N. 247 SENTENZA 11 ottobre - 29 novembre 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Equilibrio  dei  bilanci  delle  Regioni  e  degli  enti   locali   -
  Individuazione  delle  pertinenti  entrate   e   spese   finali   -
  Possibilita' di introdurre, con legge di  bilancio,  per  gli  anni
  2017-2019, il fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa  -
  Inclusione, a partire dal 2020, di detto fondo tra le entrate e  le
  spese finali - Definizione, con legge  dello  Stato,  dei  premi  e
  delle sanzioni da applicare alle Regioni e  agli  enti  locali,  in
  attuazione dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012. 
- Legge 12 agosto 2016, n. 164  (Modifiche  alla  legge  24  dicembre
  2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni  e
  degli enti locali), art. 1, comma 1, lettere b), ed e). 
-   
(GU n.49 del 6-12-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  1,
lettere b), ed e), della legge 12 agosto 2016, n. 164 (Modifiche alla
legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei  bilanci
delle regioni e degli enti locali), promossi dalle Province  autonome
di  Bolzano  e  di  Trento,  dalle  Regioni  autonome   Trentino-Alto
Adige/Südtirol e Friuli-Venezia Giulia e  dalla  Regione  Veneto  con
ricorsi notificati il 27 ottobre-2 novembre  (Provincia  autonoma  di
Bolzano), il  28  ottobre  (Provincia  autonoma  di  Trento,  Regioni
autonome Trentino-Alto Adige/Südtirol e Friuli-Venezia Giulia)  e  il
28  ottobre-2  novembre  2016   (Regione   Veneto),   depositati   in
cancelleria, rispettivamente, il 31 ottobre, il 4  e  il  7  novembre
2016 e iscritti ai nn. 68, 69, 70, 71 e 74 del registro ricorsi 2016. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  dell'11  ottobre  2017  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi  gli  avvocati  Renate  Von  Guggenberg  per  la  Provincia
autonoma di Bolzano, Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di
Trento e per  le  Regioni  autonome  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  e
Friuli-Venezia Giulia, Ezio Zanon per la Regione Veneto e  l'avvocato
dello Stato Gianni De Bellis per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 27 ottobre  -  2  novembre  2016  e
depositato il successivo 31 ottobre (reg. ric. n. 68  del  2016),  la
Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato, tra gli altri, l'art.  1,
comma 1, lettera b), della legge 12 agosto 2016,  n.  164  (Modifiche
alla legge 24 dicembre 2012, n. 243  in  materia  di  equilibrio  dei
bilanci delle regioni e degli enti locali), in riferimento agli artt.
16, 79, 80, 81, 83, 84 e 104  del  d.P.R.  31  agosto  1972,  n.  670
(Statuto speciale per il Trentino-Alto  Adige/Südtirol),  agli  artt.
16, 17 e 18 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268  (Norme  di
attuazione dello Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige  in
materia di finanza regionale e provinciale), nonche' agli  artt.  81,
97, secondo comma, 117, terzo comma, e 119 della Costituzione. 
    La ricorrente premette il contenuto della legge impugnata  e,  in
particolare, dell'art. 1, comma 1, lettera b),  con  il  quale  viene
introdotto,  nell'art.  9  della  legge  24  dicembre  2012,  n.  243
(Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio
ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione), il comma
1-bis. 
    Nel delineare il quadro normativo  delle  proprie  prerogative  e
competenze, la Provincia autonoma di Bolzano  evidenzia  che  sia  la
legge n. 243 del 2012 che la legge oggetto dell'impugnativa,  che  la
modifica, sarebbero state emanate ai sensi dell'art. 81, sesto comma,
Cost., come sostituito dall'art.  1  della  legge  costituzionale  20
aprile 2012,  n.  1  (Introduzione  del  principio  del  pareggio  di
bilancio nella Carta costituzionale), che, tra l'altro, demanda a una
legge approvata a maggioranza assoluta  dei  componenti  di  ciascuna
Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge  costituzionale,
l'attuazione del principio del pareggio di bilancio. 
    Con la riforma attuata dalla legge cost. n. 1  del  2012  sarebbe
stato, difatti, conferito il valore di principi  costituzionali  alle
regole relative  alla  copertura  finanziaria  delle  leggi  ed  alla
sostenibilita'   del   debito   del   complesso    delle    pubbliche
amministrazioni, in modo da garantire comunque  l'equilibrio  tra  le
entrate e le spese. 
    Tuttavia, diverse  disposizioni  della  legge  n.  164  del  2016
presenterebbero profili di contrasto con la disciplina statutaria  in
materia di equilibrio dei bilanci e di concorso  alla  sostenibilita'
del debito pubblico da parte  della  Regione  autonoma  Trentino-Alto
Adige/Südtirol e delle Province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,
oltre a ledere specifiche competenze della  Provincia  ricorrente,  e
comprimerebbero fortemente l'autonomia, anche  finanziaria,  concessa
alla stessa in forza dello statuto speciale e delle relative norme di
attuazione; essa colliderebbero inoltre con le  leggi  costituzionali
18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al  titolo  V  della  parte  seconda
della Costituzione) e n. 1  del  2012,  oltre  a  contrastare  con  i
principi di cui agli artt. 3,  81,  97,  secondo  comma,  117,  commi
terzo, quinto e sesto, 119 e 120 Cost.,  nonche'  con  il  «principio
pattizio/consensualistico» e quello della leale collaborazione. 
    Le norme  statutarie,  difatti,  attribuirebbero  alla  Provincia
autonoma di Bolzano la potesta' legislativa esclusiva (artt. 8 e  9),
e la corrispondente potesta' amministrativa, in  materia  di  finanza
locale, nonche' il coordinamento della finanza  pubblica  provinciale
che comprende quella locale (artt. 16, 79, 80 e  81,  commi  3  e  4,
dello statuto speciale e artt. 17 e 18 del d.lgs. n. 268 del 1992). 
    Inoltre, ai sensi dell'art. 54, numeri  2)  e  5)  dello  statuto
speciale, spetterebbe alla Giunta provinciale  la  deliberazione  dei
regolamenti sulle materie devolute alla potesta' regolamentare  delle
Province, nonche' la vigilanza  e  la  tutela  sulle  amministrazioni
comunali, sulle istituzioni pubbliche di  assistenza  e  beneficenza,
sui consorzi e sugli  altri  enti  o  istituti  locali,  compresa  la
facolta' di sospensione e scioglimento dei loro organi in  base  alla
legge, nonche' la nomina di commissari in detti casi ed in quelli  in
cui le amministrazioni non sono in  grado  per  qualsiasi  motivo  di
funzionare. 
    Detto  sistema,  fondato  sullo  statuto  speciale,  continua  ad
operare nonostante la riforma costituzionale del  2001,  dal  momento
che la suddetta riforma non restringe  la  sfera  di  autonomia  gia'
spettante alle Province autonome per statuto. L'art. 10  della  legge
cost. n. 3 del 2001 stabilisce, difatti, che le disposizioni in  essa
contenute si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed  alle
Province autonome di Trento e di Bolzano per le  sole  parti  in  cui
prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto  a  quelle  ad  esse
gia' attribuite. 
    In forza del Titolo  VI  dello  statuto  speciale,  la  Provincia
autonoma di Bolzano godrebbe di una particolare autonomia in  materia
finanziaria, rafforzata dalla previsione di un  meccanismo  peculiare
per la modifica delle disposizioni recate dal medesimo Titolo VI, che
ammette l'intervento del legislatore statale con legge ordinaria solo
in presenza di una preventiva intesa con la  Regione  autonoma  e  le
Province autonome, in applicazione dell'art. 104 dello stesso statuto
speciale. Con il cosiddetto "Accordo di Milano" del 30 novembre 2009,
la  Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano hanno concordato con  il  Governo  la
modificazione del Titolo VI dello statuto di  autonomia,  secondo  la
menzionata  procedura  rinforzata.   La   predetta   intesa   avrebbe
introdotto, ai sensi dell'art. 2, commi da 106 a 126, della legge  23
dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)»,
un nuovo sistema di relazioni finanziarie  con  lo  Stato,  anche  in
attuazione del processo di riforma  in  senso  federalista  contenuto
nella legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al  Governo  in  materia  di
federalismo  fiscale,   in   attuazione   dell'articolo   119   della
Costituzione). 
    Successivamente sarebbe  intervenuto  l'accordo  del  15  ottobre
2014, cosiddetto "patto  di  garanzia",  tra  lo  Stato,  la  Regione
autonoma Trentino-Alto  Adige/Südtirol  e  le  Province  autonome  di
Trento  e  di  Bolzano,  il  quale  avrebbe   portato   all'ulteriore
modificazione del Titolo VI dello  statuto  di  autonomia,  stipulato
secondo la procedura rinforzata prevista  dal  menzionato  art.  104.
Tale ultima intesa, recepita con legge  23  dicembre  2014,  n.  190,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'   2015)»,   avrebbe
ulteriormente rinnovato, ai sensi dell'art. l, commi da  407  a  413,
della medesima legge, il sistema  di  relazioni  finanziarie  con  lo
Stato. 
    Sarebbe espressamente previsto che nei  confronti  della  Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol,  delle  Province  autonome  di
Trento  e  di  Bolzano,  e  degli  enti   appartenenti   al   sistema
territoriale   regionale   integrato,   non   sarebbero   applicabili
disposizioni statali che prevedono obblighi,  oneri,  accantonamenti,
riserve all'erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli
afferenti al patto di stabilita' interno, diversi da quelli  previsti
dal Titolo VI dello statuto speciale di autonomia; che  sarebbero  la
Regione e le Province autonome sopra indicate a provvedere, per se' e
per  gli  enti  del  sistema  territoriale  regionale  integrato   di
rispettiva competenza, alle finalita' di coordinamento della  finanza
pubblica contenute in specifiche disposizioni statali, adeguando,  ai
sensi dell'art. 2 del decreto  legislativo  16  marzo  1992,  n.  266
(Norme di attuazione dello  Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi  statali  e  leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento), la propria legislazione ai principi dello statuto  di
autonomia, nelle  materie  individuate  dal  medesimo  statuto;  che,
conseguentemente,  dovrebbero  essere  adottate  autonome  misure  di
razionalizzazione e contenimento della spesa,  anche  orientate  alla
riduzione del debito pubblico, idonee ad assicurare il rispetto delle
dinamiche della spesa aggregata delle amministrazioni  pubbliche  del
territorio  nazionale,  in  coerenza  con  l'ordinamento  dell'Unione
europea, e, per converso, non dovrebbero essere applicate  le  misure
adottate per le Regioni e per gli altri enti nel restante  territorio
nazionale. 
    In particolare, l'art. 79 dello statuto speciale, nel definire  i
termini  e  le  modalita'  del  concorso,  da   parte   del   sistema
territoriale regionale integrato - costituito  dalla  Regione,  dalle
Province autonome e dagli enti locali, dai propri  enti  e  organismi
strumentali pubblici e privati e da quelli degli enti  locali,  dalle
aziende sanitarie, dalle universita', incluse quelle non  statali  di
cui all'art. 17, comma 120,  della  legge  15  maggio  1997,  n.  127
(Misure urgenti per lo snellimento  dell'attivita'  amministrativa  e
dei procedimenti di  decisione  e  di  controllo),  dalle  camere  di
commercio, industria, artigianato e agricoltura e dagli altri enti od
organismi a ordinamento  regionale  o  provinciale  finanziati  dalle
stesse in via ordinaria - al conseguimento degli obiettivi di finanza
pubblica, di perequazione  e  di  solidarieta'  e  all'esercizio  dei
diritti e dei doveri dagli stessi derivanti,  nonche'  all'osservanza
dei  vincoli  economici  e  finanziari   derivanti   dall'ordinamento
dell'Unione europea, stabilirebbe  che  detto  concorso  avvenga  nel
rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci ai sensi della legge n.
243 del 2012, con la precisazione  che  tali  misure  possono  essere
modificate esclusivamente con la  procedura  prevista  dall'art.  l04
dello stesso  statuto  speciale,  e  che  fino  alla  loro  eventuale
modificazione costituiscono il concorso  agli  obiettivi  di  finanza
pubblica (comma 2). Fermo restando  il  coordinamento  della  finanza
pubblica da parte dello Stato ai sensi dell'art. 117 Cost., il  comma
3 dell'art. 79 indicato stabilirebbe inoltre  che  sono  le  Province
autonome  a  provvedere  al  coordinamento  della  finanza   pubblica
provinciale, nei confronti degli enti  del  loro  territorio  facenti
parte del sistema territoriale regionale integrato; e che, al fine di
conseguire gli obiettivi in termini  di  saldo  netto  da  finanziare
previsti in capo alla Regione autonoma e alle  Province  autonome  ai
sensi dello stesso articolo, spetterebbe a queste ultime  definire  i
concorsi  e  gli  obblighi  nei  confronti  degli  enti  del  sistema
territoriale integrato di rispettiva competenza; che sarebbero sempre
le Province autonome a vigilare sul raggiungimento degli obiettivi di
finanza  pubblica  da  parte  degli  enti  del  sistema  territoriale
integrato  di  rispettiva  competenza;  e  che,  ai  soli  fini   del
monitoraggio dei  saldi  di  finanza  pubblica,  comunicherebbero  al
Ministero dell'economia e delle finanze gli  obiettivi  fissati  e  i
risultati conseguiti. 
    L'art. 80, comma 1, del  medesimo  statuto  speciale,  da  ultimo
sostituito dall'art. 1, comma 518, della legge 27 dicembre  2013,  n.
147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge di stabilita'  2014)»,  attribuirebbe,
poi,  alle  Province  autonome  la  potesta'  legislativa   primaria,
anziche' concorrente, in  materia  di  finanza  locale,  potesta'  da
esercitarsi, secondo il comma  4,  nel  rispetto  dell'art.  4  dello
stesso statuto e dei vincoli derivanti  dall'ordinamento  dell'Unione
europea. 
    L'art. 81, comma 2, dello statuto  speciale  prevedrebbe  inoltre
che, allo scopo di adeguare le finanze dei Comuni  al  raggiungimento
delle finalita'  ed  all'esercizio  delle  funzioni  stabilite  dalle
leggi, le Province autonome corrispondono  ai  Comuni  stessi  idonei
mezzi finanziari da  concordare  tra  il  Presidente  della  relativa
Provincia autonoma ed  una  rappresentanza  unitaria  dei  rispettivi
Comuni. 
    Infine, l'art. 83 del medesimo statuto prevedrebbe che la Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, le Province autonome di Trento
e di Bolzano ed i Comuni hanno un proprio  bilancio  per  l'esercizio
finanziario e che la medesima Regione e le medesime Province adeguano
la propria normativa alla legislazione  dello  Stato  in  materia  di
armonizzazione dei bilanci pubblici. Nella  normativa  di  attuazione
statutaria, alle Province autonome sarebbe attribuita la potesta'  di
emanare  norme   in   materia   di   bilanci,   di   rendiconti,   di
amministrazione del patrimonio e di contratti delle medesime e  degli
enti da esse dipendenti (art. 16 del d.lgs. n. 268 del  1992);  dette
norme di attuazione conterrebbero inoltre specifiche disposizioni per
quanto attiene all'attribuzione e  all'esercizio  delle  funzioni  in
materia di finanza locale da parte delle Province autonome (artt. 17,
18, e 19). 
    Nel contesto  normativo  cosi'  descritto,  si  collocherebbe  il
regime dei  rapporti  finanziari  tra  Stato  e  autonomie  speciali,
dominato dal principio dell'accordo e dal principio di consensualita'
(sono richiamate, da ultimo, le sentenze n. 28 del 2016 e n. 133  del
2010, nonche' le sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 98  del
2000 e n. 39 del 1984), definito,  per  quanto  riguarda  la  Regione
autonoma Trentino-Alto  Adige/Südtirol  e  le  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano, dagli artt. 103, 104  e  107  dello  statuto  di
autonomia. 
    La ricorrente ha, infine, richiamato gli  artt.  2,  3  e  4  del
d.lgs. n. 266 del 1992 che disciplinano, rispettivamente, i  rapporti
tra atti legislativi statali e  leggi  regionali  e  provinciali,  la
potesta' statale di indirizzo e  coordinamento  e  l'attribuzione  di
funzioni amministrative ad organi statali. 
    1.1.- Cio' premesso,  nell'ambito  delle  norme  che  definiscono
l'equilibrio  dei  bilanci,  ai  fini  dell'applicazione  del   nuovo
obiettivo di saldo non negativo in termini di competenza,  l'art.  1,
comma 1, lettera b), della legge  n.  164  del  2016,  che  introduce
nell'art. 9 della legge n. 243 del 2012 il comma 1-bis, identifica le
entrate finali come quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello
schema di bilancio  previsto  dal  d.lgs.  23  giugno  2011,  n.  118
(Disposizioni in materia di armonizzazione dei  sistemi  contabili  e
degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei  loro
organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n.
42), e le spese finali come quelle ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del
medesimo schema di bilancio; inoltre esso prevederebbe, per gli  anni
2017-2019, l'introduzione del fondo pluriennale vincolato di  entrata
e di spesa,  con  la  legge  di  bilancio,  compatibilmente  con  gli
obiettivi di  finanza  pubblica  e  su  base  triennale;  nonche',  a
decorrere  dall'esercizio  2020,  l'inclusione  del  medesimo  fondo,
finanziato dalle entrate finali, tra le entrate e le spese finali. 
    A tale riguardo, argomenta la Provincia ricorrente, la  legge  28
dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'
2016)»  aveva  gia'   previsto   il   fondo   pluriennale   vincolato
limitatamente all'anno 2016 (art. 1, comma 711, secondo periodo), con
conseguente esclusione per gli anni successivi. 
    La disposizione impugnata consente, invece, anche per il triennio
2017-2019   l'inclusione    del    fondo    pluriennale    vincolato,
subordinandone tuttavia la possibilita' alle previsioni  della  legge
di bilancio ed alla sua compatibilita' con gli obiettivi  di  finanza
pubblica. 
    Peraltro, la nuova  formulazione  non  sarebbe  risolutiva  della
questione  di  legittimita'  costituzionale  gia'   sollevata   dalla
medesima Provincia autonoma avverso il predetto comma 711 dell'art. 1
della legge di stabilita' 2016. 
    Premesse le motivazioni che avevano reso necessario impugnare con
altro ricorso pendente presso la Corte, tra gli altri, l'evocato art.
1, comma 709, della legge di stabilita' 2016 -  che  prescrive  anche
alle Province autonome il rispetto di tutte le disposizioni contenute
nei commi da 707 a 734 della stessa  legge,  anziche'  solamente  dei
principi desumibili dai predetti commi,  nonche'  delle  disposizioni
che si riferiscono espressamente alle  province  autonome  (contenute
nei commi 723, lettera a, terzo periodo, e 730) -  nonche'  il  comma
711,  secondo  periodo  -  il  quale,  limitatamente  all'anno  2016,
considera nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza
il fondo  pluriennale  vincolato  -;  e  tenuto  conto  di  esse,  la
Provincia ricorrente svolge le seguenti osservazioni. 
    Il  fondo  pluriennale  vincolato  e'  una  posta   di   bilancio
introdotta dalla nuova disciplina in materia  di  armonizzazione  dei
sistemi contabili di cui  al  d.lgs.  n.  118  del  2011,  che  trova
applicazione anche nella Provincia autonoma di Bolzano nel 2016. Esso
rappresenta lo strumento per reimputare su esercizi successivi  spese
gia' impegnate ma non ancora giunte a scadenza. Trattandosi di  spese
gia'   impegnate   su    esercizi    precedenti,    esse    risultano
finanziariamente gia' coperte con le entrate di detti esercizi, anche
in considerazione del fatto che il bilancio della Provincia  autonoma
di Bolzano e' sempre stato approvato in equilibrio. 
    L'introduzione di restrizioni all'utilizzo del fondo  pluriennale
vincolato per il periodo  2017-2019,  nonche'  la  possibilita',  dal
2020, di iscrivere il fondo pluriennale vincolato  di  entrata  e  di
spesa  solo  per  la  parte  finanziata   da   entrate   finali,   si
sostanzierebbe nella limitazione o nella impossibilita', a  decorrere
dal  2017,  di  utilizzare  fondi  gia'  destinati   negli   esercizi
precedenti al finanziamento di spese oggetto di riprogrammazione, con
conseguente necessita' di utilizzare a loro copertura  nuove  entrate
dell'anno sul quale vengono riprogrammate le spese, che  diversamente
avrebbero potuto essere altrimenti impiegate per nuovi interventi. 
    Sarebbe dunque evidente che attraverso un meccanismo contabile si
concretizza una violazione dei principi di autonomia finanziaria e di
bilancio contenuti  nel  Titolo  VI  dello  statuto  speciale  e,  in
particolare, del principio di autonomia finanziaria  dal  lato  della
spesa. 
    Questo principio, espressamente enunciato  dall'art.  119,  primo
comma, Cost., e' implicito nello statuto di  autonomia,  dal  momento
che le risorse di cui agli artt. 69 e seguenti di detto statuto  sono
assegnate alle Province autonome, senza vincolo di destinazione,  per
far fronte  alle  funzioni  alla  stessa  attribuite,  e  in  cui  le
limitazioni possibili sono esaustivamente disciplinate dal successivo
art. 79. 
    Risulterebbero  inoltre  violati   i   principi   statutari   che
riconoscono una particolare autonomia di bilancio (artt. 83 e  84)  e
la normativa di attuazione statutaria che attribuisce  alle  Province
autonome la potesta' di emanare  norme  in  materia  di  bilanci,  di
rendiconti, di amministrazione del patrimonio e di contratti (art. 16
del d.lgs. n. 268 del 1992). 
    Per quanto attiene inoltre al rapporto tra la Provincia  autonoma
di Bolzano e gli enti locali,  la  nuova  previsione  statale  incide
anche sulla potesta' legislativa  esclusiva  e  sulla  corrispondente
potesta'  amministrativa,  in  materia  di  finanza  locale;  nonche'
interferisce  con   la   funzione   attribuita   alla   medesima   di
coordinamento della finanza pubblica provinciale,  che  comprende  la
finanza locale (artt. 16, 79, 80 e 81 dello statuto  speciale;  artt.
17 e 18 del d.lgs. n. 268 del 1992). 
    Peraltro, la norma  censurata  approvata  con  legge  rinforzata,
contiene una previsione che rinvia ad una successiva legge  ordinaria
(legge  di  bilancio  per  gli  anni  dal  2017  al  2019),  che  non
richiederebbe una maggioranza qualificata per  essere  approvata,  in
violazione dell'art. 81 Cost. e della legge cost. n. 1 del 2012. 
    Risulterebbe  infine  leso  il  principio   di   buon   andamento
dell'amministrazione di cui all'art. 97,  comma  secondo,  Cost.,  in
quanto  verrebbe  preclusa  la   realizzazione   dei   programmi   di
investimento per i  quali  i  fondi  vengono  accantonati  nel  fondo
vincolato di entrata. 
    2.- Con memoria depositata il 9 dicembre 2016, il Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  si  e'  costituito  nel  presente  giudizio,
concludendo per il rigetto del ricorso. 
    2.1.- Con specifico riferimento all'art. 1, comma 1, lettera  b),
della legge n.  164  del  2016,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato
chiarisce che, nello specificare  al  primo  periodo  quali  sono  le
entrate finali e le spese finali che rientrano nel computo del  saldo
di finanza pubblica indicato nell'art. 9, comma 1, della legge n. 243
del  2012,  la  norma  censurata  prevederebbe  una   iniziale   fase
transitoria per gli anni 2017-2019,  durante  la  quale  spetta  alla
legge di  bilancio  disporre  l'introduzione  del  fondo  pluriennale
vincolato nel calcolo  del  citato  saldo,  compatibilmente  con  gli
obiettivi di finanza  pubblica  e  su  base  triennale.  A  decorrere
dall'esercizio  finanziario  2020  e'  prevista  quindi  l'inclusione
strutturale nel saldo  di  finanza  pubblica  del  fondo  pluriennale
vincolato di entrata e di spesa. 
    Ad  avviso  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,   il   testo
originario dell'art. 9, comma l, della legge 243 del 2012 -  in  base
al quale i bilanci delle Regioni, dei Comuni, delle  Province,  delle
Citta' metropolitane e delle Province autonome di Trento e di Bolzano
si considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che
di rendiconto, registrano: a) un saldo non negativo,  in  termini  di
competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali; b) un
saldo non negativo, in termini di  competenza  e  di  cassa,  tra  le
entrate correnti e le spese correnti, incluse le  quote  di  capitale
delle rate di ammortamento dei prestiti -  delineava  un  sistema  di
vincoli di finanza pubblica piu' stringente di  quello  risultante  a
seguito della norma impugnata, in quanto non  comprendeva  l'utilizzo
del fondo pluriennale vincolato tra le voci di entrata e di spesa che
costituivano l'equilibrio di bilancio. 
    Con l'Accordo sottoscritto il 15 ottobre 2014 fra il Governo,  la
Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province  autonome
di Trento e di Bolzano, recepito dall'art. l, comma 407, della  legge
n. 190 del 2014, i suddetti enti si sono impegnati  a  conseguire  il
riequilibrio di bilancio previsto dall'art. 9 della legge n. 243  del
2012, recepito mediante la modifica dell'art. 79 del  d.P.R.  n.  670
del 1972. Per effetto di detta modifica, il comma 4-quater  dell'art.
79 dello statuto di autonomia dispone, infatti, che, a decorrere  dal
2016, la Regione  autonoma  e  le  Province  autonome  conseguono  il
pareggio di bilancio come definito dall'art. 9 citato. 
    Il medesimo comma 407 ha introdotto il comma  4-octies  nell'art.
79 dello statuto speciale che ha obbligato la Regione e  le  Province
autonome «a recepire  con  propria  legge  da  emanare  entro  il  31
dicembre 2014, mediante rinvio formale recettizio, le disposizioni in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili  e  degli  schemi  di
bilancio delle regioni, degli  enti  locali  e  dei  loro  organismi,
previste dal  decreto  legislativo  23  giugno  2011,  n.  118»,  che
disciplina anche il fondo pluriennale. 
    Sarebbe  pertanto   evidente   come   la   normativa   impugnata,
semplificando la definizione di equilibrio di bilancio e  consentendo
l'utilizzo del fondo pluriennale vincolato, abbia reso il sistema dei
vincoli di finanza pubblica piu' favorevole agli enti territoriali. 
    2.2.- Peraltro, con riferimento alla disciplina  transitoria  per
il triennio 2017-2019, andrebbe evidenziato che la legge n.  243  del
2012, allo scopo di attuare il principio del pareggio di bilancio  ai
sensi  dell'art.  81,  sesto   comma,   Cost.,   detta   disposizioni
programmatiche e di principio che, per loro natura, non  incidono  in
maniera diretta sulle situazioni giuridiche soggettive, essendo a tal
fine richiesta l'intermediazione  di  una  successiva  norma  per  la
regolazione  degli  aspetti  finanziari  ed  operativi   direttamente
connessi alla loro applicazione. Al momento della stesura della legge
impugnata, tra l'altro, non  si  disponeva  di  elementi  informativi
puntuali che consentissero di valutare il reale impatto sulla finanza
pubblica,  in  termini  di  indebitamento   netto   delle   pubbliche
amministrazioni, dell'inserimento  a  regime  del  fondo  pluriennale
vincolato negli equilibri di bilancio; pertanto il rinvio alla  legge
di bilancio deve essere interpretato,  sul  piano  sostanziale,  come
impegno del legislatore a individuare la copertura di detto fondo nel
triennio 2017-2019, fermo restando l'inserimento  di  tale  strumento
contabile ai  fini  del  pareggio  di  bilancio,  mentre,  sul  piano
formale, e' stato necessario, in un'ottica prudenziale, provvedere  a
rinviare alla legge di bilancio 2017-2019  la  gestione  del  periodo
transitorio nel quale si sarebbero  potuti  valutare  e  coprire  gli
effetti dell'inclusione  del  fondo  in  parola  negli  equilibri  di
bilancio. 
    In particolare, al fine di valutare in concreto gli  effetti  sui
saldi di finanza pubblica della predetta inclusione e  di  provvedere
alla relativa copertura, si sarebbe reso necessario acquisire  sia  i
dati definitivi del monitoraggio degli andamenti di finanza  pubblica
di cui all'art.1, comma 719, della legge n. 208 del 2015, che i  dati
del monitoraggio degli andamenti dei bandi  di  gara  completi  delle
informazioni riferite allo sviluppo teorico  delle  opere  (stato  di
avanzamento dei lavori)  e  degli  andamenti  delle  entrate  finali:
l'acquisizione di tali informazioni, avvenuta solo  a  decorrere  del
mese di agosto 2016, avrebbe difatti consentito di  avere  un  quadro
piu' preciso della operativita' del  fondo  pluriennale  vincolato  e
delle dinamiche del comportamento aggregato degli enti. 
    Alla luce delle precedenti considerazioni,  sarebbe  ragionevole,
secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,  che  l'interazione
di tali fattori e il loro bilanciamento trovino composizione  con  la
legge di bilancio che provvede a recepirne gli effetti  coordinandoli
con gli obiettivi di finanza pubblica, in funzione del rispetto degli
impegni assunti in sede comunitaria. 
    2.3.- Tanto premesso, andrebbe ancora  valutata  l'ammissibilita'
del   ricorso   in   considerazione    dell'impatto,    asseritamente
peggiorativo, sul regime previgente. 
    In realta', come dianzi illustrato, il vincolo  del  pareggio  di
bilancio, secondo la  precedente  versione  dell'art.  9,  richiamata
nello statuto speciale, oltre ad essere piu'  complesso  (prevedendo,
come illustrato, obblighi di pareggio anche in termini di cassa e  in
termini di saldo corrente), sarebbe stato piu' stringente rispetto  a
quello risultante in seguito  alla  modifica  operata  con  la  norma
impugnata,  dal  momento  che  l'inclusione  del  fondo   pluriennale
vincolato tra gli aggregati rilevanti ai fini dell'unico saldo finale
di competenza - operata con legge di bilancio per il  primo  triennio
di applicazione della legge n. 243 del 2012, stante la necessita'  di
rinvenire idonea copertura finanziaria; e a regime  a  decorrere  dal
2020 - favorisce la programmazione degli investimenti e, in generale,
la gestione di tutte le spese a valenza pluriennale. 
    Peraltro,  andrebbe  considerato  che  il  disegno  di  legge  di
bilancio 2017 prevedrebbe, per il triennio  2017-2019,  la  copertura
finanziaria degli effetti  connessi  all'inserimento  del  fondo,  di
entrata e di spesa, al netto della quota riveniente da indebitamento,
ai fini della determinazione dell'equilibrio finale di competenza  di
cui all'art. 9 della legge n. 243 del 2012. Inoltre, specificatamente
per  la  Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  e  per  le
Province autonome di Trento e Bolzano, il medesimo disegno  di  legge
di bilancio prevede che il predetto fondo,  come  sopra  determinato,
rilevi anche ai fini della determinazione  del  saldo  di  competenza
mista «eurocompatibile» di cui all'art.  l,  commi  454  e  seguenti,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2013», tenuto conto che per gli anni 2017 e  2018,  per  i
predetti enti, permangono i vincoli del patto di  stabilita'  interno
(ed il correlato  regime  sanzionatorio)  in  attuazione  del  citato
Accordo sottoscritto con lo Stato il 5 ottobre 2014. 
    Secondo  il  Presidente  del   Consiglio   dei   ministri,   tali
circostanze  determinerebbero  la  cessazione   della   materia   del
contendere una volta che la legge di bilancio per il 2017 entrera' in
vigore. 
    Quanto    sin    qui     esposto,     inoltre,     determinerebbe
l'inammissibilita' del  ricorso,  per  assenza  del  requisito  della
necessaria lesivita' della norma impugnata. 
    2.4.- Infine, riguardo alla lamentata violazione dei principi  di
autonomia finanziaria e di bilancio contenuti nello statuto  speciale
(ed, in particolare, del principio di autonomia finanziaria dal  lato
della spesa), l'Avvocatura generale  dello  Stato  evidenzia  che  la
sentenza n. 88 del 2014 ha affermato la  legittimita'  costituzionale
delle norme che limitano i margini di manovra finanziaria degli  enti
territoriali, ivi comprese le autonomie speciali, in attuazione delle
disposizioni costituzionali sul principio di equilibrio di bilancio e
sulle relative norme attuative esplicitate nella  legge  n.  243  del
2012, proprio in forza del diretto  legame  tra  legge  rinforzata  e
legge cost. n. 1 del 2012. 
    L'introduzione nella Costituzione del  principio  dell'equilibrio
di bilancio rappresenterebbe difatti  lo  strumento  per  assicurare,
tenendo conto dell'andamento ciclico dell'economia, il  pareggio  del
conto economico delle pubbliche amministrazioni,  rilevante  al  fine
del rispetto dei  livelli  di  indebitamento  e  di  debito  pubblico
indicati  dal  Patto  di  stabilita'   e   crescita   in   attuazione
dell'ordinamento comunitario. 
    Detta riforma - che impone vincoli non solo allo Stato, ma  anche
a tutte le  pubbliche  amministrazioni  che  concorrono  al  bilancio
consolidato,   nel   rispetto   degli   impegni   assunti   in   sede
sovranazionale - poggia pertanto anche sui principi di solidarieta' e
di uguaglianza nonche' sugli artt. 5, 11, 117, primo comma, 119 e 120
Cost. 
    3.- Con  distinti  ricorsi,  notificati  il  28  ottobre  2016  e
depositati il successivo 4 novembre, anche la Provincia  autonoma  di
Trento (r. ric. n. 69 del 2016) e la Regione  autonoma  Trentino-Alto
Adige/Südtirol (r. ric. n. 70 del 2016),  hanno  impugnato,  tra  gli
altri, l'art. 1, comma 1, lettera b), della legge n. 164 del 2016. 
    La Provincia autonoma di Trento ha dedotto  la  violazione  degli
artt. 8, 16, 79, 104, dello statuto speciale nonche' degli  artt.  3,
97, secondo comma,  117,  terzo  comma,  119,  120  Cost.,  anche  in
combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. 18  ottobre  2001,
n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). 
    La Regione autonoma Trentino-Alto Adige ha, a sua volta,  dedotto
la lesione degli artt. 4, 16, 79 e 84 dello statuto speciale, nonche'
degli artt. 3, 97, secondo comma, 117, terzo comma, 119 e 120,  anche
in combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 
    Premesso il contenuto della legge impugnata  e,  in  particolare,
della disposizione in esame, le ricorrenti  precisano  di  censurarne
esclusivamente il secondo e terzo periodo, nella parte in cui pongono
limiti temporali, procedurali e materiali per  l'utilizzo  del  fondo
pluriennale di bilancio con motivazioni analoghe a quelle svolte  nel
ricorso della Provincia autonoma di Bolzano. 
    Rammentano, a riguardo, che il fondo pluriennale vincolato e' una
posta di bilancio che e' stata introdotta in esecuzione dei  principi
statali di armonizzazione dei bilanci pubblici dettati dal d.lgs.  n.
118 del 2011 ed e'  costituito  da  risorse  gia'  accertate  e  gia'
impegnate in esercizi precedenti, ma destinate  al  finanziamento  di
obbligazioni passive dell'ente che diventeranno esigibili in esercizi
successivi a quello in cui  e'  accertata  l'entrata:  esso,  dunque,
rappresenta un saldo finanziario a garanzia della copertura di  spese
imputate ad esercizi successivi a quello  in  corso  e  configura  lo
strumento  tecnico  per  ricollocare  su  tali  esercizi  spese  gia'
impegnate,  relativamente   alle   quali   sussiste   un'obbligazione
giuridicamente perfezionata (e quindi  un  vincolo  ad  effettuare  i
relativi pagamenti), che,  tuttavia,  giungeranno  a  scadenza  negli
esercizi sui quali vengono reimputate le  spese.  Tale  reimputazione
sarebbe obbligatoria ai sensi del d.lgs. n. 118 del 2011. 
    Trattandosi di spese gia' impegnate su esercizi precedenti,  esse
risulterebbero finanziariamente gia' coperte con le entrate di  detti
esercizi. Al riguardo, andrebbe tenuto conto anche del fatto che,  in
particolare, il bilancio della Provincia autonoma di Trento e' sempre
stato approvato in equilibrio. 
    Proprio  per  questa  ragione,  le   regole   dell'armonizzazione
prevederebbero che l'operazione  di  reimputazione  delle  spese  sia
accompagnata da quella delle relative entrate sui  medesimi  esercizi
finanziari attraverso il fondo pluriennale, alimentato con le risorse
degli anni in cui erano state impegnate le spese. 
    Gia' la legge n. 208 del 2015, ad avviso della ricorrente,  aveva
previsto il fondo pluriennale vincolato limitatamente  all'anno  2016
(art. 1, comma 711, secondo periodo), con conseguente esclusione  per
gli  anni  successivi:  tale  esclusione  e'  stata  impugnata  dalla
Provincia autonoma di Trento con il ricorso iscritto  al  n.  20  del
2016. 
    La nuova norma consente  ora  anche  per  il  triennio  2017-2019
l'inclusione del fondo pluriennale vincolato ai fini  dell'equilibrio
di bilancio, subordinando  pero'  questa  eventualita'  a  successive
previsioni della  legge  di  bilancio,  e  dunque  ad  una  decisione
unilaterale dello Stato, e comunque alla sua compatibilita'  con  gli
obiettivi di finanza pubblica.  A  partire  dall'esercizio  2020,  la
norma impugnata consente l'inclusione di tale fondo tra le entrate  e
le spese finali, ma solo nella parte in cui il  fondo  e'  finanziato
con le entrate finali. 
    Tali  limitazioni  si  tradurrebbero  nel  condizionamento  della
possibilita' di utilizzare i  fondi  gia'  destinati  negli  esercizi
precedenti  al  finanziamento  delle  spese   programmate,   e   cio'
determinerebbe, secondo la  ricorrente,  la  necessita'  che  per  la
copertura di tali  spese  debbano  essere  utilizzate  nuove  entrate
dell'anno sul quale vengono sostenute le  spese:  nuove  entrate  che
diversamente  avrebbero   potuto   essere   impiegate   per   diversi
interventi. 
    Dette  restrizioni,  a  partire  dal  2017,  determinerebbero  un
congelamento delle risorse pur disponibili, la cui utilizzazione  era
gia' stata programmata, al di fuori delle limitazioni  imposte  dalla
regola del saldo non negativo di cui all'art. 9 della  legge  n.  243
del  2012,  comportando  innanzitutto  una  lesione  della  autonomia
finanziaria  della  Provincia  autonoma  e  della  Regione   autonoma
ricorrente sul versante della spesa. 
    Tale  principio  sarebbe,  difatti,   immanente   nello   statuto
speciale, dal momento che le risorse di cui agli artt. 70 e  seguenti
sono attribuite alla Regione autonoma e alle  Province  autonome  per
far fronte alle funzioni loro assegnate e  le  possibili  limitazioni
sono disciplinate esclusivamente dal  successivo  art.  79.  In  ogni
caso, l'autonomia sul versante della spesa e' espressamente enunciata
dall'art. 119, primo comma, Cost., che viene in rilievo nel  presente
giudizio in combinazione con l'art. 10 della legge  cost.  n.  3  del
2001, in quanto piu' favorevole. 
    D'altronde,  la  disposizione  in  esame  non   potrebbe   essere
giustificata dalle esigenze dell'equilibrio di bilancio. 
    Infatti, sebbene il medesimo art. 119, primo comma, Cost., faccia
salvo il «rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci» e impegni le
Regioni  a  concorrere  «ad  assicurare  l'osservanza   dei   vincoli
economici  e  finanziari   derivanti   dall'ordinamento   dell'Unione
europea», detti valori non sono messi a rischio  dall'utilizzo  delle
proprie risorse programmate per le spese pluriennali. 
    Al contrario, sarebbe proprio  la  limitazione  all'utilizzazione
del fondo appositamente programmato per spese gia' impegnate,  e  che
diventeranno esigibili negli esercizi successivi,  a  determinare  un
rischio  per  l'equilibrio  del  bilancio,  giacche'  tale   ostacolo
comporterebbe la necessita' di trovare altrove una copertura per tali
spese, corrispondente ad obbligazioni giuridicamente vincolanti  gia'
assunte. 
    Sotto tale profilo, risulterebbe poi violato il principio di buon
andamento dell'amministrazione di cui  all'art.  97,  secondo  comma,
Cost., in quanto, se non si rinvenisse anno per anno una nuova idonea
copertura per le obbligazioni  gia'  assunte,  verrebbe  preclusa  la
realizzazione dei programmi di investimento per i quali i fondi  sono
accantonati nel fondo vincolato di entrata. 
    Parimenti leso sarebbe il principio  di  ragionevolezza,  di  cui
all'art. 3, primo comma, Cost., dal momento che le ricorrenti  -  che
pur disporrebbero delle risorse necessarie  al  finanziamento  di  un
investimento pluriennale  -  non  potrebbero  avere  la  certezza  di
poterlo onorare negli  anni  successivi,  poiche'  e'  loro  precluso
contare sulle somme appositamente accantonate; la Provincia autonoma,
inoltre, sarebbe indotta, in virtu' di una disposizione  legislativa,
a rendersi  inadempiente  a  fronte  di  obbligazioni  legittimamente
assunte e in origine dotate di piena copertura finanziaria. 
    Sarebbe  inoltre  evidente  la  ridondanza  di  tale   violazione
sull'esercizio  di  competenze  costituzionalmente   riservate   alla
Regione autonoma  e  alla  Provincia  autonoma  ricorrenti  come,  ad
esempio, le funzioni legislative  ed  amministrative  che  richiedono
l'adozione di programmi di spesa, quali, per la  Provincia  autonoma:
a) tra le competenze primarie, (art. 8, numeri 10, 17,  19,  25,  26,
27, 28 e art.  16,  o  se  piu'  favorevoli  le  analoghe  competenze
residuali ex art. 117,  quarto  comma,  Cost.,  in  combinazione  con
l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001), l'edilizia  pubblica;  la
viabilita', acquedotti e lavori pubblici  di  interesse  provinciali;
l'assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione a  mezzo  di
aziende speciali; l'assistenza  e  beneficenza  pubblica;  la  scuola
materna e l'assistenza scolastica; l'edilizia scolastica; b)  per  le
competenze legislative concorrenti, l'igiene e sanita'  (o,  se  piu'
favorevole, la tutela della salute ex art.117,  terzo  comma,  Cost.,
combinato con l'art. 10 della legge cost. n.  3  del  2001);  per  la
Regione autonoma: a) tra le  competenze  primarie  (artt.  4,  numeri
1,4,6,10 e, per le competenze amministrative, art. 16  dello  statuto
speciale), il personale regionale,  le  espropriazioni  per  pubblica
utilita' non riguardanti opere a carico prevalente  e  diretto  dello
Stato o materie di competenza provinciale, i  servizi  antincendi,  i
contributi di miglioria in  relazione  ad  opere  pubbliche  eseguite
dagli  altri  enti  pubblici  compresi  nell'ambito  del   territorio
regionale; b) tra le competenze integrative  (art.  6  dello  statuto
speciale), la previdenza e le assicurazioni sociali. 
    Peraltro, ad  avviso  delle  ricorrenti,  tali  limitazioni  alla
computabilita'   del   fondo    pluriennale    vincolato    sarebbero
incostituzionali  anche  laddove  dovessero  ritenersi  funzionali  e
strumentali alla sostenibilita' del debito pubblico, sia  sulla  base
dei parametri costituzionali (art. 5, comma 2, lettera c, della legge
cost. n. 1 del 2012; principi di eguaglianza, ragionevolezza e  leale
collaborazione), sia di quelli statutari. 
    4.- Con memorie depositate il 7 dicembre 2016, il Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  si  e'  costituito  svolgendo  le   medesime
argomentazioni di cui al ricorso n. 68 del 2016. 
    5.- Con ricorso notificato il 28 ottobre 2016 e depositato  il  4
novembre 2016, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato
il medesimo art. 1, comma 1, lettera b), della legge n. 164 del 2016,
per violazione degli artt. 4, 8, 48, 49, 51, 63 e  65  dello  statuto
speciale approvato con legge costituzionale 31  gennaio  1963,  n.  1
(Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) nonche'  delle
relative norme di attuazione; degli artt. 3,  81,  97,  primo  comma,
117, terzo e quarto comma, e  119,  primo,  secondo  e  sesto  comma,
Cost., anche in riferimento all'art. 10 della legge cost.  n.  3  del
2001; nonche' dell'art. 5, comma 2, lettera c) della legge cost. n. 1
del 2012. 
    5.1.- Dopo aver premesso il contenuto della legge censurata e, in
particolare, dell'art. 1, comma 1, lettera b), della legge n. 164 del
2016, che ha introdotto l'art. 9, comma 1-bis, della legge n. 243 del
2012, la Regione autonoma ne impugna, innanzitutto il primo periodo. 
    Esso individua, ai fini dell'equilibrio di bilancio,  le  entrate
finali come quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello  schema
di bilancio previsto dal d.lgs.  n.118  del  2011,  vale  a  dire  le
entrate correnti di natura  tributaria,  contributiva  e  perequativa
(Titolo   1);   trasferimenti   correnti    (Titolo    2);    entrate
extratributarie (Titolo 3); entrate in  conto  capitale  (Titolo  4);
entrate da riduzione di attivita' finanziarie (Titolo 5). 
    La ricorrente osserva che  tra  le  entrate  finali  che  possono
essere prese in considerazione ai fini  dell'equilibrio  di  bilancio
non e' menzionato l'eventuale avanzo dell'esercizio precedente. 
    L'omessa menzione di tale posta  di  bilancio  e'  oggetto  della
odierna impugnazione. 
    La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dubita, difatti, che la
mancata espressa menzione dell'eventuale  avanzo  di  amministrazione
possa essere intesa  nel  senso  di  divieto  di  utilizzazione,  nel
calcolo del bilancio in equilibrio,  dell'avanzo  di  amministrazione
dell'esercizio  precedente.  Tale  ipotesi  interpretativa   potrebbe
ritenersi confermata, sul piano sistematico, da quanto dispone l'art.
2, comma 1, lettera a), della  medesima  legge  n.  164  del  2015  -
parimenti impugnato  dalla  ricorrente  con  diversa  censura  -  che
parrebbe  consentire  l'utilizzo  degli  avanzi  di   amministrazione
soltanto sulla base di intese concluse in ambito regionale. 
    Nel caso venisse fornita  un'interpretazione  in  tal  senso,  la
Regione ricorrente lamenta ingenti effetti negativi, dal momento  che
essa vanta la presenza di grandi gruppi societari e, di  conseguenza,
un'estrema  variabilita'  dell'entrate,  costituite,  principalmente,
dalla compartecipazione ai tributi erariali. 
    Detta variabilita' non sarebbe  prevedibile  dalla  Regione,  ne'
programmabile ex ante, dal momento che essa ha contezza della entita'
della compartecipazione di sua spettanza solo a versamento  avvenuto,
secondo quanto previsto  dalle  norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale. 
    La  combinazione  delle  regole  costituzionali   sulla   finanza
regionale  con  la  particolare  composizione  dei  soggetti  passivi
d'imposta, che rende mutevole la massa imponibile, e con i meccanismi
di  trasmissioni  dei  dati  normativamente  previsti   comporta   la
fisiologica formazione di avanzi di bilancio (o disavanzi),  i  quali
dovrebbero trovare  la  necessaria  corrispondenza  tra  le  voci  di
entrata dell'anno seguente utili ai fini del  pareggio  di  bilancio.
Diversamente,  la  disposizione  sarebbe,  ad  avviso  della  Regione
ricorrente, lesiva della propria autonomia finanziaria ed illegittima
sotto diversi profili. 
    In  primo  luogo,  l'avanzo  di  amministrazione   dell'esercizio
precedente, una volta che sia stato  accertato  e  rappresentato  nei
rendiconti,  costituisce  un  elemento  patrimoniale  della   Regione
autonoma, che la norma impugnata renderebbe indisponibile - se non  e
alle condizioni di cui all'art. 2, comma 1, lettera a),  della  legge
n. 164 del 2016, oggetto di separata  impugnazione  -  generando  una
situazione equivalente alla sottrazione materiale di risorse, analoga
alla previsione di una riserva all'erario o di un  accantonamento  di
entrata a  valere  sulle  quote  di  tributi  erariali  di  spettanza
regionale. 
    La disposizione sarebbe dunque lesiva delle norme  dello  statuto
speciale nelle quali e'  fondata  la  sua  autonomia  finanziaria,  e
dunque delle norme  contenute  nel  Titolo  IV,  e,  in  particolare,
dell'art. 48, che costruisce la finanza dell'ente  come  una  finanza
propria della Regione autonoma; dell'art. 49,  che  attribuisce  alla
Regione autonoma  quote  dei  tributi  erariali;  dell'art.  51,  che
individua le altre entrate  della  Regione  autonoma;  dell'art.  63,
ultimo comma, che consente modifiche alle norme predette solo con  il
procedimento negoziato ivi previsto. 
    Sarebbero  inoltre  violate   anche   le   corrispondenti   norme
sull'autonomia finanziaria  e  patrimoniale  della  Regione  autonoma
contenute nell'art. 119, commi primo, secondo e sesto,  Cost.,  anche
in combinazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3  del  2001,  ove
piu' favorevole. 
    La sottrazione materiale di risorse risulterebbe lesiva anche del
principio dell'accordo,  in  applicazione  del  metodo  pattizio  che
regola i rapporti finanziari tra  lo  Stato  e  la  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia: principio sotteso agli artt. 63 e 65 (in  tema
di procedura negoziata per l'approvazione delle norme di  attuazione)
dello statuto speciale, nonche' alle norme  di  attuazione  contenute
nel d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114 (Norme di attuazione dello Statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in  materia  di  finanza
regionale), nel decreto legislativo 2 gennaio 1997, n.  8  (Norme  di
attuazione dello  statuto  speciale  per  la  regione  Friuli-Venezia
Giulia recanti modifiche ed integrazioni al d.P.R. 23  gennaio  1965,
n. 114, concernente la finanza regionale); nel decreto legislativo 31
luglio 2007, n. 137 (Norme di attuazione dello statuto speciale della
regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  in  materia   di   finanza
regionale), e ribadito, con riferimento a tutte le Regioni a  statuto
speciale, dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009. 
    D'altro canto, la  disposizione  impugnata  non  potrebbe  essere
nemmeno giustificata con le  esigenze  della  solidarieta'  nazionale
menzionate dall'art. 48 dello statuto, o con le esigenze di  concorso
della Regione autonoma alla sostenibilita' del debito  del  complesso
delle pubbliche amministrazioni, menzionate  dagli  artt.  81,  sesto
comma, e 97, primo comma, Cost., nonche' dall'art. 5, comma 2,  della
legge cost. n. 1 del 2012. 
    Qualora,   difatti,   l'avanzo   di    amministrazione    venisse
«sterilizzato» ai fini dell'equilibrio del  bilancio  regionale  allo
scopo di essere poi riversato e contabilizzato nel conto  consolidato
delle  amministrazioni  pubbliche,  ai  fini  della   rendicontazione
europea, cio' violerebbe molteplici parametri costituzionali. 
    Sarebbe violato, anzitutto, il  principio  per  cui  l'equilibrio
complessivo deve risultare dalla sommatoria di bilanci in  equilibrio
e non dalla somma algebrica di bilanci  in  disavanzo  e  bilanci  in
attivo: la possibilita' di compensazioni, del  resto,  e'  consentita
soltanto nei limiti di cui all'art. 10 della legge n. 243  del  2012,
in relazione alle operazioni di investimento. 
    Tale principio si ricava dagli artt. 81, primo comma, 119,  primo
comma, Cost., e 97, primo  comma,  Cost.,  che  la  Regione  autonoma
sarebbe  legittimata  a  far  valere  sia  perche'  l'equilibrio  dei
rispettivi bilanci e' considerato una sorta di garanzia reciproca che
tutti i livelli di Governo mutuamente si  prestano,  sia  perche'  la
considerazione  dell'equilibrio  di  bilancio  come   un   equilibrio
complessivo, creato anche attraverso la sterilizzazione degli  avanzi
di amministrazione, ha un ovvio  impatto  sull'autonomia  finanziaria
della  medesima  Regione,  la  quale  si  vede   impossibilitata   ad
utilizzare ai fini del pareggio  il  saldo  favorevole  realizzato  a
consuntivo dell'esercizio precedente. 
    In  secondo  luogo,  sarebbe  violato  anche  il   principio   di
veridicita'  e  di  trasparenza  dei  bilanci  e  di  responsabilita'
politica per gli stessi, implicito, oltre che nel richiamato art.  81
Cost., nelle norme statutarie che riservano  al  Consiglio  regionale
l'approvazione dei bilanci (artt. 7 e 25, commi primo e  quarto).  Ed
infatti, l'organo rappresentativo, che risponde al corpo  elettorale,
si troverebbe a dover approvare un bilancio  non  trasparente  e  non
veritiero, perche' l'avanzo degli esercizi precedenti, pur registrato
nelle  scritture  contabili  della  Regione  autonoma,  non   sarebbe
utilizzabile ai  fini  del  pareggio  di  bilancio,  ma  imputato  al
consolidamento dei conti della pubblica amministrazione. 
    L'elettore  verrebbe  cosi'   privato   della   possibilita'   di
comprendere  l'effettivo  andamento  della  finanza  regionale  e  di
valutare corrispondentemente l'operato  degli  amministratori  e  dei
rappresentanti eletti, in base a quanto gia' statuito da questa Corte
nella sentenza n. 188 del 2016. 
    In terzo  luogo,  sarebbe  violato  anche  il  principio  sotteso
all'art. 5, comma 2, lettera c), della legge costituzionale n. 1  del
2012, che vuole appositamente regolate  le  modalita'  attraverso  le
quali i Comuni, le Province, le Citta' metropolitane, le Regioni e le
Province  autonome  di  Trento   e   di   Bolzano   concorrono   alla
sostenibilita'   del   debito   del   complesso    delle    pubbliche
amministrazioni, in  quanto  non  potrebbe  considerarsi  regolazione
quello che e' solo un effetto indiretto di una regola contabile,  non
a caso contenuta in una disposizione che non si occupa  del  concorso
degli enti territoriali alla sostenibilita' del debito pubblico. 
    Sotto tale profilo risulterebbero inoltre violati il principio di
ragionevolezza ed il  principio  di  eguaglianza,  poiche'  la  norma
produce effetti del tutto casuali e  non  correlati  da  un'autentica
"capacita' contributiva" dell'ente, dal momento che la presenza di un
avanzo di amministrazione non  e'  di  per  se'  sintomatica  di  una
situazione finanziaria dell'ente realmente buona, ne'  significa  che
l'avanzo  possa  essere  contabilizzato   a   servizio   del   debito
consolidato delle amministrazioni pubbliche. 
    Questo rilievo di irragionevolezza sarebbe confermato  dal  fatto
che la norma impugnata si pone in contrasto con la logica interna del
sistema delineato  dalla  legge  rinforzata  n.  243  del  2012,  che
configura, all'art. 3, comma 2,  il  pareggio  di  bilancio  come  un
obiettivo di medio termine. 
    La  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  sarebbe,  difatti,
ostacolata nel raggiungimento di questo  obiettivo  dalla  permanente
sottrazione  alla  propria  disponibilita'  delle  risorse  che  pure
statutariamente le spettano,  ma  che  non  potrebbe  ragionevolmente
riuscire a impiegare nell'anno di riscossione per la struttura stessa
del meccanismo della riscossione. 
    Sarebbe  infine  evidente  la  ridondanza  di  detta   violazione
sull'esercizio  di  competenze  costituzionalmente   riservate   alla
Regione ricorrente, quali, ad esempio,  le  funzioni  legislative  ed
amministrative che richiedono l'approvazione di spese e  l'erogazione
di fondi; quali: a) tra le competenze primarie (artt.  4  e  8  dello
statuto  speciale,  o  se  piu'  favorevoli  le  analoghe  competenze
residuali ex art. 117,  quarto  comma,  Cost.,  in  combinazione  con
l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001),  agricoltura  e  foreste,
bonifiche, ordinamento delle minime unita' culturali e ricomposizione
fondiaria, irrigazione, opere di miglioramento agrario  e  fondiario,
zootecnia, ittica, economia  montana,  corpo  forestale;  viabilita',
acquedotti e lavori pubblici di interesse locale e regionale; turismo
e   industria   alberghiera;   trasporti   su   funivie    e    linee
automobilistiche, tranviarie e filoviarie,  di  interesse  regionale;
acque  minerali  e  termali;  istituzioni  culturali,  ricreative   e
sportive; musei e biblioteche di interesse locale e regionale; b) per
le competenze legislative concorrenti, l'igiene e sanita' (o, se piu'
favorevole, la tutela della salute  ex  articoli  117,  terzo  comma,
Cost., in combinazione con l'art. 10  della  legge  cost.  n.  3  del
2001). 
    5.2.- Vengono, inoltre, impugnati il secondo ed il terzo  periodo
della disposizione in esame, concernenti la limitazione  all'utilizzo
del  fondo  pluriennale  vincolato,  con  motivazioni   analoghe   ai
precedenti ricorsi. 
    Riguardo   ai   parametri   propri   della    Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia e' dedotta, in particolare, la violazione degli
artt. 48 (sul carattere proprio della finanza regionale),  49  (sulla
spettanza delle quote di tributi erariali) e 51 (sulle altre  entrate
regionali) dello statuto speciale,  dal  momento  che  l'attribuzione
alla Regione autonoma di determinate  entrate  implica  che  di  esse
l'ente possa disporne; nonche' la  violazione  dell'art.  119,  primo
comma,  Cost.,  che  espressamente  sancisce  l'autonomia  di  spesa,
invocato in combinazione con l'art. 10 della legge  cost.  n.  3  del
2001, se piu' favorevole. 
    Quanto   alla    ridondanza    sull'esercizio    di    competenze
costituzionalmente riservate alla Regione autonoma, richiamato quanto
dedotto al punto che precede, e in  particolare,  in  relazione  alle
competenze che normalmente  richiedono  l'adozione  di  programmi  di
spesa,  verrebbero,  specificamente,  in  rilievo  le  competenze  in
materia di viabilita' o di lavori  pubblici  di  interesse  locale  e
regionale, di trasporti di interesse regionale e di sanita'. 
    6.- Con memoria depositata il 7 dicembre 2016, il Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  si  e'  costituito  nel  presente  giudizio,
concludendo per l'inammissibilita' o comunque per l'infondatezza  del
ricorso. 
    6.1.- Per quanto concerne  specificamente  la  censura  attinente
l'omessa menzione  dell'avanzo  di  amministrazione  tra  le  entrate
finali rilevanti nell'equilibrio  di  bilancio  e  nella  conseguente
impossibilita' di utilizzare il proprio avanzo di amministrazione  ai
fini del pareggio di bilancio, rammenta che gia' il testo  originario
della legge n. 243 del  2012,  emanata  nell'esercizio  della  delega
contenuta nella legge costituzionale n. l del 2012, avente ad oggetto
la declinazione delle  «norme  fondamentali  e  i  criteri  volti  ad
assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci», aveva
provveduto ad individuare i saldi rilevanti ai  fini  dell'equilibrio
di bilancio. 
    Le voci di bilancio che concorrono alla formazione delle  entrate
finali e delle spese finali risultano dagli  schemi  di  contabilita'
regionale previsti dal d.lgs. n. 118 del  2011;  in  particolare  gli
allegati  9  e   10   di   tale   decreto   riportano   gli   schemi,
rispettivamente, del bilancio  di  previsione  e  del  rendiconto  di
gestione. 
    In tale ambito, il quadro generale riassuntivo evidenzia  che  le
entrate finali sono la somma dei Titoli I, II, III, IV e V, mentre le
spese finali sono la somma dei Titoli I, II, e III. 
    Dal combinato disposto dell'originario art.  9,  comma  1,  della
legge n. 243 del 2012, che definiva l'equilibrio di bilancio, e degli
allegati 9 e 10 al d.lgs. n. 118 del 2011, risulterebbe che  l'avanzo
di amministrazione non risultava ricompreso fra le  voci  di  entrata
che costituivano gli equilibri di bilancio, declinati  attraverso  il
rispetto dei quattro saldi. 
    Tale articolazione del vincolo previsto dalla legge  n.  243  del
2012 - che non include ne' il risultato  d'amministrazione  dell'anno
precedente  ne'  il  fondo  pluriennale  vincolato  -   risponderebbe
all'esigenza di coordinare le regole di  finanza  pubblica  cui  sono
sottoposti  gli  enti  territoriali  con  le  regole  europee   della
competenza economica,  secondo  cui  gli  avanzi  di  amministrazione
realizzati in esercizi precedenti non sono conteggiati  ai  fini  del
conto consolidato delle amministrazioni pubbliche utilizzato  per  la
verifica del rispetto dei vincoli europei. 
    Ne consegue che l'eventuale avanzo non puo'  essere  imputato  al
consolidamento dei conti delle amministrazioni pubbliche pur restando
nella piena disponibilita' degli enti. 
    Le censure  sarebbero,  dunque,  innanzitutto  inammissibili,  in
quanto l'esclusione  dell'avanzo  di  amministrazione  dell'esercizio
precedente dalle poste utili ai fini dell'equilibrio di bilancio  non
e' un effetto della norma impugnata, che si limita  a  ribadire  tale
disciplina, ma discende dalle previgenti disposizioni. 
    Sarebbero  comunque  infondate  le   doglianze   concernenti   la
compressione dell'autonomia finanziaria sollevate in  relazione  agli
artt. 48, 49, 51 e 63 dello statuto speciale della  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia, dal momento che le regole di finanza  pubblica
sono connotate da una generalita' non derogabile in favore di singoli
enti. 
    Le   segnalate   difficolta'   della   Regione    autonoma    nel
raggiungimento  dell'equilibrio,  dovute  alla   variabilita'   delle
proprie entrate  compartecipate,  non  potrebbero,  difatti,  trovare
soluzione nell'ambito delle  regole  generali  di  finanza  pubblica,
bensi'   attraverso   l'introduzione   di    meccanismi    correttivi
nell'attribuzione   alla   Regione   autonoma    del    gettito    da
compartecipazione ai tributi erariali, ovvero attraverso una modifica
statutaria che sancisca il passaggio dal gettito riscosso al  gettito
maturato, vale a dire all'attribuzione del gettito il cui presupposto
di imposta si verifica nel territorio della  Regione  autonoma,  come
gia' avvenuto per le altre Regioni a statuto speciale. 
    Peraltro, andrebbe evidenziato che le  nuove  regole  di  finanza
pubblica introdotte con la legge n. 164 del 2016 avrebbero un effetto
migliorativo del quadro previgente in quanto ampliano, attraverso gli
strumenti di flessibilita' previsti dalla nuova versione dell'art. 10
della legge n.  243  del  2012,  le  facolta'  di  spesa  degli  enti
territoriali consentendo agli  stessi  l'utilizzo  del  risultato  di
amministrazione degli esercizi precedenti per  finanziare  operazioni
di investimento non solo nel rispetto del  proprio  saldo,  ma  anche
attraverso le  intese  concluse  in  ambito  regionale  (comma  3)  o
mediante la partecipazione ai patti di solidarieta' nazionali  (comma
4). 
    Cio' al fine di incentivare le spese di investimento favorendo il
pieno utilizzo della capacita di spesa degli enti. 
    Anche sotto tale profilo  parrebbe  mancare  il  requisito  della
sostanziale lesivita'. 
    6.2.-  In  relazione  al  secondo  e  al  terzo   periodo   della
disposizione impugnata, concernenti la limitazione  all'utilizzo  del
fondo pluriennale vincolato,  sono  svolte  le  medesime  difese  dei
ricorsi n. 68, 69 e 70. 
    7.- Infine, con ricorso notificato il 28  ottobre  -  2  novembre
2016 e depositato il successivo  7  novembre  la  Regione  Veneto  ha
impugnato, in riferimento agli artt. 5 e 114 Cost.  «e  mediatamente»
agli artt. 117-120 Cost., l'art. 1, comma 1, lettera e), della  legge
n.  164  del  2016,  che  attribuisce  alla  legge  dello  Stato   la
determinazione di premi e di sanzioni da applicare alle  Regioni,  ai
Comuni, alle Province, alle  Citta'  metropolitane  e  alle  Province
autonome di Trento e di Bolzano, in relazione  alle  disposizioni  di
cui all'art. 9 della legge n. 243 del 2012,  dirette  a  disciplinare
l'equilibrio dei bilanci delle Regioni e degli enti locali. 
    Secondo la Regione Veneto, nel  rinnovato  quadro  costituzionale
che prevede a carico  di  tutti  gli  enti  l'obbligo  di  assicurare
l'equilibrio di bilancio e la sostenibilita' del debito pubblico,  la
competenza esclusiva dello Stato in  materia  di  armonizzazione  dei
bilanci  pubblici,  nonche'  l'osservanza  dei  vincoli  economici  e
finanziari  derivanti  dall'ordinamento   dell'Unione   europea,   il
rapporto tra lo Stato e le autonomie territoriali  costituzionalmente
riconosciute, non  potrebbe  reputarsi  alterato  al  punto  tale  da
ritenere che le Regioni e gli altri enti locali «siano sottoposti  ad
una  disciplina  pedagogica  da  parte  dello  Stato,  legittimato  a
castigare e ricompensare la loro condotta». 
    L'art.   114   Cost.,   difatti,   disegnerebbe   un'architettura
istituzionale che riconosce pari dignita' a  tutte  le  articolazioni
della Repubblica. 
    Al contrario, «la previsione di "premi" e "sanzioni", dal  sapore
"paternalista"»,  si  fonderebbe  su  un  regime  di  relazioni   tra
l'amministrazione dello Stato e gli enti territoriali non paritetico,
ne' rispettoso della autonoma  responsabilita'  alla  quale  anche  i
secondi sono tenuti. 
    Inoltre, tale  impostazione  produrrebbe  effetti  in  danno  del
cittadino, in ragione del solo fatto di risiedere in un  dato  ambito
territoriale. 
    Se,  difatti,  come  affermato  da  questa  Corte,   «i   margini
costituzionalmente    tutelati    dell'autonomia    finanziaria     e
organizzativa della Regione si riducono, quando essa  ha  trasgredito
agli obblighi legittimamente imposti dalla legislazione dello  Stato,
al fine di garantire la  tenuta  della  finanza  pubblica  allargata»
(sentenze n. 219 del  2013;  nello  stesso  senso  e'  richiamata  la
sentenza n. 155 del 2011), tuttavia, tale compressione dell'autonomia
decisionale  degli  enti   territoriali   non   giustificherebbe   la
previsione  di  un  sistema  premiale/sanzionatorio.  Esso  dovrebbe,
invece,  limitarsi  esclusivamente  a  «contromisure  compensative  o
sostitutive che  non  determinino  un  danno  per  il  cittadino,  ma
scindano   la   sanzione   sulla   responsabilita'    politica    e/o
amministrativa dall'interesse che ha la collettivita' di  beneficiare
dello  stesso  trattamento  e  delle  stesse  risorse  su  tutto   il
territorio nazionale». 
    Infine, il richiamo al principio di  proporzionalita',  previsto,
peraltro, impropriamente anche con riguardo al rapporto tra  premi  e
sanzioni e non solo tra sanzioni e violazioni, non sarebbe  in  grado
di modificare la natura di detto sistema premiale/sanzionatorio. 
    7.1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  si  e'  costituito  con
memoria depositata il 7 dicembre  2016  e  ha  dedotto,  a  riguardo,
l'infondatezza della censura  in  quanto  sembra  attribuire  rilievo
determinante alla terminologia  utilizzata  dal  legislatore  statale
piu'  che  al  contenuto   sostanziale   della   nuova   disposizione
introdotta. 
    In particolare, la ricorrente  non  avrebbe  considerato  che  la
disposizione  impugnata  avrebbe,  innanzitutto,  una  finalita'   di
garanzia per gli enti  territoriali,  attraverso  l'introduzione  del
principio di proporzionalita' nella determinazione delle  sanzioni  e
dei  premi.  Essa  assolverebbe,  inoltre,  ad   una   finalita'   di
miglioramento della situazione finanziaria degli  enti  territoriali,
attraverso l'introduzione della lettera c), che  destina  i  proventi
delle sanzioni al finanziamento di premi  a  favore  degli  enti  del
medesimo comparto che hanno rispettato i propri obiettivi. 
    Ha quindi concluso quindi per il rigetto del ricorso. 
    8.- Con memorie depositate in prossimita'  dell'udienza  pubblica
tutte le ricorrenti hanno replicato alle deduzioni del Presidente del
Consiglio dei ministri. 
    8.1.- In particolare, la Provincia autonoma di Bolzano  evidenzia
che, contrariamente all'assunto della  difesa  erariale,  secondo  il
quale le nuove disposizioni  favorirebbero  la  programmazione  degli
investimenti e, in generale, la gestione di tutte le spese a  valenza
pluriennale, le disposizioni impugnate  avrebbero  posto  limiti  per
l'utilizzo del fondo pluriennale vincolato, in virtu'  dei  quali  si
verificherebbe, a partire dal 2017, un congelamento delle risorse pur
disponibili, la cui utilizzazione era gia' stata programmata,  al  di
fuori delle limitazioni imposte dalla regola del saldo  non  negativo
di cui all'art. 9 della legge n. 243 del 2012. 
    8.2.- La Provincia autonoma  di  Trento  e  la  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol, a loro volta,  contestano  innanzitutto
l'eccezione di inammissibilita' del ricorso per difetto di  lesivita'
delle norme impugnate in quanto basata su due  assunti  entrambi  non
fondati: quello secondo il quale, prima  delle  modifiche  introdotte
dalla legge n. 164 del 2016, l'art. 9 della legge n. 243 del 2012 non
consentiva l'utilizzazione del fondo pluriennale vincolato  e  quello
per cui l'impugnazione della Provincia  autonoma  sarebbe  diretta  a
contestare  una  norma  favorevole  che  consentirebbe  espressamente
l'utilizzazione del fondo pluriennale vincolato. 
    Al contrario, l'art. 9 della legge n. 243 del  2012  non  avrebbe
impedito  all'ente  di  utilizzare  il  proprio   fondo   pluriennale
vincolato, in quanto, prima della sua modifica ad opera  dell'art.  l
della legge n. 164 del 2016, esso non definiva le entrate finali e le
uscite finali e, soprattutto,  non  poneva  limiti  all'utilizzo  del
fondo pluriennale vincolato. 
    Peraltro, non sarebbe  oggetto  di  contestazione  la  norma  che
prevede  l'utilizzabilita'  del  fondo  ai  fini  dell'equilibrio  di
bilancio,  bensi'  solamente  le  limitazioni  di  ordine  materiale,
temporale  e  procedurale  che  il  legislatore  ha  apposto  a  tale
utilizzo. 
    Le  ricorrenti  contestano  inoltre  l'assenza  di  interesse   a
ricorrere, secondo quanto ritiene l'Avvocatura generale  dello  Stato
allegando una supposta "natura programmatica" o "di principio"  delle
disposizioni impugnate: al contrario le norme contenute nell'art.  9,
comma l-bis, della legge n. 243 del  2012  avrebbero  fin  da  subito
inibito l'utilizzo -  ai  fini  dell'equilibrio  di  bilancio  -  del
predetto fondo, la cui considerazione (agli  stessi  fini)  e'  stata
possibile soltanto con l'approvazione della legge di bilancio 2017. 
    Osserva al riguardo che la norma impugnata consente alla legge di
bilancio  di  compiere  di  volta   e   in   volta   la   valutazione
dell'utilizzabilita'   del   fondo   pluriennale   vincolato:   nulla
escluderebbe,  dunque,  che  nelle  prossime   leggi   di   bilancio,
avvalendosi della autorizzazione ad esso  conferita,  il  legislatore
ordinario muti il proprio indirizzo  ed  escluda  tale  possibilita',
anche con riferimento al 2018 o al 2019. 
    Diversamente, qualora fosse accolta la  censura  sollevata  dalla
Provincia autonoma  sulla  legge  rinforzata,  il  fondo  pluriennale
vincolato cesserebbe di essere  una  posta  di  bilancio  di  cui  il
legislatore statale potrebbe liberamente  disporre,  includendola  od
escludendola dal computo degli aggregati significativi  agli  effetti
dell'equilibrio  di  bilancio  secondo  valutazioni  occasionali   di
politica finanziaria. 
    8.3.- Anche la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ritiene che
l'eccezione di inammissibilita' del ricorso per difetto di  lesivita'
delle norme impugnate sia infondata, in quanto si  basa  sull'erronea
premessa per cui il testo previgente dell'art. 9 della legge  n.  243
del 2012 avrebbe precluso l'utilizzo dell'avanzo  di  amministrazione
ai fini dell'equilibrio di bilancio. 
    Osserva, inoltre, che, se anche le disposizioni censurate fossero
ritenute  migliorative  dell'assetto  precedente,  cio'  non  farebbe
venire meno l'interesse ad impugnare (e' in proposito  richiamata  la
sentenza n. 222 del 2013). 
    Nel merito, la Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  contesta
l'argomento  per  cui  le  regole  di  finanza   pubblica   sarebbero
necessariamente connotate da generalita', in quanto  esso  negherebbe
un  carattere  essenziale   della   specialita'   regionale   e,   in
particolare,  per  quanto   concerne   le   regole   sull'avanzo   di
amministrazione, esso sarebbe  smentito  proprio  in  relazione  alle
regole sugli usi dell'avanzo di amministrazione  contenute  nell'art.
10 della legge n. 243 del 2012,  di  cui  la  Regione  ricorrente  ha
impugnato il novellato comma 3. 
    8.4.- La Regione Veneto ribadisce, infine, che la  previsione  di
un  mero  sistema  premiale-sanzionatorio  non  determinerebbe  alcun
effetto di garanzia ne' di miglioramento della situazione finanziaria
degli enti territoriali ma aggraverebbe la condizione degli  enti  in
difficolta'  a  vantaggio  degli  altri  perche'  determinerebbe  una
penalizzazione destinata a risolversi a danno del cittadino. 
    Inoltre, la sanzione sarebbe ingiusta e  irrazionale,  in  quanto
colpirebbe gli enti che, ai sensi dell'art. 9 della legge n. 243  del
2012, presentano un "saldo  negativo"  tra  le  entrate  e  le  spese
finali, a prescindere da una  "colpa"  e  sul  «semplice  presupposto
oggettivo del fatto di "inadempimento"». Le norme impugnate avrebbero
invece dovuto prevedere misure compensative o sostitutive,  idonee  a
garantire il ripianamento e non certo  ad  aggravare  la  «deficienza
finanziario-contabile» degli  enti  inadempienti  che  finirebbe  per
accrescere il divario esistente tra enti territoriali. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Provincia autonoma di Bolzano (r. ric. n. 68 del 2016)  ha
promosso questione di  legittimita'  costituzionale,  tra  le  altre,
dell'art. 1, comma 1, lettera b), della legge 12 agosto 2016, n.  164
(Modifiche alla  legge  24  dicembre  2012,  n.  243  in  materia  di
equilibrio dei bilanci  delle  regioni  e  degli  enti  locali),  che
introduce  nell'art.  9  della  legge  24  dicembre  2012,   n.   243
(Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio
ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione), il comma
1-bis, in riferimento agli artt. 16, 79, 80, 81, 83 e 84  del  d.P.R.
31 agosto  1972,  n.  670  (Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige/Südtirol), e all'art. 16 del decreto legislativo 16 marzo 1992,
n.  268  (Norme  di  attuazione  dello  Statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale  e  provinciale),
nonche' agli artt. 81, 97, secondo comma, 117,  terzo  comma,  e  119
della Costituzione. 
    La disposizione  di  nuova  introduzione  prevede  che  «Ai  fini
dell'applicazione  del  comma  1,  le  entrate  finali  sono   quelle
ascrivibili ai titoli 1, 2,  3,  4  e  5  dello  schema  di  bilancio
previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e  le  spese
finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema
di bilancio. Per gli  anni  2017-2019,  con  la  legge  di  bilancio,
compatibilmente con gli obiettivi  di  finanza  pubblica  e  su  base
triennale,  e'  prevista   l'introduzione   del   fondo   pluriennale
vincolato, di entrata e di spesa. A  decorrere  dall'esercizio  2020,
tra le entrate e le spese finali  e'  incluso  il  fondo  pluriennale
vincolato di entrata e di spesa, finanziato dalle entrate finali». 
    Le norme statutarie attribuirebbero alla  Provincia  autonoma  di
Bolzano la potesta'  legislativa  esclusiva  (artt.  8  e  9),  e  la
corrispondente potesta' amministrativa, in materia di finanza locale,
nonche' il  coordinamento  della  finanza  pubblica  provinciale  che
comprende la finanza locale. 
    L'accordo del 15 ottobre 2014, cosiddetto  "patto  di  garanzia",
tra lo Stato, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol  e  le
Province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  prevederebbe  che  nei
confronti della Regione  e  delle  Province  autonome  e  degli  enti
appartenenti al sistema territoriale regionale  integrato  non  siano
applicabili  disposizioni  statali  che  prevedono  obblighi,  oneri,
accantonamenti, riserve all'erario o  concorsi  comunque  denominati,
ivi inclusi quelli afferenti al patto di stabilita' interno,  diversi
da quelli previsti dal Titolo VI dello statuto speciale di autonomia. 
    Il fondo pluriennale vincolato  sarebbe  una  posta  di  bilancio
introdotta dalla nuova disciplina in materia  di  armonizzazione  dei
sistemi contabili di cui al decreto legislativo 23  giugno  2011,  n.
118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi  contabili
e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli  enti  locali  e  dei
loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2  della  legge  5  maggio
2009, n. 42),  che  troverebbe  applicazione  anche  nella  Provincia
autonoma di Bolzano nel 2016. Esso rappresenterebbe lo strumento  per
reimputare su esercizi successivi spese gia' impegnate ma non  ancora
giunte a scadenza. Trattandosi di spese gia'  impegnate  su  esercizi
precedenti, esse risulterebbero finanziariamente gia' coperte con  le
entrate di detti esercizi, anche in considerazione del fatto  che  il
bilancio  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano  e'  sempre   stato
approvato in equilibrio. Secondo  la  ricorrente,  l'introduzione  di
restrizioni all'utilizzo del citato fondo per il  periodo  2017-2019,
nonche' la possibilita', dal 2020, di iscrivere il fondo  pluriennale
vincolato di entrata e di spesa  solo  per  la  parte  finanziata  da
entrate   finali,   si    sostanzierebbe    nella    limitazione    o
nell'impossibilita', a decorrere dal 2017, di utilizzare risorse gia'
destinate negli esercizi precedenti al finanziamento di spese oggetto
di riprogrammazione, con conseguente necessita' di utilizzare a  loro
copertura nuove entrate dell'anno sul quale vengono riprogrammate  le
spese, che diversamente avrebbero potuto essere altrimenti  impiegate
per nuovi interventi, con conseguente lesione  dei  principi  di  cui
agli artt. 81 e 119 Cost. 
    Attraverso il descritto meccanismo contabile si  concretizzerebbe
una violazione dei principi di autonomia finanziaria  e  di  bilancio
contenuti  nel  Titolo  VI  dello  statuto  e,  in  particolare,  del
principio di autonomia finanziaria dal lato della spesa. 
    Risulterebbe  infine  leso  il  principio   di   buon   andamento
dell'amministrazione di cui all'art. 97,  secondo  comma,  Cost.,  in
quanto  verrebbe  preclusa  la   realizzazione   dei   programmi   di
investimento per i quali le risorse  vengono  accantonati  nel  fondo
pluriennale vincolato di entrata. 
    1.1.- Costituendosi in giudizio, il Presidente del Consiglio  dei
ministri deduce che l'art. 1, comma 1, lettera b), della legge n. 164
del 2016, nello specificare al primo periodo quali  sono  le  entrate
finali e le spese finali che  rientrano  nel  computo  del  saldo  di
finanza pubblica indicato nell'art. 9, comma 1, della  legge  n.  243
del 2012 prevederebbe  un'iniziale  fase  transitoria  per  gli  anni
2017-2019, durante  la  quale  spetterebbe  alla  legge  di  bilancio
disporre l'introduzione del fondo pluriennale vincolato  nel  calcolo
del citato  saldo,  compatibilmente  con  gli  obiettivi  di  finanza
pubblica e su base triennale. A decorrere dall'esercizio  finanziario
2020 sarebbe quindi prevista l'inclusione strutturale  nel  saldo  di
finanza pubblica del fondo pluriennale  vincolato  di  entrata  e  di
spesa. 
    Sarebbe  pertanto   evidente   come   la   normativa   impugnata,
semplificando la definizione di equilibrio di bilancio e  consentendo
l'utilizzo del fondo pluriennale vincolato, abbia reso il sistema dei
vincoli di finanza pubblica piu' favorevole agli enti territoriali. 
    Al momento della stesura della legge impugnata, tra l'altro,  non
si disponeva di elementi informativi puntuali  che  consentissero  di
valutare il reale impatto  sulla  finanza  pubblica,  in  termini  di
indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, dell'inserimento
a regime del fondo pluriennale vincolato negli equilibri di bilancio;
pertanto,  il  rinvio  alla  legge  di   bilancio   dovrebbe   essere
interpretato, sul piano sostanziale, come impegno del  legislatore  a
individuare la copertura di detto fondo nel triennio 2017-2019, fermo
restando l'inserimento  di  tale  strumento  contabile  ai  fini  del
pareggio di  bilancio,  mentre,  sul  piano  formale,  sarebbe  stato
necessario, in un'ottica  prudenziale,  provvedere  a  rinviare  alla
legge di bilancio 2017-2019 la gestione del periodo  transitorio  nel
quale  si  sarebbero  potuti   valutare   e   coprire   gli   effetti
dell'inclusione del fondo in parola negli equilibri di bilancio. 
    2.- Anche la Provincia autonoma di Trento  (r.  ric.  n.  69  del
2016) e la Regione autonoma Trentino Alto Adige/Südtirol (r. ric.  n.
70 del 2016) hanno promosso questioni di legittimita' costituzionale,
tra le altre, del medesimo  art.  1,  comma  1,  lettera  b),  e,  in
particolare, del secondo e del  terzo  periodo,  in  riferimento,  la
prima ricorrente, agli artt. 8, 16, 79 e 104 del d.P.R.  n.  670  del
1972, nonche' agli artt. 3, 97, secondo comma, 117, terzo comma,  119
e 120 Cost., anche in combinato disposto con l'art.  10  della  legge
cost. 18 ottobre 2001, n. 3; la  seconda  ricorrente  in  riferimento
agli artt. 4, 16, 79 e 84 del medesimo statuto di autonomia,  nonche'
agli artt. 3, 97, secondo comma, 117, terzo comma, 119 e  120  Cost.,
anche in combinato disposto  con  l'art.  10  della  legge  cost.  18
ottobre 2001, n. 3. 
    Le ricorrenti precisano di censurare esclusivamente il secondo  e
il terzo periodo della  disposizione,  nella  parte  in  cui  pongono
limiti temporali, procedurali e materiali per  l'utilizzo  del  fondo
pluriennale di bilancio, con motivazioni  analoghe  a  quelle  svolte
dalla Provincia autonoma di Bolzano nel ricorso da essa proposto. 
    Rammentano, al riguardo, che il fondo  pluriennale  vincolato  e'
una posta di bilancio che  e'  stata  introdotta  in  esecuzione  dei
principi statali di armonizzazione dei bilanci pubblici  dettati  dal
d.lgs. n. 118 del 2011 e sarebbe costituito da risorse gia' accertate
e  gia'  impegnate  in   esercizi   precedenti,   ma   destinate   al
finanziamento di  obbligazioni  passive  dell'ente  che  diventeranno
esigibili in  esercizi  successivi  a  quello  in  cui  e'  accertata
l'entrata: esso, dunque,  rappresenterebbe  un  saldo  finanziario  a
garanzia della copertura di spese imputate a  esercizi  successivi  a
quello in corso e configurerebbe lo strumento tecnico per ricollocare
su tali esercizi  spese  gia'  impegnate,  relativamente  alle  quali
sussiste un'obbligazione giuridicamente  perfezionata  (e  quindi  un
vincolo  a  effettuare  i   relativi   pagamenti),   che,   tuttavia,
giungeranno a scadenza negli esercizi sui quali vengono reimputate le
spese. Tale reimputazione sarebbe obbligatoria ai sensi del d.lgs. n.
118 del 2011. 
    Trattandosi di spese gia' impegnate su esercizi precedenti,  esse
risulterebbero finanziariamente gia' coperte con le entrate di  detti
esercizi. Al riguardo, andrebbe tenuto conto anche del fatto che,  in
particolare, il bilancio della Provincia autonoma di  Trento  sarebbe
sempre stato approvato in equilibrio. 
    Proprio  per  questa  ragione,  le   regole   dell'armonizzazione
prevederebbero che l'operazione  di  reimputazione  delle  spese  sia
accompagnata da quella delle relative entrate sui  medesimi  esercizi
finanziari attraverso il fondo pluriennale, alimentato con le risorse
degli anni in cui sono state impegnate le spese. 
    Le esposte limitazioni si tradurrebbero nel condizionamento della
possibilita' di utilizzare le risorse gia' destinate  negli  esercizi
precedenti  al  finanziamento  delle  spese   programmate,   e   cio'
determinerebbe, secondo la  ricorrente,  la  necessita'  che  per  la
copertura di tali  spese  debbano  essere  utilizzate  nuove  entrate
dell'anno sul quale vengono sostenute le  spese:  nuove  entrate  che
diversamente  avrebbero   potuto   essere   impiegate   per   diversi
interventi. 
    Dette  restrizioni,  a  partire  dal  2017,  determinerebbero  un
congelamento delle risorse  pur  disponibili,  la  cui  utilizzazione
sarebbe gia' stata programmata, al di fuori delle limitazioni imposte
dalla regola del saldo non negativo di cui all'art. 9 della legge  n.
243 del 2012, comportando innanzitutto una  lesione  della  autonomia
finanziaria della Provincia autonoma e  della  Regione  autonoma  sul
versante della spesa.  Tale  principio  sarebbe,  difatti,  immanente
nello statuto, dal momento che le risorse di  cui  agli  artt.  70  e
seguenti sarebbero attribuite alla Regione autonoma e  alle  Province
autonome per far fronte alle funzioni loro assegnate, e le  possibili
limitazioni sarebbero disciplinate esclusivamente dal successivo art.
79. In ogni caso, sarebbe lesa l'autonomia sul versante della  spesa,
che e' espressamente enunciata dall'art.  119,  primo  comma,  Cost.,
evocato a parametro in combinato disposto con l'art. 10  della  legge
cost. n. 3 del 2001. Al contrario,  sarebbe  proprio  la  limitazione
all'utilizzazione del fondo appositamente programmato per spese  gia'
impegnate - e che diventeranno esigibili negli esercizi successivi  -
a determinare un rischio per l'equilibrio del bilancio, giacche' tale
ostacolo  comporterebbe  la  necessita'  di  reperire   altrove   una
copertura   per   tali   spese,   corrispondente    a    obbligazioni
giuridicamente vincolanti gia' assunte. 
    Sotto tale profilo, risulterebbe poi violato il principio di buon
andamento dell'amministrazione di cui  all'art.  97,  secondo  comma,
Cost., in quanto, se non si rinvenisse anno per anno una nuova idonea
copertura per le obbligazioni  gia'  insorte,  verrebbe  preclusa  la
realizzazione dei programmi di investimento per i  quali  le  risorse
sono accantonate nel fondo vincolato di entrata. 
    Parimenti leso sarebbe il principio  di  ragionevolezza,  di  cui
all'art. 3, primo comma, Cost., dal momento che le ricorrenti  -  pur
disponendo dei fondi necessari al finanziamento  di  un  investimento
pluriennale - non potrebbero avere la certezza di poterlo  supportare
negli anni successivi, poiche'  sarebbe  loro  precluso  di  disporre
delle somme  appositamente  accantonate;  la  Provincia  autonoma  di
Trento, inoltre, sarebbe  indotta,  in  virtu'  di  una  disposizione
legislativa,  a  rendersi  inadempiente  a  fronte  di   obbligazioni
legittimamente  assunte  e  in  origine  dotate  di  piena  copertura
finanziaria. 
    Sarebbe  inoltre  evidente  la  ridondanza  di  tale   violazione
sull'esercizio  di  competenze  costituzionalmente   riservate   alla
Regione  autonoma  e  alla  Provincia  autonoma  con  riferimento  ai
parametri statutari  e  alle  norme  contenute  nel  titolo  V  della
Costituzione richiamati nei ricorsi. 
    Peraltro, ad  avviso  delle  ricorrenti,  tali  limitazioni  alla
computabilita'   del   fondo    pluriennale    vincolato    sarebbero
incostituzionali  anche  laddove  dovessero  ritenersi  funzionali  e
strumentali alla sostenibilita' del debito pubblico, sia  sulla  base
dei parametri costituzionali (art. 5, comma 2, lettera c, della legge
costituzionale 20  aprile  2012,  n.  1,  recante  «Introduzione  del
principio del  pareggio  di  bilancio  nella  Carta  costituzionale»;
principi di eguaglianza, ragionevolezza e leale collaborazione),  sia
di quelli statutari. 
    2.1.- Costituendosi in giudizio, il Presidente del Consiglio  dei
ministri ha svolto argomentazioni difensive del  medesimo  tenore  di
quelle sviluppate nei confronti del ricorso iscritto al r. ric. n. 68
del 2016. 
    3.-  La  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  ha   promosso
questioni di legittimita' costituzionale, tra le altre, dello  stesso
art. 1, comma 1, lettera b), della  legge  n.  164  del  2016,  primo
periodo, ove inteso  nel  senso  di  divieto  di  utilizzazione,  nel
calcolo del bilancio in equilibrio,  dell'avanzo  di  amministrazione
dell'esercizio  precedente,  nonche'  degli  ulteriori  periodi   del
medesimo articolo, in riferimento agli artt. 4, 8, 48, 49, 51,  63  e
65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia), e agli artt. 3,  81,  97,  117,
terzo e quarto comma, e 119 Cost., anche in riferimento  all'art.  10
della legge cost. n. 3 del 2001. 
    Dopo aver premesso il contenuto della legge n. 164 del 2016 e, in
particolare, dell'art. 1, comma 1,  lettera  b),  ivi  contenuto,  la
Regione autonoma ne impugna, innanzitutto,  il  primo  periodo.  Esso
individuerebbe, ai  fini  dell'equilibrio  di  bilancio,  le  entrate
finali come quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello  schema
di bilancio previsto dal d.lgs. n. 118  del  2011,  vale  a  dire  le
entrate correnti di natura  tributaria,  contributiva  e  perequativa
(titolo  1);  i  trasferimenti  correnti  (titolo  2);   le   entrate
extratributarie (titolo 3); le entrate in conto capitale (titolo  4);
le entrate da riduzione di attivita' finanziarie (titolo 5). 
    La ricorrente osserva che  tra  le  entrate  finali  che  possono
essere prese in considerazione ai fini  dell'equilibrio  di  bilancio
non  e'  menzionato  l'eventuale  avanzo  dell'esercizio  precedente.
L'omessa menzione di tale posta di bilancio e' oggetto di censura. 
    La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, infatti, dubita che la
mancata espressa menzione dell'eventuale  avanzo  di  amministrazione
possa essere intesa  nel  senso  di  divieto  di  utilizzazione,  nel
calcolo del bilancio in equilibrio,  dell'avanzo  di  amministrazione
dell'esercizio  precedente.  Tale  ipotesi  interpretativa   potrebbe
ritenersi confermata, sul piano sistematico, da quanto dispone l'art.
2, comma 1, lettera a), della  medesima  legge  n.  164  del  2016  -
parimenti impugnato dalla ricorrente con distinta e autonoma  censura
- che parrebbe consentire l'utilizzo degli avanzi di  amministrazione
soltanto sulla base di intese concluse in ambito regionale. 
    Nel caso di un'interpretazione in tal senso, la Regione  autonoma
lamenta ingenti effetti negativi,  dal  momento  che  essa  vanta  la
presenza sul proprio territorio di  grandi  gruppi  societari  e,  di
conseguenza,  un'estrema  variabilita'  delle  entrate,   costituite,
principalmente, dalla compartecipazione ai  tributi  erariali.  Detta
variabilita' non sarebbe  prevedibile  dalla  Regione  autonoma,  ne'
programmabile  ex  ante,  dal  momento  che  essa  avrebbe   contezza
dell'entita'  della  compartecipazione  di  sua  spettanza   solo   a
versamento  avvenuto,  secondo  quanto  previsto   dalle   norme   di
attuazione dello statuto speciale. 
    La  combinazione  delle  regole  costituzionali   sulla   finanza
regionale con la particolare composizione della platea dei soggettivi
passivi d'imposta, che rende mutevole la massa imponibile,  e  con  i
meccanismi  di  trasmissione  dei   dati   normativamente   previsti,
comporterebbe la fisiologica formazione di avanzi  (o  disavanzi)  di
bilancio, i quali dovrebbero trovare la necessaria corrispondenza tra
le voci di entrata dell'anno seguente utili ai fini del pareggio. 
    Diversamente, la disposizione sarebbe, ad  avviso  della  Regione
autonoma, lesiva della propria autonomia  finanziaria  e  illegittima
sotto diversi profili. 
    In  primo  luogo,  l'avanzo  di  amministrazione   dell'esercizio
precedente, una  volta  accertato  e  rappresentato  nei  rendiconti,
costituirebbe un elemento patrimoniale della Regione autonoma, che la
norma impugnata renderebbe indisponibile - se non e  alle  condizioni
di cui all'art. 2, comma 1, lettera a), della legge n. 164 del  2016,
oggetto  di  separata  impugnazione  -   generando   una   situazione
equivalente alla  sottrazione  materiale  di  risorse,  analoga  alla
previsione di una  riserva  all'erario  o  di  un  accantonamento  di
entrata a  valere  sulle  quote  di  tributi  erariali  di  spettanza
regionale. La disposizione sarebbe dunque lesiva  delle  norme  dello
statuto speciale nelle quali e' fondata la sua autonomia  finanziaria
e, quindi,  delle  norme  contenute  nel  Titolo  IV  dello  statuto,
contrastando con: l'art. 48, che definisce la finanza dell'ente  come
una finanza propria della Regione;  l'art.  49,  che  le  attribuisce
quote dei tributi erariali; l'art. 51, che individua le altre entrate
della  Regione  autonoma;  l'art.  63,  ultimo  comma,  che  consente
modifiche alle norme predette solo con il procedimento negoziato  ivi
previsto. 
    Sarebbero,  inoltre,  violate  anche  le   corrispondenti   norme
sull'autonomia finanziaria  e  patrimoniale  della  Regione  autonoma
contenute nell'art. 119, primo, secondo e sesto comma,  Cost.,  anche
in combinazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3  del  2001,  ove
piu' favorevoli. 
    La sottrazione materiale di risorse risulterebbe  inoltre  lesiva
del principio dell'accordo - sotteso agli artt. 63 e 65 dello statuto
speciale - in applicazione del metodo pattizio che regola i  rapporti
finanziari tra lo Stato e la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. 
    Qualora,   difatti,   l'avanzo   di    amministrazione    venisse
"sterilizzato" ai fini dell'equilibrio del  bilancio  regionale  allo
scopo di essere poi riversato e contabilizzato nel conto  consolidato
delle  amministrazioni  pubbliche  ai  fini   della   rendicontazione
europea, cio' contrasterebbe con molteplici parametri costituzionali. 
    Sarebbe violato, anzitutto, il  principio  per  cui  l'equilibrio
complessivo deve risultare dalla sommatoria di bilanci in  equilibrio
e non dalla somma algebrica di bilanci  in  disavanzo  e  bilanci  in
attivo:  la  possibilita'  di  compensazioni,  del   resto,   sarebbe
consentita soltanto nei limiti di cui all'art. 10 della legge n.  243
del  2012,  in  relazione  alle  operazioni  di  investimento.   Tale
principio si ricaverebbe dagli artt.  81,  primo  comma,  119,  primo
comma, e 97, primo comma, Cost.,  che  la  Regione  autonoma  sarebbe
legittimata a far valere  sia  perche'  l'equilibrio  dei  rispettivi
bilanci sarebbe considerato una sorta di garanzia reciproca che tutti
i  livelli  di  governo  mutuamente  si  prestano;  sia  perche'   la
considerazione dell'equilibrio di bilancio come  complessivo,  creato
anche attraverso la sterilizzazione degli avanzi di  amministrazione,
avrebbe un ovvio impatto sull'autonomia finanziaria della Regione, la
quale si vedrebbe impossibilitata a utilizzare ai fini  del  pareggio
il  saldo   favorevole   realizzato   a   consuntivo   dell'esercizio
precedente. 
    In  secondo  luogo,  sarebbe  violato  anche  il   principio   di
veridicita'  e  di  trasparenza  dei  bilanci  e  di  responsabilita'
politica per gli stessi, implicito, oltre che nel richiamato art.  81
Cost., nelle norme statutarie che riservano  al  Consiglio  regionale
l'approvazione dei bilanci (artt. 7 e 25, commi primo e quarto, dello
statuto speciale). E infatti, l'organo rappresentativo, che  risponde
al corpo elettorale, si troverebbe a dover approvare un bilancio  non
trasparente  e  non  veritiero,  perche'  l'avanzo   degli   esercizi
precedenti, pur registrato nelle scritture contabili  della  Regione,
non sarebbe  utilizzabile  ai  fini  del  pareggio  di  bilancio,  ma
imputato al consolidamento dei conti della pubblica  amministrazione.
L'elettore verrebbe cosi' privato della possibilita'  di  comprendere
l'effettivo  andamento  della  finanza  regionale   e   di   valutare
corrispondentemente   l'operato   degli    amministratori    e    dei
rappresentanti eletti, in base a quanto gia' statuito da questa Corte
nella sentenza n. 188 del 2016. 
    In terzo  luogo,  sarebbe  violato  anche  il  principio  sotteso
all'art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012, che
vuole appositamente regolate  le  modalita'  attraverso  le  quali  i
Comuni, le  Province,  le  Citta'  metropolitane,  le  Regioni  e  le
Province  autonome  di  Trento   e   di   Bolzano   concorrono   alla
sostenibilita'   del   debito   del   complesso    delle    pubbliche
amministrazioni, in  quanto  non  potrebbe  considerarsi  regolazione
quello che sarebbe solo un effetto indiretto di una regola contabile,
non a caso contenuta in una disposizione che non si  occuperebbe  del
concorso degli  enti  territoriali  alla  sostenibilita'  del  debito
pubblico. 
    Sotto tale profilo risulterebbero inoltre violati il principio di
ragionevolezza e  il  principio  di  eguaglianza,  poiche'  la  norma
produrrebbe effetti del tutto casuali e non correlati a  un'autentica
"capacita' contributiva" dell'ente, dal momento che la presenza di un
avanzo di amministrazione non sarebbe di per se' sintomatica  di  una
sana gestione finanziaria, ben potendo essere l'avanzo contabilizzato
a servizio del debito consolidato delle amministrazioni pubbliche. 
    Vengono, inoltre,  impugnati  il  secondo  ed  il  terzo  periodo
dell'art. 1, comma 1, lettera  b),  della  legge  n.  164  del  2016,
concernenti  la  limitazione  all'utilizzo  del   fondo   pluriennale
vincolato,  con   motivazioni   analoghe   a   quelle   dei   ricorsi
precedentemente descritti. 
    3.1.- Costituendosi in giudizio, il Presidente del Consiglio  dei
ministri ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile  o,
comunque, infondato. 
    Per  quanto  concerne   specificamente   la   censura   attinente
all'omessa menzione dell'avanzo di  amministrazione  tra  le  entrate
finali rilevanti  nell'equilibrio  di  bilancio  e  alla  conseguente
impossibilita' di utilizzare il proprio avanzo di amministrazione  ai
fini del pareggio di bilancio, il resistente  rammenta  che  gia'  il
testo originario della legge n. 243 del 2012, adottata nell'esercizio
della delega contenuta nella legge cost. n. l  del  2012,  avente  ad
oggetto la declinazione delle «norme fondamentali e i  criteri  volti
ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le  spese  dei  bilanci»,
aveva  provveduto  a  individuare   i   saldi   rilevanti   ai   fini
dell'equilibrio di bilancio. 
    Dal combinato disposto dell'originario art.  9,  comma  1,  della
legge n. 243 del 2012, che definiva l'equilibrio di bilancio, e degli
allegati 9 e 10 al d.lgs. n. 118 del 2011, risulterebbe che  l'avanzo
di amministrazione non era ricompreso fra  le  voci  di  entrata  che
costituivano gli  equilibri  di  bilancio,  declinati  attraverso  il
rispetto dei saldi. 
    Le   segnalate   difficolta'   della   Regione    autonoma    nel
raggiungimento  dell'equilibrio,  dovute  alla   variabilita'   delle
entrate da essa  compartecipate,  non  potrebbero,  difatti,  trovare
soluzione nell'ambito delle  regole  generali  di  finanza  pubblica,
bensi'   attraverso   l'introduzione   di    meccanismi    correttivi
nell'attribuzione   alla   Regione   autonoma    del    gettito    da
compartecipazione ai tributi erariali, ovvero attraverso una modifica
statutaria che sancisca il passaggio dal gettito riscosso al  gettito
maturato nel territorio della Regione,  come  gia'  avvenuto  per  le
altre Regioni a statuto speciale. 
    Peraltro, le nuove regole di finanza pubblica introdotte  con  la
legge n. 164 del 2016 in esame avrebbero un effetto migliorativo  del
quadro previgente, in quanto amplierebbero, attraverso gli  strumenti
di flessibilita' previsti dalla nuova  versione  dell'art.  10  della
legge n. 243 del 2012, le facolta' di spesa degli enti  territoriali,
consentendo agli stessi l'utilizzo del risultato  di  amministrazione
degli esercizi precedenti per finanziare operazioni  di  investimento
non solo nel rispetto del  proprio  saldo,  ma  anche  attraverso  le
intese  concluse  in  ambito  regionale  (comma  3)  o  mediante   la
partecipazione ai patti di solidarieta' nazionali (comma 4). Cio'  al
fine di incentivare le spese  di  investimento,  favorendo  il  pieno
utilizzo della capacita'  di  spesa  degli  enti.  Anche  sotto  tale
profilo parrebbe mancare il requisito della sostanziale lesivita'. 
    In relazione al secondo e al  terzo  periodo  della  disposizione
impugnata,  concernenti  la  limitazione   all'utilizzo   del   fondo
pluriennale vincolato, sono svolte le medesime difese  articolate  in
riferimento ai ricorsi iscritti al r. ric. n. 68, n. 69 e n.  70  del
2016. 
    4.- Infine, la Regione  Veneto  (r.  ric.  n.  74  del  2016)  ha
promosso questione di  legittimita'  costituzionale,  tra  le  altre,
dell'art. 1, comma 1, lettera e), della medesima  legge  n.  164  del
2016, in riferimento agli artt. 5 e 114 Cost. «e  mediatamente»  agli
artt. Da 117 a 120 Cost. 
    Secondo la ricorrente - nel rinnovato quadro costituzionale,  che
prevede  a  carico  di  tutti  gli  enti  l'obbligo   di   assicurare
l'equilibrio di bilancio e la sostenibilita' del debito pubblico,  la
competenza esclusiva dello Stato in  materia  di  armonizzazione  dei
bilanci  pubblici,  nonche'  l'osservanza  dei  vincoli  economici  e
finanziari  derivanti  dall'ordinamento  dell'Unione  europea  -   il
rapporto tra lo Stato e le autonomie territoriali  costituzionalmente
riconosciute  non  potrebbe  reputarsi  alterato  al  punto  tale  da
ritenere che le Regioni e gli enti locali «siano  sottoposti  ad  una
disciplina pedagogica da parte dello Stato, legittimato a castigare e
ricompensare la loro condotta». 
    L'art.   114   Cost.,   difatti,   disegnerebbe   un'architettura
istituzionale che riconosce pari dignita' a  tutte  le  articolazioni
della  Repubblica.  Al  contrario,   «la   previsione   di   "premi"e
"sanzioni", dal sapore "paternalista"», si fonderebbe su un regime di
relazioni tra l'amministrazione dello Stato e gli  enti  territoriali
non paritetico, ne' rispettoso della  autonoma  responsabilita'  alla
quale anche i secondi sono tenuti. 
    Inoltre, tale  impostazione  produrrebbe  effetti  in  danno  del
cittadino, in ragione del solo fatto di risiedere in un  dato  ambito
territoriale. Se, difatti,  «i  margini  costituzionalmente  tutelati
dell'autonomia finanziaria e organizzativa della Regione si riducono,
quando essa ha trasgredito agli obblighi legittimamente imposti dalla
legislazione dello Stato,  al  fine  di  garantire  la  tenuta  della
finanza pubblica allargata» (si citano le sentenze n. 219 del 2013  e
n.  155  del  2011),  tuttavia,  tale   compressione   dell'autonomia
decisionale  degli  enti   territoriali   non   giustificherebbe   la
previsione  di  un  sistema  premiale/sanzionatorio.  Esso  dovrebbe,
invece,  limitarsi  esclusivamente  a  «contromisure  compensative  o
sostitutive che  non  determinino  un  danno  per  il  cittadino,  ma
scindano   la   sanzione   sulla   responsabilita'    politica    e/o
amministrativa dall'interesse che ha la collettivita' di  beneficiare
dello  stesso  trattamento  e  delle  stesse  risorse  su  tutto   il
territorio nazionale». 
    Infine, il richiamo al principio di  proporzionalita',  previsto,
peraltro, impropriamente anche con riguardo al rapporto tra  premi  e
sanzioni e non solo tra sanzioni e violazioni, non sarebbe  in  grado
di modificare la natura di detto sistema premiale/sanzionatorio. 
    4.1.- Costituendosi in giudizio, il Presidente del Consiglio  dei
ministri ha dedotto l'infondatezza  della  censura,  che  sembrerebbe
attribuire rilievo  determinante  alla  terminologia  utilizzata  dal
legislatore statale piu' che al  contenuto  sostanziale  della  nuova
disposizione introdotta. 
    5.-  Deve  essere  rimessa  a  separata  pronuncia  la  decisione
sull'impugnazione di altre disposizioni della legge n. 164 del  2016,
proposta nei medesimi ricorsi. 
    5.1.- Le questioni di legittimita' costituzionale qui considerate
hanno ad oggetto il medesimo articolo  di  legge  e  sono  basate  su
censure in larga parte analoghe ed e' quindi  opportuna  la  riunione
dei relativi giudizi ai fini di una decisione congiunta. 
    6.-   Vanno   preliminarmente   disattese   le    eccezioni    di
inammissibilita' sollevate dall'Avvocatura generale dello  Stato  nei
confronti dei ricorsi presentati dalle  Regioni  a  statuto  speciale
Trentino Aldo Adige/Südtirol e Friuli-Venezia Giulia e dalle Province
autonome di Trento e di  Bolzano.  Secondo  il  resistente  essi  non
metterebbero sufficientemente in luce la pretesa lesione e  il  nesso
logico con i parametri costituzionali evocati. Al  contrario,  emerge
dalla lettura dei  ricorsi  e  dalla  sostanziale  coincidenza  della
maggior parte delle doglianze che le ricorrenti  lamentano  -  alcune
anche  attraverso  un'articolazione  ipotetica  delle  censure  -  un
effetto  lesivo  degli  equilibri  di  bilancio  dei   singoli   enti
territoriali e della propria autonomia costituzionalmente  garantita,
che deriverebbe dallo strumentale collegamento  di  regole  contabili
realizzato dalle norme impugnate. 
    7.- Le questioni possono essere sintetizzate in relazione ai  tre
diversi periodi di cui si compone la norma  impugnata:  a)  il  primo
periodo  -  secondo  la   prospettazione   della   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia - avrebbe l'effetto indiretto di  "espropriare"
l'avanzo  di  amministrazione  all'ente  territoriale   che   lo   ha
realizzato  per  acquisirlo  a  obiettivi  di  finanza  pubblica   da
realizzare in ambito regionale; b) con argomentazioni sostanzialmente
analoghe, tutte le autonomie speciali ricorrenti deducono poi che  il
secondo e il terzo periodo, attraverso uno  strumentale  collegamento
con lo schema di  bilancio  armonizzato,  impedirebbero  la  naturale
utilizzazione del  fondo  pluriennale  vincolato,  trasformandolo  di
fatto in un indebito contributo dell'ente territoriale agli obiettivi
di finanza pubblica. In tal  modo,  un  istituto  nato  per  la  mera
esposizione contabile  delle  diacronie  inerenti  alla  gestione  di
competenza e  di  cassa  dei  programmi  aventi  valenza  pluriennale
sarebbe conformato dalle norme impugnate  in  un'indebita  intrusione
negli equilibri finanziari dell'ente territoriale, ponendo in  essere
una  patente  violazione  della  sua  autonomia  finanziaria  e   del
correlato buon andamento della programmazione. 
    Avendo tutte le questioni sollevate l'intento di salvaguardare la
disponibilita' dell'avanzo di amministrazione e del fondo pluriennale
vincolato   secondo   le   rispettive   discipline,    una    diversa
interpretazione delle disposizioni impugnate che escluda  il  preteso
significato ablativo le renderebbe, per cio' stesso, infondate. 
    8.- Tanto premesso, la questione sollevata dalla Regione autonoma
Friuli Venezia Giulia nei confronti del primo  periodo  dell'art.  1,
comma 1, lettera b), della legge n. 164 del 2016 non e'  fondata  nei
termini di seguito specificati. 
    Essa  si  basa,  come  detto,  sul  convincimento  che  la  norma
impugnata  comporti  la  preclusione   a   utilizzare   l'avanzo   di
amministrazione "libero", al netto dei fondi vincolati, accantonati e
destinati di cui all'art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011, pur dopo  il
suo accertamento nelle forme di legge. 
    In vero, non si puo' disconoscere che detta interpretazione trovi
un qualche supporto nell'oscura  formulazione  della  norma  e  nelle
stesse  difese  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,   che
oscillano tra la rivendicazione della neutralita'  finanziaria  delle
disposizioni impugnate - e la conseguente carenza di interesse  della
ricorrente - e l'affermazione  della  doverosa  sottoposizione  delle
autonomie agli obblighi  di  contribuzione  al  raggiungimento  degli
obiettivi di finanza pubblica. 
    Tale  soluzione  esegetica  risulta,  per  diversi  motivi,   non
conforme ai parametri costituzionali invocati dalla ricorrente. 
    E'  tuttavia  possibile  un'interpretazione   adeguatrice   della
disposizione in questione, in grado di escludere tale contrasto. 
    Nel caso di specie - per una molteplice serie di ragioni appresso
indicate - l'interpretazione non puo' che essere quella  secondo  cui
l'avanzo di amministrazione rimane nella disponibilita' dell'ente che
lo  realizza.  E  cio'  comporta  l'infondatezza  delle  censure   in
riferimento a tutti i parametri  invocati,  poiche'  esse  si  basano
sulla opposta soluzione ermeneutica. 
    8.1.- La doglianza della Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia
si fonda su due elementi indiziari: da un lato, l'assenza dell'avanzo
di amministrazione  tra  le  cosiddette  "entrate  finali"  enumerate
nell'impugnato art. 1, comma 1, lettera b), della legge  n.  164  del
2016;  dall'altro,  il  collegamento  della  suddetta  norma  con  il
successivo art. 2, comma 1, lettera a) - oggetto di separata  censura
nel ricorso, ma non sottoposto a scrutinio nel presente giudizio - il
quale sottrarrebbe agli enti territoriali la piena disponibilita' dei
risultati di amministrazione positivi. 
    L'art. 1, comma 1, lettera b), primo periodo, stabilisce che  «Ai
fini dell'applicazione del comma 1, le  entrate  finali  sono  quelle
ascrivibili ai titoli 1, 2,  3,  4  e  5  dello  schema  di  bilancio
previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e  le  spese
finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema
di  bilancio»,   non   includendo   in   tali   poste   l'avanzo   di
amministrazione; mentre il  citato  art.  2,  comma  1,  lettera  a),
stabilendo che «le operazioni di indebitamento di cui al comma 2 e le
operazioni  di  investimento  realizzate  attraverso  l'utilizzo  dei
risultati  di  amministrazione   degli   esercizi   precedenti   sono
effettuate sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale
che garantiscano, per l'anno di riferimento, il rispetto del saldo di
cui all'articolo 9, comma 1, del complesso  degli  enti  territoriali
della   regione   interessata,   compresa   la   medesima   regione»,
destinerebbe  i  risultati  positivi  di  amministrazione  a   "spazi
finanziari"   diversi   dalla   diretta    utilizzazione    spettante
all'amministrazione che li realizza. 
    Dal combinato delle richiamate disposizioni la  Regione  autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  deduce  che  anche   l'avanzo   "libero"   di
amministrazione sarebbe assoggettato a vincoli di  spesa  inerenti  a
obiettivi di finanza pubblica da realizzare su base regionale. 
    All'interpretazione letterale della ricorrente si deve  preferire
tuttavia una lettura conforme a Costituzione delle norme  contestate,
secondo cui gli enti territoriali in avanzo di amministrazione  hanno
la mera facolta' - e non l'obbligo - di mettere a disposizione  delle
politiche regionali di investimento una parte o l'intero  avanzo.  E'
infatti nella piena  disponibilita'  dell'ente  titolare  dell'avanzo
partecipare o meno alle intese in ambito regionale. Solo in  caso  di
libero esercizio di  tale  opzione  l'ente  puo'  destinare  l'avanzo
all'incremento degli spazi finanziari regionali. 
    Ove, viceversa, tale opzione solidaristica non sia ritenuta utile
dall'ente titolare  dell'avanzo,  in  capo  allo  stesso  permane  la
disponibilita' del suo impiego. 
    Diversi  e  concordanti  elementi  esegetici  corroborano  questa
opzione interpretativa. 
    8.2.-   Anzitutto,   la   mancata   previsione   dell'avanzo   di
amministrazione tra le entrate disponibili deriva dal  fatto  che  la
norma contestata e' riferita al momento di redazione del bilancio  di
previsione, mentre l'accertamento del  risultato  di  amministrazione
dell'anno precedente avviene a esercizio inoltrato con l'approvazione
del rendiconto. Solo  dopo  l'eventuale  accertamento  del  risultato
positivo, la risorsa puo' essere iscritta in  bilancio  con  apposita
variazione in entrata e in uscita (con destinazione che - salvo  casi
eccezionali - dovrebbe essere rivolta a spese di investimento). 
    E'  evidente   che   la   mancata   iscrizione   dell'avanzo   di
amministrazione nel bilancio di previsione  deriva  dalla  fisiologia
temporale della gestione  contabile  e  dal  collegato  principio  di
copertura della spesa, secondo cui qualsiasi intervento  puo'  essere
realizzato solo dopo l'accertamento  dell'esistenza  della  correlata
risorsa. 
    Proprio in ossequio al principio della previa  copertura,  questa
Corte ha  dichiarato  costituzionalmente  illegittima  l'applicazione
dell'avanzo presunto al bilancio di previsione regionale (sentenze n.
279 del 2016, n. 250 e n. 266 del 2013 e n.  192  del  2012).  A  ben
vedere, di tale principio il primo periodo  dell'art.  1  costituisce
mero corollario, poiche'  all'inizio  dell'esercizio  finanziario  il
risultato di quello precedente non puo' essere accertato nelle  forme
di legge. 
    8.3.-   Un'interpretazione    vincolante    del    "conferimento"
dell'avanzo verrebbe poi a costituire una contribuzione a carico  del
titolare dell'avanzo stesso in favore delle  esigenze  della  finanza
pubblica allargata, senza che ne sussistano gli estremi. 
    Sul punto, e' da condividere  l'assunto  della  Regione  autonoma
Friuli-Venezia  Giulia,   la   quale   osserva   che   «l'avanzo   di
amministrazione dell'esercizio precedente, una volta  che  sia  stato
[correttamente] accertato e rappresentato nei  rendiconti,  [diventa]
un elemento patrimoniale  della  Regione,  che  la  norma  impugnata,
secondo quanto qui prospettato,  renderebbe  indisponibile  da  parte
dell'ente  [...],   generando   una   situazione   equivalente   alla
sottrazione materiale di risorse,  analoga  alla  previsione  di  una
riserva all'erario o di un accantonamento di entrata a  valere  sulle
quote di tributi erariali di spettanza regionale». 
    Ove si interpretasse la disposizione come imposizione di  impiego
dell'avanzo di amministrazione, l'operazione  normativamente  imposta
si verrebbe a configurare come un contributo ai  vincoli  di  finanza
pubblica senza averne i necessari requisiti e presupposti tra i quali
e'  opportuno  ricordare:  a)  la  previa  quantificazione;   b)   la
proporzionalita'  rispetto  alle   condizioni   economico-finanziarie
dell'ente assoggettato; c) il puntuale collegamento alla  manovra  di
finanza pubblica realizzata dallo Stato (sentenze n. 188 del 2016, n.
155 e n. 19 del 2015). 
    Questa Corte ha ritenuto che una determinazione unilaterale dello
Stato, comunque provvisoria, di  tale  contribuzione  e'  ammissibile
solo quando la tempistica  della  manovra  di  finanza  pubblica  non
consenta un previo contraddittorio e una piena concertazione  con  le
autonomie interessate (sentenza n. 19 del 2015).  Tale  straordinaria
misura deve essere prevista in modo chiaro, trasparente, imparziale e
proporzionato al fine di consentire che i sacrifici  siano  equamente
ripartiti  tra  le  comunita'  territoriali  interessate  e  che  gli
amministratori di dette comunita' abbiano riferimenti attendibili per
l'ottimale impiego delle risorse effettivamente a  disposizione  dopo
l'eventuale conferimento del contributo. Il  principio  risulta,  tra
l'altro, espresso nell'art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost.
n. 1 del 2012, il quale dispone che «[l]a legge di  cui  al  comma  1
disciplina altresi': [...] le modalita' attraverso le quali i Comuni,
le Province, le  Citta'  metropolitane,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano concorrono  alla  sostenibilita'  del
debito del complesso delle pubbliche amministrazioni». 
    8.4.- A ben vedere, l'impiego  dell'avanzo  quale  contributo  ai
vincoli di finanza pubblica come ipotizzato dalla Regione  ricorrente
sarebbe intrinsecamente contrario anche ai principi di eguaglianza  e
proporzionalita' nella determinazione del sacrificio posto  a  carico
dei singoli enti, poiche' la sua dimensione sarebbe del tutto casuale
e legata all'episodico concatenarsi delle varie dinamiche dei singoli
bilanci. Sotto tale profilo sarebbe altresi'  irragionevole,  perche'
verrebbe a costituire una immotivata penalizzazione  finanziaria  per
le gestioni virtuose, atteso che la  realizzazione  di  un  risultato
positivo - salvo il caso  di  gravi  carenze  nella  prestazione  dei
servizi alla collettivita' - e' di  regola  indice  di  una  condotta
virtuosa dell'ente territoriale. 
    8.5.-  Vi  e',  infine,  un   ulteriore   e   decisivo   elemento
interpretativo che si ricava direttamente dalla vigente  formulazione
dell'art.  97  Cost.,  parametro  evocato  dalla   Regione   autonoma
Friuli-Venezia  Giulia.  Invero,   la   disposizione   costituzionale
prevede, dopo la riforma, che per tutte le pubbliche  amministrazioni
l'equilibrio dei rispettivi bilanci sia prodromico al buon  andamento
e all'imparzialita' dell'azione amministrativa. La seconda parte  del
primo comma di tale articolo contempla poi  la  partecipazione  delle
amministrazioni stesse alla «sostenibilita' del debito pubblico» (tra
le altre, sentenza n. 60 del 2013). 
    In relazione alla fattispecie in esame non e'  possibile,  per  i
motivi precedentemente esposti, configurare la norma  impugnata  come
un contributo alla sostenibilita'. 
    Rimane, invece, ai fini interpretativi di tale  disposizione,  un
doveroso riferimento alla prima parte del primo  comma  dell'art.  97
Cost., poiche' il risultato di amministrazione e'  parte  integrante,
anzi coefficiente necessario, della qualificazione  del  concetto  di
«equilibrio dei bilanci». 
    Nell'articolazione teleologica del  precetto  costituzionale,  la
quale puo' essere tradotta, sotto il profilo dinamico, nella continua
ricerca  degli  equilibri  -  la  materia  finanziaria  e'  "viva"  e
sottoposta a una notevole quantita' di variabili che non  consentono,
se non casualmente,  il  raggiungimento  e  il  mantenimento  di  una
situazione stabile e definitiva -,quello che  viene  in  rilievo  nel
presente  ragionamento,  cioe'  l'equilibrio  di  bilancio  ex  post,
corrisponde all'assenza di un  disavanzo  al  termine  dell'esercizio
finanziario. E tuttavia il buon andamento  presuppone  anche  che  al
positivo  risultato  finanziario  faccia  riscontro  una  corretta  e
ottimale erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali rese alla
collettivita'. 
    Sotto tale  profilo,  il  miglior  rapporto  tra  equilibrio  del
bilancio e buon andamento dell'azione amministrativa  risiede  in  un
armonico perseguimento delle finalita' pubbliche attraverso il  minor
impiego possibile delle risorse acquisite mediante i contributi e  il
prelievo fiscale; in sostanza, un ottimale rapporto tra efficienza ed
equita'. 
    8.6.-   Alla   luce   di   tali   considerazioni,   l'avanzo   di
amministrazione  non  puo'  essere  oggetto  di  "prelievo   forzoso"
attraverso indirette  prescrizioni  tecniche  come  quelle  impugnate
dalla ricorrente. 
    In  definitiva,  risulta  con  chiarezza   dalle   considerazioni
precedenti che l'avanzo di amministrazione, una volta accertato nelle
forme di legge, e' nella disponibilita' dell'ente  che  lo  realizza,
secondo quanto precedentemente precisato. 
    9.- Anche le questioni sollevate da tutte le  autonomie  speciali
ricorrenti nei confronti dell'art. 1, comma 1, lettera b), secondo  e
terzo   periodo,   della   legge   n.   164   del   2016,    inerenti
all'utilizzazione del fondo pluriennale vincolato, sono infondate nei
termini di seguito precisati. 
    Le censure riguardano la pretesa illegittimita' delle limitazioni
previste  dalla  norma   impugnata   all'utilizzazione,   a   partire
dall'esercizio 2017, delle  risorse  gia'  destinate  negli  esercizi
precedenti al finanziamento delle spese programmate e - a tal fine  -
inserite nel fondo pluriennale vincolato. Dette censure si basano  su
una lettura integrata dei commi 1 e 1-bis dell'art. 9 della legge  n.
243 del 2012, come modificati dall'art. 1, comma 1, lettere a) e  b),
della legge n. 164 del 2016. Il comma 1-bis fisserebbe  il  contenuto
delle entrate e  delle  spese  finali  del  bilancio  di  previsione,
precludendo per alcune annualita' l'inclusione del fondo  pluriennale
vincolato, mentre il citato comma 1 stabilirebbe l'ancoraggio di tali
titoli di entrata e di spesa al concetto di equilibrio  di  bilancio.
Detta relazione verrebbe a sottrarre, in favore di pretesi vincoli di
finanza pubblica assunti dallo Stato, alcune risorse gia' impegnate -
in relazione a obbligazioni passive, indefettibili  nei  modi,  nelle
quantita' e nei tempi gia' fissati -  per  programmi  e  investimenti
approvati e finanziariamente coperti negli esercizi precedenti. 
    In tal modo il fondo pluriennale vincolato,  anziche'  funzionare
come garanzia conservativa di risorse non erogate  ma  vincolate  nel
fine,  subirebbe  un'eterogenesi  strumentale  agli  equilibri  della
finanza pubblica allargata, al  contempo  provocando  una  scopertura
sopravveniente di iniziative gia' approvate e, in ragione di cio', un
conseguente  squilibrio  per  il  bilancio   dell'ente   territoriale
investito dalla contestata novella legislativa. 
    L'art. 9, comma 1-bis, della legge n.  243  del  2012  stabilisce
che, «[a]i fini dell'applicazione del comma 1, le entrate finali sono
quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di  bilancio
previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e  le  spese
finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema
di bilancio. Per gli  anni  2017-2019,  con  la  legge  di  bilancio,
compatibilmente con gli obiettivi  di  finanza  pubblica  e  su  base
triennale,  e'  prevista   l'introduzione   del   fondo   pluriennale
vincolato, di entrata e di spesa. A  decorrere  dall'esercizio  2020,
tra le entrate e le spese finali  e'  incluso  il  fondo  pluriennale
vincolato di entrata e di spesa, finanziato dalle entrate finali». Il
comma 1 dispone che «[i]I bilanci delle regioni,  dei  comuni,  delle
province, delle Citta' metropolitane e  delle  province  autonome  di
Trento e di Bolzano si considerano in equilibrio  quando,  sia  nella
fase di  previsione  che  di  rendiconto,  conseguono  un  saldo  non
negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le  spese
finali, come eventualmente modificato ai sensi dell'articolo 10». 
    Le censure, in buona  parte  coincidenti,  possono  essere  cosi'
sintetizzate:  a)  violazione  di  specifiche  norme  statutarie;  b)
lesione degli equilibri dei propri bilanci e  di  quelli  degli  enti
territoriali operanti  sul  proprio  territorio;  c)  violazione  del
principio di copertura delle spese aventi valenza pluriennale, di cui
all'art. 81 Cost.; d) violazione del principio di buon andamento, con
particolare riferimento al principio di programmazione; e) necessita'
che  per  la  copertura  delle  spese  pluriennali   debbano   essere
utilizzate nuove risorse inerenti all'esercizio sul quale ricadono le
scadenze  temporali  dei  relativi  pagamenti;  f)  incisione   della
potesta'  legislativa  esclusiva  e  della  corrispondente   potesta'
amministrativa in materia di finanza locale; g) lesione dei  principi
di ragionevolezza, di  eguaglianza  e  di  leale  collaborazione;  h)
violazione del principio della riserva di legge sotto il profilo  del
rinvio alla legge ordinaria senza rispetto del procedimento  previsto
per quella rinforzata. 
    Cosi' raggruppate, tutte le censure mirano a  caducare  le  norme
che inciderebbero sulla fisiologica gestione  del  fondo  pluriennale
vincolato. Le ricorrenti, infatti, non contestano le disposizioni del
d.lgs. n. 118 del 2011 che disegnano una disciplina unitaria di detto
fondo, bensi' le varianti a  loro  dire  imposte  dalle  disposizioni
impugnate.  Di  tal  che  la   non   fondatezza   di   tale   assunto
interpretativo inficia tutte le predette censure. 
    In  linea  generale,  occorre  riconoscere   che   la   complessa
formulazione delle disposizioni impugnate  e  le  difese  svolte  dal
Presidente del Consiglio dei ministri sono  idonee  a  ingenerare  il
dubbio che esse si configurino effettivamente  come  prescrittive  di
contribuzioni vincolate  alla  realizzazione  di  obiettivi  generali
della finanza pubblica allargata. Per quanto in seguito  specificato,
le  disposizioni  impugnate  sarebbero  pero'  in  contrasto  con   i
parametri costituzionali  evocati  dalle  ricorrenti  se  non  se  ne
offrisse una lettura alternativa, costituzionalmente orientata. 
    A quest'ultima soluzione si deve accedere, interpretando le norme
nel senso che le disposizioni impugnate non alterano la  struttura  e
la gestione temporale del fondo pluriennale  vincolato.  Ne  consegue
che  -  contrariamente  a  quanto  lamentato   dalle   ricorrenti   -
accertamenti,  impegni,  obbligazioni  attive  e  passive   rimangono
rappresentati e gestiti in bilancio secondo quanto programmato a  suo
tempo dall'ente  territoriale.  Pertanto,  l'iscrizione  o  meno  nei
titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dell'entrata e nei titoli 1, 2 e 3 della  spesa
deve  essere  intesa  in  senso  meramente  tecnico-contabile,  quale
criterio armonizzato per il consolidamento dei conti nazionali.  Tale
aggregazione  contabile  non   incide   ne'   quantitativamente   ne'
temporalmente  sulle  risorse  legittimamente  accantonate   per   la
copertura di programmi, impegni  e  obbligazioni  passive  concordate
negli  esercizi  anteriori  alle  scadenze  del   fondo   pluriennale
vincolato. 
    Riportando la lettura di tali disposizioni alla loro finalita' di
aggregazione  macroeconomica,  vengono  a  cadere  tutti  i   pretesi
pregiudizi per le finanze delle autonomie ricorrenti. Queste  ultime,
unitamente agli altri  enti  territoriali,  mantengono,  infatti,  la
piena  facolta'  di  gestire  secundum  legem  il  fondo  pluriennale
vincolato, indipendentemente dalla sua  collocazione  nei  contestati
titoli di bilancio. 
    Al  contrario,  pur  non  implausibile  nella  sua   formulazione
letterale,  l'interpretazione  della  disposizione  suggerita   dalle
ricorrenti -  e  sostanzialmente  avallata  dalla  stessa  Avvocatura
generale dello Stato - risulta costituzionalmente non conforme per le
molteplici ragioni di seguito specificate, che corroborano  l'opzione
ermeneutica  adeguatrice  precedentemente  enunciata,   atteso   che,
secondo quanto precisato, viene garantita l'utilizzazione  del  fondo
pluriennale vincolato per gli obiettivi e le scadenze programmati nel
tempo dai singoli enti territoriali. 
    9.1.- Anzitutto, l'interpretazione adeguatrice e'  conforme  alla
ratio dell'istituto del fondo  pluriennale  vincolato,  il  quale  e'
finalizzato a gestire in modo coerente e  funzionale  l'introduzione,
nella  contabilita'  degli  enti   territoriali,   della   cosiddetta
"competenza rinforzata". Detto principio trova disciplina nel  d.lgs.
n. 118 del 2011,  allegato  1,  punto  16,  il  quale  prescrive  che
«[t]utte  le  obbligazioni  giuridicamente  perfezionate   attive   e
passive, che danno luogo a entrate e spese per l'ente, devono  essere
registrate  nelle  scritture  contabili  quando   l'obbligazione   e'
perfezionata, con imputazione  all'esercizio  in  cui  l'obbligazione
viene a scadenza. E', in ogni caso, fatta salva  la  piena  copertura
finanziaria  degli  impegni  di  spesa   giuridicamente   assunti   a
prescindere  dall'esercizio  finanziario  in  cui  gli  stessi   sono
imputati. L'accertamento costituisce  la  fase  dell'entrata  con  la
quale si perfeziona un diritto di credito relativo ad una riscossione
da realizzare e si imputa contabilmente all'esercizio finanziario nel
quale il diritto di credito viene a scadenza». 
    Per assicurare tale impostazione diacronica  degli  accertamenti,
degli impegni e delle correlate transazioni finanziarie, l'art. 3 del
d.lgs. n. 118 del 2011 prevede che «[... a]l fine di dare  attuazione
al  principio  contabile  generale   della   competenza   finanziaria
enunciato nell'allegato 1, gli enti di cui  al  comma  1  provvedono,
annualmente,  al  riaccertamento  dei  residui  attivi   e   passivi,
verificando,  ai  fini  del   rendiconto,   le   ragioni   del   loro
mantenimento. [...] Le entrate e le spese accertate e  impegnate  non
esigibili nell'esercizio considerato, sono immediatamente  reimputate
all'esercizio in cui sono esigibili. La reimputazione  degli  impegni
e' effettuata incrementando, di pari importo, il fondo pluriennale di
spesa, al fine di consentire, nell'entrata degli esercizi successivi,
l'iscrizione del fondo pluriennale vincolato a copertura delle  spese
reimputate. [...] Al fine di dare attuazione al  principio  contabile
generale della competenza finanziaria enunciato  nell'allegato  1  al
presente decreto, gli enti di cui al comma 1, a  decorrere  dall'anno
2015, iscrivono negli schemi di bilancio di cui all'art. 11, comma 1,
lettere a) e b), il fondo per la copertura degli impegni  pluriennali
derivanti da obbligazioni sorte negli esercizi precedenti, di seguito
denominato fondo pluriennale vincolato, costituito: a) in entrata, da
due voci riguardanti la parte corrente e il conto capitale del fondo,
per un importo corrispondente alla sommatoria degli  impegni  assunti
negli esercizi precedenti ed imputati sia  all'esercizio  considerato
sia agli esercizi successivi, finanziati da risorse  accertate  negli
esercizi precedenti, determinato secondo le  modalita'  indicate  nel
principio applicato della programmazione, di cui all'allegato 4/1; b)
nella spesa, da una voce denominata  "fondo  pluriennale  vincolato",
per ciascuna unita' di voto riguardante spese a carattere pluriennale
e distintamente per ciascun titolo di spesa. Il fondo e'  determinato
per un importo pari alle spese che si prevede di impegnare nel  corso
del  primo  anno  considerato  nel  bilancio,  con  imputazione  agli
esercizi successivi  e  alle  spese  gia'  impegnate  negli  esercizi
precedenti  con  imputazione  agli  esercizi  successivi   a   quello
considerato. La copertura della quota del fondo pluriennale vincolato
riguardante  le  spese  impegnate  negli   esercizi   precedenti   e'
costituita dal fondo  pluriennale  iscritto  in  entrata,  mentre  la
copertura della quota del fondo pluriennale vincolato riguardante  le
spese che si prevede di impegnare nell'esercizio di  riferimento  con
imputazione agli esercizi successivi, e' costituita dalle entrate che
si prevede di accertare nel corso dell'esercizio di riferimento». 
    Si puo' dire che, cosi' espressa, la qualificazione normativa del
fondo pluriennale vincolato costituisce una  definizione  identitaria
univoca dell'istituto, la cui disciplina  e'  assolutamente  astretta
dalla finalita' di conservare la copertura delle  spese  pluriennali.
Cio' comporta che nessuna disposizione -  ancorche'  contenuta  nella
legge rinforzata - ne  possa  implicare  un'eterogenesi  semantica  e
funzionale senza violare l'art. 81 della Costituzione. 
    Pertanto,  dall'analitica   definizione   normativa   del   fondo
pluriennale vincolato, si ricava che  la  norma  censurata  non  puo'
essere  interpretata  come   modificativa   della   copertura   delle
obbligazioni  e  degli  impegni  legittimamente   assunti   dall'ente
territoriale    cui    corrisponde    il    vincolo     del     fondo
pluriennale,"naturalmente"  finalizzato  a  conservare   le   risorse
necessarie per onorare le relative scadenze finanziarie. 
    L'esposta  interpretazione  adeguatrice   viene   confermata   da
ulteriori  e  convergenti  elementi  ermeneutici  che   depongono   a
contrario rispetto all'assunto delle ricorrenti. 
    9.2.- Occorre considerare, in riferimento all'ambito nazionale  e
a quello dell'Unione europea, che gli equilibri finanziari  custoditi
dallo  Stato  con  riguardo  al  bilancio,  inteso   come   documento
espressivo   dell'intera    finanza    pubblica    allargata,    sono
ontologicamente  diversi  da  quelli  prescritti  per  le   pubbliche
amministrazioni  uti   singulae.   Questi   ultimi   si   configurano
sostanzialmente  come  situazione  dinamica  di   bilanciamento   tra
componenti attive e passive dei singoli bilanci, mentre i primi  sono
entita' macroeconomiche alla cui equilibrata corrispondenza gli  enti
del settore pubblico allargato concorrono pro quota attraverso regole
chiare e predefinite in relazione all'andamento dei cicli economici e
alla situazione del debito pubblico. Deve essere condiviso  l'assunto
della   Regione   autonoma   Friuli-Venezia   Giulia,   secondo   cui
«l'equilibrio dei  rispettivi  bilanci  [costituisce]  una  sorta  di
garanzia reciproca che tutti i  livelli  di  governo  mutualmente  si
prestano». 
    In proposito, e' opportuno ricordare - come gia'  precedentemente
precisato - che la nuova formulazione del primo  comma  dell'art.  97
Cost. riguarda per la prima parte gli  equilibri  dei  singoli  enti,
mentre la seconda afferisce alla  doverosa  contribuzione  di  questi
ultimi  al  comune  obiettivo   macroeconomico   di   assicurare   la
sostenibilita' del debito nazionale. 
    Il primo precetto si sostanzia nel divieto - per ciascun  ente  -
di  previsioni  di  disavanzo  economico  e  nella  continua  ricerca
dell'equilibrio tendenziale nella gestione finanziaria, in  relazione
alle dinamiche interne ed  esterne  che  caratterizzano  l'attuazione
concreta  delle  politiche  di  bilancio.  Il  secondo  comporta   la
contribuzione di  ciascuna  amministrazione  al  perseguimento  degli
obiettivi di finanza pubblica nazionali ed europei, assicurando a tal
fine risorse e specifici comportamenti finanziari. Oltre ai canoni di
ragionevolezza,   la   contribuzione   deve   essere   improntata   a
trasparenza, proporzionalita'  e  previa  quantificazione.  Cio'  con
particolare  riguardo  agli  enti  territoriali  la   cui   autonomia
finanziaria puo' subire limitazioni, ma  nel  rispetto  dei  principi
costituzionali e in particolare di  quelli  contenuti  nel  Titolo  V
della Costituzione. 
    Le disposizioni impugnate non possiedono  connotati  idonei  alla
loro  qualificazione  nei  termini  precedentemente  precisati,   dal
momento che  non  contengono  previsione,  stima,  quantificazione  e
modalita' della  pretesa  contribuzione  agli  obiettivi  di  finanza
pubblica. 
    9.3.- L'interpretazione delle ricorrenti non risulta  neppure  in
linea con i precetti di copertura e di equilibrio contenuti nell'art.
81 Cost. Il bilancio non puo' considerarsi in equilibrio  in  assenza
di copertura  delle  spese  impegnate  e  degli  oneri  derivanti  da
obbligazioni gia' perfezionate.  Tale  copertura  avviene  attraverso
l'accantonamento e il conseguente vincolo giuridico posto su  cespiti
appropriati. 
    La  ventilata  possibilita'   che   il   vincolo   autorizzatorio
all'esecuzione di tali spese - nella fattispecie contenuto nel  fondo
pluriennale vincolato - possa essere rimosso  ex  lege,  costringendo
l'ente  territoriale  a  trovare  nuove  coperture   o   a   rendersi
inadempiente,  e'  un'opzione  ermeneutica  che  entra   in   diretta
collisione con i precetti contenuti nell'art.  81  Cost.  Neppure  la
legge rinforzata potrebbe introdurre una statuizione di  tal  genere:
quest'ultima colliderebbe con  il  principio  di  previa  e  costante
copertura della spesa dal momento dell'autorizzazione fino  a  quello
dell'erogazione. 
    In definitiva, la disciplina degli equilibri economico-finanziari
del bilancio di competenza non puo' prescindere dai profili giuridici
inerenti  alla  gestione  dei  cespiti  attivi  e   passivi   e,   di
conseguenza,   al   risultato   di   amministrazione,    nella    cui
determinazione non possono confluire partite contabili aleatorie o di
incerta  realizzazione.  Ove  fosse  condivisa   la   lettura   delle
ricorrenti, il concetto di equilibrio dei  singoli  bilanci  pubblici
sarebbe sottomesso a una serie di potenziali variabili normative  che
metterebbero in crisi non solo l'equilibrio  patrimoniale  dell'ente,
ma la sua  stessa  immagine  di  soggetto  operante  sul  mercato  in
qualita' di committente. 
    E' evidente che per tutelare l'affidabilita' di soggetto pagatore
dell'amministrazione occorre assicurare che la previa copertura della
relativa spesa sia "giuridicamente valida", cioe' sorretta  da  tutte
le garanzie a favore dei crediti, ivi compresa l'intangibilita' della
provvista a suo tempo accantonata per onorarli. Anche in questo  caso
l'interpretazione  adeguatrice  e'  sorretta  dal  rilievo   che   le
contestate disposizioni non contemplano ne' un blocco degli impegni e
dei pagamenti contenuti nel fondo pluriennale vincolato ne' una  loro
copertura alternativa. 
    9.4.- Sotto il profilo ermeneutico e' rilevante anche il richiamo
dell'art. 117, primo comma, Cost.,  in  relazione  all'art.  114  del
Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea  (TFUE)   e   alle
direttive europee del 29 giugno 2000, n.  2000/35/CE  (Direttiva  del
Parlamento europeo e del  Consiglio  relativa  alla  lotta  contro  i
ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali)  -  recepita  dal
decreto  legislativo  9  ottobre  2002,  n.  231  (Attuazione   della
direttiva  2000/35/UE  relativa  alla  lotta  contro  i  ritardi   di
pagamento nelle transazioni commerciali) - e  16  febbraio  2011,  n.
2011/7/UE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio  relativa
alla  lotta  contro  i  ritardi  di   pagamento   nelle   transazioni
commerciali-rifusione) - recepita dal decreto legislativo 9  novembre
2012, n. 192 (Modifiche al decreto legislativo  9  ottobre  2002,  n.
231, per l'integrale recepimento della direttiva  2011/7/UE  relativa
alla  lotta  contro  i  ritardi  di   pagamento   nelle   transazioni
commerciali, a norma  dell'articolo  10,  comma  1,  della  legge  11
novembre 2011, n. 180) - che ne hanno dato attuazione ai  fini  della
garanzia del corretto svolgimento delle transazioni stesse. 
    Il principio contenuto nel richiamato art. 114 del TFUE  e  nelle
direttive n. 2000/35/CE (che aveva dettato  una  rigorosa  disciplina
della decorrenza degli interessi moratori alla scadenza  del  termine
pattuito o di quello legale) e n.  2011/7/UE  (che  ha  stabilito  in
materia misure ancora piu' incisive) ha comportato un'azione di forte
contrasto al  fenomeno  del  ritardo  nei  pagamenti  afferenti  alle
transazioni commerciali. 
    I ritardi nei pagamenti sono considerati dall'Unione europea come
causa di gravi pregiudizi per la gestione finanziaria  delle  singole
imprese, in quanto ne compromettono competitivita' e redditivita'. 
    Considerato che alle amministrazioni pubbliche fa capo un  volume
considerevole di tali transazioni e delle relative  disfunzioni,  che
pregiudicano le imprese in quanto «il creditore deve ricorrere ad  un
finanziamento esterno a causa di ritardi nei  pagamenti  [e  che]  il
rischio  di  tali  effetti  negativi  aumenta  considerevolmente  nei
periodi di recessione economica, quando  l'accesso  al  finanziamento
diventa  piu'  difficile»  (terzo  considerando  della  direttiva  n.
2011/7/UE), la Commissione europea ha fortemente  incrementato  negli
ultimi anni la vigilanza sulle prassi nazionali non in linea  con  la
cosiddetta "cultura dei pagamenti rapidi". 
    Se, attraverso la puntuale attuazione delle richiamate direttive,
l'Italia ha ottemperato all'adeguamento della  propria  legislazione,
altrettanto non puo' dirsi in tema  di  gestione  amministrativa  dei
pagamenti,  nell'ambito  della  quale  gli  sforzi  del   legislatore
nazionale sono stati costanti  ma  non  ancora  tali  da  raggiungere
pienamente l'obiettivo europeo. 
    Ed  e'  proprio  sotto  questo  profilo  che  la   non   corretta
interpretazione delle disposizioni impugnate costituirebbe  un  grave
passo indietro nel tempestivo adempimento delle obbligazioni passive. 
    E'  opportuno  a  tal  proposito  ricordare  che  la  Commissione
europea, il 18 giugno 2014, ha notificato  all'Italia  una  messa  in
mora ai sensi dell'art 258 del TFUE per violazione degli artt. 2, 4 e
7  della  direttiva  n.  2011/7/UE  (Procedura   di   infrazione   n.
2014/2143).  Secondo  la  Commissione  europea  esisteva  un'evidente
discrepanza tra le disposizioni  recepite  e  il  concreto  andamento
delle attivita' contrattuali delle amministrazioni  nazionali  e,  in
particolare, degli enti territoriali. 
    Il  legislatore  nazionale,  proprio  per   porre   riparo   alla
perdurante prassi illegittima, aveva gia' adottato il decreto-legge 8
aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei  debiti
scaduti  della  pubblica   amministrazione,   per   il   riequilibrio
finanziario degli enti territoriali, nonche' in materia di versamento
di tributi degli enti locali), convertito, con  modificazioni,  dalla
legge 6 giugno 2013, n. 64, per  consentire  agli  enti  incapaci  di
provvedere tempestivamente ai pagamenti di usufruire delle liquidita'
necessarie per ovviare alle ricorrenti censure  europee  sui  ritardi
(sulla natura delle anticipazioni di liquidita', sentenze n.  89  del
2017  e  181  del  2015).  Ad  oggi,  parte  delle  anticipazioni  di
liquidita' stanziate con il suddetto d.legge  n.  35  del  2013  sono
ancora in corso di  utilizzazione  da  parte  degli  enti  locali  in
ritardo con i pagamenti. 
    Se l'art. 1, comma 1, lettera b) della  legge  n.  164  del  2016
fosse  interpretato  nel  senso   proposto   dalle   ricorrenti,   il
conseguente pregiudizio all'adempimento  delle  obbligazioni  passive
verrebbe a riprodurre i lamentati inconvenienti e a  pregiudicare  il
piano di contrasto al richiamato fenomeno disfunzionale.  Cio'  senza
considerare l'effetto  negativo  sulla  coerenza  della  legislazione
nazionale    in    materia,    che    diventerebbe    particolarmente
contraddittoria. 
    Al  contrario,  la  gia'  esposta   interpretazione   adeguatrice
comporta l'assoluta neutralita' delle  disposizioni  impugnate  e  la
conseguente possibilita' di utilizzare il fondo pluriennale vincolato
alle scadenze e per gli importi programmati. 
    9.5.- Un ultimo conforto esegetico - in  riferimento  ai  ricorsi
della Regione autonoma Trentino Alto Adige/Südtirol e delle  Province
autonome di Trento e di Bolzano - puo' essere ricavato  dallo  stesso
Statuto speciale. Nel Titolo VI dello statuto speciale, dedicato alla
finanza della Regione autonoma e delle Province autonome,  modificato
con le leggi 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  «8legge
finanziaria 2010)», e 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni
per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato
(legge di stabilita' 2015)», adottate sulla base di specifici accordi
in virtu' dell'art. 104  dello  statuto  speciale,  e'  prevista  una
puntuale regolazione del concorso  della  Regione  autonoma  e  delle
Province autonome agli oneri del debito pubblico. 
    In particolare, poiche' i commi 4-bis e 4-ter dell'art. 79  dello
statuto speciale regolano specificamente il  concorso  della  Regione
autonoma e delle Province  autonome  al  pagamento  degli  oneri  del
debito pubblico e sono stati introdotti dall'art. 1, comma 407, della
legge n. 190 del 2014, in epoca successiva alla legge cost. n. 1  del
2012, «si  deve  ritenere  che  [la  norma  impugnata],  non  potendo
discostarsi dalle prime in quanto di rango sottordinato, debba essere
intes[a], in base al criterio dell'interpretazione  adeguatrice,  nel
senso che ess[a] non incide, ne' sulla misura,  ne'  sulle  modalita'
del concorso della  Regione  Trentino-Alto  Adige  e  delle  Province
autonome alla riduzione del debito pubblico e parimenti nel senso che
tale concorso resta quello stabilito dalle norme statutarie  citate».
(sentenza n. 237 del 2017). 
    Peraltro, l'art.  79,  comma  4,  primo  periodo,  dello  Statuto
speciale,   cosi'    come    modificato,    «espressamente    esclude
l'applicabilita' alla Regione, alle Province e gli enti  appartenenti
al sistema territoriale regionale  di  meccanismi  di  concorso  alla
riduzione del debito pubblico tramite versamenti a un  fondo  statale
(segnatamente esclude che siano loro applicabili disposizioni statali
che prevedono "obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all'erario  o
concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti  il  patto
di stabilita'  interno,  diversi  da  quelli  previsti  dal  presente
titolo")» (sentenza n. 237 del 2017). 
    9.6.- In definitiva, l'art. 1, comma 1,  lettera  b),  secondo  e
terzo periodo, della legge n. 164 del 2016, deve  essere  inteso  nel
senso  che  il  fondo  pluriennale  vincolato   continua   a   essere
strutturato in modo  tale  che  accertamenti,  impegni,  obbligazioni
attive e passive sono rappresentate e gestite in bilancio  secondo  i
richiamati canoni basilari dell'istituto.  L'iscrizione  o  meno  nei
titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dell'entrata e nei titoli 1, 2 e 3 della  spesa
deve  essere  intesa  in  senso  tecnico-contabile,   come   criterio
matematico  armonizzato  ai  fini  del   consolidamento   dei   conti
nazionali,  mentre  devono  ritenersi  inalterate  e  intangibili  le
risorse legittimamente accantonate per  la  copertura  di  programmi,
impegni e obbligazioni passive concordate  negli  esercizi  anteriori
alla scadenza. 
    Gli  aggregati  in  discussione  -  e'  bene  ricordarlo  -   non
esauriscono la consistenza del bilancio degli enti  territoriali  per
cui, ove  non  specificamente  ivi  inserito,  il  fondo  pluriennale
vincolato puo' trovare allocazione e  gestione  conforme  in  diversa
partita contabile. In proposito e'  utile  considerare  che,  se  gli
schemi  armonizzati  sono  attuazione  di  quel  processo  sincretico
afferente all'interdipendenza dei parametri costituzionali di  natura
finanziaria (sentenza n. 184 del 2016), e' implausibile che  la  loro
mutevole articolazione possa indurre, ancorche' attraverso una  legge
rinforzata, la novazione di tale complesso quadro costituzionale. 
    Come gia'  specificato,  se  le  disposizioni  impugnate  fossero
interpretate come  fonte  di  contribuzione  ai  vincoli  di  finanza
pubblica, esse sarebbero illegittime  in  riferimento  a  entrambi  i
precetti dell'art. 97, primo comma, Cost.: da  un  lato,  lederebbero
l'equilibrio di bilancio del singolo ente attraverso la  modifica  ex
lege  di  programmi  ed  obbligazioni   gia'   assunte;   dall'altro,
baserebbero la manovra di finanza  pubblica  su  elementi  incerti  e
aleatori, quali i risparmi fondati su  entita'  economiche  in  fieri
come il fondo pluriennale vincolato. 
    Al contrario, riportando la lettura  di  tali  disposizioni  alla
mera specificazione di  aggregati  economico-finanziari  senza  alcun
effetto precettivo  sul  quadro  normativo  di  riferimento,  non  si
verifica alcuno dei lamentati pregiudizi per gli  enti  territoriali.
Questi ultimi mantengono, infatti,  la  piena  facolta'  di  gestire,
secondo l'art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011,  il  fondo  pluriennale
vincolato, indipendentemente dalla sua  collocazione  nei  contestati
titoli di bilancio. 
    10.- Questa Corte non ignora il pericolo che l'accentuarsi  della
complessita' tecnica della legislazione in materia finanziaria  possa
determinare effetti non in linea  con  il  dettato  costituzionale  e
creare  delle  zone  d'ombra   in   grado   di   rendere   ardua   la
giustiziabilita' di disposizioni non conformi a Costituzione. In ogni
caso,  e'  concreto  il  rischio  che  un  tale  modo  di  legiferare
pregiudichi la trasparenza in riferimento al rapporto  tra  politiche
di bilancio, responsabilita' politica delle strategie  finanziarie  e
accessibilita'  alle  informazioni  da  parte   delle   collettivita'
amministrate. 
    Proprio a tutela del corretto esercizio  del  mandato  elettorale
questa Corte ha affermato che «Occorre ricordare che il  bilancio  e'
un "bene pubblico" nel senso  che  e'  funzionale  a  sintetizzare  e
rendere  certe  le  scelte  dell'ente  territoriale,  sia  in  ordine
all'acquisizione  delle  entrate,  sia  alla   individuazione   degli
interventi attuativi delle politiche  pubbliche,  onere  inderogabile
per chi e' chiamato ad amministrare una determinata collettivita'  ed
a sottoporsi  al  giudizio  finale  afferente  al  confronto  tra  il
programmato ed il  realizzato.  [...]  Il  carattere  funzionale  del
bilancio  preventivo  e  di  quello  successivo,  alla  cui   mancata
approvazione, non a caso, l'ordinamento collega  il  venir  meno  del
consenso della rappresentanza democratica, presuppone quali caratteri
inscindibili la chiarezza,  la  significativita',  la  specificazione
degli interventi attuativi  delle  politiche  pubbliche.  Sotto  tale
profilo, i moduli standardizzati dell'armonizzazione dei  bilanci,  i
quali devono innanzitutto servire a rendere  omogenee,  ai  fini  del
consolidamento dei conti e della loro reciproca confrontabilita',  le
contabilita' dell'universo  delle  pubbliche  amministrazioni,  cosi'
articolato e variegato in relazione  alle  missioni  perseguite,  non
sono idonei, di per se', ad illustrare le peculiarita' dei programmi,
delle loro procedure attuative, dell'organizzazione con  cui  vengono
perseguiti,  della   rendicontazione   di   quanto   realizzato.   Le
sofisticate  tecniche  di  standardizzazione,  indispensabili  per  i
controlli della finanza pubblica ma  caratterizzate  dalla  difficile
accessibilita' informativa  per  il  cittadino  di  media  diligenza,
devono  essere  pertanto  integrate   da   esposizioni   incisive   e
divulgative circa il rapporto tra il mandato elettorale e la gestione
delle risorse destinate alle pubbliche finalita'»  (sentenza  n.  184
del 2016). 
    La  necessita'  di  assicurare  un  profilo   divulgativo   delle
finalita' perseguite e dei  contenuti  normativi  riguarda  anche  lo
Stato e detto profilo  deve  sempre  corredare  la  tecnicita'  degli
enunciati  in   subiecta   materia,   per   rappresentare   in   modo
comprensibile «le qualita' e le quantita' di relazione tra le risorse
disponibili e gli  obiettivi  in  concreto  programmati  al  fine  di
delineare un quadro omogeneo, puntuale, completo e trasparente  della
complessa  interdipendenza  tra  i   fattori   economici   e   quelli
socio-politici connaturati  e  conseguenti  alle  scelte  effettuate»
(ancora sentenza n. 184 del 2016). 
    In relazione al concreto pericolo di reiterazione  di  situazioni
di  problematica  compatibilita'  della   legislazione   in   materia
finanziaria con  il  dettato  costituzionale,  e'  opportuno  che  il
legislatore  adotti  una  trasparenza  divulgativa  a  corredo  degli
enunciati di piu' complessa interpretazione e attuazione, poiche' non
potrebbe ritenersi consentito un abuso della  "tecnicita'  contabile"
finalizzato a creare  indiretti  effetti  novativi  sulla  disciplina
specificativa dei principi costituzionali di natura finanziaria e  di
quelli ad essi legati da un rapporto di interdipendenza. 
    11.- La Regione  Veneto,  infine,  impugna  l'art.  1,  comma  1,
lettera e), della medesima legge n. 164  del  2016,  che  attribuisce
alla legge dello Stato la determinazione di premi e  di  sanzioni  da
applicare  alle  Regioni,  ai  Comuni,  alle  Province,  alle  Citta'
metropolitane e alle Province autonome di Trento  e  di  Bolzano,  in
riferimento agli artt. 5 e 114 Cost. «e mediatamente» agli artt. 117,
118, 119 e 120 Cost. 
    Secondo la  Regione  ricorrente,  la  previsione  di  «"premi"  e
"sanzioni",  dal  sapore  "paternalista"»,  si  fonderebbe   su   una
concezione delle relazioni tra l'amministrazione dello  Stato  e  gli
enti  territoriali  non  paritetica,  ne'  rispettosa  dell'autonomia
costituzionalmente garantita e  costituirebbe  un  grave  pregiudizio
anche per il cittadino, che sarebbe penalizzato per il solo fatto  di
risiedere in un dato ambito territoriale. 
    11.1.- La questione e' inammissibile. 
    La disposizione impugnata, nel sostituire il previgente  comma  4
dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012,  demanda  alla  legge  dello
Stato la definizione dei premi e delle  sanzioni  da  applicare  alle
Regioni, ai Comuni, alle Province, alle Citta' metropolitane  e  alle
Province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  in  attuazione  delle
disposizioni di cui al medesimo articolo. Prevede, inoltre, che detta
legge si attenga ai principi di proporzionalita' fra premi e sanzioni
e tra queste ultime e le violazioni; e che i proventi delle  sanzioni
siano destinati a favore dei premi agli enti  del  medesimo  comparto
che hanno rispettato i propri obiettivi. 
    Parimenti, il testo originario dell'art. 9 della legge n. 243 del
2012 prevedeva che  con  legge  dello  Stato  venissero  definite  le
sanzioni   da   applicare   nel   caso   di   mancato   conseguimento
dell'equilibrio gestionale. 
    La legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2017  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2017-2019), ha, quindi, dato  attuazione  alla  disposizione
summenzionata. 
    La censura non consente di comprendere l'effettiva lesione  delle
prerogative regionali, ne' risulta  ancorata  ai  parametri  evocati,
risolvendosi la motivazione nella doglianza del  "tono  paternalista"
della previsione e nella violazione della posizione  paritaria  degli
enti stabilita dall'art. 114 Cost. Peraltro, la  paventata  incidenza
pregiudizievole   sulla   propria   autonomia   sarebbe    componente
connaturata  al   carattere   premiale-sanzionatorio   delle   misure
adottate, in relazione alle quali non viene contestata la  competenza
dello Stato a  disciplinare  gli  effetti  del  conseguimento  o  del
mancato conseguimento dell'equilibrio di bilancio. 
    Neppure risulta adeguatamente sviluppata la censura in termini di
equita' fiscale, perche' non  viene  spiegato  per  quale  motivo  il
contribuente veneto sarebbe pregiudicato dal meccanismo premiale. 
    In definitiva, le censure contenute nel ricorso  non  raggiungono
quella soglia minima  -  non  emendabile  nella  memoria  integrativa
(ordinanza n. 168 del 2016) - di completezza e  chiarezza  a  cui  la
giurisprudenza  di  questa  Corte  subordina  l'ammissibilita'  delle
impugnative in via principale (ex multis, sentenze n. 105  del  2017,
n. 249 del 2016, n. 39 del 2014, n. 119 del 2010 e n. 139 del 2006). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale promosse nei confronti della legge  12
agosto 2016, n. 164 (Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243 in
materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali); 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara non fondata, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  1,
lettera b), primo  periodo,  della  legge  12  agosto  2016,  n.  164
(Modifiche alla  legge  24  dicembre  2012,  n.  243  in  materia  di
equilibrio dei bilanci  delle  regioni  e  degli  enti  locali),  che
introduce  nell'art.  9  della  legge  24  dicembre  2012,   n.   243
(Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio
ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione), il comma
1-bis, promossa, in riferimento agli artt. 3, 81, 97,  117,  terzo  e
quarto comma, e 119 Cost., anche in combinato disposto con l'art.  10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della  Costituzione),  nonche'  in  riferimento
agli artt. 4, 8, 48, 49, 51, 63 e 65 della  legge  costituzionale  31
gennaio 1963, n. 1 (Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia), dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con il  ricorso
indicato in epigrafe; 
    2) dichiara non fondate, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  le
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  1,
lettera b), secondo e terzo periodo, della medesima legge n. 164  del
2016, promosse, dalla Provincia autonoma di Bolzano,  in  riferimento
agli artt. 81, 97, secondo comma,  117,  terzo  comma,  e  119  della
Costituzione, nonche' agli artt. 16, 79, 80, 81, 83 e 84  del  d.P.R.
31 agosto  1972,  n.  670  (Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige/Südtirol), e all'art. 16 del decreto legislativo 16 marzo 1992,
n.  268  (Norme  di  attuazione  dello  Statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale  e  provinciale),
con il ricorso indicato in  epigrafe;  dalla  Provincia  autonoma  di
Trento, in riferimento agli artt. 3, 97, secondo  comma,  117,  terzo
comma, 119 e 120 Cost., anche in combinato  disposto  con  l'art.  10
della legge cost. n. 3 del 2001, agli artt.  8,  16,  79  e  104  del
d.P.R. n. 670 del 1972, con il ricorso indicato  in  epigrafe;  dalla
Regione autonoma Trentino Alto Adige/Südtirol,  in  riferimento  agli
artt. 3, 97, secondo comma, 117, terzo comma, 119 e 120 Cost.,  anche
in combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del  2001,
nonche' agli artt. 4, 16, 79 e 84 del d.P.R. n. 670 del 1972, con  il
ricorso indicato in epigrafe; dalla Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia, in riferimento agli artt. 3, 81,  97,  117,  terzo  e  quarto
comma, e 119 Cost., anche in combinato disposto con l'art.  10  della
legge cost. n. 3 del 2001, nonche' agli artt. 4, 8, 48, 49, 51, 63  e
65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia),  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    3)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera e), della medesima legge
n. 164 del 2016, promossa, in riferimento agli artt. 5 e  114  Cost.,
«e mediatamente» agli artt. 117-120 Cost., dalla Regione  Veneto  con
il ricorso in epigrafe indicato. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 29 novembre 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA