Acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km; 
        Aeroporti; 
        Porti turistici e da diporto, quando lo specchio  d'acqua  e'
inferiore o uguale a 10  ettari,  le  aree  esterne  interessate  non
superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o  uguale  a
500 metri, nonche' progetti di intervento su porti gia' esistenti; 
        Elettrodotti  aerei  esterni  per  il  trasporto  di  energia
elettrica, non facenti parte della  rete  elettrica  di  trasmissione
nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV e  con  tracciato
di lunghezza superiore a 3 km. 
    Da tale ricostruzione normativo-fattuale emerge, dunque,  che  il
legislatore delegato ha provveduto a modificare non solo le procedure
inerenti  alla  valutazione  di  impatto  ambientale,  secondando  la
necessita' di dare attuazione nell'ordinamento interno alla direttiva
2014/52/UE del 16 aprile 2014, ma ha pur anche disposto una  completa
ristrutturazione del quadro delle competenze decisorie in materia. 
    Il che si pone in aperto contrasto rispetto ai principi e criteri
direttivi enucleati dall'art. 14 della legge di delega, i quali hanno
autorizzato il Governo unicamente a introdurre una  «semplificazione,
armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione  di
impatto ambientale», nonche' «il rafforzamento della  qualita'  della
procedura di valutazione di impatto ambientale, allineando tale  tale
procedura ai  principi  della  regolamentazione  intelligente  (smart
regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre  normative  e
politiche europee e nazionali». 
    I limiti della delega sono chiari: modificare il procedimento  di
valutazione di impatto ambientale secondo le regole introdotte  dalla
disciplina comunitaria, (la quale si sottolinea, di principio,  nulla
dice e, invero, nulla potrebbe dire in ordine al riparto  interno  di
competenze), senza che invece il Governo  sia  autorizzato  in  alcun
modo  a  introdurre  modificazioni  di  natura  sostanziale  atte  ad
alterare il quadro del riparto di competenze esistenti  tra  Stato  e
Regioni. 
    Il Governo, invece, con le disposizioni in questa sede impugnate,
ha  compiuto  anche  una   complessiva   rivisitazione   del   quadro
competenziale, in tal modo cadendo in un tipico vizio di  eccesso  di
delega. 
    Il  quale  si  riverbera  in   una   lesione   delle   competenze
amministrative regionali e,  dunque,  dell'art.  118  Cost.,  laddove
viene sottratta alle Regioni la potesta'  decisoria  di  cui  godeva,
elisa per effetto della novellazione legislativa. 
    E' pur vero che si verte in materia di  tutela  dell'ambiente  e,
dunque,  in  una  materia  di  competenza  esclusiva   dello   Stato.
Sennonche', ove lo  Stato  avesse  voluto  introdurre  tale  generale
modificazione del quadro di competenze in materia di  valutazione  di
impatto  ambientale,  avrebbe  dovuto  farlo   mediante   l'ordinario
procedimento legislativo, ovvero prevedendo in sede  di  legislazione
delegante uno specifico criterio direttivo che guidasse il Governo in
tale opera di ristrutturazione normativa. 
    Tale garanzia procedimentale avrebbe salvaguardato la  dialettica
democratica tra maggioranza e opposizione che solo in  Parlamento  si
realizza e che invece mediante l'esercizio estensivo  del  potere  di
legislazione delegata da parte del Governo viene ad essere del  tutto
annichilita,  con  grave  sfregio  del  principio  parlamentare,   di
separazione dei poteri e dello stesso principio democratico. 
    Si deve percio' ritenere  che  le  disposizioni  impugnate  siano
illegittime in quanto,  per  effetto  dell'utilizzo  «improprio»  del
potere legislativo delegato,  esse  hanno  determinato  una  indebita
compressione delle competenze regionali, in tal modo violando  l'art.
76 Cost., in uno con gli articoli 117, commi 3 e 4 e 118 Cost. 
    Peraltro una tale  opera  di  rivisitazione  involgente  numerose
competenze regionali (energia, trasporto, viabilita', et cetera e, in
generale, salute) avrebbe meritato un rilevante coinvolgimento  delle
autonomie territoriali, mediante la previsione di un'intesa  in  sede
di conferenza intergovernativa. Il che pare determinare  un'ulteriore
lesione del principio di leale collaborazione  di  cui  all'art.  120
Cost., in spregio alla necessita', recentemente messa in  rilievo  da
codesta Ecc.ma Corte (decisione n. 251 del 2016), che l'esercizio del
potere legislativo delegato avvenga sulla base di  un'intesa  con  il
sistema delle conferenze  intergovernativa,  ogniqualvolta  l'oggetto
dell'intervento legislativo involga strettamente  una  pluralita'  di
materie  di  competenza  esclusiva,  concorrente  e  residuale,  come
avviene nel caso di specie, ove la materia della tutela dell'ambiente
viene a incidere e a commistionarsi  con  numerosi  ambiti  materiali
affidati alla cura concorrente o esclusiva delle Regioni. 
    Vizio questo che non rimane, peraltro, confinato alla sola  legge
di delega, ma che riverbera i suoi effetti  sul  conseguente  decreto
legislativo, laddove il contenuto  di  questo  risulti  lesivo  delle
attribuzioni regionali oltreche' viziato da eccesso di  delega,  come
nel presente motivo di impugnazione dimostrato. 
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 21 del decreto legislativo
16 giugno 2017, n. 104 per violazione  degli  articoli  3,  97,  117,
comma  IV,  118  e  119  Cost.,  oltreche'  del  principio  di  leale
collaborazione di cui all'art. 120 Cost. 
    L'art. 21 del decreto legislativo  16  giugno  2017,  n.  104  ha
modificato l'art. 33 del decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.  152,
il quale nella vigente forma dispone che: «Le tariffe da applicare ai
proponenti, determinate sulla base del costo effettivo del  servizio,
per la copertura dei costi sopportati dall'autorita'  competente  per
l'organizzazione e lo svolgimento  delle  attivita'  istruttorie,  di
monitoraggio   e   controllo   delle   procedure   di   verifica   di
assoggettabilita' a VIA, di VIA e di VAS sono  definite  con  decreto
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,
di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.». 
    La disposizione in parola affida alla competenza esclusiva  degli
organi amministrativi dello Stato la determinazione delle tariffe  da
applicare al fine di remunerare i costi che le  autorita'  competenti
devono sostenere  per  organizzare  e  svolgere  il  procedimento  di
valutazione di impatto ambientale. 
    Non  e'  prevista  alcuna  forma   di   partecipazione,   neppure
consultiva, da parte  delle  autonomie  territoriali.  Cio'  potrebbe
sembrare legittimo e coerente ove il procedimento di  valutazione  di
impatto ambientale e la prodromica sua organizzazione  amministrativa
fossero  rigidamente   e   invariabilmente   definite   dal   decreto
legislativo n. 152/2006. 
    Sennonche' il novello art. 7-bis del menzionato decreto, al comma
8, consente alle Regioni e alle Province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano   di   disciplinare   con   proprie   leggi   o   regolamenti
l'organizzazione  e  le  modalita'  di   esercizio   delle   funzioni
amministrative  ad  esse  attribuite  in  materia  di  VIA,   nonche'
l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli
altri enti territoriali sub-regionali. 
    In particolare e' statuito che: «La potesta' normativa di cui  al
presente comma e' esercitata in conformita' alla legislazione europea
e nel rispetto di quanto previsto nel presente decreto,  fatto  salvo
il potere  di  stabilire  regole  particolari  ed  ulteriori  per  la
semplificazione   dei   procedimenti,   per   le   modalita'    della
consultazione  del  pubblico  e  di   tutti   i   soggetti   pubblici
potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti  e
delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la
destinazione alle finalita' di cui all'art. 29, comma 8, dei proventi
derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.
In ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi  di
cui agli articoli 19 e 27-bis.» 
    Tale potesta' normativa  conferisce  agli  enti  territoriali  la
possibilita' di  strutturare  il  sistema  organizzativo  sotteso  al
procedimento di valutazione di impatto ambientale in modo autonomo  e
diversificato rispetto a quanto avvenga a livello di  amministrazioni
statali, il che determina la necessita' che, nella definizione  delle
tariffe remuneratorie di cui all'impugnato art. 21,  si  debba  tener
conto di tali peculiarita'. 
    Da cio' discende la necessita' che,  nella  determinazione  delle
tariffe, ove si faccia riferimento ai procedimenti di valutazione  di
competenza regionale, si provveda, quanto  meno,  alla  consultazione
delle  Regioni,  di  modo  da  consentire  di   tener   conto   delle
peculiarita' afferenti a ciascun ente territoriale. 
    Tale  mancanza  inficia  la   legittimita'   della   disposizione
impugnata, che, pertanto,  risulta  lesiva  del  principio  di  leale
collaborazione di cui  all'art.  120  Cost.  oltreche'  palesare  una
evidente  irragionevolezza,  in  quanto  attribuisce  una  competenza
decisoria ad un soggetto, senza prevedere adeguati apporti istruttori
da parte delle altre autorita' competenti a disciplinare il  relativo
procedimento e i suoi aspetti organizzatori. 
    Irragionevolezza  che  ridonda  in  una  lesione   dell'autonomia
legislativa in materia di organizzazione amministrativa delle Regioni
(art. 117, comma 4,  Cost.),  dell'autonomia  amministrativa  di  cui
all'art.  118  Cost.,  nonche'  dell'autonomia  finanziaria  di   cui
all'art. 119 Cost.,  dal  momento  che  le  scelte  organizzatorie  e
finanziarie regionali in materia di procedimento  di  valutazione  di
impatto ambientale  saranno  condizionate  dalla  maggiore  o  minore
rimunerativita' delle tariffe stabilite unilateralmente dallo Stato. 
    Si puo' agevolmente immaginare che, ove tale rimunerativita'  non
sia tale da soddisfare la struttura organizzatoria  e  procedimentale
prevista a livello regionale, le Regioni  si  vedranno  costrette  ad
appiattirsi sul modello statale, salva la possibilita' di  recuperare
aliunde altre risorse. 
    Per  inciso  va,  pero',  obiettato  che  in  un   frangente   di
sistematici e rilevanti tagli alle  finanze  regionali,  cio'  appare
altamente inverosimile. 
    D'altronde, la tariffazione disposta  unilateralmente  a  livello
statale potrebbe  pur  anche,  per  converso,  risultare  esorbitante
rispetto alle esigenze delle Regioni in  grado  di  organizzarsi  con
maggiore snellezza ed efficienza rispetto  ai  modelli  organizzatori
statali. Il che si tradurrebbe in un inutile aggravio,  a  danno  dei
cittadini. 
    La  partecipazione  delle  Regioni  al  processo  decisionale  di
determinazione delle tariffe potrebbe percio'  ridurre  sensibilmente
tali rischi, in uno con il soddisfacimento del fondamentale canone di
leale collaborazione e del principio  di  buon  andamento  dell'agire
pubblico. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Regione del Veneto chiede che  l'ecc.ma  Corte  costituzionale
dichiari l'illegittimita' costituzionale degli articoli 3,  comma  1,
lettera g) e h); 5, comma 1; 21; 22, commi da 1 a  4;  26,  comma  1,
lett. a) del decreto legislativo 16  giugno  2017,  n.  104,  recante
«Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo  e  del
Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva  2011/92/UE,
concernente la valutazione  dell'impatto  ambientale  di  determinati
progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli  1  e  14  della
legge 9 luglio 2015, n. 114» pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  6
luglio 2017, n. 156, per violazione degli articoli 3,  76,  97,  114,
117, commi III e IV, 118 e 119  Cost.,  oltreche'  del  principio  di
leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. 
    Si depositano: 
        1) deliberazione della Giunta regionale del  Veneto  n.  1403
del  29  agosto  2017,  di  autorizzazione  a  proporre   ricorso   e
affidamento dell'incarico di patrocinio per la difesa regionale. 
          Venezia-Roma, 1° settembre 2017 
 
                        Avv.ti: Zanon - Manzi