N. 78 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 ottobre 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 4 ottobre  2017  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Miniere, cave e torbiere - Norme della Regione Campania  -  Modifiche
  alle norme  di  attuazione  del  Piano  regionale  delle  attivita'
  estrattive -  Aree  suscettibili  di  nuove  estrazioni  -  Proroga
  triennale dei contratti di concessione. 
- Legge della Regione Campania 28 luglio 2017,  n.  22  (Disposizioni
  sui tempi per gli interventi di riqualificazione  ambientale  delle
  cave ricadenti in aree di crisi ed in Zone Altamente Critiche (ZAC)
  e per le cave  abbandonate  del  Piano  Regionale  delle  Attivita'
  Estrattive. Modifiche alla legge regionale  13  dicembre  1985,  n.
  54), art. 2, comma 1, lett. c). 
(GU n.47 del 22-11-2017 )
    Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso  ex  lege  dall'Avvocatura  generale
dello Stato C.F. 80224030587, Fax 06/96514000 presso i cui uffici  ex
lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi  n.  12,  manifestando  la
volonta'   di   ricevere   le   comunicazioni    all'indirizzo    PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it  nei   confronti   della   Regione
Campania, in  persona  del  Presidente  della  Giunta  regionale  pro
tempore  per  la  dichiarazione  di   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 2, comma 1, lettera c), della legge Regionale  Campania  n.
22 del 28 luglio 2017, recante le «Disposizioni  sui  tempi  per  gli
interventi di riqualificazione ambientale  delle  cave  ricadenti  in
aree di crisi ed in Zone Altamente  Critiche  (ZAC)  e  per  le  cave
abbandonate del Piano regionale delle attivita' estrattive. Modifiche
alla legge regionale 13 dicembre 1985, n. 54», pubblicata nel  B.U.R.
n. 61 del 28 luglio 2017, giusta delibera del Consiglio dei  ministri
in data 28 settembre 2017. 
    1. La legge Regionale della  Campania  n.  22/2017,  indicata  in
epigrafe, composta da 3 articoli, come esplicita  lo  stesso  titolo,
contiene le modifiche alla legge Regionale 13 dicembre 1985, n. 54  e
le disposizioni sui tempi  per  gli  interventi  di  riqualificazione
ambientale delle cave ricadenti nelle aree di crisi  e  per  le  cave
abbandonate. 
    E' avviso del Governo che, con la norma denunciata  in  epigrafe,
la Regione Campania abbia ecceduto dalla propria competenza, come  si
confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1. L'art. 2, comma 1, lettera c), della legge Regione Campania n.
22/2017 viola l'art. 117, comma 1 e comma 2, lettera e) e lettera l),
della Costituzione e le norme interposte di  cui  all'art.  12  della
Direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE e agli articoli  14  e  16
del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 
    1.1. Occorre preliminarmente osservare che non sembra corretta la
scelta di modificare  con  una  legge  regionale  un  atto  complesso
qual'e' il  Piano  regionale  delle  attivita'  estrattive  (P.R.A.E.
2006), che e' un  provvedimento  di  norma  approvato  dal  Consiglio
regionale, su proposta della Giunta regionale, sentiti i  Comuni,  le
Comunita' montane ed i comprensori interessati, nonche' le Province. 
    L'art. 2 della legge regionale n. 22/17 citata, infatti, al comma
1, lettera a), sostituisce l'art. 5 delle  norme  di  attuazione  del
P.R.A.E., prevedendo, fra l'altro, che il P.R.A.E. abbia efficacia  e
validita' per dieci anni invece che per venti anni e  sia  aggiornato
dopo cinque anni e non piu' ogni tre anni; inserendo,  poi,  i  commi
1-bis, 1-ter e 1-quater con  riferimento  ai  criteri,  al  programma
straordinario  di  riqualificazione  e  all'apposizione  del  vincolo
preordinato all'esproprio. 
    1.2. L'art. 2, comma 1, lettera  c),  della  legge  Regionale  n.
22/17 citata dispone che «alla fine del comma 20, dell'art.  25  sono
aggiunte le  seguenti  parole:  "prorogabile  di  ulteriori  3  anni,
L'istanza di proroga deve  essere  presentata  prima  della  scadenza
prevista, deve essere in  relazione  a  particolari  circostanze  non
dipendenti dalla volonta' o dalle  capacita'  degli  esercenti,  deve
essere  opportunamente  dimostrata  e  puo'  essere  rilasciata   dal
dirigente competente a condizione che non siano  apportate  modifiche
sostanziali al progetto su cui sono stati  espressi  i  pareri  della
Conferenza di' servizi e di compatibilita' ambientale".» 
    L'art. 25 del P.R.A.E., intitolato «Aree  suscettibili  di  nuove
estrazioni», prevede, al comma 20, che «Ogni consorzio, istituito nel
singolo comparto delle aree suscettibili di  nuove  estrazioni,  deve
provvedere, qualora  le  cave  abbandonate  non  sono  coltivate  dal
proprietario o  titolare  di  un  diritto  equipollente  e  siano  da
affidare in regime concessorio, alla loro  ricomposizione  ambientale
in misura corrispondente ad una superficie estrattiva complessiva non
inferiore  ai  17,5  Ha  con  possibilita'  di  coltivazione   e   di
commercializzazione  del  materiale  estratto  per  un  periodo   non
superiore ai 3 anni riferito alla singola cava.» 
    La norma contenuta all'art. 2, comma 1, lettera c),  della  legge
Regione Campania n. 22/17 citata  dispone,  dunque,  la  proroga  dei
rapporti concessori in violazione del disposto dell'art.  117,  comma
2, lettera e) ed l), della Costituzione, nella parte in  cui  prevede
che la potesta' legislativa sia esercitata dallo Stato  nel  rispetto
dei vincoli derivanti  dall'ordinamento  comunitario,  nonche'  nella
parte in cui assegna allo Stato la competenza esclusiva a  legiferare
in materia di tutela della concorrenza e di ordinamento civile. 
    La previsione della  proroga  dei  contratti  di  concessione  in
parola, in primo luogo, incide su principi fondanti  dell'ordinamento
comunitario, quali quelli di liberta' di concorrenza, di liberta'  di
stabilimento, di liberta' di prestazione dei servizi, di  parita'  di
trattamento e divieto di discriminazione in base  alla  nazionalita',
di trasparenza e non discriminazione.  Inoltre,  s'interseca  con  la
materia  dei  contratti  pubblici,  la  cui  disciplina,  come  ormai
costantemente affermato dalla giurisprudenza  costituzionale,  spetta
alla competenza  esclusiva  dallo  Stato  perche'  riconducibile  sia
all'ambito della legislazione della  tutela  della  concorrenza  (per
tutte quelle attivita' che concernono la disciplina  delle  procedure
di gara), sia all'ambito della legislazione  dell'ordinamento  civile
(per tutte le attivita' di definizione  ed  esecuzione  del  rapporto
contrattuale). 
    Come piu' volte statuito dalla giurisprudenza costituzionale,  il
rinnovo o la proroga automatica delle concessioni viola  l'art.  117,
comma 1, della Costituzione per contrasto  con  i  vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario in tema di liberta' di stabilimento e di
tutela della concorrenza; determinando, altresi', una  disparita'  di
trattamento tra operatori economici,  in  violazione  dell'art.  117,
comma 2, lettera e), della Costituzione dal momento che coloro che in
precedenza non gestivano il bene oggetto della concessione non  hanno
la possibilita', alla scadenza  della  concessione,  di  prendere  il
posto del vecchio gestore se non nel caso in cui questi non chieda la
proroga o la chieda senza un valido programma di investimenti. 
    Nello stesso  tempo  una  disciplina  regionale  che  preveda  il
rinnovo  o  la  proroga  automatica   delle   concessioni   impedisce
l'ingresso di  altri  potenziali  operatori  economici  nel  mercato,
ponendo  barriere  all'ingresso,  tali  da  alterare  la  concorrenza
(sentenze n. 171/2013,  punto  3.  del  Considerato  in  diritto;  n.
213/2011, punto 5. del Considerato in diritto; n. 340/2010 punto 2.1.
del Considerato in diritto; 233/2010, punto 2.2. del  Considerato  in
diritto e n. 180 2010, punto 2.2.  del  Considerato  in  diritto)  e,
quindi, in violazione della sfera di competenza esclusiva dello Stato
in materia di tutela della concorrenza (sentenza n.  117/2015,  punto
5.1. del Considerato in diritto). 
    In particolare, la Direttiva 12  dicembre  2006,  n.  2006/123CE,
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai  servizi
nel mercato interno, all'art. 12, ha stabilito, al  primo  paragrafo,
che  «qualora  il  numero  di  autorizzazioni  disponibili  per   una
determinata attivita' sia limitato  per  via  della  scarsita'  delle
risorse naturali o delle capacita' tecniche utilizzabili,  gli  Stati
membri  applicano  una  procedura  di  selezione  tra   i   candidati
potenziali, che presenti garanzie di imparzialita' e di trasparenza e
preveda, in particolare,  un'adeguata  pubblicita'  dell'avvio  della
procedura  e  del  suo  svolgimento  e  completamento»;  al   secondo
paragrafo, che «nei casi di cui al paragrafo  1  l'autorizzazione  e'
rilasciata per una durata limitata adeguata e non puo'  prevedere  la
procedura di rinnovo  automatico  ne'  accordare  altri  vantaggi  al
prestatore uscente o  a  persone  che  con  tale  prestatore  abbiano
particolari legami». 
    Il  rilascio  di  autorizzazioni,  qualora  il  loro  numero  sia
limitato per via della scarsita' delle risorse naturali (come  accade
per le miniere), deve essere, quindi, soggetto  a  una  procedura  di
selezione tra i candidati potenziali che  deve  presentare  tutte  le
garanzie  di  imparzialita'  e   di   trasparenza   (in   particolare
un'adeguata pubblicita'). Inoltre, e' vietata  una  proroga  ex  lege
della data di scadenza delle autorizzazioni perche' essa  equivale  a
un loro rinnovo automatico. 
    In base all'art. 12, paragrafo 2,  citato  e'  vietata  qualsiasi
forma di automatismo che, alla  scadenza  del  rapporto  concessorio,
possa favorire il precedente concessionario. 
    Tali principi sono stati attuati con gli articoli  14  e  16  del
decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, «Attuazione della direttiva
2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno»  di  recepimento
della Direttiva richiamata. 
    L'art. 14, «Regimi autorizzatori», prevede che  «Fatte  salve  le
disposizioni  istitutive  e  relative  ad  ordini,  collegi  e   albi
professionali,  regimi  autorizzatori  possono  essere  istituiti   o
mantenuti solo se giustificati  da  motivi  imperativi  di  interesse
generale, nel  rispetto  dei  principi  di  non  discriminazione,  di
proporzionalita', nonche'  delle  disposizioni  di  cui  al  presente
titolo.» 
    L'art. 16 dispone che «Nelle ipotesi in cui il numero  di  titoli
autorizzatori disponibili per una determinata  attivita'  di  servizi
sia limitato per  ragioni  correlate  alla  scarsita'  delle  risorse
naturali  o  delle  capacita'  tecniche  disponibili,  le   autorita'
competenti applicano una  procedura  di  selezione  tra  i  candidati
potenziali ed assicurano la  predeterminazione  e  la  pubblicazione,
nelle forme previste dai propri  ordinamenti,  dei  criteri  e  delle
modalita' atti ad assicurarne l'imparzialita', cui le  stesse  devono
attenersi. 
    Nel fissare le regole della procedura di selezione  le  autorita'
competenti possono tenere conto di considerazioni di salute pubblica,
di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza  dei
lavoratori dipendenti ed autonomi,  della  protezione  dell'ambiente,
della  salvaguardia  del  patrimonio  culturale  e  di  altri  motivi
imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario. 
    L'effettiva osservanza dei criteri e delle modalita'  di  cui  al
comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi al rilascio
del titolo autorizzatorio. 
    Nei casi di cui al comma 1 il titolo e rilasciato per una  durata
limitata e non puo' essere  rinnovato  automaticamente,  ne'  possono
essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad  altre  persone,
ancorche' giustificati da particolari legami con il primo». 
    L'art. 16, quindi, nel caso di  attivita'  contingentata  per  la
scarsita' delle risorse naturali, come nel  caso  di  specie,  impone
l'adozione di una procedura a evidenza pubblica  per  la  scelta  del
concessionario e  vieta  la  proroga  automatica  delle  concessioni;
favorendo,  dunque,  l'ingresso  nel  mercato  di   altri   operatori
economici e vietando l'apposizione  di  condizioni  che  alterino  la
concorrenza fra imprenditori. 
    In materia vanno ricordate le sentenze n.  114/2012  (punto  5.2.
del Considerato in diritto), n. 171/2013, gia' citata,  (punti  1.  e
2.1. del Considerato in diritto),  n.  2/2014  e  n.  117/2015,  gia'
richiamata (punto 5.1. del Considerato in diritto), con le  quali  e'
stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale di  leggi  regionali
che prevedevano il  rinnovo  automatico  delle  concessioni  di  beni
pubblici. 
    Va, poi, menzionata la sentenza resa in data 14 luglio  2016  (si
trattava di concessioni di beni del demanio marittimo) dalla Corte di
Giustizia, Quinta Sezione, nelle cause riunite  C-458/14  e  C-67/15,
con quale e' stato statuito che l'art. 12, paragrafi  1  e  2,  della
Direttiva 2006/123/CE citata deve essere interpretato nel  senso  che
osta a una misura nazionale che prevede la proroga  automatica  delle
autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per  attivita'
turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di  selezione
tra i potenziali candidati. 
    In particolare, per quanto rileva nella fattispecie in esame,  la
sentenza predetta (punto 49) ha  ricondotto  le  concessioni  per  lo
sfruttamento delle risorse naturali alla Direttiva 12 dicembre  2006,
n. 2006/123 citata, recepita in Italia  dal  decreto  legislativo  26
marzo 2010,  n.  59  citato,  e  ha  stabilito  che  il  rilascio  di
autorizzazioni, qualora il loro numero sia  limitato  per  via  della
scarsita' delle risorse naturali (come accade per le  miniere),  deve
essere  soggetto  a  una  procedura  di  selezione  tra  i  candidati
potenziali che deve presentare tutte le garanzie di  imparzialita'  e
di trasparenza (in particolare un'adeguata pubblicita'). 
    Inoltre, ha affermato che e' vietata una proroga  ex  lege  della
data di scadenza delle autorizzazioni  perche'  equivale  a  un  loro
rinnovo automatico e che  la  proroga  automatica  di  autorizzazioni
relative allo sfruttamento economico del demanio marittimo e  lacuale
di per se stessa ostacola (come, peraltro, nel  caso  all'esame)  una
procedura di selezione trasparente (punto 51). 
    Gli Stati membri possono tenere conto, esclusivamente allorquando
stabiliscono   le   regole   della   procedura   di   selezione,   di
considerazioni legate a motivi imperativi  d'interesse  generale  fra
cui la tutela  del  legittimo  affidamento  del  concessionario,  che
richiede, tuttavia, una valutazione caso per  caso  che  consenta  di
dimostrare che  titolare  dell'autorizzazione  poteva  legittimamente
aspettarsi il rinnovo della propria autorizzazione e ha effettuato  i
relativi investimenti; una siffatta giustificazione non puo' pertanto
essere invocata validamente a  sostegno  di  una  proroga  automatica
istituita dal legislatore nazionale e applicata indiscriminatamente a
tutte le autorizzazioni in questione, specie quando,  contestualmente
alla proroga, non sia stata indetta una procedura di gara (punti 53 e
56);  la  necessita'  della  proroga  a  tutela  degli   investimenti
effettuati  dall'originario  concessionario,  in  quanto  espressione
della  certezza  del  diritto,  trova  un  ulteriore   limite   nella
circostanza che al momento del rilascio della  concessione  era  gia'
stato chiarito che i contratti aventi un  interesse  transfrontaliero
certo dovevano essere soggetti a obblighi di  trasparenza,  cosicche'
il principio della certezza del diritto non puo' essere invocato  per
giustificare una disparita' di trattamento vietata in forza dell'art.
49 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (punto 63). 
    Infine, ha disposto che qualora non sia applicabile la disciplina
stabilita dalla direttiva n. 123/2006 o una qualsiasi altra direttiva
relativa   alle    diverse    categorie    di    appalti    pubblici,
l'Amministrazione e' tenuta a rispettare le regole  fondamentali  del
Trattato FUE, in generale, e il principio di non discriminazione,  in
particolare (punto 64);  sicche',  ove  la  concessione  presenti  un
interesse transfrontaliero  certo,  la  sua  assegnazione  in  totale
assenza di trasparenza ad un'impresa  con  sede  nello  Stato  membro
dell'amministrazione aggiudicatrice  costituisce  una  disparita'  di
trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro  che
potrebbero essere interessate alla suddetta concessione (punto 65). 
    Alla luce di quanto sopra esposto, l'art. 2, comma 1, lettera c),
della legge Regionale Campania n. 22 del 28 luglio 2017 viola  l'art.
117, comma 1 e comma 2, lettera e) e lettera l), della  Costituzione,
per contrasto con la normativa interposta  di  cui  all'articolo  cui
all'art. 12 della Direttiva 12 dicembre 2006 n.  2006/123/CE  e  agli
articoli 14 e 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Per i suesposti motivi si conclude perche'  l'art.  2,  comma  1,
lettera c), della legge regionale Campania n. 22 del 28 luglio  2017,
recante  le  «Disposizioni  sui   tempi   per   gli   interventi   di
riqualificazione ambientale delle cave ricadenti in aree di crisi  ed
in Zone Altamente Critiche (ZAC) e per le cave abbandonate del  Piano
Regionale delle Attivita' Estrattive. Modifiche alla legge  regionale
13 dicembre 1985,  n.  54»,  indicato  in  epigrafe,  sia  dichiarato
costituzionalmente illegittimo. 
    Si produce l'attestazione della deliberazione del  Consiglio  dei
ministri del 28 settembre 2017. 
        Roma, 29 settembre 2017 
 
           Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Palmieri