N. 73 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 14 settembre 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria  il  14  settembre  2017  (della  Provincia  autonoma  di
Bolzano). 
 
Ambiente  -  Disposizioni  concernenti  la  valutazione  di   impatto
  ambientale di determinati progetti pubblici e privati -  Competenze
  in materia di VIA e  di  verifica  di  assoggettabilita'  a  VIA  -
  Modalita'  di  svolgimento  del   procedimento   di   verifica   di
  assoggettabilita' a VIA - Provvedimento unico in materia ambientale
  per i procedimenti di VIA di  competenza  statale  -  Provvedimento
  autorizzatorio unico regionale - Modifiche agli Allegati alla Parte
  seconda  del  decreto  legislativo  3  aprile  2006,   n.   152   -
  Disposizioni transitorie e finali - Modifiche alla legge  7  agosto
  1990, n. 241. 
- Decreto legislativo  16  giugno  2017,  n.  104  (Attuazione  della
  direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16
  aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE,  concernente  la
  valutazione  dell'impatto  ambientale   di   determinati   progetti
  pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14  della  legge  9
  luglio 2015, n. 114), artt. 5, comma 1; 8; 16, commi  1  e  2;  22,
  commi da 1 a 4; 23, commi 1 e 4; e 24. 
(GU n.45 del 8-11-2017 )
    Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano  (c.f.  e   p.i.
00390090215), in persona del suo presidente e  legale  rappresentante
pro  tempore,  Arno  Kompatscher,  rappresentata  e   difesa,   tanto
congiuntamente  quanto  disgiuntamente,  in  virtu'   della   procura
speciale Rep. n. 24740 del 22  agosto  2017,  rogata  dal  segretario
generale della giunta provinciale  dott.  Eros  Magnago,  nonche'  in
virtu' della deliberazione della giunta provinciale di autorizzazione
a stare in giudizio n. 880 del 22 agosto 2017,  dagli  avv.ti  Renate
von    Guggenberg    (c.f.    VNG     RNT     57L45     A952K     pec
renate.guggenberg@pec.prov.bz.it), Stephan Beikircher (c.f.  BKR  SPH
65  E10  B160H  -  pec  stephan.beikircher@pec.prov.bz.it),  Cristina
Bernardi     (c.f.     BRN     CST     64M47     D548L     -      pec
cristina.bernardi@pec.prov.bz.it) e Laura  Fadanelli  (c.f.  FDN  LRA
65H69 A952U - pec laura.fadanelli@pec.prov.bz.it),  di  Bolzano,  con
indirizzo  di   posta   elettronica   avvocatura@provincia.bz.it   ed
indirizzo       di        posta        elettronica        certificata
anwaltschaft.avvocatura@pec.prov.bz.it  e  n.  fax   0471/412099,   e
dall'avv. Michele Costa (c.f. CST MHL 38 C30  H501R),  di  Roma,  con
indirizzo di posta elettronica  costamicheleavv@tin.it  e  presso  lo
studio di quest'ultimo  in  Roma,  Via  Bassano  del  Grappa  n.  24,
elettivamente domiciliata (pec michelecosta@ordineavvocatiroma.org  e
n. fax 06/3729467); 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in  persona  del
Presidente del Consiglio in carica; 
    per  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  degli
articoli 5, comma l; 8; 16, commi l e 2; 22, commi l, 2, 3 e  4;  23,
commi l e 4; e 24 del decreto legislativo 16  giugno  2017,  n.  104,
recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo
e del Consiglio, del  16  aprile  2014,  che  modifica  la  direttiva
2011/92/UE, concernente la valutazione  dell''impatto  ambientale  di
determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli l  e
14 della legge 9 luglio 2015, n. 114». 
 
                                Fatto 
 
    Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica 6 luglio 2017, n.  156,
e' stato pubblicato il decreto legislativo 16 giugno  2017,  n.  104,
recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo
e del Consiglio, del  16  aprile  2014,  che  modifica  la  direttiva
2011192/UE, concernente la  valutazione  dell'impatto  ambientale  di
determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli l  e
14 della legge 9 luglio 2015, n. 114». 
    Con tale decreto legislativo viene  data  appunto  attuazione,  a
livello statale, alla nuova direttiva dell'Unione europea in  materia
di  valutazione  dell'impatto  ambientale   (direttiva   2014/52/UE),
apportando a tal fine diverse  modifiche  al  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale». 
    Tale decreto legislativo definisce quale  «autorita'  competente»
la pubblica amministrazione cui compete l'adozione del  provvedimento
di verifica di assoggettabilita' a valutazione d'impatto  ambientale,
l'elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di  piani
e programmi, e l'adozione dei provvedimenti di valutazione  d'impatto
ambientale  (VIA),  nel  caso  di   progetti   ovvero   il   rilascio
dell'Autorizzazione integrata ambientale (AIA)  o  del  provvedimento
comunque denominato che  autorizza  l'esercizio  (art.  2,  comma  l,
lettera i), che sostituisce la lettera p) del  comma  l  dell'art.  5
decreto legislativo n. 152/2006). 
    Per quanto riguarda la Valutazione ambientale strategica (VAS)  e
l'AIA, il decreto legislativo individua, rispettivamente, l'autorita'
competente in sede statale e quella competente in sede regionale, che
corrisponde alla pubblica  amministrazione  con  compiti  di  tutela,
protezione  e  valorizzazione  ambientale  individuata   secondo   le
disposizioni delle leggi delle regioni o delle Province  autonome  di
Trento e di Bolzano,  le  quali  disciplinano  con  proprie  leggi  e
regolamenti anche le proprie competenze nonche'  quelle  degli  altri
enti locali in materia di VAS e di AIA (art. 4, comma l, lettere  b),
c) e d), che modificano l'art. 7 decreto legislativo n. 152/2006). 
    Analogamente  per  quanto  attiene  la  VIA,  lo  stesso  decreto
legislativo determina l'autorita' competente in sede statale e quella
competente in sede regionale, che corrisponde  sempre  alla  pubblica
amministrazione con compiti di tutela,  protezione  e  valorizzazione
ambientale individuata secondo  le  disposizioni  delle  leggi  delle
regioni o delle province autonome, le quali disciplinano con  proprie
leggi e regolamenti l'organizzazione  e  le  modalita'  di  esercizio
delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia  di  VIA,
nonche' l'eventuale  conferimento  di  tali  funzioni  o  di  compiti
specifici agli altri enti territoriali sub-regionali (art.  5,  comma
l, che introduce il nuovo  art.  7-bis  nel  decreto  legislativo  n.
152/2006, in particolare commi 4, 5 e 8). 
    Inoltre,  il  decreto  legislativo  individua  nel  dettaglio   i
progetti  sottoposti  in  sede  statale  a  VIA  o  a   verifica   di
assoggettabilita' a VIA (Allegati II e II-bis alla parte seconda  del
decreto legislativo n. 152/2006, richiamati  nel  comma  2  dell'art.
7-bis del medesimo, come aggiunto dall'art.  5)  e  parallelamente  i
progetti  sottoposti  in  sede  regionale  a  VIA  o  a  verifica  di
assoggettabilita' a VIA (Allegati III e IV  alla  parte  seconda  del
decreto legislativo  n.  152/2006,  richiamati  invece  nel  comma  3
dell'art. 7-bis). 
    Secondo quanto previsto dal decreto legislativo in questione,  le
province  autonome,  al  pari  delle  regioni  a  statuto  ordinario,
nell'esercizio delle proprie potesta' legislative devono  conformarsi
alla legislazione  dell'Unione  europea  ed  al  rispetto  di  quanto
previsto nel decreto legislativo n. 152/2006, fatto salvo  il  potere
di  stabilire   regole   ulteriori   per   la   semplificazione   dei
procedimenti, per le modalita' di consultazione del pubblico e  degli
altri  soggetti  pubblici  interessati,  per  il  coordinamento   dei
provvedimenti di  competenza  regionale  e  locale,  nonche'  per  la
destinazione dei proventi  derivanti  dalle  sanzioni  amministrative
alle finalita' indicate dallo stesso decreto legislativo n.  152/2006
e ferma restando l'inderogabilita' dei termini procedimentali massimi
(comma 8  dell'art.  7-bis  decreto  legislativo  n.  152/2006,  come
aggiunto dall'art. 5). 
    Quindi,  secondo  quanto  previsto  dal  decreto  legislativo  in
questione, le potesta' normative (legislative e regolamentari)  delle
province autonome (cosi' come delle regioni) si limitano praticamente
al semplice adeguamento dei rispettivi ordinamenti entro  il  termine
perentorio di 120 giorni dall'entrata in vigore dello stesso decreto,
con la previsione che, decorso inutilmente detto termine, in  assenza
di disposizioni regionali o provinciali vigenti idonee allo scopo, si
applicano i poteri sostitutivi di cui  all'art.  117,  quinto  comma,
della Costituzione, secondo quanto previsto dagli articoli  41  e  43
della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (art. 23, comma 4). 
    Sennonche'   la   normativa   statale   prevede   e    disciplina
compiutamente anche il «provvedimento autorizzatorio unico regionale»
che congloba tutti gli atti di assenso  richiesti  (art.  27-bis,  in
particolare comma l, decreto legislativo n. 152/2006, come introdotto
dall'art. 16, comma 2),  sul  modello  del  «provvedimento  unico  in
materia ambientale» di  competenza  statale,  che  comprende  i  vari
titoli e provvedimenti ampliativi individuati dalla stessa  normativa
statale (art. 27, in particolare  comma  2,  decreto  legislativo  n.
152/2006, come sostituito dall'art. 16, comma 1). 
    Inoltre, anche con riferimento alla VIA di  competenza  regionale
il decreto legislativo in questione regola  l'acquisizione  di  tutti
gli atti necessari alla realizzazione del progetto sottoposto a  tale
VIA anche con la previsione di  un'apposita  Conferenza  di  servizi,
convocata in modalita' sincrona (art.  24,  che  modifica  l'art.  14
della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi»). 
    Con  particolare  riferimento  alle  funzioni  amministrative  di
competenza delle province autonome  (e  delle  regioni),  il  decreto
delegato  interviene  in  modo  ugualmente  puntuale,   onerando   le
autonomie territoriali del livello di governo regionale, ivi  incluse
espressamente  le   Province   autonome,   dei   seguenti   specifici
adempimenti: 
    a)  assicurare   che   le   procedure   (per   la   verifica   di
assoggettabilita' a VIA o per la VIA di competenza  regionale)  siano
svolte in conformita' agli articoli da  19  a  26  e  dagli  articoli
27-bis (quest'ultimo introdotto nel decreto legislativo  n.  152/2006
dal comma  2  dell'art.  16  e  il  quale  prevede  e  disciplina  il
provvedimento autorizzatorio unico regionale,  analogo  a  quello  di
competenza statale di cui all'art. 27, comma 2,  decreto  legislativo
n. 152/2006, come sostituito dal comma  l  dell'art.  16)  a  29  del
decreto legislativo n. 152/2006  (comma  7  dell'art.  7-bis  decreto
legislativo n. 152/2006, come introdotto dall'art. 5); 
    b) dal 31 dicembre 2017, e con  cadenza  biennale,  informare  il
Ministero dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare
circa i provvedimenti  adottati  e  i  procedimenti  di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA e di  VIA,  fornendo  i  dati  specificamente
richiesti dal decreto (comma 9 dell'art. 7-bis decreto legislativo n.
152/2006, come introdotto dall'art. 5); 
    c) assicurare che l'autorita'  competente  disponga  di  adeguate
competenze tecnico-scientifiche  o,  se  necessario,  si  avvalga  di
adeguate  figure  di  comprovata  professionalita',   competenza   ed
esperienza per l'attuazione delle norme statali in materia di  VAS  e
VIA (comma 7  dell'art.  8  decreto  legislativo  n.  152/2006,  come
sostituito dall'art. 6); 
    d)   verificare   l'ottemperanza   alle   condizioni   ambientali
prescritte nel provvedimento di verifica di assoggettabilita' a VIA o
nel provvedimento di VIA, in collaborazione con il  Ministero  per  i
profili di competenza, anche avvalendosi del Sistema nazionale a rete
per la protezione  dell'ambiente,  dell'Istituto  superiore  sanita',
ovvero di altri soggetti pubblici, nonche' dare adeguata informazione
del monitoraggio in questione attraverso il  sito  web  della  stessa
autorita' competente (art. 28 decreto legislativo n.  152/2006,  come
sostituito dall'art. 17, in particolare commi 2 e 8). 
    Con il decreto legislativo in questione viene altresi' modificato
sensibilmente il riparto delle competenze amministrative tra lo Stato
e le regioni in materia di VIA,  attribuendo  alla  competenza  dello
Stato  un  rilevante  numero  di  progetti  ed  interventi  che   nel
previgente regime  erano  invece  attribuiti  alla  competenza  delle
regioni (art. 22 e correlative abrogazioni apportate dall'art. 26). 
    Si evidenziano, a titolo di esempio  e  tra  quelli  di  maggiore
rilevanza  per  il  loro  impatto   sull'assetto   statutario   delle
competenze attribuite alle province autonome, che ora ricadono  negli
Allegati II e II-bis, quindi nell'ambito delle VIA o  delle  relative
verifiche di assoggettabilita' di competenza statale e  non  piu'  in
quello di competenza regionale: 
    impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e
acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW; 
    impianti eolici per la  produzione  di  energia  elettrica  sulla
terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW; 
    elettrodotti aerei per il  trasporto  di  energia  elettrica  con
tensione nominale superiore a 100kV  e  con  tracciato  di  lunghezza
superiore  a  10  km,  che  nella  normativa  previgente   ricadevano
nell'ambito di competenza statale solo se «facenti parte  della  rete
elettrica di trasmissione nazionale»; 
    stoccaggio di petrolio, prodotti chimici, prodotti petroliferi  e
prodotti petrolchimici con capacita' complessiva superiore  a  40.000
mc; 
    sotterraneo artificiale di gas combustibili in serbatoi  con  una
capacita' complessiva superiore a 80.000 mc; 
    strade extraurbane principali (definite dal Codice  della  strada
all'art. 2); rientravano nell'ambito di competenza statale, anche nel
testo previgente, le autostrade, nonche'  le  strade  riservate  alla
circolazione automobilistica  o  tratti  di  esse,  accessibili  solo
attraverso svincoli o intersezioni controllate  e  sulle  quali  sono
vietati tra l'altro l'arresto e la sosta di autoveicoli e le strade a
quattro o piu' corsie o raddrizzamento  e/o  allargamento  di  strade
esistenti a due corsie al massimo  per  renderle  a  quattro  o  piu'
corsie, sempre che la nuova strada o il tratto di strada  raddrizzato
e/o allargato abbia una lunghezza ininterrotta di almeno 10 km; 
    porti con funzione turistica e  da  diporto  quando  lo  specchio
d'acqua e' superiore a  10  ettari  o  le  aree  esterne  interessate
superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai  500
metri; 
    tutti gli impianti per la cattura di flussi di  CO2,  provenienti
anche da impianti che nel testo previgente rientravano  nell'Allegato
III e quindi nell'ambito di competenza regionale; 
    impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e
acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW; 
    installazioni  di  oleodotti  e  gasdotti  e  condutture  per  il
trasporto di  flussi  di  CO2  ai  fini  dello  stoccaggio  geologico
superiori a 20 km; 
    elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia  elettrica
con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza
superiore a 3 km; 
    interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali; 
    porti (non turistici) e impianti portuali marittimi,  fluviali  e
lacuali, compresi i porti con funzione peschereccia, vie navigabili; 
    strade extraurbane secondarie (definite dal Codice  della  strada
all'art. 2) «di interesse nazionale» (in precedenza, invece, tutte le
strade extraurbane secondarie erano soggette a screening regionale  e
pertanto  resterebbero   alla   competenza   regionale   quelle   non
qualificabili  di  «interesse  nazionale»,   non   individuabili   in
concreto,  in  mancanza  di  un  criterio  per  l'individuazione  del
predetto carattere «di interesse nazionale», ovvero tutte  le  strade
extraurbane  secondarie  potrebbero  essere  ritenute  di  «interesse
nazionale»); 
    acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km; 
    aeroporti (progetti non compresi nell'Allegato II); 
    porti con funzione turistica e da  diporto,  quando  lo  specchio
d'acqua  e'  inferiore  o  uguale  a  10  ettari,  le  aree   esterne
interessate non superano i 5  ettari  e  i  moli  sono  di  lunghezza
inferiore o uguale a 500 metri; 
    modifiche o estensioni di progetti di  cui  agli  allegati  II  e
II-bis gia' autorizzati, realizzati o in fase di  realizzazione,  che
possono avere notevoli impatti ambientali significativi e negativi. 
    Come emerge dal quadro complessivo  appena  descritto,  la  nuova
normativa statale muta profondamente il riparto delle competenze  tra
lo Stato e le province autonome (oltre che tra lo Stato e le  regioni
in genere), variazione che non trova nessun aggancio nei  principi  e
criteri  direttivi  fissati  nella  legge  delega,   con   violazione
dell'art. 76 della Costituzione, e viene ad  incidere  ampiamente  in
ambiti di materia che in forza dello Statuto  speciale  di  autonomia
per il Trentino-Alto Adige/Südtirol (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e
delle relative norme di  attuazione,  anche  alla  luce  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, sono attribuiti  alla  potesta'
legislativa, nonche' alla corrispondente  potesta'  regolamentare  ed
amministrativa delle province autonome, che da tempo sono state anche
effettivamente  esercitate,  dando  forma  ad  un  corposo   impianto
normativo ed organizzativo, oltre a contrastare con gli  articoli  3,
in combinato disposto con l'art. 97, 76, 117, primo,  terzo,  quarto,
quinto e  sesto  comma,  118  e  120  della  Costituzione,  anche  in
combinato disposto  con  l'art.  10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3, nonche' con i  principi  della  proporzionalita',
della ragionevolezza e della leale collaborazione. 
    Quindi la Provincia autonoma di Bolzano impugna  le  disposizioni
indicate in epigrafe per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
Violazione dell'art. 8 (in particolare n. 1), n. 3), n. 5), n. 6), n.
11), n. 13), n. 16), n. 17), n.  18),  n.  20),  n.  21)  e  n.  24),
dell'art. 9 (in particolare n. 3), n. 9) e  n.  10)  e  dell'art.  16
dello  Statuto   speciale   di   autonomia   per   il   Trentino-Alto
Adige/Südtirol (d.P.R. 31 agosto 1972,  n.  670),  e  delle  relative
norme  di  attuazione,  tra  cui  il  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 19 novembre 1987, n. 526 (in particolare articoli 7 e  8),
ed il decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974,  n.  381
(in particolare art. 19-bis), anche in combinato disposto con  l'art.
10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; violazione degli
articoli 2 e 4  del  decreto  legislativo  16  marzo  1992,  n.  266;
violazione  dell'art.  3,  in  combinato  disposto  con  l'art.   97,
dell'art. 76, dell'art. 117, primo, terzo,  quarto,  quinto  e  sesto
comma, dell'art. 118 e dell'art. 120 della  Costituzione;  violazione
dell'art. 10 della  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3;
violazione dei principi della proporzionalita', della  ragionevolezza
e della leale collaborazione. 
    Innanzitutto il decreto  legislativo  in  questione  deve  essere
censurato per eccesso di delega legislativa, in violazione  dell'art.
76 della Costituzione, per tardivita' dell'esercizio della stessa  da
parte  del  Governo,  posto  anche  l'obbligo  di   dare   tempestiva
attuazione alle direttive UE di cui all'art. 29, comma l, della legge
24  dicembre  2012,   n.   234,   recante   «Norme   generali   sulla
partecipazione dell'Italia alla  formazione  e  all'attuazione  della
normativa e delle politiche dell'Unione europea». 
    In forza dell'articolo l, comma 2, della legge 9 luglio 2015,  n.
114, recante «Delega al Governo per il  recepimento  delle  direttive
europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea -  Legge  di
delegazione europea 2014», il termine finale assegnato al Governo per
l'esercizio della delega era il  16  gennaio  2017.  Sennonche'  tale
termine non e' stato rispettato,  essendo  il  decreto  in  questione
stato emanato appena in data 16 giugno 2017. 
    Infatti, la norma appena citata della legge delega prevede che il
termine  per  l'esercizio  della  delega  e'  individuato  «ai  sensi
dell'art. 31, comma  l,  della  legge  24  dicembre  2012,  n.  234»,
operando un rinvio  a  tale  fonte  e  recependone  in  tal  modo  le
successive modifiche. 
    E tale ultima norma, come modificata dalla lettera b) del comma 1
dell'art. 29 della legge 29 luglio 2015, n. 115, cosi'  dispone:  «In
relazione  alle  deleghe  legislative  conferite  con  la  legge   di
delegazione europea per il recepimento delle  direttive,  il  Governo
adotta i  decreti  legislativi  entro  il  termine  di  quattro  mesi
antecedenti a  quello  di  recepimento  indicato  in  ciascuna  delle
direttive; per le direttive il cui termine cosi' determinato sia gia'
scaduto alla data di entrata in vigore  della  legge  di  delegazione
europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il  Governo  adotta  i
decreti legislativi di recepimento  entro  tre  mesi  dalla  data  di
entrata in vigore della medesima legge;  per  le  direttive  che  non
prevedono un termine di recepimento, il  Governo  adotta  i  relativi
decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore
della legge di delegazione europea». 
    Quindi, dal momento  che  nel  caso  di  specie  l'art.  2  della
direttiva 2014/52/UE, al paragrafo l, dispone che il recepimento deve
avvenire entro il 16 maggio 2017,  risulta  evidente  che  la  delega
legislativa e' stata esercitata tardivamente. 
    Ad ogni buon fine va evidenziato che, secondo  giurisprudenza  di
codesta ecc.ma Corte, i rinvii contenuti nelle  leggi  devono  essere
interpretati con la presunzione di un rinvio mobile, anziche'  fisso,
per  cui  un'eventuale  scelta  del  rinvio  ricettizio  deve  essere
«espressa oppure sia desumibile da elementi  univoci  e  concludenti»
(sent. n. 258/2014), circostanza questa non ricorrente  nel  caso  di
specie. 
    Ne consegue che e' del tutto irrilevante la circostanza che, dopo
la  prima  adozione  del  provvedimento  legislativo,   assunta   dal
Consiglio dei ministri nella seduta del 10 marzo 2017, nelle note del
16 marzo 2017, con cui lo schema del  decreto  legislativo  e'  stato
trasmesso rispettivamente alla Conferenza  Stato-regioni  nonche'  al
Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati per l'espressione
dei  rispettivi  pareri,  sia  stato  indicato   come   termine   per
l'esercizio della delega il 16 marzo 2017, sulla  considerazione  che
la legge delega, mediante rinvio al testo  originario  dell'art.  31,
comma l, della  legge  n.  234/2012,  prevedeva  per  il  termine  di
scadenza, due mesi antecedenti il termine  fissato  dalla  direttiva,
anziche' quattro mesi. Comunque, l'articolo  l,  comma  2,  legge  n.
114/2015 rinvia solo ed esclusivamente al comma l dell'art. 31  legge
n. 234/2012. 
    Indubbiamente le previsioni contenute nel decreto legislativo qui
impugnato - in assenza di una chiara  «cedevolezza»  della  normativa
statale, in violazione dell'art. 41 della legge n. 234/2012  -  hanno
ripercussioni  sulla  legislazione  gia'  vigente   della   Provincia
autonoma di Bolzano nelle materie di sua competenza di cui  si  dira'
piu' avanti e, quindi, in ultima analisi, incidono  sulla  disciplina
di rango costituzionale e statutario del riparto delle competenze tra
lo Stato e le province autonome, con la conseguenza  che,  alla  luce
della costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, e'  consentito
alla provincia autonoma ricorrente sollevare il vizio di  eccesso  di
delega legislativa, che esula dalla disciplina del riparto. 
    Il  decreto  legislativo  in  questione  viola  l'art.  76  della
Costituzione, anche per il mancato rispetto dei  principi  e  criteri
stabiliti nella legge di delega, sotto un duplice profilo. 
    Innanzitutto non  vengono  rispettati  ne'  i  principi  generali
dettati dalla delega di funzione legislativa per  l'attuazione  delle
direttive UE, tra cui, principalmente,  il  divieto  di  aggravare  i
livelli di regolazione  rispetto  a  quelli  minimi  richiesti  dalle
direttive (art. 32, comma l, lettera c), legge n.  234/2012),  ne'  i
principi  specifici  indicati   nella   delega   che   autorizza   il
provvedimento stesso (art. 14, legge n.  114/2015)  che,  in  estrema
sintesi,  si  possono  essenzialmente  ricondurre  ai   concetti   di
semplificazione e  coordinamento  con  altre  procedure  del  settore
dell'ambiente, nonche' miglioramento della qualita' del  procedimento
(smart  regulation,  tradotta   espressamente   nella   delega   come
«regolamentazione  intelligente»)  ed  in  ultima  analisi,  maggiore
efficienza, pur avendo la legge  delega  la  preminenza  sul  decreto
legislativo delegato (cfr., tra le piu'  risalenti,  la  sentenza  n.
34/1960). 
    Nella  specie,  le  norme  del   decreto   legislativo   spostano
pressoche' in blocco le competenze dalle regioni allo Stato (art. 22,
se si deve intendere come riferito  anche  alle  province  autonome),
modificando  notevolmente  il  riparto  delle  rispettive  competenze
vigente m precedenza nell'ordinamento interno, andando ben oltre  non
solo  ai  predetti  principi  della  delega,  ma  anche  alla  stessa
direttiva  2014/52/UE  (vedasi  i  Considerando  in  premessa   della
medesima), che certamente non puo' disporre nell'ordinamento  interno
degli Stati membri un simile spostamento di competenze e, in realta',
nemmeno lo impone, i cui principi e criteri  costituiscono  parametro
interposto rispetto all'art. 76 della Costituzione. 
    A riguardo rileva anche la lettera g) del comma  l  dell'art.  32
della legge n. 234/2012, ai sensi della quale «quando si  verifichino
sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o  comunque
siano coinvolte le competenze  di  piu'  amministrazioni  statali,  i
decreti legislativi individuano, attraverso le piu'  opportune  forme
di  coordinamento,  rispettando   i   principi   di   sussidiarieta',
differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le  competenze
delle regioni e degli  altri  enti  territoriali,  le  procedure  per
salvaguardare l'unitarieta' dei processi decisionali, la trasparenza,
la celerita', l'efficacia e l'economicita' nell'azione amministrativa
e la chiara individuazione dei soggetti responsabili». 
    Sennonche' nel procedimento di adozione del  decreto  legislativo
non e' stato rispettato il principio di leale collaborazione, ove  si
consideri che il Governo non si e'  adeguato  ai  rilievi  e  non  ha
cercato un'intesa, benche' vi fosse tenuto  in  forza  dell'intreccio
delle materie, di rispettiva competenza, dello Stato e delle province
autonome, anche  alla  luce  della  piu'  recente  giurisprudenza  di
codesta ecc.ma Corte, che subordina alle intese l'esercizio da  parte
del Governo della funzione legislativa delegata, a  differenza  della
funzione legislativa  in  senso  proprio  esercitata  dal  Parlamento
(sent. n. 251/2016). 
    Non e' nemmeno stato rispettato il principio  di  sussidiarieta',
con  conseguente  violazione  dell'art.  118,  primo   comma,   della
Costituzione, come sono state violate le regole che  disciplinano  la
chiamata in sussidiarieta'. 
    Fatto e' che, come gia' accennato,  la  nuova  normativa  statale
viene ad incidere ampiamente in ambiti di  materia  che  per  Statuto
speciale  di  autonomia  per  il  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  sono
attribuiti alla potesta'  legislativa,  nonche'  alla  corrispondente
potesta' regolamentare ed amministrativa delle province autonome, che
da tempo sono state anche effettivamente esercitate. 
    Lo  Statuto  speciale  di  autonomia  attribuisce  alle  Province
autonome in via esclusiva la potesta' legislativa  e  la  correlativa
potesta' amministrativa (art. 16), in un'ampia gamma di materie quali
«tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare»
(art. 8, n. 3), «urbanistica e piani  regolatori»  (art.  8,  n.  5),
«tutela del paesaggio» (art. 8, n. 6), «porti lacuali»  (art.  8,  n.
11), «opere  di  prevenzione  e  di  pronto  soccorso  per  calamita'
naturali» ed in altri termini, «protezione civile» (art. 8,  n.  13),
«alpicoltura e parchi per la protezione della flora  e  della  fauna»
(art. 8,  n.  16),  «viabilita',  acquedotti  e  lavori  pubblici  di
interesse provinciale» (art. 8, n. 17), «comunicazioni e trasporti di
interesse  provinciale»  (art.  8,  n.  18),  «turismo  e   industria
alberghiera»  (art.  8,  n.  20),  «agricoltura,  foreste   e   corpo
forestale» (art. 8, n. 21), «artigianato»  (art.  8,  n.  9),  «opere
idrauliche» (art. 8,  n.  24)  e  «commercio»  (art.  9,  n.  3),  in
combinato disposto con l'art. 117 Cost. e con l'art. 10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), nonche', in  via  concorrente,
nella materia della «igiene e sanita'» (art. 9, n. 10), riqualificata
come piu' ampia «tutela della salute» (art. 117, terzo comma,  Cost.,
in combinato disposto con l'art. 10 legge  cost.  n.  3/2001),  nella
nozione data dalla giurisprudenza  costituzionale  (a  partire  dalla
sentenza n. 181/2006) e, infine, nella materia  della  «utilizzazione
delle acque pubbliche» (art. 9, n.  9).  E  anche  nelle  materie  di
competenza legislativa concorrente le province autonome esercitano le
correlate potesta' amministrativa (sempre art. 16). 
    Anche sul piano organizzativo, e dunque  in  ambito  comune  alle
varie materie predette, alle province autonome competono per  Statuto
la  funzione  normativa  e  quella  amministrativa  in   materia   di
«ordinamento degli uffici e del personale» (art. 8, n. l, e art. 16),
nell'esercizio della quale sono  disciplinati  anche  i  procedimenti
amministrativi, in modo organico nonche' con particolare  riferimento
alle singole materie sopra indicate. 
    L'assegnazione delle  predette  potesta'  statutarie  e'  attuata
dalle rispettive norme  di  attuazione  statutaria  nelle  specifiche
materie di competenza. 
    A riguardo assume particolare rilevanza il decreto del Presidente
della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381, recante «Norme di  attuazione
dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in  materia
di urbanistica ed opere  pubbliche»,  che  trasferisce  e  delega  le
funzioni  dello  Stato  in  materia  di  utilizzazione  delle   acque
pubbliche, di opere idrauliche, di  opere  di  prevenzione  e  pronto
soccorso per calamita'  pubbliche,  di  viabilita',  compresa  quella
stradale  dello  Stato,  acquedotti  e  lavori  pubblici,  il  quale,
all'art. 19-bis, inserito dall'art.  8  del  decreto  legislativo  11
novembre 1999, n. 463, dispone  che  «Ai  fini  dell'esercizio  delle
funzioni delegate con il presente decreto le province di Trento e  di
Bolzano,  per  il  rispettivo  territorio,  applicano  la   normativa
provinciale  in  materia   di   organizzazione   degli   uffici,   di
contabilita', di attivita' contrattuale,  di  lavori  pubblici  e  di
valutazione di impatto ambientale». 
    Ora e' evidente che se con tale norma, di  rango  parastatutario,
viene riconosciuta espressamente alle province autonome la competenza
in materia di valutazione di  impatto  ambientale  nell'esercizio  di
funzioni delegate, a maggior ragione le stesse sono titolari di  tale
competenza nelle materie proprie. 
    Inoltre, gia' secondo la normativa di attuazione  statutaria  del
1987 (d.P.R. 19 novembre 1987, n.  526)  alle  province  autonome  e'
attribuito il  potere  di  dare  diretta  attuazione  alle  direttive
europee nelle materie di competenza esclusiva delle medesime, che  e'
stato esteso nel 1989 anche alle materie di  competenza  concorrente,
dapprima per effetto di una legge ordinaria (art. 9,  commi  l  e  2,
legge  9  marzo  1989,  n.  86,   recante   «Norme   generali   sulla
partecipazione dell'Italia al processo normativa comunitario e  sulle
procedure di esecuzione degli obblighi comunitari»), e, in seguito, a
partire dal 2001, sulla base di norme  di  rango  costituzionale  che
hanno codificato tale potere delle regioni e delle province  autonome
a livello di principio e di norma fondamentale dell'ordinamento della
Repubblica (art. 117, quinto  comma,  Cost.,  come  modificato  dalla
legge cost. n. 3/2001). 
    Peraltro, il potere  delle  province  autonome  di  dare  diretta
attuazione,  nelle  materie  di  competenza,  alle  direttive  UE  e'
riconosciuto espressamente anche  nell'ordinamento  interno  vigente,
che tiene ferme le previsioni statutarie e di  attuazione  statutaria
(art.  59  legge  n.  234/2012),  oltre  che   dalla   giurisprudenza
costituzionale, afferente anche in particolare tematiche attinenti la
protezione dell'ambiente (ad es. per la materia «parchi», sentenza n.
104/2008, che richiama sul punto anche la sentenza n. 425/1999  e  la
sentenza n. 378/2007). 
    E' assodato che il sistema normativa  ed  organizzativo,  fondato
sullo Statuto speciale, continua ad operare  anche  a  seguito  della
riforma della Costituzione del 2001, dato che la suddetta riforma non
restringe la sfera di autonomia gia' spettante alle province autonome
per Statuto, ma puo' solo eventualmente ampliarla. 
    Infatti, l'articolo 10 della legge cost. n. 3/2001, n. 3, con  la
quale - come noto - sono state apportate modifiche al titolo V  della
parte seconda della Costituzione, dispone che le disposizioni in essa
contenute si applicano anche alle regioni a statuto speciale ed  alle
Province autonome di Trento e di Bolzano per le  sole  parti  in  cui
prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto  a  quelle  ad  esse
gia' attribuite. 
    Cio' e' stato riconosciuto anche da  codesta  ecc.ma  Corte,  tra
l'altro con riferimento al servizio idrico ed alle  relative  tariffe
(sent. n. 357/2010;  da  ultimo  sentenza  n.  51/2016  e  precedenti
richiamati). 
    Ancora con sentenza n.  279/2005  codesta  ecc.ma  Corte  ebbe  a
stabilire: «... l'articolo 10 della legge  cost.  n.  3  del  2001  -
secondo  cui  "sino  all'adeguamento  dei  rispettivi   statuti,   le
disposizioni della presente legge costituzionale si  applicano  anche
alle regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e
di Bolzano per le parti in cui  prevedono  forme  di  autonomia  piu'
ampie rispetto a quelle  gia'  attribuite"  -  e'  ...  tale  da  non
lasciare   alcun   dubbio   circa   la   volonta'   del   legislatore
costituzionale di estendere in via diretta  alle  regioni  a  statuto
speciale le maggiori autonomie riconosciute alle  regioni  a  statuto
ordinario, senza alcuna limitazione quanto alle forme di tutela.» 
    E nella sentenza n. 51/2016 codesta ecc.ma Corte ha ulteriormente
affermato che il sistema di attribuzioni  provinciali  nell'esercizio
delle  quali  la  Provincia  ha  da   tempo   delineato   il   quadro
organizzatorio del servizio  idrico  integrato  provinciale  «non  e'
stato sostituito dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di
tutela della concorrenza e di tutela dell'ambiente», a seguito  della
riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione. 
    Analogamente,  per  quanto  riguarda  la  disciplina  del  potere
sostitutivo statale, non vi  possono  essere  nell'ordinamento  della
Repubblica disposizioni, specie se di legge  ordinaria,  che  possano
essere   intese   in   senso   peggiorativo   rispetto    all'assetto
costituzionale e statutario gia' vigenti,  secondo  quanto  affermato
anche nella giurisprudenza costituzionale successiva alla riforma del
2001. 
    In particolare, codesta ecc.ma Corte ha avuto  modo  di  chiarire
che, a seguito della  citata  riforma  costituzionale,  solo  per  le
materie di nuova acquisizione da parte delle  Province  autonome  (ai
sensi dell'art. 10 legge cost. n. 3/2001, attuato dall'art. 11  legge
5 giugno 2003, n. 131), la disciplina del potere sostitutivo  statale
e' demandata a nuova normativa di attuazione statutaria,  mentre  per
le materie  gia'  attribuite  dallo  Statuto  speciale  di  autonomia
rimangono ferme e prevalenti le vigenti norme di attuazione e  dunque
anche l'art.  8  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
526/1987, salvo il processo di adeguamento dello Statuto  speciale  e
delle norme di attuazione vigenti (sent. n. 236/2004). 
    Vi sono poi specifiche norme di  attuazione  statutaria  (art.  2
decreto  legislativo  16  marzo  1992,  n.  266,  recante  «Norme  di
attuazione  dello  statuto  speciale  per  il   Trentino-Alto   Adige
concernenti  il  rapporto  tra  atti  legislativi  statali  e   leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento»),  che  prevedono  che  la  legislazione  regionale  e
provinciale deve essere  adeguata  unicamente  ai  principi  e  norme
costituenti limiti indicati  dagli  articoli  4  e  5  dello  Statuto
speciale di autonomia e recati da atto legislativo dello Stato  entro
i sei mesi successivi alla  pubblicazione  dell'atto  medesimo  nella
Gazzetta Ufficiale o nel piu' ampio termine da esso stabilito e  che,
nel  frattempo,  restano  applicabili  le  disposizioni   legislative
regionali e provinciali preesistenti. 
    In merito a tale norma, codesta ecc.ma Corte, con la sentenza  n.
380/1997, si e' cosi' espressa: 
        «L'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del  1992,  dettando
la disciplina sopra richiamata in ordine ai rapporti fra legislazione
statale e legislazione provinciale, vieta al  legislatore  statale  -
salvo che negli ambiti in cui il comma 4 del medesimo art. 2 fa salva
l'immediata applicabilita' delle leggi statali (leggi costituzionali,
e atti legislativi nelle materie in cui alla Provincia e'  attribuita
delega di funzioni statali o potesta' legislativa integrativa)  -  di
attribuire alle norme da esso dettate  nelle  materie  di  competenza
provinciale immediata e diretta applicabilita', prevalente su  quella
della legislazione provinciale  preesistente,  nel  territorio  delle
province autonome. 
    Le norme di attuazione garantiscono in tal  modo  alla  Provincia
uno spazio temporale  per  procedere  all'adeguamento  della  propria
legislazione ai vincoli che, in forza dello statuto, discendano dalle
nuove leggi statali, ed escludono che in pendenza di tale adeguamento
(...) l'applicabilita' delle norme di fonte  statale  si  sostituisca
automaticamente a quella delle norme provinciali. Da  cio'  anche  la
previsione della possibilita' per il Governo nazionale di  impugnare,
entro un ulteriore termine decorrente dalla scadenza  di  quello  per
l'adeguamento, la legislazione provinciale che non sia stata adeguata
ai nuovi vincoli (...). 
    Questo sistema comporta che una legge statale, dettata in materia
di competenza provinciale, in ambito diverso da quelli  previsti  dal
comma 4 del  predetto  art.  2,  la  quale  pretenda  di  far  valere
immediatamente  e  direttamente  la  propria  efficacia   anche   nel
territorio delle province  autonome,  prevalendo  sulla  legislazione
provinciale previgente, debba ritenersi illegittima,  per  violazione
della norma di  attuazione  statutaria  non  derogabile  dalla  legge
ordinaria dello Stato (sentenze nn. 38 e 40 del 1992; n. 69 del 1995)
- nella parte in cui viene ad essa attribuita tale efficacia. 
    Resta tuttavia fermo  che  la  legge  statale  sopravvenuta,  nei
limiti in cui contenga nuovi principi o nuove  norme  vincolanti,  in
forza dello  statuto,  nei  confronti  del  legislatore  provinciale,
obbliga quest'ultimo a procedere al relativo  adeguamento,  entro  il
termine stabilito; e che il mancato adeguamento  entro  tale  termine
da'  luogo  alla  sopravvenuta  illegittimita'  costituzionale  della
legislazione provinciale non adeguata, suscettibile di  essere  fatta
valere, oltre che - in ogni tempo - in via  incidentale  nei  giudizi
nei  quali  essa  sia  destinata  a  trovare  applicazione,  in   via
principale su ricorso del Governo nazionale, ai  sensi  dell'art.  97
dello statuto speciale e dell'art.  2,  commi  2  e  3,  del  decreto
legislativo n. 266 del 1992.» 
    Ne consegue che la norma di cui  al  comma  4  dell'art.  23  del
decreto legislativo n. 104/2017, ai sensi della  quale  I'adeguamento
deve avvenire entro il termine perentorio di 120 giorni  dall'entrata
in vigore del decreto stesso, cozza contro tale norma  di  attuazione
statutaria ed e', quindi, in ogni caso illegittima. 
    Nell'esercizio effettivo  delle  potesta'  statutarie  attribuite
alla  Provincia  autonoma  di  Bolzano  nelle  varie  materie   sopra
individuate, essa ha provveduto a disciplinare con  proprie  leggi  e
regolamenti anche la valutazione d'impatto  ambientale  (legge  della
Provincia  autonoma  di  Bolzano  5  aprile  2007,  n.   2,   recante
«Valutazione  ambientale  per  piani  e   progetti»,   e   successive
modifiche; decreto del Presidente della Giunta provinciale  26  marzo
1999,  n.  15,  recante  «Regolamento   relativo   alla   valutazione
dell'impatto  ambientale»,  e  successive  modifiche;   decreto   del
Presidente della Provincia 7 agosto 2002, n.  27,  recante  «Modifica
dell'allegato 2  della  legge  provinciale  24  luglio  1998,  n.  7,
«Valutazione dell'impatto ambientale», e successive modifiche). 
    Inoltre, attualmente e' in trattazione del Consiglio  provinciale
di Bolzano il disegno di  legge  provinciale  n.  135/17-XV,  recante
«Valutazione ambientale per piani e progetti»,  che  si  prefigge  di
dare puntuale recepimento e attuazione: 
    a) della  direttiva  2001/42/CE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, del 27  giugno  2001,  concernente  la  valutazione  degli
effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente; 
    b) della  direttiva  2011/92/UE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio  del  13   dicembre   2011   concernente   la   valutazione
dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, e
successive modifiche; 
    c) della  direttiva  2010/75/UE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del 24 novembre 2010 relativa  alle  emissioni  industriali
(prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento); 
    d) della Parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.
152, e successive modifiche. 
    E', pertanto, evidente che la disciplina statale in questione  e'
lesiva dell'assetto statutario delle province autonome per le materie
di loro competenza,  dal  momento  che  costituisce  esercizio  della
funzione legislativa da parte dello Stato in  materie  di  competenza
delle province autonome. Cio' anche perche' non  prevede  un'adeguata
formula di «cedevolezza», contrariamente a quanto  prescritto  per  i
provvedimenti  sostitutivi,  che  devono  contenere  in   ogni   caso
l'esplicita indicazione del carattere  cedevole  (art.  41  legge  n.
234/2012, in combinato disposto con l'art. 40, in  particolare  comma
3, della stessa legge), anche  in  linea  con  le  statuizioni  della
giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, ma si limita  ad  operare  un
blando rinvio al predetto art. 41, in relazione ai poteri sostitutivi
dello Stato (in particolare, art. 23, comma 4). 
    Le previsioni ivi contenute, specie  in  assenza  di  una  chiara
«cedevolezza»  della  norma  statale,   hanno   ripercussioni   sulla
legislazione gia'  vigente  della  provincia  nelle  materie  di  sua
competenza e, quindi, in ultima analisi, incidono sulla disciplina di
rango costituzionale e statutario del riparto delle competenze tra lo
Stato e provincia. 
    Nelle materie di competenza delle province autonome, accanto alla
prescritta  natura  cedevole  delle  norme  statali,  la  continuita'
dell'ordinamento  e  l'ultrattivita'  delle  norme  della   provincia
autonoma vigenti sono assicurate dalla peculiare forma di garanzia di
rango  parastatutario  e  comunque  sovraordinato  alla  legislazione
ordinaria, qual e' il gia' citato art. 2 del decreto  legislativo  n.
266/1992. Pertanto, il  decreto  legislativo  in  questione  nel  suo
complesso e' anche in aperto contrasto con tale fonte normativa,  cui
codesta  ecc.ma  Corte  ha  riconosciuto  costantemente   valore   di
parametro costituzionale nel giudizio in  via  principale  (sent.  n.
191/2017, sentenza n. 380/1997 e sentenza n. 356/1994). 
    Quindi, la sopravvenuta normativa statale  non  puo'  determinare
l'abrogazione, neppure tacitamente in via di fatto, decorso un  certo
termine, della preesistente normativa della Provincia autonoma (Corte
cost., sentenza n. 198/2004 e sentenza n. 237/2009), ma  deve  essere
eventualmente impugnata davanti a codesta ecc.ma Corte (art. 2, comma
2, decreto legislativo n. 266/1992), mentre, secondo il provvedimento
in questione,  la  «inidoneita'»  di  disposizioni  previgenti  della
provincia autonoma, in ipotesi, legittimerebbe tout court l'esercizio
dei poteri sostitutivi statali (art. 23, comma  4),  con  conseguente
abrogazione delle norme preesistenti. 
    Nel raffronto con la direttiva 2014/52/UE, il decreto legislativo
in questione viola altresi' il principio di legalita' in relazione ai
vincoli derivanti dall'Unione europea (art. 117, primo comma, Cost.),
quale possibile  parametro  interposto,  anche  tenendo  conto  della
pronuncia costituzionale che ha elaborato come parametro del giudizio
tale principio, relativamente ad  un  regolamento  di  attuazione  di
norma europea, in quanto anche un  decreto  legislativo  e'  un  atto
governativo ed incontra  i  limiti  imposti  dalla  legge,  in  senso
formale, come atto  parlamentare  che  lo  autorizza,  nonche'  dalla
direttiva che attua; secondo la predetta decisione, il  provvedimento
di natura secondaria non puo' legittimamente vincolare  le  autonomie
territoriali al di la' di quanto discende  dagli  obblighi  derivanti
dall'ordinamento  dell'Unione   europea,   quindi   le   disposizioni
subordinate sono legittime solo se sono effettivamente corrispondenti
alla direttiva (Corte cost., sentenza n. 425/1999). 
    Inoltre non  e'  giustificato,  con  conseguente  violazione  del
principio di ragionevolezza e, quindi, violazione degli articoli 3  e
97 della  Costituzione  (Corte  cost.,  sentenza  n.  175/2005),  uno
spostamento cosi' massiccio di competenze dalle  regioni  allo  Stato
nell'ordinamento interno,  in  funzione  di  un  miglioramento  della
qualita' del procedimento, della  semplificazione  e  della  maggiore
efficienza. Non e' comprensibile e, quindi, non  risulta  ragionevole
che una gestione accentrata ed unitaria a livello statale sia o possa
essere  piu'  efficiente  di  una   decentrata   sul   territorio   e
diversificata  nelle   varie   autonomie   territoriali.   Anche   la
prospettata violazione  del  principio  di  ragionevolezza  viene  ad
incidere sulla preesistente normativa di attuazione di  direttive  UE
adottata dalla ricorrente  Provincia  autonoma,  di  cui  il  decreto
legislativo n. 266/1992  garantisce  la  continuita'  e,  quindi,  si
riflette sulla disciplina statutaria  e  costituzionale  del  riparto
delle competenze tra lo Stato e le province autonome. 
    E in ultimo, ma  non  per  importanza,  le  norme  di  attuazione
statutaria escludono in via generale che la legge possa attribuire ad
organi statali l'esercizio di funzioni amministrative  nelle  materie
di competenza statutaria (art. 4 decreto legislativo n. 266/1992). 
    Alla luce di quanto sin qui esposto e tenuto conto dei  parametri
di costituzionalita' individuati ed evocati, sono  costituzionalmente
illegittime le  seguenti  disposizioni  del  decreto  legislativo  16
giugno 2017, n. 104: 
    art. 5, comma l, se ed in quanto riferito alle province autonome,
nelle parti in cui introduce i commi 2, 3, 7, 8 e 9  dell'art.  7-bis
nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; 
    art. 8 che sostituisce l'art. 19 del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, se ed in quanto riferito alle province autonome; 
    art.  16,  comma  l,  che  sostituisce  l'art.  27  del   decreto
legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  in  quanto  non  prevede  un
coinvolgimento delle province autonome; 
    art. 16,  comma  2,  che  introduce  l'art.  27-bis  nel  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, se  ed  in  quanto  riferito  alle
province autonome; 
    art. 22, commi l, 2, 3 e 4, che rispettivamente apporta modifiche
all'Allegato II, introduce  l'Allegato  II-bis  e  apporta  modifiche
all'Allegato III e all'Allegato IV alla  parte  seconda  del  decreto
legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  se  riferito  alle  province
autonome; 
    art. 23, commi l e 4; 
    art. 24 che apporta modifiche all'art. 14 della  legge  7  agosto
1990, n. 241, se riferito alle province autonome, 
illegittimita' che possono essere cosi' riassunte: 
    in relazione al nuovo riparto delle competenze in materia di  VIA
introdotto con l'art. 22 e con i correlativi nuovi  allegati  II,  II
-bis, III e IV, le previsioni contenute nei commi 2  e  3  del  nuovo
art. 7-bis del  decreto  legislativo  n.  152/2006,  come  introdotte
dall'art. 5, comma l,  del  decreto  legislativo  n.  104/2017,  sono
lesive, se ed in quanto riferite alle province  autonome,  in  quanto
attribuiscono allo Stato la competenza per il procedimento di  VIA  o
di assoggettabilita' a VIA su progetti rispetto ai quali sono  invece
attribuite alle province autonome le relative competenze in base allo
Statuto  speciale  di  autonomia  ed  alla  normativa  di  attuazione
statutaria, in particolare art. 19-bis  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 381/1974. 
    Anche le disposizioni che impongono  alle  province  autonome  la
disciplina statale del procedimento in questione,  nelle  ipotesi  in
cui le medesime sono  autorita'  competenti  (art.  7-bis,  comma  7,
decreto legislativo n. 152/2006, come introdotto dall'art.  5,  comma
1), sono costituzionalmente illegittime, ponendosi in  contrasto  con
tutti i parametri sopra evocati  e,  in  particolare,  con  le  norme
statutarie che  attribuiscono  alle  province  autonome  la  potesta'
legislativa, regolamentare e amministrativa in materia di ordinamento
degli uffici e del personale (art. 8, n. 1), e art. 16 St.). 
    Per effetto del richiamo agli articoli da «19 a 26 e da 27-bis  a
29», contenuto nel comma 7 dell'art. 7-bis del decreto legislativo n.
152/2006, sono lesive  delle  competenze  provinciali  le  norme  che
definiscono regole di procedimento di  estremo  dettaglio  e  termini
perentori sia per il procedimento di verifica di assoggettabilita'  a
VIA di competenza regionale (art. 19 decreto legislativo n. 152/2006,
come introdotto dall'art. 8) sia per il procedimento  finalizzato  al
rilascio  del  provvedimento  autorizzatorio  unico  regionale  (art.
27-bis decreto legislativo n. 152/2006, come introdotto dall'art. 16,
comma 2). 
    Anche le norme che limitano la potesta' normativa delle  province
autonome a soli aspetti  dell'organizzazione  e  delle  modalita'  di
esercizio  delle  funzioni  amministrative  ad  esse  attribuite   ed
impongono il rispetto di quanto previsto  nel  decreto  in  questione
(art.  7-bis,  comma  8,  decreto  legislativo  n.   152/2006,   come
introdotto  dall'art.  5,  comma  1),  sono  lesive  delle   potesta'
attribuite alle province stesse, ponendosi in contrasto con  tutti  i
parametri evocati e, in particolare, con la normativa  di  attuazione
statutaria che  disciplina  l'adeguamento  della  legislazione  delle
province autonome alle norme di principio vincolanti (art. 2  decreto
legislativo n. 266/1992). 
    In  ogni  caso,  il  carattere   di   estremo   dettaglio   delle
disposizioni  statali  non  e'  ragionevole,  in  contrasto  con  gli
articoli 3 e 97 della Costituzione,  anche  perche'  non  e'  neppure
proporzionato rispetto allo scopo della disciplina  costituito  dalla
semplificazione procedimentale. 
    Anche la nuova norma statale che, in correlazione  con  il  nuovo
riparto di competenze tra lo Stato e le regioni in materia di  VIA  e
di  assoggettabilita'  a  VIA,  prescrive  alle   province   autonome
specifici obblighi informativi che presuppongono  l'applicazione  dei
nuovi allegati III e IV (comma 9 dell'art. 7-bis decreto  legislativo
n. 152/2006, come introdotto dall'art. 5, comma 1), viola i parametri
evocati. 
    A riguardo va precisato che la ricorrente Provincia autonoma  non
intende  contestare,  nell'ambito  della  leale  collaborazione,  gli
obblighi di informazione in  generale,  ma  il  fatto  che  la  norma
presuppone  l'obbligo  di   fornire   dati   specifici   sulla   base
dell'applicazione  delle  norme  statali  che  introducono  il  nuovo
riparto di competenze. 
    Se ed in quanto riferite anche alle province autonome,  anche  le
disposizioni  che   disciplinano   compiutamente   il   provvedimento
autorizzatorio unico regionale ed il relativo procedimento di VIA  di
competenza  regionale,  lasciando  alle  regioni  ed  alle   province
autonome soltanto la disciplina delle  forme  e  delle  modalita'  di
consultazione  del  pubblico  (art.  27-bis  decreto  legislativo  n.
152/2006,  come  introdotto  dall'art.  16,  comma  2),  nonche'   la
definizione a livello statale  della  disciplina  procedimentale  con
norme di dettaglio, si pongono sempre in contrasto  con  i  parametri
evocati e, in particolare, con le norme statutarie che  attribuiscono
alle province autonome  la  potesta'  legislativa  e  la  correlativa
potesta' amministrativa in materia di ordinamento degli uffici e  del
personale (art. 8, n. 1), e art. 16 St.). 
    Inoltre, nell'ambito della predetta disciplina  del  procedimento
amministrativo  per  la  VIA  di  competenza  regionale,  il  decreto
legislativo  prevede  il  ricorso  alla  Conferenza  di  servizi  con
modalita' sincrona (art. 24). Anche tale disposto, se riferito  anche
alle  province  autonome,  e'  costituzionalmente   illegittimo   per
contrasto  con  i  parametri  evocati  e,  in  particolare,  con   la
competenza in materia di ordinamento degli uffici, considerato che la
predetta disposizione statale modifica testualmente la legge 7 agosto
1990, n. 241, che contiene una generale disposizione di  salvaguardia
dell'autonomia speciale delle Province autonome  (art.  29  legge  n.
241/1990). 
    Anche le disposizioni di cui all'art. 22, commi l, 2, 3 e 4, e 23
comma 4, che hanno portata sistematica e che  costituiscono  la  base
fondamentale  su  cui  si  reggono  le   altre   disposizioni,   sono
illegittime per contrasto con i parametri evocati. 
    Infine, la norma di cui al  comma  l  dell'art.  23  del  decreto
legislativo n.  104/2017,  che  prevede  un'applicazione  retroattiva
delle disposizioni del decreto stesso, si pone in stridente contrasto
con quanto  previsto  dal  piu'  volte  citato  art.  2  del  decreto
legislativo n. 266/1992. 
    In via subordinata, nella denegata ipotesi in cui si ritenesse la
legittimita'  dell'attribuzione  allo  Stato   della   competenza   a
disciplinare il procedimento per l'adozione del  provvedimento  unico
in materia ambientale di competenza statale e ad adottarlo, la  nuova
norma (art. 27  decreto  legislativo  n.  152/2006,  come  introdotto
dall'art. 16, comma 1) e' illegittima e lesiva, in quanto non prevede
alcuna  forma  di  coinvolgimento  delle  regioni  e  delle  province
autonome, attraverso istituti idonei ad assicurare  il  rispetto  del
principio della leale  collaborazione,  cosi'  come  richiesto  dalla
giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (a partire dalla  sentenza  n.
303/2003),  quando  lo  Stato  attragga  in  sussidiarieta'  funzioni
amministrative,  in  quanto  adeguatamente   esercitate   a   livello
unitario, e di conseguenza sia legittimato anche a disciplinarle  con
proprie  leggi,  anche  in  materie  che  ricadono  negli  ambiti  di
competenza concorrente o esclusiva (residuale) delle regioni e  delle
province autonome (ai sensi dell'art.  117,  commi  terzo  e  quarto,
Cost., in combinato con l'art. 10  legge  cost.  n.  3/2001  e  dello
Statuto speciale di autonomia). 
    La forma di partecipazione prevista (nuovo art. 27, commi 4 e  5)
non  appare  idonea,  ma  «debole»,  in  quanto  la  posizione  della
ricorrente Provincia autonoma resta assorbita  da  quella  prevalente
della Conferenza dei servizi (ai  sensi  dell'art.  14-ter  legge  n.
241/1990, richiamato nel comma 8 del nuovo art. 27) e  non  e'  certa
l'applicazione dei rimedi previsti in generale per le Amministrazioni
dissenzienti   dalla   stessa   legge   organica   sul   procedimento
amministrativo (ai sensi dell'art. 14-quinquies legge n. 241/1990). 
    Pertanto si rende necessario impugnare le  predette  disposizioni
innanzi  alla  Corte  costituzionale,  anche  considerato   che   non
risultano  accolte  le  richieste  gia'  formulate  dalla   Provincia
autonoma di Bolzano in sede  di  espressione  del  preventivo  parere
prescritto della Conferenza Stato-regioni, nella seduta del 4  maggio
2017, con cui si chiedeva di sopprimere i riferimenti  espressi  alle
province autonome contenuti nello schema di decreto legislativo e  di
integrarlo  con  una  apposita  disposizione  di  salvaguardia  delle
speciali norme statutarie  e  di  attuazione  statutaria,  anche  con
riferimento al previsto potere sostitutivo statale  per  il  caso  di
inattivita' delle province autonome nel recepimento  delle  direttive
UE. 
    Risulta, infatti, evidente che le disposizioni qui impugnate  del
decreto legislativo n. 104/2017, introducendo,  verosimilmente  anche
con riferimento alla Provincia autonoma di  Bolzano,  una  disciplina
che pare essere anche per essa vincolante in materie in cui la stessa
ha potesta' legislativa, regolamentare ed amministrativa proprie, che
peraltro  ha  gia'   esercitato,   comprimono   illegittimamente   le
particolari prerogative  riconosciute  alla  stessa,  per  cui  vanno
dichiarate costituzionalmente illegittime per violazione dell'art.  8
(in particolare n. 1), n. 3), n. 5), n. 6), n. 11), n. 13),  n.  16),
n. 17), n. 18), n. 20), n. 21) e n. 24), dell'art. 9 (in  particolare
n. 3), n. 9) e n. 10)  e  dell'art.  16  dello  Statuto  speciale  di
autonomia per il Trentino-Alto Adige/Südtirol (decreto del Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670) e delle  relative  norme  di
attuazione, tra cui, in  particolare,  il  decreto  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526 (in  particolare
articoli 7 e 8), ed il decreto del  Presidente  della  Repubblica  22
marzo 1974, n. 381 (in particolare art. 19-bis), anche  in  combinato
disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.
3, degli articoli 2 e 4 del decreto legislativo  16  marzo  1992,  n.
266, dell'art. 3, in combinato disposto con l'art. 97, dell'art.  76,
dell'art. 117, primo, terzo, quarto, quinto e sesto comma,  dell'art.
118 e dell'art. 120 della Costituzione, dell'articolo 10 della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3,  nonche'  dei  principi  della
proporzionalita', della ragionevolezza e della leale collaborazione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare  l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 5, comma 1; 8; 16,  commi 1  e  2;  22,
commi 1, 2, 3 e 4; 23, commi 1 e 4; e 24 del decreto  legislativo  16
giugno 2017, n. 104, recante «Attuazione della  direttiva  2014/52/UE
del Parlamento europeo e del  Consiglio,  del  16  aprile  2014,  che
modifica  la  direttiva  2011/92/UE,   concernente   la   valutazione
dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici  e  privati,
ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114». 
    Si depositano con il presente atto: 
    1) autorizzazione a stare in giudizio (deliberazione della giunta
provinciale di Bolzano n. 880 del 22 agosto 2017); 
    2) procura speciale rep. n. 24740 del 22 agosto 2017; 
    3)  deliberazione  di  ratifica  del  consiglio  provinciale   di
Bolzano; 
    4) disegno  di  legge  della  Provincia  autonoma  n.  135/17-XV,
recante «Valutazione ambientale per piani e progetti». 
          Bolzano-Roma, 31 agosto 2017 
 
Avv.  von  Guggenberg  - avv.  Beikircher  -  avv.  Bernardi  -  avv.
                       Fadanelli - avv. Costa