N. 5 SENTENZA 22 novembre 2017- 18 gennaio 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Sanita'  pubblica  -  Disposizioni  varie  in  materia   di   vaccini
  (obbligatorieta' e gratuita' per i minori di eta' compresa tra zero
  e sedici anni e per tutti i minori stranieri non  accompagnati,  di
  numerose  vaccinazioni  gia'  previste  dai  piani  sanitari   come
  obbligatorie o solo raccomandate; divieto  di  accesso  ai  servizi
  educativi per l'infanzia e sanzioni  pecuniarie  amministrative  in
  caso di inadempimento; indennizzi a favore dei soggetti danneggiati
  da  complicanze   irreversibili   da   vaccinazioni;   disposizioni
  transitorie). 
- Decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 (Disposizioni urgenti in materia
  di prevenzione vaccinale), artt. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5; 3; 4; 5 e
  7; medesimo decreto-legge, - convertito, con  modificazioni,  dalla
  legge 31 luglio 2017, n. 119 - artt. 1, commi 1, 1-bis,  1-ter,  2,
  3, 4 e 6-ter; 3; 3-bis; 4; 5; 5-quater e 7. 
-   
(GU n.4 del 24-1-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt.  1,  commi
1, 2, 3, 4 e 5; 3; 4; 5 e 7, del decreto-legge 7 giugno 2017,  n.  73
(Disposizioni urgenti in materia di prevenzione  vaccinale)  e  degli
artt. 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4 e  6-ter;  3;  3-bis;  4;  5;
5-quater  e   7   del   medesimo   decreto-legge,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017,  n.  119,  promossi  dalla
Regione Veneto con ricorsi notificati il  24-28  luglio  e  il  14-15
settembre 2017, depositati in  cancelleria  il  25  luglio  e  il  21
settembre 2017 e iscritti ai nn. 51 e 75 del registro ricorsi 2017. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  nonche'   gli   atti   di   intervento   dell'associazione
«Aggregazione Veneta - Aggregazione delle  associazioni  maggiormente
rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identita',
cultura e lingua venete», nonche' di L. P.; della  «Associazione  per
Malati  emotrasfusi  e  Vaccinati»  (AMEV),  unitamente  (quanto   al
giudizio iscritto al r.r. n. 75 del  2017)  a  L.  B.  e  C.  C.,  in
qualita' di genitori del minore L. C.; delle associazioni CODACONS  e
«Articolo 32 -  Associazione  italiana  per  i  diritti  del  malato»
(AIDMA) (quanto al giudizio iscritto al r.r. n.  51  del  2017);  del
«Coordinamento nazionale danneggiati da vaccino» (CONDAV) (quanto  al
giudizio iscritto al r.r. n. 75 del 2017); 
    udito nella udienza pubblica del  21  novembre  2017  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi gli avvocati Marco Della Luna per l'Aggregazione  Veneta  e
L. P., Marcello Stanca per AMEV, L. B. e C. C., Tiziana Sorriento per
CODACONS e AIDMA, Vanni Domenico Oddino per CONDAV, Luca  Antonini  e
Andrea Manzi per la Regione Veneto e gli avvocati dello Stato  Enrico
De Giovanni e Leonello Mariani per il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  ricorso  notificato  il  24  luglio-28  luglio  2017  e
depositato il 25 luglio 2017 (r.r. n. 51 del 2017), la Regione Veneto
ha impugnato il decreto-legge 7  giugno  2017,  n.  73  (Disposizioni
urgenti in materia  di  prevenzione  vaccinale),  per  intero  e  con
riguardo agli artt. 1, commi da 1 a 5; 3; 4; 5 e 7. 
    1.1.- La ricorrente riassume le finalita' del d.l. n. 73 del 2017
e il contenuto delle disposizioni censurate. 
    Nel preambolo del decreto-legge, e' affermata  la  «straordinaria
necessita' ed  urgenza  di  emanare  disposizioni  per  garantire  in
maniera omogenea sul territorio nazionale le attivita'  dirette  alla
prevenzione, al contenimento e  alla  riduzione  dei  rischi  per  la
salute pubblica e di assicurare il costante mantenimento di  adeguate
condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e  di
copertura vaccinale»; nonche' la necessita' di «garantire il rispetto
degli obblighi assunti e delle strategie concordate a livello europeo
e  internazionale  e  degli  obiettivi   comuni   fissati   nell'area
geografica europea». 
    Su queste premesse, l'art. 1, comma 1, prevede, per i minori fino
a sedici anni di eta', dodici vaccinazioni obbligatorie  e  gratuite.
Di queste, otto (anti-pertosse, Haemophilus  influenzae  di  tipo  B,
meningococcica  di  tipo  B  e  C,  morbillo,  rosolia,  parotite   e
varicella) non erano previste dalla  normativa  previgente  (legge  6
giugno 1939, n.  891,  recante  «Obbligatorieta'  della  vaccinazione
antidifterica»; legge 5 marzo 1963,  n.  292,  recante  «Vaccinazione
antitetanica obbligatoria»; legge 4 febbraio  1966,  n.  51,  recante
«Obbligatorieta' della  vaccinazione  antipoliomielitica»;  legge  27
maggio 1991, n.  165,  recante  «Obbligatorieta'  della  vaccinazione
contro l'epatite virale B»). 
    L'obbligo e' escluso in caso di avvenuta immunizzazione a seguito
di malattia naturale, nonche' di pericolo per la salute in  relazione
a specifiche condizioni cliniche, da documentare nei modi  stabiliti,
rispettivamente, dallo stesso art. 1 del d.l.  n.  73  del  2017,  ai
commi 2 e 3. 
    I commi 4 e 5  dell'art.  1  e  i  successivi  artt.  3,  4  e  5
istituiscono un sistema di controlli e sanzioni volto a garantire  il
rispetto dell'obbligo vaccinale, anche in relazione  all'accesso  dei
minori alle istituzioni scolastiche ed educative. 
    In caso di inosservanza dell'obbligo, e' comminata (art. 1, comma
4) a carico dei genitori esercenti la responsabilita'  genitoriale  e
dei tutori la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 7.500 euro,
salvo che gli stessi provvedano, a  seguito  di  contestazione  della
competente azienda sanitaria locale (ASL), nel termine ivi  indicato,
a fare somministrare al minore il vaccino o la prima dose  del  ciclo
vaccinale (e, in questo caso, purche' il  ciclo  sia  completato  nei
tempi stabiliti in relazione all'eta' del minore). Alla scadenza  del
termine, l'ASL e' tenuta a  segnalare  l'inadempimento  alla  procura
della Repubblica  presso  il  tribunale  per  i  minorenni,  per  gli
eventuali adempimenti di competenza (art. 1, comma 5). 
    Sono previsti (art. 3, comma 1) modi e tempi per la presentazione
da parte dei genitori o  dei  tutori,  all'atto  dell'iscrizione  dei
minori alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione  (nonche'
ai  servizi  educativi  per  l'infanzia,  ai  centri  di   formazione
professionale regionale e alle scuole private non  paritarie),  della
documentazione  che  comprovi  l'effettuazione   delle   vaccinazioni
obbligatorie, oppure l'esonero, omissione o differimento delle stesse
(in relazione a quanto previsto all'art. 1,  commi  2  e  3),  oppure
ancora la richiesta di vaccinazione. La mancata  presentazione  della
documentazione nei termini previsti (art. 3, comma  2)  e'  segnalata
dai responsabili delle istituzioni suddette all'ASL (anche ai fini di
quanto previsto nell'art. 1, commi 4 e  5).  La  presentazione  della
documentazione  costituisce  requisito  per   accedere   ai   servizi
educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia  (anche  private
non paritarie), ma non alla scuola o agli esami negli altri gradi  di
istruzione (art. 3, comma 3). 
    L'art. 4 prevede, di norma, l'inserimento dei minori, per i quali
le vaccinazioni comportino pericoli (accertati a norma  dell'art.  1,
comma 3), in classi nelle quali siano presenti solo alunni  vaccinati
o immunizzati (fermo restando  il  numero  delle  classi  determinato
secondo  le  disposizioni  vigenti  e   i   limiti   previsti   dalle
disposizioni  richiamate  nello   stesso   art.   4).   Dirigenti   e
responsabili delle istituzioni interessate segnalano annualmente alla
ASL le classi con piu' di due alunni non vaccinati. 
    L'art.  5  detta  norme  transitorie  sulla   documentazione   da
presentare ai fini dell'iscrizione per l'anno  scolastico  2017/2018.
E' fissato,  all'uopo,  il  termine  del  10  settembre  2017  ed  e'
consentito che la documentazione sia  temporaneamente  sostituita  da
una dichiarazione - resa ai sensi del d.P.R. 28 giugno 2000, n.  445,
«Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia di documentazione amministrativa (Testo A)»  -  e  presentata
successivamente, entro il 10 marzo 2018. 
    L'art. 7 contiene le disposizioni  finanziarie.  Esso  identifica
come unico nuovo onere quello inerente alla formazione del  personale
scolastico ed educativo (di cui all'art. 2,  comma  3,  dello  stesso
decreto-legge) e prevede, in relazione a cio', una copertura  pari  a
euro 200.000 per l'anno 2017. 
    Dalla  relazione  di  accompagnamento  al  disegno  di  legge  di
conversione, nonche' dalla circolare del Ministro della salute del 12
giugno  2017  (Circolare  recante  prime  indicazioni  operative  per
l'attuazione  del  decreto-legge  7  giugno  2017,  n.  73,   recante
"Disposizioni urgenti  in  materia  di  prevenzione  vaccinale"),  la
ricorrente desume che lo scopo  della  normativa  e'  raggiungere  la
soglia del 95 per cento di  copertura  vaccinale  contro  malattie  a
rischio epidemico, sul presupposto che tale soglia  sia  raccomandata
dall'Organizzazione Mondiale della Sanita' (OMS) per il conseguimento
della cosiddetta "immunita' di gregge" (herd  immunity,  immunita'  o
resistenza collettiva a un certo patogeno da parte di una comunita' o
di una popolazione umana); che dal 2013 si sia verificata  in  Italia
una  tendenziale   diminuzione   del   ricorso   alle   vaccinazioni,
determinando  una  copertura  vaccinale  al  di  sotto  della  soglia
anzidetta; che  nello  stesso  periodo  siano  aumentati  i  casi  di
malattie infettive (soprattutto morbillo e rosolia), anche  in  fasce
di eta' diverse da quelle classiche, con quadri clinici piu' gravi  e
maggiore ospedalizzazione; che siano  ricomparse  malattie  da  tempo
debellate, anche in seguito ai flussi di immigrazione;  che,  secondo
dati dell'OMS («World Health Statistics», rapporto pubblicato  il  17
maggio 2017) le coperture italiane risultino tra  le  piu'  basse  in
Europa e inferiori a quelle di alcuni Paesi africani. 
    Pertanto, si e' ritenuto necessario e urgente estendere e rendere
effettivi gli obblighi vaccinali vigenti,  anche  in  conformita'  al
principio  di  precauzione,  che   prescrive   di   neutralizzare   o
minimizzare i rischi per la salute umana,  anche  se  non  del  tutto
accertati. 
    1.2.- Con il primo motivo di ricorso, la Regione  Veneto  censura
il d.l. n. 73 del 2017 e «in ogni caso» le sue  singole  disposizioni
indicate in epigrafe per  violazione  dell'art.  77,  secondo  comma,
della Costituzione, «in combinato disposto» con gli artt. 117,  terzo
e quarto comma, e 118 Cost. 
    La  ricorrente  precisa  di  non  contestare  la  validita'   dei
programmi di vaccinazione,  essendosi  anzi  dotata  di  un  apposito
sistema attraverso la propria legge 23 marzo 2007, n. 7  (Sospensione
dell'obbligo vaccinale per l'eta' evolutiva). La ricorrente contesta,
invece,  l'introduzione,  mediante  decretazione  d'urgenza,  di  ben
dodici vaccinazioni obbligatorie, assistite da «pesanti coercizioni»,
con una decisione senza precedenti a livello internazionale. 
    Richiamata la giurisprudenza costituzionale sull'art.  77  Cost.,
la Regione osserva che  sul  proprio  territorio  non  esiste  alcuna
emergenza di sanita' pubblica in relazione alle patologie di  cui  al
d.l. n. 73 del  2017,  tale  da  giustificare  il  travolgimento  del
programma  regionale,  basato  sul  consenso  informato,  e  la   sua
sostituzione con un esteso obbligo vaccinale. 
    Secondo la ricorrente,  l'"immunita'  di  gregge"  e'  assicurata
quando, in una comunita'  umana,  e'  superata  la  «soglia  critica»
individuata per ciascuna patologia in uno specifico contesto.  Al  di
sotto di questa soglia, non ricorre alcuna  emergenza  sanitaria.  Il
valore del 95 per cento non e' stato indicato  dall'OMS  come  soglia
critica, ma solo come «soglia ottimale»,  e  cio'  esclusivamente  in
relazione al complesso DTP (difterite, tetano e pertosse).  Anche  il
Piano nazionale di prevenzione vaccinale  (PNPV)  2017-2019  (oggetto
dell'intesa sancita in seno alla Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano -
di seguito,  Conferenza  Stato-Regioni  -  il  19  gennaio  2017)  ha
previsto il  valore  del  95  per  cento  come  valore  ottimale  (da
raggiungere secondo specifiche strategie regionali), non come  soglia
critica, e solo  in  relazione  a  meningite,  rosolia,  varicella  e
papilloma  virus.  Sulla  base  dei  cosiddetti  parametri   critici,
relativi all'andamento epidemiologico di talune  malattie  infettive,
e' possibile, previa definizione  della  soglia  critica  in  ciascun
contesto, definire una «strategia ottimale» per  il  contrasto  della
stessa malattia, tenendo conto dell'effetto delle campagne vaccinali,
dell'"immunita'   di   gregge"   conseguita   e    delle    eventuali
controindicazioni vaccinali. Non esiste,  peraltro,  un'unica  soglia
critica valida per tutti i patogeni in tutti  i  contesti,  dovendosi
invece  tenere  conto  di  vari  fattori  biologici,   ambientali   e
socio-economici. 
    In conclusione, la soglia del 95 per cento, al cui raggiungimento
mira il d.l. n. 73 del 2017, sarebbe «del tutto  arbitraria,  essendo
priva di qualsiasi giustificazione scientifica o normativa». 
    Cio' sarebbe comprovato anche dai livelli di attenzione e allarme
fissati nella deliberazione della  Giunta  regionale  del  Veneto  28
luglio 2009, n. 2319, recante «Sospensione dell'obbligo vaccinale per
l'eta'  evolutiva  (L.R.   7/2007).   Approvazione   del   Piano   di
Monitoraggio del Sistema Vaccinale della Regione  del  Veneto  e  del
Report Monitoraggio Sospensione Obbligo Vaccinale  relativo  all'anno
2008».  Nella  Regione  non  esiste  alcuna  generalizzata  emergenza
sanitaria; le coperture vaccinali superano il 90 per cen to per sette
delle malattie di cui al d.l. n. 73 del 2017 e superano  comunque  in
tutti  i  casi  le  soglie  critiche  (come  risulterebbe   da   dati
dell'Istituto superiore di sanita', ISS),  anche  con  riguardo  alla
copertura contro poliomielite e morbillo nella fascia tra i due  e  i
diciotto anni  di  eta'  (come  risulterebbe  da  dati  della  stessa
Regione). 
    In relazione al morbillo, la ricorrente  riconosce  che,  secondo
alcuni  dati  del  Ministero  della  salute,  la  copertura   sarebbe
inferiore alla soglia critica  fissata  nel  PNPV  2017-2019.  Ma  la
situazione non desterebbe, ad avviso della stessa  ricorrente,  alcun
allarme.   Comunque,   le   norme   censurate   non   risponderebbero
adeguatamente  all'esigenza  di  contenere  l'epidemia  di  morbillo:
quest'ultima riguarda soprattutto adolescenti oltre i sedici anni; la
malattia e' frequente anche in  persone  vaccinate;  non  esiste  una
correlazione  tra  copertura  vaccinale  e  casi  di  morbillo  (come
risulterebbe da dati dell'ISS). 
    Non  sussisterebbe,  dunque,   l'esigenza   di   una   disciplina
dettagliata sulla somministrazione dei vaccini, da applicarsi in modo
uniforme su tutto il territorio nazionale. 
    Inoltre, le norme censurate, poiche' prevedono  la  presentazione
anche solo della richiesta di vaccinazione  ai  fini  dell'iscrizione
scolastica (art. 3, comma 1) e, transitoriamente, la possibilita'  di
presentare una dichiarazione  sostitutiva  (art.  5),  non  sarebbero
nemmeno immediatamente operative. 
    La violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost. ridonderebbe  in
una lesione delle competenze regionali in  materia  di  tutela  della
salute  (organizzazione  e  funzionamento   del   Sistema   sanitario
regionale) e  di  istruzione  (servizi  educativi  per  l'infanzia  e
garanzia del diritto allo studio  nelle  istituzioni  scolastiche  ed
educative). 
    1.3.- Con il secondo motivo di ricorso, l'art. 1, commi da 1 a 5,
e gli artt. 3, 4 e 5 del d.l. n.  73  del  2017  sono  censurati  per
violazione degli artt. 2, 3, 31, 32, 34 e 97 Cost., quest'ultimo  «in
combinato disposto» con gli artt. 117, terzo e quarto  comma,  e  118
Cost. 
    In sintesi, sulla base  della  riferita  distinzione  tra  soglia
ottimale  e  critica,  le  disposizioni  censurate  si  paleserebbero
ingiustificate ed eccessive, in pregiudizio del diritto alla salute e
allo studio,  dei  principi  di  ragionevolezza  e  proporzionalita',
nonche'  del  buon   andamento   dell'amministrazione,   sempre   con
ridondanza sulle gia' citate attribuzioni  regionali  in  materia  di
sanita' e istruzione, e con autonoma violazione di esse. 
    1.3.1.- Ad avviso della ricorrente, l'art. 32,  primo  e  secondo
comma, Cost. garantisce la liberta' del singolo di non  sottoporsi  a
cure o terapie non scelte o accettate, salvo che ricorra  uno  «stato
di necessita' per la salute pubblica»  e,  inoltre,  con  la  duplice
garanzia, sul piano formale, della riserva di  legge  in  materia  di
trattamenti sanitari imposti e, sul piano sostanziale,  del  rispetto
in tutti i casi  dei  «limiti  imposti  dal  rispetto  della  persona
umana»,  a  propria  volta  riflesso   del   fondamentale   principio
personalista (art. 2 Cost.). 
    Cio'   darebbe   rilievo   costituzionale   al    principio    di
autodeterminazione (sono citate al riguardo le sentenze  della  Corte
costituzionale n. 162 del 2014 e n. 207 del 2012), le cui limitazioni
devono   essere   ragionevolmente   e    congruamente    giustificate
dall'impossibilita' di tutelare altrimenti interessi di pari rango. 
    Anche diverse norme internazionali confermano che gli  interventi
di profilassi contro malattie infettive e diffusive devono soggiacere
a limiti come quelli derivanti dalla necessita' di tutelare la  vita,
l'integrita' psico-fisica, la dignita' umana e la riservatezza.  Sono
citati, al riguardo,  gli  artt.  1  e  3  della  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza  il  7  dicembre
2000 e adattata  a  Strasburgo  il  12  dicembre  2007  (CDFUE),  che
garantiscono la dignita' umana e l'integrita' fisica  e  psichica  di
ciascun individuo, nonche' (art. 3, comma 2) il rispetto del consenso
libero e informato della persona in ambito medico e biologico; l'art.
8, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti e delle
liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,  ratificata
e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (CEDU), che sancisce
il diritto al rispetto della vita  privata  e  familiare;  l'art.  24
della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York  il  20
novembre 1989 (per la quale la ratifica  e  l'esecuzione  sono  state
disposte con legge 27 maggio 1991, n. 176), che  tutelano  la  salute
dei minori e garantiscono il loro  accesso  ai  servizi  medici;  gli
artt. 5, 6 e 9 della Convenzione sui diritti umani e la  biomedicina,
firmata ad Oviedo il 4 aprile  1997  (per  la  quale  la  ratifica  e
l'esecuzione sono state disposte con legge 28 marzo 2001, n. 145), il
primo dei quali, in particolare, sancisce  come  regola  generale  la
necessita'  del  consenso  libero  e  informato  dell'interessato  ai
trattamenti sanitari (ancorche' per questa convenzione non sia  stato
depositato lo strumento di  ratifica,  essa  avrebbe  almeno  valenza
interpretativa  del  diritto   vigente,   come   riconosciuto   dalla
giurisprudenza di legittimita'). 
    In sintesi, i principi costituzionali subordinano la legittimita'
dell'obbligo vaccinale alla compresenza  di  un  interesse  sanitario
individuale o collettivo non altrimenti tutelabile, in una logica  di
bilanciamento. Dirimente sarebbe, a tale  riguardo,  che  il  sistema
elaborato dalla Regione  Veneto,  basato  sul  consenso  informato  e
sull'alleanza terapeutica, ha consentito di raggiungere un livello di
copertura vaccinale superiore alla soglia critica. 
    1.3.2.- La ricorrente illustra genesi, caratteristiche e sviluppi
di tale sistema, che esclude qualsiasi forma di coercizione, ritenuta
controproducente. 
    Il graduale superamento dell'obbligo vaccinale era stato previsto
nel Nuovo piano nazionale  vaccini  2005-2007  (oggetto  dell'accordo
raggiunto in seno alla Conferenza Stato-Regioni il 3 marzo 2005), sul
presupposto che le vaccinazioni raccomandate fossero  percepite  come
meno importanti rispetto a quelle obbligatorie e che per  questo,  in
relazione a esse, si ottenessero risultati inferiori. Di conseguenza,
optando  per  una  strategia   basata   sull'informazione   e   sulla
persuasione  e  orientata  a  una  maggiore  qualita'   dei   servizi
vaccinali,  si  e'  consentito  alle  Regioni  di  sperimentare   una
sospensione  dell'obbligo  vaccinale,  purche'  in  presenza  di   un
adeguato  sistema  informativo,  di  una  copertura  vaccinale   gia'
adeguata e di un efficace monitoraggio degli eventi avversi. 
    Di conseguenza, la legge della Regione Veneto n. 7  del  2007  ha
sospeso, per tutti i nuovi nati dal 1° gennaio 2008, le  vaccinazioni
contro difterite, tetano, poliomielite ed epatite virale B  (art.  1,
comma 1), pur continuando a offrirle attivamente  e  gratuitamente  e
lasciandole inserite nel  calendario  vaccinale  dell'eta'  evolutiva
(art. 1, comma 2). Era altresi' conservato l'obbligo di indennizzo  a
favore dei soggetti danneggiati da  complicanze  irreversibili  delle
vaccinazioni (art. 1, comma 3). E' stato inoltre istituito un sistema
di monitoraggio  (art.  3),  in  collaborazione  con  le  istituzioni
sanitarie nazionali, il quale consente, in casi di  pericolo  per  la
salute  pubblica,  la  sospensione  dell'applicazione   della   legge
regionale. 
    La  Regione   ha   quindi   avviato   molteplici   iniziative   -
dettagliatamente descritte nel ricorso - per la  sensibilizzazione  e
l'accompagnamento  dei  genitori  verso  un  autonomo   convincimento
dell'importanza delle vaccinazioni, per l'informazione al pubblico  e
il contrasto della disinformazione, nonche' per il monitoraggio e  la
gestione delle vaccinazioni (sono citate, al  riguardo,  le  delibere
della Giunta regionale del Veneto  29  novembre  2016,  n.  1935,  14
ottobre 2010, n. 3139, e 25 novembre 2008, n. 3664). 
    Tra l'altro si osserva che (nella d.G.R. n.  1935  del  2016)  e'
stata prevista anche l'introduzione di una procedura «con  cui  sara'
necessario presentare, per l'accesso a nidi e scuole per  l'infanzia,
la documentazione sulle avvenute  vaccinazioni,  da  inviare  poi  al
sindaco dell'ULSS territorialmente competente per la  valutazione  su
eventuali  rischi  individuali  e/o  collettivi;  il  sindaco,  quale
Autorita'  Sanitaria  Locale,  potra'  assumere   la   decisione   di
allontanare temporaneamente il bambino in questione dalla struttura o
non ammetterlo alla frequenza, previo parere del Servizio di igiene e
sanita' pubbliche». 
    Come risulta dal «Report sull'attivita' vaccinale dell'anno 2016»
della stessa Regione Veneto (pubblicato  nel  marzo  2017),  dopo  la
sospensione  dell'obbligo  vaccinale  la  copertura  e'   leggermente
calata, ma poi ha iniziato a crescere sensibilmente (per i  nati  nel
2015 e nel 2016), rimanendo sempre ben al di sopra del 90  per  cento
per le vaccinazioni in precedenza obbligatorie. Sono  stati  altresi'
raggiunti tassi di copertura elevati, superiori alla media nazionale,
anche per altre vaccinazioni (come quelle contro morbillo, varicella,
meningococco C, parotite, rosolia). 
    1.3.3.- Alla luce di  questi  risultati,  la  ricorrente  ritiene
irragionevole e sproporzionata la decisione dello Stato  di  imporre,
in modo  immediato  e  automatico,  il  passaggio  da  una  strategia
vaccinale basata sulla convinzione a una basata sulla coercizione. 
    Nella sentenza n.  258  del  1994,  la  Corte  costituzionale  ha
stabilito  che  le  leggi  che  prevedono  obblighi  vaccinali   sono
compatibili con l'art. 32  Cost.  se  contemperano  la  tutela  della
salute collettiva e il diritto individuale alla salute. Ma  cio'  non
puo' autorizzare l'integrale conversione del diritto  individuale  in
soggezione,  in   nome   dell'interesse   generale,   a   prescindere
dall'esistenza di efficaci modelli alternativi di tutela. Il  diritto
dell'individuo  alla  salute  non  puo'  considerarsi  in  ogni  caso
cedevole nei confronti del dovere  dello  Sato  e  dei  provvedimenti
adottati a tutela dell'interesse della  collettivita',  ne'  potrebbe
ritenersi che qualsiasi trattamento coattivo sia  giustificato,  solo
perche' esso consente migliori contributi dell'individuo al benessere
sociale. Il diritto alla salute avrebbe carattere primario e assoluto
(e' citata la sentenza n. 88 del 1979) e il principio  costituzionale
del rispetto della persona umana, in collegamento con l'art. 2 Cost.,
pone in primo piano il problema del consenso, la cui necessita'  puo'
essere bilanciata solo per dimostrate e imprescindibili  esigenze  di
tutela di valori con pari  dignita'  costituzionale.  In  ogni  caso,
anche con riguardo agli obblighi vaccinali, occorrerebbe bilanciare e
ponderare la tutela della salute collettiva con  l'autodeterminazione
individuale. La ricorrente ricorda, al riguardo, la sentenza  n.  118
del 1996, con cui la Corte costituzionale ha  impostato  il  problema
del contemperamento tra dimensione  individuale  e  collettiva  della
tutela della salute, con riguardo alla vaccinazione poliomielitica  e
alla "scelta tragica" di imporla per legge, pur nella  consapevolezza
di rischi di contagio, preventivabili solo in astratto. 
    L'imposizione su tutto il  territorio  nazionale  di  ben  dodici
vaccinazioni obbligatorie fallirebbe il test di proporzionalita'. 
    Anzitutto, il legislatore non avrebbe fatto ricorso  a  strumenti
alternativi, ugualmente efficaci rispetto all'obiettivo perseguito ma
meno   penalizzanti   per   gli    altri    diritti    e    interessi
costituzionalmente  protetti.  La  tutela  della  salute   collettiva
sarebbe diventato un «valore tirannico» (e' citata la sentenza  della
Corte costituzionale n. 85 del 2013), anche se avrebbe potuto  essere
analogamente realizzata da un modello come quello regionale, senza la
"scelta tragica" della coercizione. 
    Inoltre, le misure contestate sarebbero inidonee a conseguire  la
maggior parte degli scopi perseguiti e, comunque, eccessive  rispetto
ad essi. Il  tetano,  oltre  ad  avere  una  bassa  incidenza  e  una
mortalita' inferiore alla  meta'  dei  casi,  non  si  trasmette  per
contagio: sicche' la vaccinazione serve a  tutelare  solo  la  salute
individuale,  non  quella  collettiva.  L'incidenza   di   difterite,
poliomielite, Haemophilus influenzae  di  tipo  B  (Hib)  e  pertosse
sarebbe, attualmente, estremamente limitata, se non pressoche' nulla;
anche quella  dell'epatite  B  risulterebbe  in  corso  di  riduzione
(essendo comunque concentrata nella fascia di eta' tra i trentacinque
e i cinquantaquattro anni). Nemmeno per  la  meningite  e'  in  corso
alcuna  epidemia  e,  inoltre,  la  trasmissione  interpersonale   e'
inesistente o eccezionale, mentre i  vaccini  non  danno  garanzie  e
possono provocare reazioni avverse di una certa gravita'  (tanto  che
l'OMS li consiglia solo se la diffusione  raggiunge  un  livello  ben
superiore a quello riscontrato in Italia). A proposito del  morbillo,
la ricorrente rinvia alle considerazioni gia'  riportate,  osservando
che, comunque, l'obbligo generale e  permanente  di  vaccinazione  e'
eccessivo. 
    Neppure  sarebbe  rispettato   il   principio   di   precauzione,
impropriamente richiamato a giustificazione  delle  norme  censurate.
Esso  avrebbe  richiesto   un'accurata   valutazione   epidemiologica
preventiva del rischio di diffusione delle varie  malattie  nei  vari
contesti; tanto piu' perche' non sono disponibili studi  sugli  esiti
del sistema di profilassi adottato, che non risulta presente in alcun
paese del mondo. «Da questo  punto  di  vista,  le  norme  impugnate,
proprio contraddicendo il principio di precauzione, introducono, come
e' stato affermato, una sorta di grottesca "sperimentazione di massa"
obbligatoria (...), senza il sostegno di  un  preventivo  sistema  di
farmacovigilanza e senza una supervisione bioetica». 
    La previsione  di  esoneri  dall'obbligo  vaccinale  in  caso  di
pericoli  specificamente  accertati  e  documentati  per  la   salute
individuale (art. 1,  comma  3)  non  sarebbe  sufficiente,  restando
rimessa «al caso o alla "onerosa" previdenza dei genitori». 
    Mancherebbero dunque gli accertamenti e  le  cautele  preventive,
finalizzate  a  prevenire   complicanze,   richieste   dalla   stessa
giurisprudenza costituzionale (sono citate le  sentenze  n.  118  del
1996 e n. 258 del 1994). 
    1.3.4.- Sussisterebbe anche una violazione del principio del buon
andamento  dell'amministrazione,  di  cui  all'art.  97   Cost.,   in
combinato disposto con gli artt. 117, terzo e  quarto  comma,  e  118
Cost., per l'ingerenza nell'organizzazione e  nel  funzionamento  del
Servizio sanitario regionale,  di  cui  potrebbe  essere  compromessa
l'efficacia nell'erogazione dei servizi. Infatti,  la  «irragionevole
immediatezza e rigidita'» delle norme in questione, anche in presenza
di strategie vaccinali gia' efficaci e piu' rispettose della liberta'
di scelta individuale, costringerebbe il Servizio sanitario regionale
a concentrare i propri  mezzi  sulla  somministrazione  dei  vaccini,
trascurando le altre prestazioni ricomprese nei livelli essenziali. 
    Inoltre, in relazione a quanto previsto in materia di accesso  ai
servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia, nonche'
alle pesanti sanzioni in caso di inadempimento,  sarebbe  compromessa
la capacita' delle Regioni di erogare i servizi per l'infanzia  (art.
31 Cost.) e garantire il diritto allo studio (art. 34 Cost.). 
    1.3.5.- Quanto osservato in  questo  secondo  motivo  di  ricorso
ridonderebbe sulle  attribuzioni  e  sulle  competenze  di  spettanza
regionale. 
    Ricapitolati nuovamente i compiti assegnati alle  ASL  (non  solo
l'erogazione dei vaccini, ma anche  le  funzioni  di  accertamento  e
contestazione relative all'adempimento dell'obbligo, la  ricezione  e
l'invio di  segnalazioni,  l'irrogazione  di  sanzioni),  la  Regione
osserva che in tal modo si  incide  sull'organizzazione  dei  servizi
sanitari, parte integrante della materia «tutela della  salute»,  con
disposizioni che non possono considerarsi di principio, per  il  loro
contenuto dettagliato (sono citate le sentenze n. 328 e  n.  181  del
2006, n. 384 e n. 270 del 2005 e n. 510 del 2002). 
    Lo stesso varrebbe con riguardo alle disposizioni sulle  funzioni
dei dirigenti e dei responsabili delle istituzioni di istruzione  (in
materia di formazione delle classi e segnalazione di quelle con  piu'
di due alunni non vaccinati), incidenti sulla competenza  concorrente
in materia di «istruzione»  e  su  quella  residuale  in  materia  di
«istruzione e formazione  professionale»,  in  particolare  sotto  il
profilo della programmazione scolastica e del  dimensionamento  della
rete delle istituzioni scolastiche sul  territorio  (sono  citate  le
sentenze n. 147 del 2012, n. 200 del 2009 e n. 34  del  2005),  anche
con riguardo alle scuole dell'infanzia (e' citata la sentenza  n.  92
del 2011). Si segnala, in particolare, la  difficolta'  che  potrebbe
determinarsi nella formazione delle  classi,  specie  nei  Comuni  di
piccole dimensioni, per  la  necessita'  di  inserire  i  minori  non
vaccinati in classi con tutti gli alunni immunizzati. 
    1.4.- Con l'ultimo motivo di ricorso, l'art. 1, commi 1, 4 e 5, e
gli artt. 3, 4, 5 e 7 del d.l. n. 73 del  2017  sono  denunciati  per
violazione  dell'art.  81,  terzo  comma,  Cost.,  che   ridonda   in
violazione, anche diretta e autonoma, dell'art. 119, primo  e  quarto
comma, Cost. 
    Il censurato art. 7 non quantifica oneri aggiuntivi, ne'  dispone
coperture, per gli oneri  derivanti  dalle  nuove  vaccinazioni  rese
obbligatorie, in violazione del principio  secondo  cui  non  possono
essere  addossati  al  bilancio  regionale  gli  oneri  derivanti  da
decisioni  non  imputabili  alla  stessa  Regione  (sono  citate,  in
particolare, le sentenze n. 416 del 1995 e n. 452 del  1989,  nonche'
le sentenze n. 22 del 2012, n. 369 del 1992 e n. 283 del 1991). 
    1.4.1.- La relazione tecnica al disegno di legge  di  conversione
(XVII Legislatura, A.C.  n.  4533)  riporta  che  cinque  delle  otto
vaccinazioni  rese  obbligatorie  erano  gia'  incluse  nei   livelli
essenziali di assistenza dal decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 29 novembre 2001  (Definizione  dei  livelli  essenziali  di
assistenza) e che l'obiettivo di copertura vaccinale del 95 per cento
era  altresi'  considerato  nella  relazione  tecnica  al  successivo
decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  12  gennaio  2017
(Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di
cui all'articolo 1, comma 7,  del  decreto  legislativo  30  dicembre
1992, n. 502). Tuttavia, la relazione tecnica al d.P.C.m. 12  gennaio
2017, conformemente agli indirizzi allora stabiliti,  prevedeva  solo
un graduale raggiungimento di questo obiettivo al 2018,  termine  poi
differito (con il PNPV 2017-2019) al 2019. 
    Soprattutto,  la  relazione  tecnica  al  disegno  di  legge   di
conversione non considera affatto i costi per  il  recupero  dei  non
vaccinati delle coorti 2001-2016, essendo la  copertura  limitata  ai
nati nel 2017. 
    Inoltre, la stessa relazione tecnica, da un lato,  riconosce  che
gli oneri derivanti dalle vaccinazioni raccomandate nell'ultimo  PNPV
hanno trovato copertura, per gli anni  ivi  considerati  (2017-2019),
nell'art. 1,  comma  408,  della  legge  11  dicembre  2016,  n.  232
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2017  e
bilancio pluriennale per il triennio  2017-2019).  Dall'altro  pero',
riconosce  che  tale   copertura   non   sussiste   per   i   vaccini
anti-meningococco B e anti-varicella, per  i  quali  il  d.P.C.m.  12
gennaio 2017 e il PNPV 2017-2019 prevedevano coperture  inferiori  al
95 per cento (60 per cento nel  2017,  75  per  cento  nel  2018,  la
copertura  consigliata  dall'OMS  dal  2019).  A  questa  lacuna   la
relazione tecnica risponde con  ipotesi,  ritenute  dalla  ricorrente
irrealistiche e artificiose,  circa  la  riduzione  della  coorte  da
vaccinare per il  calo  demografico,  la  riduzione  del  prezzo  dei
vaccini  e  la  riduzione  delle  dosi  di  anti-meningococco  B   da
somministrare per il 2017; e cosi' giunge  alla  conclusione  secondo
cui per il 2017 non sussisterebbero oneri aggiuntivi o  non  coperti,
mentre per il 2018 l'onere leggermente  maggiore  sarebbe  compensato
dai minori costi  degli  altri  vaccini  dipendenti  dal  calo  della
popolazione. 
    Siffatte considerazioni sarebbero aleatorie, in assenza  di  dati
sulla riduzione del prezzo dei  vaccini.  Al  contrario,  la  Regione
ritiene che a suo carico siano stati posti oneri consistenti: stimati
in oltre 26,8 milioni di euro, per la somministrazione  di  760  mila
dosi  di  vaccini  (o  in  12  milioni  e  600  mila  euro,  per   la
somministrazione di 448 mila dosi, se si escludono i nuovi  nati  nel
2017). 
    1.4.2.- Occorrerebbe poi considerare i costi amministrativi posti
a carico delle istituzioni incaricate di somministrare  i  vaccini  e
degli altri apparati regionali coinvolti. 
    La relazione tecnica li considera nulli, perche' gia'  rientranti
negli adempimenti  istituzionali  previsti,  tra  l'altro,  nel  PNPV
2017-2019. Ma il Piano non si basava su un obbligo  esteso  a  dodici
vaccinazioni (anche in relazione alle coorti 2001-2016), bensi' sulla
condivisione di  un  obiettivo  tendenziale.  Anche  considerando  un
impegno di appena 10 minuti per ciascun medico e comparto (stima,  ad
avviso della ricorrente,  largamente  inferiore  al  verosimile),  la
spesa relativa al personale ammonterebbe a circa 7 milioni di euro (4
milioni escludendo i nuovi nati). 
    1.4.3.-  Non  sono  stati,  poi,  considerati  i  maggiori  oneri
connessi  al   risarcimento   dei   danni   che   deriveranno   dalla
somministrazione delle vaccinazioni divenute obbligatorie. 
    In proposito, la ricorrente richiama la legge 25  febbraio  1992,
n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati  da  complicanze
di  tipo  irreversibile  a  causa   di   vaccinazioni   obbligatorie,
trasfusioni e somministrazione di  emoderivati),  le  pronunce  della
Corte costituzionale che hanno esteso la platea dei  beneficiari  (in
particolare le sentenze n. 107 del 2012, n. 423 del 2000 e n. 27  del
1998) e le ulteriori integrazioni disposte con  le  leggi  25  luglio
1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio  1992,
n.  210,  in  materia  di  indennizzi  ai  soggetti  danneggiati   da
vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati)  e  9  ottobre
2005, n. 229 (Disposizioni in materia  di  indennizzo  a  favore  dei
soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa  di
vaccinazioni obbligatorie). 
    La ricorrente ricorda altresi' che  competenze  amministrative  e
oneri finanziari relativi a questi indennizzi sono  stati  trasferiti
alle Regioni dal 1° gennaio 2001, insieme alle relative  risorse  dal
bilancio dello Stato, con il decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri  26  maggio  2000  (Individuazione  delle   risorse   umane,
finanziarie, strumentali ed organizzative da trasferire alle  regioni
in materia di funzioni di concessione  dei  trattamenti  economici  a
favore degli invalidi civili, ai  sensi  dell'art.  130  del  decreto
legislativo  31  marzo  1998,  n.  112).  Tali  risorse  sono   state
successivamente  rideterminate  con  i  decreti  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 8 gennaio 2002  e  24  luglio  2003  (recanti,
entrambi, «Rideterminazione delle risorse finanziarie  da  trasferire
alle regioni e  agli  enti  locali  per  l'esercizio  delle  funzioni
conferite dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n.  112,  in  materia  di  salute
umana e sanita' veterinaria»). Inoltre, ai sensi dell'art.  1,  comma
586, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
di stabilita' 2016)»,  le  Regioni  sono  tenute  ad  anticipare  gli
indennizzi agli aventi diritto, in  attesa  dei  trasferimenti  dallo
Stato. 
    Il d.l. n. 73 del  2017  omette  ogni  considerazione  di  questi
profili,  pur  a  fronte   dell'imponente   estensione   dell'obbligo
vaccinale, ed espone la Regione all'obbligo di anticipare le relative
somme, senza garantire adeguate restituzioni da parte dello Stato. 
    1.5.- La ricorrente chiede, ai sensi del vigente  art.  35  della
legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla  costituzione  e   sul
funzionamento  della   Corte   costituzionale),   che   sia   sospesa
l'esecuzione degli artt. 1, 3, 4, 5 e 7 del d.l. n. 73 del 2017. 
    Sarebbe evidente l'imminenza di un danno irreparabile ai  diritti
dei cittadini e all'interesse pubblico, qualora l'applicazione  delle
nuove norme statali travolgesse il differente  percorso  avviato  sin
dal 2007 dalla Regione Veneto. In particolare, qualora  l'udienza  si
svolgesse dopo l'inizio  dell'anno  scolastico,  si  verificherebbero
ripercussioni sul principio di autodeterminazione  della  persona  in
materia di trattamenti sanitari, in assenza di accertamenti idonei  a
prevedere e prevenire le possibili complicanze. 
    2.- Con atto depositato il 22 agosto 2017  si  e'  costituito  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che  le  questioni
di  legittimita'  costituzionale  sollevate  con  il  ricorso   siano
dichiarate inammissibili o infondate. 
    2.1.- Premessa una sintesi dei contenuti principali del  d.l.  n.
73 del 2017 e del ricorso, il Presidente del Consiglio  dei  ministri
osserva che la legge di conversione - legge 31 luglio 2017, n. 119  -
e' intervenuta su numerose disposizioni,  rimodulando  la  disciplina
originaria, ma lasciandone inalterato l'impianto complessivo. 
    Rimarcata l'importanza sanitaria delle vaccinazioni e della  loro
obbligatorieta', come strumento per la diffusione  delle  stesse,  la
difesa statale ricorda  le  quattro  vaccinazioni  obbligatorie  gia'
prima del decreto-legge in questione, nonche' l'art. 47 del d.P.R. 22
dicembre 1967, n. 1518 (Regolamento per l'applicazione del titolo III
del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1961, n. 264,
relativo ai servizi di medicina scolastica), che  imponeva,  all'atto
dell'iscrizione scolastica,  la  presentazione  delle  certificazioni
attestanti  le  vaccinazioni,  pena   il   rifiuto   dell'iscrizione.
L'obbligo vaccinale era, inoltre, presidiato  da  sanzioni  penali  a
carico dei genitori inadempienti. 
    Tali  previsioni  hanno  portato   la   copertura   vaccinale   a
raggiungere, negli anni Novanta del secolo XX, il livello del 95  per
cento per difterite, tetano e pertosse e del  98  per  cento  per  la
poliomielite, e hanno determinato la scomparsa  di  alcune  malattie.
Proprio  per  questo,  pero',  e'  diminuita  la   percezione   della
pericolosita' del contagio e si sono diffusi  movimenti  di  opinione
contrari alle vaccinazioni. 
    Si  sarebbe  cosi'  giunti  a  escludere  che   la   vaccinazione
costituisse requisito per l'iscrizione alla scuola, segnatamente  con
l'art. 1 del d.P.R. 26 gennaio  1999,  n.  355  (Regolamento  recante
modificazioni al D.P.R. 22 dicembre 1967,  n.  1518,  in  materia  di
certificazioni  relative  alle  vaccinazioni  obbligatorie).  Benche'
fossero rimasti in vigore gli obblighi, in capo  ai  direttori  delle
scuole e ai capi degli istituti  di  istruzione,  di  controllare  le
avvenute  vaccinazioni  all'atto  dell'iscrizione  e  di   rivolgere,
altrimenti,  segnalazioni  alle   amministrazioni   sanitarie,   tali
obblighi rimasero largamente disattesi, come quello dei  sanitari  di
segnalare  gli  inadempimenti  all'autorita'  giudiziaria  (ai   fini
dell'eventuale adozione dei provvedimenti di cui  agli  artt.  330  e
seguenti del codice civile). Inoltre, l'intervenuta  depenalizzazione
degli obblighi vaccinali e l'esiguita' delle sanzioni  amministrative
hanno determinato un sostanziale «desanzionamento» dell'inosservanza. 
    Contemporaneamente, il Piano  sanitario  nazionale  1998-2000  ha
affermato l'importanza di adeguate coperture non solo per  i  vaccini
obbligatori, ma anche per quelli raccomandati,  ritenuti  altrettanto
efficaci per la tutela della salute individuale e  collettiva.  Anche
le vaccinazioni raccomandate (ad esempio, contro pertosse,  morbillo,
parotite, rosolia  e  infezioni  da  Hib  e  meningococco  C)  furono
inserite nel calendario vaccinale. In seguito, nonostante la  formale
distinzione  tra  vaccinazioni  obbligatorie  e  raccomandate,  tutte
furono considerate in modo sostanzialmente uguale  nei  documenti  di
programmazione, per la loro uguale utilita'. 
    Il PNPV 2017-2019 - che mira all'armonizzazione  delle  strategie
vaccinali  nel  Paese  e  a  estendere  a  tutti  i  benefici   della
vaccinazione, attraverso l'equita' nell'accesso a vaccini di  elevata
qualita' e servizi eccellenti di immunizzazione -  evidenzia  che  il
successo dei programmi vaccinali si fonda sia  sulla  protezione  del
singolo, sia sul  raggiungimento  e  sul  mantenimento  di  coperture
complete nella popolazione. Inoltre, per assicurare a tutti, compresi
gli stranieri, pari  accesso  a  questa  opportunita'  di  salute,  i
vaccini sia obbligatori sia raccomandati contemplati  nel  calendario
del predetto Piano nazionale sono  stati  inseriti  nel  d.P.C.m.  12
gennaio 2017. 
    2.2.- Il primo motivo di  ricorso  e',  ad  avviso  della  difesa
statale, infondato. 
    2.2.1.- Esso si baserebbe  sulla  confusione  tra  i  presupposti
della decretazione d'urgenza, ai sensi dell'art. 77 Cost.,  e  quelli
dei poteri di ordinanza, di cui all'art. 117 del decreto  legislativo
31  marzo  1998,  n.  112  (Conferimento  di   funzioni   e   compiti
amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli  enti  locali,  in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) o all'art. 54
del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267  (Testo  unico  delle
leggi sull'ordinamento degli  enti  locali).  Il  secondo  ordine  di
poteri  riguarda,  di  regola,  situazioni  (bensi'  straordinarie  e
imprevedibili,  ma  anche)  episodiche,  intense  e,  solitamente,  a
diffusivita' limitata. Questi caratteri non ricorrono allorche', come
nel  caso  in  esame,  il  declino  della  copertura   vaccinale   ha
evidenziato l'insorgere di un'emergenza  sanitaria  che  imponeva  il
recupero a livello nazionale dei precedenti livelli di immunizzazione
ed esigeva l'approntamento di misure e strumenti idonei  allo  scopo,
organici e coordinati, oltre che sensibili a  tutte  le  implicazioni
sanitarie, sociali e umane. 
    2.2.2.- La difesa statale si sofferma, quindi, sui  movimenti  di
opinione  contrari  alle  vaccinazioni  e  sul  clima  di  diffidenza
venutosi a creare, verosimilmente, a causa  di  scarsa  informazione,
nonche' del «disorientamento creato dalle differenze esistenti tra le
varie regioni e, addirittura, tra le aziende sanitarie  locali  della
stessa regione». Ne e' conseguito il calo della copertura al di sotto
della soglia del 95 per cento, raccomandata dall'OMS  ai  fini  della
"immunita' di gregge". 
    Cio' risulta in particolare in relazione  al  vaccino  contro  la
poliomielite (che, essendo incluso nel cosiddetto vaccino esavalente,
e' indicativo delle coperture anche contro epatite B, difterite, Hib,
pertosse  e  tetano),  nettamente  in  calo  dal  2014,  anno   delle
rilevazioni sui nati nel 2012, per i quali anche la copertura  contro
morbillo e rosolia e' scesa, tra il 2013 e il 2015, dal 90,4 all'85,3
per cento (mettendo anche a rischio  gli  obiettivi  di  eliminazione
delle due malattie  condivisi  dall'Ufficio  regionale  per  l'Europa
dell'OMS). 
    Attualmente e' in corso, in Italia, una vera e  propria  epidemia
di morbillo, che ha causato 3.840 casi e tre  decessi  (secondo  dati
dell'ISS aggiornati al 25 luglio). Osservando la curva epidemiologica
di questa malattia dal 1955, si nota come,  non  essendosi  raggiunto
l'obiettivo di copertura, il numero dei casi e' diminuito,  ma  resta
alto, con nuovi picchi  ogni  tre-cinque  anni:  una  situazione  che
avrebbe potuto essere evitata con una copertura adeguata.  Calcolando
(sulla base degli stessi dati) l'incidenza della malattia su ciascuna
fascia  di  eta'  (in  relazione  al  numero  delle  persone  che  vi
rientrano), l'incidenza stessa appare massima tra i bambini con  meno
di un anno, piu' esposti a gravi  complicazioni,  e  molto  alta  tra
quelli di eta' compresa fra uno e quattro anni, tra i quali rientrano
molti bambini non vaccinati. 
    Da  qui  discenderebbero  la  necessita'  e   l'urgenza   di   un
provvedimento con efficacia immediata,  che  innalzasse,  in  termini
cogenti e obbligatori,  la  copertura  di  coloro  che  cominciano  a
frequentare asili e scuole,  per  interrompere  la  circolazione  del
patogeno. 
    Inoltre, il morbillo e' una  malattia  cosiddetta  epifanica:  si
manifesta prima della comparsa di altre malattie. Invero,  in  Italia
sarebbero recentemente ricomparse malattie da tempo debellate,  anche
a causa dei fenomeni migratori, in fasce diverse da quelle classiche,
con quadri clinici piu' gravi e maggiore ospedalizzazione, talora con
ritardi nella diagnosi e conseguenti rischi di contagio. Ne'  sarebbe
trascurabile  la  frequenza  delle  infezioni  da  rosolia  in  donne
gravide, talora con esiti drammatici. 
    Le gia' citate statistiche pubblicate dall'OMS il 17 maggio  2017
dimostrerebbero il basso livello di copertura vaccinale in Italia. La
stessa organizzazione internazionale, nel giugno 2017, si e'  rivolta
ai membri  della  Commissione  Igiene  e  Sanita'  del  Senato  della
Repubblica per esprimere la propria  preoccupazione  per  i  casi  di
morbillo e di altre malattie prevenibili  sul  territorio  nazionale.
Posizioni analoghe sono state assunte dall'I SS  e  dalle  principali
societa' scientifiche. 
    2.2.3.-  La  difesa  statale  critica,  quindi,  la  tesi   della
ricorrente - ritenuta riduttiva - secondo cui un'emergenza  sanitaria
si configura solo quando la copertura scende al di sotto della soglia
critica di copertura. Il valore del 95 per cento e' l'obiettivo  (non
la soglia ottimale) indicato  dall'OMS  considerando  sia  la  soglia
critica (basata sul grado  di  contagiosita'),  sia  altri  parametri
rilevanti (ad esempio, densita' e mobilita' della  popolazione).  Per
questo anche il PNPV 2017-2019 fa riferimento  all'obiettivo  del  95
per cento. La stessa soglia critica, d'altra  parte,  si  basa  sulla
presunzione di un'omogeneita' della copertura, mentre  nella  realta'
la situazione varia da regione a  regione  e,  inoltre,  varia  anche
all'interno della singola Regione, al di la' dei dati medi. 
    Dunque, sotto la soglia critica il rischio epidemico e' altissimo
e l'emergenza gravissima, si' da giustificare  l'uso  dei  poteri  di
ordinanza. Ma, sotto la  soglia  obiettivo,  sussistono  comunque  un
rischio  alto  e  un'emergenza  grave,  tali   da   giustificare   la
decretazione d'urgenza. 
    Nemmeno risponde al  vero  che  la  soglia  per  l'"immunita'  di
gregge" sia stata fissata dall'OMS  al  95  per  cento  solo  per  il
complesso DTP. Per il tetano, la vaccinazione e' di grande importanza
e la copertura dovrebbe essere totale. Per il morbillo, l'OMS ritiene
necessaria una copertura vaccinale almeno del 95 per  cento,  mirando
all'eliminazione della malattia. Per tutte le  malattie,  poi,  oltre
alla soglia critica, occorre considerare il cosiddetto  accumulo  dei
suscettibili, ossia il sommarsi di anno in anno di nuove  generazioni
di persone non vaccinate, il cui totale puo' raggiungere livelli tali
da scatenare, in presenza della malattia, un'epidemia. Del resto,  la
teoria della  copertura  "di  gregge"  presuppone  una  distribuzione
omogenea  della  copertura  vaccinale,  mentre  quest'ultima,   nella
realta', varia nei diversi ambiti geografici e sociali (talora  anche
da Comune a Comune, o da scuola a scuola, secondo le propensioni  dei
singoli pediatri attivi sul territorio). 
    2.2.4.- A fronte di quanto la ricorrente riferisce sulla  propria
situazione,  la   difesa   statale   osserva   che,   anzitutto,   il
decreto-legge intende intervenire sull'intero territorio nazionale  e
non solo in Veneto. 
    Inoltre, il modello veneto, a dieci anni dalla sua  introduzione,
non ha dato i risultati  sperati.  Secondo  la  difesa  statale,  dal
monitoraggio sulla vaccinazione  anti-poliomielite  risulta  che,  in
primo luogo, le coperture  in  Veneto  sono  calcolate  escludendo  i
soggetti non raggiungibili e  per  questo  risultano  superiori  alla
«stima grezza» effettuata dalle altre Regioni. In secondo luogo,  sia
per  la  poliomielite,  sia  per  il  morbillo   risultano   comunque
significative perdite di  copertura,  con  il  riscontro  di  modesti
recuperi solo sulla base dei dati per la coorte 2014 e di quelli, non
definitivi, per la coorte 2015. Del resto, se davvero,  come  afferma
la Regione, l'applicazione del decreto-legge  richiedesse  l'acquisto
di 760 mila dosi di vaccino, dovrebbe concludersi che  in  Veneto  la
maggior parte dei minori non e' stata vaccinata negli ultimi anni;  e
il riequilibrio dovrebbe avvenire in tempi molto piu' brevi di quelli
con i quali, solo  di  recente,  la  Regione  ha  conseguito  qualche
successo nel recupero delle  coperture.  L'epidemia  di  morbillo  e'
presente anche in  Veneto,  dove  dall'inizio  dell'anno  sono  state
contagiate 244 persone. 
    2.2.5.- In conclusione, il ricorso  alla  decretazione  d'urgenza
sarebbe giustificato dalla  diminuzione  delle  coperture  vaccinali,
comprese quelle per le quali in passato erano stati raggiunti  ottimi
risultati; dai rischi connessi alla riapertura  delle  scuole;  dalla
necessita' di adeguare i servizi sanitari alla nuova  strategia;  dal
lungo tempo necessario perche'  altri  strumenti,  come  le  campagne
informative, sortiscano i loro effetti;  dall'urgenza,  rappresentata
anche  dall'OMS  e  dalle   societa'   scientifiche,   di   contenere
immediatamente  il  rischio  epidemico,  soprattutto  per  proteggere
coloro per cui la vaccinazione e'  impossibile  o  inefficace.  Tutto
cio' risulterebbe dalla stessa motivazione del d.l. n. 73 del 2017. 
    In termini generali, non e' possibile  individuare  con  certezza
quali siano le azioni piu' opportune per  reagire  al  declino  delle
coperture vaccinali. Tutto dipende dalle  peculiarita'  del  contesto
socio-culturale e  dall'organizzazione  sanitaria.  Per  questo,  non
sussiste contraddizione  tra  l'obbligo  vaccinale  e  «lo  strumento
programmatorio per eccellenza in materia  di  prevenzione  vaccinale,
basato sulla "raccomandazione"»: sia il PNPV 2017-2019, sia  il  d.l.
n. 73 del 2017 condividono il comune obiettivo  di  prevenzione,  pur
essendo il frutto di due approcci differenti. 
    2.3.- Infondato sarebbe altresi' il secondo  motivo  di  ricorso,
cui la difesa statale replica  iniziando  dai  profili  attinenti  al
riparto delle competenze legislative, nella prospettiva dell'art. 117
Cost. 
    2.3.1.- Il preambolo e l'art. 1, comma 1, del d.l. n. 73 del 2017
dimostrerebbero che  quest'ultimo  e'  espressione  della  competenza
legislativa  esclusiva  dello  Stato  in   materia   di   «profilassi
internazionale»  (art.  117,  secondo  comma,  lettera   q,   Cost.),
esercitata in conformita' all'ordinamento comunitario e agli obblighi
internazionali (art. 117, primo comma, Cost.). Rileverebbero, a  tale
proposito, gli  impegni  assunti  dall'Italia  in  seno  all'OMS,  in
particolare  in  relazione  al  Piano  globale  di  eliminazione  del
morbillo e della rosolia elaborato per l'area europea; la Convenzione
sui diritti del fanciullo, fatta a New York il  20  novembre  1989  e
ratificata dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, che obbliga gli  Stati
contraenti  ad  adottare  le  misure  legislative  e   amministrative
necessarie a un'adeguata protezione della salute dei  minori;  l'art.
168, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del  13  dicembre
2007 e ratificato dalla legge 2  agosto  2008,  n.  130  (TFUE),  che
impegna l'Unione europea a  completare  le  politiche  nazionali  per
garantire un elevato livello di protezione della salute umana,  anche
mediante la prevenzione. 
    Un ulteriore titolo di intervento statale si fonda sull'art. 117,
secondo comma, lettera m, Cost.: tutte le vaccinazioni previste  come
obbligatorie sono state inserite non  solo  nel  PNPV  2017-2019,  ma
anche nei livelli essenziali  dell'assistenza  sanitaria  di  cui  al
d.P.C.m. 12 gennaio 2017. 
    Soprattutto, il decreto e' motivato da esigenze di «tutela  della
salute» (art. 117, terzo comma, Cost.), che richiedono, attraverso la
fissazione di principi  fondamentali  della  materia,  «un  esercizio
accentrato,  unitario  e  coordinato  della  funzione»,  per  evitare
disomogeneita' nella copertura. Per questo sono state dettate «regole
generali ed uniformi destinate a valere  per  tutti  e  su  tutto  il
territorio nazionale», peraltro senza  ingerenze  nell'organizzazione
dei servizi sanitari, che ciascuna Regione adeguera' autonomamente. 
    In proposito, si aggiunge che, ai sensi  dell'art.  3,  comma  1,
lettera a, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti  locali,  per
la riforma della pubblica amministrazione e  per  la  semplificazione
amministrativa), e dell'art. 115, comma 1, lettera a, del  d.lgs.  n.
112 del 1998, lo Stato e'  competente  ad  adottare,  in  materia  di
tutela della salute, «piani di settore aventi rilievo ed applicazione
nazionali», previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni.  Cosi'  e'
avvenuto, tra l'altro, anche per il piu' volte citato PNPV 2017-2019,
che impegna le Regioni  a  perseguire  gli  obiettivi  ivi  previsti,
nell'esercizio delle loro competenze in materia di  profilassi  delle
malattie infettive e diffusive e di  approvvigionamento  dei  vaccini
necessario allo scopo (ai sensi dell'art. 114 del d.lgs. n.  112  del
1998, nonche' dell'art.  7,  comma  1,  lettera  a,  della  legge  23
dicembre  1978,  n.  833,   «Istituzione   del   servizio   sanitario
nazionale»). Ne' potrebbe contestarsi  le  competenze  del  Ministero
della salute in  relazione,  tra  l'altro,  a  indirizzi  generali  e
coordinamento delle attivita' di prevenzione, definizione dei livelli
essenziali delle prestazioni,  coordinamento  del  Sistema  sanitario
nazionale, programmazione tecnico-sanitaria  nazionale,  indirizzo  e
monitoraggio dell'erogazione delle prestazioni in ambito regionale. 
    Infine, con riguardo  all'ambito  dell'istruzione,  lo  Stato  e'
titolare della competenza esclusiva a fissare «norme  generali»,  che
hanno  contenuto  diverso  da  quelle   lato   sensu   organizzative,
corrispondono  a  esigenze  unitarie  e  uniformi,  e  possono  anche
esaurire in se  stesse  la  propria  operativita',  diversamente  dai
principi fondamentali (sono citate, in proposito, le  sentenze  della
Corte costituzionale n. 279 e n. 120 del 2005). Il censurato  art.  4
(sull'inserimento   scolastico   dei   minori   non   vaccinati)   fa
espressamente salve tutte le disposizioni in vigore,  riguardanti  il
numero delle classi e, lungi dal violare il  diritto  all'istruzione,
e' volto a garantirlo, riducendo l'esposizione del piu'  vulnerabili.
Anche   la   disciplina   dei   servizi   dell'infanzia    ricadrebbe
prevalentemente  nella  materia  dell'«istruzione»  (e'   citata   in
proposito la sentenza n. 467 del 2002). 
    2.3.2.- Il cuore  delle  censure  regionali  riguarda  l'asserita
incompatibilita' con l'art. 32 Cost., il quale comporta il diritto di
scegliere se, quando e come curarsi e, quindi, anche  il  diritto  di
non  curarsi  e,  per  quanto  qui   interessa,   di   rifiutare   la
vaccinazione. 
    La difesa statale  non  nega  questa  liberta',  ma  osserva  che
anch'essa, come  tutte  le  altre,  incontra  il  limite  dell'altrui
diritto: nel caso, dell'altrui diritto alla salute, nella  dimensione
individuale e  sociale.  Questo  limite,  quando  viene  in  rilievo,
normalmente richiede un equo  e  ragionevole  contemperamento  tra  i
diritti  contrapposti;  ma  puo'  anche,  «in   caso   di   accertata
incompatibilita' e con le dovute garanzie, comportare la compressione
o, comunque, la limitazione del diritto individuale», come  stabilito
dallo stesso art. 32 Cost. nel suo secondo comma. Di questi  principi
ha  fatto  piu'  volte  applicazione  la  Corte  costituzionale   (e'
richiamata in particolare la sentenza n. 258  del  1994,  insieme  ai
precedenti ivi citati e alla successiva sentenza n.  107  del  2012),
ritenendo l'obbligo vaccinale costituzionalmente  legittimo,  perche'
esso tutela la salute sia individuale sia  collettiva  e  perche'  il
sacrificio dell'autodeterminazione di ciascuno si giustifica  proprio
e solo in presenza di rischi per gli altri. 
    Per quanto riguarda il numero e la tipologia  delle  vaccinazioni
divenute obbligatorie, ritenuti irragionevoli  dalla  ricorrente,  la
difesa statale osserva, anzitutto, che la  legge  di  conversione  ha
ridotto il numero da dodici a dieci e ha  modulato  l'obbligatorieta'
nel tempo (art. 1, comma  1-ter,  del  d.l.  n.  73  del  2017,  come
convertito dalla legge n. 119 del 2017). 
    Comunque, per le dodici vaccinazioni di cui  all'originario  d.l.
n. 73 del 2017 (e per  altre  ancora)  era  gia'  prevista  l'offerta
attiva e gratuita  nel  calendario  vaccinale  della  Regione  Veneto
(delibera  della  Giunta  regionale  26   agosto   2014,   n.   1564,
«Approvazione Nuovo "Calendario Vaccinale" della Regione del  Veneto.
Parziale modifica della D.G.R. n. 411  del  26.02.2008,  approvazione
documento "Offerta vaccinazioni  soggetti  a  rischio",  approvazione
"Programma di formazione per gli  operatori  sanitari",  approvazione
documento "Piano di comunicazione a sostegno delle malattie infettive
prevenibili  con  vaccino"»).   E'   dunque   pretestuoso   criticare
l'obiettivo di raggiungere adeguati livelli di copertura in relazione
a queste vaccinazioni. In effetti, il d.l.  n.  73  del  2017  si  e'
limitato a estendere l'obbligo, previsto per alcune vaccinazioni,  ad
altre per le quali gia'  in  precedenza,  nei  vari  piani  vaccinali
nazionali succedutisi negli  anni,  era  stata  introdotta  l'offerta
gratuita ed attiva e che, per questo, da ultimo, sono state  previste
sia nel piu' recente piano nazionale, sia nei livelli  essenziali  di
assistenza. 
    Dunque, il problema si  riduce  alla  scelta  di  rendere  queste
vaccinazioni obbligatorie, per fronteggiare il calo delle coperture e
l'insorgenza di focolai epidemici di morbillo, a  tutela  soprattutto
di chi non puo' vaccinarsi ed e', quindi, esposto e indifeso rispetto
al contagio.  E'  questa  una  «scelta  di  politica  sanitaria»  che
«attiene alla sovrana discrezionalita' del Governo e  del  Parlamento
nella valutazione delle urgenze e delle emergenze sanitarie  e  nella
conseguente individuazione delle misure piu' adatte a fronteggiarle»,
nell'esercizio di competenze sugli  indirizzi  generali  di  politica
nazionale in materia sanitaria, che sono riservate allo Stato  e  non
possono essere sindacate dalle Regioni. 
    Cio' e' tanto piu' vero, in quanto la  legge  di  conversione  ha
introdotto (all'art. 1, comma 1-ter, del d.l.  n.  73  del  2017)  il
potere  del  Ministro  della  salute  di   disporre   la   cessazione
dell'obbligatorieta' per alcune delle  vaccinazioni  contemplate,  in
base alla verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali  reazioni
avverse e delle coperture raggiunte. 
    Nemmeno e' vero che il numero di vaccinazioni  rese  obbligatorie
e' il piu' elevato al mondo: «molti Paesi  prescrivono  infatti  come
obbligatorie quasi tutte  le  vaccinazioni  previste  nei  rispettivi
calendari vaccinali, mentre altri, come l'Italia, adottano invece  un
sistema  misto  basato  in  parte  sull'obbligo  e  in  parte   sulla
raccomandazione». La  scelta  delle  vaccinazioni  da  offrire  e,  a
maggior ragione, di quelle da imporre dipende da  una  pluralita'  di
fattori. In Italia, «in questo momento e con urgenza», la  necessita'
di rafforzare il preesistente obbligo vaccinale «deriva sia da  nuove
emergenze sanitarie - quale l'epidemia di morbillo in corso - sia dal
concomitante calo generalizzato delle coperture per  quasi  tutte  le
vaccinazioni previste dal calendario». Del resto, proprio nell'ottica
di bilanciare i principi costituzionali in gioco, secondo  canoni  di
ragionevolezza e proporzionalita', l'obbligo e' stato  limitato  alle
sole malattie con piu' alto rischio epidemico. 
    Per quanto riguarda il principio di  precauzione,  non  solo  non
sarebbe violato dalle norme  in  questione  ma,  al  contrario,  esse
costituirebbero «emblematica applicazione» di esso  e,  ancor  prima,
del principio di prevenzione:  la  vaccinazione  obbligatoria  e'  la
misura di sanita' pubblica piu'  idonea  ad  annullare  o  ridurre  i
rischi  individuali  e  collettivi  connessi  alla  diffusione  delle
malattie, soprattutto infettive. 
    Manifestamente infondata e' poi la censura della  Regione  Veneto
secondo cui mancherebbe un adeguato sistema di farmacovigilanza e non
sussisterebbero  accertamenti  diagnostici   preventivi   idonei   ad
anticipare ed evitare i rischi di complicanze. 
    In proposito, la difesa statale  richiama,  in  primo  luogo,  il
sistema di farmacovigilanza che fa capo all'Autorita' italiana per il
farmaco  (AIFA)  -  si  fa  riferimento,  al  riguardo,  al   decreto
ministeriale 30 aprile 2015, recante «Procedure operative e soluzioni
tecniche per un'efficace azione di farmacovigilanza adottate ai sensi
del comma 344 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre  2012,  n.  228
(Legge di stabilita' 2013)» -  e  all'ISS:  la  prima  competente  in
materia di ritiri e sospensioni  di  lotti  di  vaccini,  nonche'  di
modifiche agli stampati interni; il secondo, al controllo dei vaccini
vivi e dei medicinali immunologici prima della distribuzione - si  fa
riferimento, al riguardo, all'art. 138  del  decreto  legislativo  24
aprile 2006,  n.  219,  «Attuazione  della  direttiva  2001/83/CE  (e
successive direttive di modifica) relativa ad un  codice  comunitario
concernente i medicinali  per  uso  umano,  nonche'  della  direttiva
2003/94/CE». In secondo  luogo,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato
ricorda la sperimentazione che precede l'immissione in  commercio  di
qualsiasi farmaco e le funzioni di monitoraggio dell'AIFA, attraverso
la Rete nazionale di farmacovigilanza. 
    A cio' si sono aggiunte le speciali previsioni contenute nel d.l.
n. 73 del  2017,  come  convertito  dalla  legge  n.  119  del  2017,
concernenti le relazioni annuali dell'AIFA al Ministero della salute,
sui risultati della farmacovigilanza e sugli eventi avversi di cui e'
confermata l'associazione ai vaccini (art. 1, comma  3-bis),  nonche'
l'Anagrafe nazionale vaccini (art. 4-bis). 
    La difesa dello Stato considera quindi il profilo di  censura  in
cui e' menzionata la sentenza n.  258  del  1994,  per  lamentare  la
mancata previsione di accertamenti preventivi idonei a  prevenire  le
possibili complicanze. 
    E' vero che questa sentenza - pur  riconoscendo  l'impossibilita'
di  sostituirsi  al  legislatore  in  proposito  -  aveva   giudicato
necessario «porre in essere una complessa e articolata  normativa  di
carattere tecnico [...] che, alla luce delle conoscenze  scientifiche
acquisite, individuasse  con  la  maggiore  precisione  possibile  le
complicanze   potenzialmente   derivabili   dalla   vaccinazione,   e
determinasse se e quali strumenti diagnostici idonei a prevederne  la
concreta verificabilita' fossero praticabili su un piano di effettiva
fattibilita'». Al tempo stesso,  «per  evitare  che  la  prescrizione
indiscriminata e generalizzata di tutti gli  accertamenti  preventivi
possibili, per tutte le complicanze ipotizzabili e nei  confronti  di
tutte le  persone  da  assoggettare  a  tutte  le  vaccinazioni  oggi
obbligatorie   rendesse   di   fatto   praticamente   impossibile   o
estremamente complicata e difficoltosa  la  concreta  realizzabilita'
dei corrispondenti trattamenti sanitari», la sentenza aveva  indicato
di  «fissare  standards  di  fattibilita'  che  nella   discrezionale
valutazione del legislatore potrebbero dover tenere anche  conto  del
rapporto tra  costi  e  benefici,  eventualmente  stabilendo  criteri
selettivi in ordine alla  utilita'  -  apprezzata  anche  in  termini
statistici - di eseguire gli accertamenti in questione». 
    A distanza di piu' di vent'anni da quella pronuncia, l'evoluzione
scientifica, da un lato, ha consentito di raggiungere un  livello  di
sicurezza vaccinale elevatissimo, non paragonabile a quello del 1994;
dall'altro, ha dimostrato l'impossibilita'  di  predire  gli  effetti
collaterali della vaccinazione sui singoli. Le controindicazioni alle
formulazioni vaccinali sono indicate  nelle  note  tecniche  e  nelle
circolari esplicative: a esse la prassi  medica  fa  riferimento  per
escludere, in via temporanea o permanente, taluni dalla vaccinazione. 
    In conclusione,  secondo  la  difesa  statale,  il  decreto-legge
impugnato  contempera  nel  modo  migliore  tutti  i  diritti  e  gli
interessi generali coinvolti, assicurandone un continuo e vicendevole
bilanciamento. 
    Per quanto riguarda il diritto all'istruzione e allo studio,  nei
gradi superiori alla scuola dell'infanzia, dove meno  pressanti  sono
le  esigenze  di  tutela  della  salute   dei   non   vaccinati,   la
presentazione della documentazione vaccinale  non  e'  condizione  di
accesso alla scuola o agli esami. E cio'  benche',  prima  del  1999,
nessuno abbia mai messo in discussione la legittimita' costituzionale
dell'art. 47 del d.P.R. n. 1518 del 1967, gia' ricordato sopra. 
    Per quanto riguarda il diritto dei genitori all'educazione  della
prole, esso non puo' andare disgiunto dal «potere-dovere dello  Stato
e delle istituzioni pubbliche di tutelare la salute dei  minori»,  se
occorre anche contro la volonta' dei genitori, quando si  concretizzi
in condotte pregiudizievoli alla salute  dei  figli.  E'  citata,  al
riguardo, la  giurisprudenza  di  legittimita'  (Cassazione,  sezione
prima, 8 luglio 2005, n. 14384, e 18 luglio 2003, n.  11226)  secondo
cui il dovere del genitore di tutelare la salute del figlio non  puo'
concretizzarsi nella negazione dell'obbligo vaccinale per convinzioni
proprie o timori generici, ma solo nella  prospettazione  di  ragioni
specifiche che facciano temere controindicazioni rispetto alla salute
fisica  del  soggetto  da  vaccinare.  Nello  stesso  senso   e'   la
giurisprudenza consultiva del Consiglio di Stato  (parere  16  luglio
1997, n. 144). Tutti i  genitori,  peraltro,  continueranno  a  esser
debitamente  informati,  come  del  resto  gia'  prevedeva  il   PNPV
2017-2019, anche attraverso  le  iniziative  specificamente  previste
all'art. 2 del d.l. n. 73 del 2017, come convertito  dalla  legge  n.
119 del 2017. 
    2.4.- Infondato sarebbe  altresi'  l'ultimo  motivo  di  ricorso,
incentrato sulla mancata  copertura  dei  maggiori  oneri  finanziari
connessi alle vaccinazioni divenute obbligatorie e  agli  adempimenti
conseguentemente posti a carico delle amministrazioni regionali. 
    2.4.1.- In proposito, la  difesa  statale  si  riporta  a  quanto
previsto gia' prima  del  decreto-legge  censurato.  Sia  le  quattro
vaccinazioni gia' allora obbligatorie, sia  quelle  contro  morbillo,
parotite,  rosolia,  pertosse  e  Hib  sono  ricomprese  nei  livelli
essenziali di assistenza sin dal 2001. 
    Lo stanziamento per l'anti-meningococcica C, per  i  minori  nati
dal 2012, e' quello relativo alla  «Intesa,  ai  sensi  dell'art.  8,
comma 6, della legge 5 giugno  2003,  n.  131,  tra  il  Governo,  le
Regioni e le Province autonome di  Trento  e  Bolzano  sul  documento
recante "Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2012-2014"». 
    «Inoltre, per le ulteriori  vaccinazioni  obbligatorie,  che,  ai
sensi del comma 1 dell'art. 1 del decreto, riguardano i soli nati dal
2017   (anti-meningococco   B   e    anti-varicella),    visto    che
l'obbligatorieta'  e'  riferita  alle   indicazioni   contenute   nel
Calendario allegato  al  Piano  nazionale  di  prevenzione  vaccinale
2017-2019,  l'intervento  normativo   afferisce   agli   stanziamenti
previsti dall'art. 1, comma 408, della legge 11 dicembre 2016, n. 232
(cfr. relazione tecnica al citato d.P.C.m. 12 gennaio 2017», i  quali
si riferiscono sia all'anno 2017, sia al 2018. 
    Gli oneri stimati gia' si basavano su un obiettivo  di  copertura
del 95 per cento,  da  considerare  prudenziale  tenuto  conto  delle
esclusioni per i minori gia' immunizzati o non vaccinabili. Solo  per
anti-meningococco B e varicella erano stabiliti obiettivi percentuali
inferiori. 
    Cio' posto, ai fini del d.l. n. 73 del 2017 sono stati aggiornati
e rideterminati i parametri posti a base della relazione tecnica  del
d.P.C.m. 12 gennaio 2017. In questa relazione, si  era  tenuto  conto
della popolazione dei nati nel 2013 e dei prezzi medi dei vaccini  in
quello stesso anno. Ai fini del d.l. n. 73 del  2017,  si  e'  tenuto
conto della diminuzione dei nati vivi dal 2013 al 2016; del calo  dei
prezzi medi dei vaccini stimato sula base dei dati relativi alle gare
effettuate  nel  2016;  della  riduzione  del  numero  di   dosi   di
anti-meningococco B da somministrare nel 2017 (solo  tre,  la  quarta
dovendo essere somministrata nel 2018). Di conseguenza, nel 2017  non
ci  sono  nuovi  oneri  per  l'anti-varicella,  mentre   quelli   per
l'anti-meningococco  B,  nonostante  l'incremento  dell'obiettivo  di
copertura, sono coerenti con la  copertura  gia'  esistente.  Per  il
2018, gli oneri leggermente maggiori sono  compensati  dal  calo  dei
prezzi dei vaccini e della popolazione da vaccinare. 
    Inoltre, ulteriori cali nel prezzo dei vaccini potranno  derivare
dalle  leggi  del  mercato,   da   meccanismi   negoziali   correlati
all'incremento della copertura e dall'inclusione di questi medicinali
nelle categorie di cui al d.P.C.m. 24 dicembre  2015  (Individuazione
delle categorie merceologiche ai sensi dell'articolo 9, comma  3  del
decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, unitamente all'elenco  concernente
gli  oneri  informativi)  e,  quindi,  nelle  procedure  di  acquisto
centralizzate  da  parte  dei  soggetti  aggregatori  di  riferimento
regionali. 
    La Ragioneria generale dello Stato,  nel  parere  inoltrato  alla
Conferenza Stato-Regioni e alla Conferenza Stato-Citta' ed  autonomie
locali (Conferenza unificata) in data 6 luglio 2017, ha chiarito  che
le risorse per le vaccinazioni di cui al d.l. n.  73  del  2017  sono
state annualmente erogate alle  Regioni,  in  coerenza  con  i  piani
vaccinali avvicendatisi nel tempo, sicche' le Regioni gia'  avrebbero
dovuto assicurare una copertura, di norma pari al 95 per  cento,  per
ciascuna coorte e per ciascun vaccino. 
    Comunque, in seguito alla conversione del d.l. n. 73 del 2017,  i
vaccini anti-meningococco B e C non sono  piu'  obbligatori,  il  che
necessariamente fara' diminuire gli oneri finanziari. 
    2.4.2.-  Per  quanto  poi  riguarda  gli  oneri  a  carico  delle
amministrazioni  sanitarie,  essi  non   aumenteranno,   perche'   le
prestazioni erano gia'  previste  nel  PNPV  2017-2019,  che  fissava
l'obiettivo  di  copertura  del  95  per   cento,   salvo   che   per
anti-varicella e anti-meningococcica  B,  come  detto.  L'intervenuta
soppressione  dell'obbligo  di  segnalazione   alla   procura   della
Repubblica presso il tribunale dei minorenni fa vanire meno uno degli
adempimenti inizialmente previsti. Inoltre, l'aumento della copertura
vaccinale determinera'  una  minore  diffusione  delle  patologie  e,
quindi, un contenimento della spesa sanitaria. 
    Quanto poi agli indennizzi di cui alla legge n. 210  del  1992  -
espressamente richiamata dall'art. 5-quater del d.l. n. 73 del  2017,
come convertito dalla legge n. 119 del 2017 -  essi  sarebbero  stati
comunque dovuti, in  applicazione  di  quello  che  e'  un  principio
generale dell'ordinamento, riconosciuto  anche  dalla  giurisprudenza
costituzionale, con riguardo alle vaccinazioni sia obbligatorie,  sia
raccomandate. Dato che gli obiettivi di copertura perseguiti sono gli
stessi del piu' recente  piano  vaccinale,  non  puo'  ritenersi  che
l'estensione dell'obbligo comporti incrementi sensibili  degli  oneri
per indennizzi. 
    2.5.- L'istanza di sospensione, avanzata dalla difesa  regionale,
sarebbe inammissibile e infondata, anche alla luce del fatto  che  il
decreto-legge e' stato convertito con modificazioni. Il  termine  per
la presentazione  della  documentazione  vaccinale  alle  istituzioni
scolastiche e' stato  differito  dal  10  settembre  al  31  ottobre.
Comunque, sarebbe preminente l'interesse pubblico al rapido  recupero
di un'adeguata copertura vaccinale. 
    3.-  Sono  intervenuti  l'associazione  «Aggregazione  Veneta   -
Aggregazione delle associazioni  maggiormente  rappresentative  degli
enti ed associazioni di tutela  della  identita',  cultura  e  lingua
venete», nonche' L. P., con atto depositato  il  2  agosto  2017;  la
«Associazione per Malati Emotrasfusi e Vaccinati»  (AMEV),  con  atto
depositato il 29 agosto 2017; e le associazioni CODACONS e  «Articolo
32 - Associazione italiana per i diritti  del  malato»  (AIDMA),  con
atto depositato il 29 agosto 2017. 
    Gli intervenienti hanno chiesto l'accoglimento del ricorso. AMEV,
CODACONS  e  AIDMA  hanno  altresi'  chiesto  la  sospensione   delle
disposizioni censurate. 
    4.- Con ricorso notificato il 14-15 settembre 2017  e  depositato
il 21 settembre 2017 (r.r. n. 75 del  2017),  la  Regione  Veneto  ha
impugnato il d.l. n. 73 del 2017, come convertito dalla legge n.  119
del 2017, sia nella sua interezza, sia nell'art. 1, commi  1,  1-bis,
1-ter, 2, 3, 4 e 6-ter, e negli artt. 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7. 
    La legge di  conversione  non  avrebbe  rimosso  le  disposizioni
lesive dell'autonomia regionale, ne' le avrebbe modificate in  misura
tale da farne venire meno la lesivita'. 
    4.1.-  La  ricorrente  riassume  nuovamente  le  finalita'  e   i
contenuti del decreto-legge, come convertito. 
    I riferimenti, nel preambolo,  agli  «obblighi  assunti»  e  alle
«strategie concordate a livello europeo  e  internazionale»,  nonche'
agli  «obiettivi  comuni  fissati  nell'area   geografica   europea»,
sarebbero oscuri: l'European Vaccine Action Plan  2015-2020,  emanato
dalla sezione europea dell'OMS, non prevede l'introduzione  di  alcun
obbligo   vaccinale   e    si    basa    sull'informazione    e    la
responsabilizzazione del cittadino. Non sussisterebbe, dunque, alcuna
connessione con la materia della «profilassi internazionale». 
    L'art. 1 prevede ora l'obbligatorieta'  e  la  gratuita',  per  i
minori tra zero e sedici anni e per  tutti  i  minori  stranieri  non
accompagnati, di dieci (non piu' dodici) vaccinazioni: al comma 1, le
vaccinazioni  contro  poliomielite,  difterite,  tetano,  epatite  B,
pertosse, Hib; al  comma  1-bis,  quelle  contro  morbillo,  rosolia,
parotite e varicella. Per le vaccinazioni di cui al comma  1-bis,  e'
ora  prevista  (comma  1-ter),  in  esito  a  verifiche  e  procedure
contestualmente disciplinate, la possibilita' per il  Ministro  della
salute di disporre la cessazione  dell'obbligatorieta',  decorsi  tre
anni  dall'entrata  in  vigore  della  legge  e,  poi,  con   cadenza
triennale. 
    L'obbligo  e'  escluso  (commi  2  e  3)  in  caso  di   avvenuta
immunizzazione a seguito di malattia naturale,  nonche'  di  pericolo
per  la  salute  in  relazione  a  specifiche  condizioni   cliniche,
documentate nei modi stabiliti. 
    Il sistema di controlli e sanzioni e' disciplinato  dall'art.  1,
comma 4. In caso di  inosservanza  dell'obbligo  vaccinale,  genitori
esercenti la responsabilita' genitoriale, tutori  e  affidatari  sono
convocati dalla ASL per un colloquio con finalita' di informazione  e
sollecitazione (primo periodo). L'inosservanza comporta comunque  una
sanzione pecuniaria, il cui importo e' ora da 100 a 500 euro (secondo
periodo).  Rimane  previsto  che  la  ASL  contesti  ai  responsabili
l'inosservanza e indichi un termine per provvedere  (terzo  periodo).
Per l'accertamento, la contestazione e l'irrogazione  delle  sanzioni
si fa rinvio (quarto periodo) alle norme, in quanto  compatibili,  di
cui Capo I, Sezioni I e II, della legge  24  novembre  1981,  n.  689
(Modifiche al sistema penale), e  si  demanda  alla  normativa  delle
Regioni e  delle  Province  autonome  l'individuazione  degli  organi
competenti (quinto periodo). 
    L'art.  1,  comma  6-ter,  assegna  alla  «Commissione   per   il
monitoraggio dell'attuazione del decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di
assistenza, istituita  con  decreto  del  Ministro  della  salute  19
gennaio 2017», il compito di verificare il rispetto  degli  obiettivi
del calendario vaccinale nazionale e  di  individuare,  in  mancanza,
congrui strumenti e procedure,  prevedendo  altresi'  -  in  caso  di
specifici rischi per la  salute  pubblica  -  l'esercizio  di  poteri
sostitutivi da parte del  Governo  a  norma  dell'art.  120  Cost.  e
secondo le procedure di cui all'art. 8 della legge 5 giugno 2003,  n.
131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). 
    L'art. 3 disciplina la presentazione della  documentazione  sulle
vaccinazioni  (o  sulle  condizioni  per  l'esenzione   dall'obbligo)
all'atto dell'iscrizione dei minori alle istituzioni  di  istruzione,
educazione e formazione professionale  (comma  1)  e  prevede  che  i
responsabili di queste istituzioni segnalino  le  eventuali  mancanze
alle ASL (comma  2).  La  presentazione  di  tale  documentazione  e'
requisito di accesso ai  servizi  educativi  per  l'infanzia  e  alle
scuole dell'infanzia, ma non  condiziona  l'accesso  alle  scuole  di
altri gradi o ai centri di formazione professionale, ne' ai  relativi
esami (comma 3). 
    Entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione,
gli operatori scolastici, sanitari e socio-sanitari  presentano  agli
istituti scolastici e alle ASL dichiarazioni sostitutive  comprovanti
le proprie situazioni vaccinali (art. 3, comma 3-bis). 
    L'art.  3-bis  introduce  una  nuova  e   articolata   procedura,
applicabile dall'anno scolastico 2019-2020 e dal calendario  relativo
allo stesso periodo dei servizi educativi per l'infanzia e dei  corsi
presso i centri di formazione professionale regionale.  La  procedura
prevede  che:  entro  il  10  marzo,  i  dirigenti  scolastici  e   i
responsabili dei servizi per l'infanzia e dei  centri  di  formazione
professionale trasmettano alle ASL gli elenchi degli  alunni  fino  a
sedici anni di eta', nonche' dei minori stranieri  non  accompagnati,
iscritti per l'anno scolastico (o il calendario) successivo; entro il
10 giugno, le ASL restituiscano  gli  elenchi,  con  indicazione  dei
soggetti non in regola con gli obblighi vaccinali; nei  dieci  giorni
successivi, i dirigenti scolastici e i responsabili dei  servizi  per
l'infanzia e dei centri di  formazione  professionale,  entro  il  10
luglio, invitino i genitori, tutori  o  affidatari  a  depositare  la
documentazione necessaria ed, entro il 20 luglio,  informino  la  ASL
dell'avvenuto deposito o della sua mancanza. 
    E' altresi'  previsto  (art.  3-bis,  comma  5)  che  la  mancata
presentazione della documentazione nei termini previsti  comporta  la
decadenza dell'iscrizione ai servizi educativi per l'infanzia e  alle
scuole dell'infanzia. Tenuto conto di cio', nonche' della  previsione
che negli anni scolastici  2017-2018  e  2018-2019  la  presentazione
della  documentazione  e'  mero  requisito  di  accesso,  la  Regione
arguisce che, con riguardo ai minori gia' iscritti prima dell'entrata
in vigore della legge, l'iscrizione, se gia' avvenuta, non decade (la
mancata presentazione della documentazione e' mera  irregolarita')  e
non vi e'  alcuna  conseguenza  sull'accesso  ai  servizi,  dato  che
l'iscrizione agli anni successivi avviene d'ufficio. 
    L'art. 4  disciplina  l'inserimento  scolastico  dei  minori  non
vaccinati, confermando che  esso  dovrebbe  avvenire,  di  norma,  in
classi immunizzate e che devono essere segnalate alle ASL  le  classi
con piu' di due minori non vaccinati. 
    L'art. 5 reca disposizioni transitorie  e  finali,  con  riguardo
alla documentazione da presentare in  relazione  all'anno  scolastico
2017-2018 e, al comma 1-bis, consente alle Regioni  e  alle  Province
autonome  di  prevedere,  senza   maggiori   oneri   finanziari,   la
prenotazione  gratuita  delle   vaccinazioni   presso   le   farmacie
convenzionate aperte al pubblico  mediante  il  centro  unificato  di
prenotazione. 
    L'art. 5-quater richiama espressamente la legge n. 210 del 1992 e
ne estende l'applicazione a chi, a causa delle  vaccinazioni  di  cui
all'art. 1, abbia riportato lesioni  o  infermita'  dalle  quali  sia
derivata una menomazione permanente dell'integrita' psico-fisica. 
    Infine, il ricorrente riporta nuovamente il contenuto dell'art. 7
(non modificato in sede di conversione)  e  le  considerazioni  sulle
finalita'   del   decreto-legge   desunte    dalla    relazione    di
accompagnamento del disegno di legge di conversione  e  dalla  citata
circolare del Ministro della salute. 
    4.2.- Il ricorrente propone quindi tre motivi di  censura:  tutti
indirizzati contro l'art. 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4 e  6-ter,
nonche' gli artt. 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7 del  d.l.  n.  73  del
2017, come convertito; il primo anche contro il  decreto-legge  nella
sua interezza. 
    I tre motivi, benche' riferiti alle disposizioni come  modificate
in sede di conversione, si  basano  su  argomenti  corrispondenti  in
larga parte a quelli del primo  ricorso,  con  l'aggiunta  di  alcune
considerazioni e riferimenti ulteriori, riassunti di seguito. 
    4.3.- Con il primo motivo  (rivolto,  come  si  e'  detto,  anche
all'intero d.l. n. 73 del 2017, come convertito)  la  Regione  Veneto
denuncia la  violazione  dell'art.  77,  secondo  comma,  Cost.,  «in
combinato disposto» con gli artt. 117, terzo e quarto  comma,  e  118
Cost. 
    A quanto gia' rilevato la ricorrente aggiunge che il difetto  dei
presupposti di cui all'art. 77, secondo comma, Cost.  non  e'  sanato
dal sopraggiungere della  legge  di  conversione,  che  risulta  anzi
affetta da un vizio in  procedendo  (sono  citate,  al  riguardo,  le
sentenze n. 220 del 2013, n. 22 del 2012 e n. 71 del 2007). 
    Inoltre,  con   riguardo   all'inidoneita'   delle   disposizioni
censurate, come convertite, a sortire effetti immediati,  si  osserva
che l'art. 3-bis ha efficacia differita di un anno e si ripete che il
raffronto tra il suo comma 5 e l'art 3, comma 3, lascerebbe intendere
che per i minori gia' iscritti all'entrata in vigore della legge  non
si verifica, in sostanza, alcuna preclusione nell'accesso ai  servizi
di istruzione. Inoltre, come chiarito nella circolare  del  Ministero
della salute del 16 agosto 2017 (Circolare recante prime  indicazioni
operative per l'attuazione del decreto-legge n. 73 del 7 giugno 2017,
convertito con modificazioni dalla legge  31  luglio  2017,  n.  119,
recante "Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, di
malattie infettive e di controversie relative  alla  somministrazione
di farmaci"), la sanzione amministrativa pecuniaria  viene  applicata
solo una volta (non all'inizio di ciascun anno  scolastico),  sicche'
il suo pagamento esonera di  fatto  dall'obbligo  della  vaccinazione
(almeno sino al 2019-2020). 
    4.4.-  Con  il  secondo  motivo  di  ricorso,  e'  denunciata  la
violazione degli artt. 2, 3, 5, 31, 32, 34 e 97 Cost., «in  combinato
disposto» con gli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118  Cost.,  sul
presupposto che la riduzione da dodici  a  dieci  delle  vaccinazioni
obbligatorie  non   abbia   eliso   i   profili   di   illegittimita'
costituzionale  gia'  denunciati,  ne'  la  loro   ridondanza   sulle
attribuzioni regionali. 
    L'irragionevole     prevalenza     dell'interesse      collettivo
sull'autodeterminazione  individuale  non  sarebbe  compensata  dalla
possibilita', di cui all'art. 1, comma 1-ter,  che  l'obbligatorieta'
di  alcune  vaccinazioni  sia  sospesa.  In  ogni  caso,  la  diversa
strategia vaccinale adottata dalla Regione  Veneto  sarebbe  travolta
almeno per tre anni. 
    Nell'aggiungere l'art. 5 Cost. ai parametri costituzionali di cui
e'  denunciata  la  violazione,  la  ricorrente  torna  a   lamentare
l'irragionevole uniformita' della normativa censurata  e  la  mancata
considerazione dell'efficiente attuazione dei  valori  costituzionali
gia'  conseguita  in  ambito  regionale,  la  quale  tradirebbe  «una
concezione organicistica e meramente giacobina dei corpi sociali», in
contraddizione con il principio pluralista. 
    Riproponendo, poi,  le  ragioni  per  cui  i  censurati  obblighi
vaccinali,  in  relazione  alle  patologie  per  cui  sono  disposti,
sarebbero inidonei a conseguire gli  scopi  perseguiti  e,  comunque,
eccessivi rispetto  a  essi,  con  particolare  riguardo  all'Hib  la
ricorrente richiama l'attenzione sul passaggio della citata circolare
del 16 agosto 2017 in cui si  afferma  che  il  relativo  vaccino  e'
utilizzabile a tutte le eta' senza rischi, ma e' indicato solo per  i
minori piu' piccoli e per i soggetti  ad  alto  rischio,  sicche'  si
conclude: «[d]ata l'epidemiologia  dell'Haemophilus  influenzae,  che
oltre i 5 anni di eta' non pone un alto rischio di malattia invasiva,
salvo  in  soggetti  particolari,  in  caso  di  attestata  immunita'
naturale, si puo' ricorrere a una combinazione di  vaccini  senza  di
esso».   Cio'   costituirebbe   una   vera   e    propria    smentita
dell'obbligatorieta'. 
    Il difetto di un'adeguata valutazione preventiva  dei  rischi  di
complicanze permane, ad  avviso  della  ricorrente,  e  non  basta  a
superarlo il riferimento, nel gia' citato art. 1, comma  1-ter,  alle
possibili  «reazioni  avverse»  come  uno  dei  riferimenti  per   la
valutazione se disporre l'ipotetica  sospensione,  comunque  solo  in
relazione alle malattie di cui al precedente comma 1-bis. 
    Nel lamentare l'impatto delle norme in  questione  sulla  propria
organizzazione  amministrativa  (accentuato,  come  si   rileva   nel
prosieguo, dalla nuova procedura di cui al censurato  art.  3,  comma
3-bis),  la  Regione  Veneto  aggiunge  a  quanto  gia'  dedotto  nel
precedente ricorso il riferimento a una nota di lettura del  Servizio
del bilancio del Senato della  Repubblica  (relativa  al  disegno  di
legge A.S. n. 2856, poi approvato come legge n. 119 del 2017; dossier
n. 185 del giugno 2017), laddove essa rileva che  l'estensione  degli
obblighi  vaccinali  puo'  determinare  un   aumento   dei   relativi
adempimenti e richiede una  valutazione,  almeno  di  massima,  degli
aggravi lavorativi attesi per le strutture amministrative coinvolte e
della sostenibilita' degli stessi. 
    Inoltre,  in  relazione  ai   principi   di   ragionevolezza   ed
eguaglianza, si rileva che se, come  rilevato  nella  circolare  piu'
volte citata, la sanzione pecuniaria e' applicabile una  sola  volta,
di fatto i genitori in grado di pagarla,  segnatamente  perche'  piu'
abbienti, hanno facolta' di mantenere i propri  figli  non  vaccinati
iscritti alla scuola dell'obbligo. 
    4.5.- Con il terzo motivo di ricorso, e' nuovamente denunciata la
violazione degli artt. 81, terzo comma, e 119, primo e quarto  comma,
Cost., per l'omessa copertura dei  costi  conseguenti  all'estensione
degli obblighi vaccinali. 
    La gia' lamentata aleatorieta' delle considerazioni, con  cui  la
relazione tecnica al disegno di  legge  di  conversione  pretende  di
dimostrare la copertura degli oneri,  e'  argomentata  anche  con  il
riferimento al gia' citato documento del Servizio  del  bilancio  del
Senato (di cui sono riportati ampi stralci), la' dove si  rileva  che
l'estensione degli obblighi, muniti di sanzione, potrebbe  portare  a
un superamento dell'obiettivo del 95  per  cento  e  quindi  a  oneri
maggiori rispetto a quelli calcolati sulla  base  dei  nuovi  livelli
essenziali  di  assistenza  (LEA),  si'  da  rendere  opportuna   una
«clausola di monitoraggio» simile a quella di cui all'art. 17,  commi
12 e seguenti, della  legge  31  dicembre  2009,  n.  196  (Legge  di
contabilita' e finanza  pubblica);  che  l'ipotizzata  riduzione  del
costo dei vaccini, accettabile ai fini  dei  saldi  tendenziali,  non
sarebbe  pero'  «perfettamente  coerente  con  il   principio   della
legislazione vigente», in quanto indipendente dalle  norme  in  esame
(e, anzi, secondo la stessa relazione  tecnica,  gia'  verificatasi);
che non sarebbe stata valutata in modo convincente  la  spesa  per  i
minori stranieri non accompagnati, la  quale  potrebbe  aumentare  la
platea dei beneficiari sino a compensare in parte il calo di nascite. 
    Aggiornando  le  valutazioni  riportate  nel  primo  ricorso,  la
Regione stima ora gli oneri a proprio carico in oltre 17  milioni  di
euro, per la somministrazione di oltre 574.755  dosi  di  vaccino  ai
nati dal 2001 al 2017; oppure, escludendo i nuovi nati, in 10.509.167
euro, per la somministrazione  di  379.755  dosi.  I  maggiori  oneri
amministrativi ammonterebbero a circa 5 milioni di euro (o 3  milioni
di euro escludendo i nuovi  nati);  anche  a  tale  proposito  si  fa
riferimento al documento del Servizio del bilancio  del  Senato  piu'
volte citato, secondo il quale non e' certo che non occorrera' lavoro
straordinario nelle ASL e, quindi, che non si verificheranno maggiori
costi. 
    Con riguardo alle spese per gli  eventuali  indennizzi  ai  sensi
della legge n. 210 del 1992, poi, si osserva che nulla e' disposto  a
riguardo negli articoli 5-bis, 5-ter e 5-quater, inseriti in sede  di
conversione (i quali prevedono,  rispettivamente,  il  litisconsorzio
necessario dell'AIFA nelle controversie  sugli  indennizzi  dovuti  a
causa di vaccinazioni,  un  incremento  dell'organico  del  Ministero
della salute per gestire le procedure  di  indennizzi  e,  come  gia'
rilevato, l'estensione della legge n. 210  del  1992  ai  danneggiati
dalle vaccinazioni previste nel d.l. n. 73 del 2017).  Anche  a  tale
proposito  il  Servizio  del  bilancio  del  Senato  aveva   ritenuto
necessarie stime sul potenziale impatto. 
    4.6.- E' altresi' reiterata l'istanza  di  sospensione  ai  sensi
dell'art. 35 della legge n. 87 del 1953, in termini analoghi a quelli
esposti nel primo ricorso. 
    5.- Sono intervenuti  in  giudizio  l'associazione  «Aggregazione
Veneta», gia' citata, nonche' L. P., con atto depositato il 2 ottobre
2017; il «Coordinamento nazionale danneggiati da  vaccino»  (CONDAV),
con atto depositato il 17 ottobre 2017; AMEV, unitamente a L. B. e C.
C., in qualita' di genitori del minore L.C., con atto  depositato  il
17 ottobre 2017. 
    Gli  intervenienti  hanno  chiesto  l'accoglimento  del  ricorso.
CONDAV ha chiesto la  sospensione  delle  disposizioni  censurate,  e
cosi' pure AMEV, L. B. e C. C., i quali hanno altresi'  domandato  la
riunione del giudizio con quello promosso con il ricorso iscritto  al
r.r. n. 51 del 2017 e la loro trattazione congiunta. 
    6.- Con atto depositato il 25 ottobre 2017, si e' costituito  nel
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  per  chiedere  che  le
questioni di  legittimita'  costituzionale  sollevate  dalla  Regione
Veneto siano dichiarate inammissibili o infondate. 
    6.1.- Brevemente riassunti i contenuti delle  norme  censurate  e
quelli dei motivi di ricorso, la difesa statale, anzitutto, chiede la
riunione del giudizio con quello gia' promosso dalla  Regione  Veneto
(r.r. n. 51 del 2017) ed eccepisce l'inammissibilita'  di  tutti  gli
interventi ad  adiuvandum,  dato  che  il  giudizio  di  legittimita'
costituzionale in via d'azione si svolge esclusivamente fra  soggetti
titolari di potesta' legislativa. 
    6.2.- Inammissibili sarebbero altresi' tutti i motivi di  ricorso
dispiegati dalla difesa regionale. 
    6.2.1.- Sulle questioni sollevate per violazione degli artt. 117,
terzo e quarto comma, 118 e 119, primo  e  quarto  comma,  Cost.,  la
difesa statale rileva che in questo giudizio, come nel precedente, la
Regione ha censurato lo strumento normativo utilizzato e la scelta di
politica sanitaria nel senso dell'obbligo vaccinale, la  quale  pero'
rientra nella «sovrana discrezionalita' del Governo e del Parlamento»
ed  esige  regole  generali  uniformi,  «veri   e   propri   principi
fondamentali»; regole che si fondano,  inoltre,  sulle  gia'  evocate
competenze in materia di livelli essenziali, istruzione e  profilassi
internazionale. Alle Regioni, che «sono prive di potesta' legislativa
in materia», non compete effettuare ne' contestare  scelte  siffatte:
secondo la difesa statale, «[n]e consegue che  le  censure  proposte,
non investendo il riparto costituzionale delle competenze legislative
tra lo Stato e le Regioni, sono palesemente inammissibili». 
    Le censure  per  violazione  dell'art.  97  Cost.,  in  combinato
disposto con gli artt.  117,  terzo  comma,  e  118  Cost.  sarebbero
inammissibili per genericita' e insufficienza della  motivazione:  la
Regione non spiega perche' sarebbero compromessi  il  buon  andamento
dei servizi sanitari e la loro capacita' di assicurare i  trattamenti
sanitari, ricompresi nei livelli essenziali  di  assistenza,  diversi
dalle vaccinazioni. 
    Quanto poi al denunciato travolgimento del modello  di  cui  alla
legge reg. Veneto n. 7 del 2007,  esso  dipenderebbe  dalla  ovvia  e
fisiologica  attitudine  delle  norme  statali,  fondate   sui   gia'
menzionati  titoli  di  competenza,  a  incidere  sulle  attribuzioni
regionali;  sicche'  sarebbero   pretestuose   le   doglianze   delle
ricorrente basate su  tali  incisioni,  mentre  il  problema  risiede
piuttosto  «nel  verificare  se  cio'   avviene   o   meno   secundum
constitutionem», ossia nel legittimo esercizio, da parte dello Stato,
dei poteri che gli competono. 
    Con riguardo al carattere puntuale e dettagliato  degli  obblighi
posti a carico delle amministrazioni sanitarie regionali,  la  difesa
statale osserva che esso dipende dal rapporto di coessenzialita'  con
«la  norma  di  principio  che  introduce   l'obbligatorieta'   delle
vaccinazioni» e, inoltre, e' giustificato pure  dalla  competenza  di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera  m,  Cost.  La  Regione  non
avrebbe giustificato adeguatamente la dedotta lesione  delle  proprie
attribuzioni   e,    comunque,    conserverebbe    ampia    autonomia
nell'organizzare i  propri  servizi  vaccinali.  Peraltro,  tutte  le
disposizioni del decreto-legge che si riflettono  sull'organizzazione
dei servizi vaccinali regionali sarebbero meramente riproduttive  dei
contenuti del PNPV 2017-2019, approvato con il consenso della  stessa
Regione Veneto. 
    Inammissibili  sarebbero  pure   le   doglianze   relative   alle
competenze  regionali  in  materia   di   istruzione   e   formazione
professionale,  anch'esse   fisiologicamente   incise   dalle   norme
introdotte dallo Sato nell'esercizio delle sue proprie  attribuzioni;
la denunciata compressione dell'autonomia finanziaria regionale (art.
119, primo e quarto comma, Cost.), per violazione dell'art. 81, terzo
comma, Cost., posto che la Regione  non  ha  adempiuto  all'onere  di
dimostrare che, in concreto, l'intervento  censurato  ha  ridotto  le
risorse a disposizione in misura tale da compromettere gravemente  il
rapporto tra i bisogni regionali  e  i  mezzi  finanziari  per  farvi
fronte; la censura per violazione dell'art. 118 Cost., non avendo  la
ricorrente sviluppato al riguardo alcune autonoma  argomentazione  e,
comunque, perche' l'intervento statale in questione e' esclusivamente
legislativo e non ha comportato l'allocazione al livello  statale  di
funzioni regionali. 
    6.2.2.-  E'  eccepita  l'inammissibilita'  anche  di   tutte   le
questioni sollevate per violazione di parametri esterni al  Titolo  V
della Parte seconda della Costituzione (artt. 2, 3, 5,  31,  32,  34,
77, 81 e 97 Cost.): non sarebbe  ravvisabile  alcuna  ridondanza  dei
vizi denunciati in danno di attribuzioni costituzionalmente garantite
alle Regioni. Cio' vale in particolare per la questione sollevata  in
relazione  all'art.  77,  secondo  comma,  Cost.:  apparentemente  la
Regione Veneto denuncia un  vulnus  delle  proprie  attribuzioni,  ma
nella sostanza mira a contestare una  scelta  di  politica  sanitaria
pacificamente estranea alle sue competenze. 
    6.3.- Nel merito, tutte le questioni sollevate  dalla  ricorrente
paiono alla difesa  statale  manifestamente  infondate,  per  ragioni
sostanzialmente uguali a quelle gia' dedotte nel primo giudizio. 
    7.- In data 31 ottobre 2017, la Regione Veneto ha depositato  una
memoria nel giudizio promosso contro il d.l. n. 73 del 2017 (r.r.  n.
51 del 2017), nella quale ribadisce le  deduzioni  gia'  formulate  e
svolge approfondimenti anche in  relazione  alle  tesi  della  difesa
statale e alle modifiche apportate dalla legge n. 119 del 2017. 
    7.1.- Ad avviso della Regione, i meriti storici dei  vaccini  non
giustificano la permanenza  o  la  somministrazione  obbligatoria  di
quelli che, fra  essi,  si  rivelino  oggi  inutili  o  dannosi,  nel
processo di perenne ricerca ed evoluzione che li riguarda. La Regione
sottolinea che mai, nella storia repubblicana, si e'  intervenuti  in
questa materia con un decreto-legge e per introdurre un numero  cosi'
elevato  di  nuovi  obblighi,  per  ciascuno  dei  quali   la   Corte
costituzionale dovra' giudicare se sussistano i  presupposti  di  cui
all'art.  77  Cost.  e  un  interesse  collettivo   rilevante   nella
prospettiva dell'art. 32 Cost. 
    Sarebbero  insufficienti  e  generiche  le  ragioni  addotte,  al
riguardo, da parte statale, in  relazione  al  calo  delle  coperture
vaccinali,  segnatamene  con  riguardo  a  poliomielite,  morbillo  e
rosolia. Irrealistica e pretestuosa sarebbe la  rappresentazione  del
rischio di un ritorno delle epidemie del passato, o  di  malattie  da
tempo debellate: la flessione delle coperture non  sussiste  affatto,
per  alcuni  vaccini;  per  altri,  e'  limitata,   oppure   comunque
irrilevante poiche' per le relative  malattie  non  puo'  verificarsi
l'«effetto gregge». 
    L'unico «piccolo rischio» riguarda il  morbillo,  per  il  quale,
tuttavia, e' dubbia l'efficacia  dell'obbligo  vaccinale  nella  sola
eta' pediatrica. Benche',  dopo  l'introduzione  della  vaccinazione,
l'incidenza del morbillo si sia molto ridotta, la malattia continua a
circolare sia nel mondo, sia in Italia: qui, nonostante le  coperture
gia'  raggiunte  (sotto  stimate,  ad  avviso  della   Regione),   si
verificano picchi periodici, come quello che, nel 2017,  e'  iniziato
nel  mese  di  gennaio,  ha  raggiunto  l'apice  a  marzo  e  poi  e'
gradualmente calato nei mesi successivi (durante i quali il  d.l.  n.
73 del  2017  e'  stato  emanato  e  convertito  in  legge).  Sarebbe
difficile spiegare l'andamento di questo fenomeno, che  comunque  non
ha carattere epidemico (con focolai e successiva diffusione a macchia
d'olio), bensi'  consta  di  casi  isolati;  e  che  interessa  anche
soggetti vaccinati e adulti (con  un'alta  percentuale  di  operatori
sanitari), nei quali la malattia e' piu'  pericolosa.  Replicando  ai
rilievi di  parte  statale,  la  Regione  concede  che  il  tasso  di
infezione e' piu' alto tra i bambini che tra gli adulti (15-39 anni),
ma ritiene che  non  sia  corretto  considerare,  invece  del  numero
assoluto di casi, il tasso di incidenza per  gruppo  demografico:  e'
dall'insieme  di  tutti  casi  che  dipende  il  desiderato  "effetto
gregge". Considerata la maggiore gravita' del morbillo  degli  adulti
(tale da fare sospettare il fallimento dell'"immunita'  di  gregge"),
e' irragionevole l'obbligo vaccinale che non si estenda anche a essi.
Comunque, piccoli cambiamenti  nella  copertura  vaccinale  sarebbero
irrilevanti per prevenire le ricomparse cicliche della malattia. 
    7.2.- La Regione manifesta  stupore  sul  fatto  che  la  missiva
inviata dall'OMS al  Senato,  nonostante  il  suo  «tempismo»,  abbia
ignorato questi dati e ritiene del tutto improprio il paragone con  i
Paesi africani. Del  resto,  l'obiettivo  di  eradicare  il  morbillo
dall'Europa non  puo'  essere  raggiunto  mediante  misure  drastiche
adottate solo in Italia, «[a] meno che non si consideri  l'Italia  un
"laboratorio" dove studiare gli effetti  di  una  politica  vaccinale
piu' rigida». La Regione ritiene, inoltre,  apodittico  e  oscuro  il
comunicato stampa diffuso da quattro societa' mediche  italiane,  che
hanno espresso «grande soddisfazione»  per  il  decreto-legge:  «[i]n
mancanza  di  solide  prove   scientifiche   dell'efficacia   di   un
provvedimento cosi' drastico, viene da chiedersi da quali motivazioni
prenda origine una  posizione  cosi'  netta  in  favore  del  decreto
governativo da parte di igienisti,  pediatri  e  medici  di  medicina
generale». 
    La Regione ribadisce la propria convinzione che la soglia del  95
per  cento  sia  arbitraria,   sovrastimata   e   non   correttamente
predicabile per tutte le vaccinazioni e in tutti i  contesti.  Quanto
al fenomeno del cosiddetto accumulo dei suscettibili, cio' che  conta
non e' l'incremento  nel  tempo  del  loro  numero  assoluto,  ma  la
proporzione  rispetto  ai  vaccinati.  In  ogni   caso,   la   stessa
vaccinazione non e' mai efficace nel 100 per cento dei casi e, se  si
volesse davvero fermare l'accumulo, occorrerebbe imporla (e imporre i
richiami vaccinali) a tutta la popolazione, per tutta la vita. 
    7.3.- La Regione si diffonde poi  in  argomentazioni  dettagliate
sulle  caratteristiche  delle  singole  malattie,  per  contestare  i
presupposti di ciascuno degli obblighi  vaccinali  in  questione.  In
sintesi, non sussisterebbe alcun interesse collettivo a  evitare  che
le coperture vaccinali scendano sotto la soglia che, ad avviso  della
Regione, deve considerarsi ottimale e non critica: in alcuni casi  la
malattia non e' trasmissibile da persona a  persona  o  comunque  non
sussiste alcun allarme epidemico, essendo anzi taluni morbi endemici;
in altri, il vaccino serve a diminuire la gravita' della malattia, ma
non a fermare il contagio, il quale puo' avvenire anche ad opera  dei
soggetti vaccinati; in altri casi ancora, condizioni di  rischio  per
la collettivita' possono verificarsi, ma non  nella  prima  infanzia;
talora,  il  rischio  epidemico  puo'  essere   evitato   con   mezzi
alternativi al vaccino e meno invasivi, come la  cura  antibiotica  e
l'isolamento dei casi. 
    Inoltre, la Regione torna a soffermarsi sui dubbi in merito  alla
sicurezza di alcuni  vaccini  o  all'efficacia  di  altri,  anche  in
relazione all'assenza di obblighi per  gli  adulti;  sulla  scarsa  o
nulla incidenza di determinate malattie in Italia; sul  rilievo  che,
nel contrasto delle malattie  infettive,  hanno  circostanze  diverse
dalle  coperture  vaccinali,  come  le  pratiche  e   le   condizioni
igieniche. 
    Anche il vaccino contro il morbillo e', secondo la ricorrente, un
presidio  importante,  ma  e'  dubbio  se  aiuti  a  conseguire   una
"immunita'  di  gregge";  nemmeno  sarebbe  possibile   bloccare   la
circolazione del virus agendo solo  in  Italia.  La  malattia  ha  un
andamento epidemiologico irregolare e il contagio puo'  arrestarsi  a
prescindere da modifiche delle strategie vaccinali. Si  sospetta  che
l'immunita' da vaccino svanisca nel tempo e che compaiano  piu'  casi
nell'eta' adulta.  Comunque,  la  Regione  Veneto  ritiene  di  avere
raggiunto risultati di copertura  identici  o  migliori  rispetto  ad
altre Regioni, senza fare ricorso a  imposizioni;  essa  sarebbe  una
delle aree meno colpite dalla malattia. 
    A proposito dei risultati raggiunti, la Regione  Veneto  risponde
ai rilievi critici dell'Avvocatura generale  dello  Stato.  Anche  in
Veneto si  e'  verificata  una  flessione  delle  coperture,  che  ha
raggiunto l'apice  nel  primo  semestre  del  2014;  poi,  pero',  e'
iniziato un recupero che, a fine 2016, ha consentito  di  tornare  ai
livelli  del  2012.  Nemmeno   sarebbe   scorretto   eliminare,   dal
denominatore dei tassi  di  copertura,  gli  irraggiungibili:  questa
scelta e'  stata  condivisa  con  le  autorita'  statali  e  serve  a
considerare, ai fini della determinazione del «gregge», solo  chi  e'
effettivamente presente sul  territorio.  Sulla  base  della  propria
anagrafe vaccinale, la  Regione  Veneto  ritiene  che,  per  tutti  i
soggetti residenti e domiciliati tra 2 e 18  anni,  a  febbraio  2017
risultavano una copertura del 94,5 per cento per  la  prima  dose  di
vaccino anti-poliomielite e del 92,6 per cento per la prima dose  del
vaccino anti-morbillo. Infine, non sarebbero  esatti  i  calcoli  sul
numero di minori non vaccinati che l'Avvocatura generale dello  Stato
propone, sulla base  delle  allegazioni  della  difesa  regionale  in
merito alle dosi di vaccino necessarie per i recuperi: le allegazioni
si riferiscono a tutte le dosi previste  nella  schedula  di  ciascun
vaccino (quindi, a ciascun minore corrisponde piu' di una  dose).  In
Veneto non esisterebbe alcuna emergenza sanitaria e la soglia critica
di copertura sarebbe gia' garantita attraverso un modello fondato sul
consenso e sulla valorizzazione dell'alleanza terapeutica tra  medico
e paziente, in linea con la giurisprudenza costituzionale anche  piu'
recente (e' citata la sentenza n. 169 del  2017)  e  in  armonia  con
l'istanza di differenziazione che permea la Costituzione italiana. 
    7.4.- Infine, la difesa regionale rileva che e'  oscuro  a  quali
obblighi  europei  o  internazionali  di  profilassi   internazionale
facciano riferimento le disposizioni censurate e la  difesa  statale.
Per quanto riguarda l'OMS, l'European Vaccine Action  Plan  2015-2020
non si basa affatto sull'obbligo vaccinale, mentre il  Piano  globale
di eliminazione di morbillo e rosolia si riferisce  esclusivamente  a
queste due malattie. Non  sarebbero  pertinenti  i  riferimenti  alla
competenza legislativa statale in materia di livelli essenziali delle
prestazioni  sanitarie,  dato  che  il  d.P.C.m.  12   gennaio   2017
considerava bensi' le vaccinazioni di cui al PNPV 2017-2019,  ma  non
la loro obbligatorieta'. Neppure la normativa impugnata consisterebbe
in norme generali, o principi fondamentali, in materia di istruzione.
In replica alle censure regionali  per  violazione  degli  artt.  81,
terzo comma,  e  119,  primo  e  quarto  comma,  Cost.,  l'Avvocatura
generale  dello  Stato  avrebbe  solo  riportato  pedissequamente   i
contenuti della relazione tecnica (che  accompagnava  il  disegno  di
legge di conversione del d.l. n. 73 del 2017), i quali la  difesa  di
parte ricorrente ritiene di avere gia' adeguatamente contestato. 
    8.- In data 31 ottobre 2017, pure il Presidente del Consiglio dei
ministri ha depositato una memoria nel giudizio iscritto al  r.r.  n.
51  del  2017,  nella  quale  insiste  nelle  conclusioni   e   nelle
argomentazioni gia' esposte, anche nell'ambito del giudizio  iscritto
al r.r. n. 75 del 2017, con alcune considerazioni aggiuntive. 
    Dopo avere passato in rassegna i contenuti del  d.l.  n.  73  del
2017, convertito dalla legge n.  119  del  2017,  la  difesa  statale
eccepisce l'inammissibilita' degli interventi  ad  adiuvandum,  sulla
base di argomenti analoghi a quelli sviluppati nel giudizio  iscritto
al r.r. n. 75 del 2017 e, inoltre, di considerazioni sulla  posizione
e sugli  argomenti  dei  singoli  intervenienti.  La  difesa  statale
eccepisce altresi'  l'inammissibilita'  del  ricorso  regionale,  per
ragioni corrispondenti a quelle esposte nell'altro giudizio. 
    8.1.- Le  stesse  ragioni  di  inammissibilita'  del  ricorso  si
convertirebbero, secondo la difesa statale, in altrettante ragioni di
infondatezza delle censure regionali. 
    Riassumendo la giurisprudenza costituzionale, la  difesa  statale
rileva che per le vaccinazioni ricorrono le condizioni richieste  per
l'eccezionale  imposizione  di  un  trattamento  sanitario,  a  norma
dell'art. 32, secondo comma,  Cost.:  la  vaccinazione  preserva  dal
contagio sia chi la riceve, sia gli altri (particolarmente coloro che
non l'hanno ancora ricevuta o non  possono  riceverla);  normalmente,
per chi vi si sottopone, la pratica  vaccinale  comporta  conseguenze
lievi  e  temporanee,  trascurabili  anche  a  fronte  dei   benefici
immunitari e dei gravi rischi che, altrimenti, possono insorgere; per
i  casi  di  lesioni  o  infermita'  da  vaccinazioni   che   causino
menomazioni  permanenti  dell'integrita'  psico-fisica,  esiste   una
specifica tutela indennitaria, rafforzata dal d.l. n.  73  del  2017,
convertito dalla  legge  n.  119  del  2017  (artt.  5-bis,  5-ter  e
5-quater), accanto all'ordinaria tutela risarcitoria. 
    Peraltro, prosegue la difesa  statale,  per  le  vaccinazioni  in
esame non e' pertinente l'autodeterminazione individuale,  bensi'  la
responsabilita' dei genitori nei confronti dei  figli,  con  riguardo
all'adozione di misure e condotte idonee a garantirne  l'interesse  a
beni fondamentali quali la salute e l'istruzione.  Riportandosi  alla
giurisprudenza costituzionale, civile e amministrativa,  l'Avvocatura
generale  dello  Stato  conclude  che,  nel  caso   di   vaccinazioni
obbligatorie per  i  minori,  la  valutazione  del  legislatore  deve
contemperare, da un lato, il diritto  dei  terzi  alla  salute  e  il
correlativo interesse pubblico e,  dall'altro,  non  la  liberta'  di
autodeterminazione, «della quale il minore e' per definizione privo»,
ma l'interesse del bambino, che esige tutela anche nei confronti  dei
genitori. E' citato, in  particolare,  il  parere  del  Consiglio  di
Stato, Commissione speciale, 26 settembre 2017, n. 2065, reso proprio
alla Regione Veneto, laddove esso sottolinea che la Costituzione  non
garantisce un'incondizionata e  assoluta  liberta'  di  rifiutare  le
cure, compresi i vaccini, «per la semplice ragione  che,  soprattutto
nelle patologie  ad  alta  diffusivita',  una  cura  sbagliata  o  la
decisione individuale di non curarsi puo' danneggiare  la  salute  di
molti altri esseri umani  e,  in  particolare,  la  salute  dei  piu'
deboli, ossia dei bambini e di chi e' gia' ammalato». 
    Allo  stesso  parere,  nonche'  alla  pertinente   giurisprudenza
costituzionale, la difesa statale fa riferimento per argomentare  che
il singolo, sottoponendosi al trattamento obbligatorio, adempie a uno
dei doveri inderogabili di solidarieta' sociale, che hanno fondamento
nell'art. 2 Cost. L'intervento pubblico  non  e'  unidirezionale,  ma
bidirezionale e reciproco:  si  esprime  non  solo  nel  senso  della
solidarieta' della collettivita' verso il singolo, ma anche in quello
del singolo verso la collettivita'; e' per questa stessa ragione che,
quando il singolo subisce un pregiudizio a causa  di  un  trattamento
previsto  nell'interesse  della  collettivita',  quest'ultima  si  fa
carico dell'onere indennitario. 
    Ancora citando il parere del  Consiglio  di  Stato,  l'Avvocatura
generale dello Stato sottolinea che l'obbligo vaccinale e' necessario
per garantire a tutti, in condizioni di effettiva parita', la  tutela
della salute: altrimenti, il rifiuto dei vaccini da parte di  alcuni,
«in nome di una  malintesa  "liberta'  delle  cure"»,  esporrebbe  al
rischio  di  contagio  coloro  che  vengano  a  contatto  con  i  non
vaccinati. Cio' pone un problema particolarmente serio per i  bambini
in eta' prescolare, che, in ipotesi, si trovino  inseriti  in  classi
non  immunizzate:  qui  e'  massimo  il  rischio  di  contagio  e  di
complicanze.   La   rilevanza   del    principio    di    eguaglianza
contribuirebbe, inoltre, a spiegare la  pertinenza  delle  competenze
esclusive statali in materia di  livelli  essenziali  dell'assistenza
sanitaria. 
    In merito alla coerenza  tra  la  normativa  in  questione  e  il
principio di precauzione, la difesa statale, sviluppando quanto  gia'
dedotto, osserva che sono scientificamente sicuri  i  rischi  causati
dalle malattie prevenibili, l'efficacia  profilattica  della  pratica
vaccinale e la scarsa significativita' delle  reazioni  avverse;  per
converso, estremamente rare e non suffragate da evidenze scientifiche
certe sono le reazioni avverse gravi e le complicanze  irreversibili.
Pertanto, la normativa in questione appare conforme al  principio  di
precauzione, il quale - come osservato nel piu' volte  citato  parere
del Consiglio di Stato - non obbliga alle opzioni totalmente prive di
rischi, ma impone al decisore pubblico  di  prediligere,  tra  quelle
possibili, la soluzione che bilancia  meglio  la  minimizzazione  dei
rischi e la massimizzazione dei benefici, previa  individuazione,  in
esito a un test  di  proporzionalita',  di  una  soglia  di  pericolo
accettabile, sulla base di  una  conoscenza  completa  e  accreditata
dalla migliore scienza disponibile. 
    8.2.-  Nell'ultima  parte  della  memoria,  la   difesa   statale
considera alcune «problematiche medico-scientifiche» sollevate  dalle
controparti. 
    In  particolare,  in  relazione  alla   mancata   previsione   di
accertamenti  diagnostici  preventivi,   alla   quale   hanno   fatto
riferimento sia la  ricorrente,  sia  gli  intervenienti,  la  difesa
statale  ribadisce  che,  attualmente,  i  vaccini  hanno   raggiunto
standard di sicurezza altissimi, ma non esiste alcun test in grado di
predirne gli effetti collaterali sui singoli. Le controindicazioni ai
vaccini  sono   riportate   nelle   note   tecniche   delle   singole
formulazioni,  nelle  circolari  esplicative  e  nell'apposita  guida
periodicamente aggiornata dal Ministero della salute e dall'ISS;  per
individuare le singole  situazioni  di  rischio,  sono  rilevanti  la
valutazione del pediatra e l'anamnesi pre-vaccinale effettuate presso
i servizi  vaccinali  con  i  genitori  (tutori  ecc.).  Per  contro,
attualmente  non  sono  stati   messi   a   punto   affidabili   test
pre-vaccinali,  anche  di  carattere  genetico:  benche'  il  corredo
genetico  individuale  possa  influire  sulla  risposta   immunitaria
indotta dalla somministrazione del vaccino, sotto  il  profilo  della
sua efficacia immunizzante, appositi  studi  non  avrebbero  rilevato
significative associazioni tra polimorfismi genetici  e  comparsa  di
effetti avversi. 
    La  difesa  statale  argomenta   anche   in   merito   a   talune
problematiche  medico-scientifiche  sollevate  esclusivamente   dagli
intervenienti, quali l'uso  dei  vaccini  combinati,  la  valutazione
delle reazioni avverse,  i  paventati  profili  di  pericolosita'  di
alcuni vaccini, i conflitti di interesse in cui  verserebbero  alcuni
soggetti coinvolti nel procedimento legislativo. 
    In  particolare,  in  merito  alla  valutazione  delle   reazioni
avverse,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato   ribadisce   che   le
controindicazioni  ai  vaccini  (come  le  avvertenze  speciali,   le
precauzioni d'impiego, le interazioni con altri farmaci, gli  effetti
indesiderati) sono incluse nelle relative schede tecniche.  L'uso  di
un vaccino e' preceduto da  una  valutazione  di  rischi  e  benefici
operata, a livello nazionale, nei piani di prevenzione vaccinale e, a
livello individuale, da parte del  medico  vaccinatore,  anche  sulla
basa   dell'anamnesi   pre-vaccinale.    Inoltre,    l'autorizzazione
all'immissione in commercio del vaccino  presuppone  la  verifica  di
requisiti  quali  utilita',  qualita',  sicurezza  (negli  animali  e
nell'uomo),   immunogenicita'   ed   efficacia   protettiva:    prima
dell'immissione   in   commercio,   nel    rispetto    di    standard
internazionali, vengono eseguiti studi pre-clinici di farmacologia  e
tossicologia  e   studi   clinici   di   sicurezza,   tollerabilita',
immunogenicita'  ed  efficacia  protettiva;  dopo   l'immissione   in
commercio, viene eseguita la  sorveglianza  post-marketing  e  quella
delle reazioni avverse ai farmaci. 
    Inoltre, considerando i paventati  profili  di  pericolosita'  di
alcuni   vaccini,   la   difesa   statale   tra   l'altro    osserva,
conclusivamente, che  nessun  farmaco  puo'  considerarsi  totalmente
privo di rischi e nemmeno possono  considerarsi  tali  i  vaccini,  i
quali, benche' sempre piu' efficaci e sicuri,  in  casi  estremamente
rari  possono  causare  danni.  Ciononostante,  «come  universalmente
riconosciuto, i  benefici  della  vaccinazione  sono  di  gran  lunga
superiori  ai  potenziali  danni  causati  nelle  rarissime  reazioni
avverse». 
    9.- Nel giudizio iscritto al r.r. n.  51  del  2017,  sono  state
altresi' depositate memorie dall'associazione «Aggregazione Veneta» e
da L. P., in data 30 ottobre; dalle associazioni CODACONS e AIDMA, in
data 30 ottobre; dall'associazione AMEV, in data 31 ottobre. 
    10.- Nel giudizio iscritto al r.r. n. 75 del  2017,  in  data  10
novembre 2017, sia il Presidente del Consiglio dei ministri,  sia  la
Regione Veneto hanno depositato ulteriori memorie. La difesa  statale
ripete  gli  argomenti  gia'  esposti   nella   precedente   memoria,
depositata nel giudizio iscritto al r.r. n. 51 del 2017.  La  Regione
Veneto, invece, formula alcuni argomenti aggiuntivi. 
    10.1.-  La  ricorrente,  pur  dichiarandosi   consapevole   della
rigorosa   giurisprudenza   della    Corte    costituzionale    circa
l'ammissibilita'  di   interventi   nei   giudizi   di   legittimita'
costituzionale in via principale, dichiara il proprio interesse a che
gli odierni intervenienti partecipino al giudizio, «anche come  amici
curiae, alla stregua di quanto  diffusamente  praticato  nel  sistema
anglosassone,  ma  sostanzialmente  ammesso  anche  nel  nostro»,  in
relazione a decisioni i cui effetti eccedono la sfera delle parti del
procedimento  (sono  citate  le  sentenze,  pronunciate  in   giudizi
sull'ammissibilita' dei referendum abrogativi, n. 45, n. 46,  n.  47,
n. 48 e n. 49 del 2005). La ricorrente richiama i casi  in  cui  sono
stati ammessi interventi di terzi, titolari di  posizioni  soggettive
suscettibili  di   essere   incise   dall'esito   del   giudizio,   o
rappresentativi di interessi  collettivi  coinvolti  nella  questione
(sono citate le sentenze n. 76 del 2001, n. 171 del 1996 e n. 314 del
1992, nonche' l'ordinanza n. 50 del 2004); in  particolare,  richiama
l'ordinanza n. 389 del 2004, in cui, in relazione a una questione  di
legittimita' costituzionale sollevata in via  incidentale  in  merito
all'esposizione del  crocifisso  nelle  aule  scolastiche,  e'  stata
riconosciuta la legittimazione  a  intervenire  del  genitore  di  un
alunno della stessa scuola di cui si discuteva nel giudizio a quo. 
    Non  varrebbe,  in  senso   contrario,   il   rilievo   che   gli
intervenienti dispongono di  altri  mezzi  di  difesa,  i  quali  non
opererebbero con altrettante urgenza e immediatezza e sconterebbero -
per  quanto  riguarda  l'eventualita'  di  vedere  sollevate  in  via
incidentale le stesse  questioni  di  legittimita'  costituzionale  -
«l'alea della valutazione di non manifesta infondatezza», valutazione
che  solo  la  Corte  costituzionale  sarebbe  «davvero  titolata   a
operare», pendendo il presente giudizio. Inoltre,  per  alcune  delle
associazioni intervenienti, questa strada sarebbe del tutto preclusa,
«non essendo destinatarie dirette  di  provvedimenti  impugnabili  in
sede giurisdizionale». 
    10.2.- La Regione Veneto replica, quindi, ad alcune eccezioni  di
inammissibilita' di parte resistente, ritenendo di avere indicato sia
le proprie attribuzioni, violate dalle norme  in  questione,  sia  la
ridondanza  su  tali  attribuzioni  delle  violazioni  di   parametri
estranei al Titolo V della Parte seconda della Costituzione. 
    10.3.- In merito  alla  competenza  legislativa  statale  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera  m,  Cost.,  la  Regione  Veneto
osserva che  essa  non  giustifica  l'intervento  statale  censurato,
nonostante l'obbligo introdotto riguardi le vaccinazioni  contemplate
nel  PNPV  2017-2019:  un  conto  sarebbe,  secondo  la   resistente,
prevedere un obiettivo, un altro imporre un obbligo  per  raggiungere
una soglia di copertura diversa da quella  critica.  Il  concetto  di
livello essenziale - che, secondo la  resistente,  la  giurisprudenza
costituzionale avrebbe inteso come standard minimi delle  prestazioni
(e' citata la sentenza n. 115 del 2012) -  sarebbe  richiamato  fuori
luogo: il modello veneto bilancerebbe  in  modo  piu'  equilibrato  i
principi costituzionali in gioco e avrebbe sempre garantito coperture
non inferiori alla soglia critica; esso sarebbe caratterizzato quindi
da  «standard  superiori»,  come   quelli   che   la   giurisprudenza
costituzionale ha sempre  consentito  alle  Regioni  di  offrire  (e'
citata la sentenza n. 200 del 2009). 
    Sarebbe  poi  contraddittorio  interpretare   estensivamente   il
concetto dei livelli essenziali, nel momento in cui  lo  stesso  art.
117, secondo comma, lettera  m,  Cost.  non  e'  stato  adeguatamente
attuato, sicche' anche in  relazione  al  d.P.C.m.  12  gennaio  2017
potrebbe   prefigurarsi   una   violazione   del   citato   parametro
costituzionale, oltre che  dell'art.  32  Cost.:  tanto,  secondo  la
Regione  Veneto,  si   desumerebbe   dalla   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 169 del 2017. 
    10.4.- Ancora sotto il profilo  del  bilanciamento  tra  principi
costituzionali,  la  Regione  Veneto  ritiene  di  avere   dimostrato
perche',  per  alcune  malattie  (tetano,   difterite,   epatite   B,
poliomielite, pertosse, Hib) difettino in  radice  i  presupposti  di
interesse collettivo, nonche' necessita' e urgenza che, ex artt. 32 e
77 Cost., dovrebbero giustificare l'intervento censurato: il contagio
non puo' avere luogo, oppure  non  esiste  una  situazione  sanitaria
allarmante, o ancora l'"effetto gregge" non e' realizzabile. 
    La ricorrente rammenta l'ordinanza n. 262 del  2004,  in  cui  la
Corte costituzionale ha affermato,  in  relazione  alla  vaccinazione
obbligatoria dei minori contro  il  tetano,  che  per  giudicarne  la
legittimita' costituzionale, non e' sufficiente considerare  solo  il
carattere  non  diffusivo  della   malattia,   in   quanto   l'omessa
vaccinazione espone il minore a un rischio; e che, essendo  in  gioco
non l'autodeterminazione del minore, bensi'  la  responsabilita'  dei
genitori di proteggerne la salute da danni e pericoli  concreti,  non
si  puo'  ammettere  una  totale  liberta'  dei  genitori  stessi  di
effettuare scelte che potrebbero  essere  gravemente  pregiudizievoli
per i figli. Tuttavia, la  Regione  Veneto  ritiene  irragionevole  e
sproporzionato che a un minore non vaccinato, ad esempio,  contro  il
tetano, che non e' una malattia diffusiva, sia precluso l'accesso  ai
servizi educativi per l'infanzia  e  alle  scuole  dell'infanzia,  in
assenza di qualsivoglia rischio di contagio. 
    Irragionevole sarebbe anche  imporre  l'obbligo  di  vaccinazione
contro malattie che «oggi, in Italia,  sono  praticamente  a  rischio
zero», come poliomielite e difterite: del resto, se casi sporadici si
ripresentassero, «si puo' essere certi  che  le  coperture  vaccinali
balzerebbero in pochi giorni al 100%!». I  genitori  sicuramente  non
rinuncerebbero alle vaccinazioni, «se esistesse un pericolo reale  di
una grave malattia incombente». A questa «concezione  positiva  della
persona dei genitori e alla loro auto determinazione» si  contrappone
l'estensione degli obblighi vaccinali, contrastante con il  principio
del consenso informato, il cui rilievo e' stato affermato anche dalla
Corte costituzionale (sentenza n. 438 del 2008): come chiarito  nella
circolare 16 agosto 2017, infatti, per le  vaccinazioni  obbligatorie
non dovrebbe  essere  raccolto  alcun  consenso  informato,  ma  solo
consegnato un modulo informativo. 
    10.5.- Da ultimo, la Regione Veneto considera il «Rapporto  sulla
sorveglianza postmarketing dei vaccini in Italia 2014-2015» dell'AIFA
e riassume i dati, ivi riferiti, sulle segnalazioni di eventi avversi
ai vaccini. 
    Le segnalazioni sono state 8.873 nel 2014 e 3.772  nel  2015.  La
differenza e' dovuta al fatto che nel 2014 sono state svolte ricerche
di sorveglianza  attiva,  ossia  sono  stati  somministrati  appositi
questionari   per   valutare   il   risultato   della   vaccinazione;
normalmente, invece, le segnalazioni sono spontanee, ossia effettuate
autonomamente dal medico che sospetti reazioni avverse.  Le  ricerche
di sorveglianza attiva sono state  eseguite  soprattutto  in  Veneto:
percio'  da  questa  Regione   sono   arrivate,   nel   2014,   5.854
segnalazioni, a fronte, ad esempio, delle appena  453  in  Lombardia.
Nondimeno, anche nel 2015  le  segnalazioni  provenienti  dal  Veneto
(1.396) sono comparativamente molte di  piu'  rispetto  a  quelle  di
altre Regioni (ad esempio, 333 in Lombardia), soprattutto meridionali
(meno di  100  segnalazioni  ciascuna).  Secondo  la  ricorrente,  la
differenza sarebbe dovuta alla maggiore efficienza,  in  Veneto,  del
sistema di raccolta,  trasmissione  e  catalogazione  delle  reazioni
avverse,  che,  invece,  con  grande   probabilita'   sarebbe   molto
inefficiente nel resto d'Italia. 
    In proposito, la ricorrente ricorda la sentenza n. 358 del  1994,
in cui la Corte costituzionale ha affermato la  necessita'  di  esami
preventivi alle vaccinazioni, finalizzate a limitare  il  rischio  di
reazioni avverse. Secondo la Regione Veneto, il  legislatore  statale
non avrebbe  mai  provveduto  a  cio'  e,  ora,  imporrebbe  obblighi
talmente estesi, da rendere concretamente impossibile  l'adozione  di
cautele.  «I  bambini,  spesso  senza  una  approfondita  valutazione
specifica della loro condizione (...)  vengono  portati  alle  Asl  e
vaccinati a "spron battuto" come se fossimo in uno stato di emergenza
che, soprattutto nella regione Veneto, non esiste». 
    11.- Nello stesso giudizio iscritto al r.r. n. 75 del 2017, hanno
depositato memorie anche «Aggregazione Veneta»  congiuntamente  a  L.
P., nonche' AMEV congiuntamente a L. B.  e  C.  C.,  in  qualita'  di
genitori del minore L. C.. 
    12.- All'udienza del 21 novembre  2017,  previa  discussione  sul
punto, sono stati dichiarati  inammissibili  gli  interventi,  per  i
motivi indicati nell'ordinanza dibattimentale allegata alla  presente
sentenza. Le  difese  della  Regione  Veneto  e  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri hanno ribadito  le  proprie  argomentazioni  e
conclusioni. In risposta a una  domanda  del  relatore,  l'Avvocatura
generale dello Stato ha affermato che, nel d.l. n. 73 del  2017  come
convertito dalla legge n. 119  del  2017,  il  sistema  di  revisione
triennale di cui all'art. 1, comma  1-ter,  si  riferisce  solo  alle
malattie di cui al precedente comma  1-bis  perche'  solo  per  esse,
diversamente che per  le  malattie  di  cui  al  comma  1,  sarebbero
possibili  l'eliminazione   da   determinate   aree   geografiche   o
l'eradicazione totale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione  Veneto  ha  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale del decreto-legge 7 giugno 2017, n.  73  (Disposizioni
urgenti in materia  di  prevenzione  vaccinale),  per  intero  e  con
riguardo all'art. 1, commi da 1 a 5,  e  agli  artt.  3,  4,  5  e  7
(ricorso iscritto al r.r. n.  51  del  2017);  nonche'  dello  stesso
decreto-legge, come convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  31
luglio 2017, n. 119 (la quale ne ha anche  modificato  il  titolo  in
«Disposizioni  urgenti  in  materia  di  prevenzione  vaccinale,   di
malattie infettive e di controversie relative  alla  somministrazione
di farmaci»), per intero e con riguardo all'art. 1, commi  1,  1-bis,
1-ter, 2, 3, 4 e 6-ter, e agli artt. 3, 3-bis, 4,  5,  5-quater  e  7
(giudizio iscritto al r.r. n. 75 del 2017). 
    I due ricorsi sollevano questioni in gran parte analoghe e  hanno
ad oggetto, in estrema sintesi, la previsione di dieci  (inizialmente
dodici) vaccinazioni obbligatorie per i minori fino a sedici anni  di
eta', inclusi i minori stranieri non accompagnati, stabilendo, per  i
casi  di  inadempimento,  sanzioni  amministrative  pecuniarie  e  il
divieto di accesso ai servizi educativi per l'infanzia. 
    1.1.- In entrambi i  ricorsi,  il  primo  motivo  di  censura  si
incentra  sulla  violazione  dell'art.  77,  secondo   comma,   della
Costituzione, in «combinato disposto» con  gli  artt.  117,  terzo  e
quarto comma, e 118 Cost., in  relazione  sia  all'intero  testo  del
decreto-legge, sia alle singole disposizioni sopra riportate. 
    Secondo la Regione, non  sussisterebbero  i  presupposti  per  la
decretazione d'urgenza: il decreto-legge  sarebbe  stato  emanato  in
assenza  di  una  reale   emergenza   sanitaria   che   giustificasse
l'intervento del Governo; inoltre, in termini di coperture vaccinali,
l'obiettivo  del  95   per   cento   perseguito   dal   decreto-legge
rappresenterebbe  una  soglia  ottimale,  ma  non  critica,  per   il
conseguimento della cosiddetta "immunita' di gregge" (herd  immunity,
immunita' o resistenza collettiva a  un  patogeno  da  parte  di  una
comunita' o popolazione umana); d'altra parte, l'epidemia di morbillo
manifestatasi nel 2017 non determinerebbe alcun allarme e,  comunque,
il sopraggiunto obbligo vaccinale sarebbe  inidoneo  a  contrastarla;
infine, la normativa introdotta non avrebbe operativita' immediata. 
    La   violazione   dell'art.   77,   secondo   comma,   Cost.   si
ripercuoterebbe sulle attribuzioni regionali, di cui agli artt.  117,
terzo e quarto comma, e 118 Cost., segnatamente in materia di  tutela
della salute e di istruzione. 
    1.2.- Il secondo e piu' esteso motivo di censura e' rivolto,  nel
primo ricorso, contro l'art. 1, commi da 1 a 5, e contro gli artt. 3,
4 e 5 del d.l. n. 73 del 2017, nella versione originaria; nel secondo
ricorso, contro l'art. 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4 e  6-ter,  e
contro gli artt. 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7  del  d.l.  n.  73  del
2017, come convertito dalla legge n. 119 del 2017.  Viene  denunciata
la violazione degli artt. 2, 3, 31, 32, 34 e 97  Cost.,  quest'ultimo
in «combinato disposto» con gli artt. 117, terzo e  quarto  comma,  e
118 Cost. Nel secondo ricorso e' altresi' richiamato  come  parametro
l'art. 5 Cost. 
    Ancorche' la difesa regionale lo presenti come motivo di  censura
unitario, esso ha un contenuto eterogeneo, in quanto denuncia sia  la
violazione di parametri estranei al  Titolo  V  della  Parte  seconda
della Costituzione, con ridondanza sulle attribuzioni regionali,  sia
la violazione diretta di tali attribuzioni. 
    1.3.- Sotto quest'ultimo profilo, la ricorrente  lamenta  che  il
carattere  dettagliato   delle   norme   censurate   impedirebbe   di
qualificarle come principi fondamentali in materia di  «tutela  della
salute» (art. 117, terzo comma, Cost.); inoltre, sarebbero violate le
competenze regionali in materia  di  «istruzione»  e  di  «formazione
professionale» (art. 117,  terzo  e  quarto  comma,  Cost.),  nonche'
l'autonomia amministrativa della Regione (art. 118 Cost.). 
    1.4.- Per quanto riguarda i parametri estranei al  Titolo  V,  la
cui violazione ridonderebbe sulle attribuzioni  sopra  descritte,  la
Regione Veneto formula un duplice ordine di censure. 
    1.4.1.- Pur affermando  di  non  volere  mettere  in  discussione
l'utilita' dei vaccini e l'interesse pubblico  alla  loro  diffusione
tra la popolazione, la Regione  contesta  la  repentina  introduzione
degli obblighi previsti nel d.l. n. 73 del 2017 (anche dopo  la  loro
riduzione operata in sede di  conversione  dalla  legge  n.  119  del
2017), ritenendo che il legislatore  non  abbia  bilanciato  in  modo
equilibrato,  conformemente  al  principio  di  proporzionalita',  la
tutela della salute, collettiva e individuale, e l'autodeterminazione
personale in materia sanitaria, garantita  dagli  artt.  2,  3  e  32
Cost., nonche' dagli artt. 1 e 3 della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione  europea  proclamata  a  Nizza  il  7  dicembre  2000   e
riproclamata a Strasburgo il 12 dicembre 2007  (CDFUE),  dall'art.  8
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e
resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (CEDU) e  dagli  artt.
5, 6 e 9 della Convenzione del Consiglio d'Europa per  la  protezione
dei diritti dell'uomo e della  dignita'  dell'essere  umano  riguardo
all'applicazione della biologia e  della  medicina  (Convenzione  sui
diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta a  Oviedo  il  4  aprile
1997, la cui ratifica ed esecuzione e' stata disposta dalla legge  28
marzo 2001, n. 145). 
    Secondo la ricorrente, le norme censurate  sarebbero  inidonee  o
eccessive rispetto agli obiettivi di  tutela  della  salute  pubblica
perseguiti: a sostegno di questa affermazione, la Regione esamina una
ad una ciascuna delle vaccinazioni previste e solleva dubbi  riguardo
alla loro efficacia e, per alcuni aspetti, alla loro sicurezza. 
    La Regione  Veneto  critica  altresi'  le  misure  previste  come
conseguenza  degli   inadempimenti:   da   un   lato,   le   sanzioni
amministrative non sarebbero realmente dissuasive, se  effettivamente
esse (come indicato nelle circolari applicative)  sono  destinate  ad
applicarsi  una  sola  volta  per  ciascun  inadempimento  vaccinale;
dall'altro lato, risulterebbe eccessiva l'esclusione dei  minori  non
vaccinati dai servizi educativi per l'infanzia,  segnatamente  quando
le omissioni riguardano malattie non trasmissibili per contagio. 
    Ancora, ad avviso della ricorrente, la normativa  censurata,  per
conseguire gli auspicati obiettivi di prevenzione  sanitaria,  adotta
misure piu' severe di quelle che sarebbero  strettamente  necessarie.
Per chiarire il punto, la Regione da un lato valorizza i risultati di
copertura  vaccinale  e,  piu'  in  generale,  di  salute  collettiva
conseguiti con il sistema autonomamente stabilito dal  2007,  con  la
legge  regionale  23  marzo  2007,  n.  7  (Sospensione  dell'obbligo
vaccinale per l'eta'  evolutiva),  basato  sulla  persuasione  e  non
sull'obbligo;  dall'altro,  ritiene  insufficienti  le  clausole   di
esonero previste nel d.l. n.  73  del  2017,  nonche'  la  previsione
(introdotta in sede di conversione) di  una  nuova  valutazione,  con
possibile cessazione, di  una  parte  degli  obblighi  vaccinali,  da
effettuarsi comunque non prima di tre anni. 
    Infine, sarebbe violato  il  principio  di  precauzione:  sarebbe
mancata   una   previa   accurata   valutazione   della    situazione
epidemiologica, peraltro senza che sia mai stato sperimentato un tale
ampliamento degli obblighi vaccinali. A questo proposito, la  Regione
fa altresi' proprio il rilievo,  emerso  nel  dibattito  sulle  norme
censurate, secondo cui queste ultime avrebbero introdotto «una  sorta
di grottesca "sperimentazione di massa" obbligatoria (...), senza  il
sostegno di un preventivo sistema di  farmacovigilanza  e  senza  una
supervisione bioetica». 
    1.4.2.- La Regione lamenta altresi' la  violazione  dell'art.  97
Cost., nonche' degli artt. 31, 32 e 34 Cost.:  sarebbero  compromessi
il buon andamento dell'amministrazione regionale e,  in  particolare,
la  capacita'  di  quest'ultima  di  erogare  servizi   sanitari   ed
educativi, nonche' di governare la programmazione scolastica, a causa
dei vincoli imposti dalle norme censurate e del  particolare  impegno
che esse esigono sul fronte  delle  politiche  vaccinali,  distraendo
risorse da altre destinazioni. 
    Nel secondo ricorso, la Regione evoca anche l'art. 5  Cost.,  per
denunciare l'uniformita'  imposta  dalla  normativa  censurata  e  la
mancata  considerazione  della   piu'   equilibrata   ed   efficiente
attuazione dei principi  costituzionali  gia'  conseguita  in  ambito
regionale. 
    1.5.- Il terzo e ultimo motivo di ricorso e' rivolto (nel ricorso
iscritto al r.r. n. 51 del 2017) contro l'art. 1, commi 1, 4 e  5,  e
gli artt. 3, 4, 5 e 7 del d.l. n. 73 del 2017, nonche'  (nel  ricorso
iscritto al r.r. n. 75 del 2017) contro l'art.  1,  commi  1,  1-bis,
1-ter, 2, 3, 4 e 6-ter, e contro gli artt. 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e
7 del d.l. n. 73 del 2017, come convertito dalla  legge  n.  119  del
2017. 
    Queste disposizioni violerebbero l'art. 81, terzo  comma,  Cost.,
con  ridondanza  sull'autonomia   finanziaria   regionale   garantita
dall'art. 119, primo e quarto comma, Cost., i quali  sarebbero  anche
violati in via diretta, in quanto  le  norme  oggetto  della  censura
imporrebbero  spese  e  responsabilita'  nuove  alle  amministrazioni
sanitarie e alle istituzioni scolastiche ed educative, senza che  sia
stato  previsto,  ne'  ovviamente  coperto,  alcun   maggiore   onere
finanziario, essendosi  al  contrario  introdotta  (al  comma  2  del
censurato  art.  7)  una  clausola  di   invarianza   o   neutralita'
finanziaria. A tale proposito, gli  argomenti  della  Regione  Veneto
ripercorrono  criticamente  i  contenuti  della   relazione   tecnica
allegata al disegno di legge, poi approvato come  legge  n.  119  del
2017, e (nel secondo ricorso)  riprendono  i  rilievi  formulati  dal
Servizio del bilancio del Senato nel corso  dell'esame  dello  stesso
disegno di legge. La ricorrente fornisce proprie stime in  merito  ai
maggiori oneri, non coperti, che le disposizioni censurate porrebbero
a suo carico. 
    2.- In via del tutto preliminare, i  due  giudizi  devono  essere
riuniti, attesa la loro connessione (sentenze n. 220 del 2013, n. 216
del  2008  e  n.  430   del   2007),   e   deve   essere   confermata
l'inammissibilita' degli interventi ad  adiuvandum,  per  le  ragioni
indicate nell'ordinanza letta durante l'udienza del 21 novembre 2017,
qui allegata. 
    3.-   Prima   di   esaminare   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale e nei limiti di quanto necessario a tale fine, occorre
svolgere un duplice ordine di premesse, relative  ad  alcuni  profili
della normativa in  materia  vaccinale  anteriore  alle  disposizioni
censurate, al contesto in cui queste ultime hanno preso  forma  e  ai
loro contenuti. 
    3.1.- Alla  vigilia  del  d.l.  n.  73  del  2017,  gli  obblighi
vaccinali generali per la popolazione in eta' pediatrica erano quelli
previsti dalla legge 6 giugno 1939,  n.  891  (Obbligatorieta'  della
vaccinazione  antidifterica),  dalla  legge  5  marzo  1963,  n.  292
(Vaccinazione antitetanica  obbligatoria),  dalla  legge  4  febbraio
1966, n. 51 (Obbligatorieta' della vaccinazione antipoliomielitica) e
dalla  legge  27  maggio  1991,   n.   165   (Obbligatorieta'   della
vaccinazione contro l'epatite virale B). 
    In queste leggi, la certificazione relativa all'esecuzione  della
vaccinazione era prevista come documentazione da presentare  all'atto
dell'iscrizione  alle  scuole  primarie  e  ad  altre   collettivita'
infantili (legge n. 891 del 1939, artt. 3-4; legge n. 292  del  1963,
art. 3-bis, introdotto dall'art. 1 della legge 20 marzo 1968, n. 419,
intitolata «Modificazioni alla legge 5 marzo 1963,  n.  292,  recante
provvedimenti per la vaccinazione antitetanica  obbligatoria»;  legge
n. 51 del 1966, art. 4; legge n. 165 del  1991,  art.  2,  anche  con
riguardo all'ammissione agli esami di licenza per gli studenti  della
scuola media inferiore). Nei casi di inottemperanza erano previste  -
anche per effetto della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche  al
sistema penale) - sanzioni amministrative di carattere pecuniario, di
importo da 30 a 154 euro (legge n. 419 del 1968, art. 3), da 10 a 154
euro (legge n. 51 del 1966, art. 3) e da 51 a 258 euro (legge n.  165
del 1991,  art.  7;  non  era  prevista  una  sanzione  autonoma  per
l'omissione    della    vaccinazione    antidifterica,    solitamente
somministrata, pero', congiuntamente a quella antitetanica). 
    Inoltre, nell'ambito della disciplina  dei  servizi  di  medicina
scolastica, preposti anche a funzioni di difesa  contro  le  malattie
infettive (d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 264, recante  «Disciplina  dei
servizi e degli organi che esercitano la  loro  attivita'  nel  campo
dell'igiene  e  della  sanita'  pubblica»,  artt.   9   e   seguenti,
specialmente art. 11, secondo comma, lettera b;  d.P.R.  22  dicembre
1967, n. 1518, recante «Regolamento per l'applicazione del Titolo III
del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1961, n. 264,
relativo ai servizi di medicina  scolastica»)  veniva  introdotta  la
regola generale secondo cui «[i] direttori  delle  scuole  e  i  capi
degli istituti di istruzione pubblica o privata non possono ammettere
alla scuola o agli esami  gli  alunni  che  non  comprovino,  con  la
presentazione di certificato rilasciato ai sensi di legge, di  essere
stati sottoposti alle  vaccinazioni  e  rivaccinazioni  obbligatorie»
(d.P.R. n. 1518 del 1967, art. 47, primo comma). Tale  previsione  fu
superata in seguito  (attraverso  la  novella  dell'art.  47,  appena
citato, disposta dall'unico articolo del d.P.R. 26 gennaio  1999,  n.
355,  recante  «Regolamento  recante  modificazioni  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1967, n. 1518, in materia  di
certificazioni  relative  alle  vaccinazioni  obbligatorie»),   fermo
restando il controllo sulle certificazioni relative alle vaccinazioni
e rivaccinazioni obbligatorie all'atto dell'ammissione alle scuole  o
agli esami e la segnalazione delle eventuali omissioni, da parte  dei
responsabili delle  scuole  e  degli  istituti  di  istruzione,  alle
amministrazioni sanitarie, e fermo restando altresi', ricorrendone  i
presupposti,  il  potere   dell'autorita'   sanitaria   di   adottare
interventi d'urgenza, ai sensi dell'art. 117 del decreto  legislativo
31  marzo  1998,  n.  112  (Conferimento  di   funzioni   e   compiti
amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli  enti  locali,  in
attuazione del capo I della l. 15 marzo 1997, n. 59). 
    3.2.-  Frattanto,  soprattutto  a  partire  dal  Piano  sanitario
nazionale per il triennio 1996-1998 (approvato con d.P.R.  23  luglio
1998), venivano fissati obiettivi di  politica  vaccinale,  anche  in
termini di copertura per determinate coorti di popolazione,  relativi
a vaccinazioni ulteriori rispetto a quelle obbligatorie,  considerate
meritevoli  di   essere   raccomandate   e,   per   questo,   offerte
gratuitamente e attivamente - dunque con impegno e iniziativa diretta
dei servizi sanitari - a tutti gli interessati. Ad esempio, gia'  nel
Piano  sanitario  appena  citato  era  stabilito  che  la   copertura
vaccinale per la popolazione di eta' inferiore ai ventiquattro  mesi,
anche  immigrata,  oltre  a  quanto  gia'  previsto  in  materia   di
vaccinazioni obbligatorie, dovesse raggiungere almeno il 95 per cento
su tutto il territorio nazionale  per  morbillo,  rosolia,  parotite,
pertosse ed Haemophilus influenzae di tipo B (Hib). Gli obiettivi  di
copertura sono stati riconsiderati, confermati ed estesi  negli  atti
di programmazione succedutisi nel corso degli anni: segnatamente,  il
Piano nazionale vaccini 1999-2000 (oggetto dell'accordo del 18 giugno
1999 sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano  -  di  seguito
Conferenza Stato-Regioni); il Nuovo piano  nazionale  vaccini  (NPNV)
2005-2007 (oggetto dell'accordo del 3 marzo 2005  sancito  nuovamente
dalla  Conferenza  Stato-Regioni);  il  Piano  nazionale  prevenzione
vaccinale (PNPV) 2012-2014 (oggetto dell'intesa del 22 febbraio  2012
sancita dalla Conferenza Stato-Regioni); da ultimo, il PNPV 2017-2019
(oggetto di analoga intesa sancita il 19 gennaio 2017). 
    Nel contesto di questa graduale  evoluzione  e  in  funzione  dei
relativi  obiettivi,  sono  stati  altresi'  adottati  una  serie  di
calendari vaccinali, nei quali sono state riportate  le  vaccinazioni
obbligatorie e raccomandate: dapprima con il decreto  ministeriale  7
aprile 1999  (Nuovo  calendario  delle  vaccinazioni  obbligatorie  e
raccomandate per l'eta' evolutiva); successivamente con  i  calendari
inclusi nel NPNV 2005-2007, nel PNPV 2012-2014 e nel PNPV 2017-2019. 
    3.3.- Parallelamente, sono emersi dubbi sulla capacita' del  gia'
ricordato apparato sanzionatorio di contribuire in  misura  effettiva
al raggiungimento degli obiettivi di politica vaccinale. Per  questo,
nonostante rimanessero in vigore le norme gia' citate in  materia  di
vaccinazioni  obbligatorie,  a  partire  dal  NPNV  2005-2007  si  e'
consentito  che  un  percorso   per   la   sospensione   sperimentale
dell'obbligo vaccinale fosse intrapreso nelle Regioni nelle  quali  i
servizi  vaccinali  avessero  raggiunto  determinate  condizioni   di
efficacia ed efficienza (sistema informativo efficace,  con  anagrafe
vaccinale   ben   organizzata;   copertura   adeguata;   sistema   di
sorveglianza sensibile, specifico e integrato nei flussi  informativi
regionali e aziendali; monitoraggio degli eventi avversi). 
    In questa direzione si e' mossa, tra le altre, la Regione Veneto,
con la gia' citata legge regionale n. 7  del  2007,  seguita  da  una
serie di atti amministrativi, che hanno dato forma, nell'insieme,  al
sistema cui la difesa dell'odierna ricorrente  ha  piu'  volte  fatto
riferimento in questo giudizio. 
    L'art. 1  di  questa  legge  regionale  e'  stato  sospettato  di
illegittimita' costituzionale,  in  quanto  sospendeva  gli  obblighi
vaccinali  esclusivamente  per  i  nati  dal  1°  gennaio  2008.  Nel
dichiarare inammissibile tale questione, sollevata in via incidentale
in riferimento all'art. 3 Cost., per  difetto  di  motivazione  sulla
rilevanza (ordinanza n.  87  del  2010),  questa  Corte  ha  peraltro
osservato che la disposizione legislativa non era stata,  «viceversa,
apprezzata con riguardo  all'osservanza,  da  parte  del  legislatore
regionale, dei principi  fondamentali  in  materia  di  tutela  della
salute, affidati dall'art. 117, terzo comma, Cost.,  alla  competenza
della legge statale». 
    3.4.- In breve, fermi gli obblighi di legge per  le  vaccinazioni
"storiche"  contro  la  difterite,  il  tetano,  la  poliomielite   e
l'epatite virale di tipo B, il legislatore  nazionale  in  anni  piu'
recenti ha gradualmente esteso il novero delle vaccinazioni  proposte
gratuitamente  e  attivamente  alla  popolazione,  includendovi,  tra
l'altro, tutte quelle considerate nel  d.l.  n.  73  del  2017,  come
convertito  dalla  legge  n.  119  del  2017.  Nell'ultimo  decennio,
inoltre, si e' consentito alle Regioni, a determinate condizioni,  di
sperimentare una sospensione temporanea degli  obblighi  legislativi,
allo  scopo  di  conseguire  la  copertura  vaccinale  esclusivamente
attraverso la raccomandazione  e  la  persuasione  della  popolazione
interessata. 
    Tuttavia, da alcuni anni a  questa  parte,  si  e'  rilevata  una
tendenza al calo delle coperture vaccinali. In questa sede,  bastera'
ricordare che, secondo il PNPV  2017-2019,  in  estrema  sintesi,  le
coperture vaccinali sono cresciute fino  a  stabilizzarsi  sino  alla
meta' del primo decennio del 2000, raggiungendo il 95 per  cento,  ma
non per morbillo, parotite e rosolia. Per contro, i dati piu' recenti
(riferiti al  2015  e  riguardanti  la  coorte  2013)  confermano  la
tendenza al declino, in atto gia' nei tre anni precedenti. 
    Anche  il  «Report  sull'attivita'  vaccinale  dell'anno  2016  -
Copertura vaccinale a 24 mesi (coorte  2014)»  della  Regione  Veneto
(prodotto dalla parte ricorrente) parla  di  un  «un  continuo  trend
decrescente», rispetto al quale «per la  prima  volta  dopo  anni  si
rileva  un  cambio  di  tendenza»,  con  riguardo  all'ultima  coorte
considerata (2014). 
    3.5.- Analoghe preoccupazioni, del resto, avevano gia' dato adito
a un dibattito nel quale si sono inserite, tra  l'altro,  la  mozione
«L'importanza delle  vaccinazioni»  approvata  all'unanimita'  il  24
aprile 2015 dal Comitato nazionale di bioetica (CNB);  il  «Documento
sui vaccini» approvato, anch'esso all'unanimita', l'8 luglio 2016 dal
Consiglio  della  Federazione  nazionale  degli  ordini  dei   medici
chirurghi e degli odontoiatri; il rapporto «I Vaccini»  elaborato  da
un gruppo di lavoro  dell'Accademia  nazionale  dei  Lincei,  del  12
maggio 2017 (di poco anteriore all'approvazione del d.l.  n.  73  del
2017). 
    Pur  nella  varieta'   delle   impostazioni,   questi   documenti
convergono  nello  stigmatizzare  il  calo  delle  coperture  e   nel
raccomandare maggiore  impegno  e  responsabilita'  nella  diffusione
delle vaccinazioni contro le malattie prevenibili. In particolare, il
CNB, nella predetta mozione, riteneva  che  dovessero  «essere  fatti
tutti gli sforzi per raggiungere e mantenere una copertura  vaccinale
ottimale  attraverso  programmi  di  educazione  pubblica   e   degli
operatori sanitari,  non  escludendo  l'obbligatorieta'  in  casi  di
emergenza». 
    3.6.- Dagli ultimi mesi del 2016, alcune Regioni ed  enti  locali
hanno previsto che l'assolvimento dell'obbligo vaccinale  costituisca
requisito di accesso ai servizi educativi della  prima  infanzia:  si
vedano, ad esempio, la legge della Regione Emilia-Romagna 25 novembre
2016, n. 19 (Servizi educativi per  la  prima  infanzia.  Abrogazione
della L.R. 10 gennaio 2000, n. 1), art. 6, comma 2;  la  legge  della
Regione Calabria 22  febbraio  2017,  n.  6,  recante  «Requisito  di
accesso ai servizi educativi per la prima  infanzia.  Modifiche  alla
l.r. 29 marzo 2013, n. 15 (Norme sui servizi educativi per  la  prima
infanzia)»; inoltre, tra la  fine  del  2016  e  l'inizio  del  2017,
progetti di legge analoghi sono stati  presentati  anche  in  Umbria,
Lazio e Toscana, nonche' in Friuli-Venezia Giulia. 
    La stessa Regione Veneto, come confermato dalla sua  difesa,  pur
ribadendo la propria opzione a favore  del  superamento  dell'obbligo
vaccinale, ha dato atto che «[l]e ultime rilevazioni delle  coperture
vaccinali sia a livello nazionale che regionale mettono  in  evidenza
un trend in  diminuzione  determinato  dalla  scarsa  percezione  del
rischio da parte dei genitori per le vaccinazioni dell'infanzia» e ha
preso provvedimenti al riguardo (deliberazione della Giunta regionale
29 novembre 2016, n. 1935), adottando tra l'altro  procedure  per  la
gestione della mancata adesione alle vaccinazioni e per  il  recupero
delle coperture. In particolare, la Regione ha previsto che, all'atto
dell'iscrizione  a  nidi  e  scuole   dell'infanzia,   debba   essere
nuovamente presentata (a differenza di quanto disposto in precedenza)
la   documentazione   sulle   avvenute   vaccinazioni;    che    tale
documentazione sia inviata al sindaco e al Servizio igiene e  sanita'
pubblica (SISP) territorialmente competente, per la  valutazione  sul
rischio  individuale  e  collettivo  di  ammissione  di  bambini  non
vaccinati o vaccinati in modo  incompleto;  che  spetti  al  sindaco,
quale autorita' sanitaria locale, assumere eventualmente la decisione
di allontanare temporaneamente i bambini in questa  situazione  o  di
non ammetterli alla frequenza, su parere del SISP. 
    3.7.- Si inserisce in questo contesto anche  il  PNPV  2017-2019,
varato  pochi  mesi  prima  del  decreto-legge  impugnato,  il  quale
manteneva  una  posizione  interlocutoria  sull'obbligo  vaccinale  e
sull'eventualita' del  suo  superamento,  laddove  osservava  che  il
percorso in questa  direzione,  anche  sulla  base  delle  esperienze
regionali, avrebbe dovuto essere oggetto di approfondimento,  con  la
possibilita' di  generare  «una  normazione  aggiornata,  garantendo,
peraltro, la protezione degli individui e delle comunita', con misure
correlate,   come,   ad   esempio,   l'obbligo   di    certificazione
dell'avvenuta   effettuazione   delle   vaccinazioni   previste   dal
calendario per l'ingresso scolastico». 
    3.8.- Nel corso del 2017, peraltro,  dopo  la  pubblicazione  del
PNPV 2017-2019, ulteriori preoccupazioni sono insorte  a  seguito  di
un'epidemia di morbillo, che ha avuto il suo picco  nella  primavera,
con caratteristiche particolari anche per il numero dei casi  (4.885,
con 4  decessi,  secondo  il  bollettino  pubblicato  settimanalmente
dell'Istituto superiore di sanita', ISS, aggiornato  al  12  dicembre
2017),  l'eta'  mediana  dei  pazienti  (27  anni)  e  il  tasso   di
complicanze e ospedalizzazione. 
    4.- In questo contesto, interviene il d.l. n. 73  del  2017,  del
quale e' opportuno ora passare in rassegna i contenuti, prima e  dopo
la conversione disposta dalla legge n. 119 del 2017. 
    4.1.-  Inizialmente  l'art.  1,   comma   1,   prevedeva   dodici
vaccinazioni obbligatorie e gratuite: oltre alle quattro storicamente
obbligatorie (contro difterite, tetano, poliomielite ed  epatite  B),
quelle contro pertosse, Hib, meningococco di tipo B  e  C,  morbillo,
rosolia, parotite e varicella. L'obbligo riguarda i  minori  di  eta'
compresa tra zero e sedici anni, «in base alle specifiche indicazioni
del Calendario vaccinale relativo a ciascuna coorte di nascita». 
    Poiche' tutte le vaccinazioni in esame erano  gia'  previste  nei
calendari vaccinali, nei termini ivi stabiliti, ed esattamente  negli
stessi termini sono rese obbligatorie  dal  decreto-legge  impugnato,
nessuna di esse e' propriamente nuova: nuovi sono, invece,  solo  gli
obblighi e le  misure,  anche  sanzionatorie,  destinate  a  renderli
effettivi.  Pertanto,  il  decreto-legge  non  ha  introdotto   nuove
vaccinazioni,  ma  ha  ripristinato  ovvero   esteso   l'obbligo   di
sottoporre  i  minori  alle  vaccinazioni  gia'  previste  dai  piani
sanitari. 
    I commi 2 e 3 dell'art. 1 individuavano due fattispecie di deroga
agli obblighi di vaccinazione, nei casi di immunizzazione  a  seguito
di malattia naturale comprovata, nonche' nei casi di pericolo per  la
salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate: in
questi casi, le vaccinazioni possono essere omesse o differite. 
    In sede di conversione, all'art. 1  si  e'  esplicitato  che  gli
obblighi riguardano anche i minori stranieri non accompagnati. 
    Inoltre,  fermo  restando  il  rinvio  alle  specificazioni   del
calendario vaccinale nazionale riferito a ciascuna coorte di nascita,
le vaccinazioni obbligatorie e gratuite  sono  ridotte  da  dodici  a
dieci. Restano obbligatorie, quelle contro  poliomielite,  difterite,
tetano ed epatite B, nonche' contro pertosse e Hib  (comma  1);  sono
altresi'  obbligatorie  le  vaccinazioni  contro  morbillo,  rosolia,
parotite e varicella (comma 1-bis). 
    Non  sono  obbligatorie,  ma  vengono   offerte   attivamente   e
gratuitamente le vaccinazioni anti-meningococcica B e C  e,  inoltre,
quelle contro pneumococco e rotavirus (comma 1-quater). 
    La legge di conversione ha altresi' introdotto il comma 1-ter, il
quale prevede che per le vaccinazioni di cui al comma 1-bis,  decorsi
tre anni dall'entrata in vigore della legge di conversione e poi  con
cadenza triennale, il Ministro della salute puo' con proprio  decreto
disporre la sospensione  dell'obbligo,  alla  luce  delle  risultanze
delle verifiche dei dati epidemiologici,  delle  reazioni  avverse  e
delle coperture raggiunte e  seguendo  una  procedura  che  coinvolge
organismi  tecnico-scientifici,  la  Conferenza  Stato-Regioni  e  le
commissioni parlamentari competenti. 
    4.2.-  Quanto  alle   sanzioni   da   applicarsi   in   caso   di
inadempimento, la legge di conversione  ha  introdotto  significative
modificazioni. Nel decreto-legge iniziale, l'art. 1, comma  4,  primo
periodo, comminava una sanzione amministrativa pecuniaria, da  500  a
7.500 euro nei confronti di genitori e tutori in caso di inosservanza
di tutti  gli  obblighi  vaccinali.  La  relazione  illustrativa  del
disegno di legge di  conversione  (XVII  Legislatura,  A.C.  n  4533,
presentato il 7 giugno 2017 e trasferito  il  giorno  dopo  all'altro
ramo del Parlamento come A.S. n. 2856) sottolineava che  si  trattava
di una sanzione da 10 a 30 volte superiore a quelle  vigenti,  ma  da
applicare una sola volta, a prescindere dal  numero  di  vaccinazioni
omesse, in relazione a ciascuna contestazione, ai sensi  dell'art.  8
della legge n. 689 del 1981 (il punto  e'  ribadito  nelle  circolari
successive alla conversione del decreto-legge). 
    Prima di procedere all'applicazione delle  sanzioni,  il  secondo
periodo del comma 4 prevedeva una preventiva fase  di  contestazione,
da parte dell'azienda sanitaria locale (ASL),  con  esclusione  della
sanzione qualora il vaccino (o la prima dose) fosse somministrato nel
termine indicato nell'atto di contestazione (e tutto il ciclo, con le
dosi successive alla prima, fosse completato nei tempi stabiliti). Il
terzo periodo del comma  4  faceva  rinvio,  per  l'accertamento,  la
contestazione e l'irrogazione delle sanzioni  in  esame,  alle  norme
generali (in quanto compatibili) sulle sanzioni amministrative di cui
al Capo I, Sezioni I e II, della legge n. 689 del 1981. 
    Il comma 5 prevedeva che, decorsi inutilmente i termini di cui al
comma 4, l'ASL segnalasse le violazioni alla procura della repubblica
presso il tribunale per i minorenni per gli eventuali adempimenti  di
competenza. 
    Dopo la conversione, il comma 4 - che ora  fa  riferimento  anche
agli affidatari, oltre che a genitori e tutori - esplicita  un  punto
gia' emerso nelle circolari emanate  in  relazione  al  decreto-legge
originario  (e  ribadito  in   quelle   relative   al   decreto-legge
convertito): gli inadempienti sono anzitutto «convocati  dall'azienda
sanitaria locale territorialmente competente per un colloquio al fine
di  fornire  ulteriori   informazioni   sulle   vaccinazioni   e   di
sollecitarne l'effettuazione»  (primo  periodo).  E'  confermato  che
all'eventuale, successiva contestazione da parte dell'ASL  non  segue
una sanzione, se nel termine indicato dalla stessa ASL  ha  luogo  la
vaccinazione o la somministrazione della prima dose (sempre  che  poi
il ciclo sia debitamente completato). 
    In  caso  di  inottemperanza,  viene  comminata   una   sanzione,
significativamente  ridotta  rispetto  alla   misura   prevista   nel
decreto-legge originario: da un minimo di 100 a  un  massimo  di  500
euro (in luogo di un minimo di 500 a un massimo di 7.500 euro). 
    Il   comma   5   dell'art.    1,    recante    la    segnalazione
dell'inadempimento alla procura della repubblica presso il  tribunale
per i minorenni, e' stato soppresso. 
    E' stato inserito il  comma  6-ter,  il  quale,  a  garanzia  del
conseguimento degli obiettivi  del  calendario  vaccinale  nazionale,
prevede funzioni di verifica e di impulso da parte della  Commissione
per il monitoraggio dell'attuazione del decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri di definizione  e  aggiornamento  dei  livelli
essenziali di assistenza (LEA)  e  prevede  altresi'  l'esercizio  di
poteri sostitutivi da  parte  del  Governo  a  norma  dell'art.  120,
secondo comma, Cost., e dell'art. 8 della legge n. 131 del  2003,  in
presenza «di specifiche condizioni di rischio elevato per  la  salute
pubblica». 
    4.3.-  Gli  artt.  da  3  a  5  disciplinano  la  verifica  degli
adempimenti vaccinali al momento dell'iscrizione e altri  profili  di
competenza dell'amministrazione scolastica. 
    Ai sensi dell'art. 3  (che  in  sede  di  conversione  ha  subito
modifiche che non occorre qui menzionare),  all'atto  dell'iscrizione
del minore ed entro il termine previsto a tal  fine,  i  responsabili
delle istituzioni educative sono tenuti a richiedere ai genitori o ai
tutori la  presentazione,  in  alternativa,  di  una  delle  seguenti
documentazioni   (comma   1):   la    certificazione    dell'avvenuta
effettuazione delle vaccinazioni, o del differimento o  esonero;  una
dichiarazione  sostitutiva,  con   successiva   presentazione   delle
certificazioni; la richiesta delle vaccinazioni  presentata  all'ASL.
La mancata presentazione di almeno uno di tali documenti (comma 2) e'
segnalata dai dirigenti entro 10 giorni alle ASL. 
    In merito all'ammissione alle  strutture  educative,  il  decreto
opera, al comma 3 dell'art. 3, una distinzione: nei servizi educativi
per l'infanzia e nelle scuole dell'infanzia, la  presentazione  della
documentazione costituisce requisito di accesso; in  tutte  le  altre
scuole, la mancata presentazione non impedisce ne' la frequenza,  ne'
gli esami. 
    L'art. 3-bis, introdotto in  sede  di  conversione,  prevede  una
semplificazione degli adempimenti in esame a carico delle famiglie, a
decorrere dall'anno scolastico 2019/2020. 
    L'art.  4,  convertito  con   modifiche   al   testo   originario
irrilevanti in questa sede, concerne l'inserimento nelle  classi  dei
minori che non abbiano effettuato le vaccinazioni obbligatorie: li si
dovrebbe inserire, di norma, in classi  nelle  quali  siano  presenti
solo minori vaccinati o immunizzati, fermi restando il  numero  delle
classi determinato secondo le disposizioni vigenti e i  limiti  delle
dotazioni organiche del personale derivanti  dalle  norme  richiamate
nello  stesso  art.  4.  Inoltre,  i  dirigenti   devono   comunicare
annualmente all'ASL le classi nelle quali sono presenti piu'  di  due
minori non vaccinati. 
    L'art.  5  (modificato  in  sede  di  conversione)  detta   norme
transitorie per l'anno scolastico 2017/2018. 
    4.4.- La legge n. 119 del 2017 ha, inoltre, inserito nel d.l.  n.
73 del 2017 gli artt. 5-bis, 5-ter e 5-quater, dedicati alla  materia
degli  indennizzi  di  cui  alla  legge  25  febbraio  1992,  n.  210
(Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di  tipo
irreversibile a causa di  vaccinazioni  obbligatorie,  trasfusioni  e
somministrazione di emoderivati).  In  particolare,  l'art.  5-quater
prevede: «[l]e disposizioni di cui alla legge 25  febbraio  1992,  n.
210, si applicano a tutti i soggetti che, a causa delle  vaccinazioni
indicate nell'articolo 1,  abbiano  riportato  lesioni  o  infermita'
dalle quali sia derivata una menomazione  permanente  dell'integrita'
psico-fisica». 
    4.5.- L'art. 7 del d.l. n. 73 del 2017 - non modificato  in  sede
di conversione - detta le disposizioni finanziarie. Il  comma  1  da'
copertura  agli  oneri  di  cui  all'art.  2,   comma   3   (campagne
informative).  Il  comma  2  riporta  la  clausola  di  invarianza  o
neutralita' finanziaria: «[d]all'attuazione del presente  decreto,  a
eccezione delle disposizioni di cui  all'articolo  2,  comma  3,  non
devono derivare  nuovi  o  maggiori  oneri  a  carico  della  finanza
pubblica». Il comma 3 conferisce le usuali autorizzazioni al Ministro
dell'economia e  delle  finanze  per  le  conseguenti  variazioni  di
bilancio. 
    Singole misure di spesa, introdotte in sede di conversione  dalla
legge n. 119 del 2017, sono state coperte con  distinte  disposizioni
introdotte nel testo del decreto (cosi' l'art. 4-bis, in  materia  di
anagrafe vaccinale e l'art. 5-ter, in materia di personale  comandato
per la gestione delle pratiche indennitarie). 
    5.- Cio' premesso, e'  possibile  svolgere  un  primo  gruppo  di
considerazioni preliminari  sull'ammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale promosse dalla Regione Veneto. 
    5.1.- Sono inammissibili  le  questioni  sollevate,  nel  secondo
ricorso, contro l'art. 1, comma 6-ter,  del  d.l.  n.  73  del  2017,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2017,  relativa
ai compiti della Commissione per il monitoraggio dell'attuazione  del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  di  definizione  e
aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA). 
    Questa disposizione e' considerata nella premessa  in  fatto  del
ricorso,  nonche'  nell'epigrafe  dei   singoli   motivi.   Tuttavia,
nell'esposizione  delle  censure  e'  completamente   ignorata,   non
rilevandosi alcuna argomentazione in merito ai profili  di  contrasto
tra  i  contenuti  specifici  di   questo   comma   e   i   parametri
costituzionali invocati. Considerato che, oltretutto (come  si  dira'
meglio piu' avanti), i LEA ricomprendono un  numero  di  vaccinazioni
piu' elevato di quelle  previste  dal  d.l.  n.  73  del  2017,  come
convertito dalla legge n. 119 del 2017, il difetto  argomentativo  e'
causa  di  inammissibilita'   delle   censure,   conformemente   alla
giurisprudenza costante di questa Corte (sentenze n. 197, n. 107,  n.
105 del 2017; n. 273, n. 265, n. 249, n. 239, n.  141  e  n.  63  del
2016; n. 251, n. 233, n. 218, n. 153 e n. 142 del 2015). 
    5.2.- Devono essere respinte le eccezioni della  difesa  statale,
secondo cui non  vi  sarebbe  alcuna  ridondanza  sulle  attribuzioni
regionali delle  questioni  prospettate  dalla  difesa  regionale  in
riferimento a parametri estranei al  Titolo  V  della  Parte  seconda
della Costituzione. 
    Le Regioni possono evocare tali parametri  quando  le  violazioni
cosi' denunciate siano potenzialmente idonee  a  ripercuotersi  sulle
loro    attribuzioni    costituzionali,    sempre    che     motivino
sufficientemente sul punto, indicando  sia  la  specifica  competenza
asseritamente offesa, sia le ragioni della  lesione  (si  vedano,  ad
esempio, le sentenze n. 13 del 2017, n. 141, n. 110, n. 29 e n. 8 del
2016; con riguardo alla violazione dell'art. 77 Cost., le sentenze n.
287, n. 244 e n. 65 del 2016; con riguardo alla violazione  dell'art.
81 Cost., oltre alle gia' citate sentenze n. 244 e n. 8 del 2016,  le
sentenze n. 127 del 2016 e n. 252 del 2015). E'  invece  escluso  che
parametri  estranei  al  riparto  delle  attribuzioni  costituzionali
possano essere invocati allorche' una Regione pretenda  di  agire  «a
tutela della popolazione di cui la stessa e' espressione in ordine  a
materie e valori costituzionalmente garantiti» (sentenza n.  116  del
2006,  relativamente  a  censure  sviluppate  anche  in   riferimento
all'art. 32 Cost.). 
    Nel caso odierno,  la  Regione  si  avvicina  a  questo  crinale,
allorche' si diffonde in argomenti incentrati su diritti individuali,
come quello di autodeterminazione in materia sanitaria. Nondimeno, in
entrambi i ricorsi i requisiti di  ammissibilita'  possono  ritenersi
soddisfatti: la Regione  ha  indicato  le  proprie  attribuzioni  che
sarebbero incise, con l'immediatezza tipica delle misure  dettate  in
via d'urgenza, dalle norme  in  questione;  la  Regione  ha  altresi'
descritto  il  proprio  attuale  sistema  di  promozione   vaccinale,
segnalando le frizioni che si verrebbero a  creare  implementando  il
diverso modello ora adottato dal  legislatore  nazionale;  in  questo
modo,  la  ricorrente  ha   rappresentato   i   condizionamenti   che
l'autonomia legislativa e amministrativa regionale subirebbe a  causa
dalle scelte imposte dalle nuove norme statali. 
    Tanto  e'  sufficiente  ai  fini  dell'ammissibilita',  sotto  il
profilo considerato. 
    Attiene, poi, al merito delle questioni stabilire se  -  come  la
difesa statale argomenta nelle eccezioni ora  in  esame  -  le  norme
contestate  rappresentino  o  meno  un  legittimo   esercizio   delle
prerogative dello Stato e se, dunque, la compressione  dell'autonomia
regionale debba ritenersi fisiologica. 
    5.3.-  Deve  ritenersi  cessata  la  materia  del  contendere  in
relazione ad alcune delle disposizioni impugnate nel  ricorso  n.  51
del  2017,  per  effetto  delle  modifiche  apportate,  in  sede   di
conversione, dalla legge n. 119 del 2017. 
    5.3.1.- Al riguardo,  in  primo  luogo,  si  deve  confermare  un
orientamento costante della giurisprudenza di questa Corte,  in  base
al quale la materia del contendere cessa solo se lo ius  superveniens
ha carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e  se
le disposizioni censurate non hanno avuto medio tempore  applicazione
(tra le molte, le sentenze n. 33 e n. 8 del 2017, nonche' le sentenze
n. 263 e n. 147 del 2016). Questo vale anche allorche' sia  censurato
un decreto-legge e le novita' normative siano introdotte dalla  legge
di conversione dello stesso (si vedano, ad esempio,  le  sentenze  n.
311 del 2012, n. 153 del 2011, n. 200 del 2009). 
    In secondo luogo, occorre precisare, con  specifico  riguardo  ai
ricorsi aventi ad oggetto  decreti-legge,  che  possono  considerarsi
satisfattive non solo le modifiche  che  corrispondono  alle  pretese
avanzate dalle ricorrenti, ma anche la pura e  semplice  soppressione
delle disposizioni censurate (sentenze n. 153 del 2011),  quando  non
e' prevista alcuna salvezza degli  effetti  eventualmente  prodottisi
(sentenza  n.  200  del  2009).  Similmente,   possono   considerarsi
satisfattive le modifiche delle disposizioni del  decreto-legge  che,
per  il  loro  contenuto,  equivalgano  a  un  rifiuto  parziale   di
conversione (sentenza n. 367 del 2010) e,  pertanto,  travolgano  con
effetto ex tunc  la  norma  emendata  per  la  parte  non  convertita
(stabilendo contestualmente una  nuova  norma,  valida  solo  per  il
futuro, secondo il principio di cui all'art. 15, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400, recante «Disciplina dell'attivita' di Governo
e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri»). In tutti
questi casi, occorre  comunque  verificare  che  la  norma  censurata
originariamente non abbia avuto applicazione nel frattempo. 
    5.3.2.- Alla luce di tali principi,  la  materia  del  contendere
puo' ritenersi cessata limitatamente all'art. 1, commi  4  e  5,  del
d.l. n. 73 del 2017, per  effetto  delle  modifiche  apportate  dalla
legge di conversione n. 119 del 2017. 
    Infatti, l'art. 1, comma 5, e' stato  puramente  e  semplicemente
soppresso.  Considerato  che  la  segnalazione  alla  procura   della
Repubblica presso il tribunale per i minorenni ivi  prevista  avrebbe
dovuto avvenire al termine di un complesso procedimento,  di  cui  al
precedente  comma  4,  e'  ragionevole  ritenere  che   sia   mancata
l'applicazione medio tempore. 
    L'art. 1, comma 4, e' stato oggetto  di  modifiche  incisive:  e'
stato esplicitamente introdotto un previo colloquio personale  presso
la  ASL  con  i  genitori,   tutori   o   affidatari;   le   sanzioni
amministrative sono state drasticamente ridotte. Modifiche  siffatte,
pur non rispondendo di per se'  alle  pretese  di  parte  ricorrente,
debbono considerarsi equivalenti a una mancata  conversione  parziale
delle previsioni originarie  con  effetto  ex  tunc,  ferma  restando
l'efficacia  per  il  futuro  della  disposizione  come   convertita.
Considerato che l'originario art. 1, comma 4, e'  rimasto  in  vigore
solo per breve periodo e che la Regione non ha formulato deduzioni in
merito alla sua applicazione - quando ben avrebbe  potuto  farlo,  se
cio' fosse accaduto, considerato che sono  coinvolte  amministrazioni
regionali (si veda, al riguardo, la  sentenza  n.  142  del  2016)  -
possono ritenersi sussistenti, anche in questo  caso,  le  condizioni
per la cessazione della materia del contendere. 
    Alla stessa conclusione puo' giungersi anche  con  riguardo  alle
lettere g e h dell'art. 1, comma 1, relative alle vaccinazioni contro
il meningococco di tipo B e C, che in seguito alla legge n.  119  del
2017 non sono piu' obbligatorie, ma solo raccomandate. Si  tratta  di
una modifica non solo  radicale,  nell'ambito  ch'essa  concerne,  ma
anche satisfattiva delle doglianze della Regione, la quale,  infatti,
non ha impugnato l'art. 1, comma 1-quater, del d.l. n. 73  del  2017,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2017.  Inoltre,
non sono state  fatte  deduzioni  in  merito  a  casi  nei  quali  le
vaccinazioni  stesse  risultino  eseguite  non  per   effetto   delle
preesistenti  e  ripristinate  raccomandazioni,   bensi'   in   forza
dell'obbligo sancito nella  versione  iniziale  del  decreto-legge  e
delle misure preordinate a renderlo effettivo. 
    5.3.3.- Le altre disposizioni censurate nel  ricorso  n.  51  del
2017 non sono state modificate  in  sede  di  conversione  (art.  7),
oppure lo sono state, ma senza che ne  fosse  alterato  il  contenuto
precettivo nei punti qui di interesse.  Pertanto,  non  sussistono  i
presupposti per dichiarare cessata la materia  del  contendere  e  lo
scrutinio va condotto avendo riguardo al testo risultante dalla legge
di conversione, tenendo conto delle argomentazioni svolte in entrambi
i ricorsi, peraltro in larga parte coincidenti (sentenza n.  430  del
2007). 
    6.- Le questioni sollevate in riferimento  all'art.  77,  secondo
comma, Cost. non sono fondate. 
    6.1.- Sin  dalla  sentenza  n.  29  del  1995  la  giurisprudenza
costituzionale  ha  costantemente  affermato  che  i  presupposti  di
necessita' e urgenza di cui all'art. 77 Cost. costituiscono requisiti
di validita' dei decreti-legge e che percio' rientra  nei  poteri  di
questa Corte verificarne la sussistenza. 
    Altrettanto costantemente, peraltro, questa Corte ha ritenuto  di
dover circoscrivere il suo sindacato alla evidente mancanza  di  tali
presupposti,  distinguendo  il  proprio  giudizio  dalla  valutazione
prettamente politica spettante alle Camere in sede di conversione dei
decreti-legge: infatti, l'art. 77 Cost. e'  connotato  da  «un  largo
margine di elasticita'» (sentenza n. 171 del 2007; si veda  anche  la
sentenza n. 93 del 2011), sicche' solo  l'evidente  insussistenza  di
una situazione di fatto comportante  la  necessita`  e  l'urgenza  di
provvedere determina tanto un  vizio  del  decreto-legge,  quanto  un
vizio in procedendo della legge che ne disponga  la  conversione  (da
ultimo sentenza n. 170 del 2017). 
    Al fine di giudicare sui presupposti di cui all'art. 77,  secondo
comma, Cost., questa Corte ha dato rilievo a una pluralita' di indici
intrinseci ed estrinseci: titolo, preambolo, contenuto  e  ratio  del
decreto-legge,  relazione  illustrativa  del  disegno  di  legge   di
conversione, lavori parlamentari. 
    6.2.- Applicando i principi appena richiamati al caso di  specie,
occorre anzitutto osservare che il preambolo del d.l. n. 73 del  2017
fa riferimento alla necessita' di «garantire in maniera omogenea  sul
territorio  nazionale  le  attivita'  dirette  alla  prevenzione,  al
contenimento e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica e  di
assicurare  il  costante  mantenimento  di  adeguate  condizioni   di
sicurezza epidemiologica in termini  di  profilassi  e  di  copertura
vaccinale»; nonche' di assicurare «il rispetto degli obblighi assunti
e delle strategie concordate a livello  europeo  e  internazionale  e
degli  obiettivi  comuni  fissati  nell'area   geografica   europea».
Analoghe espressioni sono riprese nel testo dell'art. 1, comma 1, del
decreto-legge, alle quali e' stato aggiunto, in sede di  conversione,
un riferimento alla finalita' di conseguire gli obiettivi  prioritari
del PNPV 2017-2019. 
    La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione, per
quanto  qui  interessa,  ripercorre  la  storia   legislativa   delle
vaccinazioni, sottolineando il calo delle coperture  vaccinali  negli
ultimi anni, la presenza nel Paese di malattie prevenibili  (tra  cui
il morbillo che si ripresenta periodicamente in forma epidemica), che
hanno indotto Regioni ed  enti  locali  ad  assumere  iniziative  per
controllare l'accesso ai servizi  per  l'infanzia.  La  relazione  si
diffonde sulle ragioni che  giustificano  l'imposizione  dell'obbligo
per   ciascuna   delle   vaccinazioni   previste,   corroborando   le
argomentazioni con dati relativi  alle  coperture  gia'  raggiunte  e
all'incidenza delle singole malattie. Essa  pone  poi  attenzione  al
fatto che anche malattie scomparse  nel  Paese  non  sono  del  tutto
eradicate e potrebbero tornare, anche  come  conseguenza  dei  flussi
migratori (ad esempio, si riferisce di un  focolaio  di  poliomielite
emerso in  Siria).  Riportandosi  alle  statistiche  dell'OMS  (World
Health Statistics, pubblicate nel maggio 2017), la relazione registra
per l'Italia una copertura vaccinale del 93 per  cento,  inferiore  a
quella riscontrata in numerosi Stati europei. 
    Proseguendo nell'esame degli indici piu'  significativi  al  fine
della valutazione sui presupposti del decreto-legge, si  deve  ancora
dare conto del  fatto  che  nel  corso  dell'istruttoria  legislativa
compiuta sul disegno di legge di conversione  dalla  12a  Commissione
permanente del Senato (Igiene e sanita'), l'Ufficio regionale europeo
dell'OMS  ha  espresso  preoccupazione  per  la  situazione  italiana
corrente, con riguardo alle malattie prevenibili mediante vaccino  e,
in particolare, al morbillo, nonche' alla  tendenza  delle  coperture
vaccinali a ristagnare o regredire. La  lettera  dell'OMS  sottolinea
altresi' l'importanza dell'obbligo vaccinale, nonche' l'utilita'  del
controllo   della   storia   vaccinale   dei   bambini   al   momento
dell'iscrizione scolastica. 
    6.3.-  Alla  luce  degli  elementi  appena   evidenziati   e   in
considerazione del contesto in cui si inserisce il  d.l.  n.  73  del
2017 - caratterizzato, tra l'altro, da una  tendenza  al  calo  delle
coperture vaccinali (v. supra punto 3.4 del Considerato in diritto) -
non puo' ritenersi che il  Governo,  prima,  e  il  Parlamento,  poi,
abbiano ecceduto i limiti dell'ampio margine di discrezionalita'  che
spetta loro,  ai  sensi  dell'art.  77,  secondo  comma,  Cost.,  nel
valutare i presupposti di  straordinaria  necessita'  e  urgenza  che
giustificano l'adozione di un decreto-legge in materia. 
    6.4.- Nessuno degli argomenti  spesi  in  senso  contrario  dalla
Regione Veneto e' convincente. Anzitutto,  e'  opinabile  il  rilievo
secondo cui la soglia del 95 per cento dovrebbe considerarsi ottimale
e non critica: una tale distinzione non  sembra  avere  riscontro  in
alcuno degli atti di indirizzo delle competenti istituzioni nazionali
e internazionali; anzi, in almeno un'occasione e in riferimento  alla
«copertura  vaccinale   per   morbillo-parotite-rosolia»,   il   PNPV
2017-2019 definisce il 95 per  cento  «soglia  critica  necessaria  a
bloccare  la  circolazione  del  virus  e,  quindi,   a   raggiungere
l'obiettivo di  eliminazione  previsto  per  il  2015  nella  regione
Europea dell'OMS». In ogni caso, decisiva e'  la  considerazione  che
gli obiettivi mancati corrispondono a  quelli  previsti  dai  diversi
piani vaccinali adottati in Italia nel corso degli anni e, da ultimo,
dal PNPV 2017-2019 appena citato. A fronte di una copertura vaccinale
insoddisfacente nel presente e incline alla  criticita'  nel  futuro,
questa Corte ritiene che rientri nella  discrezionalita'  -  e  nella
responsabilita' politica - degli  organi  di  governo  apprezzare  la
sopraggiunta urgenza di intervenire, alla luce dei nuovi dati  e  dei
fenomeni epidemiologici frattanto emersi, anche in nome del principio
di precauzione che deve presidiare un ambito cosi'  delicato  per  la
salute di ogni cittadino come e' quello della prevenzione. 
    Per quanto poi riguarda l'epidemia di morbillo dell'anno 2017, il
fatto che essa colpisca specialmente una certa fascia (adulta)  della
popolazione  non  contraddice  l'opportunita'  di   incrementare   la
profilassi nella popolazione in eta' evolutiva, sia per la protezione
di  quest'ultima,  sia  per  invertire  la  tendenza  al  calo  delle
coperture. 
    Neppure potrebbe negarsi - come sembra fare la ricorrente - che i
provvedimenti adottati abbiano di per se' efficacia immediata:  basti
osservare  che  la  normativa  in  esame  dispone  un   obbligo   non
differibile, sia pure scandendo specifici termini per ciascuna  delle
vaccinazioni previste e articolando i necessari passaggi procedurali,
secondo   una   tecnica   normativa   ragionevole,   considerata   la
capillarita' dell'impatto. In ogni caso, questa Corte  ha  ancora  di
recente rilevato che «la  straordinaria  necessita'  ed  urgenza  non
postula inderogabilmente un'immediata applicazione delle disposizioni
normative contenute nel decreto-legge, ma  ben  puo'  fondarsi  sulla
necessita' di provvedere con urgenza, anche laddove il risultato  sia
per qualche aspetto necessariamente differito» (sentenza  n.  16  del
2017). 
    Ancora: in una delle sue memorie, la Regione Veneto  scrive  che,
se si ripresentassero casi sporadici di malattie attualmente  assenti
dal territorio nazionale, «si puo'  essere  certi  che  le  coperture
vaccinali  balzerebbero  in  pochi  giorni  al   100%!».   Una   tale
considerazione rivela una indebita  sovrapposizione  concettuale  tra
urgenza del provvedere ed emergenza sanitaria: la copertura vaccinale
e' strumento di prevenzione e  richiede  di  essere  messa  in  opera
indipendentemente da  una  crisi  epidemica  in  atto.  Deve  percio'
concludersi che rientra nella  discrezionalita'  del  Governo  e  del
Parlamento intervenire prima che si verifichino scenari di allarme  e
decidere - a fronte di una prolungata situazione  di  insoddisfacente
copertura vaccinale- di non attendere  oltre  nel  fronteggiarla  con
misure straordinarie, anche in vista delle scadenze legate  all'avvio
dell'anno scolastico. 
    7.-  Le  questioni   sollevate   in   relazione   alle   garanzie
costituzionali dell'autonomia legislativa e amministrativa  regionale
(artt. 5, 117, secondo e terzo comma, e  118  Cost.)  sono  in  parte
inammissibili e in parte non fondate. 
    7.1.-  Sono  inammissibili  per  carenza  e   genericita'   della
motivazione le censure riferite agli artt. 5 e 118 Cost. 
    Quanto alla violazione dell'art. 118 Cost., la ricorrente lamenta
l'impatto  negativo  che  la  nuova  normativa  statale   produrrebbe
sull'amministrazione  regionale,  ma  non  elabora  adeguatamente  la
doglianza nei suoi lineamenti giuridici. La  Regione  avrebbe  dovuto
almeno precisare quali fra i  principi  previsti  nella  disposizione
costituzionale  invocata  sarebbero  stati  violati,  e  sotto  quale
profilo; cio' sarebbe stato tanto piu'  necessario  a  fronte  di  un
parametro costituzionale di particolare ampiezza normativa,  qual  e'
l'art. 118 Cost. (sentenze n. 192 del 2017 e n. 239 del 2016). 
    Le  medesime  considerazioni  valgono,  a  maggior  ragione,   in
riferimento all'art. 5 Cost. La ricorrente si limita a  stigmatizzare
l'uniformita' della normativa statale  e  la  mancata  valorizzazione
della legislazione regionale  in  materia,  sicche'  risulta  persino
difficile  comprendere   lo   specifico   e   autonomo   profilo   di
illegittimita'  costituzionale  lamentato   in   relazione   a   tale
parametro. 
    7.2.- Le questioni promosse in riferimento agli artt. 117,  terzo
e quarto comma,  Cost.,  riescono  invece  a  raggiungere  la  soglia
dell'ammissibilita', ma non sono fondate. 
    La normativa in esame interseca indubbiamente una  pluralita'  di
materie, alcune delle quali anche di competenza  regionale,  come  la
tutela della salute  e  l'istruzione;  nondimeno,  debbono  ritenersi
chiaramente  prevalenti  i  profili   ascrivibili   alle   competenze
legislative  dello  Stato  (come   evidenziato   anche   dal   parere
pronunciato, su richiesta del Presidente della  Regione  Veneto,  dal
Consiglio di Stato, Commissione Speciale, 20 settembre  2017,  affare
n. 1614/2017 - n. 265/2017,  spedito  in  data  26  settembre  2017).
Vengono in rilievo specificamente le potesta' legislative dello Stato
relative a: principi fondamentali in materia di tutela della  salute,
livelli essenziali di assistenza, profilassi internazionale  e  norme
generali sull'istruzione. 
    Del resto, l'evoluzione storica della  normativa  in  materia  di
vaccinazioni, in  parte  gia'  ripercorsa  (v.  supra,  punto  3  del
Considerato in diritto) denota che, anche prima  dell'impugnato  d.l.
n. 73 del 2017, da lungo tempo la legislazione  statale  ha  previsto
norme in materia di obblighi vaccinali. 
    7.2.1.- Conviene aggiungere che,  per  quanto  qui  interessa,  i
vaccini  sono  stati  inclusi  non  solo  negli  atti  nazionali   di
programmazione sanitaria piu' volte richiamati, ma anche  nei  LEA  -
tanto nel testo del 2001 (decreto del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  29  novembre  2001,  recante   «Definizione   dei   livelli
essenziali di assistenza») quanto nel recente testo del 2017 (decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 12  gennaio  2017,  recante
«Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di
cui all'articolo 1, comma 7,  del  decreto  legislativo  30  dicembre
1992, n. 502»). 
    7.2.2.-   L'introduzione    dell'obbligatorieta'    per    alcune
vaccinazioni chiama in causa prevalentemente i principi  fondamentali
in materia di «tutela della salute», pure  attribuiti  alla  potesta'
legislativa dello Stato ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Questa Corte ha gia' chiarito che il  diritto  della  persona  di
essere  curata  efficacemente,  secondo  i  canoni  della  scienza  e
dell'arte medica, e di essere  rispettata  nella  propria  integrita'
fisica e psichica (sentenze n. 169 del 2017, n. 338 del 2003 e n. 282
del 2002) deve essere garantito in condizione di eguaglianza in tutto
il paese, attraverso una legislazione  generale  dello  Stato  basata
sugli indirizzi condivisi dalla  comunita'  scientifica  nazionale  e
internazionale. Tale principio vale non  solo  (come  ritenuto  nelle
sentenze appena citate) per le scelte dirette a limitare o a  vietare
determinate  terapie   o   trattamenti   sanitari,   ma   anche   per
l'imposizione di altri. Se e' vero che il  «confine  tra  le  terapie
ammesse  e  terapie  non  ammesse,  sulla  base  delle   acquisizioni
scientifiche  e   sperimentali,   e'   determinazione   che   investe
direttamente e necessariamente i principi fondamentali della materia»
(sentenza n. 169 del 2017), a maggior ragione, e anche per ragioni di
eguaglianza, deve essere riservato allo Stato -  ai  sensi  dell'art.
117, terzo comma, Cost. - il compito di qualificare come obbligatorio
un determinato trattamento sanitario, sulla base  dei  dati  e  delle
conoscenze medico-scientifiche disponibili. 
    Nella  specie,  poi,  la  profilassi  per  la  prevenzione  della
diffusione  delle   malattie   infettive   richiede   necessariamente
l'adozione di misure  omogenee  su  tutto  il  territorio  nazionale.
Secondo  i  documenti  delle  istituzioni   sanitarie   nazionali   e
internazionali, l'obiettivo da perseguire  in  questi  ambiti  e'  la
cosiddetta "immunita' di gregge", la  quale  richiede  una  copertura
vaccinale  a  tappeto  in  una  determinata  comunita',  al  fine  di
eliminare la malattia e di  proteggere  coloro  che,  per  specifiche
condizioni  di  salute,  non  possono   sottoporsi   al   trattamento
preventivo. 
    Pertanto,  in  questo  ambito,   ragioni   logiche,   prima   che
giuridiche, rendono necessario un intervento del legislatore  statale
e le Regioni sono vincolate a rispettare  ogni  previsione  contenuta
nella normativa statale, incluse  quelle  che,  sebbene  a  contenuto
specifico e dettagliato, per la finalita' perseguita  si  pongono  in
rapporto di coessenzialita' e necessaria integrazione con i  principi
di settore (sentenze n. 192 del 2017, n. 301 del 2013, n. 79 del 2012
e n. 108 del 2010). Cio' e' vero in particolare nel caso odierno,  in
cui il legislatore, alla luce della  situazione  gia'  descritta,  ha
ritenuto di  impiegare  l'incisivo  strumento  dell'obbligo,  con  il
necessario corredo di norme strumentali e sanzionatorie, le  quali  a
propria  volta  concorrono  in  maniera  sostanziale   a   conformare
l'obbligo stesso  e  a  calibrare  il  bilanciamento  tra  i  diversi
interessi  costituzionalmente  rilevanti.  In   senso   analogo,   la
giurisprudenza costituzionale ha  qualificato  come  coessenziali  ai
principi fondamentali della materia disposizioni pur  specifiche  che
prevedono sanzioni amministrative e regolano il procedimento volto ad
irrogarle e, ancor prima, ad accertare le trasgressioni (ad  esempio,
nelle sentenze n. 63 del 2006 e n. 361 del 2003). 
    Parimenti, la potesta' legislativa  dello  Stato  in  materia  di
«tutela della salute» sorregge anche  la  previsione  degli  obblighi
vaccinali nei confronti dei minori stranieri: infatti,  non  solo  la
protezione vaccinale attiene al nucleo irriducibile del diritto  alla
salute, che spetta a ciascun essere umano (sentenze n. 299 e  n.  269
del 2010, n. 252 del 2001); ma gli obiettivi di tutela  della  salute
(anche)  pubblica  perseguiti  attraverso  la  profilassi  preventiva
contro le  malattie  infettive  sarebbero  frustrati  se  determinate
categorie di persone presenti sul territorio  fossero  escluse  dalla
copertura vaccinale. 
    7.2.3.- In relazione a quest'ultimo profilo, poi, viene anche  in
rilievo la competenza di «profilassi internazionale» di cui  all'art.
117, secondo comma, lettera q, Cost., nella misura in cui le norme in
questione  servono,  come  detto,  a  garantire   uniformita'   anche
nell'attuazione, in ambito nazionale, di programmi elaborati in  sede
internazionale e sovranazionale (come piu' volte ritenuto  da  questa
Corte, sia pure nel settore veterinario: sentenze n. 270 del 2016, n.
173 del 2014, n. 406 del 2005, n. 12 del 2004). 
    7.2.4.- Infine,  le  disposizioni  in  materia  di  iscrizione  e
adempimenti scolastici (artt. 3, 3-bis, 4 e 5  del  d.l.  n.  73  del
2017, come convertito dalla legge n. 119  del  2017)  si  configurano
come «norme  generali  sull'istruzione»  (art.  117,  secondo  comma,
lettera n, Cost.). Infatti, esse mirano a garantire che la  frequenza
scolastica avvenga in condizioni sicure  per  la  salute  di  ciascun
alunno, o addirittura (per quanto riguarda i  servizi  educativi  per
l'infanzia)  non  avvenga  affatto  in   assenza   della   prescritta
documentazione.   Pertanto,   queste   norme   vengono   a   definire
caratteristiche basilari dell'assetto ordinamentale  e  organizzativo
del sistema scolastico (sentenze n. 284 del 2016, n. 62 del 2013,  n.
279 del 2012) e ricadono nella potesta' del legislatore statale. 
    7.2.5.- Dinanzi a un intervento fondato su tali e tanti titoli di
competenza  legislativa  dello  Stato,  le   attribuzioni   regionali
recedono, dovendosi peraltro rilevare che esse continuano  a  trovare
spazi non  indifferenti  di  espressione,  ad  esempio  con  riguardo
all'organizzazione dei servizi sanitari e  all'identificazione  degli
organi competenti a verificare e sanzionare le violazioni. 
    8.- Occorre, a questo punto, esaminare le questioni  con  cui  la
Regione denuncia la violazione degli artt. 2, 3 e 32  Cost.,  nonche'
degli artt. 31, 32, 34 e 97 Cost., evidenziandone le  ricadute  sulle
proprie attribuzioni costituzionalmente garantite. 
    8.1.- Le questioni sollevate in riferimento agli artt. 31, 32, 34
e 97 Cost. sono inammissibili, per carenza assoluta  di  motivazione,
alla stregua dei principi della  giurisprudenza  costituzionale  gia'
richiamati piu' volte. 
    La difesa di parte ricorrente «non adduce argomenti sufficienti a
illustrare perche' gli eventuali processi di riorganizzazione  (oltre
che imposti alla Regione, e non da questa autonomamente  determinati)
sarebbero altresi' (...) tali da compromettere il buon andamento  dei
servizi sanitari e la loro capacita' di tutelare la salute» (sentenza
n.  192  del  2017).  Lo  stesso  discorso  vale  per   le   funzioni
amministrative della Regione attinenti alla scuola e ai  servizi  per
l'infanzia. In altre parole, mentre e' chiaro che la  Regione  dovra'
cambiare un punto nodale delle proprie politiche  vaccinali  previste
dalla legge (e in particolare dalla legge regionale n. 7  del  2007),
non e' affatto  spiegato  come  e  in  quale  misura  il  cambiamento
dovrebbe compromettere l'efficienza dei servizi sanitari,  scolastici
ed educativi, come apoditticamente affermato nei ricorsi. 
    8.2.- Le questioni sollevate in riferimento agli artt. 2, 3 e  32
Cost. non sono fondate. 
    In riferimento a tali parametri, la  ricorrente  afferma  di  non
voler contestare, in linea di principio, l'utilita' dei  vaccini  per
la tutela della salute, ne' di  sottovalutare  la  necessita'  di  un
impegno pubblico per la loro diffusione capillare tra la popolazione.
La ricorrente contesta, invece, la repentina introduzione di un ampio
novero  di  vaccinazioni  obbligatorie  effettuata  dalla   normativa
impugnata: a tal proposito, il ricorso contrappone  alla  scelta  del
legislatore statale  l'efficacia  della  diversa  strategia  adottata
dalla Regione Veneto a partire dalla citata legge regionale n. 7  del
2007, basata sul  convincimento  e  sulla  persuasione.  Tale  metodo
sarebbe piu' rispettoso della libera autodeterminazione individuale e
realizzerebbe un bilanciamento piu' equilibrato tra  le  esigenze  di
tutela della salute individuale e collettiva e la liberta'  di  cura,
parimenti  garantita  dall'art.  32  Cost.,  oltre  che  da  numerosi
strumenti giuridici internazionali e  sovranazionali,  i  quali  sono
citati nel ricorso, senza peraltro che in  relazione  ad  essi  siano
sviluppate  autonome  questioni  di  legittimita'  costituzionale   o
argomentazioni specifiche. 
    8.2.1.- Occorre anzitutto  osservare  che  la  giurisprudenza  di
questa Corte in materia di vaccinazioni e' salda  nell'affermare  che
l'art. 32 Cost. postula il  necessario  contemperamento  del  diritto
alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di liberta' di cura)
con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con  l'interesse
della collettivita' (da ultimo sentenza n. 268  del  2017),  nonche',
nel caso di vaccinazioni obbligatorie, con l'interesse  del  bambino,
che esige tutela anche nei confronti dei genitori che  non  adempiono
ai loro compiti di cura (ex multis, sentenza n. 258 del 1994). 
    In particolare, questa Corte ha precisato che la legge impositiva
di un trattamento sanitario non e' incompatibile con l'art. 32 Cost.:
se il trattamento e' diretto non solo a migliorare o a preservare  lo
stato di salute di chi vi e' assoggettato, ma anche a  preservare  lo
stato di salute degli altri;  se  si  prevede  che  esso  non  incida
negativamente sullo stato di salute di colui che e' obbligato,  salvo
che per quelle sole conseguenze che  appaiano  normali  e,  pertanto,
tollerabili; e se, nell'ipotesi  di  danno  ulteriore,  sia  prevista
comunque la corresponsione di  una  equa  indennita'  in  favore  del
danneggiato, e cio' a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria
(sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990). 
    Dunque, i  valori  costituzionali  coinvolti  nella  problematica
delle vaccinazioni sono molteplici e implicano, oltre  alla  liberta'
di autodeterminazione individuale nelle  scelte  inerenti  alle  cure
sanitarie e la tutela della salute individuale e collettiva (tutelate
dall'art. 32 Cost.), anche l'interesse  del  minore,  da  perseguirsi
anzitutto nell'esercizio del diritto-dovere dei genitori di  adottare
le condotte idonee a proteggere la salute dei figli (artt.  30  e  31
Cost.), garantendo pero'  che  tale  liberta'  non  determini  scelte
potenzialmente pregiudizievoli per la salute del minore  (sul  punto,
ad esempio, ordinanza n. 262 del 2004). 
    Il contemperamento di questi molteplici  principi  lascia  spazio
alla discrezionalita' del legislatore nella  scelta  delle  modalita'
attraverso  le  quali  assicurare  una  prevenzione  efficace   dalle
malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica  della
raccomandazione, talaltra quella dell'obbligo, nonche',  nel  secondo
caso, calibrare variamente le misure, anche  sanzionatorie,  volte  a
garantire l'effettivita' dell'obbligo. Questa  discrezionalita'  deve
essere esercitata alla luce delle  diverse  condizioni  sanitarie  ed
epidemiologiche, accertate dalle autorita' preposte (sentenza n.  268
del 2017), e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della  ricerca
medica, che debbono guidare il legislatore nell'esercizio  delle  sue
scelte in materia (cosi', la giurisprudenza costante di questa  Corte
sin dalla fondamentale sentenza n. 282 del 2002). 
    8.2.2.- Anche nel diritto comparato si riscontra una varieta'  di
approcci. Posto un generale  favor  giuridico  per  le  politiche  di
diffusione  delle  pratiche  vaccinali  -   basate   sulle   evidenze
statistiche e sperimentali delle autorita' competenti e  specialmente
dell'OMS, che considerano la vaccinazione una  misura  indispensabile
per garantire la salute individuale e pubblica  -  diversi  sono  gli
strumenti prescelti dai vari ordinamenti per conseguire gli obiettivi
comuni. 
    A un estremo, si trovano esperienze che ancora di  recente  hanno
conosciuto obblighi vaccinali muniti di  sanzione  penale  (Francia);
all'estremo opposto si trovano  programmi  promozionali  massimamente
rispettosi dell'autonomia individuale (come  nel  Regno  Unito);  nel
mezzo, si ravvisa una varieta' di scelte diversamente  modulate,  che
comprendono ipotesi in cui la vaccinazione e'  considerata  requisito
di accesso alle scuole (come avviene negli  Stati  Uniti,  in  alcune
Comunita' autonome in Spagna e tuttora anche in Francia) ovvero  casi
in  cui  la  legge  richiede  ai  genitori  (o  a  chi  esercita   la
responsabilita'  genitoriale)  di  consultare  obbligatoriamente   un
medico prima di  operare  la  propria  scelta,  a  pena  di  sanzioni
pecuniarie (Germania). 
    Peraltro, questa diversa intensita' di vincoli  si  accompagna  a
una altrettanto varia individuazione del numero dei vaccini  proposti
o richiesti. 
    In  molti  paesi,  peraltro,  e'  in  corso  un  dibattito  sulle
politiche vaccinali, teso alla ricerca degli strumenti giuridicamente
piu' efficaci in vista  del  condiviso  obiettivo  di  proteggere  la
salute dalle malattie infettive e da quelle  che  possono  comportare
gravi complicanze, contenibili attraverso la vaccinazione preventiva. 
    8.2.3.- Anche l'evoluzione della legislazione italiana in materia
registra il  susseguirsi  di  politiche  vaccinali  di  vario  segno,
sicche' a fasi alterne l'accento e' di volta  in  volta  caduto  piu'
sull'obbligo o sulla raccomandazione (come si evince da quanto  supra
esposto nel punto 3.4. del Considerato in diritto). 
    Vero e' che verso la fine degli anni novanta, in concomitanza con
l'accentuarsi di una piu' spiccata  sensibilita'  per  i  diritti  di
autodeterminazione individuale anche in campo sanitario,  sono  state
privilegiate le politiche vaccinali basate  sulla  sensibilizzazione,
l'informazione  e  la  persuasione,   piuttosto   che   sull'obbligo,
garantendo comunque che tutte  le  vaccinazioni  fossero  oggetto  di
offerta attiva, rientrassero nei livelli essenziali delle prestazioni
e fossero somministrate gratuitamente a tutti i cittadini secondo  le
cadenze previste dai calendari  vaccinali.  In  questo  contesto,  in
alcune Regioni, in via  sperimentale,  si  e'  sospeso  l'obbligo  di
vaccinazione, come e' accaduto ad esempio proprio in  Veneto  con  la
legge regionale n. 7 del 2007. 
    Tuttavia,  negli  anni  piu'  recenti,  si  e'  assistito  a  una
flessione  preoccupante  delle  coperture,   alimentata   anche   dal
diffondersi della convinzione che le vaccinazioni siano  inutili,  se
non addirittura nocive:  convinzione,  si  noti,  mai  suffragata  da
evidenze scientifiche, le quali invece depongono in senso opposto. In
proposito, e' bene sottolineare che i vaccini, al pari di ogni  altro
farmaco, sono sottoposti al vigente sistema di  farmacovigilanza  che
fa capo principalmente all'Autorita' italiana per il farmaco  (AIFA).
Anche per essi, come per gli  altri  medicinali,  l'evoluzione  della
ricerca scientifica  ha  consentito  di  raggiungere  un  livello  di
sicurezza  sempre  piu'  elevato,  fatti  salvi  quei  singoli  casi,
peraltro molto rari alla luce delle attuali conoscenze  scientifiche,
nei quali, anche in ragione delle condizioni di ciascun individuo, la
somministrazione puo'  determinare  conseguenze  negative.  Per  tale
ragione l'ordinamento reputa essenziale garantire un  indennizzo  per
tali singoli casi, senza che  rilevi  a  quale  titolo  -  obbligo  o
raccomandazione  -  la  vaccinazione  e'  stata  somministrata  (come
affermato ancora di recente  nella  sentenza  n.  268  del  2017,  in
relazione a quella anti-influenzale). Anzi, paradossalmente,  proprio
il successo delle vaccinazioni, induce molti a ritenerle erroneamente
superflue, se non nocive: infatti, al diminuire della percezione  del
rischio di contagio e degli effetti dannosi della malattia, in alcuni
settori dell'opinione pubblica possono aumentare  i  timori  per  gli
effetti avversi delle vaccinazioni. 
    A fronte di tali  fenomeni,  il  dibattito  sull'opportunita'  di
ripristinare l'obbligo di vaccinazione e'  rimasto  aperto  in  varie
sedi. A questo tema, hanno fatto cenno, come gia'  rilevato,  il  CNB
nel 2015 e anche il PNPV 2017-2019. Hanno inoltre espresso  argomenti
e posizioni in linea con le valutazioni presupposte dal  d.l.  n.  73
del 2017 l'Accademia nazionale dei Lincei (nel rapporto  «I  Vaccini»
del 12 maggio  2017),  prima  dell'emanazione  del  decreto-legge,  e
l'ISS, nell'ambito dell'istruttoria parlamentare sul disegno di legge
di  conversione.  Inoltre,  dopo   la   comunicazione   al   pubblico
dell'approvazione  del  medesimo  decreto-legge,  hanno   manifestato
favore per l'impostazione di quest'ultimo  (chiedendo,  anzi,  misure
piu' incisive per  garantirne  l'effettivita')  quattro  associazioni
scientifiche  e  professionali  (la  Societa'  italiana  di   igiene,
medicina preventiva e  sanita'  pubblica;  la  Societa'  italiana  di
pediatria;  la  Federazione  italiana  dei  medici  pediatri   e   la
Federazione italiana dei  medici  di  medicina  generale),  da  tempo
attive con specifiche pubblicazioni  e  proposte  nel  settore  della
politica vaccinale. Nel corso dell'istruttoria, come pure si e'  gia'
detto,  ha  anche  manifestato  favore  per   le   iniziative   delle
istituzioni italiane l'OMS, richiamando alcuni dei  propri  programmi
in materia vaccinale (Global Vaccine Action Plan  2011-2010;  Measles
and Rubella Global Strategic Plan 2012-2020; European Vaccine  Action
Plan 2015-2020). Significativo e' anche il fatto che, nel  corso  dei
lavori  parlamentari,  la  Conferenza  unificata  si   sia   espressa
favorevolmente su quanto previsto dalla normativa ora in  esame,  pur
con richieste di alcuni adattamenti, in parte  avvenuti  in  sede  di
conversione («Parere, ai sensi dell'articolo 9, comma 3, del  decreto
legislativo 197, n. 281, sul disegno di legge per la  conversione  in
legge del decreto-legge 7 giugno 2017, n.  73,  recante  disposizioni
urgenti in materia di  prevenzione  vaccinale»,  repertorio  atti  n.
71/CU del 6 luglio 2017), pronunciandosi  quasi  all'unanimita'  (con
l'eccezione della Regione autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  e
della Regione Veneto, appunto). In analoga direzione, del  resto,  si
erano precedentemente mosse alcune iniziative legislative  regionali,
come gia' rilevato. 
    8.2.4.- Si assiste, dunque, oggi a una inversione di  tendenza  -
dalla  raccomandazione  all'obbligo  di  vaccinazione  -  in  cui  si
inserisce anche la normativa oggetto del presente giudizio.  Valutata
alla luce del contesto  descritto  nei  suoi  tratti  essenziali,  la
scelta del legislatore statale non puo' essere  censurata  sul  piano
della ragionevolezza per  aver  indebitamente  e  sproporzionatamente
sacrificato la libera autodeterminazione individuale in  vista  della
tutela degli altri beni costituzionali  coinvolti,  frustrando,  allo
stesso tempo,  le  diverse  politiche  vaccinali  implementate  dalla
ricorrente. Il legislatore, infatti, intervenendo in  una  situazione
in cui lo strumento della  persuasione  appariva  carente  sul  piano
della efficacia, ha reso obbligatorie dieci vaccinazioni: meglio,  ha
riconfermato e rafforzato l'obbligo, mai formalmente abrogato, per le
quattro vaccinazioni gia' previste dalle leggi dello  Stato,  e  l'ha
introdotto per altre sei vaccinazioni che gia'  erano  tutte  offerte
alla  popolazione  come  "raccomandate".  Non  e'  corretto,  dunque,
affermare - come fa la ricorrente - che la  legge  ha  repentinamente
introdotto  dal  nulla  l'imposizione   di   un   ampio   numero   di
vaccinazioni; essa ha invece innovato il titolo giuridico in nome del
quale   alcune   vaccinazioni   sono   somministrate,   avendo   reso
obbligatorio un certo numero di vaccinazioni che in precedenza erano,
comunque, gia' raccomandate. 
    Indubbiamente, il vincolo giuridico si e' fatto piu'  stringente:
cio'  che  in  precedenza  era   raccomandato,   oggi   e'   divenuto
obbligatorio. Ma nel valutare l'intensita' di tale cambiamento  -  ai
fini del giudizio sulla ragionevolezza del bilanciamento operato  dal
legislatore con il decreto-legge n. 73 del 2017 e  della  conseguente
compressione  dell'autonomia  regionale  -  occorre  peraltro  tenere
presenti due ordini di considerazioni. 
    Il  primo  e'  che  nell'orizzonte   epistemico   della   pratica
medico-sanitaria la distanza tra raccomandazione e obbligo  e'  assai
minore di quella che separa i due concetti nei rapporti giuridici. In
ambito medico, raccomandare e prescrivere sono azioni percepite  come
egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo  (tanto  che
sul piano del diritto all'indennizzo le vaccinazioni  raccomandate  e
quelle obbligatorie non subiscono differenze: si veda, da  ultimo  la
sentenza n. 268 del 2017). In quest'ottica, occorre considerare  che,
anche nel  regime  previgente,  le  vaccinazioni  non  giuridicamente
obbligatorie erano comunque proposte con l'autorevolezza propria  del
consiglio medico. 
    Il secondo e' che nel nuovo assetto normativo, basato, come si e'
detto sull'obbligatorieta' (giuridica), il  legislatore  in  sede  di
conversione ha ritenuto di dover preservare un adeguato spazio per un
rapporto con i cittadini basato sull'informazione,  sul  confronto  e
sulla  persuasione:  in  caso  di  mancata  osservanza   dell'obbligo
vaccinale, l'art. 1 comma 4 del decreto-legge n. 73  del  2017,  come
convertito, prevede un procedimento volto in primo luogo a fornire ai
genitori  (o  agli  esercenti  la  potesta'  genitoriale)   ulteriori
informazioni sulle vaccinazioni e a sollecitarne  l'effettuazione.  A
tale scopo, il legislatore ha inserito un apposito colloquio  tra  le
autorita' sanitarie e i genitori, istituendo un momento  di  incontro
personale, strumento  particolarmente  favorevole  alla  comprensione
reciproca, alla  persuasione  e  all'adesione  consapevole.  Solo  al
termine di tale procedimento, e previa  concessione  di  un  adeguato
termine,  potranno  essere  inflitte   le   sanzioni   amministrative
previste,  peraltro  assai  mitigate  in  seguito  agli   emendamenti
introdotti in sede di conversione. 
    8.2.5.- Nel presente contesto, dunque, il legislatore ha ritenuto
di dover rafforzare  la  cogenza  degli  strumenti  della  profilassi
vaccinale, configurando un intervento non  irragionevole  allo  stato
attuale  delle  condizioni   epidemiologiche   e   delle   conoscenze
scientifiche. Nulla esclude che,  mutate  le  condizioni,  la  scelta
possa essere rivalutata e riconsiderata.  In  questa  prospettiva  di
valorizzazione della  dinamica  evolutiva  propria  delle  conoscenze
medico-scientifiche che debbono sorreggere  le  scelte  normative  in
campo sanitario, il legislatore - ai sensi dell'art. 1,  comma  1-ter
del decreto-legge n. 73 del 2017, come convertito - ha opportunamente
introdotto  in  sede  di  conversione  un  sistema  di   monitoraggio
periodico che puo' sfociare nella cessazione della obbligatorieta' di
alcuni vaccini (e segnatamente di quelli elencati all'art.  1,  comma
1-bis: anti-morbillo, anti-rosolia,  anti-parotite,  anti-varicella).
Questo elemento di flessibilizzazione della normativa,  da  attivarsi
alla luce dei dati emersi nelle sedi scientifiche appropriate, denota
che la scelta legislativa a favore dello  strumento  dell'obbligo  e'
fortemente  ancorata  al  contesto  ed  e'  suscettibile  di  diversa
valutazione al mutare di esso. 
    Peraltro, non si puo' fare a meno di rilevare che tale  strumento
di flessibilizzazione si applica solo a  quattro  dei  dieci  vaccini
imposti obbligatoriamente  dalla  legge.  Analoghe  variazioni  nelle
condizioni epidemiologiche, nei dati relativi alle reazioni avverse e
alle coperture  vaccinali  potrebbero  suggerire  al  legislatore  di
prevedere un analogo meccanismo di allentamento del grado di coazione
esercitabile anche in riferimento alle sei vaccinazioni  indicate  al
comma   1,   dell'art.   1   (anti-poliomielitica,    anti-difterica,
anti-tetanica,  anti-epatite  B,   antipertosse,   anti   Haemophilus
influenzae tipo b). 
    9.- Con l'ultimo ordine di questioni,  la  ricorrente  deduce  la
violazione dell'art. 81, terzo comma, Cost., con ridondanza sull'art.
119,  primo  e  quarto  comma,  Cost.,  il  quale  sarebbe   altresi'
autonomamente violato. 
    9.1.- Le questioni che lamentano la violazione diretta  dell'art.
119, primo e quarto comma, Cost. sono  inammissibili,  come  eccepito
dalla difesa statale. 
    E' costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte  il
principio  per  cui,  in  relazione  all'art.  119  Cost.,  non  sono
ammissibili le censure indirizzate apoditticamente  all'inadeguatezza
delle risorse a  disposizione  delle  Regioni  per  l'erogazione  dei
servizi sanitari,  senza  riferimenti  a  dati  piu'  analitici  alle
entrate e alle uscite relative (si vedano, ad esempio, le sentenze n.
192 del 2017 e le altre ivi citate, cui adde le sentenze n. 249 e  n.
125 del 2015). Con i ricorsi qui in esame, la  Regione  si  limita  a
lamentare la «violazione, anche diretta ed autonoma,  dell'art.  119,
commi 1 e 4 Cost.» e, dopo avere argomentato l'esistenza di oneri non
coperti  a  suo  carico,  ne  quantifica  la  misura.  Tuttavia,   la
ricorrente non inquadra questi oneri nel contesto  piu'  ampio  delle
uscite e delle entrate regionali e pertanto non spiega se essi  siano
sostenibili o meno; ne' considera, con  riguardo  al  recupero  delle
vaccinazioni per  le  coorti  2001-2016,  le  risorse  gia'  messe  a
disposizione in ciascun periodo, in relazione agli obiettivi sanitari
via via programmati. 
    9.2.- Nondimeno, la quantificazione degli oneri asseritamente non
coperti,  nei  termini  in  cui  e'  svolta  dalla  ricorrente,  puo'
considerarsi sufficiente a illustrare la ridondanza della  denunciata
violazione dell'art. 81, terzo comma, Cost. sulla  sfera  finanziaria
della Regione. Tale censura  deve,  pertanto,  essere  esaminata  nel
merito. 
    9.2.1.- Nel corso  dell'istruttoria  parlamentare,  la  censurata
clausola di invarianza  -  ancorche'  accompagnata,  nella  relazione
tecnica, da argomentazioni specifiche, in parte sviluppate nel  corso
dei lavori - e' stata oggetto di  rilievi  da  parte  dei  competenti
uffici del Senato (A.S. 2856, «Nota di lettura«, giugno 2017, n. 185)
e, in misura minore, della Camera dei deputati (A.C. 4595,  «Verifica
delle  quantificazioni»,  25  luglio   2017,   n.   595).   Ulteriori
perplessita' sono state poi espresse, sia  pure  in  modo  sintetico,
dalle sezioni riunite della Corte dei conti,  nella  relazione  sulle
coperture adottate e sulle tecniche di  quantificazione  degli  oneri
applicate nelle leggi del quadrimestre maggio-agosto 2017 (delibera 2
novembre 2017, n. 9/SSRRCO/RQ/17). 
    La  giustificazione  addotta  a  sostegno   della   clausola   di
invarianza  finanziaria  e'  la  gia'  rilevata  continuita'  tra  le
vaccinazioni  gia'  previste  nei  piani  sanitari  nazionali,   come
raccomandate o obbligatorie, e quelle soggette agli obblighi di legge
ex d.l. n. 73 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n.
119 del 2017. Come si e'  gia'  osservato  (supra  punto  7.2.1.  del
Considerato in diritto), tutte le vaccinazioni oggi  assoggettate  ad
obbligo di legge erano  incluse  nei  LEA  e,  pertanto,  erano  gia'
finanziate attraverso i normali canali del settore sanitario. 
    In particolare, le vaccinazioni previste  nel  PNPV  2017-2019  -
comprese quelle (contro  varicella  e  meningococco  di  tipo  B)  in
precedenza non oggetto di offerta gratuita, attiva e generale -  sono
incluse nell'aggiornamento dei  LEA  stabilito  nel  2017.  Per  tale
aggiornamento,  la  legge  28  dicembre   2015,   n.   208,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di  stabilita'  2016)»,  art.  1,  comma  553,  ha
stimato una somma di 800 milioni di euro annui (si veda, al riguardo,
la sentenza n. 192 del 2017). Successivamente, la legge  11  dicembre
2016,  n.  232  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per   l'anno
finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il  triennio  2017-2019),
all'art. 1, comma 408, ha previsto, nell'ambito del finanziamento del
Servizio sanitario nazionale, «una specifica finalizzazione,  pari  a
100 milioni di euro per l'anno 2017, a 127 milioni di euro per l'anno
2018 e a 186 milioni di euro  a  decorrere  dall'anno  2019,  per  il
concorso  al  rimborso  alle  regioni  per  l'acquisto   di   vaccini
ricompresi nel nuovo piano nazionale vaccini (NPNV)». 
    Indubbiamente, nella documentazione tecnica relativa al  d.l.  n.
73 del 2017, diversi profili avrebbero dovuto  essere  affrontati  in
termini piu'  precisi  e  completi.  In  particolare,  non  e'  stata
considerata l'eventualita' che,  in  forza  dei  nuovi  obblighi,  le
coperture possano salire eventualmente anche al di sopra del  95  per
cento. Rispetto a tale  eventualita',  gli  argomenti,  i  dati  e  i
calcoli, anche previsionali, avrebbero potuto essere piu'  sviluppati
nella documentazione tecnica, come segnalato dalla  Corte  dei  conti
nella relazione gia' citata. 
    9.2.2.- A fronte di tutto cio', occorre ribadire che  l'art.  81,
terzo comma, Cost. sancisce il principio di analitica copertura degli
oneri finanziari,  del  quale  costituisce  puntualizzazione  tecnica
l'art. 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilita'
e finanza pubblica). Si tratta di un precetto sostanziale, in  virtu'
del quale ogni disposizione  che  comporta  conseguenze  finanziarie,
positive o negative, deve essere corredata da un'apposita istruttoria
in merito agli effetti previsti e alla  loro  compatibilita'  con  le
risorse disponibili (sentenze n. 133 del 2016, n. 70 del 2015, n. 190
del 2014 e n. 26 del 2013). Per tutti i nuovi oneri, occorre  fornire
una copertura credibile, sufficientemente sicura,  non  arbitraria  o
irrazionale, sicche' e'  censurabile  l'indicazione  generica  e  non
analiticamente quantificata degli oneri e delle risorse  destinate  a
farvi fronte (si veda, ad esempio, la  sentenza  n.  183  del  2016).
L'obbligo di copertura deve essere osservato con puntualita' rigorosa
nei confronti delle spese che incidono su un esercizio  in  corso,  e
deve altresi' valutarsi il  tendenziale  equilibrio  tra  entrate  ed
uscite nel lungo periodo, considerando gli oneri gia' gravanti  sugli
esercizi futuri (si veda, ad esempio, la sentenza n. 237 del 2013). 
    Piu' volte, sulla base delle considerazioni predette, sono  state
censurate leggi che prevedevano una clausola  di  invarianza  ma,  al
contempo, contraddittoriamente introducevano  nuovi  oneri  a  carico
dell'amministrazione (si vedano, ad esempio, le sentenze n. 307 e  n.
212  del  2013).  In  particolare,  allorche'  sono  stati   disposti
interventi inevitabilmente onerosi, senza che  ne'  nella  legge  ne'
altrove si fosse data alcuna spiegazione in merito alle spese e  alla
loro copertura, questa Corte e' stata dell'avviso che  la  previsione
dell'assenza di oneri aggiuntivi costituisse «una  mera  clausola  di
stile, priva di sostanza» (sentenza n. 18 del 2013). 
    9.2.3.- Nel ribadire i predetti principi  questa  Corte  ritiene,
peraltro, che nel caso odierno, le questioni promosse  dalla  Regione
Veneto  in  riferimento  all'art.  81,  terzo  comma,  Cost.  possano
considerarsi complessivamente non fondate,  nei  termini  di  seguito
precisati. 
    Depone in questo senso principalmente la piu'  volte  evidenziata
continuita'  tra  il  d.l.  n.   73   del   2017,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge n. 119 del 2017, e  l'assetto  precedente,
quanto all'identificazione delle vaccinazioni rilevanti,  in  passato
(per  la  maggior  parte  di  esse)  nella  prospettiva  dell'offerta
generale, gratuita e attiva e, oggi, nella  prospettiva  dell'obbligo
(o, per le quattro vaccinazioni gia'  prescritte  dalla  legislazione
statale, di un'obbligatorieta' ribadita e rafforzata). Non c'e' alcun
motivo specifico per dubitare che le risorse stanziate via  via,  nel
tempo, coprissero l'offerta  di  questi  trattamenti  preventivi  per
tutta la popolazione: anzi, a quanto risulta  dai  dati  dell'ISS  (e
anche da quelli  presentati  dalla  Regione  Veneto,  per  quanto  la
riguarda), in passato gia' si erano raggiunti in alcuni casi, con gli
stessi mezzi, tassi di copertura anche superiori al 95 per cento.  Si
aggiunga che non da oggi i servizi vaccinali si rivolgono anche  agli
stranieri  e  includono  iniziative  di  invito  e   richiamo   degli
interessati, come pure di verifica  dei  livelli  di  copertura.  Con
particolare riguardo  all'esercizio  2017,  poi,  per  effetto  delle
modifiche apportate in sede di conversione, non  e'  obbligatoria  la
somministrazione di alcuna vaccinazione che  non  fosse  almeno  gia'
offerta gratuitamente e attivamente a tutta la popolazione. 
    D'altra parte, la quantificazione dei maggiori oneri  conseguenti
all'applicazione  delle  nuove  norme  e'  oggettivamente  difficile,
tenuto conto del numero, della  varieta'  e  delle  peculiarita'  dei
fattori: primo fra tutti,  il  tasso  di  adempimento  spontaneo  (o,
invertendo la prospettiva, l'eventuale permanenza di un  certo  tasso
di assenteismo) da parte della  popolazione.  In  questa  situazione,
anche a voler  applicare  canoni  prudenziali,  qualsiasi  previsione
presenterebbe margini di incertezza ineliminabili. 
    Pertanto - anche alla luce degli elementi argomentativi  comunque
presenti nella documentazione tecnica - questa Corte ritiene  che  la
clausola di invarianza,  nel  breve  periodo  e  tenuto  conto  della
necessita' dell'immediato intervento, non  sia  implausibile  si'  da
incorrere in una violazione dell'art. 81, terzo comma, Cost. 
    9.3.- Al contempo, si deve  ricordare  che  la  legge  impone  al
Ministero dell'economia e delle finanze di esercitare con puntualita'
e correttezza le funzioni di monitoraggio previste all'art. 17, comma
12, della legge n. 196 del 2009 e,  se  del  caso,  di  promuovere  i
provvedimenti di cui ai commi  successivi,  anche  quando  gli  oneri
ricadono in prima battuta sui bilanci regionali. 
    Lo impone il principio dell'equilibrio  dinamico,  fondato  sulla
continuita' degli esercizi finanziari, il quale  e'  «essenziale  per
garantire   nel   tempo   l'equilibrio   economico,   finanziario   e
patrimoniale» e richiede che si rimedi con modalita' diacroniche agli
eventuali squilibri, anche quando si siano verificati per cause  gia'
immanenti nella legislazione (si vedano, tra le ultime,  le  sentenze
n. 89 del 2017, n. 280 e n. 188 del 2016, n. 155 e n. 10 del 2015). 
    10.- La presente decisione assorbe le istanze cautelari (sentenze
n. 155, n. 145 e n. 141 del 2016). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara inammissibili gli interventi di «Aggregazione  Veneta
- Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative  degli
enti ed associazioni di tutela  della  identita',  cultura  e  lingua
venete» e L. P., di «Associazione per Malati Emotrasfusi e Vaccinati»
(AMEV), nonche' di CODACONS e «Articolo 32  -  Associazione  italiana
per i diritti del malato» (AIDMA) nel giudizio promosso dalla Regione
Veneto con il ricorso n. 51 del 2017 indicato in epigrafe; 
    2) dichiara inammissibili gli interventi di «Aggregazione Veneta»
e  L.  P.,  del  «Coordinamento  nazionale  danneggiati  da  vaccino»
(CONDAV), di AMEV, L. B. e C. C., in qualita' di genitori del  minore
L. C., nel giudizio promosso dalla Regione Veneto con il  ricorso  n.
75 del 2017 indicato in epigrafe; 
    3)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 6-ter, del decreto-legge n. 73  del
2017 (Disposizioni urgenti in materia di  prevenzione  vaccinale,  di
malattie infettive e di controversie relative  alla  somministrazione
di farmaci), convertito dalla legge 31 luglio 2017, n. 119, promosse,
in riferimento agli artt. 2, 3, 5, 31, 32, 34, 77, secondo comma, 81,
terzo comma, 97, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119, primo e quarto
comma, della Costituzione, dalla Regione Veneto, con il ricorso n. 75
del 2017 indicato in epigrafe; 
    4) dichiara cessata la materia  del  contendere  in  ordine  alle
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi  1,
lettere g e h, 4 e 5, del decreto-legge n. 73 del 2017  (Disposizioni
urgenti  in  materia  di   prevenzione   vaccinale),   promosse,   in
riferimento agli artt. 2, 3, 31, 32, 34, 77, secondo comma, 81, terzo
comma, 97, 117, terzo e quarto comma,  118  e  119,  primo  e  quarto
comma, Cost., dalla Regione Veneto, con il ricorso  n.  51  del  2017
indicato in epigrafe; 
    5)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'intero testo del d.l. n.  73  del  2017  e  degli
artt. 1, commi 1, 1-ter, 2, 3, 4 e 6-ter; 3; 3-bis; 4; 5; 5-quater  e
7 del d.l. n. 73 del 2017, come convertito dalla  legge  n.  119  del
2017, promosse, in riferimento all'art.  77,  secondo  comma,  Cost.,
dalla Regione Veneto, con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    6)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, commi 1, 1-bis, 2, 3,  4  e  6-ter;  3;
3-bis; 4; 5; 5-quater e 7 del d.l. n. 73 del  2017,  come  convertito
dalla legge n. 119 del 2017, promosse, in  riferimento  all'art.  118
Cost., dalla Regione Veneto, con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    7)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, commi 1, 1-bis, 2, 3,  4  e  6-ter;  3;
3-bis; 4; 5; 5-quater e 7 del d.l. n. 73 del  2017,  come  convertito
dalla legge n. 119 del 2017,  promosse,  in  riferimento  all'art.  5
Cost., dalla Regione Veneto, con il ricorso n. 75 del  2017  indicato
in epigrafe; 
    8)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, commi 1, 1-bis, 2, 3,  4  e  6-ter;  3;
3-bis; 4; 5; 5-quater e 7 del d.l. n. 73 del  2017,  come  convertito
dalla legge n. 119 del 2017, promosse, in riferimento  all'art.  117,
terzo e quarto comma, Cost., dalla  Regione  Veneto,  con  i  ricorsi
indicati in epigrafe; 
    9)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, commi 1, 1-bis, 2, 3,  4  e  6-ter;  3;
3-bis; 4; 5; 5-quater e 7 del d.l. n. 73 del  2017,  come  convertito
dalla legge n. 119 del 2017, promosse, in riferimento agli artt.  31,
32, 34 e 97 Cost., dalla Regione Veneto, con i  ricorsi  indicati  in
epigrafe; 
    10)  dichiara  non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, commi 1, 1-bis, 2, 3,  4  e  6-ter;  3;
3-bis; 4; 5; 5-quater e 7 del d.l. n. 73 del  2017,  come  convertito
dalla legge n. 119 del 2017, promosse, in riferimento agli artt. 2, 3
e 32 Cost., dalla Regione Veneto, con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    11)  dichiara  inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4 e 6-ter;
3; 3-bis; 4; 5; 5-quater e 7 del d.l. n. 73 del 2017, come convertito
dalla legge n. 119 del 2017, promosse, in riferimento  all'art.  119,
primo e quarto comma, Cost., dalla  Regione  Veneto,  con  i  ricorsi
indicati in epigrafe; 
    12)  dichiara  non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4 e 6-ter;
3; 3-bis; 4; 5; 5-quater e 7 del d.l. n. 73 del 2017, come convertito
dalla legge n. 119 del 2017, promosse, in  riferimento  all'art.  81,
terzo comma, Cost., dalla Regione Veneto, con i ricorsi  indicati  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA 
 
 
                                                            Allegato: 
                     ordinanza letta all'udienza del 21 novembre 2017 
 
                              ORDINANZA 
 
    Ritenuto che  la  Regione  Veneto  ha  promosso  un  giudizio  di
legittimita'  costituzionale  (r.r.  n.  51  del  2017)  avverso   il
decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 (Disposizioni urgenti  in  materia
di prevenzione vaccinale), per intero e con  riguardo  agli  art.  1,
commi da 1 a 5, 3, 4, 5 e 7; 
    che in  questo  giudizio  hanno  depositato  atti  di  intervento
l'associazione «Aggregazione Veneta - Aggregazione delle associazioni
maggiormente rappresentative degli enti  ed  associazioni  di  tutela
della identita', cultura e lingue venete», nonche' L. P. (in qualita'
di genitore di un minore non vaccinato) in data  2  agosto  2017;  la
«Associazione per Malati Emotrasfusi e Vaccinati» (AMEV), in data  29
agosto 2017; e le associazioni CODACONS e «Articolo 32 - Associazione
italiana per i diritti del malato» (AIDMA), in data 29 agosto 2017; 
    che la  Regione  Veneto  ha  altresi'  promosso  un  giudizio  di
legittimita' costituzionale (r.r. n. 75 del 2017) avverso il d.l.  n.
73 del 2017, come convertito dalla legge 31 luglio 2017, n. 119,  sia
nella sua interezza, sia con riguardo all'art.  1,  commi  1,  1-bis,
1-ter, 2, 3, 4 e 6-ter, e agli artt. 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7; 
    che  in  questo  secondo  giudizio  hanno  depositato   atti   di
intervento la gia' citata associazione «Aggregazione Veneta», nonche'
L.  P.,  in  data  2  ottobre  2017;  il   «Coordinamento   nazionale
danneggiati da vaccino» (CONDAV), in data 17 ottobre  2017;  la  gia'
citata associazione AMEV, unitamente a L. B. e C. C. (in qualita'  di
genitori di un minore non vaccinato e per questo escluso dai  servizi
educativi per l'infanzia del Comune di Pistoia), in data  17  ottobre
2017; 
    che le parti private hanno chiesto l'accoglimento delle questioni
di legittimita' costituzionale promosse dalla Regione  Veneto  e,  in
alcuni casi, anche delle istanze  di  sospensione  e  hanno  altresi'
depositato memorie; 
    che   l'Avvocatura   generale    dello    Stato    ha    eccepito
l'inammissibilita' di  interventi  siffatti  nel  presente  giudizio,
mentre  la  Regione  Veneto  ha  argomentato  a  favore  della   loro
ammissibilita'. 
    Considerato che il giudizio di legittimita' costituzionale in via
principale si svolge esclusivamente tra soggetti titolari di potesta'
legislativa e non ammette  l'intervento  di  soggetti  che  ne  siano
privi, fermi restando per costoro, ove ne  ricorrano  i  presupposti,
gli altri mezzi di tutela  giurisdizionale  eventualmente  esperibili
(sentenze n. 242, n. 110 e n. 63 del 2016; sentenza n. 118 del 2015); 
    che non valgono in senso contrario i precedenti citati da  alcune
delle difese delle parti, i quali si riferiscono (ordinanze n. 49, n.
48, n. 47, n. 46 e n. 45 del 2005) a giudizi  sull'ammissibilita'  di
referendum abrogativi, oppure (sentenze n. 172 del 2006, n.  345  del
2005, n. 25 del 2000, n. 171 del 1996, n. 456 del 1993 e n.  314  del
1992; ordinanze n. 250 del 2007, n. 389 e n. 50 del 2004)  a  giudizi
di  legittimita'  costituzionale  in  via   incidentale,   o   ancora
(ordinanza n. 76 del 2001) a conflitti di attribuzione tra poteri  e,
pertanto, non sono pertinenti nel caso odierno (da ultimo,  ordinanza
dibattimentale allegata alla sentenza n. 228 del 2016). 
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara inammissibili gli interventi di «Aggregazione  Veneta
- Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative  degli
enti ed associazioni di tutela  della  identita',  cultura  e  lingue
venete» e L. P., di «Associazione per Malati Emotrasfusi e Vaccinati»
(AMEV), nonche' di CODACONS e «Articolo 32  -  Associazione  italiana
per i diritti del malato» (AIDMA) nel giudizio promosso dalla Regione
Veneto con l'indicato ricorso r.r. n. 51 del 2017; 
    2) dichiara inammissibili gli interventi di «Aggregazione Veneta»
e  L.  P.,  del  «Coordinamento  nazionale  danneggiati  da  vaccino»
(CONDAV), di AMEV, L. B e C. C. nel giudizio promosso  dalla  Regione
Veneto con l'indicato ricorso r.r. n. 75 del 2017. 
 
                   F.to: Paolo Grossi, Presidente