N. 31 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 ottobre 2017

Ordinanza  del  24  ottobre  2017  del Tribunale   di   Trieste   nel
procedimento civile promosso da  Genagricola  S.p.a.  contro  Agenzia
delle entrate - Riscossione S.p.a., e Gestore dei servizi  energetici
GSE S.p.a.. 
 
Riscossione delle imposte - Esecuzione esattoriale - Inammissibilita'
  delle opposizioni all'esecuzione  regolate  dall'art.  615  c.p.c.,
  fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilita' dei beni -
  Applicabilita' di tale regime all'attivita' di riscossione mediante
  ruolo effettuata da Agenzia delle Entrate-Riscossione. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973,  n.  602
  (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), art. 57
  [, comma 1, lett. a), come  sostituito  dall'art.  16  del  decreto
  legislativo 26 febbraio 1999,  n.  46  (Riordino  della  disciplina
  della riscossione mediante ruolo, a  norma  dell'articolo  1  della
  legge 28 settembre 1998, n. 337)]; e, "ove occorra",  decreto-legge
  30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale
  e  disposizioni  urgenti  in  materia  tributaria  e  finanziaria),
  convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248,
  art. 3, comma 4, lett. a). 
(GU n.8 del 21-2-2018 )
 
                   TRIBUNALE ORDINARIO DI TRIESTE 
                           Sezione civile 
 
    nella persona  del  Giudice  dell'esecuzione  ha  pronunziato  la
seguente ordinanza nel procedimento iscritto sub R.g.e. n. 681/2017 e
promosso da Genagricola S.p.a., esecutato - opponente; 
    Contro Agenzia delle entrate Riscossione, esecutante - opposta; 
    e nei confronti di Gestore dei  servizi  energetici  GSE  S.p.A.,
terzo pignorato, non costituito. 
    Provvedendo durante l'udienza del 24 ottobre 2017; 
    Premesso che e'  affidato  a  questo  Giudicante  il  compito  di
decidere sull'opposizione promossa e depositata in data 7 agosto 2017
da Genagricola S.p.a. (esecutato opponente). ex art.  615  codice  di
procedura civile, avverso il pignoramento presso  terzi  avviato,  ex
art 72-bis decreto del Presidente della Repubblica  n.  602/1973,  da
Agenzia delle entrate Riscossione (opposta),  per  il  credito  di  €
299.759.59 per ICI non corrisposta,  avente  ad  oggetto  il  credito
dalla prima vantato nei confronti della societa' Gestore dei  servizi
energetici Gse S.p.A (terzo-pignorato); 
    1.  che   l'antefatto   da   cui   scaturiva   l'opposizione   e'
compendiabile nei seguenti punti: 
    a) in data 30 novembre 2015  il  Comune  di  Cassano  allo  Ionio
notificava alla Genagricola l'avviso di accertamento n. 1592 per  ICI
non versata relativamente all'anno 2010; 
    a) in data 19  dicembre  2011  l'Azienda  speciale  Velletri  ora
Velletri  Servizi  S.p.A  notificava  alla  Genagricola   avvisi   di
accertamento numeri 220, 327, 577 e 616 del 19 dicembre 2011 per  ICI
non versata relativamente agli anni 2006/2009; 
    b) cotali atti erano  impugnati  innanzi  al  competente  Giudice
tributario, con richiesta di misura cautelare; 
    d) in data 1° agosto  2017,  Agenzia  delle  entrate  Riscossione
notiziava Genagricola del pignoramento presso terzi  promosso  contro
la stessa, ed avente ad  oggetto  un  credito  pari  a  €  299.759,59
vantato dalla seconda verso Gestore dei servizi energetici Gse S.p.A,
terzo pignorato; 
    g) Genagricola proponeva opposizione al pignoramento ex art.  615
codice di procedura  civile,  assumendo,  principalmente,  l'avvenuta
violazione dell'art. 7 decreto sviluppo 2011, che  ha  introdotto  in
via generale la sospensione ex lege degli atti esecutivi esattoriali,
in ragione del fatto che Agenzia entrate  Riscossione  aveva  avviato
l'esecuzione prima che fossero decorsi 120 giorni dalla  proposizione
del ricorso, e pedissequa istanza cautelare, contro  la  cartella  di
pagamento, o comunque, prima che intervenisse la  decisione  su  tale
istanza cautelare in evidente violazione  della  disposizione  teste'
richiamata; eccependo in conseguenza di cio'  l'improcedibilita'  del
pignoramento  avviato  da  Agenzia   entrate   Riscossione;   infine,
rilevando il contrasto tra i limiti introdotti dall'art.  57  decreto
del Presidente  della  Repubblica  n.  602/1973  e  il  principio  di
effettivita' della tutela di matrice comunitaria; 
    h) nell'ambito dell'opposizione proposta, Genagricola  sollevava,
inoltre, questione di incostituzionalita' dell'art.  57  del  decreto
del Presidente della Repubblica n. 602/1973 rispetto agli articoli 3,
24, 54, 97, 111 e 113 Cost. sotto i seguenti profili:  1)  in  quanto
tale ultima disposizione limiterebbe la proposizione  di  opposizione
contro l'esecuzione, avviata per la riscossione dei tributi, al  solo
fine di opporre l'impignorabilita' dei beni, sostanzialmente  ledendo
il diritto di difesa del contribuente impedendo ad  essa  di  potersi
difendere contro un'esecuzione illegittima e/o ingiusta;  2)  perche'
l'art. 57 dianzi richiamato integrerebbe applicazione  del  principio
solve et repete gia' dichiarato incostituzionale con la pronuncia  n.
21/1961; 3) creerebbe disparita' di trattamento tra contribuenti,  in
particolare tra coloro a cui l'ordinamento consente tutela verso  gli
atti dell'esecuzione in materia esattoriale e coloro  che  invece  ne
restano privati per effetto della disposizione  poc'anzi  richiamata,
con cio' violando il principio di  uguaglianza  sancito  dall'art.  3
Cost.; 4) da ultimo ne risulterebbero violati sia  il  principio  del
giusto processo in particolare il principio  di  parita'  processuale
delle parti, sia l'obbligo per il funzionario, sancito  dall'art.  54
Cost., di adempiere alle proprie funzioni con disciplina ed onore, al
cui rispetto sarebbero tenuti anche i concessionari  di  un  pubblico
servizio;  e  dunque  anche  l'art.  97  Cost.  giacche'  l'art.   57
summenzionato rappresenterebbe l'allontanamento del  procedimento  di
recupero dei tributi dai  canoni  di  buon  andamento  sanciti  dalla
predetta disposizione della Carta costituzionale. Chiedendo a  questo
giudice remittente di volere sollevare la summentovata  questione  di
legittimita'  costituzionale,  al  fine  di   poter   successivamente
decidere nel merito l'opposizione proposta  (decisione,  allo  stato,
non possibile stante il limite previsto dal predetto art. 57); 
    2.  che,  all'udienza  odierna   costituivasi   Agenzia   entrate
Riscossione  eccependo:  l'inapplicabilita'   dell'art.   7   decreto
sviluppo 2011 ai casi di riscossione di tributi locali affermando che
«tale  disposizione  non  ha  portata   generale   e   di   immediata
applicazione, riguardano invece un fattispecie  ben  precisa,  quella
degli avvisi di  accertamento  esecutivi  emessi  dall'Agenzia  delle
entrate per tributi  erariali»;  l'inammissibilita'  dell'opposizione
stante  il  divieto  dell'art.  57  decreto  del   Presidente   della
Repubblica n. 602/1973. A  tale  udienza,  in  cui  parte  procedente
insisteva per il rigetto della sospensione del giudizio mentre  parte
opponente insisteva per la remissione alla Corte costituzionale della
questione d'incostituzionalita' sollevata. 
    Esaminati gli atti di causa e la documentazione dimessa; 
    Ritenuto da parte di questo Giudice remittente, per contrasto con
gli articoli 3, 24, 111 e 113 Cost., di dover sollevare la  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 57  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 602/1973 ed anche, ex officio, dell'art. 3, comma
4, lettera a) del decreto-legge n. 203/2005 laddove cosi dispone: «La
Riscossione S.p.a. [poi trasformata in  Agenzia  entrate  Riscossione
S.p.a.] effettua l'attivita' di riscossione  mediante  ruolo,  con  i
poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo  II,  e  al
titolo II del decreto del Presidente della  Repubblica  29  settembre
1973  n.  602...»  e  quindi  ove  assoggetta  il   procedimento   di
riscossione che pone in essere  (oggi)  Agenzia  entrate  Riscossione
anche all'applicazione dell'art. 57 ed ai limiti da esso  introdotti.
La necessita' di sollevare  ex  officio  l'incostituzionalita'  anche
della disposizione applicativa teste'  richiamata  del  decreto-legge
del 2005 discende dai contenuti della Corte costituzionale n. 49/2015
al fine di scongiurare una pronuncia di inammissibilita'; 
    Precisato che la  questione  che  si  solleva  e',  all'evidenza,
rilevante  giacche'  dall'applicazione  della  disposizione,  che  si
reputa  contraria  ai  principi  della  Carta  costituzionale   sovra
richiamati, deriva l'impossibilita' per questo Giudice remittente  di
decidere la controversia sub iudice nel merito; non solamente, ma  la
questione e' altresi' manifestamente fondata in ordine al  fatto  che
le disposizioni dianzi denunziate di essere incostituzionali  violano
sia principi costituzionali posti a presidio del diritto  di  difesa,
limitandolo in maniera macroscopica rispetto ad una  larga  parte  di
attivita'  della  pubblica  amministrazione  o  delle   societa'   di
riscossione  tributi,  sia  principi  di  uguaglianza  e  del  giusto
processo nei termini infra descritti; 
    Richiamato l'art. 72-bis decreto del Presidente della  Repubblica
n. 602/1973 che cosi' dispone; «salvo che per i crediti pensionistici
e fermo restando quanto previsto dall'art. 545, commi quarto e sesto,
del codice di procedura  civile,  e  dall'art.  72-ter  del  presente
decreto l'atto di pignoramento dei crediti del debitore  verso  terzi
puo' contenere, in luogo della citazione di cui all'art. 543, secondo
comma, numero 4, dello stesso codice di procedura civile, l'ordine al
terzo di pagare i credito  direttamente  al  concessionario,  fino  a
concorrenza del credito per cui si procede...», in ragione del  quale
in data 1° agosto 2017  Agenzia  entrate  Riscossione  comunicava  al
contribuente-Genagricola  l'atto   di   pignoramento   presso   terzi
notificato a Gestore dei servizi energetici Gse S.p.A  (creditore  di
Genagricola S.p.a.)  per  l'importo  di  €  299.759,59,  violando  la
disposizione contenuta all'art. 7 del decreto-legge n. 70/2011  conv.
in legge n. 106/2011 il quale al comma 1, lettera m)  cosi'  prevede:
«attenuazione del principio solve et repete. In caso di richiesta  di
sospensione  giudiziale  degli  atti  esecutivi,   non   si   procede
all'esecuzione fino alla decisione del giudice  e  comunque  fino  al
centoventesimo giorno»; stante che la cartella di pagamento  e'  atto
esecutivo (come tutti  gli  atti  della  riscossione)  che  legittima
all'esecuzione forzata, tanto che sulla base della  stessa  e'  stata
avviata l'esecuzione  in  via  amministrativa  da  parte  di  Agenzia
entrate Riscossione nord S.p.a.; 
    Richiamato l'art. 57 summenzionato, il quale cosi'  recita:  «Non
sono ammesse: a) le opposizioni regolate dall'art. 615 del codice  di
procedura  civile,  fatta  eccezione  per   quelle   concernenti   la
pignorabilita' dei beni; b) le opposizioni regolate dall'art. 617 del
codice di procedura civile relative alla regolarita' formale ed  alla
notificazione  del  titolo  esecutivo.  Se  e'  proposta  opposizione
all'esecuzione o agli atti esecutivi, il giudice fissa  l'udienza  di
comparizione delle parti avanti a se' con decreto steso in  calce  al
ricorso, ordinando al concessionario di  depositare  in  cancelleria,
cinque giorni prima dell'udienza, l'estratto del  ruolo  e  copia  di
tutti gli atti dell'esecuzione»; 
    Ritenuto che cotale disposizione, invero limiti profondamente  le
possibilita'   di   tutela   del   contribuente   contro   gli   atti
dell'esecuzione  in  materia  esattoriale,  impedendogli  la   stessa
proposizione di gravame contro gli stessi; 
    Ritenuto che ogni provvedimento di questo Giudice  sarebbe,  allo
stato, irragionevolmente limitato dalla sopra richiamata disposizione
normativa, che gli impedisce di pronunziarsi sulla  fondatezza  della
pretesa azionata, pur nell'evidente presenza di elementi di  fatto  e
di diritto. inducenti a ravvisarne l'indubbia fondatezza  sostanziale
e processuale; 
    Considerato che, inoltre, stante il contenuto  dell'art.  57  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, che impedisce la
stessa   proposizione   dell'opposizione,   questo   giudice,    sino
all'intervento  della  Corte  costituzionale   sulla   questione   di
costituzionalita' qui sollevata, non  potrebbe  nemmeno  pronunziarsi
sull'istanza cautelare avanzata dalla  debitrice  opponente;  che  ne
deriva    l'assoluta    pregiudizialita'    della    questione     di
costituzionalita' rispetto ad ogni  altra  questione,  tanto  che  la
stessa  Agenzia  entrate  Riscossione   eccepiva   l'inammissibilita'
dell'opposizione in forza di quanto previsto dall'art. 57 decreto del
Presidente della Repubblica n.  602/1973;  e  che  da  tale  scenario
deriva, quale automatica conseguenza,  l'impossibilita'  di  assumere
una decisione di merito sull'opposizione ancorche' fondata: 
    Ritenuto che  e'  nella  facolta'  del  Giudice  dell'esecuzione,
ritenendone sussistenti i presupposti, sollevare ai  sensi  dell'art.
23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e successive modifiche, questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  57   del   decreto   del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.  602  e  l'art.  3,
comma  4,  lettera  a)  del  decreto-legge  n.  203/2005,  in  quanto
disposizioni applicabili alla presente fattispecie. 
    Osservato, che le norme assunte come violate da tale disposizione
appaiono gli articoli 3, 24, 111  e  113  della  Costituzione,  nella
misura in  cui  l'art.  57  predetto  (applicabile  alle  riscossioni
esattoriali promosse da  Agenzia  entrate  Riscossione  in  forza  di
quanto stabilito dall'art. 3, comma 4, lettera  a)  decreto-legge  n.
203/2005), incidendo in senso limitativo sul diritto  di  difesa  del
contribuente e limitando i mezzi di  tutela  di  quest'ultimo  contro
taluni  atti  dell'esecuzione  in  materia  tributaria.  non  ammette
possibilita' di proporre opposizione all'esecuzione  avviata  per  la
riscossione delle imposte e tributi se non  limitatamente  «a  quelle
concernenti la  pignorabilita'  dei  beni»  e  sotto  altri  svariati
profili di cui infra si dira'; 
    Verificato che, i precedenti  giurisprudenziali  in  materia  non
pregiudicano    una    pronunzia    della    Corte     costituzionale
sull'illegittimita' della norma censurata nel  presente  giudizio,  e
che dalla decisione della stessa dipende la pronunzia  sul  mento  da
parte di questo Giudice, tenuto conto della specifica  fattispecie  e
della documentazione di causa acquisita; 
    Rilevato che: 
        l'art.  7  del  decreto-legge  n.  70/2011,   successivamente
convertito in legge, al comma 1 enunzia  disposizioni  di  principio,
tra cui quella alla lettera m), in precedenza riportata, che, al fine
di operare l'attenuazione del principio  solve  et  repete,  sospende
l'esecuzione di atti esecutivi per 120 giorni, o fino alla decisione,
a fronte di richiesta  di  provvedimento  cautelare  nell'ambito  del
giudizio promosso contro tali atti,  mentre  al  successivo  comma  2
introduce prescrizioni funzionali a consentire l'attuazione  concreta
dei  principi  precedentemente  enunciati.  Tra   tali   prescrizioni
funzionali, ai punti gg-quater («a decorrere dalla data di  cui  alla
lettera gg-ter, i comuni effettuano  la  riscossione  coattiva  delle
proprie entrate, anche tributarie...») e seguenti, vengono introdotti
precetti sulla riscossione coattiva delle entrate tributarie comunali
(quale e' quella oggetto del giudizio di merito), in  particolare  il
punto gg-novies introducente l'art. 5-bis al decreto  legislativo  n.
546/1992 (sul processo  tributario),  stabilendo  che  «l'istanza  di
sospensione  e'  decisa  entro  centottanta  giorni  dalla  data   di
presentazione della stessa». Dall'interpretazione  sistematica  delle
due richiamate  disposizioni  del  2011  -  quella  introdotta  dalla
lettera m) del comma 1, art. 7, decreto-legge  n.  70/2011  e  quella
introdotta dalla lettera gg-novies del comma 2 dell'articolo poc'anzi
richiamato - si deduce l'applicabilita' dell'art. 7, comma 1, lettera
m) in via generale a tutti gli atti esecutivi della riscossione,  non
operando tale disposizione alcun richiamo a  specifici  atti,  quindi
anche alla fattispecie dedotta in giudizio; il  legislatore,  laddove
ha voluto  limitare  l'efficacia  degli  atti  esecutivi  relativi  a
specifici tributi,  lo  ha  fatto  espressamente,  come  previsto  ad
esempio alla lettera n) punto 3 del  comma  2  del  medesimo  art.  7
decreto-legge n. 70/2011 che espressamente  riguarda  la  riscossione
delle somme dovute in base ad  avvisi  di  accertamento  dell'Agenzia
delle entrate; 
        l'art. 29 del  decreto  legislativo  n.  46/1999,  richiamato
negli atti difensivi di  Agenzia  entrate  Riscossione  nord  S.p.a.,
cosi' dispone: «per le entrate tributarie diverse da quelle  elencate
dall'art. 2 del decreto legislativo n. 546 del 31  dicembre  1992,  e
per quelle non tributarie,  il  giudice  competente  a  conoscere  le
controversie concernenti il ruolo puo' sospendere la  riscossione  se
ricorrono gravi motivi. 
    Alle entrate indicate nel comma 1 non si applica la  disposizione
del comma 1 dell'art. 57 del decreto del Presidente della  Repubblica
29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall'art. 16 del  presente
decreto e le opposizioni all'esecuzione ed  agli  atti  esecutivi  si
propongono nelle forme ordinarie. 
    Ad esecuzione iniziata il giudice puo' sospendere la  riscossione
solo in presenza dei presupposti di cui all'art. 60 del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 602/1973, come sostituito dall'art. 16
del presente decreto.»; 
    Ritenuto che la disposizione innanzi riportata non si applichi al
caso di specie, rientrando, il tributo oggetto di riscossione, tra le
entrate elencate all'art.  2  del  decreto  legislativo  n.  546/1992
(ICI-tributo locale) espressamente  escluse  dall'applicazione  della
disposizione poc'anzi riportata; e che,  conseguentemente,  gli  atti
dell'esecuzione posti in essere per la riscossione  di  tale  tributo
ricadono nell'ambito di applicazione della disposizione dell'art.  57
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973. 
    Ritenuto che, quest'ultima  disposizione  (art.  57  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  602/1973)  impedisca  al  debitore
opponente   la   proponibilita'   dell'opposizione    all'esecuzione,
strumentazione quest'ultima ritenuta ammissibile solo per far  valere
l'impignorabilita'  dei  beni,  non  anche,  in  tesi,  per  rilevare
l'illegittimita'  dell'esecuzione,  o  la  carenza  dei   presupposti
dell'esecuzione, costringendo il contribuente a subire in  ogni  caso
l'esecuzione,  ancorche'  ingiusta;  con  la  sola  possibilita'   di
presentare ex post una richiesta di rimborso di quanto  ingiustamente
percetto dalla pubblica amministrazione, o suo concessionario per  la
riscossione, ovvero di agire per il risarcimento del danno; 
    Osservato, come noto, che l'interpretazione consolidata di questa
Corte  ebbe  a  stabilire  l'incostituzionalita'  delle   norme   che
favoriscono  irragionevolmente  sotto  il  profilo   processuale   un
soggetto rispetto ad un altro, come accade allorche'  nell'esecuzione
forzata sia favorita la posizione del creditore rispetto al  debitore
interponendo limiti di  accesso  alla  tutela  giurisdizionale  (come
accade per effetto della disposizione dianzi richiamata); 
    Ritenuto, altresi, che nella fattispecie a giudizio  l'esecuzione
fu posta in essere, a agosto 2017, nonostante la sospensione ex  lege
introdotta con l'art. 7 del decreto-legge n. 70/2011; 
    Osservata la stessa  giurisprudenza  delta  Corte  costituzionale
dichiarava  incostituzionale  il  principio  solve  et   repete   (in
applicazione del quale si pone l'art. 57 decreto del Presidente della
Repubblica  n.  602/1973)  in  quanto   incoerente   con   i   valori
costituzionali tutelati dagli articoli 3, 24 e 113 Cost. (la sentenza
C. cost. n. 21/1961 ha infatti stabilito che il  principio  solve  et
repete  in  materia  fiscale/tributaria,  impedisce  al  giudice   di
decidere la  controversia).  Secondo  l'insegnamento  della  Consulta
dianzi  richiamato,  il  principio  solve  et  repete  di  cui  fanno
applicazione, in combinato disposto, gli articoli 72-bis e 57 decreto
del Presidente della Repubblica n. 602/73 e' in  contrasto:  a)  «con
l'art. 3 Cost., in relazione alla differenza di trattamento che  crea
tra contribuenti che sono in grado di pagare immediatamente  l'intero
tributo e quelli che, invece, non hanno mezzi sufficienti per farlo»;
b) «con gli articoli 24 e 113 Cost. in quanto impedisce  di  chiedere
ed ottenere tutela giurisdizionale sia nei confronti di  privati  che
nei confronti dello Stato e  di  altri  enti  minori»,  lasciando  al
contribuente la sola possibilita' di agire ex post  per  il  rimborso
delle somme versate; 
    Ricordato,  inoltre,  che  la  Corte  costituzionale,   gia'   in
precedenza chiamata a valutare dell'incostituzionalita' dell'art.  57
decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  602/1973,  seppure  in
fattispecie del tutto diverse da quella qui esaminata, non  ebbe  mai
ad entrare nel merito della  questione,  sempre  limitandosi  ad  una
pronunzia  di  inammissibilita'  o  per  omessa   descrizione   della
fattispecie oggetto del giudizio a qua, o per carenza di  motivazione
da parte del giudice a quo, o ancora per genericita' di  enunciazione
della tesi e carenza di  motivazione  da  parte  del  giudice  a  quo
(sentenze C.  cost.  numeri  21/1972,  297/2007,  393/2008,  93/2009,
133/2011 e ord. n. 242/2001), sempre in ogni caso per ragioni  legate
alla formulazione e contenuti dell'ordinanza di remissione; 
    Osservato, inoltre, che  la  stessa  Corte  costituzionale  ancor
prima della modificazione dell'art.  111  Cost.,  operata  con  legge
costituzionale  n.  2/1999,  aveva  preconizzato  la  necessita'   di
uniformare  l'ordinamento  processuale  al   principio   del   giusto
processo, stabilendo da un lato con sent. n. 137/1984, «l'esigenza di
garantire lo svolgimento di un giusto processo come esigenza che  non
si risolve in affari singoli, ma assurge a  compito  fondamentale  di
una giurisdizione che non intenda abdicare alla primaria funzione  di
dicere ius di cui i diritti di agire e resistere nel processo  (quale
che ne sia l'oggetto) rappresentano soltanto i veicoli  necessari  in
non diversa guisa delle norme  disciplinatrici  della  titolarita'  e
dell'esercizio della potesta' dei giudici», tracciando  il  solco  su
cui  si  pone  l'attuale  richiesta  di   rimessione   che   risponde
all'esigenza che a  questo  giudice  a  quo  non  sia  preclusa  ogni
valutazione sul fumus boni  iuris  costringendolo  ad  abdicare  alla
propria funzione, come invece accade per effetto  della  disposizione
della cui incostituzionalita' si  chiede  pronuncia  da  parte  della
Corte; 
    Rilevato, che, sotto tale profilo, l'opponente altresi'  invocava
il principio di effettivita' della tutela di matrice comunitaria che,
nondimeno, presuppone  l'esistenza  della  tutela  nell'ambito  della
quale essa deve esser esercitata e resa in modo effettivo ed equo; 
    Reputato che, nel caso de  quo,  il  problema  afferente  l'esame
della disposizione contenuta nell'art. 57 attenga non al modo in  cui
debba essere  apprestata  la  tutela,  ma  l'esistenza  stessa  della
tutela, e che, in tal caso l'ordinamento, in violazione del  precetto
costituzionale ricavabile dagli articoli  24  e  113,  non  riconosce
possibilita' al contribuente di tutelarsi contro un nutrito gruppo di
atti della P.A. (e concessionari), pur se lesivi della sua  posizione
giuridica; 
    Ritenuto, nella specie,  che  il  tributo  per  cui  la  societa'
concessionaria per la riscossione promoveva esecuzione rientri tra le
entrate tributarie contemplate  all'art.  2  decreto  legislativo  n.
546/1992,  devolute  alla  cognizione  delle  commissioni  tributarie
(tant'e'  che  avanti  queste  ultime  si  svolsero  i   giudizi   di
impugnazione sia dell'avviso di accertamento ICI sia della successiva
cartella di pagamento), che, tuttavia, per espressa previsione  della
medesima disposizione «restano escluse dalla giurisdizione tributaria
soltanto le controversie riguardanti gli atti dell'esecuzione forzata
tributaria successivi  alla  notifica  della  cartella  di  pagamento
[quale e' il pignoramento  opposto  avanti  questo  giudice]  e,  ove
previsto, dell'avviso di cui all'art. 50 del decreto  del  Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le  quali  continuano
ad applicarsi le disposizioni del  medesimo  decreto  del  Presidente
della Repubblica.»; 
    Vi e' dunque, in linea  di  principio,  giurisdizione  di  questo
giudice in materia, ancorche' per espressa  previsione  dell'art.  57
decreto del Presidente della Repubblica n.  602/1973,  venga  escluso
ogni diritto di difesa da parte dei contribuente contro  l'esecuzione
promossa, fatta salva la risicata possibilita' di difesa assegnata al
solo fine di far valere l'impignorabilita'  dei  beni.  Ove,  quindi,
tale disposizione fosse «espunta» dall'ordinamento,  il  contribuente
esecutato potrebbe difendersi contro l'esecuzione intrapresa  facendo
ricorso agli strumenti dell'art. 615 codice procedura  civile  avanti
al G.O. in funzione di giudice dell'esecuzione; 
    Reputato, inoltre, che, l'art.  57  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 602/1973, alla luce della previsione dell'art. 29
del  decreto  legislativo  n.  46/1999,  precedentemente   riportato,
profili una situazione di  disuguaglianza  tra  contribuenti  per  la
diversa  tutela  accordata  in  relazione  alle  entrate   tributarie
comprese nell'elenco dell'art. 2  decreto  legislativo  n.  546/1992,
soggette  alla  giurisdizione  delle  commissioni  tributarie  (fatta
eccezione per gli atti dell'esecuzione  contro  cui  non  e'  ammessa
alcuna tutela ex art. 57 del decreto del Presidente della  Repubblica
richiamato) ed in relazione a quelle invece non comprese  nell'elenco
dell'art. 2, sopra richiamato, e quelle non  tributarie  (soggette  a
giudizio ordinario e a cui non si applica la  limitazione  introdotta
dall'art. 57); 
    Ritenuto, in definitiva e sulla scorta  di  tali  considerazioni,
che l'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica n.  602/73,
ed  anche,  ove  ritenuto,  l'art.  3,  comma  4,  lettera   a)   del
decreto-legge  n.  203/2005  che  assoggetta  la  specifica  funzione
esattoriale svolta da Agenzia entrate Riscossione al regime agevolato
del decreto del Presidente della Repubblica  n.  602/1973  (e  dunque
anche   al   suo   art.   57),   presentino   aspetti    di    chiara
incostituzionalita' sotto i seguente profili: 
        l'art. 3 Cost., inquantoche' crea disparita'  di  trattamento
tra contribuenti debitori di tributi compresi nell'elenco dell'art. 2
decreto  legislativo  n.  546/1992  e  contribuenti  di  tributi  non
compresi in tale elenco; la disposizione lede, quindi,  il  principio
di eguaglianza nella misura in cui impedisce ai primi la possibilita'
di tutelarsi contro le esecuzioni poste in essere  dagli  enti  o  da
concessionari per la riscossione, ancorche' illegittime ed  ingiuste,
sacrificando il diritto di difesa di costoro,  ingiustificatamente  e
soltanto in considerazione della tipologia di  tributo  di  cui  essi
sono debitori, e riconoscendo  piena  tutela  ad  altri  contribuenti
(quelli non compresi nell'elenco dianzi citato) in quanto debitori di
tributi diversi; 
        l'art. 24 Cost., poiche' impedisce, al debitore opponente, in
modo generalizzato ed irragionevole,  ogni  possibilita'  di  difesa,
consentendo al medesimo di poter fare opposizione all'esecuzione solo
ed esclusivamente per far valere  l'impignorabilita'  dei  beni,  non
anche per tutelarsi da esecuzioni illegittime, e/o ingiuste che  oggi
egli e' costretto a subire, senza potersene difendere dinanzi  ad  un
organo giurisdizionale; 
        l'art. 111 Cost., giacche', anche  sulla  scorta  di'  quanto
statuito da codesta Corte costituzionale con la sentenza n  220/1986,
il giusto processo civile non deve essere celebrato per  sfociare  in
pronunzie in rito che non coinvolgano i  rapporti  sostanziali  delle
parti che vi  partecipano,  bensi'  per  decidere  nel  merito  sulle
questioni, stabilendo chi ha ragione e chi ha torto, non sacrificando
il diritto della  parte  che  agisce  in  giudizio  di  ottenere  una
pronuncia in ordine al diritto della vita ritenuto  leso;  in  questo
caso,  per  effetto  della  disposizione  normativa  che  si  ritiene
contraria ai principi della nostra Costituzione, al Giudice a qua  e'
preclusa ogni decisione  sul  merito  a  causa  di  una  disposizione
(l'art. 57) derogatoria rispetto all'art. 615 c.p.c.  (o  per  meglio
dire, che impedisce il ricorso allo strumento dell'art.  615  c.p.c.)
che riconosce a tutti i soggetti incisi da  atti  dell'esecuzione  di
potersene difendere tramite l'opposizione. Il che integra,  altresi',
violazione all'art. 3 sopra richiamato, giacche'  colloca  una  larga
parte degli atti della pubblica amministrazione (e sue articolazioni)
in una zona franca da ogni tipo di controllo giurisdizionale, creando
una macroscopica disuguaglianza tra  cittadini-contribuenti  titolari
del  diritto  di   potersene   difendere   e   cittadini-contribuenti
totalmente privi  di  tale  diritto.  Il  che  determina,  come  gia'
rilevato, violazione del diritto di difesa; 
        l'art. 113 Cost., poiche' limita e impedisce  la  tutela  del
contribuente contro una determinata categoria di atti della  pubblica
amministrazione e/o concessionari di quest'ultima, impedendo in  modo
indiscriminato ed ingiustificato ogni difesa contro  tutti  gli  atti
dell'esecuzione; 
    Ritenuto che, sussista, altresi', la rilevanza delle questioni di
incostituzionalita'   sollevate    nel    presente    giudizio,    in
considerazione delle circostanze in  fatto  e  le  argomentazioni  in
diritto suesposte, anche in considerazione del  fatto  che,  ove  non
fossero piu' operanti  le  limitazioni  previste  dalla  disposizione
dianzi richiamata. perche' dichiarate incostituzionali in conseguenza
dell'eventuale  decisione  di  accoglimento  da  parte  della   Corte
costituzionale.  sarebbe  possibile  pervenire  alla  decisione   del
giudizio con una pronuncia sul merito  da  parte  di  questo  giudice
remittente, avente giurisdizione in materia; 
    Ritenuto. pertanto, a parere di questo Giudice remittente, che la
decisione di merito  sull'opposizione  debba  esser  preceduta  dalla
soluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 57
decreto del Presidente della Repubblica  n.  602/73,  e  ove  occorra
dell'art. 3, comma 4, lettera a) decreto-legge n. 203/2005, non  solo
per  rendere  possibile  una  pronuncia  nel  mento   ma   anche   in
considerazione   dell'ingiusto   pregiudizio   che    patirebbe    il
debitore-opponente a seguito della dichiarazione di  inammissibilita'
dell'opposizione  diretta  conseguenza  del  divieto  di  tutela  ivi
introdotto; per converso, l'intervento della Corte e' suscettibile di
produrre effetti concreti nel giudizio a quo, rafforzando il  diritto
insopprimibile di difesa del cittadino ed il suo  diritto  al  giusto
processo   consentendogli   di   potersi   tutelare    contro    atti
dell'esecuzione illegittimi e/o ingiusti; 
    Ritenuto,   infine,    non    possibile    una    interpretazione
costituzionalmente orientata della disposizione contenuta all'art. 57
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, non  essendo  il
contenuto  di  quest'ultima  polisenso,  e  dunque  soggetto  a  piu'
possibili interpretazioni, bensi' essendo, al contrario. univocamente
interpretabile nel senso sopra descritto; 
    Acclarata, quindi, la rilevanza e la non  manifesta  infondatezza
della questione di costituzionalita', ai fini della definizione della
presente causa, in considerazione delle circostanze di fatto e  delle
argomentazioni in diritto suesposte; 
    Veduti gli articoli 134 della Costituzione e 23  della  legge  11
marzo 1953, n. 87; 
    Ritenuta la questione manifestamente fondata e rilevante; 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il  Tribunale  Ordinario  di  Trieste,  nella   sovra   intestata
composizione monocratica, cosi' provvede: 
        solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
57 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973,  n.
602, e, ove occorra, anche dell'art.  3,  comma  4,  lettera  a)  del
decreto-legge n. 203/2005, in riferimento agli articoli 3, 24, 111  e
113 della Costituzione, per le argomentazioni e ragioni di  cui  alla
motivazione della presente ordinanza; 
        sospende il giudizio; 
        dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla   Corte
costituzionale; 
        ordina che, a cura della cancelleria, la  presente  ordinanza
sia notificata alle parti in causa, al Presidente del  Consiglio  dei
ministri, nonche' sia  comunicata  ai  Presidenti  della  Camera  dei
deputati e del Senato della Repubblica. 
 
          Trieste, 24 ottobre 2017 
 
           Il Giudice dell'esecuzione: Di Paoli Paulovich