N. 182 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 maggio 2017
Ordinanza del 24 maggio 2017 della Corte d'appello di Venezia nel procedimento penale a carico di B.A.. Sciopero - Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali - Astensione collettiva degli avvocati dall'attivita' giudiziaria - Reiterazione di iniziative di astensione - Mancata previsione dell'obbligo di un congruo preavviso e di un ragionevole limite temporale dell'astensione. - Legge 12 giugno 1990, n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge), art. 2, commi 1, 2 e 5, come modificati dalla legge 11 aprile 2000, n. 83 (Modifiche ed integrazioni della L. 12 giugno 1990, n. 146, in materia di esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e di salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati).(GU n.51 del 20-12-2017 )
CORTE D'APPELLO DI VENEZIA seconda sezione penale Il giorno 24 maggio 2017 la Corte, composta da: dott. Carlo Citterio - Presidente est.; dott. Antonella Galli - consigliere est.; dott. Piera De Stefani - consigliere est.; ha deliberato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale nel procedimento penale a carico di B. A. Rilevato che: il sig. B. e' imputato del reato di cui all'art. 9, comma 2, legge n. 1423/1956, per fatti dal 17 al 18 maggio 2011; si e' proceduto con rito abbreviato; e' detenuto per altra causa, rinunciante a comparire; con sentenza di data 16 dicembre 2015, depositata il 2 maggio 2016, n. 18151/16 la Corte di cassazione, accogliendo parzialmente il ricorso dell'imputato avverso precedente sentenza 16 ottobre 2014 della Corte veneta, ha annullato con rinvio tale sentenza limitatamente al punto della decisione concernente la recidiva; oggi pertanto la Corte procede quale giudice del rinvio, cui e' devoluta la cognizione limitatamente all'applicazione o meno della recidiva reiterata infraquinquennale originariamente contestata; il processo e' stato fissato nel ruolo dell'udienza del 5 maggio 2017: in tale udienza non e' stato possibile trattarlo per l'adesione del difensore ad iniziativa associativa di astensione dalle udienze, deliberata dal 2 al 5 maggio 2017; la trattazione del processo e' stata quindi differita all'udienza di oggi, 24 maggio 2017; all'odierna udienza tuttavia non ne e' possibile la trattazione, perche' il difensore di fiducia, oggi sostituito per la richiesta di rinvio da sostituto, ha aderito ad ulteriore iniziativa associativa di astensione dalle udienze, deliberata in data successiva all'udienza del 5 maggio; le due iniziative associative che si sono succedute sono state deliberate in termini formalmente conformi al Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze, dichiarato idoneo dalla competente Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, con deliberazione del 13 dicembre 2007; secondo la chiara e condivisibile ricostruzione normativa operata dalla sentenza SU n. 40187/2014, L..., «Il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, dichiarato idoneo dalla Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, con deliberazione del 13 dicembre 2007 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 gennaio 2008 (cosi' come la previgente Regolamentazione provvisoria dell'astensione collettiva degli avvocati dall'attivita' giudiziaria, adottata dalla Commissione di garanzia con deliberazione del 4 luglio 2002, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 23 luglio 2002), costituisce fonte di diritto oggettivo contenente norme aventi forza e valore di normativa secondaria o regolamentare, vincolanti erga omnes, ed alle quali anche il giudice e' soggetto in forza dell'art. 101, secondo comma, Cost.»: Il bilanciamento tra il diritto costituzionale dell'avvocato che aderisce all'astensione dall'attivita' giudiziaria e i contrapposti diritti e valori costituzionali dello Stato e dei soggetti interessati al servizio giudiziario, e' stato realizzato, conformemente alle indicazioni della sentenza costituzionale n. 171 del 1996, in via generale dal legislatore primario con la legge n. 146 del 1990 (come modificata e integrata dalla legge n. 83 del 2000) e dalle suddette fonti secondarie alle quali e' stata dalla legge attribuita la competenza in materia, mentre al giudice spetta normalmente il compito di accertare se l'adesione all'astensione sia avvenuta nel rispetto delle regole fissate dalle competenti disposizioni primarie e secondarie, previa loro corretta interpretazione»; conseguentemente, stante il diritto vivente in materia, cristallizzato dalla richiamata sentenza delle Sezioni Unite, a fronte della regolarita' formale anche della delibera che costituisce il presupposto dell'odierna astensione del difensore (che nessun rilievo ha ricevuto dalla competente Commissione), la trattazione del processo dovrebbe essere nuovamente differita: si configura infatti un vero e proprio diritto ai rinvio quale diretta conseguenza dell'esercizio del diritto all'astensione costituzionalmente tutelato (SU cit., p. 41, punto 10.4, e p. 37, punto 10); le peculiari modalita' dell'esperienza di reiterata astensione attualmente in atto per le medesime ragioni inducono, tuttavia a una riflessione che, a giudizio di questa Corte veneta, deve concludersi con la sollecitazione di un nuovo intervento della Corte costituzionale (la cui sentenza n. 171/1996 ha posta i due principi che, allo stato, hanno generato e guidato l'intervento del legislatore con la legge n. 83 del 2000 e, da questa, l'attribuzione alla stessa categoria forense della concretizzazione di tali principi ed in particolare della «individuazione delle regole di contemperamento del diritto di astensione con i diritti costituzionali "degli utenti"», salva la decisiva finale valutazione di idoneita' della Commissione di garanzia: SU cit. p. 36): secondo questa Corte, infatti, occorre verificare se davvero l'attuale disciplina, riesaminata alla luce dell'esperienza in atto, sia ragionevole e adeguata ad un efficace equilibrio tra principi costituzionali confliggenti; Va in particolare ricordato che: si sono succedute finora quattro iniziative di astensione, dal 20 al 24 marzo 2017, dal 10 al 14 aprile 2017, dal 2 al 5 maggio 2017, dal 22 al 25 maggio 2017 «compreso»; le iniziative sono tra loro dichiaratamente collegate e in definitiva originate dalle medesime ragioni, ben esplicitate dalle corrispondenti successive delibere della Giunta dell'Unione delle camere penali (cfr. 4/3/2017, 20/3/2017, 12/4/2017, 9/5/2017): dalla cui lettura emerge che l'Associazione promotrice di tali plurime astensioni contesta il metodo parlamentare di deliberazione del disegno di legge sulle modifiche organiche al codice penale e di procedura penale (la fiducia anziche' il dibattito «libero»), alcuni contenuti di tale disegno di legge (in particolare le modalita' di partecipazione in videoconferenza e le modifiche alla disciplina della prescrizione); da qui l'annunciato e ribadito «stato di agitazione»: cosi' infatti recita l'ultima, per ora, delibera del 9 maggio 2017 (http://www.camerepenali.it/cat/8389/nuova astensione dal 22 al 25 compreso.html) dove si afferma per l'appunto di voler mantenere «pertanto lo stato di agitazione dell'avvocatura penale ed attivando ogni strumento comunicativo volto alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica e delle forze politiche sul metodo e sul merito della riforma, ponendo in essere quanto necessario alla instaurazione di una immediata interlocuzione con il Governo», in linea con quanto esposto, in termini sostanzialmente analoghi, nelle precedenti delibere; e' cosi', tra l'altro, del tutto prevedibile che, in assenza di novita' parlamentari coerenti alle aspettative associative, le deliberazioni di astensione proseguiranno secondo i ritmi finora attuati (che vedono il rispetto dei prescritti 15 giorni tra la fine di un'astensione e l'inizio della successiva, termine anch'esso stabilito dal Codice di autoregolamentazione). Orbene, ritenuto che: la Corte costituzionale aveva individuato nell'obbligo di un preavviso congruo e di un ragionevole limite temporale dell'astensione collettiva («quanto meno»: paragrafo 3.5) le esigenze indefettibili per assicurare la copertura costituzionale di tali iniziative associative; l'intera disciplina conseguente (legge n. 83/2000, Codice di autoregolamentazione dichiarato idoneo) e' sempre stata in realta' valutata (parrebbe anche dalla stessa Commissione di garanzia) nelle proprie implicazioni con riferimento alla singola contingente iniziativa di astensione e, in tali limiti di prospettiva, paiono essere stati esaminati i complessi e delicati aspetti propri del doveroso (i.e. costituzionalmente necessario) bilanciamento tra i diversi diritti e principi tutelati dalla Costituzione o direttamente da questa affermati; le concrete modalita' attuative della prolungata iniziativa associativa in atto impongono invece una rivisitazione dell'apprezzamento di ragionevolezza e di adeguatezza esaustiva finora ritenuto sussistente (e del quale si trova riscontro e conferma nei passaggi della stessa sentenza delle Sezioni Unite sulle singole disposizioni del Codice di autoregolamentazione); la reiterazione senza prospettive di alcuna individuazione di certa conclusione dell'astensione conduce cosi' a constatare che l'attuale Codice di autoregolamentazione (il quale, si tenga presente, vincola il giudice, secondo il succitato insegnamento delle Sezioni Unite, L...) considera legittima l'astensione per ben 88 (diconsi ottantotto) giorni lavorativi all'anno (8 giorni/mese per 11 mesi all'anno, dovendosi escludere il mese di agosto che per legge impone la sospensione dei termini): ma tale cifra, apprezzata alla luce del dato che per esempio nel 2017 sono 235 i giorni lavorativi annuali esclusi i sabati ed i festivi (sabati significativamente esclusi da tutte le delibere associative succedutesi), impone la constatazione che secondo l'attuale Codice e' legittimo impedire - nell'esercizio del diritto di astensione costituzionalmente tutelato - il 35% annuo del tempo lavorativo utile per tentare di gestire la situazione giudiziaria secondo i canoni costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata, nonche' del buon andamento dell'amministrazione della giustizia; si propone cosi con intrinseca forza logica l'interrogativo sulla coerenza di tale attuale bilanciamento tra il diritto all'astensione costituzionalmente tutelato, i diritti dell'«utenza» e «l'esigenza che il servizio essenziale giustizia non resti paralizzato» (esigenza richiamata dalle Sezioni Unite L..., p. 44 primo periodo, ma purtroppo poi apparentemente abbandonata nella motivazione a beneficio di un'attenzione rivolta prevalentemente, se non solo, al «bilanciamento con le esigenze organizzative e logistiche», che sono altra e minor cosa, esse si' coerenti alla singola astensione contingente); sotto altro aspetto, si manifesta ad esempio la finalita' solo endo-corporativa della previsione che tra la proclamazione e l'effettuazione dell'astensione non possa intercorrere un periodo superiore a sessanta giorni (art. 2, comma 1, ultimo periodo, Cod. autoregolamentazione), previsione non riconducibile alla sentenza della Corte costituzionale o alla legge ma apparentemente utile solo a dare miglior efficacia alla deliberazione di astensione, impedendo eventuali accorgimenti organizzativi tempestivi (in ipotesi idonei a contenere l'impatto, e pertanto appunto l'efficacia interdittiva dell'ordinario lavoro giudiziario, di un'astensione futura annunciata con ampio anticipo); in definitiva, ecco il punto, a giudizio della Corte veneta la reiterazione di iniziative di astensione in tempi brevissimi (quelli minimi consentiti dall'attuale disciplina), per le medesime ragioni e senza indicazione dei tempi delle successive fasi e del termine conclusivo certo, rende il sistema attuale (come efficacemente e condivisibilmente ricostruito dalla sentenza L...) in realta' non coerente con i principi della sentenza costituzionale n. 171/1996: e dal punto di vista ermeneutico non paiono allo stato esperibili fruttuosi tentativi volti a fornire un'interpretazione del quadro normativo di riferimento che lo riconducano, come d'obbligo, nell'alveo della legittimita' costituzionale (in ragione proprio del sistema ricostruito dalla sentenza L... sui limiti che caratterizzano la discrezionalita' interpretativa del singolo giudice in materia); si tratta invero di un'unica iniziativa associativa, che si articola in modalita' e tempi formalmente rispettosi dei principi della sentenza n. 171/1996 ma in realta' di essi elusivi (ovviamente, obiettivamente elusivi, perche' qui si pone solo la questione di diritto), perche' il fenomeno si concretizza nell'assenza di un preavviso tempestivo e anticipato sia dei vari momenti che di un termine certo di cessazione (nella specie quanto accadra' nell'incerto futuro parlamentare) e, quindi, rende allo stato operante il solo termine massimo oggi ricavabile dalla disciplina (gli 88 giorni prima ricordati), termine sulla cui congruita' costituzionale va, per quanto prima argomentato, seriamente dubitato; l'esercizio della giurisdizione come servizio ai cittadini rappresenta una lettura importante (nega, per prima cosa, spazi ad ogni sua autoreferenzialita') ma la giurisdizione non e' solo problema di «utenza» (come l'inserimento del fenomeno del tutto peculiare dell'astensione dei libero professionista nel fenomeno generale e in realta' antologicamente diverso dello sciopero nei servizi pubblici essenziali ha probabilmente indotto improvvidamente a leggere); essa e' innanzitutto questione di esistenza dello Stato di diritto e di controllo democratico del suo funzionamento e delle sue finalita' (sicche' spiace che le Sezioni Unite L... non abbiano dato seguito argomentativo alle implicazioni, solo ricordate, del rischio paralisi della giurisdizione sul tema bilanciamento dei diritti e dei principi, invece privilegiando di fatto una lettura «diritti dell'Avvocatura/interessi dell'utenza», che, se pur parzialmente adeguata alla singola iniziativa di contingente astensione ed alle sui implicazioni sulle «esigenze organizzative e logistiche», pare fallire l'integrale comprensione del fenomeno nel caso di iniziative di astensione reiterate, per le medesime ragioni, senza preavviso congruo delle varie fasi e senza indicazione di un termine finale certo); in concreto, allora: le modalita' in corso rendono sostanzialmente impossibile alcun doveroso permanente estremo tentativo di gestione organizzativa ragionevole dei ruoli d'udienza di un contesto per se' devastato dall'abnorme numero di procedimenti pendenti, in particolare nel grado d'appello (nel nostro specifico caso non e' possibile rinviare questo processo, per la seconda volta, ad una data che tenga inevitabile conto dei ruoli gia' fissati e tuttavia con certezza non «incappi» in nuove iniziative di astensione - gia' annunciate nelle delibere di permanente agitazione ma non indicate nei loro tempi); cio' rende tra l'altro inapplicabile l'art. 132-bis disposizioni di attuazione del codice di procedura penale che indica tra i criteri normativi di priorita' l'essere l'imputato detenuto anche per altra causa, come e' il caso del sig. B.; le esigenze di celebrare un processo giusto e con ragionevole durata, a fronte di un carico di processi quale ad esempio quello gravante su questa Sezione, rendono beni preziosi il tempo di udienza, la fissazione anticipata delle udienze, la composizione equilibrata del carico delle singole udienze, la determinazione equilibrata del carico di lavoro del singolo magistrato, il tempo di studio dei processi e quello di redazione efficace delle motivazioni: beni in immediata correlazione con i principi del processo giusto in tempi ragionevoli e, pertanto, essi stessi tutelati da tali principi; il minimo indefettibile organizzativo e' quindi quello volto a tentare di dare ordine alla gestione del ruolo, secondo criteri trasparenti e coerenti per tentare di garantire - per quanto compete a chi ha l'onere di gestione del lavoro giurisdizionale ordinario - il buon andamento dell'amministrazione della giustizia, perche' quel limitato tempo possa produrre con la maggiore efficacia e qualita' un prodotto giurisdizionale credibile; all'evidenza, l'intensita' dell'impatto, su tali beni, di una singola astensione o di una loro pluralita' con le modalita' in atto e gia' commentate e' radicalmente diversa; le modalita' in corso (astensioni per le medesime ragioni coordinate in tempi minimi, con annuncio della successiva dopo i rinvii disposti nella precedente, per tempi complessivi del tutto incerti) contribuiscono, con le altre disfunzioni autonome della struttura giudiziaria e delle inadeguatezze di risorse e norme (che certo non fan capo all'Avvocatura), alla perdita anche della sola speranza di poter dare seguito ai summenzionati principi costituzionali in materia di giustizia, esaltando nel contempo dato dell'apparentemente insuperabile occasionalita' della risposta giurisdizionale; del resto, se tutto cio' dovesse essere valutato esito di congruo bilanciamento di diritti e principi riconducibili alla Costituzione, non resterebbe che trarne le inevitabili conseguenze operative. La Corte, tutto cio' premesso, non essendo a suo avviso, per quanto prima argomentato, praticabile un'interpretazione adeguatrice, costituzionalmente conforme della normativa succitata, e apparendo non manifestamente infondato l'apprezzamento dell'essere tale normativa non conforme ai principi e precetti costituzionali di seguito (ulteriormente) specificati, ritiene doverosa un'interlocuzione con il Giudice custode e interprete della Costituzione; pertanto, giudica rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1, 2 e 5 della legge n. 146/1990, come modificata dalla legge n. 83/2000, nella parte in cui non prevede che l'obbligo di fornire un congruo preavviso e l'obbligo di assicurare una ragionevole durata alle proclamate astensioni si applichino altresi' a quelle iniziative associative volte a legittimare l'astensione reiterata degli avvocati difensori dalle udienze in iniziative si' cronologicamente distinte ma tra loro, e per espressa dichiarazione dell'Associazione promotrice, collegate e coordinate perche' determinate dalle medesime ragioni di protesta; in particolare: a) quanto alla rilevanza della questione nel presente giudizio, giova anzitutto ribadire che nel caso di specie il Collegio giudicante si trova, per la seconda volta nell'arco temporale di soli diciannove giorni, di fronte alla impossibilita' di poter regolarmente celebrare la designata udienza, a seguito della comunicata adesione dell'avvocato difensore dell'imputato all'ennesima «tappa» della articolata e temporalmente frammentata astensione proclamata dall'Unione delle Camere penali italiane, «tappa» indicata dopo il precedente rinvio; conseguentemente il Collegio sarebbe tenuto a disporre un ulteriore - il terzo, per ora - rinvio dell'udienza ad altra data utile: tuttavia, proprio a causa delle omissioni rinvenibili nella legge ordinaria n. 146/1990, pur dopo le modifiche apportate dalla legge n. 83/2000, non e' concretamente in grado di poter individuare, oggi, una data di probabile trattazione certa (che non ricada cioe' in una ulteriore «tappa» della sicuramente proclamanda prossima astensione associativa - non essendo concluso l'iter parlamentare del disegno di legge di modifica di norme penali sostanziali e di procedura), data la cui individuazione dovrebbe assicurare il rispetto dei principi costituzionali di ragionevole durata del processo e di buon andamento dell'amministrazione della giustizia, ma tenendo conto dei ruoli d'udienza gia' fissati e dei criteri normativi di priorita'; in definitiva, il Collegio si trova oggi nella condizione di non poter proseguire nel giudizio indipendentemente dalla risoluzione della predetta questione di legittimita' costituzionale; b) quanto alla non manifesta infondatezza il Collegio ritiene che l'art. 2, commi 1, 2 e 5 della legge n. 146/1990, quale modificata dalla legge n. 83/2000, come interpretato dal diritto vivente sintetizzato e autorevolmente definito e confermato dalle Sezioni Unite L..., appare contrastare con il generale principio di ragionevolezza e con i seguenti ulteriori principi e precetti costituzionali: dell'efficacia e dell'efficienza della giurisdizione, anche - ma non solo - in riferimento alla necessita', costituzionalmente non eludibile, di concretizzare il principio del buon andamento dell'amministrazione della giustizia, ex art. 97 Cost.: principi per se' affermati, in plurime occasioni, pure dalla giurisprudenza della Corte oggi adita (cfr., inter alia, Corte costituzionale sentenza n. 460/1995 laddove si e' affermato expressis verbis che l'efficienza del processo penale «e' bene costituzionalmente protetto»); della ragionevole durata del processo penale, di cui all'art. 111 Cost. (con riferimento anche all'art. 6 della CEDU), pregiudicata dalla rilevata omissione; dell'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, di cui all'art. 3 Cost., palesemente disattesa da contesti organizzativi impossibilitati a tentare di dare al singolo caso giudiziario risposte giurisdizionali non occasionali; dell'effettivo esercizio del diritto «inviolabile» di difesa di cui all'art. 24 Cost., che riconosce il diritto ad un processo «giusto» anche perche' rispettoso del canone di' ragionevolezza quanto a durata, e perche' assicura all'imputato il diritto effettivo a disporre, nei tempi dati, di una difesa tecnica.
P. Q. M. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, d'ufficio dichiara rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1, 2 e 5 legge n. 146/1990, come modificata dalla legge n. 83/2000, nella parte in cui non prevede che l'obbligo di congruo preavviso e di ragionevole durata delle astensioni degli avvocati difensori si applichino anche alle iniziative di astensioni dalle udienze, successive e coordinate per essere determinate dalle medesime ragioni e pertanto da doversi considerare unitariamente, per contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza, nonche' di efficienza del processo penale, e con gli articoli 3, 24, 97 e 111 della Costituzione; sospende il presente giudizio, rimettendo la relativa questione alla Corte costituzionale; dispone, a cura della cancelleria: l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; la notifica della presente ordinanza all'imputato (detenuto per altra causa e assente per rinuncia) e al Presidente del Consiglio dei ministri; la comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Ordinanza letta nella udienza camerale del 24 maggio 2017 alla presenza del procuratore generale e del sostituto nominato dal difensore titolare. Il Presidente estensore: Citterio I consiglieri estensori: Galli - De Stefani