N. 155 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 luglio 2017
Ordinanza del 28 luglio 2017 del Consiglio superiore della magistratura nel procedimento disciplinare nei confronti di Emiliano Michele. Ordinamento giudiziario - Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati - Configurazione quale illecito disciplinare dell'iscrizione o partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici. - Decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 (Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilita', nonche' modifica della disciplina in tema di incompatibilita', dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera f), della L. 25 luglio 2005, n. 150), art. 3, comma 1, lett. h), come modificato dalla legge 24 ottobre 2006, n. 269 (Sospensione dell'efficacia nonche' modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario) [, art. 1, comma 3, lett. d), n. 2)].(GU n.45 del 8-11-2017 )
LA SEZIONE DISCIPLINARE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA composta dai signori: avv. Giovanni Legnini, Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura - Presidente; avv. Antonio Leone, componente eletto dal Parlamento; dott.ssa Maria Rosaria San Giorgio - magistrato di legittimita'; dott. Lorenzo Pontecorvo - magistrato di merito - relatore; dott. Nicola Clivio - magistrato di merito - componente; dott. Luca Palamara - magistrato di merito - componente. Con l'intervento del Sostituto Procuratore Generale dott. Carmelo Sgroi, delegato dal Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione e con l'assistenza del magistrato addetto alla Segreteria della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento disciplinare n. 161/2014 R.G. nei confronti del dott. Michele Emiliano (nato il 23.7.1959 a Bari) magistrato collocato in aspettativa e fuori ruolo organico della magistratura, (difeso dal dott. Armando Spataro), incolpato dell'illecito disciplinare di cui agli articoli l , comma l, e 3, comma l , lettera h), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, nel testo modificato dalla legge 24 ottobre 2006, n. 269, per avere, quale magistrato collocato in aspettativa e fuori ruolo organico della magistratura per lo svolgimento del mandato amministrativo di Sindaco del Comune di Bari (due mandati, senza soluzione di continuita', giugno 2004 - giugno 2009 e quindi giugno 2009 - giugno 2014), poi per l'incarico di assessore del Comune di S. Severo (Foggia), quindi per lo svolgimento del mandato elettivo di Presidente della Regione Puglia (da giugno 2015 sino alla data odierna): (a) ricoperto, nel corso del medesimo periodo, gli incarichi di: segretario regionale del Partito Democratico - PD della Puglia, dall'ottobre 2007 all'ottobre 2009; presidente del Partito Democratico - PD della Puglia, dal novembre 2009 al gennaio 2014; nuovamente segretario regionale del Partito Democratico - PD della Puglia, a partire da febbraio 2014 ad oggi; cariche dirigenziali che presuppongono per statuto l'iscrizione al partito politico di riferimento e che, per converso, non sono coessenziali all'espletamento dei mandati e dell'incarico suddetti presso enti territoriali; (b) presentato, nel marzo 2017, a norma del Regolamento per le procedure di elezione del Segretario e dell'Assemblea nazionale, approvato dalla direzione del Partito Democratico - PD in data 24 febbraio 2017, quale componente della Direzione nazionale, la propria candidatura e le relative linee programmatiche per l'elezione a Segretario nazionale del Partito Democratico - PD, carica di vertice di rappresentanza e di espressione dell'indirizzo politico del partito, funzionale alla successiva proposta per l'incarico di Presidente del Consiglio dei ministri (art. 3 dello Statuto); candidatura a Segretario nazionale che presuppone anch'essa l'iscrizione al partito, a norma dell'art. 9, paragrafo 3, dello Statuto del Partito Democratico - PD. In tal modo il dott. Emiliano, iscrivendosi ad un partito e svolgendovi attivita' partecipativa e direttiva in forma sistematica e continuativa, ha violato, a partire dal 2007, la disposizione dell'art. 3, comma l, lettera h), del decreto legislativo n. l09/2006, norma a sua volta attuativa della prescrizione dell'art. 98, terzo comma, della Costituzione, posta a garanzia dell'esercizio indipendente ed imparziale della funzione giudiziaria e valevole anche in relazione ai magistrati che non svolgano temporaneamente detta funzione, per essere collocati fuori del ruolo organico della magistratura (Corte cost., sentenza n. 224 del 2009; C.S.M., Sezione disciplinare, sentenza n. 100/2010). Notizia circostanziata dei fatti acquisita in data 27 novembre 2013 e successivamente fino a oggi. In fatto e in diritto l. - Il Procuratore Generale ha promosso l'azione disciplinare nei confronti del dott. Michele Emiliano contestando al magistrato l'illecito disciplinare di cui agli articoli l, comma l, e 3, comma l, lettera h) del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109. Il dott. Emiliano, in particolare - collocato fuori del ruolo organico della magistratura per lo svolgimento del mandato amministrativo di Sindaco del Comune di Bari (dal giugno 2004 al giugno 2014): di assessore «esterno» del Comune di S. Severo e del mandato elettivo di Presidente della Regione Puglia (dal giugno 2015 sino alla data odierna) - aveva ricoperto gli incarichi di segretario regionale del Partito Democratico - PD della Puglia (dall'ottobre 2007 all'ottobre 2009), di Presidente del Partito Democratico - PD della Puglia (dal novembre 2009 al gennaio 2014) e, nuovamente, di segretario del Partito Democratico - PD della Puglia (dal febbraio 2014 al 21 maggio 2016). Tale contestazione e' stata integrata - in termini di prosecuzione della condotta per il periodo successivo rispetto a quello in cui era stata formalizzata la richiesta di fissazione della udienza - in relazione ad ulteriori evenienze ritenute suscettibili di integrare la medesima violazione disciplinare. Il dott. Emiliano, in particolare, quale componente della Direzione Nazionale del Partito Democratico PD, aveva presentato, nel marzo 2017, a norma del Regolamento per le procedure di elezione del Segretario e dell'Assemblea nazionale, approvato dalla direzione del Partito in data 24 febbraio 2017, la propria candidatura e le relative linee programmatiche per l'elezione a Segretario nazionale, carica di vertice di rappresentanza e di espressione dell'indirizzo politico del partito che, oltre ad essere funzionale alla successiva proposta per l'incarico di presidente del Consiglio dei ministri (art. 3 dello Statuto), presuppone l'iscrizione al Partito Democratico. E' stato al riguardo contestato che tali cariche dirigenziali - non coessenziali con l'espletamento dei mandati amministrativi presso gli enti territoriali presuppongono, per statuto, l'iscrizione al partito politico di riferimento e che pertanto il magistrato, iscrivendosi ad un partito e svolgendovi attivita' partecipativa e direttiva in forma sistematica e continuativa, avrebbe violato la disposizione di cui all'art. 3 lettera h) del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109; norma questa attuativa della prescrizione di cui all'art. 98, terzo comma, della Costituzione posta a garanzia dell'esercizio indipendente ed imparziale della funzione giudiziaria e valevole anche in relazione ai magistrati che non svolgano temporaneamente detta funzione per essere collocati fuori dei ruolo organico della magistratura. 2. - Deve essere, in questa sede ed in via preliminare, disattesa l'eccezione di estinzione del procedimento disciplinare, per decorso del termine annuale, come invocata dalla difesa in forza del disposto di cui all'art. 15 comma l del decreto legislativo n. 109/2006. E' sufficiente al riguardo rilevare che l'azione disciplinare, azionata in data 30 ottobre 2014 per le condotte formalizzate con le iniziali contestazioni, e' stata rapportata - in termini di notizia e conoscenza dei fatti - ad un articolo di stampa del quotidiano «La Repubblica di Bari» acquisito in data 2 dicembre 2013 e ad un esposto protocollato dalla Ufficio della Procura Generale in data 7 marzo 2014. Non emergono inoltre profili; apprezzabili in termini di notorieta', che - come prospettato dalla difesa - possano assumere un concreto rilievo ai fini della formulazione di circostanziate contestazioni in epoca antecedente le stesse date. 3. - E', quindi, da ricordare che l'art. 3 comma l lettera h) del decreto legislativo n. l09/2006 configura quale illecito disciplinare l'iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa del magistrato a partiti politici. Le problematiche applicative ed interpretative di una tale normativa sono state, sotto alcuni aspetti, affrontate dalla Corte costituzionale investita dalla Sezione disciplinare di una questione di costituzionalita', con riferimento agli articoli 2, 3, 18, 49 e 98 della Costituzione. La Sezione, in particolare, aveva offerto la tesi secondo cui il divieto formale ed assoluto di iscrizione ai partiti politici per il magistrato, rafforzato da una sanzione per la sua violazione, sarebbe andato oltre la nozione giuridica della mera limitazione compatibile con una regolamentazione che contemperi il diritto politico del singolo con l'esigenza di imparzialita', anche percepita, del giudice. In quella sede il Giudice delle leggi, con sentenza n. 224/2009 - nel ribadire che i magistrati godono degli stessi diritti di liberta' garantiti ad ogni altro cittadino e che, quindi, possono non solo condividere un'idea politica, ma anche espressamente manifestare le proprie opzioni al riguardo - ha tuttavia precisato che le funzioni esercitate e la qualifica rivestita dai magistrati non sono indifferenti e prive di effetti per l'Ordinamento Costituzionale considerando che; per la natura della loro funzione, la Costituzione riserva ai magistrati una disciplina del tutto particolare, contenuta nel titolo IV della parte II (artt. 101 e ss.) che, da un lato, assicura una posizione peculiare, dall'altro, correlativamente, comporta l'imposizione di speciali doveri. Ha al riguardo precisato che - proprio in questa prospettiva, nel bilanciamento tra la liberta' di associarsi in partiti, tutelata dall'art. 49 Cost., e l'esigenza di assicurare la terzieta' dei magistrati ed anche l'immagine di estraneita' agli interessi dei partiti che si contendono il campo - l'art. 98, terzo comma, Cost. ha demandato al legislatore ordinario la facolta' di stabilire limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici per i magistrati, con cio' consentendo al legislatore ordinario di introdurre; a tutela e salvaguardia dell'imparzialita' e dell'indipendenza dell'Ordine Giudiziario, il divieto di iscrizione ai partiti politici per i magistrati rafforzando quindi la garanzia della loro soggezione soltanto alla Costituzione e alla legge e per evitare che l'esercizio delle loro delicate funzioni sia offuscato dall'essere essi legati ad una struttura partitica che importa anche vincoli gerarchici interni. Ha, quindi, chiarito che l'attuale art. 3 comma l lettera h) del decreto legislativo n. l09/2006 ha dato attuazione alla previsione costituzionale stabilendo che costituisce illecito disciplinare, non solo l'iscrizione, ma anche la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici in quanto, accanto al dato formale dell'iscrizione, rileva, ed e' parimenti precluso al magistrato, l'organico schieramento con una delle parti politiche in gioco, essendo anch'esso suscettibile, al pari dell'iscrizione, di condizionare l'esercizio indipendente ed imparziale delle funzioni e di comprometterne l'immagine dovendo il cittadino essere rassicurato sul fatto che l'attivita' del magistrato, sia esso giudice o pubblico ministero, non sia guidata dal desiderio di far prevalere una parte politica. Ha infine osservato, per quanto di rilievo, che non contrasta con quei parametri l'assolutezza del divieto, ossia il fatto che esso si rivolga a tutti i magistrati, senza eccezioni «... e quindi anche a coloro che, come nel caso sottoposto all'attenzione della Sezione disciplinare rimettente, non esercitano attualmente funzioni giudiziarie. Infatti, l'introduzione del divieto si correla ad un dovere di imparzialita' e questo grava sul magistrato, coinvolgendo anche il suo operare da semplice cittadino, in ogni momento della sua vita professionale, anche quando egli sia stato, temporaneamente, collocato fuori ruolo per lo svolgimento di un compito tecnico». 4. - Osserva al riguardo la Sezione che la questione oggi all'attenzione del giudice disciplinare appare - quantomeno in parte - diversa rispetto al caso da cui origino' la sentenza n. 224 del 2009 della Corte costituzionale. In particolare, nel caso esaminato dal Giudice delle leggi, il magistrato era stato collocato fuori ruolo per svolgere funzioni tecniche di consulenza a favore di una Commissione parlamentare e non quindi, come nel caso in esame, funzioni elettive che determinano una fase di sospensione delle funzioni giudiziarie per un arco temporale non definibile e che potrebbe finanche superare il periodo di appartenenza del magistrato all'Ordine giudiziario. Le stesse funzioni elettive sono, per loro natura, connotate da sicuro rilievo politico. Ne deriva che le problematiche in ordine alla compatibilita' delle dinamiche tipiche della politica - e dei movimenti che in essa agiscono - con i divieti di cui all'art. 3, lettera h) devono essere valutate in una ottica diversa che e' quella propria di tutela dei diritti politici riconosciuti dalla Costituzione. E' noto, in particolare, che, a livello costituzionale (art. 51 Cost.) ed a livello legislativo primario e secondario, e' consentita la partecipazione dei magistrati alla vita politico - amministrativa attraverso la. candidatura alle elezioni nazionali, regionali e degli enti locali oppure con la loro nomina quali assessori dei rispettivi organi esecutivi (ovviamente nel rispetto dei requisiti di eleggibilita' previsti per ciascuna fattispecie). In coerente applicazione del portato precettivo dell'art. 51 della Costituzione - quale previsione che assicura in via generale il diritto di elettorato passivo, riconducibile alla sfera dei «diritti inviolabili della persona» di cui all'art. 2 Cost. - il Consiglio Superiore della Magistratura ha ritenuto che l'accesso al pubblico ufficio non e' soggetto ad autorizzazione trattandosi di un diritto politico costituzionalmente riconosciuto in capo ad ogni cittadino senza alcuna distinzione derivante dall'attivita' o dalle funzioni svolte. Ha, inoltre, ripetutamente affermato la possibilita' della contemporanea assunzione di incarichi politico-amministrativi (in forza di mandato elettorale o di incarico di assessore) in capo ai magistrati, fermo restando l'obbligo di ricorrere all'istituto dell'aspettativa ove vi sia coincidenza tra l'ambito territoriale di svolgimento della funzione giurisdizionale e quello della circoscrizione elettorale, e cio' sul rilievo che le cause di ineleggibilita' ed incompatibilita' hanno carattere tassativo, e tra esse non e' inclusa la mera appartenenza all'Ordine giudiziario. Se, quindi, al magistrato la normativa vigente consente, a certe condizioni, lo svolgimento di un compito che non puo' non manifestare caratteristiche collegate alle dinamiche politico-partitiche, cio' deve rifluire sulla corretta interpretazione del significato del divieto disciplinare di cui all'art. 3, lettera h) del decreto legislativo n. 109 del 2006 che porterebbe ad escludere la rilevanza disciplinare in tutti quei casi in cui la partecipazione del magistrato ad aspetti e momenti della vita politico-partitica siano proporzionalmente e ragionevolmente collegati alle caratteristiche della funzione legittimamente ricoperta dal magistrato fuori ruolo sembrando irrazionale e contraddittorio consentire, da una parte, l'assunzione di tali ruoli e dall'altra sostanzialmente vietare - ed anzi sanzionare disciplinarmente - alcune manifestazioni e situazioni, ritenute sintomo di «organico schieramento partitico», che possono risultare strettamente legate all'essenza di quei ruoli. 4.1 - E' del resto, indubbio che, allo stato della legislazione vigente - e, quantomeno, alla luce della «communis opinio» - e' consentito ai magistrati di essere eletti al Parlamento nelle liste di partiti politici, di iscriversi ai relativi gruppi parlamentari e di contribuire ad attuarne la linea politica a livello nazionale, con cio' figurando pubblicamente come esponenti di quello stesso partito (il Consiglio superiore della Magistratura, gia' con risoluzione del 28 aprile 2010 e successivamente con delibera 21 ottobre 2015, aveva auspicato un intervento di legislazione primaria finalizzata a regolamentare il percorso di partecipazione dei magistrati all'esercizio di uffici politico-amministrativi). Lo stesso confine tra la militanza e la candidatura indipendente e' spesso incerto risultando, peraltro, difficile risolvere la discrasia fra la normativa che, vietando l'iscrizione e la partecipazione duratura all'attivita' dei partiti, mirerebbe a preservare l'imparzialita' del magistrato e la disciplina dell'esercizio del diritto di elettorato passivo dei magistrati, cio' specialmente nei casi in cui la candidatura e' proposta da un partito oppure presuppone la previa iscrizione del candidato al partito che presenta la lista, cio' nel pieno esercizio di quanto previsto dall'art. 49 della Costituzione che fonda il diritto, in capo ad ogni cittadino senza distinzione di sorta, di associarsi liberamente in partiti per concorrere a determinare la politica nazionale sulla base dei principi del governo democratico e rappresentativo. La Sezione non ignora che i magistrati sono generalmente chiamati a candidarsi come «indipendenti». Tale chiamata, tuttavia, non puo' prescindere da una valutazione positiva della storia professionale dell'interessato. La stessa candidatura, poi, consente chiaramente di identificare l'area politica di riferimento del magistrato. Del resto la liberta' di associazione politica in capo ad ogni cittadino - a cui viene consentito l'ingresso, su un piano di eguaglianza, nel tessuto vivo delle istituzioni, cosi' da realizzare la democraticita' della Repubblica - costituisce un'espressione della liberta' di associazione e rappresenta, insieme alle liberta' consacrate negli artt. 2 e 18, un cardine essenziale del sistema democratico. E' quindi l'impianto stesso della Costituzione, con il riconoscimento della liberta' di associazione e di associazione in partiti, a suggerire che il diritto di iscriversi ai partiti e partecipare alle loro attivita' - se puo' trovare delle limitazioni - non puo' tuttavia essere completamente eliminato, tantomeno nei casi in cui il collocamento in aspettativa del magistrato per motivi elettorali assume un peso particolare nel giudizio di bilanciamento tra l'esigenza di salvaguardare l'indipendenza esterna del magistrato ed il diritto del cittadino - magistrato di non essere escluso dalla vita politica del proprio Paese considerando altresi' che le restrizioni di un diritto inviolabile sono ammissibili solo nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale pari o superiore. 5. - Sembra, in definitiva, illegittima per contrasto con gli articoli 2, 3, 18, 49 e 98 Cost. la norma contenuta nell'art. 3 lettera h), nella parte in cui non esclude dal novero dei magistrati destinatari del divieto di iscrizione quelli che sono collocati fuori ruolo - e che non esercitano quindi le funzioni giudiziarie - per espletare mandati elettorali. 6. - Della questione. deve pertanto essere, investito il Giudice delle leggi, cio' anche in ragione della rilevanza della questione. In punto di rilevanza e' da considerare che il dott. Emiliano - collocato fuori del ruolo organico della magistratura da ormai 12 anni - ha svolto le funzioni di sindaco del comune di Bari e poi quelle di Presidente della Regione Puglia. Non puo' pertanto essere ignorato che, in linea generale, al Sindaco spettano ovviamente funzioni amministrative ma la natura elettiva diretta della carica contribuisce a qualificarlo quale organo politico con compiti di governo, indirizzo e controllo e che lo specifico disposto di cui all'art. 121 della Costituzione prevede che il Presidente della Giunta rappresenta la Regione e dirige la politica della Giunta. Sono al riguardo anche da richiamare i principi contenuti nell'art. 107 del decreto legislativo n. 267 del 2000, nella parte in cui prevede il riparto tra compiti di governo, di indirizzo e di controllo, spettanti agli organi politici elettivi, e compiti di gestione, spettanti ai dirigenti amministrativi. Proprio con riferimento agli enti locali, l'art. 107 del decreto legislativo n. 267 del 2000 dispone che gli statuti ed i regolamenti si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, con la precisazione che l'attivita' di indirizzo, riservata agli organi elettivi o politici degli enti, si risolve nella fissazione delle linee generali da seguire e degli scopi da perseguire con l'attivita' di gestione. Se dunque il Sindaco ed il Presidente di Regione sono organi elettivi di natura politica appare allora difficile sostenere che gli stessi possano imprimere un indirizzo politico ed una linea di governo senza disporre di una maggioranza politica organizzata. E' altrettanto problematico sostenere che un magistrato che esercita legittimamente le funzioni di Sindaco o di Presidente di Regione debba (e possa) limitarsi a beneficiare, nell'attuazione della propria linea di governo, di un mero appoggio esterno ed incondizionato da parte di una entita' politica organizzata con la quale non potrebbe confrontarsi in sede partitica e politica se non incorrendo nelle sanzioni disciplinari previste per la violazione dell'art. 3 comma l lettera h) del decreto legislativo n. l09/2006. E' vero, invece, che tali cariche esponenziali possono governare solo attuando una linea politica concordata con le entita' elettive organizzate che lo sostengono (e che lo hanno, prima ancora, candidato) partecipando attivamente alla vita politica - e quindi alle attivita' di partito - in tutte le sedi in cui si attivano i meccanismi decisionali inevitabilmente destinati ad incidere sulle determinazioni delle maggioranze che sostengano la loro l'attivita' o, comunque, ad esercitare le funzioni proprie della carica. 7. - La delibazione sulla sussistenza della responsabilita' dell'incolpato in relazione alla piattaforma probatoria acquisita dovrebbe, infatti, comportare, necessariamente l'applicazione della norma sospettata di contrasto con i richiamati articoli della Costituzione, apparendo l'unica alternativa ipotizzabile quella dell'applicazione dell'art. 3-bis del decreto legislativo n. 109 del 2006, con conseguente assoluzione per scarsa rilevanza del fatto - non praticabile, quantomeno in ragione del prolungato impegno politico del magistrato iscritto ad un partito politico. Non puo' pertanto il giudizio disciplinare essere definito indipendentemente dalla soluzione della prospettata questione di legittimita' costituzionale essendo tale via l'unica per poter discernere tra attivita' politica svolta fuori ruolo per incarico elettivo ed attivita' politica che viceversa viene svolta in condizioni senz'altro diverse quali erano quelle tra l'altro da cui origino' la questione di legittimita' costituzionale rigettata per effetto della sentenza n. 224/2009.
P. Q. M. La Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della magistratura, letti gli art. 1, legge n. 1 del 1948 e 23 legge n. 87 del 1953, rigetta l'eccezione di estinzione del procedimento disciplinare; Dichiara rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' Costituzionale dell'art. 3, comma 1 lettera h del decreto legislativo n. 109 del 2006, nel testo modificato dalla legge n. 269 del 2006, in riferimento agli articoli 2, 3, 18, 49 e 98 della Costituzione nella parte in cui prevede quale illecito disciplinare l'iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici anche per i magistrati fuori del ruolo organico della magistratura perche' collocati in aspettativa per motivi elettorali; Dispone la sospensione del presente giudizio; Ordina la notifica del presente provvedimento anche nella parte motiva alle parti nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri; Dispone altresi' che il presente provvedimento sia comunicato, a cura della cancelleria della Sezione, al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Roma, 27 luglio 2017 Il Presidente: Legnini Il relatore: Pontecorvo Il magistrato segretario: Adilardi