N. 177 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 gennaio 2017

Ordinanza del 9 gennaio 2017 del Tribunale  amministrativo  regionale
per la Sicilia sul ricorso proposto da Anzalone  Gessi  srl  e  altri
contro Assessorato regionale dell'energia e dei servizi  di  pubblica
utilita'. 
 
Miniere, cave e torbiere - Norme della Regione Siciliana - Canone  di
  produzione  annuo  -  Determinazione  commisurata  alla  superficie
  dell'area  coltivabile  e  ai  volumi  autorizzati  della  cava   -
  Applicazione delle modalita' di calcolo anche  ai  canoni  relativi
  all'anno 2014. 
- Legge della Regione Siciliana 7 maggio  2015,  n.  9  (Disposizioni
  programmatiche e correttive per l'anno 2015.  Legge  di  stabilita'
  regionale), art. 83, nella parte in cui modifica  i  commi  1  e  8
  dell'art.  12  della  legge  regionale  15  maggio   2013,   n.   9
  (Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2013. Legge di
  stabilita' regionale). 
(GU n.49 del 6-12-2017 )
 
        Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia 
                           (Sezione Terza) 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  3171  del  2015,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da: 
        Anzalone gessi s.r.l., in persona del  legale  rappresentante
pro tempore; Siciliana gessi Chianetta s.r.l., in persona del  legale
rappresentante pro tempore; F.lli Dolce s.r.l., in persona del legale
rappresentante pro tempore; Siculiana cave di Drago Francesco e Drago
Giuseppe s.n.c., in persona del legale  rappresentante  pro  tempore;
C.F.B. s.r.l., in persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore;
Sicil sabbie di Morreale  Giuseppe  s.a.s.,  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore; Trasporti Vella di Vella  Giuseppe  &  c.
s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore; Santa Lucia
societa' cooperativa a r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore; Sogeca s.r.l., in  persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore; C.O.I.S. s.r.l., in persona del  legale  rappresentante  pro
tempore; Pruiti Ciarello Sebastiana; Impremar s.r.l. in liquidazione,
in persona del legale  rappresentante  pro  tempore;  Eredi  Ferrigno
s.r.l., in persona del  legale  rappresentante  pro  tempor;  Terlati
L.C.F. s.r.l., in persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore;
Societa'  cooperativa  Fornaci  Virgilio,  in  persona   del   legale
rappresentante pro tempore; Baglio Giovanni Luca; Falcone s.r.l.,  in
persona del legale rappresentante pro tempore;  C.A.I.S.  s.n.c.,  in
persona del legale rappresentante pro  tempore;  Miracav  s.r.l.,  in
persona del legale rappresentante pro  tempore;  Aleo  Paolo;  Giaimi
Marco; Naso Giuseppe; Gangi  Vincenzo;  Manno  Salvatore  Bartolomeo;
Screpis Giuseppe; Asaresi Snc di Asaresi Salvatore & c.,  in  persona
del legale rappresentante  pro  tempore;  Correnti  Daniele;  Profeta
Calogero; Bellomo e Valenti Snc, in persona del legale rappresentante
pro tempore; S.A.P.I.C.C., in persona del legale  rappresentante  pro
tempore; Sicilcava s.r.l., in persona del legale  rappresentante  pro
tempore¸Tolentino s.r.l., in persona del  legale  rappresentante  pro
tempore; Laterlite s.p.a., in persona del legale  rappresentante  pro
tempore;  Barbagiobanni  Giuseppe  &  C.  di  Barbagiovanni  Giuseppe
s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore;  Ines  soc.
coop. a r.l., in persona del legale rappresentante pro  tempore;  New
ecology costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante  pro
tempore; Edil Pepi s.r.l., in persona del legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentati e difesi, in parte per  procura  in  calce  al
ricorso e in parte per procura con autentica notarile  allegata  allo
stesso, dall'avv. Ester Daina,  C.F.  DNASTR69D70A089J,  e  dall'avv.
Venerando Bellomo C.F.  BLLVRN62C31A089I,  elettivamente  domiciliati
presso lo studio della prima in  Palermo,  via  Notarbartolo,  n.  5,
nonche'  Cava  sabbia   d'oro   s.r.l.,   in   persona   del   legale
rappresentante  pro  tempore,  e  Liotta  Leonardo,  rappresentati  e
difesi,  per  procure  in  calce  al  ricorso  e  alla   memoria   di
costituzione del nuovo difensore, oltre  che  dai  predetti  avvocati
anche, sia  congiuntamente  che  disgiuntamente,  dall'avv.  Girolamo
Rubino, presso il cui studio in Palermo, via Guglielmo Oberdan, n. 5,
sono elettivamente domiciliati; 
    contro  Assessorato  regionale  dell'energia  e  dei  servizi  di
pubblica   utilita',   in   persona   dell'Assessore   pro   tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale  dello  Stato  di
Palermo, presso i cui uffici in via Alcide  De  Gasperi,  n.  81,  e'
domiciliato per legge; 
    e con l'intervento di ad adiuvandum: 
        CA.VE. s.r.l.,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore; Corbetto Calogero; Puzzillo Costruzioni s.r.l.,  in  persona
del legale rappresentante pro tempore;  Tosto  Gioacchino;  Industria
lapidea prizzese s.r.l., in persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentati e difesi, per procure  in  calce  all'atto  di
intervento, dagli avvocati Giuseppe Ribaudo, C.F. RBDGPP68P01G273N, e
Francesco Carita', C.F. CRTFNC86B01A089O,  elettivamente  domiciliati
presso lo studio del primo in Palermo, via Mariano Stabile, n. 241; 
        -  Consorzio  siciliano  cavatori,  in  persona  del   legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e  difeso,  per  procura  a
margine   del    ricorso,    dall'avv.    Girolamo    Rubino,    C.F.
RBNGLM58P02A089G, presso il cui  studio  in  Palermo,  via  Guglielmo
Oberdan, n. 5, e' elettivamente domiciliato; 
    per l'annullamento quanto al ricorso introduttivo: 
        - del decreto dell'Assessore  regionale  dell'energia  e  dei
servizi di pubblica utilita' del 12  agosto  2015,  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della regione siciliana, parte I,  n.  34  del  21
agosto 2015, avente ad oggetto «Modalita' applicative e di  controllo
del pagamento dei canoni dovuti per le attivita'  di  estrazione  dei
giacimenti minerari di cava (ex art. 83 della l.r. 7 maggio 2015,  n.
9); 
        - di ogni ulteriore atto, ancorche' non conosciuto, connesso,
presupposto o conseguente a quello impugnato in via principale; 
    quanto al ricorso per motivi aggiunti: 
        - note del Distretto minerario di  Caltanissetta,  aventi  ad
oggetto  la  rideterminazione  del  canone  di  produzione  2004   in
esecuzione del decreto dell'Assessore regionale  dell'energia  e  dei
servizi di pubblica utilita' del 12 agosto 2015: prot. n. 37262 del 4
novembre 2015; prot. n. 37263 del 4 novembre 2015; prot. n. 37275 del
4 novembre 2015; prot. n. 37277 del 4 novembre 2015; prot.  n.  37290
del 4 novembre 2015; prot. n. 37323 del 5  novembre  2015;  prot.  n.
37371 del 5 novembre 2015; prot. n. 37542 del 6 novembre 2015;  prot.
n. 37546 del 6 novembre 2015; prot. n. 37573  del  6  novembre  2015;
prot. n. 37575 del 6 novembre 2015; prot. n. 37914  del  10  novembre
2015; prot. n. 37920 del 10 novembre 2015;  prot.  n.  37924  del  10
novembre 2015; prot. n. 37938 del 10 novembre 2015;  prot.  n.  37946
del 10 novembre 2015; prot. n. 38112 del 10 novembre 2015; 
        - nota del Distretto minerario di Palermo, aventi ad  oggetto
la rideterminazione del canone di produzione 2004 in  esecuzione  del
decreto  dell'Assessore  regionale  dell'energia  e  dei  servizi  di
pubblica utilita' del 12 agosto 2015, prot. n. 35406 del  21  ottobre
2015; 
        - nota del Distretto minerario di Catania, avente ad  oggetto
la rideterminazione del canone di produzione 2004 in  esecuzione  del
decreto  dell'Assessore  regionale  dell'energia  e  dei  servizi  di
pubblica utilita' del 12 agosto 2015, prot. n. 41470 del  2  dicembre
2015. 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in  giudizio  dell'Avvocatura  dello
Stato per l'Assessorato  regionale  dell'energia  e  dei  servizi  di
pubblica utilita'; 
    Visti l'atto di intervento ad adiuvandum e la memoria di  C.A.VE.
s.r.l.,  Corbetto  Calogero,  Puzzillo  Costruzioni   s.r.l.,   Tosto
Gioacchino e Industria lapidea prizzese s.r.l.; 
    Vista l'ordinanza cautelare n. 1456 del 21 dicembre 2015; 
    Vista l'ordinanza del CGA n. 167 del 26 febbraio 2016; 
    Visti l'atto  di  intervento  ad  adiuvandum  e  la  memoria  del
Consorzio siciliano cavatori; 
    Vista la memoria dei ricorrenti; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del 26 ottobre 2016 il consigliere
Aurora Lento e uditi per le parti i difensori  come  specificato  nel
verbale. 
    Con gravame, notificato il 22 ottobre 2015 e depositato il giorno
30 successivo, i ricorrenti in  epigrafe  esponevano  che  l'art.  12
della legge regionale  siciliana  n.  9  del  15  maggio  2013  aveva
innovato  la  disciplina  di  settore   relativa   all'attivita'   di
estrazione di giacimenti minerari di cave, prevedendo il pagamento di
un canone di produzione. 
    Tale canone era stato commisurato «alla quantita'  di  minerale»,
ovverosia alla c.d. «resa della cava», che si otteneva sottraendo  il
volume inutilizzabile dalla quantita' di «materiale» estratto. 
    A distanza di appena due anni era, pero',  intervenuta  la  legge
regionale siciliana n. 9 del 7 maggio 2015,  contenente  disposizioni
programmatiche  e  correttive  per  l'anno  2015,  pubblicata   nella
Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, parte I,  n.  20  del  15
maggio 2015, il  cui  art.  83  aveva  interamente  riformulato  tale
disposizione nei termini  di  seguito  riportati  relativamente  alle
parti di interesse: «1. A decorrere dalla data di entrata  in  vigore
della presente legge e' dovuto un canone di produzione annuo  che  e'
commisurato  alla  superficie  dell'area  coltivabile  ed  ai  volumi
autorizzati  della  cava.  Esso  e'  ottenuto  sommando  gli  importi
corrispondenti agli scaglioni di superfici e  di  volumi  autorizzati
riportati nelle seguenti tabelle (...). 3. L'Assessore regionale  per
l'energia ed i servizi di pubblica utilita',  sentita  la  Conferenza
permanente  Regione  -  autonomie  locali,  definisce,  con   proprio
decreto, le modalita' applicative e di controllo  del  pagamento  dei
canoni entro 90 giorni dalla pubblicazione della presente legge nella
Gazzetta Ufficiale della regione siciliana. 4. I canoni di produzione
sono destinati per il 50 per cento al comune in cui ricade l'area  di
cava e per il 50 per cento  sono  versati  in  entrata  nel  bilancio
regionale. Qualora siano interessati piu' comuni, la quota del 50 per
cento e' ripartita sulla base  della  superficie  dell'area  di  cava
ricadente in ciascun comune. 5. I comuni destinatari delle  quote  di
canone di cui al  comma  4  impiegano  le  somme  esclusivamente  per
interventi   infrastrutturali   di   recupero,   riqualificazione   e
valorizzazione del territorio, del tessuto  urbano  e  degli  edifici
scolastici e ad uso istituzionale. Una quota  non  inferiore  al  50%
delle suddette risorse e' riservata agli interventi di manutenzione e
valorizzazione ambientale ed infrastrutturale connessi  all'attivita'
estrattiva  o  su  beni  immobili  confiscati  alla  mafia  ed   alle
organizzazioni criminali. 6. In caso di  sospensione  dei  lavori  di
coltivazione ai sensi dell'art. 24 della legge regionale  9  dicembre
1980, n. 127 e successive modifiche ed  integrazioni,  la  quota  dei
canoni relativa al periodo di sospensione non  e'  dovuta.  Eventuali
periodi  di  attivita'  estrattiva  inferiori  all'anno  solare  sono
calcolati per dodicesimi.  7.  Il  ritardato  pagamento  delle  somme
dovute comporta l'applicazione degli interessi legali. 8. Le presenti
disposizioni si applicano anche per  il  calcolo  del  pagamento  dei
canoni relativi all'anno 2014». 
    L'art. 83 aveva, pertanto, modificato, con effetto retroattivo, i
criteri di misurazione della  base  imponibile  che,  nell'originaria
formulazione della  norma,  erano  identificati  nella  quantita'  di
minerale estratto, mentre, in  quella  successiva,  nella  superficie
dell'area coltivabile e nei volumi autorizzati della cava. 
    In  applicazione  di  tale  disposizione,  l'Assessore  regionale
dell'energia e dei servizi di pubblica  utilita'  aveva  adottato  il
decreto del 12 agosto 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Regione siciliana, parte I, n. 34  del  21  agosto  2015,  avente  ad
oggetto: «Modalita' applicative e  di  controllo  del  pagamento  dei
canoni dovuti per le attivita' di estrazione dei giacimenti  minerari
di cava (ex art. 83 della l.r. 7 maggio 2015, n. 9)». 
    L'art. 1 di tale decreto prevedeva che: «I canoni  di  produzione
per le attivita' di estrazione di giacimenti minerari di cava, dovuti
dagli  esercenti  l'attivita'  di  cava,  devono  essere  corrisposti
secondo le modalita' previste all'art. 83  della  legge  regionale  7
maggio 2015, n. 9, pubblicata nel supplemento  ordinario  n.  1  alla
Gazzetta ufficiale della regione siciliana n. 20,  parte  I,  del  15
maggio 2015; il canone di produzione e' commisurato  alla  superficie
dell'area coltivabile ed ai  volumi  autorizzati  della  cava  ed  e'
ottenuto  sommando  gli  importi  corrispondenti  agli  scaglioni  di
superfici e di volumi come risultanti dalle autorizzazioni secondo le
tabelle di cui al comma 1 dell'art. 83 della legge regionale». 
    Il  successivo  art.  8  disponeva   che:   «Il   pagamento   per
l'annualita' 2014 deve essere effettuato nel termine di trenta giorni
dalla data di ricevimento della comunicazione da parte dei servizi  -
Distretti minerari competenti per territorio». 
    Precisato che la  novella  dell'art.  12  aveva  determinato  una
notevolissima maggiorazione del canone (da 7 a  17  volte  di  quello
precedente)  dagli  stessi  dovuto,  i   ricorrenti   hanno   chiesto
l'annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, di  tale  decreto
per i seguenti motivi: 
    1) Violazione e falsa applicazione: degli articoli 53, 3, 23, 41,
97 e 117, comma 1, della Costituzione; degli articoli  14,  20  e  41
della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Eccesso  di
potere   sotto   i   profili:    del    difetto    di    presupposto;
dell'irragionevolezza; dell'illogicita'. Violazione dei  principi  in
materia di certezza del diritto, della buona fede e dell'affidamento. 
    1.1 Precisato che il canone  dovuto  dagli  esercenti  giacimenti
minerari di cave era una prestazione patrimoniale imposta  rientrante
nell'alveo dell'art. 23 della  Costituzione,  l'individuazione  della
base imponibile nella superficie dell'area coltivabile e  nei  volumi
autorizzati  comporterebbe  una  violazione   del   principio   della
capacita' contributiva di cui all'art. 53 della Costituzione. 
    Mentre, infatti, la quantita' di materiale estratto,  alla  quale
si faceva riferimento nella  previgente  formulazione,  esprimeva  la
resa annuale della cava, la superficie e i volumi non sarebbero stati
espressivi del potenziale economico della stessa, tanto piu'  che  si
trattava di un canone dovuto non una tantum, ma annualmente. 
    Sotto tale profilo, non si sarebbe tenuto conto del fatto che  la
capacita' produttiva della cava era massima all'inizio dell'attivita'
estrattiva, ma andava diminuendo nel corso del tempo,  cosicche'  non
si giustificava la  sua  costante  quantificazione  rapportata  a  un
profilo statico. 
    1.2  La  previsione  dell'applicazione  del  nuovo  criterio   di
quantificazione anche per il 2014 contrasterebbe con  il  divieto  di
retroattivita'  della  legge  e  sarebbe   irragionevole   anche   in
considerazione     della     lesione     dell'affidamento     riposto
sull'applicazione del precedente. 
    1.3. Sussisterebbe  irragionevole  disparita'  di  trattamento  e
conseguente violazione dell'art. 3  della  Costituzione,  considerato
che gli esercenti giacimenti minerari di cave di  materiale  pregiato
(ad esempio marmo), aventi superfici  e  volumi  estraibili  ridotti,
pagherebbero un canone notevolmente inferiore a quello dovuto  per  i
giacimenti di materiale povero (es. inerti), aventi ampie superfici e
volumi estraibili, pur conseguendo un reddito notevolmente superiore. 
    1.4  Sussisterebbe,  altresi',  violazione  dell'art.  41   della
Costituzione considerata  la  vanificazione  retroattiva  di  assetti
economici gia' cristallizzati. 
    1.5 Sarebbe stato violato l'art. 117, comma 1 della  Costituzione
in relazione all'art. 1 del protocollo addizionale  alla  Convenzione
europea  per  i  diritti  dell'uomo   in   quanto   sarebbero   stati
ingiustamente vessati gli esercenti le cave al fine di  riequilibrare
i conti pubblici regionali. 
    2) Violazione dell'art. 12 dello statuto della Regione  siciliana
approvato con R.d.lgs.vo n. 455 del 15 maggio  1946,  convertito  con
legge costituzionale n. 2 del 26 febbraio 1948.  Violazione  e  falsa
applicazione: dell'art. 13 del d.lgs.vo del  capo  provvisorio  dello
Stato n. 204 del 25 marzo 1947 (Norme per l'attuazione dello  statuto
della Regione siciliana); dell'art. 9 del  d.lgs.vo  n.  373  del  24
dicembre 2003; dell'art. 4 del d.lgs.vo del Presidente della  Regione
siciliana n. 70 del 28 febbraio 1979. 
    Le  previsioni  contenute  nel  decreto  assessoriale   impugnato
avrebbero  carattere  di  novita',  generalita'  ed  astrattezza   e,
pertanto, natura regolarmente, cosicche' l'atto avrebbe dovuto essere
adottato dalla Giunta regionale (nel rispetto delle norme procedurali
previste per tale tipologia di atti) in quanto lo  statuto  siciliano
non attribuisce tale potere ai singoli assessori. 
    3) Violazione: dei principi  di  partecipazione  ai  procedimenti
amministrativi; delle norme e dei  principi  generali  relativi  alla
partecipazione  alle   procedure   di   regolazione   amministrativa.
Violazione degli articoli 1, 3, 7, 9 e  10  della  l.r.  n.  10/1991.
Eccesso di potere sotto i profili:  dello  sviamento  dalla  funzione
assegnata e dell'omessa verifica di tutti i presupposti di fatto. 
    Gli esercenti le cave avrebbero dovuto essere  sentiti  prima  di
procedere all'adozione della norma di modificazione  dei  criteri  di
quantificazione del canone dagli stessi dovuto. 
    Conclusivamente hanno chiesto che venga sollevata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 83 della l.r. n. 9 del  2015  e
sospeso il giudizio in attesa della sua decisione. 
    Per  l'Assessorato  regionale  dell'energia  e  dei  servizi   di
pubblica utilita' si e' costituita  in  giudizio  l'Avvocatura  dello
Stato. 
    Sono intervenuti ad adiuvandum C.A.VE. s.r.l., Corbetto Calogero,
Puzzillo Costruzioni s.r.l., Tosto  Gioacchino  e  Industria  lapidea
prizzese s.r.l., esercenti l'attivita' di gestione di cave, che hanno
depositato una memoria con  cui  hanno  essenzialmente  aderito  alla
richiesta di sollevare la  questione  di  legittimita'  dell'art.  83
della l.r. n. 9 del 2015 avanzata dai ricorrenti. 
    Con  identici  gravami  per  motivi  aggiunti,  notificati  il  4
dicembre 2015 e depositati il  giorno  10  successivo,  i  ricorrenti
hanno chiesto l'annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, dei
provvedimenti indicati in  epigrafe  con  cui  i  distretti  minerari
competenti,  in  esecuzione  del  decreto  dell'Assessore   regionale
dell'energia e dei servizi di pubblica utilita' del 12  agosto  2015,
hanno chiesto il pagamento del canone  2014  come  rideterminato  per
effetto della riformulazione dell'art. 12 della l.r. n. 9 del 2013 ad
opera dell'art. 83 della l.r. n. 9 del 7 maggio 2015. 
    Hanno dedotto l'illegittimita' derivata dal decreto impugnato con
il ricorso introduttivo. 
    Con ordinanza n. 1456 del 21 dicembre 2015,  l'istanza  cautelare
e' stata rigettata con la motivazione che  la  dedotta  questione  di
legittimita'  costituzionale  non  presentava  un'evidenza  tale   da
consentire una valutazione prognostica positiva in  ordine  all'esito
del ricorso. 
    Tale decisione e' stata riformata con l'ordinanza del CGA n.  167
del 26 febbraio 2016 cosi' motivata: «in  relazione  alla  denunciata
retroattivita' della disposizione  impugnata,  si  manifestano  anche
profili di danno grave che possono giustificare la  richiesta  misura
cautelare». 
    E' intervenuto il Consorzio siciliano cavatori che ha  depositato
un'articolata  memoria  con  cui  ha  essenzialmente   aderito   alla
richiesta di sollevare questione di legittimita' dell'art.  83  della
l.r. n. 9 del 2015 avanzata dai ricorrenti. 
    Con memoria depositata in vista dell'udienza, i ricorrenti  hanno
insistito nelle loro domande. 
    Alla pubblica udienza del 26 ottobre 2016, su conforme  richiesta
dei difensori delle parti presenti come da  verbale,  il  ricorso  e'
stato posto in decisione. 
    1. La controversia ha ad oggetto il decreto dell'Assessore  della
regione siciliana dell'energia e dei servizi di pubblica utilita' del
12 agosto 2015 con cui sono state definite le  modalita'  applicative
del canone di produzione annuo dovuto dai titolari di concessioni per
lo sfruttamento di giacimenti minerari di cave. 
    Tale decreto e' stato adottato in esecuzione dell'art.  83  della
legge regionale siciliana n. 9 del 2015, che ha modificato l'art.  12
della legge regionale siciliana n. 9 del 15 maggio  2013,  prevedendo
che il canone non vada piu' commisurato alla  quantita'  di  minerale
estratto, ma  alla  superficie  dell'area  coltivabile  e  ai  volumi
autorizzati anche con riferimento al precedente anno 2014. 
    Ha ad oggetto anche i provvedimenti, con cui i Distretti minerari
di Caltanissetta, Catania e  Palermo  hanno  rideterminato  i  canoni
dovuti dai ricorrenti relativamente al  2014,  dei  quali  si  deduce
l'illegittimita' derivata. 
    2. Cosi' inquadrata  in  termini  generali  la  controversia,  va
rilevato che, con decisione n.  5  del  27  aprile  2015,  l'adunanza
plenaria del  Consiglio  di  Stato  ha  affermato  che  nel  processo
amministrativo  impugnatorio  di  legittimita'  in  primo  grado,  in
mancanza di  rituale  graduazione  dei  motivi  e  delle  domande  di
annullamento, il giudice, in  base  al  principio  dispositivo  e  di
corrispondenza fra chiesto e pronunciato, e' obbligato ad  esaminarli
tutti,  salvo  che  non  ricorrano   i   presupposti   per   disporne
l'assorbimento nei casi ascrivibili alle tre tipologie  precisate  in
motivazione (assorbimento per legge, per pregiudizialita'  necessaria
e per ragioni di economia). 
    Nella specie, precisato  che  non  ricorrono  i  presupposti  per
l'assorbimento, puo' anticiparsi che il secondo e  il  terzo  motivo,
che  hanno  ad  oggetto  vizi  propri  del  decreto  impugnato,  sono
infondati, mentre questo tribunale amministrativo  regionale  ritiene
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale di cui al primo motivo, che  e'  determinate  e  viene
sollevata con la presente ordinanza. 
    3. Cio' posto, va esaminato il secondo motivo con cui  si  deduce
che  le  previsioni  contenute  nel  decreto  assessoriale  impugnato
avrebbero  carattere  di  novita',  generalita'  ed  astrattezza   e,
pertanto,  natura  regolamentare,  cosicche'  l'atto  avrebbe  dovuto
essere adottato dalla  Giunta  regionale  nel  rispetto  delle  norme
procedurali previste per tale tipologia di atti dato che  lo  statuto
siciliano non attribuisce tale potere ai singoli assessori. 
    Tali  connotati  si  riscontrerebbero,  in   particolare,   negli
articoli 1 e 8 i quali, rispettivamente, prevedono che: «I canoni  di
produzione per le attivita' di estrazione di giacimenti  minerari  di
cava, dovuti dagli  esercenti  l'attivita'  di  cava,  devono  essere
corrisposti secondo le modalita' previste  all'art.  83  della  legge
regionale 7 maggio 2015, n. 9, pubblicata nel  supplemento  ordinario
n. 1 alla Gazzetta ufficiale della regione siciliana n. 20, parte  I,
del 15 maggio 2015; il  canone  di  produzione  e'  commisurato  alla
superficie dell'area coltivabile ed ai volumi autorizzati della  cava
ed e' ottenuto sommando gli importi corrispondenti agli scaglioni  di
superfici e di volumi come risultanti dalle autorizzazioni secondo le
tabelle di cui al comma 1 dell'art. 83 della  legge  regionale»;  «Il
pagamento per l'annualita' 2014 deve essere effettuato nel termine di
trenta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione da  parte
dei servizi - Distretti minerari competenti per territorio». 
    La  censura  e'  infondata,  in  quanto,   come   risulta   dalla
formulazione   letterale   delle   disposizioni,   si    tratta    di
determinazioni di dettaglio meramente attuative  dell'art.  12  della
legge regionale siciliana n. 9 del 2013, come modificato dall'art. 83
della legge regionale siciliana n. 9 del 2015, in quanto  tali  prive
del carattere dell'innovativita', che  e'  necessario  affinche'  una
norma venga qualificata come regolamentare. 
    4. Parimenti infondato e' il  terzo  motivo  con  cui  si  deduce
testualmente che «l'equilibrato  bilanciamento  tra  le  esigenze  di
raggiungimento degli obiettivi di  bilancio  da  parte  dei  pubblici
poteri ed il correlativo  sacrificio  economico  imposto  ai  privati
esige in linea di principio una sede amministrativa  di  ponderazione
degli  opposti  termini  al  fine  di  consentire   ai   secondi   di
rappresentare le proprie posizioni e le conseguenze che  l'intervento
determinerebbe  per  gli  equilibri  economico  -  finanziari   delle
attivita' imprenditoriali esercitate». 
    La Regione  siciliana  non  aveva,  infatti,  nessun  obbligo  di
sentire  gli  operatori  del  settore  prima  di  modificare  in  via
legislativa il criterio di quantificazione del  canone  dagli  stessi
dovuto. 
    5. Accertata l'infondatezza del secondo e del terzo motivo,  puo'
procedersi  all'esposizione  delle  ragioni  per  le   quali   questo
tribunale amministrativo regionale  ritiene  rilevante  ai  fini  del
decidere e non manifestamente infondata la questione di  legittimita'
costituzionale sollevata dai  ricorrenti  relativamente  all'art.  83
della legge regionale siciliana n. 9 del 15 maggio 2015, nella  parte
in cui modifica i commi 1 e 8  dell'art.  12  della  legge  regionale
siciliana n. 9 del 15 maggio 2013. 
    6. Per quanto concerne la  rilevanza,  ci  si  puo'  limitare  ad
osservare che il decreto dell'Assessore regionale dell'energia e  dei
servizi di pubblica utilita' del 12 agosto 2015, oggetto del ricorso,
ha individuato le modalita' applicative e di controllo del  pagamento
del canone dovuto per  le  attivita'  di  estrazione  dei  giacimenti
minerari di cava in esecuzione  di  quanto  innovativamente  disposto
dall'art. 83; le note dei distretti minerari  hanno,  a  loro  volta,
quantificato il canone dovuto per l'anno 2014 in esecuzione  di  tale
decreto. 
    La  decisione  della  controversia   dipende,   pertanto,   dalla
valutazione della legittimita' dall'art.  12  della  legge  regionale
siciliana n. 9 del 15 maggio 2013, come modificato dall'art. 83 della
legge regionale siciliana n. 20 del 15 maggio 2015, limitatamente  ai
commi 1 e 8, i quali hanno variato,  con  efficacia  retroattiva,  il
criterio di  quantificazione  del  canone  dovuto  per  i  giacimenti
minerari di cava. 
    7. In merito alla non  manifesta  infondatezza  valga  quanto  di
seguito esposto. 
    Come  detto,   questo   Tribunale   dubita   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 12, comma 1, della l.r. 15 maggio  2013,  n.
9, come sostituito dall'art. 83 della l.r. n. 20 del 2015,  il  quale
testualmente prevede che: «A  decorrere  dalla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge e' dovuto un canone di  produzione  annuo
che e' commisurato alla superficie dell'area coltivabile ed ai volumi
autorizzati della cava». 
    Tale disposizione sembra, infatti, contrastare con  il  principio
di capacita' contributiva di cui all'art. 53 della Costituzione e  il
principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. 
    8. In merito all'art. 53, deve prioritariamente rilevarsi come il
canone in questione e', ad avviso di questo TAR, un tributo. 
    Come noto, secondo la  giurisprudenza  costituzionale,  precisato
che e' irrilevante il nomen iuris usato dal legislatore,  «occorrendo
riscontrare in concreto e caso per caso se si sia o no in presenza di
un tributo» (sentenze n. 141 del 2009, n. 334 del 2006 e  n.  73  del
2005), costituiscono indici significativi della natura tributaria  di
una prestazione imposta: 1) la  matrice  legislativa,  in  quanto  il
tributo nasce «direttamente in forza della legge»  (sentenza  n.  141
del 2009), risultando irrilevante l'autonomia contrattuale  (sentenza
n. 73 del 2005); 2) la doverosita' della prestazione (sentenze n. 141
del 2009, n. 335 e n. 64 del 2008, n. 334 del 2006, n. 73 del  2005),
che comporta un'ablazione delle somme con attribuzione  delle  stesse
ad un ente pubblico (sentenze n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995 e
n. 26 del 1982), in mancanza di un  rapporto  sinallagmatico  tra  le
parti; 3) il nesso con  la  spesa  pubblica,  dovendo  sussistere  un
collegamento   alla   stessa   «in   relazione   a   un   presupposto
economicamente rilevante» (sentenza n. 141 del 2009), nel  senso  che
la prestazione e' destinata allo scopo di apprestare i mezzi  per  il
fabbisogno finanziario dell'ente impositore (sentenze n. 37 del 1997,
n. 11 e n. 2 del 1995, n. 26 del 1982). 
    Prima di illustrare le ragioni  per  le  quali  questo  tribunale
amministrativo regionale e' addivenuto alla conclusione che il canone
in questione e' un tributo, vanno richiamati i commi 4 e 5  dell'art.
12, laddove  si  prevede,  rispettivamente,  che:  «4.  I  canoni  di
produzione sono destinati per il 50 per cento al comune in cui ricade
l'area di cava e per il 50 per cento  sono  versati  in  entrata  nel
bilancio regionale. Qualora siano interessati piu' comuni,  la  quota
del 50 per cento e' ripartita sulla base della  superficie  dell'area
di cava ricadente in ciascun comune»; «5. I comuni destinatari  delle
quote di canone di cui al comma 4 impiegano le  somme  esclusivamente
per  interventi  infrastrutturali  di  recupero,  riqualificazione  e
valorizzazione del territorio, del tessuto  urbano  e  degli  edifici
scolastici e ad uso istituzionale. Una quota  non  inferiore  al  50%
delle suddette risorse e' riservata agli interventi di manutenzione e
valorizzazione ambientale ed infrastrutturale connessi  all'attivita'
estrattiva  o  su  beni  immobili  confiscati  alla  mafia  ed   alle
organizzazioni criminali». 
    A  ben  vedere:  l'obbligo  del  pagamento  trova  la  sua  fonte
esclusiva nella  legge  regionale  e  non  costituisce  remunerazione
dell'uso di beni pubblici; la prestazione imposta  e'  finalizzata  a
dotare i Comuni e  la  Regione  dei  mezzi  finanziari  necessari  ad
assolvere le funzioni di cura concreta degli interessi generali. 
    Per quanto riguarda il secondo elemento, va rilevato  che  mentre
la Regione puo' utilizzare liberamente la  propria  parte,  i  Comuni
devono  destinare   le   somme   al   finanziamento   di   interventi
infrastrutturali di recupero, riqualificazione e  valorizzazione  del
territorio, del tessuto urbano e degli edifici scolastici  e  ad  uso
istituzionale; nonche' alla manutenzione e valorizzazione  ambientale
ed infrastrutturale  connessi  all'attivita'  estrattiva  o  su  beni
immobili confiscati alla mafia ed alle organizzazioni criminali 
    Questa  connotazione  funzionale,  congiunta  al  fatto  che   il
prelievo  si  collega  all'attivita'  economica   di   gestione   dei
giacimenti, consente di ritenere il canone in questione uno strumento
di riparto, ai sensi dell'art.  53  Cost.,  del  carico  della  spesa
pubblica  in  ragione  della  capacita'  economica  manifestata   dai
soggetti gestori (sentenza n. 280 del 2011). 
    In definitiva, la prestazione in esame e' un tributo, avente:  a)
quali soggetti passivi, i concessionari di  giacimenti  minerari;  b)
quali soggetti attivi, la Regione e i Comuni;  c)  quale  presupposto
economicamente rilevante, la gestione dei giacimenti; d)  quale  base
imponibile,  una  entita'  monetaria  commisurata   alla   superficie
dell'area coltivabile ed ai volumi autorizzati della cava. 
    Qualificato il  canone  come  tributo,  va  ricordato  che  nella
previgente disciplina lo stesso era quantificato con riferimento alla
quantita'  di  minerale  estratto,  mentre  in  quella  attuale  alla
superficie dell'area coltivabile ed ai volumi autorizzati. 
    Ne deriva che il corrispettivo per l'uso del  giacimento  non  e'
piu' commisurato alla sua resa, la quale tende a diminuire nel  tempo
in dipendenza del suo sfruttamento, ma alla sua estensione, la  quale
rimane, invece, immutata anche quando la stessa e' quasi esaurita. 
    Tenuto conto che si tratta di un canone dovuto non una tantum, ma
annualmente, sembrerebbe essere venuto meno il  collegamento  con  la
capacita' contributiva. 
    Si prescinde, infatti, dal guadagno che deriva dal  giacimento  e
si applica un tributo fisso indipendente dallo stesso. 
    9.  Per  quanto  riguarda  la   violazione   del   principio   di
uguaglianza, va osservato che, com'e' stato  ripetutamente  affermato
dalla Corte costituzionale, il legislatore ha,  anche  nei  confronti
della  disciplina   dei   rapporti   giuridici   di   durata,   ampia
discrezionalita' nell'emanare norme modificatrici, ma  la  stessa  e'
censurabile qualora emergano profili  di  manifesta  irragionevolezza
tali da determinare situazioni di disuguaglianza. 
    Nella specie,  l'art.  83  determina  immotivate  discriminazioni
all'interno della  medesima  categoria  dei  titolari  di  giacimenti
minerari tra quelli che gestiscono cave di piccola dimensione, ma  ad
elevata resa (es. marmi) e quelli concessionari  di  cave  di  grande
estensione, ma a bassa resa (inerti). 
    Alla medesima ampiezza corrisponde, infatti, una  remunerativita'
profondamente   diversa   con   conseguente   irragionevolezza    del
riferimento  alla  superficie  dell'area  coltivabile  ed  ai  volumi
autorizzati della cava ai fini della quantificazione del canone. 
    I titolari di giacimenti di  materiali  «poveri»  sono,  infatti,
tenuto al pagamento di un canone notevolmente piu' elevato rispetto a
quello  dovuto  per  quelli  di  minerali  pregiati  con  conseguente
irragionevole disparita' di trattamento. 
    Sembrerebbe, pertanto, che a situazioni differenti si applichi il
medesimo trattamento in maniera irragionevole. 
    10. Come anticipato, questo  tribunale  amministrativo  regionale
dubita,  altresi',  della  legittimita'  dell'art.  83  della   legge
regionale siciliana n. 20 del 2015 nella parte in cui modifica l'art.
12, comma 8, della legge regionale siciliana n. 9 del 2013, il quale,
nella sua attuale formulazione, prevede che le disposizioni di cui ai
commi precedenti si applicano anche per il calcolo del pagamento  dei
canoni relativi all'anno 2014. 
    Tale disposizione sembrerebbe, in particolare,  contrastare  con:
l'art. 3; l'art.  117,  comma  1,  della  Costituzione  in  relazione
all'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU. 
    Per quanto riguarda il primo dei due parametri evocati, si dubita
che sia  stato  leso  il  principio  dell'affidamento,  il  quale  e'
custodito  da  una  delle  molteplici   declinazioni   dell'art.   3,
costituita dal principio di irretroattivita' della legge. 
    La norma surriportata produce, infatti, la  lesione  con  effetto
retroattivo di un «bene» che i concessionari di  giacimenti  minerari
hanno acquisito sulla base di  un  legittimo  affidamento  ingenerato
dalle previsioni contenute nella previgente formulazione. 
    Va,  sotto  tale  profilo,  rilevato  che,  secondo  un  costante
orientamento della Corte costituzionale, il divieto di retroattivita'
della  legge  -  pur  costituendo  fondamentale  valore  di  civilta'
giuridica e principio generale dell'ordinamento, cui  il  legislatore
ordinario deve di regola attenersi - non e' stato elevato a  dignita'
costituzionale, salva, per la materia penale, la previsione dell'art.
25 della Costituzione.  Si  e',  conseguentemente,  ritenuto  che  il
legislatore, nel rispetto di tale previsione, puo' emanare norme  con
efficacia retroattiva a  condizione  che  la  stessa  trovi  adeguata
giustificazione sul piano della ragionevolezza e  non  contrasti  con
altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (in  tal  senso
Corte costituzionale, 4 agosto 2003, n. 291). 
    Per quanto riguarda, in particolare, i rapporti di durata  si  e'
precisato che non e' interdetto in  termini  assoluti  il  potere  di
emanare disposizioni le quali  modifichino  sfavorevolmente  la  loro
disciplina, ma e' necessario che le  stesse,  al  pari  di  qualsiasi
precetto legislativo, non trasmodino in un regolamento irrazionale  e
non incidano arbitrariamente sulle situazioni  sostanziali  originate
da leggi precedenti, frustrando  l'affidamento  del  cittadino  nella
sicurezza giuridica (sentenza n. 349 del 1985; in senso  analogo,  ex
plurimis, sentenze n. 302 del 2010; n. 236, n. 206 e n. 24 del  2009;
n. 409 e n. 264 del 2005; n. 446 del 2002; n. 416 del 1999). 
    Si e', conseguentemente, ritenuto che una mutazione ex  lege  dei
rapporti di durata e' illegittima quando incide sugli stessi in  modo
«improvviso e imprevedibile» (sentenze n. 64 del 2014 e  n.  302  del
2010, entrambe relative all'incidenza sui rapporti in corso dei nuovi
criteri di determinazione dei canoni concessori di beni demaniali). 
    L'esame della norma in contestazione e della sua ratio conduce  a
dubitare che il legislatore abbia operato una  scelta  ragionevole  e
non arbitraria alla stregua dei principi evocati. 
    I  ricorrenti  hanno  affermato   (producendo   alcuni   conteggi
esemplificativi  e   senza   essere   smentiti   dall'Amministrazione
regionale) che la modifica del criterio di quantificazione del canone
dovuto ha comportato per loro un notevolissimo aumento dello  stesso,
pari da 7 a 17 volte quello precedente. 
    Per uno di loro e' stato, in particolare, rilevato che: nel 2013,
aveva prodotto materiale calcareo per mc 7.000, cosicche', applicando
il canone di € 0,30 a mc, aveva pagato la somma di € 2.100; nel 2014,
avendo una superficie di ettari 05.00.57 e un volume autorizzato pari
a 970.000 mc, dovra' pagare € 12.500,  ovverosia  quasi  7  volte  in
piu'. 
    Ne deriva che i titolari di giacimenti minerari si  sono  trovati
esposti a un inaspettato e considerevole esborso  economico  che  non
sono   stati   posti   nelle   condizioni   di   valutare   ex   ante
nell'organizzazione della propria attivita' imprenditoriale. 
    Mentre per il periodo  successivo  all'entrata  in  vigore  della
disposizione  hanno,  infatti,  avuto  la  possibilita'  decidere  se
aumentare  il  corrispettivo   richiesto   ai   propri   clienti   o,
addirittura, sospendere o non esercitare piu' l'attivita' estrattiva,
tale possibilita' e' stata preclusa in radice per quello antecedente. 
    Sotto tale profilo, va ricordato che il comma 6 dell'art. 12 piu'
volte citato dispone  che  in  caso  di  sospensione  dei  lavori  di
coltivazione, la quota dei canoni relativa al periodo di  sospensione
non e' dovuta ed eventuali periodi di attivita' estrattiva  inferiori
all'anno solare sono calcolati per dodicesimi. 
    Tutto cio' considerato, sembra a questo tribunale  amministrativo
regionale che sia stato irragionevolmente leso l'affidamento  riposto
nella  quantificazione  del  canone  in  applicazione   dei   criteri
all'epoca  vigenti  ai  fini  della  individuazione   delle   proprie
strategie imprenditoriali. 
    Concludendo, ritenendo rilevante e non  manifestamente  infondata
la questione di legittimita' costituzionale dedotta  dai  ricorrenti,
questo tribunale amministrativo regionale solleva -  con  riferimento
agli articoli 3, 117 e 53 della Cost. - la questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 83 della legge regionale siciliana 7  maggio
2015, n. 9 nella parte in cui modifica i commi 1  e  8  dell'art.  12
della legge regionale siciliana 15 maggio 2013, n. 9. 
    Il processo deve,  pertanto,  essere  sospeso,  con  trasmissione
degli  atti  alla  Corte   costituzionale,   per   ogni   conseguente
statuizione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale Amministrativo Regionale  per  la  Sicilia  (Sezione
Terza) non definitivamente pronunciando: 
      a)  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata   la
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  83  della  legge
regionale siciliana 7 maggio 2015, n. 9 nella parte in cui modifica i
commi 1 e 8 dell'art. 12 della legge regionale  siciliana  15  maggio
2013, n. 9. 
      b) sospende il presente giudizio ai sensi dell'art.  79,  primo
comma, cod. proc. amm.; 
      c)  ordina  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale, per il competente  controllo  di  legittimita'  sulle
questioni sollevate; 
      d) rinvia ogni definitiva statuizione in rito e nel merito  del
ricorso in epigrafe, nonche'  sulle  spese  di  lite,  all'esito  del
promosso giudizio di  legittimita'  costituzionale,  ai  sensi  degli
articoli 79 e 80 cod. proc. amm.. 
    Ordina che, a cura della segreteria della  Sezione,  la  presente
ordinanza: a) sia notificata a  tutte  le  parti  in  causa;  b)  sia
comunicata al Presidente della  regione  siciliana  e  al  Presidente
dell'Assemblea regionale siciliana. 
    Cosi' deciso in Palermo nella camera di consiglio del  giorno  26
ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati: 
    Solveig Cogliani, Presidente; 
    Nicola Maisano, consigliere: 
    Aurora Lento, consigliere, estensore. 
 
                       Il Presidente: Cogliani 
 
 
                                                    L'esensore: Lento