N. 30 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 dicembre 2017

Ordinanza del 5 dicembre 2017 del Giudice di  pace  di  Macerata  nel
procedimento penale a carico di L.B.. 
 
Reati e pene - Depenalizzazione di reati  puniti  con  la  sola  pena
  pecuniaria - Esclusione dei reati di cui al decreto legislativo  n.
  286 del 1998. 
- Decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 (Disposizioni in  materia
  di depenalizzazione, a norma dell'articolo 2, comma 2, della  legge
  28 aprile 2014, n. 67), art. 1, comma 4. 
(GU n.8 del 21-2-2018 )
 
                   IL GIUDICE DI PACE DI MACERATA 
 
    L'avv. Antonino di  Renzo  Mannino  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza nella causa iscritta al n. RGNR 989/15  e  367/C/2016  R.G.
GdP nel procedimento penale di quest'Ufficio,  L  B  nato  a  ...  il
...(CUI ...) clandestino sul t.n. senza fisso domicilio elettivamente
domiciliato presso lo studio dell'avv. Biasco Domenico, in  Macerata,
C.so Cavour n. 3, tel.  0733-470345  nominato  difensore  di  fiducia
imputato del reato di cui  all'art.  10-bis  decreto  legislativo  25
luglio 1998, n. 286 (in relazione agli articoli 4 e  5  del  medesimo
testo unico) perche',  quale  cittadino  straniero,  faceva  ingresso
illegale  nei  territorio  dello  Stato  (in  quanto  sprovvisto   di
passaporto o di altro documento equipollente e/o del necessario visto
d'ingresso, previsti dall'art. 4 decreto legislativo n. 286/98 e  non
versando in alcuna ipotesi di esenzione o di causa di forza maggiore)
o comunque ivi si tratteneva senza conseguire il necessario  permesso
di soggiorno previsto dall'art. 5 decreto legislativo n. 286/98. 
    Accertato in Civitanova Marche (MC) il 16 novembre 2015. 
    Il Giudice di Pace visto  gli  atti  del  procedimento  suddetto,
considerato che oggetto d'esame e' l'art.10-bis  decreto  legislativo
25 luglio 1998, n. 286; che la fattispecie  necessita  un  vaglio  in
ordine alle problematiche complessive e di riferimento specifico  che
si espongono di seguito. 
 
                        Si osserva in diritto 
 
    1) preliminarmente si evidenzia che la natura del fatto in esame,
laddove si ritenesse la validita' della  sussistenza  di  aspetti  di
incostituzionalita', dovrebbe vedere  l'imputato  assolto  dal  reato
contestato. 
    Si ritiene il requisito della rilevanza quale  perno  su  cui  si
fonda  la  incidentalita',  ovvero  la  sussistenza  del   nesso   di
pregiudizialita' tra il giudizio davanti alla Corte e quello  dinanzi
al  giudice  remittente,  apparendo  il  tasso  di  concretezza   del
controllo di costituzionalita', utile  in  funzione  della  soluzione
della controversia pendente. 
    Tenuto  conto  della  giurisprudenza  costituzionale  e  del  suo
rigore, si ritiene che la  rilevanza  dipenda  non  gia'  dalla  mera
eventualita', ma dalla necessita' che la norma riceva applicazione da
parte del giudice remittente. 
    La rilevanza appare concreta e non  meramente  eventuale:  questo
giudice, allo stato degli atti, avendo  necessita'  di  applicare  la
legge denunziata, per la ratio  decidendi,  si  pone  l'interrogativo
volto  anche  a  prevenire  decisioni   dubbie   sotto   il   profilo
costituzionale, pur considerato il controllo di - non implausibilita'
- e di completezza delle  ragioni  poste  a  sostegno  e  di  seguito
argomentate. 
    Cio' appare in re ipsa di particolare rilevanza  per  le  ragioni
accennate. 
    Le problematiche complessive che ineriscono  alla  materia  della
immigrazione vedono,  il  remittente,  ritenere  in  ordine  all'art.
10-bis in relazione all'art. 76 della Costituzione il problema di  un
eccesso  di  delega,  non  commissivo   ma   omissivo:   appare   non
manifestamente  infondato,  dunque,  immaginare  una   illegittimita'
costituzionale del decreto legislativo  per  contrasto  con  art.  76
Cost., nella parte in cui non ha proceduto all'abolizione  del  reato
ex 10-bis ( (1) .) che si sottopone all'illuminato vaglio del Giudice
ad quem ( (2) ). 
    Appare opportuno evidenziare che nel passaggio  dalla  delega  al
decreto  delegato,  il  criterio  della  deflazione  si   rivolge   a
fattispecie di reato che hanno una  certa  ricorrenza  nei  repertori
giurisprudenziali, pur non  mancando  connotazioni  di  carattere  in
senso «politico». A questa  logica  pare  ispirarsi  l'inclusione  da
parte del legislatore  delegante  tra  le  ipotesi  da  depenalizzare
dell'art. 10-bis del testo unico sull'immigrazione, il  passaggio  ha
pero' ridimensionato il criterio  accennato,  infatti  non  e'  stata
esercitata la delega in relazione al  reato  d'ingresso  e  soggiorno
illegale nel territorio dello Stato di cui al menzionato art. 10-bis. 
    Sono note le vicende dell'art. 10-bis: una norma che, pur essendo
stata «salvata» dalla Corte costituzionale  (  (3)  ),  ha  coagulato
attorno a se' una davvero impressionante unanimita' di  vedute  circa
l'opportunita'  della  sua  abrogazione.  Da  qualunque   angolo   di
osservazione ci si ponga, la norma in questione presenta elementi  di
criticita' tali da giustificarne l'eliminazione: sia che si  rimarchi
la  sua  natura  di  fattispecie  espressiva  di  un  approccio  alla
penalizzazione piu' orientata all'autore che al  fatto,  sia  che  si
valorizzi  la  sua  componente  simbolica   a   detrimento   peraltro
dell'effettivita' del sistema cosi congegnato, il punto d'approdo  e'
comune nel senso dell'opportunita' dell'eliminazione del reato (  (4)
). Significative in questo senso, del resto, sono state le  prese  di
posizione di autorevoli esponenti della magistratura ( (5)  )  -  che
proprio in prossimita' dell'emanazione del decreto legislativo  hanno
ribadito con forza l'illogicita' della  permanenza  di  una  siffatta
figura criminosa -, nonche' il fatto che una delle condizioni apposte
dalla Commissione Giustizia della Camera all'atto  del  parere  sullo
schema di decreto era stata quella di procedere alla depenalizzazione
altresi' dell'art. 10-bis. Hanno invece alla  fine  prevalso  ragioni
politiche, legate alla funzione simbolica dei diritto  penale,  utile
placebo di fronte alle inquietudini dell'opinione  pubblica  rispetto
al fenomeno dell'immigrazione ( (6) ), che hanno indotto il Governo a
escludere dall'intervento  di  depenalizzazione  il  testo  unico  in
materia. 
    A supporto appare utile considerare anche circostanze considerate
dalla dottrina (prof. Antonio  Gullo),  infatti,  il  catalogo  delle
materie escluse, che si e' andato arricchendo nel  corso  dei  lavori
parlamentari, nel d.d.l. di iniziativa dei Senatori Palma e  Caliendo
(A.S. n. 110) del 15 marzo 2013, poi confluito  nel  Testo  unificato
(A.S. n. 925) predisposto dalla Commissione Giustizia del Senato il 9
ottobre 2013 e che rappresenta per quanto attiene  a  questi  profili
l'antenato della  legge  n.  67/2014,  si  faceva  menzione  solo  di
edilizia e urbanistica, ambiente territorio e paesaggio,  alimenti  e
bevande, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sicurezza pubblica,
comparendo pero'  poi,  a  differenza  del  testo  della  delega  poi
approvata,  l'immigrazione.  Nel  testo  unificato   proposto   dalla
Commissione  Giustizia  del  Senato  sopra  citato  si   elimina   il
riferimento  all'immigrazione,  inserendosi  pero'  al  contempo   un
principio di delega specifico  in  relazione  all'art.  10-bis  Tulmm
(decreto legislativo  n.  286/1998),  mentre  si  aggiungono  tra  le
materie sottratte alla depenalizzazione giochi d'azzardo e scommesse,
armi e esplosivi, elezioni e  finanziamento  ai  partiti,  proprieta'
intellettuale e industriale, e sara' questo l'assetto  di  disciplina
che permarra' nella legge delega. 
    La ragione alla base di tale scelta e' espressa dal d.d.l. n. 110
prima richiamato in questi termini: «dalla nuova classificazione come
illeciti amministrativi sono escluse quelle materie che  attengono  a
beni che si riflettono direttamente sulla vita dei cittadini  e  che,
pertanto, meritano di essere tuttora protetti con il sistema penale».
La seguente affermazione, pur  nella  non  felicissima  formulazione,
sembrerebbe segnalare la particolare rilevanza dei beni in questione,
la cui meritevolezza di pena sconsiglia di correre i rischi  connessi
alla  clausola  «cieca»:  si  tratta  peraltro  di  beni  collettivi,
rispetto ai quali si e'  ritenuto  opportuno  mantenere  un  presidio
penale. Anche in questo caso la tecnica e' sperimentata: tanto  nella
depenalizzazione del 1975 quanto in quella, piu' ampia, del  1981  si
ricorre a tale criterio di esclusione. Pure nel progetto Fiorella  ci
si imbatte in siffatta scelta con pero' importanti correttivi. 
    Per un verso, ci si fa carico dell'esigenza di individuare  anche
nei settori esclusi le ipotesi  che  sono  ritenute  tali  da  essere
degradate in illecito amministrativo; per altro verso,  si  escludono
dalla depenalizzazione i  «reati  previsti  dai  decreti  legislativi
attuativi di direttive comunitarie» indicati poi in apposito  elenco,
oltre che prendere posizione espressa sulla sorte  delle  fattispecie
codicistiche . Si tratta naturalmente di  soluzione,  in  particolare
cosi come  elaborata  dalla  legge  n.  67/2014,  ad  alto  tasso  di
problematicita':  la  particolare  latitudine  semantica  di   talune
materie, in una, con la mancata  opera  di  specificazione  dei  suoi
contenuti «normativi». 
    Accenni in questo senso sembrano rinvenirsi anche nella relazione
di  accompagnamento  al  progetto  Fiorella,  cit.,  V.  le  analoghe
considerazioni di F. Bricola, la depenalizzazione a  proposito  della
corrispondente esclusione di cui all'art. 34 della legge n. 689/1981.
In  relazione  al  presente  intervento  di  depenalizzazione  v.  A.
Gargani, la depenalizzazione del progetto; le deleghe  sostanziali  ,
cit.,  con  particolare  riguardo  agli  Studi  Commento  ai  decreti
legislativi nn. 7 e 8 del 2016. (A. Gullo www.lalegislazionepenale.eu
2229.7.2016) 
    Le tesi evidenziano come cio' avrebbe comportato il rischio di un
tasso di discrezionalita' davvero elevato in sede di applicazione. Il
risultato sarebbe stato quello di una oggettiva difficolta' da  parte
dei consociati di conoscere preventivamente  quali  figure  di  reato
fossero  da  ritenersi  oggetto   di   trasformazione   in   illecito
amministrativo. Il legislatore delegato ha opportunamente  proceduto,
in linea con le  indicazioni  emerse  dai  lavori  della  Commissione
Palazzo, a  individuare,  in  seno  alle  singole  materie,  i  corpi
normativi e, in taluni casi, le sole disposizioni  all'interno  degli
stessi (allorche' essi presentassero contenuti  eterogenei),  escluse
dalla  depenalizzazione,  Da  qui  gli  allegati   all'art.   1   che
rappresentano una preziosa guida per l'interprete,  ove  peraltro  si
specifica che i riferimenti agli atti normativi si  intendono  estesi
agli  eventuali,  successivi   provvedimenti   di   modifica   o   di
integrazione. Si tratta dunque di scelta  da  condividere.  E'  stato
subito posto  il  problema  della  sorte  da  riservare  a  eventuali
disposizioni non incluse nell'elenco ma potenzialmente rientranti, in
quanto  ritenute  omogenee,  nella  materia  di  volta  in  volta  in
questione: se cioe' esse debbano  o  meno  essere  parimenti  escluse
dalla depenalizzazione. Sembra tuttavia che la soluzione debba essere
negativa, dovendosi limitare l'esclusione ai soli casi  espressamente
contemplati. Un'ultima notazione riguarda la  previsione  di  cui  al
comma 4 dell'art. 1 decreto legislativo n.  8/2016  che  recita:  «la
disposizione dei comma 1 non si applica ai reati di  cui  al  decreto
legislativo 25 luglio 1998 n. 286». Si  tornera'  a  breve  sull'art.
10-bis; ma qui l'aspetto di interesse e' che  il  legislatore  ha  in
sostanza recuperato  l'immigrazione  tra  le  materie  escluse  dalla
depenalizzazione nella misura in cui  ha  richiamato  l'intero  testo
unico in materia. E cio' nonostante i lavori parlamentari  dimostrino
chiaramente la volonta' del legislatore delegante di  espungere  tale
materia tra quelle escluse dal processo di depenalizzazione. 
    Puo' essere utile a  questo  riguardo  sintetizzare  il  percorso
parlamentare sul punto. Come si e' anticipato, l'originario d.d.l. (A
.S. n. 110) includeva l'immigrazione tra le  materie  sottratte  alla
depenalizzazione. Nel testo unificato predisposto  dalla  Commissione
Giustizia del Senato fu eliminato il riferimento  all'immigrazione  e
si  introdusse  un  principio   di   delega   specifico   in   merito
all'abrogazione dell'art. 10-bis dei testo unico  immigrazione.  Tale
principio risultava coerente con l'impianto complessivo della delega:
a fronte di fatti della trasformazione del c.d. reato di immigrazione
clandestina  in   illecito   amministrativo   che   sarebbe   discesa
dall'applicazione  del   criterio   generale   di   depenalizzazione,
l'indicazione al Governo era quella di  procedere  piu'  radicalmente
all'abrogazione della fattispecie in questione. 
    E' in sede di esame del testo da parte dell'Aula del  Senato  che
si modifico' la disposizione  di  cui  si  tratta,  richiedendosi  la
trasformazione  del  reato  di  cui  all'art.  10-bis   in   illecito
amministrativo - esito comunque  assicurato  dall'operativita'  della
depenalizzazione «cieca» -, ma precisandosi - ed e'  questa  la  vera
novita' - che dovesse essere conservato «rilievo penale alle condotte
di violazione dei provvedimenti amministrativi  adottati  tendenziale
onnicomprensivita'  del  concetto  di  sicurezza  pubblica.  Piu'  di
recente sottolinea questo  aspetto  A.  Sereni,  La  depenalizzazione
nella societa' di massa tra logica liberale e  logica  economica,  in
RTrimDPenEc 2015, 561.53.  La  questione  e'  posta  dalla  relazione
dell'Ufficio del Massimario della Corte di cassazione, cit.,  3.Studi
Commento ai  decreti  legislativi  nn.  7  e  8  del  2016  A.  Gullo
www.lalegislazionepenale.eu 2329.7.2016 in materia». Se si guarda  al
testo unico immigrazione le ipotesi di reato che vengono  in  rilievo
sono la «violazione delle misure imposte dal questore» (art. 13 comma
5.2) e «la violazione dell'ordine del questore di lasciare lo  Stato»
(art. 14 comma 5-ter), punite con la  pena  pecuniaria  e  come  tali
«intercettatili», in assenza di una previsione ad hoc, dalla clausola
generale di depenalizzazione. Sara' alla  fine  questo  il  contenuto
definitivo della delega cristallizzato nell'art. 2  comma  3  lettera
b), legge n. 67/2014. 
    L'esito cui si e' giunti con il  decreto  legislativo  n.  8/2016
sembra allora porsi in contrasto con la delega. 
    Il principio di delega infatti si  limitava  in  qualche  modo  a
ribadire, per quanto riguarda l'art. 10-bis, un  effetto  discendente
direttamente, come poco sopra  evidenziato,  dall'applicazione  della
clausola generale, mentre  indicava  al  Governo  di  sottrarre  alla
depenalizzazione le due figure avanti menzionate. 
    Ne' sembra potersi sostenere, alla luce dei lavori  parlamentari,
la riconducibilita' delle ipotesi de quibus alla  materia  «sicurezza
pubblica»: e' chiaro sul punto il d.d.l. n. 110, dove  l'immigrazione
figurava (autonomamente) accanto alla  «sicurezza  pubblica»  tra  le
materie escluse, e lo e' altrettanto lo stesso decreto legislativo n.
8/2016  qui  in  considerazione,  che  contempla,   appositamente   e
distintamente dalla sicurezza pubblica, il testo unico immigrazione. 
    Stando cosi' le cose, il Governo avrebbe potuto/dovuto percorrere
la strada di dare attuazione  parziale  al  principio  di  delega  in
questione - eccettuando pertanto dalla depenalizzazione  «cieca»  gli
articoli 13 comma 5.2 e 14 comma 5-ter dei testo unico immigrazione. 
    In  tale  eventualita'  l'art.  10-bis  sarebbe  stato   comunque
interessato dal criterio formale di  depenalizzazione  in  forza  del
quale si prevede la  trasformazione  in  illecito  amministrativo  di
tutti i reati puniti con multa o ammenda, ad esclusione delle materie
indicate  nella  delega  (tra   cui   non   figurava,   come   detto,
l'immigrazione).  A  ben  vedere,  il  c.d.  reato  di   immigrazione
clandestina  avrebbe  potuto  non  essere  trasformato  in   illecito
amministrativo solo laddove  non  fosse  stato  attuato  il  criterio
generale di delega appena richiamato. Cio' che  non  poteva  tuttavia
fare il Governo era reintrodurre l'immigrazione  tout  court  tra  le
materie escluse dal parametro formale di depenalizzazione,  con  cio'
andando contro la delega.  Il  decreto  legislativo  sembra  pertanto
esporsi  sotto  questo  profilo  a  una   censura   di   legittimita'
costituzionale per violazione dell'art. 76 Cost. 
    Cio' posto si  chiede  alla  Ecc.ma  Corte  adita  di  dichiarare
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.   1   comma   4   decreto
legislativo n. 8/2016, che sottrae alla depenalizzazione i  reati  di
cui al decreto legislativo n. 286/1998  (Tulmm),  per  contrasto  con
l'art.2, 2 comma 3 lettera b), sin qui  esaminato;  disposizione  che
richiedeva esclusivamente al Governo  di  abrogare  l'art.  10-bis  ,
trasformandolo in illecito amministrativo, e  di  conservare  rilievo
penale alle condotte di violazione dei  provvedimenti  amministrativi
adottati in materia. V. Depenalizzazione, Schede di lettura. Atto dei
Governo n. 245 (novembre 2015), 11.55 V.Dossier Senato n.  83,  cit.,
76. Questo e' il disposto dell'art, 2 comma  3  lettera  b  legge  n.
67/2014:  «abrogare,trasformandolo  in  illecito  amministrativo,  il
reato previsto dall'art. 10-bis del testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero, di cui al decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.
286, conservando rilievo  penale  alle  condotte  di  violazione  dei
provvedimenti amministrativi adottati in materia». 
    In considerazione di  quanto  precede,  il  Giudice  di  pace  di
Macerata in persona del Giudice Antonino di Renzo Mannino, 

(1) Le commissioni  parlamentari,  nei  pareri  ai  decreti,  avevano
    espresso contrarieta' rispetto alla scelta  del  Governo  di  non
    abrogare il 10-bis, e contestualmente avevano  reputato  che  una
    eventuale  scelta  del  Governo  in  questo  senso  non   avrebbe
    compromesso la validita' del provvedimento nella sua generalita' 

(2) In questo modo non si viola comunque la prescrizione della  legge
    (che chiede non  di  abrogare,  ma  di  trasformare  in  illecito
    amministrativo) poiche' ingresso e soggiorno sono  gia'  illeciti
    amministrativi, puniti con l'espulsione. 

(3) Il riferimento e' alla nota sentenza n. 250 del 2010 con cui sono
    state   respinte   le   numerose   questioni   di    legittimita'
    costituzionale che hanno investito la previsione in questione. 

(4) Su questi profili, nonche' per un compiuto  quadro  dottrinale  e
    giurisprudenziale sul punto v. L.Masera, sub art  10-bis  decreto
    legislativo 25 luglio 1998 n. 286, in Codice  penale  commentato,
    diretto da E. Dolcini e G.L. Gatta, Milano 2015, 2639 ss. Per  un
    approccio in parte critico a  tale  impostazione  A.  Sereni,  La
    depenalizzazione, 567  s.  ad  avviso  del  quale  «il  reato  di
    immigrazione clandestina merita semmai l'abrogazione per  ragioni
    pragmatiche  legate  all'impossibilita'  di  gestire  norme   che
    «producono» criminalita' di massa, tanto piu' quando la  sanzione
    amministrativa dell'espulsione del clandestino puo' rinsaldare da
    se' la tenuta del confine nazionale. 

(5) Riferimenti in A. Gargani, La depenalizzazione, 585, nt 47. 

(6) «...per tali materie, in assenza di un intervento sistematico  di
    piu'  ampio  respiro,  lo  strumento  repressivo  penale  appare,
    invero, indispensabile ai fini della composizione  del  conflitto
    innescato dalla  commissione  dell'illecito»:  queste  le  parole
    della relazione al decreto dirette a  "giustificare"  il  mancato
    esercizio della delega (v. Relazione al  decreto  legislativo  n.
    8/2016, 5). 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Ritenuta  non  manifestamente  infondata  e  rilevante,  per   la
decisione  del  presente  giudizio,  la  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 139, comma 1,  3,  6  per  violazione  degli
artt. 2, 3, 24 32, 76, 117 della Costituzione nei termini  e  per  le
ragioni di cui in motivazione; 
    Dispone la sospensione del procedimento in corso; 
    Ordina la notificazione della presente ordinanza  ai  procuratori
delle  parti  e  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  la
comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati  e
del Senato; 
    Ordina la trasmissione dell'ordinanza alla  Corte  costituzionale
insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle  notificazioni
e delle comunicazioni prescritte. 
 
      Macerata, 5 dicembre 2017 
 
                Il Giudice di pace: di Renzo Mannino