N. 88 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 novembre 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 28 novembre 2017 (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Procedimento  amministrativo  -  Norme  della   Regione   Abruzzo   -
  Procedimenti  relativi  all'avvio,  svolgimento,  trasformazione  e
  cessazione di attivita'  economiche  nonche'  per  l'installazione,
  attivazione, esercizio e  sicurezza  degli  impianti  e  agibilita'
  degli   edifici   funzionali   alle    attivita'    economiche    -
  Amministrazione unica - Sistema integrato dei controlli. 
- Legge della Regione  Abruzzo  4  settembre  2017,  n.  51  (Impresa
  Abruzzo competitivita' - sviluppo - territorio), artt. 6, 7 e 8. 
(GU n.52 del 27-12-2017 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso   cui   e'
domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro Regione Abruzzo in persona del Presidente pro tempore; 
    per  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  degli
articoli 6, 7 e 8 della legge della  Regione  Abruzzo  n.  51  del  4
settembre 2017, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione del
20 settembre 2017, n. 38. 
 
                                Fatto 
 
    La  legge  4  settembre  2017,  n.  51  della  Regione   Abruzzo,
intitolata «Impresa Abruzzo competitivita' - sviluppo  -  territorio»
reca  disposizioni  in  materia   di   competitivita',   sviluppo   e
territorio. 
    In particolare l'art. 6 dispone sulla Semplificazione e al  comma
1, prevede: 
        In  attuazione  dell'art.  9  della  legge  n.   180/2011   e
successive   modificazioni   ed    integrazioni,    i    procedimenti
amministrativi  relativi  all'avvio,  svolgimento,  trasformazione  e
cessazione di  attivita'  economiche,  nonche'  per  l'installazione,
attivazione, esercizio e sicurezza di  impianti  e  agibilita'  degli
edifici funzionali alle attivita' economiche, il  cui  esito  dipenda
esclusivamente dal rispetto di requisiti  e  prescrizioni  di  leggi,
regolamenti o disposizioni amministrative vigenti, sono sostituiti da
una comunicazione unica  regionale  resa  al  SUAP  [sportello  unico
attivita' produttive] dal legale rappresentante  dell'impresa  ovvero
dal titolare dell'attivita' economica, sotto forma  di  dichiarazione
sostitutiva dell'atto di notorieta',  che  attesti  la  presenza  nel
fascicolo informatico d'impresa o il rilascio da parte della pubblica
amministrazione dei documenti  sulla  conformita'  o  la  regolarita'
degli  interventi  o  delle  attivita'.  L'avvio  dell'attivita'   e'
contestuale alla comunicazione unica regionale, alla quale non devono
essere allegati documenti aggiuntivi, il cui  onere  di  trasmissione
telematica,  ai  fini  dell'acquisizione  al  fascicolo   informatico
d'impresa presso la camera di commercio, resta in capo alle pubbliche
amministrazioni per il  tramite  del  SUAP.  Nel  caso  in  cui  tale
comunicazione risulti formalmente  incompleta  l'ufficio  competente,
per il tramite del  SUAP,  richiede  le  integrazioni  necessarie  da
trasmettersi a cura  del  richiedente  entro  i  successivi  quindici
giorni, pena la decadenza della comunicazione unica regionale. 
    Al comma 2, dispone «Entro sessanta giorni dal ricevimento  della
comunicazione  unica  regionale,   le   amministrazioni   competenti,
verificata la regolarita' della stessa, effettuano i controlli, anche
mediante la consultazione del fascicolo informatico d'impresa, almeno
nella misura minima indicata dalla Giunta regionale, e  fissano,  ove
necessario,  un  termine  non  inferiore  a   sessanta   giorni   per
ottemperare  alle  relative  prescrizioni,  salvo  i  casi   in   cui
sussistano i vincoli ambientali, paesaggistici  o  culturali  di  cui
all'art. 19, comma 1, della legge n. 241/1990 o  che  non  sussistano
irregolarita' tali da determinare gravi pericoli per la  popolazione,
con riferimento alla salute pubblica, all'ambiente e  alla  sicurezza
sui luoghi di lavoro. Qualora l'interessato non provveda nel  termine
assegnato, l'amministrazione competente emette  il  provvedimento  di
inibizione al proseguimento dell'attivita'». 
    Al comma 6,  dispone:  «La  Giunta  regionale,  d'intesa  con  il
sistema camerale, individuati i procedimenti di cui ai commi 1 e 5  e
i requisiti minimi per l'esercizio di ciascuna attivita' di  impresa,
procede  alla  pubblicazione  dell'elenco  unitamente  alla  relativa
modulistica sui portali dei SUAP,  sul  sito  delle  Agenzie  per  le
Imprese, sul sito delle camere di commercio e sul sito della  Regione
Abruzzo». 
    L'art. 7 disciplina l'Amministrazione Unica, e al comma 5 prevede
che: 
        «5. La  domanda  di  avvio  del  procedimento  e'  presentata
esclusivamente in via  telematica  al  SUAP.  Entro  quindici  giorni
lavorativi dal ricevimento,  il  SUAP,  sulla  base  delle  verifiche
effettuate in via telematica dagli uffici competenti, puo' richiedere
all'interessato la documentazione integrativa; decorso  tale  termine
la domanda si intende completa e correttamente presentata.». 
    Su questa base, al comma 6 prevede: 
        «Verificata la completezza della documentazione, il SUAP:  a)
adotta il provvedimento conclusivo  entro  dieci  giorni  lavorativi,
decorso il termine di cui al comma 5  ovvero  dal  ricevimento  delle
integrazioni, qualora non sia necessario acquisire, esclusivamente in
via telematica,  pareri,  autorizzazioni  o  altri  atti  di  assenso
comunque denominati di amministrazioni diverse da quella comunale; b)
convoca entro sette giorni dal decorso del termine di cui al comma 5,
ovvero dal ricevimento delle integrazioni, la conferenza  di  servizi
da svolgersi  in  seduta  unica  anche  in  via  telematica  entro  i
successivi  quindici  giorni  lavorativi,  qualora   sia   necessario
acquisire pareri, autorizzazioni o altri  atti  di  assenso  comunque
denominati, di amministrazioni diverse da quella comunale. In caso di
mancata partecipazione dei  soggetti  invitati,  ovvero  in  caso  di
mancata presentazione di osservazioni entro la  data  di  svolgimento
della conferenza stessa i  pareri,  le  autorizzazioni  e  gli  altri
provvedimenti  dovuti  si  intendono  positivamente  espressi,  ferma
restando la responsabilita' istruttoria dei  soggetti  invitati  alla
conferenza ad eccezione dei casi di cui al comma 7.» 
    Al  comma  7  prevede:  Qualora  l'intervento  sia   soggetto   a
valutazione d'impatto ambientale (VIA)  o  a  valutazione  ambientale
strategica (VAS), verifica di VIA, verifica di VAS, a quelle previste
per le aziende a rischio  d'incidente  rilevante  (ARIR)  di  cui  al
decreto  legislativo  26  giugno  2015,  n.  105  (Attuazione   della
direttiva 2012/18/UE relativa al controllo dei pericoli di  incidenti
rilevanti connessi con determinate  sostanze  pericolose),  a  quelle
previste per gli impianti assoggettati  ad  autorizzazione  integrata
ambientale (AIA) di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152
(Norme in materia  ambientale)  ad  autorizzazione  unica  per  nuovo
impianto di smaltimento e di recupero dei rifiuti di cui  al  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) o  ad
autorizzazione unica per impianto alimentato ad  energia  rinnovabile
di cui all'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003,  n.  387
(Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla  promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel
mercato  interno  dell'elettricita'),  oppure  ad  alcuno  dei   casi
individuati dall'art. 20, comma 4, della legge n. 241/1990, i termini
di cui alla lettera b), del comma 6,  decorrono  dalla  comunicazione
dell'esito favorevole delle relative procedure». 
    Al comma 8, prevede: Il procedimento  e'  espressamente  concluso
con provvedimento di: a) accoglimento, che costituisce titolo per  la
realizzazione dell'intervento o per lo svolgimento dell'attivita'; b)
accoglimento condizionato, quando il progetto necessita di  modifiche
o integrazioni risolvibili mediante indicazione specifica o rinvio al
rispetto della relativa norma. Il  provvedimento  costituisce  titolo
per  la  realizzazione   dell'intervento   o   per   lo   svolgimento
dell'attivita' alla condizione del rispetto delle prescrizioni poste;
c) rigetto, che puo'  essere  adottato  nei  soli  casi  di  motivata
impossibilita' ad adeguare il progetto presentato per la presenza  di
vizi o carenze tecniche insanabili. 
    Al comma 9, dispone «Decorsi dieci giorni lavorativi dal  termine
di cui alla lettera  a)  del  comma  6,  ovvero  dalla  seduta  della
conferenza di servizi di cui alla lettera b) del comma 6,  senza  che
sia stato emanato il provvedimento  conclusivo,  il  procedimento  si
intende  concluso  positivamente.   L'efficacia   del   provvedimento
conclusivo   e'   subordinata   al   pagamento   dei    corrispettivi
eventualmente dovuti.». 
    L'art. 8 dispone sul Sistema integrato dei controlli e  al  comma
2, dopo  aver  previsto  al  comma  1  che:  Al  fine  di  uniformare
sull'intero territorio regionale le attivita' di  controllo  comunque
denominate,  e  con  il  Piano  regionale  della  prevenzione   della
corruzione e trasparenza, la Regione  approva  con  deliberazione  di
Giunta, sulla base dei criteri stabiliti dal Consiglio regionale,  un
Piano pluriennale dei controlli, anche mediante  la  stipulazione  di
specifiche convenzioni con le autorita' amministrative  competenti  e
gli ordini professionali, incentrato sui seguenti principi  e  basato
sull'utilizzo di strumenti di open data: 
    a) proporzionalita'; 
    b) contestualita'; 
    c) prevenzione; 
    d) reciprocita'; 
    e) affidamento; 
    i) buona fede, 
    dispone: 
        In  ogni  caso,  le  irregolarita'  riscontrate  in  sede  di
verifica derivanti dall'inosservanza dei requisiti minimi  pubblicati
ai sensi dell'art. 6, comma 7, non possono dare luogo a provvedimenti
di divieto di prosecuzione dell'attivita' senza che prima  sia  stato
concesso un termine congruo per la regolarizzazione non  inferiore  a
centottanta  giorni,  salvo  non  sussistano  irregolarita'  tali  da
determinare gravi pericoli per la popolazione, l'ambiente o  l'ordine
pubblico. Le pubbliche amministrazioni, all'esito di procedimenti  di
verifica, non possono richiedere adempimenti ulteriori  ne'  irrogare
sanzioni che non riguardino esclusivamente il rispetto dei  requisiti
minimi. 
    In  termini  generali,  le  disposizioni  ricordate  della  legge
regionale  n.  51/2017  toccano  i  punti  nevralgici  dei   principi
fondamentali  della  legge  sul  procedimento   amministrativo,   con
evidenti  ripercussioni  sull'unitarieta'  di   disciplina   che   il
legislatore della riforma ha inteso garantire. 
    Gli articoli 6, 7 e 8, intervenendo sulla  disciplina  dell'avvio
delle attivita'  economiche,  come  si  analizzera'  di  seguito,  si
pongono in contrasto con le disposizioni statali interposte in quanto
derogano alla disciplina generale  sul  procedimento  amministrativo,
aggravandolo, poiche' introducono adempimenti ed oneri aggiuntivi non
giustificati,  in  contrasto  con  i  principi  di  proporzionalita',
efficacia, efficienza ed economicita' dell'azione amministrativa. 
    Va subito ricordato che l'art. 29, comma  2-ter  della  legge  n.
241/1990 prevede che la  presentazione  di  istanze,  segnalazioni  e
comunicazioni,  come  la  disciplina  della  conferenza  di  servizi,
attengono ai livelli essenziali delle prestazioni ai sensi  dell'art.
117, comma 2, lettera m) Cost. e consente alle regioni  e  agli  enti
locali di derogare  soltanto  in  melius,  prevedendo  cioe'  livelli
ulteriori di tutela (comma 2-quater). 
    Parimenti, l'art. 5 del  decreto  legislativo  n.  222  del  2016
(«Individuazione   di   procedimenti   oggetto   di   autorizzazione,
segnalazione certificata di  inizio  di  attivita'  (SCIA),  silenzio
assenso e comunicazione e di definizione  dei  regimi  amministrativi
applicabili  a  determinate  attivita'  e  procedimenti,   ai   sensi
dell'art. 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124») consente alle regioni
e agli enti locali di introdurre deroghe  alla  disciplina  generale,
solo prevedendo «livelli ulteriori di semplificazione». 
    Le disposizioni regionali sopra riportate  contraddicono  inoltre
l'impianto normativo della nuova conferenza di  servizi,  ridisegnato
alla luce dei principi di accelerazione e di certezza dei termini del
procedimento, e contravvengono al principio della concentrazione  dei
regimi amministrativi, introdotto attraverso la  «SCIA  unica»  e  la
«SCIA   condizionata»,   nonche'    alla    unificazione    e    alla
standardizzazione  degli  adempimenti  amministrativi  previsti   per
l'avvio e l'esercizio dell'attivita' d'impresa. 
    Le  norme  della  legge  regionale  derogano  infatti  i  decreti
legislativi  nn.  126  («Attuazione  della  delega  in   materia   di
segnalazione  certificata  di  inizio  attivita'  (SCIA),   a   norma
dell'art. 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124»), 127 («Norme  per  il
riordino della disciplina in materia di  conferenza  di  servizi,  in
attuazione dell'art. 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124») e 222 gia'
citato, del 2016 che, in attuazione degli articoli 2 e 5 della  legge
n. 124/2015, riscrivono la disciplina della conferenza di  servizi  e
novellano  l'istituto  della  segnalazione  certificata   di   inizio
attivita' (SCIA). 
    L'istituto  della  SCIA  e'  ricondotto,  come  e'   noto,   alla
determinazione dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni,  materia
riservata alla competenza legislativa statale, ex art. 117, comma  2,
lettera m) Cost. in quanto «l'attivita' amministrativa puo' assurgere
alla qualifica di "prestazione" della quale lo Stato e' competente  a
fissare un livello essenziale a fronte di uno  specifico  diritto  di
individui,  imprese,  operatori  economici  e,  in  genere,  soggetti
privati» (cfr Corte costituzionale sentenza n. 164 del 2012). 
    La previsione si collega al fondamentale principio di uguaglianza
di cui all'art. 3 Cost. e in tal  senso  «legittima  una  restrizione
dell'autonomia legislativa delle regioni giustificata dallo scopo  di
assicurare un livello uniforme di  godimento  dei  diritti  civili  e
sociali tutelati dalla stessa Costituzione». 
    Cio' premesso in termini generali, gli articoli 6, 7  e  8  della
legge  regionale  n.  51/2017  in  epigrafe  sono  costituzionalmente
illegittimi e, giusta delibera del  Consiglio  dei  ministri  del  10
novembre  2017,  prodotta  unitamente  al  presente   ricorso,   sono
impugnati per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
Violazione dell'art. 117, comma 2, lettera m), lettera e)  e  lettera
s) della Costituzione. 
    L'art. 6, comma 1, della legge regionale in esame  prevede,  come
si e' visto, la presentazione di una  comunicazione  unica  regionale
(CUR) al SUAP per l'avvio, lo svolgimento,  la  trasformazione  e  la
cessazione di  attivita'  economiche,  nonche'  per  l'installazione,
l'attivazione, l'esercizio e la sicurezza di impianti e  l'agibilita'
degli edifici funzionali alle attivita' economiche. 
    La disposizione si pone in contrasto: 
        a) con l'art. 2, comma 1 decreto legislativo n. 126 del 2016,
che dispone l'adozione di una modulistica unificata e  standardizzata
a livello nazionale al fine di definire per tipologia di procedimento
i contenuti tipici e la relativa  organizzazione  dei  dati  e  delle
istanze,  delle  segnalazioni  e  delle  comunicazioni,  nonche'   la
documentazione da allegare. 
    In attuazione della disposizione citata,  il  4  maggio  e  il  6
luglio 2017, la  Conferenza  unificata  ha  adottato  la  modulistica
unificata e standardizzata per tutto  il  territorio  nazionale,  che
individua i regimi amministrativi in materia di attivita' commerciali
e assimilabili e per l'edilizia. 
    In particolare,  l'art.  1,  comma  2  di  entrambi  gli  accordi
dispone: «2. Ai sensi dell'art. 2, comma 1 del decreto legislativo 30
giugno 2016,  n.  126  e  dell'art.  24,  commi  2-bis,  3  e  4  del
decreto-legge 24 giugno 2014, n.  90,  convertito  con  modificazioni
dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, le Regioni adeguano entro  il  30
settembre 2017, in relazione alle specifiche normative  regionali,  i
contenuti informativi dei moduli unificati e standardizzati,  di  cui
al presente accordo, utilizzando le informazioni contrassegnate  come
variabili. I comuni, in ogni caso, adeguano  la  modulistica  in  uso
sulla base delle previsioni del presente accordo entro e non oltre il
20  ottobre  2017.   Restano   fermi   gli   ulteriori   livelli   di
semplificazione di cui all'art. 5 del decreto legislativo 25 novembre
2016, n. 222.». 
    E' quindi da escludere un potere regionale di regolare la materia
applicativa della SCIA in modo difforme  da  quanto  convenuto  negli
accordi citati; cio' che invece avviene con l'art. 2, comma 1,  legge
regionale n. 51/2017, nella parte in cui  prevede  che  per  iniziare
un'attivita'   economica   sia   presentata   al   SUAP   da    parte
dell'interessato  una   «dichiarazione   sostitutiva   dell'atto   di
notorieta',  che  attesti  la  presenza  nel  fascicolo   informatico
d'impresa o il rilascio da parte della pubblica  amministrazione  dei
documenti sulla conformita' o la regolarita' degli interventi o delle
attivita'.». 
        b) con l'art. 19-bis,  legge  n.  241  del  1990,  introdotto
dall'art. 3 del  decreto  legislativo  n.  126  del  2016,  rubricato
«concentrazione dei regimi amministrativi», in base al quale, se  per
lo svolgimento di un'attivita' soggetta a SCIA siano necessarie altre
SCIA,  comunicazioni,  attestazioni,   asseverazioni   e   notifiche,
l'interessato presenta una «SCIA unica», mentre invece, presenta  una
«SCIA  condizionata»  laddove,  oltre  alla   SCIA,   sia   richiesta
l'acquisizione di atti di assenso comunque  denominati  o  pareri  di
altri uffici  e  amministrazioni  ovvero  l'esecuzione  di  verifiche
preventive. 
    La disposizione regionale, aggiungendo oneri formali non previsti
dalla legge statale ne' dall'intesa in Conferenza unificata, viola il
principio  che  la  determinazione  dei  livelli  essenziali  intende
perseguire, cioe' l'eguaglianza delle condizioni per  l'esercizio  di
un'attivita' d'impresa in tutto il territorio nazionale. 
    L'ultima parte dell'art. 6, comma 1, poi,  prevede,  come  visto,
che alla comunicazione unica regionale «non  devono  essere  allegati
documenti aggiuntivi, il cui onere  di  trasmissione  telematica,  ai
fini dell'acquisizione al fascicolo informatico d'impresa  presso  la
camera di commercio, resta in capo alle pubbliche amministrazioni per
il tramite del SUAP. Nel  caso  in  cui  tale  comunicazione  risulti
formalmente incompleta l'ufficio competente, per il tramite del SUAP,
richiede le  integrazioni  necessarie  da  trasmettersi  a  cura  del
richiedente entro i successivi quindici  giorni,  pena  la  decadenza
della comunicazione unica regionale.». 
    Questa disposizione, nel prevedere ulteriori casi di impiego  del
fascicolo informatico di impresa, sia a  carico  dell'amministrazione
che  a  carico  dell'interessato,  non  tiene  conto  che  i  profili
applicativi del fascicolo di impresa sono gia' previsti nell'art.  4,
comma 6 del  decreto  legislativo  n.  219/2016,  che  affida  ad  un
apposito  decreto  del  Ministero   dello   sviluppo   economico   la
definizione di termini e modalita'  operativi  per  l'inserimento  di
atti e provvedimenti nel fascicolo di impresa. 
    L'art.  6,  comma  2,  riduce  la  portata  della   clausola   di
salvaguardia dei vincoli rispetto  a  quanto  previsto  all'art.  19,
comma 1, legge n. 241/1990, poiche' dispone che sono fatti  salvi  «i
casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o  culturali
di cui all'art. 19, comma  1,  legge  n.  241/1990»;  restano  quindi
escluse le altre eccezioni previste dall'art. 19,  comma  1,  vale  a
dire quelle relative alla «difesa nazionale, alla pubblica sicurezza,
all'immigrazione, all'asilo, alla  cittadinanza,  all'amministrazione
della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi  gli
atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante
dal  gioco,  nonche'  di  quelli  previsti  dalla  normativa  per  le
costruzioni in zone sismiche e  di  quelli  imposti  dalla  normativa
comunitaria». 
    Il comma 2 prevede inoltre che entro 60  giorni  dal  ricevimento
della CUR, le amministrazioni competenti  effettuano  i  controlli  e
fissano  un  ulteriore  termine  non  inferiore  a  60   giorni   per
ottemperare alle relative prescrizioni. 
    Anche in tale previsione vi e' un aggravio  rispetto  alla  SCIA,
per la quale l'art. 19, comma 3 della legge  n.  241/1990  stabilisce
che l'interessato, decorsi 60 giorni per i controlli da  parte  delle
amministrazioni competenti, ha un ulteriore termine non  inferiore  a
30 giorni per conformare la sua attivita' alla normativa vigente. 
    La previsione  regionale,  anche  se  apparentemente  favore  del
privato istante, si traduce in una estensione  generale  dei  termini
del   procedimento,   contraria   al   parametro   delle    ulteriori
semplificazioni che e' la condicio per giustificare  la  deroga  alla
normativa generale. 
    La prescrizione di adeguamenti  e  la  risposta  dell'interessato
fanno infatti parte integrante del  complessivo  procedimento;  e  la
durata  di  questo,  nell'ottica  della  semplificazione  dell'azione
amministrativa considerata nel suo insieme, non puo' essere protratta
oltre un limite massimo uniforme, neanche  a  beneficio  del  singolo
interessato.  L'azione  amministrativa  procedimentale,   in   quanto
prestazione pubblica nel senso sopra ricordato, e'  infatti  un  bene
«indivisibile», che non puo' essere ridotto a prestazione individuale
rivolta ad un singolo istante; sicche' la protrazione  eccessiva  del
procedimento instaurato da un singolo si traduce nella sottrazione di
risorse procedimentali (ontologicamente scarse) a danno di tutti  gli
altri interessati, potenziali o attuali. 
    L'art. 6, comma 6, prevede che la Giunta regionale  d'intesa  con
il sistema camerale, individui i procedimenti per i quali si  applica
la CUR (comunicazione unica regionale), senza prevedere i casi in cui
alla comunicazione sia  necessario  allegare  le  attestazioni  e  le
asseverazioni  per  consentire  alle  amministrazioni  competenti  di
effettuare i controlli. Esso contrasta, percio', con il principio  di
tutela dei livelli minimi essenziali. Infatti, non tiene  conto  che,
al fine di semplificare e standardizzare i regimi  amministrativi  su
tutto il territorio nazionale, il decreto legislativo n. 222 del 2016
ha gia'  effettuato  l'individuazione  dei  procedimenti  oggetto  di
autorizzazione, SCIA, silenzio assenso e comunicazione, ivi  compresi
i casi in cui occorra allegare asseverazioni e  certificazioni  (art.
2, comma 2 ultima parte decreto legislativo cit.: «Alla comunicazione
sono  allegate  asseverazioni  o  certificazioni  ove   espressamente
previste  da  disposizioni  legislative  o  regolamentari.»);   cosi'
attuando la delega ex art. 5 del  medesimo  decreto  legislativo,  ed
anche rendendo efficace l'obbligo a cui l'Italia era tenuta ai  sensi
dell'art. 14 del decreto legislativo n. 59 del 2010 (attuativo  della
direttiva servizi, 2006/123/UE), secondo cui i «regimi  autorizzatori
possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati  da  motivi
imperativi di interesse generale, nel rispetto dei  principi  di  non
discriminazione, di proporzionalita'». 
    In tal modo, la prefigurata disciplina regionale della CUR  va  a
sovrapporsi,  per  giunta  senza  chiari  criteri  di  esercizio,  al
complesso della normativa uniforme statale ed europea gia' in vigore,
determinando un accrescimento dell'incertezza  e  della  complessita'
normativa  ed  operativa,  palesemente  contrario  al  principio   di
semplificazione e ai livelli  di  semplificazione  ormai  determinati
dalla richiamata normativa uniforme. 
    In conclusione, non emergono i vantaggi  della  CUR  e  cioe'  le
«maggiori  semplificazioni»  che  attraverso  questa  si   potrebbero
ottenere, tali da giustificare la sostituzione della SCIA che, com'e'
noto, attiene ai livelli essenziali. Anzi, il regime  della  CUR,  in
parte dettato dalla legge impugnata, in parte da  questa  rinviato  a
fonti  ulteriori  sublegislative,  appare  idoneo  ad  accrescere  la
complessita'  normativa  e  l'incertezza  operativa  a  carico  delle
imprese, non essendo chiaro il modo in cui  il  sistema  comunicativo
prefigurato dalla legge  regionale  vada  ad  inserirsi  nel  sistema
uniforme dettato a livello (almeno) nazionale. Laddove  l'uniformita'
di disciplina a livello nazionale  del  sistema  comunicativo  appare
indispensabile, considerato che  le  diverse  attivita'  toccate  dal
sistema possono essere esercitate sull'intero  territorio  nazionale,
sia pure partendo da una sede operativa posta in una singola regione;
e che,  inversamente,  un  operatore  situato  in  una  regione  puo'
disporre di piu' sedi operative dislocate in  regioni  diverse;  sedi
operative che non possono essere  ovviamente  assoggettate  a  regimi
comunicativi differenziati. 
    Le norme sopra  descritte,  contenute  nell'art.  6  della  legge
regionale in esame, sono pertanto in contrasto con l'art. 117,  comma
2, lettera m) della Cost., poiche' derogano nei  sensi  descritti  ai
livelli essenziali aggravando il procedimento; e con la  lettera  e),
in  quanto  inficiano  la  tutela  della  concorrenza,   introducendo
differenziazioni tra  le  regioni,  parimenti  non  giustificate  dal
parametro dei «livelli maggiori di semplificazione». 
    Sulla esigenza di  assicurare  l'unitarieta'  del  sistema  e  il
principio di certezza del diritto, valore preminente che deve  essere
protetto  in  maniera  uniforme  dall'ordinamento,  si  e'   espressa
recentemente in tal senso codesta ecc.ma Corte costituzionale, con la
sentenza n. 49 del 2016, in materia di SCIA edilizia. 
    L'art. 7 riscrive la disciplina della conferenza di servizi, come
modificata dal decreto legislativo n.  127  del  2016,  derogando  in
peius la normativa statale generale, poiche' aggrava e rende  incerti
i termini dei procedimenti amministrativi, a svantaggio dei cittadini
e delle imprese. 
    L'art. 7 infatti non prevede  termini  perentori  per  l'adozione
delle determinazioni da parte delle amministrazioni  competenti,  ne'
una scansione dei termini al fine consentire il rispetto del  termine
di conclusione del procedimento. 
    Parimenti l'art. 7 non prende in considerazione la  tutela  degli
interessi sensibili nel caso in cui siano  coinvolte  amministrazioni
preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni
culturali o alla tutela della salute dei  cittadini.  In  particolare
l'art. 7, comma 6: 
        alla  lettera  a)  disciplina  l'ipotesi  in  cui   non   sia
necessario convocare una conferenza di servizi, ma non e'  chiaro  il
termine entro il quale l'interessato deve produrre la  documentazione
integrativa richiesta dall'amministrazione  procedente  («ovvero  dal
ricevimento delle integrazioni»). Non si rinvia infatti  all'art.  2,
comma 7 della legge n. 241/1990 («i termini di cui ai commi 2, 3, 4 e
5 del presente articolo possono essere sospesi, per una sola volta  e
per un periodo non superiore a trenta giorni, per  l'acquisizione  di
informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati  o  qualita'
non attestati in  documenti  gia'  in  possesso  dell'amministrazione
stessa  o  non  direttamente  acquisibili  presso   altre   pubbliche
amministrazioni.»), in tal  modo  rendendo  incerto  il  termine  per
l'adozione del provvedimento conclusivo del procedimento; 
        alla lettera b), relativa all'ipotesi in cui  sia  necessario
convocare una conferenza di servizi, poiche' devono essere  acquisiti
pareri, autorizzazioni o altri atti di assenso, non pone  un  termine
per l'integrazione documentale, ne' rinvia all'art. 2, comma 7, legge
n. 241/1990, e  cio'  rende  incerto  non  solo  il  termine  per  la
convocazione della conferenza di servizi, ma  anche  il  termine  per
l'applicazione del silenzio assenso (comma 6, lettera b e  comma  9),
che dipende dal termine per l'integrazione documentale (lettere a e b
del comma 6); 
    La norma non prevede poi, come stabilito nell'art. 14-bis,  legge
n. 241/1990,  che  la  modalita'  di  svolgimento  dei  lavori  della
conferenza in modalita' telematica sia «la regola», che invece  resta
una scelta facoltativa dell'amministrazione procedente; ne' distingue
i casi  in  cui  nel  procedimento  siano  coinvolte  amministrazioni
preposte alla tutela degli interessi sensibili,  a  svantaggio  delle
tutele che invece sono garantite dalla legge n. 241/1990 (art. 14-bis
e art. 17-bis). 
    Infatti,  senza  considerare   i   termini   per   l'integrazione
documentale, che, come detto, restano incerti, l'art. 7  prevede  che
il procedimento della conferenza di servizi si concluda sempre  entro
il termine massimo di  47  giorni  dalla  presentazione  dell'istanza
(infatti, dalla presentazione decorrono 15 giorni per  l'integrazione
documentale,  7  giorni  per  la  convocazione,  15  giorni  per   lo
svolgimento della conferenza di servizi, 10 giorni per l'adozione del
provvedimento conclusivo). 
    In tal modo, la disciplina prefigurata dalla legge  regionale  da
un lato aggrava il procedimento rendendone incerta la  durata  e  non
prevedendo che la modalita' telematica  sia  la  regola;  dall'altro,
trascura la necessaria tutela «rinforzata» degli interessi sensibili,
invece garantita dalla disciplina uniforme statale. 
    Evidente e', quindi, la contrarieta'  della  normativa  regionale
anche in questa parte all'art. 117, comma 2, lettera m) Cost. 
    L'art. 7, comma 7, dal suo canto, prevede: «Qualora  l'intervento
sia soggetto a valutazione d'impatto ambientale (VIA) o a valutazione
ambientale strategica (VAS), verifica di  VIA,  verifica  di  VAS,  a
quelle previste per le aziende a rischio d'incidente rilevante (ARIR)
di cui al decreto legislativo 26  giugno  2015,  n.  105  (Attuazione
della direttiva 2012/18/UE relativa  al  controllo  dei  pericoli  di
incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose),  a
quelle previste  per  gli  impianti  assoggettati  ad  autorizzazione
integrata ambientale (AIA) di cui al  decreto  legislativo  3  aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale)  ad  autorizzazione  unica
per nuovo impianto di smaltimento e di recupero dei rifiuti di cui al
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale) o ad autorizzazione  unica  per  impianto  alimentato  ad
energia rinnovabile di cui all'art. 12  del  decreto  legislativo  29
dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa
alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'), oppure ad  alcuno
dei casi individuati dall'art. 20, comma 4, della legge n.  241/1990,
i termini di cui alla  lettera  b),  del  comma  6,  decorrono  dalla
comunicazione dell'esito favorevole delle relative procedure». 
    A sua volta, il precedente comma 6, alla lettera b), prevede  che
il SUAP, al fine di addivenire al provvedimento conclusivo,  «convoca
entro sette giorni dal decorso del termine di cui al comma 5,  ovvero
dal ricevimento delle  integrazioni,  la  conferenza  di  servizi  da
svolgersi in seduta unica anche in via telematica entro i  successivi
quindici giorni lavorativi, qualora sia necessario acquisire  pareri,
autorizzazioni o  altri  atti  di  assenso  comunque  denominati,  di
amministrazioni diverse da quella comunale». 
    Da tali disposizioni risulta implicitamente, ma chiaramente,  che
la disciplina regionale  configura  la  procedura  di  VIA  come  una
procedura  autonoma  rispetto  a  quella  volta   al   rilascio   del
provvedimento   autorizzatorio,   anche   se   ovviamente   ad   essa
funzionalmente collegata. 
    Tale assetto e' in contrasto con quanto previsto dalle  modifiche
apportate per effetto del decreto legislativo  n.  104/2017  all'art.
27-bis del decreto legislativo n. 152/2006, che  disciplina  in  modo
dettagliato ed articolato il procedimento per ottenere il rilascio di
un provvedimento unico regionale. 
    In particolare rileva in questa sede  il  comma  7  che  dispone:
«Fatto salvo il rispetto dei termini previsti  dall'art.  32  per  il
caso di consultazioni  transfrontaliere,  entro  dieci  giorni  dalla
scadenza del termine di conclusione della consultazione ovvero  dalla
data  di  ricevimento  delle  eventuali   integrazioni   documentali,
l'autorita' competente convoca una conferenza di servizi  alla  quale
partecipano il proponente e tutte  le  Amministrazioni  competenti  o
comunque potenzialmente interessate per il rilascio del provvedimento
di VIA e  dei  titoli  abilitativi  necessari  alla  realizzazione  e
all'esercizio del progetto richiesti dal proponente. La conferenza di
servizi e' convocata in modalita'  sincrona  e  si  svolge  ai  sensi
dell'art. 14-ter della legge 7 agosto 1990, n.  241.  Il  termine  di
conclusione della conferenza  di  servizi  e'  di  centoventi  giorni
decorrenti dalla data di convocazione dei lavori.  La  determinazione
motivata di conclusione delta conferenza di  servizi  costituisce  il
provvedimento  autorizzatorio  unico   regionale   e   comprende   il
provvedimento di  VIA  e  i  titoli  abilitativi  rilasciati  per  la
realizzazione e l'esercizio  del  progetto,  recandone  l'indicazione
esplicita. Resta fermo  che  la  decisione  di  concedere  i'  titoli
abilitativi di cui al periodo precedente e' assunta  sulla  base  del
provvedimento di VIA, adottato in conformita' all'art. 25,  commi  1,
3, 4, 5 e 6, del presente decreto». 
    Non e' quindi ammessa la scissione tra procedimento in conferenza
di servizi  ai  fini  della  VIA  e  ai  fini  dell'autorizzazione  o
abilitazione. 
    La  scissione  si  traduce  in   un   evidente   aggravio   della
complessita',   con   compromissione   del   livello   uniforme    di
semplificazione ormai raggiunto in materia. 
    Il  contrasto  e'  inoltre  apprezzabile  anche  con  riferimento
all'art. 14, comma  4,  legge  n.  241/1990,  il  quale  dispone  che
«qualora  un  progetto  sia  sottoposto  a  valutazione  di   impatto
ambientale di competenza regionale, tutte le autorizzazioni,  intese,
concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque
denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del medesimo
progetto, vengono acquisiti nell'ambito  di  apposita  conferenza  di
servizi, convocata in modalita' sincrona ai sensi  dell'art.  14-ter,
secondo quanto previsto dall'art. 27-bis del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152». 
    Tali previsioni - disciplinando il procedimento di VIA - sono  di
competenza legislativa statale in materia di «tutela dell'ambiente  e
dell'ecosistema», di cui all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. 
    Il contrasto con le medesime si traduce dunque in  una  causa  di
illegittimita' costituzionale, per violazione anche di tale parametro
costituzionale. 
    I ricordati art.  27-bis  e  art.  14,  inoltre,  sono  norme  di
semplificazione  amministrativa  adottate  dal  legislatore   statale
nell'esercizio  della  propria  competenza  in  materia  di  «livelli
essenziali delle prestazioni» ex art. 117, secondo comma, lettera m),
Cost., tali da vincolare i  legislatori  regionali,  conformemente  a
quanto stabilito da codesta Corte costituzionale  ex  multis  con  la
sentenza n. 203 del 2012. Si e' gia' illustrato  come  la  disciplina
regionale in parte qua si traduca  nella  vanificazione  del  livello
uniforme di semplificazione ormai raggiunto. 
    Da  qui,  dunque,  anche  la   violazione   di   tale   parametro
costituzionale. 
    Infine la norma contenuta nell'art. 7, comma 8, prevede: «...  Il
procedimento e' espressamente concluso con provvedimento di: ....  c)
rigetto,  che  puo'  essere  adottato  nei  soli  casi  di   motivata
impossibilita' ad adeguare il progetto presentato per la presenza  di
vizi o carenze tecniche insanabili ...». 
    La previsione limita il provvedimento di «diniego assoluto»  alle
sole ipotesi di vizi o  carenze  tecniche  insanabili  del  progetto,
escludendo, quindi,  la  possibilita'  di  un  diniego  assoluto  che
riguardi  la  stessa  localizzazione  dell'intervento,  precludendone
l'autorizzazione (cosiddetta «opzione zero»). 
    Invero, la legge in esame, nel medesimo art. 7, comma 7, precisa,
che  «Qualora  l'intervento  sia  soggetto  a  valutazione  d'impatto
ambientale (VIA) ... oppure ad alcuno dei casi individuati  dall'art.
20,  comma  4,  della  legge  n.  241/1990  [patrimonio  culturale  e
paesaggistico, l'ambiente, la tutela dal  rischio  idrogeologico,  la
difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l'immigrazione, l'asilo e la
cittadinanza, la salute e la pubblica incolumita', ai casi in cui  la
normativa comunitaria], i termini di cui alla lettera b),  del  comma
6, decorrono dalla comunicazione dell'esito favorevole delle relative
procedure»; ma tale espressa esclusione dall'ambito  di  applicazione
delle disposizioni regionali di semplificazione non e' contenuta  nel
comma 8 in esame. 
    Pertanto, poiche' in tal modo la disposizione sopra riportata  si
applica anche quando sono coinvolti i beni culturali e paesaggistici,
essa si pone in contrasto con la normativa statale a tutela dei  beni
culturali e del paesaggio. 
    Infatti, se il «diniego propositivo» e'  ammissibile  qualora  si
tratti di interventi manutentivi o di risanamento conservativo  e  di
restauro, spesso in se' necessari per  la  stessa  conservazione  del
bene protetto, senza consumo di suolo  inedificato,  non  altrettanto
puo' dirsi nei casi in cui, invece, il procedimento abbia ad  oggetto
l'attivazione di nuovi interventi comportanti consumo di nuovo  suolo
verde o profonda  e  irreversibile  alterazione  del  bene  culturale
tutelato: rispetto a tali casi le autorita' preposte alla tutela  dei
beni culturali e paesaggistici possono e devono, se del caso, opporre
un diniego o un parere negativo non condizionato, e proporre  diverse
localizzazioni,  il  che  si  traduce  in  un  diniego  per   ragioni
«localizzative». 
    La disciplina regionale in esame preclude tale possibilita'. 
    L'art.  7,  comma  9  prevede  che:  «...  Decorsi  dieci  giorni
lavorativi dal termine di cui alla lettera a)  del  comma  6,  ovvero
dalla seduta della conferenza di servizi di cui alla lettera  b)  del
comma 6, senza che sia stato emanato il provvedimento conclusivo,  il
procedimento si intende concluso positivamente». Il  comma  in  esame
prevede il silenzio assenso a  valle  della  conferenza  di  servizi,
istituto  non  applicabile  nel  procedimenti  ad  istanza  di  parte
riguardanti la materia dei beni culturali e del paesaggio. 
    Infatti, come stabilito dal Consiglio di Stato con il  parere  n.
1640 del 13 luglio 2016,  l'istituto  del  silenzio  assenso  di  cui
all'art. 17-bis della legge n. 241/1990 opera in tutti i procedimenti
che prevedano una fase co-decisoria necessaria di competenza di altra
amministrazione (silenzio assenso «orizzontale»),  non  applicandosi,
percio',  ove  la   richiesta   non   provenga   dall'amministrazione
procedente, ma dal privato destinatario dell'atto, direttamente o per
il tramite dello Sportello unico. 
    In tali ipotesi, viene in rilevo il rapporto  e  privato-pubblica
amministrazione e trova applicazione, pertanto, l'art. 20 della legge
n. 241/1990, che esclude l'applicabilita' del  silenzio-assenso  agli
interessi sensibili. 
    Le disposizioni di cui ai citati comma 8 e 9  dell'art.  7  della
legge regionale in esame, risultano quindi in  contrasto  con  l'art.
117, secondo comma, lettera  s),  Cost.  che  riserva  la  competenza
legislativa esclusiva in  materia  di  tutela  di  beni  culturali  e
paesaggio allo Stato con riferimento alle le norme interposte di  cui
al  codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio  riguardanti   le
autorizzazioni relative agli interventi sul patrimonio culturale  (in
particolare gli articoli 21 e 146 decreto legislativo n. 42/2004). 
    L'art. 8, comma 2, della legge regionale in  esame  prevede:  «In
ogni caso, le irregolarita' riscontrate in sede di verifica derivanti
dall'inosservanza dei requisiti minimi pubblicati ai sensi  dell'art.
6, comma 7, non possono dare luogo  a  provvedimenti  di  divieto  di
prosecuzione dell'attivita' senza che prima  sia  stato  concesso  un
termine congruo per la regolarizzazione non inferiore  a  centottanta
giorni, salvo non sussistano irregolarita' tali da determinare  gravi
pericoli per la  popolazione,  l'ambiente  o  l'ordine  pubblico.  Le
pubbliche amministrazioni, all'esito di procedimenti di verifica, non
possono richiedere adempimenti ulteriori ne'  irrogare  sanzioni  che
non riguardino esclusivamente il rispetto dei requisiti minimi». 
    Il menzionato art. 6, comma 7,  a  sua  volta,  prevede  che  «la
comunicazione unica regionale di cui ai commi 1 e 5, il verbale degli
esiti dei controlli espletati dalle autorita' competenti, nonche'  il
provvedimento di autorizzazione o inibizione, sono trasmessi  a  cura
del SUAP o delle autorita' competenti  con  modalita'  telematica  al
registro delle imprese  per  l'inserimento  e  la  conservazione  nel
fascicolo informatico d'impresa». 
    Cio' che qui interessa, in  particolare,  e'  il  riferimento  ai
«controlli espletati dalle autorita'  competenti»  che,  in  base  al
tenore testuale della disposizione, non  possono  non  comprendere  i
controlli in materia di AIA. 
    Ebbene, dal combinato disposto delle previsioni sopra  richiamate
deriva che, anche nei casi in cui a seguito dei controlli in  materia
di  AIA   emergessero   irregolarita',   vige   l'impossibilita'   di
provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attivita' in assenza di
termine congruo per la regolarizzazione non inferiore  a  centottanta
giorni, «salvo non sussistano irregolarita' tali da determinare gravi
pericoli per la popolazione, l'ambiente o l'ordine pubblico». 
    Tale previsione viola il disposto dell'art. 117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., in relazione  all'art.  29-decies,  comma  9,  del
decreto legislativo n. 152/2010. 
    In particolare, il contrasto e' apprezzabile con quanto  previsto
dall'art. 29-decies, comma 9, cit. il  quale  dispone:  «In  caso  di
inosservanza delle prescrizioni  autorizzatorie  o  di  esercizio  in
assenza  di  autorizzazione,  ferma  restando  l'applicazione   delle
sanzioni   e   delle   misure   di   sicurezza   di   cui    all'art.
29-quattuordecies, l'autorita' competente procede secondo la gravita'
delle infrazioni: a) alla diffida, assegnando  un  termine  entro  il
quale devono essere eliminate le  inosservanze,  nonche'  un  termine
entro cui, fermi restando gli obblighi  del  gestore  in  materia  di
autonoma adozione di misure di salvaguardia, devono essere  applicate
tutte  le  appropriate  misure  provvisorie   o   complementari   che
l'autorita'  competente  ritenga  necessarie   per   ripristinare   o
garantire  provvisoriamente  la  conformita';  b)  alla   diffida   e
contestuale sospensione dell'attivita' per un tempo determinato,  ove
si manifestino situazioni, o nel caso  in  cui  le  violazioni  siano
comunque reiterate  piu'  di  due  volte  all'anno;  c)  alla  revoca
dell'autorizzazione e alla chiusura dell'installazione,  in  caso  di
mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con  la  diffida  e  in
caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o
di danno per l'ambiente; d)  alla  chiusura  dell'installazione,  nel
caso in cui l'infrazione abbia determinato esercizio  in  assenza  di
autorizzazione». 
    Il vincolante riferimento della disposizione regionale soltanto a
«irregolarita' tali da determinare gravi pericoli per la popolazione,
l'ambiente o l'ordine pubblico» vanifica palesemente  il  sistema  di
tutela degli essenziali  interessi  ambientali  apprestato  dall'art.
29-decies, comma 9, del decreto legislativo n. 152/2010, e  determina
quindi un ulteriore contrasto con l'art. 117,  comma  2,  lettera  s)
Cost. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Presidente del Consiglio come  sopra  rappresentato  e  difeso
ricorre  a  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  affinche'  voglia
dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 6,  7  e  8
della  legge  regionale  dell'Abruzzo  n.  51/2017   pubblicata   nel
Bollettino Ufficiale della Regione del 20 settembre 2017, n. 38. 
    Si produce in estratto conforme la  delibera  del  Consiglio  dei
ministri del 10 novembre 2017. 
    Si producono altresi' i seguenti documenti: 
        1) legge regionale impugnata. 
 
          Roma, 20 novembre 2017 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Aiello