N. 34 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 dicembre 2017

Ordinanza del 27 dicembre 2017 della Corte dei conti - Sez. regionale
di controllo  per  la  Liguria  nel  giudizio  di  parificazione  del
rendiconto generale dell'esercizio  finanziario  2016  della  Regione
Liguria . 
 
Impiego  pubblico  -  Norme  della  Regione  Liguria  -   Istituzione
  dell'area della vice dirigenza. 
- Legge della Regione Liguria 28 aprile  2008,  n.  10  (Disposizioni
  collegate alla legge finanziaria 2008), art. 10. 
Impiego pubblico - Norme della Regione Liguria - Finanziamento  della
  retribuzione di posizione e di risultato della vice dirigenza. 
- Legge della Regione Liguria 24 novembre 2008, n. 42 (Norme  urgenti
  in  materia  di  personale,  certificazione  energetica,  Comunita'
  montane e disposizioni diverse), art. 2. 
(GU n.9 del 28-2-2018 )
 
                         LA CORTE DEI CONTI 
            Sezione regionale di controllo per la Liguria 
 
    La Sezione regionale di controllo per la  Liguria,  composta  dai
magistrati: 
    dott. Fabio Viola - Presidente; 
    dott. Alessandro Benigni - primo referendario; 
    dott. Francesco Belsanti - primo referendario; 
    dott. Donato Centrone - primo referendario; 
    dott. Claudio Guerrini - primo referendario; 
    ha  pronunciato   la   seguente   ordinanza   nel   giudizio   di
parificazione del rendiconto della Regione Liguria,  per  l'esercizio
finanziario 2016. 
    Visti gli articoli 81, 97, 100, comma 2, 103, comma 2, 117, comma
2, lettera l), 117, comma 3, 119, comma 2, della Costituzione; 
    Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato
con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni; 
    Visto il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213; 
    Vista la legge  regionale  26  marzo  2002,  n.  15  (Ordinamento
contabile  della  Regione  Liguria)  e  successive  modificazioni   e
integrazioni; 
    Vista la legge regionale  29  dicembre  2015,  n.  27  (legge  di
stabilita' regionale 2016); 
    Vista la legge regionale 29 dicembre 2015,  n.  28  (bilancio  di
previsione finanziario della Regione Liguria per gli anni  finanziari
2016-2018); 
    Vista la legge regionale 2 novembre 2016, n. 26 (assestamento del
bilancio per gli anni 2016-2018); 
    Visto l'art. 7, comma 3, della  legge  15  luglio  2002,  n.  145
(Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per  favorire
lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato); 
    Vista  la   legge   regionale   n.   10   del   2008,   art.   10
(Vice-dirigenza); 
    Vista la  legge  regionale  n.  42  del  2008,  art.  2  (Risorse
decentrate); 
    Vista la legge regionale n. 22 del 2017, art. 1, con cui e' stata
abrogata la vice-dirigenza; 
    Viste (e osservazioni depositate dal  magistrato  istruttore  con
nota n. 15 del 2017; 
    Vista la nota n. 2922 del 6 giugno 2017  con  cui  il  Presidente
della Sezione regionale di controllo per la Liguria ha convocato  per
il 13 giugno la Camera di consiglio per discutere  in  contradditorio
con la Regione Liguria le osservazioni del magistrato istruttore; 
    Viste le deduzioni inviate dalla  Regione  Liguria  con  nota  n.
210482/2017; 
    Visto  il  verbale  n.  17/2017/CC  della  suddetta   Camera   di
consiglio; 
    Vista la memoria depositata dalla  Procura  regionale  presso  la
Sezione giurisdizionale per la Liguria in data 30 giugno 2017; 
    Vista la nota della Regione Liguria n. 241800 dell'11 luglio 2017
contenente   precisazioni   sui   compensi   delle    posizioni    di
responsabilita'; 
    Viste le note n. 172418 e n. 179406 rispettivamente del  5  e  12
maggio 2017 con le quali la Regione Liguria  ha  trasmesso  a  questa
Sezione il rendiconto  generale  per  l'esercizio  finanziario  2016,
completo  del  conto  del  bilancio  e  del  conto  del   patrimonio,
unitamente alla relazione dei Revisori dei conti e alla relazione  di
accompagnamento; 
    Vista l'ordinanza n. 27/2017 con cui il Presidente della  Sezione
regionale di controllo per la Liguria ha convocato la Sezione per  il
giorno 21 luglio 2017 per il giudizio di parificazione del rendiconto
generale della Regione Liguria per l'esercizio finanziario 2016; 
    Vista l'ordinanza n. 31/2017 con cui il Presidente della  Sezione
regionale di controllo per la Liguria ha convocato la Sezione per  il
giorno  18  luglio  2017,  per  l'audizione  in  contraddittorio  dei
rappresentanti dell'Amministrazione regionale in ordine  allo  schema
di relazione sul relativo rendiconto generale per l'anno 2016; 
    Viste le controdeduzioni depositate  dalla  Regione  Liguria  con
nota n. 247825 del 17 luglio 2017; 
    Visto il  verbale  n.  24/2017/CC  della  suddetta  audizione  in
contraddittorio; 
    Vista l'istanza  depositata  nell'udienza  di  parificazione  del
rendiconto da parte dei rappresentanti regionali con cui  la  Regione
Liguria ha chiesto di rinviare ogni statuizione sulla  vice-dirigenza
a dopo l'approvazione di un disegno di legge regionale,  in  itinere,
abrogativo della figura del vice-dirigente; 
    Vista l'ordinanza n. 33/2017 con cui il Presidente della  Sezione
regionale di controllo per la Liguria ha disposto la separazione  del
giudizio di  parificazione  limitatamente  al  capitolo  n.  200  del
disegno di legge n. 55 del 14 luglio  2017,  con  rinvio  all'udienza
fissata per il giorno 14 settembre 2017; 
    Vista la decisione n. 65/2017 con cui la Sezione  ha  parificato,
parzialmente, il rendiconto finanziario 2016 della Regione Liguria; 
    Visto il decreto n. 36/2017 con cui il Presidente  della  Sezione
regionale di controllo per la Liguria ha disposto, su richiesta della
Procura contabile, il  differimento  del  giudizio  di  parifica  sul
capitolo 200 all'udienza del 5 ottobre 2017; 
    Vista la nota della Regione Liguria n. 299661  del  15  settembre
2017, con la quale sono state  comunicate  la  conclusione  dell'iter
applicativo dell'innanzi citato disegno di  legge  e  la  conseguente
decurtazione  delle  risorse  disponibili  per  l'anno  2017  per  le
politiche di sviluppo  e  per  la  produttivita'  dei  personale  del
comparto; 
    Vista la memoria depositata dalla  Procura  regionale  presso  la
Sezione giurisdizionale per la Liguria in data 18 settembre 2017; 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Con note n. 172418 e n. 179406, rispettivamente del 5 e 12 maggio
2017, il Presidente della  Regione  Liguria  ha  trasmesso  a  questa
Sezione di controllo, ai fini della parifica, il rendiconto  generale
della Regione Liguria per l'esercizio 2016, completo  del  conto  del
bilancio e del conto del patrimonio, unitamente  alla  relazione  dei
Revisori dei conti, alla relazione di accompagnamento e al disegno di
legge approvato con delibera  n.  49  dalla  Giunta  regionale  nella
seduta del 28 aprile 2017. 
    L'esame della documentazione inviata dalla  Regione  Liguria,  ha
consentito di evidenziare come nel corso del 2016 siano state erogate
risorse del Fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane  e
per la produttivita' del personale del comparto di  cui  all'art.  15
CCNL 1° aprile  1999  (d'ora  innanzi  Fondo  per  la  contrattazione
decentrata) relative all'esercizio 2015 (decreto  n.  552),  divenute
esigibili nell'esercizio esaminato (principio  applicato  concernente
la contabilita' finanziaria Allegato 4/2 al  decreto  legislativo  n.
118/2011, paragrafo 5.2 lettera a)), per  retribuire  le  prestazioni
individuali e la performance organizzativa. 
    Con delibera di Giunta regionale n. 1057/2016  sono  state,  poi,
individuate le risorse relative al trattamento accessorio e premiante
2016 (esigibili nell'esercizio 2017, comprensive delle  somme  dovute
dall'Amministrazione per oneri riflessi e IRAP) facendo riferimento a
quanto analogamente erogato nell'anno 2016 per trattamento  economico
premiante  delle  prestazioni   individuali   e   della   performance
organizzativa dell'anno 2015. Risorse pari ad euro  2.822.089,64  per
il personale del comparto, ed euro  1.663.637,84  per  la  dirigenza,
individuate  nel  bilancio  gestionale  2016/2018  -  Missione  1   -
Programma U.01.010.000  -  Macro  Aggregati  101  e  102  -  Capitoli
200-201-205-208-217-220-479-483-7604-7605. 
    Con le risorse del fondo per la  contrattazione  decentrata  sono
state retribuite, tra l'altro, le posizioni di  vice-dirigenza  e  le
posizioni  organizzative.  Ma  tali  erogazioni  hanno  rivelato   le
criticita' gia' emerse ed evidenziate nel corso  delle  procedure  di
parifica dei rendiconti 2013, 2014 e 2015, relative ad  una  sospetta
illegittimita'  costituzionale  di  norme  che  hanno  costituito  il
fondamento delle erogazioni appena evidenziate. 
    La  sospetta  illegittimita'  costituzionale  riguarderebbe:   a)
l'istituzione della vice-dirigenza,  avvenuta  con  l'art.  10  della
legge regionale n. 10 del 2008; b)  la  copertura  finanziaria  delle
posizioni sopra richiamate (vice-dirigenza e posizioni organizzative)
con  risorse  del  fondo  per  il  trattamento  accessorio,  all'uopo
incrementate ex lege dalla Regione Liguria con l'art. 2  della  legge
n. 42 del 2008. 
    Entrambe    le    norme    sopra    evidenziate    risulterebbero
costituzionalmente illegittime per contrasto con l'art. 117, comma 2,
lettera l) (giurisdizione e norme processuali  ordinamento  civile  e
penale; giustizia amministrativa), nonche',  per  cio'  che  riguarda
l'art. 2 della legge  n.  42  del  2008,  con  l'art.  81,  comma  4,
concernente copertura finanziaria delle spese (nel testo  antecedente
alla modifica di cui all'art. 1 della legge cost. 20 aprile 2012,  n.
1). 
    Le  disposizioni  richiamate  prevedono   l'istituzione   ed   il
finanziamento   della   vice-dirigenza,   posizione   lavorativa   di
responsabilita' prevista dall'art. 7, comma 3, della legge 15  luglio
2002, n. 145 (Disposizioni per il riordino della dirigenza statale  e
per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico  e
privato), che aveva aggiunto al decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), l'art. 17-bis, il quale al comma 1, primo
periodo  -  come  modificato  dall'art.  14-octies,  comma   1,   del
decreto-legge 30  giugno  2005,  n.  115  (Disposizioni  urgenti  per
assicurare   la   funzionalita'    di    settori    della    pubblica
amministrazione), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1
e ss., della legge 17 agosto 2005, n. 168 - prevedeva: 
        «La  contrattazione   collettiva   del   comparto   Ministeri
disciplina  l'istituzione  di   un'apposita   separata   area   della
vice-dirigenza  nella  quale  e'  ricompreso  il  personale  laureato
appartenente  alle  posizioni   C2   e   C3,   che   abbia   maturato
complessivamente cinque anni di anzianita' in dette posizioni o nelle
corrispondenti qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento»; 
        «La  disposizione  di  cui  al  comma  1  si   applica,   ove
compatibile, al personale dipendente dalle altre  amministrazioni  di
cui all'articolo 1, comma 2,  appartenente  a  posizioni  equivalenti
alle posizioni C2 e C3 del comparto  Ministeri;  l'equivalenza  delle
posizioni e' definita  con  decreto  del  Ministro  per  la  funzione
pubblica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze». 
    Infine, l'art. 10, comma 3, disponeva che «La disciplina relativa
alle disposizioni di cui al comma 3 dell'art. 7, che si  applicano  a
decorrere dal periodo contrattuale successivo a quello in corso  alla
data di entrata in vigore della presente legge, resta  affidata  alla
contrattazione collettiva,  sulla  base  di  atti  di  indirizzo  del
Ministro per la funzione pubblica all'Agenzia per  la  rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) anche per  la  parte
relativa   all'importo   massimo   delle   risorse   finanziarie   da
destinarvi». 
    Ad  avviso  del  magistrato  istruttore,   la   norma   rimetteva
l'attuazione  dell'area  della  vice-dirigenza  alla   contrattazione
collettiva, sulla base di atti di  indirizzo  emanati  dal  Ministero
della funzione pubblica nei confronti dell'Aran. In  piu',  per  cio'
che concerne gli Enti di cui al comma 2 dell'art. 17-bis (Regioni  ed
altri enti locali), occorreva l'emanazione di un decreto del Ministro
per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze per stabilire  l'equivalenza  delle  posizioni  tra  il
comparto Stato ed il comparto Regioni. 
    Il quadro normativo delineato  costituirebbe  esplicazione  della
competenza  esclusiva  dello  Stato  nella  materia  dell'ordinamento
civile, in coerenza con il sistema delineato dal decreto  legislativo
n. 165 del 2001, anche nel testo vigente al  momento  dell'emanazione
di  entrambe  le  norme  regionali  in  esame  di  cui  si   sospetta
l'incostituzionalita', che rimetteva (e tuttora rimette)  allo  Stato
la disciplina di principio in materia di  organizzazione  del  lavoro
rinviando, poi, alla contrattazione collettiva la  definizione  degli
istituti contrattuali, con  particolare  riferimento  al  trattamento
economico (1) . 
    A supporto delle osservazioni del magistrato  istruttore  milita,
da un lato, l'art. 8, comma 1, della legge 4 marzo 2009, n.  15,  che
ha interpretato l'art. 17-bis nel senso che:  «la  vice-dirigenza  e'
disciplinata   esclusivamente   ad   opera   e   nell'ambito    della
contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento,  che
ha facolta' di introdurre una  specifica  previsione  costitutiva  al
riguardo.  Il  personale  in  possesso  dei  requisiti  previsti  dal
predetto articolo puo' essere  destinatario  della  disciplina  della
vice-dirigenza  soltanto  a  seguito  dell'avvenuta  costituzione  di
quest'ultima da parte della contrattazione collettiva  nazionale  del
comparto di riferimento. Sono fatti salvi gli effetti  dei  giudicati
formatisi alla data di  entrata  in  vigore  della  presente  legge»;
dall'altro, la suprema Corte di cassazione che ha,  poi,  evidenziato
la valenza non precettiva del suddetto art. 17-bis (2) (Cass.  SS.UU.
n. 14656 e Cassazione Lav. sentenza n. 28208). 
    Infine, nella ricostruzione fatta in sede istruttoria, ha assunto
rilievo  preminente  la  pronuncia  n.  214  del  2016  della   Corte
costituzionale (relativa alla legittimita'  costituzionale  dell'art.
5, comma 13, del  decreto-legge  n.  95  del  2012,  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 135 del 2012, che
ha abrogato le  previsioni  riferite  alla  vice-dirigenza),  che  ha
delineato  i  tratti  fondamentali  dell'istituto   evidenziando   la
centralita'  della  contrattazione  collettiva   nell'istituzione   e
regolamentazione della vice-dirigenza, sia per il comparto  Ministeri
che per il comparto regioni - enti locali. (3) 
    Contrattazione collettiva nazionale che, per il comparto  regioni
ed  autonomie  locali,  non  ha  mai  istituito   la   figura   della
vice-dirigenza durante l'intero periodo di  vigenza  dell'istituto  a
livello nazionale. 
    Di contro, la Regione Liguria ha previsto  la  vice-dirigenza  in
ambito regionale, con l'art. 10 della legge regionale n. 10 del 2008,
poi concretamente attuata con la DGR n. 1647 del 2009 (Istituto della
vice-dirigenza)  e  con  la  DGR  n.  1494  del  2010  (Criteri   per
l'istituzione e l'accesso alla vice-dirigenza). 
    Alla illegittima istituzione della  vice-dirigenza  si  aggiunge,
poi,  l'illegittima  copertura  finanziaria  della  stessa  (e  delle
posizioni organizzative). 
    La Regione Liguria, con l'art. 2 della legge n. 42 del  2008,  ha
incrementato i fondi per il trattamento accessorio del personale  con
risorse ulteriori e diverse rispetto a quelle tassativamente previste
dai contratti collettivi nazionali (art. 15 del CCNL  del  1°  aprile
1999 e successive modifiche ed integrazioni),  per  un  ammontare  di
euro 800.000,00: 
        «1. A decorrere dall'anno  2008  le  risorse  destinate  alle
finalita' di cui all'art. 15 del Contratto  collettivo  nazionale  di
lavoro 1° aprile  1999  sono  incrementate  di  800.000,00  euro  con
carattere di certezza, stabilita' e continuita'. 2. Le risorse di cui
al comma 1 sono utilizzate in conformita' a quanto previsto  in  sede
di contrattazione decentrata prioritariamente  per  il  finanziamento
della retribuzione di posizione e di risultato della vice-dirigenza». 
    Secondo quanto affermato dal magistrato  istruttore,  la  Regione
non avrebbe potuto aumentare i fondi  destinati  alla  contrattazione
integrativa con proprie risorse  di  bilancio,  al  di  fuori  ed  in
contrasto  con  te  previsioni  indicate  dai  contratti   collettivi
nazionali. 
    Come   rilevato   anche   dal   MEF,   in   sede   di   ispezione
amministrativo-contabile  presso  la  Regione,  risulta   illegittimo
aumentare  le  risorse  destinate  al  trattamento   accessorio   del
personale (al fine di finanziare l'istituzione della vice-dirigenza),
al di fuori dei limiti previsti dai  contratti  collettivi  nazionali
relativi  ai  fondi  per  il   trattamento   accessorio,   risultando
inammissibile lo storno di ulteriori risorse di bilancio al  fine  di
rendere i fondi stessi capienti al finanziamento del nuovo  istituto,
in modo da non dover procedere alla decurtazione di risorse destinate
agli altri impieghi nell'ambito della contrattazione decentrata. 
    Esisterebbe, infatti, una espressa riserva di legge  per  materia
prevista dalla  Carta  costituzionale,  che  assegna  allo  Stato  la
potesta' di regolamentazione  esclusiva  nella  materia  «Ordinamento
civile»  (art.  117,  comma  2,  lettera  l:  giurisdizione  e  norme
processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa). 
    A seguito della  privatizzazione  dei  rapporto  di  lavoro  alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni,  quindi,  la  materia  in
esame rientrerebbe nell'ambito  dell'ordinamento  civile,  in  quanto
tale riservata allo Stato ai sensi dell'art. 117,  comma  2,  lettera
l), della Costituzione.  Riserva  esercitata,  nel  caso  di  specie,
mediante il decreto legislativo n. 165 del 2001 (articoli 2, 40 e 45:
si veda nota 1) che rinvia,  per  gli  aspetti  qui  rilevanti,  alla
contrattazione collettiva (articoli 15 e ss. del CCNL 1° aprile 1999,
come integrato e modificato dal CCNL 22 gennaio 2004, articoli  31  e
ss., che individuano tassativamente le risorse che  possono  comporre
il fondo per la contrattazione decentrata). 
    Di contro, la Regione ha provveduto a finanziare direttamente  il
fondo per la contrattazione collettiva decentrata, al di fuori  della
contrattazione collettiva nazionale di comparto  e  senza  una  legge
statale   che   avesse   autorizzato   tali   incrementi,   palesando
l'illegittimita' costituzionale del proprio operato (4) .  Situazione
che pone la legge regionale in contrasto non  solo  con  l'art.  117,
comma 2, lettera l), della Costituzione,  ma  anche  con  l'art.  81,
comma 4, della Carta costituzionale, nella  formulazione  vigente  al
momento  dell'emanazione  della  legge  regionale  n.  42  del   2008
(contrasto confermato anche ai sensi del nuovo  testo  dell'art.  81,
comma 3). (5) 
    Difatti, la Sezione di controllo, nel giudizio  di  parifica  dei
capitoli concernenti la spesa del personale (per cio' che qui rileva,
il cap. 200) deve decidere dell'applicazione di una norma di  cui  si
contesta la legittimita' costituzionale che offre, in tale sede, solo
una mera copertura formale delle spese in  esame.  Qualora,  infatti,
fosse  acclarata  l'illegittimita'  della  norma  sopra   richiamata,
rilevante ai fini del bilancio regionale (in quanto  e'  la  predetta
norma che consente di integrare il fondo per le risorse accessorie e,
conseguentemente,  di  finanziare  la  spesa  per   l'indennita'   di
vice-dirigenza anche per  l'esercizio  finanziario  2016),  le  spese
sostenute per la vice-dirigenza  risulterebbero  prive  di  copertura
sostanziale, con conseguente violazione del  precetto  costituzionale
di cui all'art. 81 Cost. 
    Secondo il  magistrato  istruttore  la  violazione  del  precetto
costituzionale appare  maggiormente  rilevante  considerando  che  le
risorse individuate dalla legge n. 42 del 2008 sono state  utilizzate
non solo per finanziare la  vice-dirigenza,  ma  anche  le  posizioni
organizzative e le indennita' per le alte professionalita'. 
    Ed,  invero,  la  prima  posizione  di  vice-dirigenza  e'  stata
istituita ed attribuita solo  nel  2010.  Sono  seguite,  poi,  altre
posizioni di vice-dirigenza (fino ad un massimo di dieci). Le risorse
che hanno  incrementato  il  fondo  alla  fine  dell'esercizio  2008,
pertanto, non sono state utilizzate inizialmente  per  finanziare  il
pagamento delle posizioni di vice-dirigenza,  bensi'  per  retribuire
posizioni organizzative (si vedano, ad esempio, gli accordi stipulati
con le organizzazioni sindacali il 5 agosto  2008  ed  il  13  luglio
2010). 
    Pertanto,  la  destinazione  delle  economie  di  cui  sopra   al
finanziamento delle posizioni organizzative concorre  ad  evidenziare
il contrasto con la contrattazione collettiva nazionale, in quanto si
finanzia il fondo per la produttivita' con  somme  che  non  appaiono
riconducibili a quelle elencate dal pertinente art. 15  del  CCNL  1°
aprile 1999. 
    Le risorse che hanno incrementato il  fondo  per  il  trattamento
accessorio ammontavano, inizialmente, nell'esercizio  2008,  ad  euro
800.000,00, per ridursi negli esercizi 2009/2016 ad euro 723.032,00. 
    Il magistrato istruttore ha concluso, quindi, evidenziando che il
quadro normativo regionale si porrebbe  in  contrasto  con  la  Carta
costituzionale nei termini che seguono: 
        1) l'art. 10 della legge n. 10 del 2008 si  appaleserebbe  in
contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione  in
quanto istituisce la vice-dirigenza, regolando, quindi,  una  materia
riservata alla competenza per materia esclusiva dello Stato (che  con
il decreto legislativo n. 165 del 2001, integrato dalla legge n.  145
del 2002 per  cio'  che  concerne  la  vice-dirigenza,  assegna  alla
contrattazione collettiva la definizione dell'istituto in esame); 
        2) l'art.  2,  comma  1,  della  legge  n.  42  del  2008  si
manifesterebbe in contrasto con l'art.  117,  comma  2,  lettera  l),
della Costituzione (nella precedente e nuova formulazione) in  quanto
incrementa  il  fondo  per  il   trattamento   accessorio   in   modo
illegittimo, in violazione della riserva assoluta che assegna,  sulla
base di legge statale (nella materia dell'ordinamento  civile),  alla
contrattazione collettiva nazionale e di comparto, la  determinazione
e l'assegnazione  delle  risorse  del  fondo  per  la  contrattazione
collettiva. Nonche' con l'art. 81, quarto comma,  della  Cost.  (ante
riforma), in quanto l'illegittimita' della norma di cui alla legge n.
42 del 2008 e del conseguente incremento del fondo per il trattamento
accessorio determina una copertura solo formale delle spese  relative
alla vice-dirigenza ed  alle  posizioni  organizzative,  privando  le
stesse di una copertura sostanziale. Inoltre, la  Regione  aveva  ben
presente il quadro delineato e ben poteva  riallinearsi  ai  principi
costituzionali evidenziati. 
    Le indicate criticita' sono state rappresentate dalla Sezione  di
controllo alla Regione Liguria con nota n. 2922 del 6 giugno 2017  ai
fini della discussione delle stesse in Camera di  consiglio,  con  la
partecipazione del Procuratore generale. 
    La Regione ha  controdedotto  alle  osservazioni  del  magistrato
istruttore  evidenziando  che  le  due  leggi   regionali   avrebbero
perfezionato un processo complessivo di  riorganizzazione  dell'Ente,
attribuendo al fondo per la  contrattazione  decentrata  risorse  con
carattere di certezza, stabilita' e continuita'. 
    La   Regione   ha,   altresi',   affermato   che,    a    seguito
dell'abrogazione della vice-dirigenza ad opera dell'art. 8, comma  1,
della legge 4 marzo 2009, n. 15 (in Gazzetta Ufficiale n.  53  del  5
marzo  2009),  gli  effetti  prodotti  dalla  legislazione  regionale
sarebbero stati salvaguardati in quanto il predetto articolo  dispone
che «sono fatti salvi gli effetti dei giudicati formatisi  alla  data
di entrata  in  vigore  della  presente  legge.»  In  altri  termini,
«l'istituto  della  vice-dirigenza  in  Regione  Liguria   e'   stato
introdotto in vigenza della legge statale come norma di principio; la
Regione  Liguria  ha  emanato,  in  virtu'  della  propria  autonomia
organizzativa, una afferente disciplina attuativa  mediante  apposite
leggi;  successivamente,   lo   Stato   ha   delineato   diversamente
l'organizzazione dei suoi uffici, abrogando la  legge  di  disciplina
dell'istituto in questione, dopo che la Regione  autonomamente  aveva
gia' legiferato in materia compatibilmente con le proprie  condizioni
organizzative e finanziarie». 
    Motivo per cui, sempre secondo la Regione,  «le  norme  regionali
non  sono  un  intervento  in  materia  di  ordinamento   civile   ma
semplicemente un esercizio del potere di auto-organizzazione da parte
dell'Autonomia  regionale   in   presenza,   peraltro,   di   omologa
legislazione dello Stato, garantendo nello stesso tempo il  principio
di  liberta'  sindacale,  per  cui  competono   alle   rappresentanze
sindacali con l'Amministrazione la condivisione  dei  criteri  per  i
conferimenti  degli  incarichi  e  fa  eventuale  condivisione  della
graduazione dei relativi compensi fino alla misura massima  stabilita
per le posizioni di alte professionalita'  dai  contratti  collettivi
nazionali di lavoro dei personale del comparto  regioni  -  autonomie
locali vigenti nel tempo.  A  tale  potere  di  auto  organizzazione,
peraltro, non puo' che essere correlata una conseguente capacita'  di
finanziamento, come peraltro e' avvenuto con  l'art.  2  della  legge
regionale 24 novembre 2008, n. 42». 
    La Procura, intervenendo in Camera di consiglio, ha  condiviso  i
dubbi sollevati dal magistrato istruttore, ritenendo  illegittime  le
norme sotto i profili costituzionali sopra richiamati. 
    Al termine dell'adunanza  in  Camera  di  consiglio,  la  Sezione
regionale di controllo ha fissato il termine  di  20  giorni  per  il
deposito di memorie in ordine alla  questione  inerente  i  dubbi  di
legittimita'  costituzionale   contenuti   nelle   osservazioni   del
magistrato istruttore in tema di trattamenti accessori del  personale
e,  in  particolare,  circa  le  leggi  regionali   in   materia   di
vice-dirigenza regionale e relativa copertura della spesa. 
    La procura, in data 30 giugno 2017 ha depositato memoria con  cui
ha condiviso i dubbi del magistrato istruttore circa la  legittimita'
costituzionale dell'art.  10  della  legge  regionale  n.  10/2008  e
dell'art. 2 della legge regionale n. 42/2008 in relazione ai precetti
costituzionali di cui all'art. 117, comma 2, lettera l) ed  art.  81,
comma 4, nonche' con riferimento agli articoli 117, comma  3  e  119,
comma 2, della Costituzione. 
    Ad  avviso  della  Procura,  e'  «opportuno   sviluppare   alcune
considerazioni aggiuntive che portano a dubitare ulteriormente  della
conformita' al dettato costituzionale della citata legge regionale n.
42/2008 con riferimento  ad  un  distinto  parametro  costituzionale,
analizzando la norma sotto un distinto angolo visuale. Il citato art.
2 ha istituito, in  via  legislativa,  un  incremento  delle  risorse
decentrate, segnatamente delle risorse stabili  di  cui  all'art.  15
CCNL 1° aprile 1999, in materia di trattamento  economico  accessorio
del personale del comparto. Appare possibile una  confliggenza  della
citata norma regionale, non solo sotto  il  profilo  dell'ordinamento
civile, per l'aspetto contrattuale lavoristico,  ma  altresi',  sotto
l'aspetto dell'incremento della spesa pubblica, con la previsione  di
cui all'art. 117, comma 3, laddove riserva allo Stato  la  normazione
della disciplina di  principio  in  materia  di  coordinamento  della
finanza pubblica, La Regione, infatti, puo' legiferare nell'esercizio
della potesta' concorrente, solo con legge  rispettosa  dei  principi
declinati dal legislatore statale. Risulta al riguardo che lo  Stato,
ponendo i basilari fondamenti normativi  per  coordinare  la  finanza
pubblica - incluse le norme generali sul  trattamento  economico  dei
pubblici impiegati - sia titolare della relativa potesta' proprio  al
fine  dell'esercizio  della  suddetta   funzione   di   coordinamento
finanziario, anche in chiave di controllo ed indirizzo degli  effetti
economici derivanti dalle norme in tema di finanza pubblica. 
    In argomento lo Stato risulta essere  intervenuto,  tra  l'altro,
adottando l'art. 45  del  decreto  legislativo  n.  165/2001  che  ha
fissato il basilare principio per cui (testo  vigente  al  2008):  il
trattamento economico  fondamentale  e  accessorio  e'  definito  dai
contratti collettivi. 
    Dunque la scelta statale e' stata quella di sottrarre alla  fonte
legislativa  ogni  diretta  competenza  al  riguardo,  demandando  al
procedimento di contrattazione, con le correlate garanzie esistenti -
anche in ordine alla compatibilita' dei relativi costi  e,  pertanto,
alla  sostenibilita'  della  spesa  pubblica  -  la  possibilita'  di
intervenire anche in ordine ad eventuali incrementi  del  trattamento
accessorio. D'altro canto, in  attuazione  di  tale  previsione  (che
nella sostanza ha inteso  contrattualizzare  la  fonte),  l'art.  15,
unitamente all'art. 17 del CCNL regioni-enti locali 1°  aprile  1999,
ha formato la materia, in particolare disciplinando le  modalita'  di
finanziamento delle remunerazioni  accessorie.  Nel  caso  di  specie
invece la Regione Liguria con  propria  legge  ha  incrementato  tale
spesa pubblica. Del resto va ricordato che, secondo la giurisprudenza
costituzionale, la spesa di personale non e' minuta voce di dettaglio
delle spese, ma si presenta come fondamentale aggregato  della  spesa
corrente,  dunque  le  relative  disposizioni   legislative   statali
assurgono a principio fondamentale, anche nel  quadro  dell'art.  117
Cost. (Corte cost. n. 108/2011; cfr. anche la n. 217/2012). Cosi',  a
titolo esemplificativo, la norma dell'art.  9  del  decreto-legge  n.
78/2010, che ha posto un limite al trattamento economico erogabile ai
dipendenti pubblici anche delle regioni, e' stata ritenuta  legittima
in quanto espressione del principio di  coordinamento  della  finanza
pubblica (Corte cost. 28 marzo 2014, n. 61). Il carattere finalistico
dell'azione di coordinamento  della  finanza  pubblica  esige  che  a
livello centrale possano collocarsi non solo la determinazione  delle
norme fondamentali ma  puntuali  poteri  affinche'  la  finalita'  di
coordinamento possa essere concretamente realizzata (Corte  cost.  30
dicembre 2003, n. 376; 22 luglio 2011, n. 229). Ad esempio poteri  di
ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione dati  e
di controllo (in questo senso ancora la citata sentenza n. 229/2011). 
    Del resto  e'  stato  affermato,  ripetutamente,  che  i  vincoli
discendenti da previsioni di principio di coordinamento della finanza
pubblica devono essere rispettati anche dalle  regioni  ad  autonomia
speciale (Corte cost. 18 gennaio 2013, n. 3). Dunque,  se  a  livello
statale sono state disegnate predeterminate regole per la  fissazione
del trattamento  retributivo,  anche  accessorio,  mediante  istituti
peculiari, quale la contrattazione collettiva, che  ha  alla  propria
base direttive unitarie indirizzate nei  confronti  dell'ARAN,  quale
agenzia pubblica di riferimento per  tutti  i  comparti  contrattuali
pubblici, e' evidente che tale meccanismo sia stato disegnato al fine
della concreta  realizzazione  di  quel  coordinamento  voluto  dalla
Costituzione ed intestato innanzitutto allo Stato  e  che  lo  stesso
debba essere osservato da parte dei legislatori regionali, posto  che
altrimenti la finalita' di  coordinamento  e  controllo  della  spesa
pubblica  sarebbe  frustrata.  D'altro  canto,  l'art.  96,   decreto
legislativo   n.   165/2001,   nell'ambito   della   disciplina   del
procedimento di  contrattazione  collettiva  prevede,  tra  le  altre
verifiche di carattere generale ed unitarie sul territorio nazionale,
anche la certificazione di compatibilita' dei costi contrattuali  con
gli strumenti di  bilancio,  affidandone  la  competenza  alla  Corte
conti. Si aggiunga ancora che la disciplina legislativa, mediante  il
rinvio alla contrattazione collettiva, ha  inteso  offrire  copertura
alla relativa  procedimentalizzazione  di  fonte  negoziale,  che  ha
sancito altresi' mediante l'art. 5 del gia'  citato  CCNL  1°  aprile
1999  che  a  sua  volta  la  contrattazione  collettiva   decentrata
integrativa, anche a livello regionale, sia soggetta ad  un  puntuale
controllo di compatibilita' dei  costi  con  i  vincoli  di  bilancio
mediante l'organo di revisione. Si aggiunga, altresi', che  la  norma
regionale ligure del 2008 appare confliggente anche con le previsioni
legislative statali che hanno posto nel corso del  tempo,  anche  nei
confronti  delle  regioni,  puntuali  limiti  a  tutte  le  spese  di
personale e come tale risulta contrastare anche  sotto  tale  profilo
con  l'art.  117,  comma   3,   Cost.   A   titolo   ricognitivo   ed
esemplificativo si puo' far riferimento all'art. 1, comma 198,  della
legge n. 266/2005, che poneva obblighi di riduzione  della  spesa  di
personale per varie annualita'. Del resto, proprio tale  legge  -  al
pari delle altre recanti previsioni  in  materia  -  costituiva,  per
espresso dettato  del  legislatore  (comma  206),  esplicitazione  di
principi fondamentali del coordinamento  della  finanza  pubblica  ai
sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119,  secondo  comma,  della
Costituzione. 
    Parimenti, altra norma in materia di contenimento della spesa  di
personale, anche a carico delle autonomie regionali, e' rappresentata
dall'art. 1, comma 557, della legge n. 296/2006, che ha posto vincoli
finalizzati alla riduzione della suddetta spesa. D'altro canto,  tale
previsione ha richiamato  l'esigenza  del  rispetto  da  parte  delle
regioni degli obiettivi di finanza pubblica di cui ai commi da 655  a
695 del citato art. 1. 
    Segnatamente, si tratta di  richiamo  innanzitutto  a  previsione
(comma  655)  secondo  cui  le  norme  vincolistiche   in   questione
costituiscono principi fondamentali del coordinamento  della  finanza
pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo  comma,  e  119,  secondo
comma, della Costituzione. Le suddette previsioni, che hanno previsto
una contrazione della spesa di personale, pertanto, non paiono essere
state rispettate dalla norma regionale in  questione  (art.  2  legge
regionale n. 42/2008), per cui le stesse risultano essere  rilevanti,
quali    norme    interposte,    nel    necessario    scrutinio    di
costituzionalita', rispetto ai citati articoli 117, comma  3  e  119,
comma 2. Anche sotto tale ultimo profilo pertanto la norma  regionale
non appare esente da vizi di legittimita' costituzionale.». 
    In data 13 luglio 2017 la Sezione ha  approvato  la  bozza  della
relazione prevista dall'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre
2012, n. 174, sopra richiamato e dall'art. 41 del  regio  decreto  12
luglio 1934, n. 1214, ed ha trasmesso la  stessa  all'Amministrazione
ed al Procuratore regionale. 
    Con ordinanza n. 27 del 2017 il Presidente ha fissato per  il  21
luglio  apposita  adunanza  pubblica,  al  fine   di   garantire   il
contraddittorio sulle osservazioni contenute nella suddetta bozza  di
relazione, tra  cui  quelle  relative  alla  presunta  illegittimita'
costituzionale delle norme sopra richiamate. 
    La Procura  ha  depositato  le  proprie  conclusioni  confermando
quanto gia' affermato con la memoria del 30 giugno 2017, chiedendo di
sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 della
legge regionale n. 10/2008, in relazione ai parametri  costituzionali
di cui agli articoli 117, comma 2, lettera l) (ordinamento civile)  e
81, comma 4, Cost. (nel testo anteriore alla legge costituzionale  n.
1/2012) e dell'art. 2 della legge regionale n. 42/2008, in  relazione
ai parametri costituzionali  di  cui  agli  articoli  117,  comma  2,
lettera l) (ordinamento civile), 117, comma  3  (coordinamento  della
finanza pubblica), 81, comma  4,  (nel  testo  anteriore  alla  legge
costituzionale n. 1/2012) e  119,  comma  2.  Conclusioni  confermate
oralmente nel corso dell'adunanza pubblica. 
    La Regione ha depositato in adunanza istanza di  rinvio  di  ogni
statuizione in merito ai profili di illegittimita' costituzionale  in
quanto la giunta regionale, in data 14 luglio 2017, ha  approvato  un
disegno di legge  (n.  55/2017)  finalizzato  ad  abrogare  le  norme
regionali istitutive della vice-dirigenza, con decurtazione del fondo
del comparto delle risorse economiche utilizzate per il finanziamento
delle posizioni di vice-dirigenza in essere.  Rinvio  richiesto  sino
all'avvenuta approvazione del disegno di legge da parte del Consiglio
regionale, programmata per i primi  giorni  di  agosto,  prima  della
sospensione estiva dei lavori. 
    Con ordinanza n. 33/2017 del  21  luglio  2017,  il  Collegio  ha
sospeso e disposto il rinvio al 5 settembre, previa separazione,  del
giudizio  di  parificazione   del   rendiconto   regionale   relativo
all'esercizio 2016, limitatamente  al  capitolo  n.  200,  nel  quale
confluiscono le risorse  finanziarie  che  remunerano  le  componenti
retributive accessorie della vice-dirigenza, al  fine  di  verificare
l'eventuale attualita' della questione di legittimita' costituzionale
degli articoli 10 della legge regionale n.  10/2008  e  2,  comma  1,
della legge regionale n. 42/2008, per contrasto con gli articoli 117,
81, 119 Cost., dopo l'intervenuta approvazione del disegno  di  legge
regionale  con  cui  si   intende   procedere   all'abrogazione   del
controverso istituto. 
    Con successivo decreto presidenziale n. 36 del 2017,  su  istanza
della Procura contabile, e' stata fissata l'odierna  udienza  per  la
continuazione del giudizio e sono stati fissati alle parti il termine
del 19 settembre 2017, per il deposito di  memorie  conclusive  e  il
successivo termine perentorio del 28 settembre 2017, per il  deposito
delle memorie di replica. 
    In data 15 settembre 2017 la Regione Liguria, con nota n. 299661,
ha trasmesso la legge regionale 7 agosto 2017, n. 22 (pubblicata  sul
Bollettino ufficiale dell'11  agosto  2017),  con  cui  il  consiglio
regionale ha disposto l'abrogazione della vice-dirigenza a  decorrere
dall'entrata in vigore della norma medesima, disponendo la  riduzione
delle risorse del fondo per le risorse decentrate, per  un  ammontare
pari alla retribuzione di posizione  corrisposta  alle  posizioni  di
vice-dirigenza in essere al momento dell'abrogazione. 
    In data 18 settembre 2017,  la  Procura  contabile  regionale  ha
depositato  memoria  evidenziando  che  l'abrogazione   della   norma
istitutiva della vice-dirigenza non ha fatto venire meno i  dubbi  di
costituzionalita' gia' formulati con i precedenti atti in quanto,  ai
fini della definizione del giudizio di parifica (che residua  per  il
capitolo afferente la  spesa  di  personale),  continua  a  risultare
rilevante la questione gia' prospettata con riferimento  all'art.  10
della legge regionale n. 10/2008, posto che tale norma  risulta  aver
trovato  piena  applicazione  per  l'esercizio   2016,   essendo   la
vice-dirigenza venuta meno solo dal 12 agosto 2017. 
    Ha osservato la Procura «che la Regione Liguria, se da un lato ha
effettivamente eliminato l'anomalia rappresentata dalla presenza  nel
proprio assetto del personale dei vice-dirigenti  (unica  Regione  ad
avere istituito tale figura), dall'altro lato non  ha  effettuato  un
intervento legislativo volto ad incidere in alcun  modo  sull'assetto
preesistente e quindi ovviamente, per quanto rileva in  questa  sede,
sull'esercizio 2016. 
    Conseguentemente, in virtu' della  scelta  legislativa  regionale
compiuta con la legge regionale n. 22/2017, per il 2016 gli incarichi
di vice-dirigenti e le relative remunerazioni allocate  nel  bilancio
di esercizio non sono stati posti in alcun modo in discussione  dalla
disciplina regionale. 
    Va,  infatti,  osservato  che   per   quanto   l'iniziativa   del
legislatore regionale  sia  nata  al  fine  di  far  venire  meno  la
vice-dirigenza a seguito del contenuto  delle  osservazioni  espresse
dalla magistratura contabile (a partire dalla nota del 6 giugno  2017
del magistrato istruttore della  Sezione  regionale  di  controllo  e
proseguendo  con  gli  atti  scritti  e  la  requisitoria  orale  del
Procuratore regionale), tuttavia la legge  regionale  n.  22/2017  ha
implicitamente  confermato   l'asserita   legittimita'   dell'assetto
precedente, non prevedendo ne' l'eventuale arresto di ogni  ulteriore
pagamento  eventualmente  dovuto  ai   vice-dirigenti   (ad   esempio
eventuali retribuzioni  di  risultato  non  ancora  corrisposte)  ne'
l'illegittimita' dei pagamenti fatti  a  titolo  di  retribuzione  di
posizione e di risultato nel 2016, ne' tantomeno l'eventuale recupero
delle somme versate nel suddetto esercizio. 
    Conseguentemente, i dubbi di costituzionalita' gia' formulati  da
questa Procura regionale con i precedenti atti non possono che essere
confermati in questa sede e, ai fini della definizione  del  giudizio
di parifica (che residua  per  il  capitolo  afferente  la  spesa  di
personale),  continua  a  risultare  rilevante  la   questione   gia'
prospettata con riferimento all'art.  10  della  legge  regionale  n.
10/2008, posto che tale norma risulta aver trovato piena applicazione
per l'esercizio 2016, essendo la vice-dirigenza venuta meno solo  dal
12 agosto 2017». 
    Pertanto, ad avviso della Procura, permangono integri i dubbi  di
costituzionalita' relativi alla previsione dell'art. 10  della  legge
regionale n. 10/2008 con cui e' stata  prevista  l'istituzione  della
vice-dirigenza a livello regionale, per  contrasto  con  l'art.  117,
comma 2, l) (ordinamento civile - competenza esclusiva statale) della
Costituzione. 
    Difatti, «la norma non pare conforme al  precetto  costituzionale
laddove istituisce tale area, mentre in  tale  ambito  la  competenza
risulta ascrivibile allo Stato (ordinamento civile). Inoltre, risulta
confliggente con la previsione statale di cui all'art. 17-bis decreto
legislativo n. 165/2001 sulla vice-dirigenza, introdotto nel 2002,  e
successivamente venuta meno per effetto del decreto-legge n. 95/2012.
D'altro canto, anche la giurisprudenza della Corte di  cassazione  ha
escluso  che  la  norma  di  cui  all'art.  17-bis   avesse   portata
precettiva, delineandone la portata meramente  programmatica  (Cass.,
sez. Lav. 22 novembre 2011, n. 28208). 
    Al riguardo e' stato anche chiarito dalla Cassazione che  l'unica
fonte   deputata   all'effettiva    istituzione    dell'area    della
vice-dirigenza sarebbe stata la  contrattazione  collettiva,  secondo
l'iter previsto dalla legge statale (e non certo sic  et  simpliciter
una  legge  regionale),  affermandosi  che  l'art.   17-bis   -   nel
prefigurare una nuova qualifica dei dipendenti pubblici -  quella  di
vice-dirigente - ne ha demandato la  disciplina  dell'istituzione,  e
quindi innanzi tutto l'istituzione, alla  contrattazione  collettiva,
in piena sintonia con  il  riparto  delle  fonti  di  disciplina  del
rapporto quale definito dal decreto legislativo n. 165 del 2001, art.
2,  che  assegna  in  generale  alla  contrattazione  collettiva   la
regolamentazione del rapporto lasciando agli atti organizzativi delle
pubbliche amministrazioni, nel rispetto dei principi generali fissati
da  disposizioni  di  legge,  solo   la   definizione   delle   linee
fondamentali di organizzazione degli uffici,  l'individuazione  degli
uffici di  maggiore  rilevanza  e  dei  modi  di  conferimento  della
titolarita' dei medesimi, la determinazione delle dotazioni organiche
complessive. 
    Dunque la tesi difensiva della Regione Liguria,  contenuta  nella
nota  del  12  giugno   2017,   secondo   cui   l'istituzione   della
vice-dirigenza regionale,  avvenuta  nel  2008,  sarebbe  stata  resa
possibile dalla portata precettiva della norma del 2002, prima  della
norma  di  interpretazione  autentica  del  2009,  non   risulterebbe
corretta. 
    Di contro, l'intervento del  legislatore  regionale  appare  aver
invaso un campo d'azione proprio del legislatore statale (ordinamento
civile, in particolare sulla materia della  contrattazione  pubblica)
che aveva espressamente riservato alla  negoziazione  tra  le  parti,
nell'ambito di un iter disegnato dallo stesso legislatore statale». 
    Osserva  la  Procura  che  recentemente   e'   stata   dichiarata
l'incostituzionalita' dell'art. 8, comma 2, della legge regionale  n.
8/2016, che ha introdotto l'art. 8-quater  alla  legge  regionale  n.
25/2006 della Regione Liguria in materia di trattamento del personale
regionale ribadendo che «la disciplina del rapporto  di  lavoro  alle
dipendenze della pubblica amministrazione e' retta dalle disposizioni
del codice civile  e  dalla  contrattazione  collettiva»  e  che  «il
trattamento  economico  dei  dipendenti  pubblici  e'   affidato   ai
contratti collettivi, di tal che' la disciplina di detto  trattamento
e, piu' in generale, quello del rapporto  di  impiego  rientra  nella
materia  dell'ordinamento  civile  ed  e'  riservata  alla   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato» (Corte cost., 11 luglio  2017,  n.
160). Quanto sopra ad ulteriore conferma della dedotta illegittimita'
costituzionale  dell'istituzione   della   vice-dirigenza   regionale
rispetto all'art. 117, comma 2, lettera l), Cost. 
    La Procura ha sottolineato, inoltre, come la Regione Liguria, con
l'art. 2, comma 1, della legge regionale n. 22 del  2017,  non  abbia
nemmeno disposto l'abrogazione dell'art. 2 della legge  regionale  n.
42 del 2008, con cui erano state incrementate, per  euro  800.000,00,
le risorse per il Fondo per la contrattazione decentrata del comparto
di cui all'art. 15 del CCNL 1°  aprile  1999.  La  norma  richiamata,
sempre ad avviso della Procura, ha «solo operato un intervento  molto
limitato, avendo esclusivamente disposto che il suddetto fondo,  come
incrementato dal  citato  art.  2  legge  regionale  n.  42/2008,  e'
decurtato limitatamente alle risorse utilizzate per il  finanziamento
della retribuzione di posizione e di  risultato  degli  incarichi  di
vice-dirigenza in essere alla data di entrata in vigore della  legge.
Cio' significa, innanzitutto, che l'art. 2 della legge  regionale  n.
42/2008, non e' stato ad oggi abrogato». 
    Ha osservato, ancora, la Procura  contabile,  come  «i  dubbi  di
costituzionalita' erano diretti, innanzitutto, proprio  nei  riguardi
del comma 1, ove tale norma ha incrementato, in  maniera  illegittima
ad avviso di questa Procura, il fondo per le risorse  accessorie.  Si
evidenzia,  infatti,  che  con  la  legge  regionale  n.  42/2008  il
legislatore regionale ha  colto  l'occasione  dell'istituzione  della
vice-dirigenza per incrementare (in modo non consentito) il fondo  di
cui all'art. 15 del CCNL 1° aprile  1999  della  somma  di  ben  Euro
800.000,00, destinata non  esclusivamente  (bensi'  prioritariamente)
alla vice-dirigenza, ma effettivamente  utilizzata  nel  corso  degli
anni a remunerare  in  gran  parte  personale  non  dirigente  e  non
destinatario degli incarichi di vice-dirigente,  cosi  come  accaduto
nel  2016,  esercizio  oggetto  dell'odierno  giudizio  di  parifica.
Risulta, infatti, che nel 2016 il fondo di cui all'art.  15  CCNL  1°
aprile 1999, alimentato effettivamente altresi' con le risorse di cui
all'art. 2 legge regionale n. 42/2008 per Euro 723.032,00, sia  stato
impiegato per  remunerare  i  vice-dirigenti  limitatamente  ad  Euro
112.000,00 per le retribuzioni di posizione (7 × 16.000,00)  ed  Euro
42.000,00 per le retribuzioni di risultato  (7  ×  6.000,00)  per  un
totale di Euro 154.000,00. Dunque, la  residua  parte  delle  risorse
(Euro 569.032,00) e' stata destinata ed  utilizzata  nell'ambito  del
fondo di cui all'art. 15 per il restante personale. 
    In concreto, pertanto, secondo la previsione  dell'art.  2  della
legge regionale n.  22/2017,  il  fondo  di  cui  all'art.  15  viene
decurtato (solo per il futuro, ovvero dal  12  agosto  2017  in  poi,
senza alcuna incidenza  per  il  2016)  della  somma  pari  a  quella
utilizzata per i vice-dirigenti, che dovrebbe corrispondere  ad  euro
154.000,00, secondo i dati forniti per il 2016 (cfr. nota di risposta
del Segretario generale della Regione  Liguria  del  5  giugno  2017,
pervenuta alla Sezione il 6 giugno 2017, prot. n. 2921)». 
    Dato che trova riscontro nella deliberazione di giunta  regionale
4 settembre 2017 n. 713, con  cui  il  Fondo  per  la  contrattazione
decentrata e' stato decurtato per il futuro  della  misura  annua  di
euro 154.000,00 (2018),  stabilendosi  per  il  2017  -  trovando  la
decurtazione applicazione solo dal 12 agosto - che la  riduzione  del
fondo sia pari ad euro 59.283,00  (poco  meno  di  5/12  dell'importo
annuo di Euro 154.000,00). 
    Conseguentemente, la Procura regionale «reitera le argomentazioni
gia' espresse precedentemente in ordine al fatto che l'art.  2  legge
regionale n. 42/2008 non risulta essere conforme a  Costituzione  con
riferimento agli articoli  117,  comma  2,  lettera  l)  (ordinamento
civile), 117, comma 3 (coordinamento  della  finanza  pubblica),  81,
comma 4 (copertura della spesa, nel testo vigente ratione temporis) e
119, comma 2 (principi di coordinamento della finanza pubblica)». 
    In tal senso vengono sviluppate nella memoria  le  argomentazioni
gia' evidenziate in quella depositata in data 30 giugno 2017 e  nella
requisitoria del 21 luglio 2012. 
    Allo stesso modo, la Regione Liguria ha depositato memoria con la
quale ha sostenuto che la vice-dirigenza e' ormai  stata  abrogata  e
che  il  fondo  per  le   risorse   decentrate   e'   stato   ridotto
dell'ammontare pari alle somme destinate a  retribuire  le  posizioni
attinenti la vice-dirigenza. 
    All'odierna udienza le parti come in epigrafe rappresentate hanno
sostanzialmente confermato le argomentazioni sopra esposte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. L'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n.  174,
convertito con modificazioni nella legge 7  dicembre  2012,  n.  213,
dispone che «Il rendiconto generale della Regione e' parificato dalla
sezione regionale di controllo della Corte dei conti ai  sensi  degli
articoli 39, 40 e 41 del testo unico  di  cui  al  regio  decreto  12
luglio 1934, n. 1214. Alla decisione  di  parifica  e'  allegata  una
relazione nella quale la Corte dei conti formula le sue  osservazioni
in merito alla legittimita' ed  alla  regolarita'  della  gestione  e
propone le misure di correzione  e  gli  interventi  di  riforma  che
ritiene necessari al fine, in particolare, di assicurare l'equilibrio
del bilancio e di migliorare l'efficacia e l'efficienza della  spesa.
La decisione di parifica e la relazione sono trasmesse al  presidente
della giunta regionale e al consiglio regionale». 
    Gli articoli del testo unico delle leggi sulla  Corte  dei  conti
richiamati si riferiscono alla parifica del rendiconto generale dello
Stato e disciplinano la procedura del giudizio di parificazione (art.
40), il profilo contenutistico (art.  39)  e  la  contestualizzazione
dell'attivita' di parifica con una  relazione  sul  rendiconto  (art.
41). 
    L'estensione del giudizio di parifica alle Sezioni  regionali  di
controllo della Corte dei conti e' coerente con il ruolo di  «garante
imparziale  dell'equilibrio  economico  -  finanziario  del   settore
pubblico» che il legislatore ha attribuito alla Corte dei conti e che
e' stato confermato dalla Corte costituzionale  con  fa  sentenza  n.
60/2013, nella quale, richiamando anche la pregressa  giurisprudenza,
e' stato affermato  che  «alla  Corte  dei  conti  e'  attribuito  il
controllo sull'equilibrio economico-finanziario del  complesso  delle
amministrazioni  pubbliche  a  tutela  dell'unita'  economica   della
Repubblica, in riferimento a parametri costituzionali  (articoli  81,
119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia
all'Unione europea (articoli 11 e 117, primo comma, Cost.)». Infatti,
il giudizio di parifica per le regioni a statuto ordinario  e'  stato
introdotto, come precisa  il  primo  comma  dell'art.  1  del  citato
decreto-legge n. 174/2012, «al fine di  rafforzare  il  coordinamento
della finanza pubblica, in  particolare  tra  i  livelli  di  governo
statale  e  regionale,  e  di  garantire  il  rispetto  dei   vincoli
finanziari   derivanti   dall'appartenenza   dell'Italia   all'Unione
europea,  le  disposizioni  del  presente  articolo  sono  volte   ad
adeguare, ai sensi degli  articoli  28,  81,  97,  100  e  119  della
Costituzione, il controllo  della  Corte  dei  conti  sulla  gestione
finanziaria delle regioni di cui all'art. 3, comma 5, della legge  14
gennaio 1994, n. 20, e all'art. 7, comma  7,  della  legge  5  giugno
2003, n. 131, e successive modificazioni». 
    2. Nel corso dell'esame del conto  del  bilancio  del  rendiconto
generale della Regione Liguria per l'esercizio 2016,  la  Sezione  di
controllo si e' soffermata sulla verifica della spesa del  personale,
con particolare attenzione ai  compensi  destinati  a  retribuire  le
posizioni di responsabilita'  erogate  a  carico  del  fondo  per  la
contrattazione   decentrata,   con   specifico    riferimento    alla
vice-dirigenza ed alle posizioni organizzative. 
    Dalle risultanze contabili e' emerso  che  nel  2016  sono  state
erogate risorse del fondo accessorio relative all'esercizio 2015 (con
decreto n. 552), divenute esigibili  nell'esercizio  2016  (principio
applicato concernente la contabilita'  finanziaria  Allegato  4/2  al
decreto legislativo n. 118/2011, paragrafo 5.2 lettera  a)).  Mentre,
con DGR 1057/2016 sono  state  individuate  le  risorse  relative  al
trattamento accessorio e  premiante  2016  (esigibili  nell'esercizio
2017, comprensive delle somme dovute dall'Amministrazione  per  oneri
riflessi e IRAP) in un ammontare analogo a quanto  erogato  nell'anno
2016,  per  trattamento   economico   premiante   delle   prestazioni
individuali e della performance organizzativa dell'anno 2015. Risorse
pari ad euro 2.822.089,64 per il  personale  del  comparto,  ed  euro
1.663.637,84 per la dirigenza, individuate  nel  bilancio  gestionale
2016/2018 - Missione 1 - Programma U.01.010.000 - Macro Aggregati 101
e 102 - Cap. 200-201-205-208-217-220-479-483-7604-7605. 
    Sul quadro contabile  descritto  rilevano  due  norme  regionali,
entrambe emanate nel corso del 2008. 
    Con l'art. 10 delta legge n. 10 del 2008, la Regione  Liguria  ha
istituito la vice-dirigenza. La norma, ora abrogata, disponeva che: 
        «1. Nell'ambito del processo complessivo di  riorganizzazione
dell'Ente e comunque nell'anno  2008,  l'Ufficio  di  Presidenza  del
Consiglio Regionale - Assemblea Legislativa della Liguria e la Giunta
regionale, con provvedimento assunto d'intesa,  previa  concertazione
con  le   rappresentanze   sindacali,   istituiscono   l'area   della
vice-dirigenza, tenuta anche conto dei principi  di  cui  al  decreto
legislativo n. 165/2001. 
    2. Con il provvedimento di  cui  al  comma  1  sono  definite  in
particolare le  modalita'  di  conferimento,  le  attribuzioni  della
vice-dirigenza nonche' la tipologia di atti che i  dirigenti  possono
delegare. 
    3. Alla vice-dirigenza puo' accedere il personale di categoria  D
dipendente della Regione Liguria  con  rapporto  di  lavoro  a  tempo
indeterminato, in possesso dei requisiti per accedere alla dirigenza. 
    4. Alla vice-dirigenza, in  attesa  di  uno  specifico  contratto
collettivo nazionale di lavoro,  si  applicano  i  vigenti  contratti
collettivi  nazionali  di   lavoro   del   personale   del   Comparto
regioni-autonomie locali». 
    Successivamente, con l'art. 2 della legge  n.  42  del  2008,  la
Regione ha incrementato i fondi per  il  trattamento  accessorio  del
personale  con  risorse  ulteriori  e  diverse  rispetto   a   quelle
tassativamente previste dai contratti collettivi nazionali  (art.  15
del CCNL 1° aprile 1999 e successive modifiche ed integrazioni),  per
un ammontare di euro 800.000,00: 
        «1. A decorrere dall'anno  2008  le  risorse  destinate  alle
finalita' di cui all'art. 15 del contratto  collettivo  nazionale  di
lavoro 1° aprile  1999  sono  incrementate  di  800,000,00  euro  con
carattere di' certezza, stabilita' e continuita'. 
    2. Le risorse di cui al comma 1 sono utilizzate in conformita'  a
quanto previsto in sede di contrattazione decentrata prioritariamente
per il finanziamento della retribuzione di posizione e  di  risultato
della vice-dirigenza». 
    La  Sezione  dubita  della   legittimita'   costituzionale,   sia
dell'art. 10 della legge n. 10 del 2008 per contrasto con l'art. 117,
comma 2, lettera l), della  Costituzione,  in  quanto  istituisce  la
vice-dirigenza regolando una materia riservata  alla  competenza  per
materia esclusiva dello Stato (che con il decreto legislativo n.  165
del 2001, integrato dalla legge n. 145 del 2002 per cio' che concerne
la  vice-dirigenza,  assegna  alla   contrattazione   collettiva   la
definizione dell'istituto in esame), sia dell'art. 2, comma 1,  della
legge n. 42 del 2008, per contrasto con l'art. 117, comma 2,  lettera
l), della Costituzione (nella precedente e  nuova  formulazione),  in
quanto il fondo per il trattamento accessorio viene  incrementato  in
modo illegittimo, in contrasto con la riserva assoluta  che  assegna,
sulla base di legge statale (nella materia dell'ordinamento  civile),
alla  contrattazione  collettiva  nazionale   e   di   comparto,   la
determinazione e  l'assegnazione  delle  risorse  del  fondo  per  la
contrattazione collettiva. 
    La norma da ultimo citata appare, poi,  in  contrasto  anche  con
l'art. 81, quarto comma, della Cost. (ante riforma 2012),  in  quanto
l'illegittimita' della norma di cui alla legge n. 42 del 2008  e  del
conseguente incremento  del  fondo  per  il  trattamento  accessorio,
determina una  copertura  solo  formale  delle  spese  relative  alla
vice-dirigenza ed alle posizioni organizzative, le  quali  risultano,
invece, prive di una copertura sostanziale. 
    Conseguentemente,  la  Sezione  di  controllo   non   ha   potuto
parificare il capitolo di bilancio n. 200  su  cui  sono  imputati  i
pagamenti  per  retribuire  le  posizioni  di  vice-dirigenza  e   le
posizioni organizzative. 
    Tuttavia, prima di illustrare la non  manifesta  infondatezza  di
tali dubbi, si ritiene necessario soffermarsi  preliminarmente  sulla
legittimazione di questa Corte  ad  adire  il  Giudice  delle  leggi,
nonche' sulla rilevanza della questione nel giudizio in corso. 
    3.  Per  quanto  riguarda  la  legittimazione  della  Sezione  di
controllo a sollevare questioni  di  legittimita'  costituzionale  in
sede di parificazione del rendiconto, si osserva che questo  giudizio
si svolge con le formalita' della giurisdizione contenziosa,  prevede
la partecipazione del Procuratore generale in contraddittorio  con  i
rappresentanti dell'Amministrazione e si conclude con  una  pronunzia
adottata  in  esito  a  pubblica  udienza,  sicche'  la   consolidata
giurisprudenza della Corte  costituzionale  (sentenze  nn.  165/1963,
121/1966, 142/1968, 244/1995 e 213/2008) ha riconosciuto «alla  Corte
dei conti, in sede di giudizio  di  parificazione  del  bilancio,  la
legittimazione  a  promuovere,  in  riferimento  all'art.  81   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale, avverso tutte
quelle disposizioni di legge  che  determinino  effetti  modificativi
dell'articolazione del bilancio per il fatto stesso di  incidere,  in
senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire sui capitoli, con
riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con  il  sistema  dei
risultati differenziali» (sentenza n. 213/2008). 
    Alla giurisprudenza costituzionale formatasi  in  riferimento  al
giudizio di parifica del rendiconto dello Stato e  delle  regioni  ad
autonomia speciale, si  affianca  ormai  una  giurisprudenza  che  ha
riconosciuto in capo alle Sezioni di' controllo la  legittimazione  a
sollevare  questioni  di  legittimita'  costituzionale  in  sede   di
parifica del rendiconto delle regioni. 
    Con la sentenza n. 181/2015 la Corte costituzionale ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale delle norme regionali impugnate dalla
Sezione di controllo per il Piemonte per contrasto con  gii  articoli
81 e 119 della Costituzione, dal momento che consentono una spesa non
coperta in presenza di disavanzo di amministrazione. 
    Con  la  sentenza  n.  107/2016  ha  risolto  la   questione   di
legittimita' costituzionale relativa ad una disposizione della  legge
della Regione Molise  di  assestamento  del  bilancio  di  previsione
dell'anno finanziario 2014. 
    Con  la  sentenza  n.  89/2017  ha  dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale delle norme regionali ivi richiamate che per contrasto
con l'art. 81 Cost., dal momento che consentono una spesa non coperta
e non prevista da nessuna disposizione di legge vigente. 
    Se, pertanto, appare indubbia la legittimazione di questa Corte a
sollevare questioni  di  legittimita'  costituzionale,  rilevante  e'
l'individuazione dei parametri costituzionali che possono fungere  da
riferimento per l'impugnazione delle norme incidenti sul giudizio  di
parifica. 
    La consolidata giurisprudenza costituzionale ha  riconosciuto  la
legittimazione al ricorso  per  contrasto  delle  norme  sospette  di
illegittimita' costituzionale, per  contrasto  con  l'art.  81  della
Costituzione. Il Giudice delle leggi, dopo aver premesso che la Corte
dei conti svolge «una  funzione  di  garanzia  dell'ordinamento»,  di
«controllo   esterno,   rigorosamente   neutrale   e   disinteressato
preordinato a tutela del diritto oggettivo», ha affermato  che  «tali
caratteri  costituiscono  indubbio  fondamento  della  legittimazione
della Corte dei conti  a  sollevare  questioni  di  costituzionalita'
limitatamente a profili attinenti alla copertura finanziaria di leggi
di spesa, perche' il riconoscimento  della  relativa  legittimazione,
legata alla specificita' dei suoi compiti nel  quadro  della  finanza
pubblica,  si  giustifica  anche  con  l'esigenza  di  ammettere   al
sindacato costituzionale leggi che, come nella fattispecie in  esame,
piu' difficilmente verrebbero per  altra  via,  ad  essa  sottoposte»
(sent. n. 226 del 1976). E' proprio in relazione a queste ipotesi che
la Corte ha auspicato (sent. n. 406 del 1989) che quando l'accesso al
suo sindacato sia reso poco agevole,  come  accade  in  relazione  ai
profili attinenti all'osservanza dell'art. 81 della  Costituzione,  i
meccanismi di accesso debbano essere arricchiti. La Corte  dei  conti
e' la sede piu' adatta a far valere quei profili, e cio'  in  ragione
della peculiare natura dei suoi compiti,  essenzialmente  finalizzati
alla verifica della gestione delle risorse finanziarie» (sentenza  n.
384/1991). 
    Il solo precetto di cui all'art. 81 Cost. non  appare  oggi  piu'
sufficiente a garantire la tenuta degli equilibri  finanziari  ed  il
rispetto  dei  principi  che  regolano  la  gestione  delle   risorse
pubbliche. Come osservato dalla Sezione di controllo per il Piemonte,
le  valutazioni  relative  all'esatta  individuazione  dei  parametri
costituzionali (per lungo tempo limitati all'art. 81)  devono  essere
«adeguate al  mutato  quadro  dell'ordinamento  costituzionale.......
mentre al momento delle  pronunzie  sopra  richiamate  l'unica  norma
della Costituzione in materia  di  finanza  pubblica  era  costituita
dall'art. 81 e dalla legge costituzionale n. 3/2001». 
    I giudici  piemontesi,  con  tali  argomentazioni,  hanno  inteso
ricomprendere tra i parametri costituzionali  l'art.  119,  comma  6,
della Costituzione (in materia di indebitamento) e l'art. 97 «ai fini
del  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  dell'equilibrio  dei
bilanci». 
    Ma il ragionamento puo' e deve essere esteso a tutte quelle norme
costituzionali che in modo diretto o indiretto involgono  la  materia
della finanza pubblica, apprestando tutela alle risorse pubbliche  ed
alla loro corretta utilizzazione. 
    Nel caso di  specie,  la  Regione  Liguria,  legiferando  in  una
materia riservata alla competenza legislativa esclusiva dello  Stato,
ha determinato un aumento sensibile della  spesa  del  personale  che
costituisce, per la sua importanza strategica, non  gia'  una  minuta
voce di dettaglio nei bilanci delle amministrazioni pubbliche, ma  un
importante aggregato della spesa corrente, con la conseguenza che  le
disposizioni relative  al  suo  contenimento  assurgono  a  principio
fondamentale delta legislazione statale (in tal senso, tra le  altre,
Corte costituzionale sentenza n. 108/2011). 
    In tal modo si appresta una tutela delle risorse  pubbliche  piu'
ampia, finalizzata al contenimento della spesa, in  un  contesto  che
vede l'Ordinamento  italiano  impegnato  a  rispettare  obiettivi  di
finanza pubblica interni e comunitari. 
    Non solo, quindi, contenimento della spesa del personale mediante
il ricorso  ai  principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica
(materia  concorrente:  sul  punto  e'  copiosa   la   giurisprudenza
costituzionale), ma anche  mediante  il  ricorso  ad  altri  precetti
costituzionali, qualora  l'inosservanza  degli  stessi  determini  un
aumento della spesa che non  trova  giustificazione  nell'ordinamento
giuridico. E non solo in termini di tetti  di  spesa  e  limiti  alla
stessa, ma anche in termini di violazione di  procedure  mediante  te
quali si persegue, comunque, la corretta determinazione  della  spesa
del personale e delle dinamiche alla stessa legate. 
    In tal senso appare rilevante la questione  di  costituzionalita'
posta da questa Sezione in quanto  la  violazione  della  riserva  di
legge statale da parte della Regione Liguria  in  una  materia  quale
quella dell'ordinamento civile, ha determinato una dinamica espansiva
della spesa di personale non sottoposta alla verifica, in termini  di
an e quantum, dei soggetti  deputati  dalla  legge  a  verificarne  i
presupposti: l'ARAN per quanto riguarda la parte pubblica (secondo le
direttive  delle  competenti  Amministrazioni)  e  le  organizzazioni
sindacali per cio' che concerne il personale  impiegato  nel  settore
pubblico. 
    Difatti, la procedura  individuata  dallo  Stato,  nell'esercizio
della  potesta'  legislativa  riservata  in  materia  di  ordinamento
civile,  ai  fini  dell'istituzione  della   vice-dirigenza   e   del
finanziamento della stessa (e delle posizioni organizzative) mediante
il ricorso alla contrattazione collettiva, ha chiaramente lo scopo di
verificare, con i soggetti interessati,  la  sostenibilita'  di  tali
istituti in termini di risorse finanziarie disponibili e la  corretta
attribuzione  dei  compensi  ai  soggetti   titolari   di   posizioni
lavorative, rilevanti in termini di produttivita' e performance. 
    Infine, questo Collegio non puo' non condividere quanto osservato
dalla Sezione di controllo per il Piemonte,  laddove  ha  evidenziato
come il giudizio di  parificazione,  allo  stato  della  legislazione
vigente,  e'  l'unica  possibilita'  offerta   dall'ordinamento   per
sottoporre a scrutinio di costituzionalita' in  via  incidentale,  in
riferimento  ai  principi  costituzionali  in  materia   di   finanza
pubblica, le disposizioni  legislative  che,  incidendo  sui  singoli
capitoli,  modificano  l'articolazione  del  bilancio  e  ne  possono
alterare  gli  equilibri  complessivi.   Conseguentemente,   ove   si
escludesse la legittimazione di questa Corte a sollevare questioni di
costituzionalita' in riferimento ai parametri sopra individuati,  si'
verrebbe a creare, di fatto, una sorta di spazio  legislativo  immune
dal controllo di costituzionalita'  attivabile  in  via  incidentale,
laddove  la  giurisprudenza   costituzionale   ha   riconosciuto   la
legittimazione della Sezione di controllo a  sollevare  questioni  di
legittimita'  costituzionale  anche  in  relazione  all'esigenza   di
assicurare al sindacato della Corte costituzionale  leggi  che,  come
nella fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero, per  altra
via, ad essa sottoposte» (Corte costituzionale sentenza n. 226/1976). 
    Ritiene, pertanto, la Sezione di essere legittimata  a  sollevare
questioni di legittimita' costituzionale, non  solo  con  riferimento
all'art. 81 della Costituzione, ma  anche  con  riferimento  all'art.
117, comma 2, lettera l), 
    4. Entrambe le questioni  di  costituzionalita'  che  si  intende
sollevare sono, poi, rilevanti nel presente giudizio.  Come  disposto
dall'art. 39 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti (regio
decreto 12 luglio 1934, n. 1214), al quale l'art.  1,  comma  5,  del
decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 rinvia, l'oggetto del  giudizio
di parifica e' il seguente: «La Corte verifica il rendiconto generale
dello Stato e ne confronta i risultati tanto per le  entrate,  quanto
per le spese, ponendoli a riscontro con le leggi del bilancio. A tale
effetto verifica se le entrate riscosse  e  versate  ed  i  resti  da
riscuotere e da versare risultanti dal rendiconto, siano conformi  ai
dati esposti nei conti periodici e nei riassunti  generali  trasmessi
alla Corte dai singoli ministeri;  se  le  spese  ordinate  e  pagate
durante l'esercizio concordino con le scritture tenute o  controllate
dalla Corte ed accerta i residui passivi in base  alle  dimostrazioni
allegate  ai  decreti  ministeriali  di  impegno  ed   alle   proprie
scritture. La Corte con eguali accertamenti  verifica  i  rendiconti,
allegati  al  rendiconto  generale,  delle   aziende,   gestioni   ed
amministrazioni statali con  ordinamento  autonomo  soggette  al  suo
riscontro». 
    La Corte costituzionale, con la sentenza n. 213/2008 ha affermato
la legittimazione della Corte  dei  conti  in  sede  di  giudizio  di
parificazione a sollevare questione  di  legittimita'  costituzionale
«avverso tutte quelle disposizioni di legge che  determinino  effetti
modificativi dell'articolazione del bilancio per il fatto  stesso  di
incidere, in senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire  sui
capitoli, con riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con  il
sistema dei risultati differenziali». 
    Nel caso di specie, le norme di cui si sospetta  l'illegittimita'
costituzionale, incidono sull'articolazione della spesa e sul quantum
della  stessa,  poiche'  l'una  istituisce  posizioni  giuridiche  di
vice-dirigenza,  che  altrimenti  non  avrebbero  titolo  ad   essere
retribuite;  l'altra  determina  un  effetto  espansivo  della  spesa
mediante un aumento delle risorse destinate al trattamento accessorio
con cui, poi, la regione ha retribuito soggetti che non ne  avrebbero
avuto titolo o che ne avrebbero avuto titolo ma in misura diversa. 
    Pertanto, la verifica della spesa del personale  nell'ambito  del
giudizio di parifica, con riferimento alle  fattispecie  evidenziate,
consente alle Sezioni di controllo di ergersi  a  garante  imparziale
dell'equilibrio economico - finanziario del settore pubblico  che  il
legislatore ha attribuito alla Corte dei conti. 
    In tal senso, si giustifica una parifica parziale con esclusione,
quindi, delle poste di spesa «alterate». Nella fattispecie in  esame,
la Sezione evidenzia come la parifica  del  capitolo  di  spesa  200,
Missione 1 - Programma U.01.010.000 -  Macro  Aggregati  101  e  102,
comporta l'applicazione dell'art. 10 della legge regionale n. 10  del
2008, che ha istituito la vice-dirigenza, nonche' dell'art. 2,  comma
1, della legge  regionale  n.  42  del  2008  che  ha  finanziato  la
vice-dirigenza e le posizioni organizzative. 
    Difatti, le due norme, se pur risalenti nel tempo, continuano  ad
esplicare  la  loro  efficacia   anche   nel   corso   dell'esercizio
finanziario  2016,  incidendo  sui  risultati  finanziari  finali  e,
conseguentemente, sul rendiconto regionale (oggetto di parifica). 
    In tal senso, la previsione di posti di vice-dirigenza nel  corso
dell'esercizio 2016, determina il  pagamento  delle  retribuzioni  di
posizione sul capitolo 200  cit.  L'ammontare  di  tali  compensi  e'
determinato,  poi,  dall'entita'  del  fondo   per   il   trattamento
accessorio che, come gia' rilevato, risulta incrementato, a decorrere
dall'anno 2008, con risorse per euro 800.000,00, aventi carattere  di
certezza, stabilita' e continuita'. Incremento di cui, come detto, se
ne dubita la legittimita'. 
    Questo Collegio ritiene, pertanto, di non poter  applicare  norme
di   cui   si    sospetta    l'illegittimita'    costituzionale    e,
conseguentemente, di  non  poter  parificare  il  capitolo  di  spesa
richiamato. 
    Sospetto di illegittimita' che non si  riscontrano,  invece,  nei
confronti degli  articoli  117,  comma  3,  e  119,  comma  2,  della
Costituzione, come invece prospettato dalla Procura contabile. 
    Tali norme assegnano alla legislazione concorrente  Stato-Regioni
la materia del coordinamento della finanza pubblica,  consentendo  al
legislatore  nazionale  di  intervenire  con  leggi  che  individuano
principi ed obiettivi finalizzati alla riduzione ed  al  contenimento
della spesa del personale, da perseguire  ad  opera  delle  pubbliche
amministrazioni interessate. In tal senso, emerge con  ancor  maggior
vigore l'importanza che assume il controllo della spesa del personale
al fine  di  conseguire  obiettivi  di  finanza  pubblica  interni  e
comunitari. 
    Nel  caso  di  specie,  tuttavia,  la  Procura   contabile,   nel
richiamare  numerose  norme  che  hanno   individuato   principi   di
coordinamento  della  finanza  pubblica  in  materia  di  spesa   del
personale, non ha dimostrato quali di esse  sarebbero  state  violate
dalla regione (ne' questa Sezione ha accertato al riguardo violazioni
in sede di parifica) con incidenza sull'esercizio finanziario 2016. 
    Appare, pertanto, non rilevante e  manifestamente  infondata,  la
questione di legittimita' costituzionale sollevata in  rapporto  agli
articoli 117, comma 3, e 119, comma 2, della Costituzione. 
    5.  La  rilevanza  della  questione  permane  anche   a   seguito
dell'abrogazione dell'istituto  della  vice-dirigenza,  avvenuto  con
l'art. 1 della legge regionale n. 22 del 2017. 
    Difatti, il comma 2, dell'art. 2 e l'art. 3 della  legge  citata,
dispongono l'entrata in vigore della legge il giorno successivo  alla
pubblicazione nel bollettino ufficiale (quindi dal 12  agosto  2017).
Pertanto, il Legislatore regionale  ha  disposto  l'abolizione  della
figura dei vice-dirigenti solo per il futuro, escludendo qualsivoglia
applicazione di carattere retroattivo. 
    Come osservato dalla Procura contabile,  cio'  significa  che  la
Regione Liguria, se da un lato ha effettivamente eliminato l'anomalia
rappresentata dalla presenza nel proprio assetto  del  personale  dei
vice-dirigenti  (unica  Regione  ad  avere  istituito  tale  figura),
dall'altro non ha  effettuato  un  intervento  legislativo  volto  ad
incidere in alcun modo sull'assetto preesistente e quindi, per quanto
rileva in  questa  sede,  sull'esercizio  2016.  Conseguentemente  In
virtu' della scelta legislativa regionale compiuta  con  la  suddetta
legge, per il 2016 gli incarichi  di  vice-dirigenti  e  le  relative
remunerazioni allocate nel bilancio di esercizio non sono stati posti
in alcun modo in discussione. Va, infatti, osservato che, per  quanto
l'iniziativa del legislatore regionale sia nata al fine di far venire
meno la vice-dirigenza, tuttavia la legge regionale  n.  22/2017  ha,
implicitamente,  confermato   l'assenta   legittimita'   dell'assetto
precedente, non prevedendo ne' l'eventuale arresto di ogni  ulteriore
pagamento  eventualmente  dovuto  ai   vice-dirigenti   (ad   esempio
eventuali retribuzioni di  risultato  non  ancora  corrisposte),  ne'
l'illegittimita' dei pagamenti fatti  a  titolo  di  retribuzione  di
posizione e di risultato nel 2016, ne' tantomeno l'eventuale recupero
delle somme versate nel suddetto esercizio. 
    In tale quadro normativo, permane la rilevanza della questione di
legittimita'   costituzionale,   come   ha   insegnato    la    Corte
costituzionale che ha costantemente affermato «la  persistenza  della
rilevanza, anche nel caso in cui la norma sottoposta a scrutinio  sia
stata dichiarata incostituzionale o sostituita da una successiva,  in
quanto,  allorche'  un  determinato  atto  amministrativo  sia  stato
adottato  sulla  base  di  una  norma  poi  abrogata   o   dichiarata
costituzionalmente illegittima, la legittimita' dell'atto deve essere
esaminata, in virtu' del principio tempus regit actum,  con  riguardo
alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della  sua
adozione» (sentenza n. 177 del 2012; nonche', tra le altre,  sentenze
nn. 321 del 2011, 209 del 2010, 391 del 2008 e 509 del 2000). 
    Del resto, i due  istituti  giuridici  dell'abrogazione  e  della
illegittimita' costituzionale delle leggi non sono eguali  fra  loro,
ma si  muovono  su  piani  diversi  ed  hanno,  soprattutto,  effetti
diversi. Mentre la dichiarazione di incostituzionalita' di una  legge
o di un atto avente forza di legge rende la norma inefficace ex  tunc
quindi, estende la sua  invalidita'  a  tutti  i  rapporti  giuridici
ancora pendenti al momento della decisione  della  Corte,  restandone
cosi esclusi soltanto i  «rapporti  esauriti»,  l'abrogazione,  opera
solo  per  l'avvenire,  atteso  che  anche  la  legge  abrogante   e'
sottoposta alla regola di cui all'art. 11  delle  Disposizioni  sulla
legge in  generale,  secondo  cui  «la  legge  non  dispone  che  per
l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo». Fatta  salva  l'ipotesi
dell'abrogazione con  effetti  retroattivi,  ipotesi  che  pero'  non
ricorre nella fattispecie in esame dove, di contro, e'  assolutamente
pacifico che  l'art.  10  legge  regionale  n.  10/2008  abbia  avuto
concreta  applicazione  per  anni  e  che  siano  stati  nominati   e
remunerati vari vice-dirigenti, segnatamente nel corso dell'esercizio
2016;  dunque,  ben  puo'  e  deve  essere  sollevata  questione   di
legittimita' costituzionale del citato art.  10,  vigente  nel  2016,
anno oggetto del giudizio  di  parifica  (essendo  la  vice-dirigenza
venuta meno solo dal 12 agosto 2017). 
    6. Con l'art. 2, comma 1, della legge regionale n. 22  del  2017,
la Regione Liguria non ha, poi, disposto  l'abrogazione  dell'art.  2
della legge regionale 24 novembre 2008, n. 42, con  cui  erano  state
incrementate, per Euro 800.000,00, te risorse per  il  Fondo  per  la
contrattazione decentrata del comparto di cui all'art. 15 del CCNL 1°
aprile 1999, bensi' ha operato un intervento molto  limitato,  avendo
esclusivamente statuito che il suddetto fondo, come incrementato  dal
citato  art.  2  legge  regionale  n.  42/2008,   venisse   decurtato
limitatamente alle risorse  utilizzate  per  il  finanziamento  della
retribuzione  di  posizione  e  di  risultato  degli   incarichi   di
vice-dirigenza in essere alla data di entrata in vigore della legge. 
    Cio' significa, innanzitutto, che l'art. 2 della legge  regionale
n. 42/2008 risulta tuttora vigente. Si tratta, tra l'altro, di  norma
che al comma 2 continua a prevedere la vice-dirigenza  recitando  «Le
risorse di cui al comma 1 sono utilizzate  in  conformita'  a  quanto
previsto in sede di contrattazione decentrata prioritariamente per il
finanziamento della retribuzione di posizione e  di  risultato  della
vice-dirigenza.» 
    Parimenti, al comma 3, tale articolo continua a  disciplinare  la
retribuzione spettante ai vice-dirigenti  prevedendo  che:  «Ai  vice
dirigenti e' attribuita la retribuzione di posizione fino alla misura
massima stabilita per le posizioni delle  alte  professionalita'  dai
contratti collettivi nazionali di lavoro del personale  del  comparto
regioni - autonomie locali vigenti  nel  tempo.  La  retribuzione  di
risultato puo' variare da un minimo del 10 per cento  ad  un  massimo
del 50 per cento  della  retribuzione  di  posizione  in  godimento».
Evidentemente, quindi, il quadro legislativo regionale  oggi  risulta
essere  disarmonico,  anche  perche'  l'art.  2  della  citata  legge
regionale n. 42/2008 e' stato espressamente  richiamato  dalla  legge
regionale n. 22/2017, ma  lo  stesso  legislatore  regionale  non  ha
inteso abrogarlo. 
    Pertanto,  anche  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
relativa all'art. 2 della legge regionale  n.  42  del  2008  risulta
tuttora rilevante ai fini del giudizio di parifica poiche'  nel  2016
il fondo di cui all'art. 15 CCNL 1° aprile 1999,  alimentato  con  le
risorse di cui all'art. 2 della legge regionale n. 42/2008  per  euro
723.032,00, e'  stato  impiegato  per  remunerare  i  vice-dirigenti,
limitatamente ad euro 112.000,00 per le retribuzioni di posizione  (7
× 16.000,00) e ad euro 42.000,00 per le retribuzioni di risultato  (7
× 6.000,00), per un  totale  di  Euro  154.000,00.  Mentre  la  parte
residua del suddetto incremento, pari ad euro  569.032,00,  e'  stata
destinata ed utilizzata nell'ambito del fondo di cui all'art. 15  per
il restante personale (in particolare  per  retribuire  le  posizioni
organizzative). 
    In concreto, pertanto, secondo la previsione  dell'art.  2  della
legge regionale n.  22/2017,  il  fondo  di  cui  all'art.  15  viene
decurtato (solo per il futuro, ovvero dal  12  agosto  2017  in  poi,
senza alcuna incidenza  per  il  2016)  della  somma  pari  a  quella
utilizzata per i vice-dirigenti, che dovrebbe corrispondere  ad  euro
154.000,00, secondo i dati forniti per il 2016 (cfr. nota di risposta
del Segretario generale della Regione  Liguria  del  5  giugno  2017,
pervenuta alla Sezione il 6 giugno 2017, prot. n.  2921).  Tale  dato
trova riscontro e conferma nella deliberazione di giunta regionale  4
settembre 2017 n.  713,  con  cui  il  Fondo  per  la  contrattazione
decentrata e' stato decurtato per il futuro  della  misura  annua  di
euro 154.000,00 (2018),  stabilendosi  per  il  2017  -  trovando  la
decurtazione applicazione solo dal 12 agosto - che la  riduzione  del
fondo e' pari ad euro 59.283,00 (poco meno di 5/12 dell'importo annuo
di euro 154.000,00). 
    Sotto tale profilo, quindi, la legge regionale n. 22/2017 non  ha
fatto venire meno,  per  l'esercizio  2016,  la  rilevanza  circa  la
prospettata questione di costituzionalita' dell'art.  2  della  legge
regionale n. 42/2008; ed  inoltre,  ha  operato  per  il  futuro  una
riduzione del tutto parziale dei fondo, che nella  sostanza  conferma
in gran parte l'incremento delle risorse deciso nel 2008,  della  cui
conformita' ai parametri costituzionali sopra  richiamati  e'  lecito
dubitare. 
    7. Quanto alla non  manifesta  infondatezza,  la  Sezione  dubita
della legittimita' costituzionale dell'art. 10 della legge  regionale
n. 10 del 2008 per contrasto con l'art.  117,  comma  2  (ordinamento
civile - competenza esclusiva statale). La norma in questione prevede
l'istituzione   della   vice-dirigenza,   posizione   lavorativa   di
responsabilita' introdotta dall'art.  7,  comma  3,  della  legge  15
luglio 2002, n. 145, che aveva integrato il  decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165, aggiungendo l'art. 17-bis, che, al comma 1, primo
periodo  -  come  modificato  dall'art.  14-octies,  comma   1,   del
decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 17 agosto 2005, n. 168 - statuiva: 
        «La  contrattazione   collettiva   del   comparto   Ministeri
disciplina  l'istituzione  di   un'apposita   separata   area   della
vice-dirigenza  nella  quale  e'  ricompreso  il  personale  laureato
appartenente  alle  posizioni   C2   e   C3,   che   abbia   maturato
complessivamente cinque anni di anzianita' in dette posizioni o nelle
corrispondenti qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento»; 
    Il comma 2 prevedeva, ancora, che  «La  disposizione  di  cui  al
comma 1 si applica, ove compatibile, al  personale  dipendente  dalle
altre amministrazioni di cui all'art.  1,  comma  2,  appartenente  a
posizioni equivalenti alle posizioni C2 e C3 del compatto  Ministeri;
l'equivalenza delle posizioni e' definita con  decreto  del  Ministro
per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze.» 
    Infine, l'art. 10, comma 3, disponeva che «La disciplina relativa
alle disposizioni di cui al comma 3 dell'art. 7, che si  applicano  a
decorrere dal periodo contrattuale successivo a quello in corso  alla
data di entrata in vigore della presente legge, resta  affidata  alla
contrattazione collettiva, sulla  base  di  atti  di'  indirizzo  del
Ministro per la funzione pubblica all'Agenzia per  la  rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) anche per  la  parte
relativa   all'importo   massimo   delle   risorse   finanziarie   da
destinarvi». 
    Il quadro normativo evidenziato rimetteva, con  molta  chiarezza,
l'attuazione  dell'area  della  vice-dirigenza,  alla  contrattazione
collettiva sulla base di atti  di  indirizzo  emanati  dal  Ministero
della funzione pubblica nei confronti dell'Aran. In  piu',  per  cio'
che concerne gli enti di cui al comma 2 dell'art. 17-bis (Regioni  ed
altri  enti  locali)  richiedeva,  per  l'attuazione   dell'istituto,
l'emanazione di un decreto del Ministro per la funzione pubblica,  di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze per  stabilire
l'equivalenza delle posizioni tra il comparto Stato  ed  il  comparto
regioni. 
    Le suddette previsioni legislative erano, pertanto,  esplicazione
della competenza esclusiva dello Stato nella materia dell'Ordinamento
civile, in coerenza con il sistema delineato dal decreto  legislativo
n. 165 del 2001,  vigente  al  momento  dell'emanazione  delle  norme
regionali in esame, che rimetteva (e tuttora rimette) allo  Stato  la
disciplina di principio  in  materia  di  organizzazione  del  lavoro
rinviando, poi, alla contrattazione collettiva la  definizione  degli
istituti contrattuali, con  particolare  riferimento  al  trattamento
economico. Il testo vigente nel 2008 prevedeva: 
        «Art. 2, comma 2. I rapporti di lavoro dei  dipendenti  delle
amministrazioni pubbliche sono disciplinati  dalle  disposizioni  del
capo I, titolo Il, del libro V del codice civile e  dalla  legge  sui
rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve  le  diverse
disposizioni contenute nel presente decreto.  Eventuali  disposizioni
di legge, regolamento  o  statuto,  che  introducano  discipline  dei
rapporti di lavoro la cui applicabilita' sia limitata  ai  dipendenti
delle amministrazioni pubbliche,  o  a  categorie  di  essi,  possono
essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi  e,  per
la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili,  solo  qualora
cio' sia espressamente previsto dalla legge». 
        «Art. 2, comma 3. I rapporti individuali di lavoro di cui  al
comma 2 sono regolati contrattualmente. I contratti  collettivi  sono
stipulati secondo i criteri e le modalita' previste  nel  titolo  III
del presente decreto; i contratti individuali devono  conformarsi  ai
principi di cui all'art. 45, comma 2. L'attribuzione  di  trattamenti
economici puo' avvenire esclusivamente mediante contratti  collettivi
o, alle  condizioni  previste,  mediante  contratti  individuali.  Le
disposizioni  di'  legge,  regolamenti  o  atti  amministrativi   che
attribuiscono  incrementi  retributivi  non  previsti  da   contratti
cessano di avere efficacia a far  data  dall'entrata  in  vigore  del
relativo  rinnovo  contrattuale.   I   trattamenti   economici   piu'
favorevoli in godimento sono riassorbiti con  le  modalita'  e  nelle
misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne
conseguono incrementano le risorse disponibili per la  contrattazione
collettiva». 
        «Art. 40, comma 3. La contrattazione  collettiva  disciplina,
in  coerenza  con  il  settore  privato,  la  durata  dei   contratti
collettivi nazionali e integrativi, la  struttura  contrattuale  e  i
rapporti tra diversi livelli. Le pubbliche  amministrazioni  attivano
autonomi  livelli  di  contrattazione  collettiva  integrativa,   nel
rispetto dei  vincoli  di  bilancio  risultanti  dagli  strumenti  di
programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione.  La
contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie  e  nei
limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e
con le procedure negoziali che questi  ultimi  prevedono;  essa  puo'
avere ambito  territoriale  e  riguardare  piu'  amministrazioni.  Le
pubbliche  amministrazioni  non   possono   sottoscrivere   in   sede
decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con  vincoli
risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino  oneri
non previsti negli strumenti di programmazione annuale e  pluriennale
di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono  nulle  e  non
possono essere applicate». 
        «Art.  45,  comma  3.  I  contratti  collettivi  definiscono,
secondo  criteri  obiettivi  di  misurazione,  trattamenti  economici
accessori collegati:  a)  alla  produttivita'  individuale;  b)  alla
produttivita'  collettiva  tenendo  conto  dell'apporto  di   ciascun
dipendente; c) all'effettivo svolgimento di attivita' particolarmente
disagiate obiettivamente ovvero pericolose o dannose per  la  salute.
Compete ai dirigenti la  valutazione  dell'apporto  partecipativo  di
ciascun dipendente, nell'ambito di criteri obiettivi  definiti  dalla
contrattazione collettiva». 
    In tal senso, esplicativo e' l'art. 8, comma  1,  della  legge  4
marzo 2009, n. 15, che ha interpretato l'art. 17-bis nel  senso  che:
«la  vice-dirigenza  e'  disciplinata  esclusivamente  ad   opera   e
nell'ambito della contrattazione collettiva nazionale del comparto di
riferimento, che ha facolta' di introdurre una  specifica  previsione
costitutiva al riguardo.  Il  personale  in  possesso  dei  requisiti
previsti  dal  predetto  articolo  puo'  essere  destinatario   della
disciplina della  vice-dirigenza  soltanto  a  seguito  dell'avvenuta
costituzione di quest'ultima da parte della contrattazione collettiva
nazionale del comparto di riferimento. Sono fatti salvi  gli  effetti
dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente
legge». 
    Anche la giurisprudenza della Corte di cassazione ha escluso  che
la  norma  di  cui  all'art.  17-bis   avesse   portata   precettiva,
delineandone la portata meramente programmatica (Cass., sez. Lav.  22
novembre 2011, n. 28208). 
    Al riguardo e' stato anche chiarito dalla Cassazione che  l'unica
fonte   deputata   all'effettiva    istituzione    dell'area    della
vice-dirigenza sarebbe stata la  contrattazione  collettiva,  secondo
l'iter previsto dalla legge statale (e non certo sic  et  simpliciter
una legge regionale). La stessa ha affermato che «l'art. 17-bis - nel
prefigurare una nuova qualifica dei dipendenti pubblici -  quella  di
vice-dirigente - ne ha demandato la  disciplina  dell'istituzione,  e
quindi innanzi tutto l'istituzione, alla  contrattazione  collettiva,
in piena sintonia con  il  riparto  delle  fonti  di  disciplina  del
rapporto quale definito dal decreto legislativo n. 165 del 2001, art.
2, che assegna, appunto, in generale alla  contrattazione  collettiva
la regolamentazione del rapporto lasciando  agli  atti  organizzativi
delle pubbliche amministrazioni, nel rispetto dei  principi  generali
fissati da disposizioni di legge, solo  la  definizione  delle  linee
fondamentali di organizzazione degli uffici,  l'individuazione  degli
uffici di  maggiore  rilevanza  e  dei  modi  di  conferimento  della
titolarita' dei medesimi, la determinazione delle dotazioni organiche
complessive.» 
    Dunque la tesi difensiva della Regione Liguria,  contenuta  nella
nota  del  12  giugno   2017,   secondo   cui   l'istituzione   della
vice-dirigenza regionale,  avvenuta  nel  2008,  sarebbe  stata  resa
possibile dalla portata precettiva della norma del 2002, prima  della
norma   di   interpretazione   autentica   de!   2009,   non   appare
condivisibile. 
    Sulla corretta interpretazione del quadro normativo relativo alla
vice-dirigenza, soccorre anche la Corte costituzionale  che,  con  la
pronuncia n. 214 del 2016 (relativa alla legittimita'  costituzionale
dell'art. 5, comma 13, del decreto-legge n. 95 del 2012,  convertito,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 135 del 2012,
che ha abrogato la vice-dirigenza),  delinea  i  tratti  fondamentali
dell'istituto   in   esame   evidenziando   la   centralita'    della
contrattazione collettiva nell'istituzione e  regolamentazione  della
vice-dirigenza, sia per il comparto Ministeri  che  per  il  comparto
regioni - enti locali. 
    A supporto delle argomentazioni  esposte,  si  evidenzia  che  di
recente e' stata dichiarata l'incostituzionalita' dell'art. 8,  comma
2, della legge regionale n. 8/2016, che ha introdotto l'art. 8-quater
nella legge regionale n. 25/2006 della Regione Liguria in materia  di
trattamento del personale regionale, ribadendosi che  «la  disciplina
del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione
e' retta dalle disposizioni del codice civile e dalla  contrattazione
collettiva» e che «il trattamento economico dei  dipendenti  pubblici
e' affidato ai contratti collettivi, di  tal  che  la  disciplina  di
detto trattamento e, piu' in generale, quello del rapporto di impiego
rientra nella materia dell'ordinamento civile riservata alla potesta'
legislativa esclusiva dello Stato» (Corte cost., 11 luglio  2017,  n.
160). Cio' ad  ulteriore  conferma  della  ipotizzata  illegittimita'
costituzionale  dell'istituzione   della   vice-dirigenza   regionale
rispetto al parametro dell'art.  117,  comma  2,  lettera  l),  della
Costituzione. 
    La Sezione dubita,  altresi,  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2 della legge regionale n. 42 del 2008  per  contrasto  con
l'art. 117,  comma  2  (ordinamento  civile  -  competenza  esclusiva
statale) e  con  l'art.  81,  comma  4  (nel  testo  vigente  ratione
temporis), per la relativa copertura finanziaria. 
    Con la predetta norma la Regione ha finanziato  le  posizioni  di
vice-dirigenza. Difatti, l'art. 2 della  legge  n.  42  del  2008  ha
incrementato i fondi per il trattamento accessorio del personale  con
risorse ulteriori e diverse rispetto a quelle tassativamente previste
dai contratti collettivi nazionali (art. 15 del CCNL  del  1°  aprile
1999 e successive modifiche ed integrazioni),  per  un  ammontare  di
euro 800.000,00: 
        «1. A decorrere dall'anno  2008  le  risorse  destinate  alle
finalita' di cui all'art. 15 del Contratto  collettivo  nazionale  di
lavoro 1° aprile  1999  sono  incrementate  di  800.000,00  euro  con
carattere di certezza, stabilita' e continuita'.» 
    «2. Le risorse di cui al comma 1 sono utilizzate in conformita' a
quanto previsto in sede di contrattazione decentrata prioritariamente
per il finanziamento della retribuzione di posizione e  di  risultato
della vice-dirigenza.» 
    Sembrerebbe, pertanto, illegittima la copertura  finanziaria  per
la retribuzione della vice-dirigenza poiche' la Regione  non  avrebbe
avuto  la  possibilita'  di  aumentare  le  risorse  destinate   alla
contrattazione integrativa con proprie risorse  di  bilancio,  al  di
fuori ed in  contrasto  con  le  previsioni  indicate  dai  contratti
collettivi nazionali. 
    Come rilevato anche dalla relazione  MEF  in  sede  di  ispezione
amministrativo-contabile  presso  la  Regione,  risulta   illegittimo
aumentare  le  risorse  destinate  al  trattamento   accessorio   del
personale (al fine di finanziare l'istituzione della vice-dirigenza),
al di fuori dei limiti previsti dai  contratti  collettivi  nazionali
relativi  ai  fondi  per  il   trattamento   accessorio,   risultando
inammissibile la storno di ulteriori risorse di bilancio al  fine  di
rendere i fondi stessi capienti al finanziamento del nuovo  istituto,
in modo da non dover procedere alla decurtazione di risorse destinate
agli altri impieghi nell'ambito della contrattazione decentrata. 
    Sul punto, infatti, esiste una  espressa  riserva  di  legge  per
materia prevista dalla Carta costituzionale, che assegna  allo  Stato
la potesta' di regolamentazione esclusiva nella materia  «Ordinamento
civile» (art.  117,  comma  2,  lettera  l):  giurisdizione  e  norme
processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa). 
    A seguito della  privatizzazione  del  rapporto  di  lavoro  alle
dipendenze delle  pubbliche  amministrazioni,  la  materia  in  esame
rientra nell'ambito dell'ordinamento civile riservato allo  Stato  ai
sensi dell'art. 112, comma 2, lettera l), della Costituzione. Riserva
esercitata, nel caso di specie, mediante il  decreto  legislativo  n.
165 del 2001 (si veda  nota  1)  che  rinvia,  per  gli  aspetti  qui
rilevanti, alla contrattazione collettiva (articoli 15 e ss. del CCNL
1° aprile 1999, come integrato e modificato dal CCNL 22 gennaio  2004
articoli 31 e ss., che  individuano  tassativamente  le  risorse  che
possono comporre il fondo per la contrattazione decentrata). 
    La possibilita', pertanto, che con  legge  regionale  si  vada  a
modificare  un  aspetto   fondamentale   del   rapporto   di   lavoro
subordinato, nell'ambito del pubblico  impiego,  quale  e'  l'aspetto
retributivo, non risulta affatto ammissibile posto  che  operando  in
tale modo si incide in ambito contrattuale,  ovvero  in  un  segmento
riconducibile  all'ordinamento  civile,   di   competenza   esclusiva
statale, come gia' messo in luce dalla Corte costituzionale (sentenza
22 dicembre 2011, n. 339). 
    La Corte costituzionale ha, infatti, statuito  -  occupandosi  di
una legge regionale che disponeva l'aumento del trattamento economico
accessorio - che la norma impugnata «... disciplina  un  aspetto  del
trattamento economico dei dipendenti della Regione, il  cui  rapporto
d'impiego e' stato privatizzato (ex  plurimis:  sentenza  n.  77  del
2011, punto 3 del considerato  in  diritto),  sicche'  rientra  nella
materia dell'ordinamento civile, come si desume, del resto, dall'art.
45, comma 1, del citato decreto legislativo  n.  165  del  2001,  con
conseguente violazione dell'art. 117, comma  2,  lettera  l),  Cost.»
(Corte cost. n. 339/2011). In questo stesso senso  anche  la  recente
pronuncia della Corte costituzionale 11 luglio 2017, n.  160  che  ha
affermato «... In particolare, dall'art. 2, comma 3, terzo  e  quarto
periodo, del  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme
generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle  pubbliche
amministrazioni),  emerge  il  principio  per  cui   il   trattamento
economico  dei  dipendenti  pubblici   e'   affidato   ai   contratti
collettivi, di tal che la disciplina di detto trattamento e, piu'  in
generale, quella del  rapporto  di  impiego  pubblico  rientra  nella
materia dell'ordinamento civile riservata alla  potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato (sentenze nn. 72 del 2017, 211 e 61  del  2014,
286 e 225 del 2013, 290 e 215 del 2012, 339 e 77 del 2011, 332 e  151
del 2010). Anche la posizione dei dipendenti  regionali  e'  attratta
dalla citata disciplina del trattamento  economico  e  giuridico  dei
dipendenti pubblici, ai sensi  dell'art.  1,  comma  2,  del  decreto
legislativo n. 165 del 2001; per cui anche  per  il  personale  delle
regioni il rapporto di impiego e' regolato dalla legge dello Stato e,
in  virtu'  del  rinvio  da  questa  operato,  dalla   contrattazione
collettiva. La disposizione della Regione  Liguria,  qui  oggetto  di
scrutinio - al di la' della anomala sovrapposizione  del  trattamento
di  trasferta  (che   propriamente   consiste   in   una   indennita'
compensativa del disagio materiale e psicofisico che puo'  comportare
il raggiungimento della sede di lavoro) al  diverso  trattamento  che
spetta al dipendente in caso di protrazione, in sede, dell'orario  di
lavoro - concerne, comunque, un aspetto della  retribuzione;  e,  per
tale assorbente profilo, incide dunque sulla materia dell'ordinamento
civile, riservata alla competenza esclusiva dello Stato. E  cio',  di
per se', ne comporta l'illegittimita' costituzionale». 
    Nel  caso  di  specie  la  Regione  ha  provveduto  a  finanziare
direttamente il fondo per la contrattazione collettiva decentrata, al
di fuori della contrattazione  collettiva  nazionale  di  comparto  e
senza una  legge  statale  che  abbia  autorizzato  tali  incrementi,
palesando  l'illegittimita'  costituzionale  del   proprio   operato.
Situazione che pone la legge regionale  in  contrasto  non  solo  con
l'art. 117, comma 2, lettera l)  della  Costituzione,  ma  anche  con
l'art. 81, comma 4, della Carta  costituzionale  vigente  al  momento
dell'emanazione della legge  regionale  n.  42  del  2008  (contrasto
confermato anche ai sensi del nuovo testo dell'art. 81, comma 3). 
    Difatti, nel momento in cui la Sezione di  controllo  nell'ambito
del giudizio di parifica, deve prendere in esame i capitoli destinati
al pagamento del trattamento accessorio, dovrebbe  dare  applicazione
ad  una  norma  della  cui  legittimita'  costituzionale  si  dubita.
Pertanto, vi sarebbe una copertura della spesa solo formale.  Qualora
fosse acclarata l'illegittimita'  costituzionale  di  una  norma  che
rileva ai fini del bilancio regionale,  le  spese  sostenute  per  la
vice-dirigenza  sarebbero  prive  di   copertura   sostanziale,   con
conseguente violazione del precetto costituzionale  di  cui  all'art.
81, comma 4 (oggi terzo comma). 
    Ma la violazione  del  precetto  costituzionale  assume  maggiore
rilevanza considerando che le risorse di cui si discorre  sono  state
utilizzate non solo per finanziare la  vice-dirigenza,  ma  anche  le
posizioni organizzative e le indennita' per le alte professionalita'. 
    La legge n. 42 del 2008 ha integrato il fondo per il  trattamento
accessorio, nei termini sopra esposti, sin  dal  2008.  Ma  la  prima
posizione di vice-dirigenza e' stata istituita ed attribuita solo nel
2010. Sono seguite, poi, altre posizioni  di  vice-dirigenza  per  un
totale di sette. 
    Pertanto, l'illegittima costituzione del fondo  si  appalesa  non
solo nei confronti dei finanziamento della vice-dirigenza  ma,  ancor
di  piu',   nei   confronti   del   finanziamento   delle   posizioni
organizzative e di alta professionalita', avvenuto  con  le  economie
realizzate sui fondi destinati alla vice-dirigenza. 
    In altri termini, le risorse che hanno incrementato il fondo alla
fine dell'esercizio 2008, non potendo essere utilizzate, in toto o in
parte, per il finanziamento della vice-dirigenza sono state destinate
al finanziamento della produttivita' di altre categorie di personale. 
    Pertanto, anche la destinazione delle economie di  cui  sopra  al
finanziamento delle posizioni organizzative concorre  ad  evidenziare
il contrasto con la contrattazione collettiva nazionale, in quanto si
implementa il fondo per la produttivita' con somme che  non  appaiono
riconducibili a quelle elencate dall'art. 15 del CCNL del  1°  aprile
1999. Le risorse in oggetto  di  cui  al  fondo  per  i/  trattamento
accessorio sono le seguenti: esercizio 2008 euro 800.000,00; esercizi
2009/2016 euro 723.032,00. 

(1) Art. 2, commi 2 e 3, vigente nel 2008 «I rapporti di  lavoro  dei
    dipendenti  delle  amministrazioni  pubbliche  sono  disciplinati
    dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del  codice
    civile  e  dalle  leggi  sui  rapporti  di   lavoro   subordinato
    nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni  contenute  nel
    presente decreto. Eventuali disposizioni di legge, regolamento  o
    statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui
    applicabilita' sia limitata ai dipendenti  delle  amministrazioni
    pubbliche, o a categorie di  essi,  possono  essere  derogate  da
    successivi  contratti  o  accordi  collettivi  e,  per  la  parte
    derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo  qualora  cio'
    sia espressamente previsto dalla legge. 3. I rapporti individuali
    di lavoro di cui al comma 2  sono  regolati  contrattualmente.  I
    contratti collettivi  sono  stipulati  secondo  i  criteri  e  le
    modalita'  previste  nel  titolo  III  del  presente  decreto;  i
    contratti individuali  devono  conformarsi  ai  principi  di  cui
    all'art. 45, comma 2.  L'attribuzione  di  trattamenti  economici
    puo' avvenire esclusivamente  mediante  contratti  collettivi  o,
    alle condizioni  previste,  mediante  contratti  individuali.  Le
    disposizioni di legge,  regolamenti  o  atti  amministrativi  che
    attribuiscono incrementi retributivi non  previsti  da  contratti
    cessano di avere efficacia a far data dall'entrata in vigore  del
    relativo  rinnovo  contrattuale.  I  trattamenti  economici  piu'
    favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalita' e nelle
    misure previste dai contratti collettivi e i  risparmi  di  spesa
    che ne conseguono incrementano  le  risorse  disponibili  per  la
    contrattazione collettiva». Art. 2, comma 3, attualmente  vigente
    «I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati
    contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i
    criteri e le modalita'  previste  nel  titolo  III  del  presente
    decreto; i contratti individuali devono conformarsi  ai  principi
    di cui  all'art.  45,  comma  2.  L'attribuzione  di  trattamenti
    economici  puo'  avvenire   esclusivamente   mediante   contratti
    collettivi e salvo i casi previsti dal  comma  3-ter  e  3-quater
    dell'art. 40 e le ipotesi di tutela  delle  retribuzioni  di  cui
    all'art. 47-bis, o, alle condizioni previste, mediante  contratti
    individuali.  Le  disposizioni  di  legge,  regolamenti  o   atti
    amministrativi  che  attribuiscono  incrementi  retributivi   non
    previsti da contratti cessano  di  avere  efficacia  a  far  data
    dall'entrata in  vigore  dal  relativo  rinnovo  contrattuale.  I
    trattamenti  economici  piu'   favorevoli   in   godimento   sono
    riassorbiti  con  le  modalita'  e  nelle  misure  previste   dai
    contratti collettivi e i risparmi  di  spesa  che  ne  conseguono
    incrementano  le  risorse  disponibili  per   la   contrattazione
    collettiva».  Art.  40,   comma   3,   vigente   nel   2008   «La
    contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il  settore
    privato,  la  durata  dei  contratti   collettivi   nazionali   e
    integrativi, la struttura contrattuale e i rapporti  tra  diversi
    livelli. Le pubbliche amministrazioni attivano  autonomi  livelli
    di  contrattazione  collettiva  integrativa,  nel  rispetto   dei
    vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di  programmazione
    annuale   e   pluriennale   di   ciascuna   amministrazione.   La
    contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle  materie  e
    nei limiti stabiliti dai contratti collettivi  nazionali,  tra  i
    soggetti  e  con  le  procedure  negoziali  che   questi   ultimi
    prevedono; essa puo' avere ambito territoriale e riguardare  piu'
    amministrazioni.  Le  pubbliche   amministrazioni   non   possono
    sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi
    in contrasto con  vincoli  risultanti  dai  contratti  collettivi
    nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti  di
    programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione.
    Le clausole difformi sono nulle e non possono essere  applicate».
    Art.  40,  comma  3-bis   attualmente   vivente   «Le   pubbliche
    amministrazioni  attivano  autonomi  livelli  di   contrattazione
    collettiva integrativa, nel rispetto dell'art. 7, comma 5, e  dei
    vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di  programmazione
    annuale   e   pluriennale   di   ciascuna   amministrazione.   La
    contrattazione collettiva integrativa assicura  adeguati  livelli
    di efficienza e produttivita' dei servizi pubblici,  incentivando
    l'impegno e la qualita' della performance ai sensi dell'art.  45,
    comma 3. A tale fine destina al trattamento economico  accessorio
    collegato alla performance individuale una quota  prevalente  del
    trattamento accessorio complessivo comunque denominato.  Essa  si
    svolge sulle materie, coni vincoli e  nei  limiti  stabiliti  dai
    contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure
    negoziali che questi ultimi prevedono;  essa  puo'  avere  ambito
    territoriale  e  riguardare  piu'  amministrazioni.  I  contratti
    collettivi  nazionali  definiscono  il  termine  delle   sessioni
    negoziali in sede decentrata. Alla scadenza del termine le  parti
    riassumono le rispettive prerogative e liberta' di  iniziativa  e
    decisione». Art. 45, commi 1, 2 e 3, vigente nel 2008 Trattamento
    economico. (Art. 49 del decreto legislativo n. 29 del 1993,  come
    sostituito dall'art. 23 del decreto legislativo n. 546 del  1993)
    «1.  Il  trattamento  economico  fondamentale  ed  accessorio  e'
    definito  dai  contratti  collettivi.   2.   Le   amministrazioni
    pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di  cui  all'art.  2,
    comma  2,  parita'  di  trattamento   contrattuale   e   comunque
    trattamenti  non  inferiori  a  quelli  previsti  dai  rispettivi
    contratti collettivi.  3.  I  contratti  collettivi  definiscono,
    secondo criteri obiettivi di misurazione,  trattamenti  economici
    accessori collegati: a) alla produttivita' individuale;  b)  alla
    produttivita' collettiva tenendo conto  dell'apporto  di  ciascun
    dipendente;   c)   all'effettivo   svolgimento    di    attivita'
    particolarmente  disagiate  obiettivamente  ovvero  pericolose  o
    dannose per  la  salute.  Compete  ai  dirigenti  la  valutazione
    dell'apporto partecipativo di ciascun dipendente, nell'ambito  di
    criteri obiettivi definiti dalla contrattazione collettiva». Art.
    45,  comma  3  attualmente  vigente   «I   contratti   collettivi
    definiscono, in coerenza con le disposizioni legislative vigenti,
    trattamenti economici accessori collegati:  a)  alla  performance
    individuale; b) alla performance  organizzativa  con  riferimento
    all'amministrazione nel suo complesso e alle unita' organizzative
    o aree di responsabilita' in cui si  articola  l'amministrazione;
    c)  all'effettivo  svolgimento   di   attivita'   particolarmente
    disagiate ovvero pericolose o dannose per la  salute».  Art.  45,
    comma 3-bis, attualmente vigente «Per premiare  il  merito  e  il
    miglioramento della performance dei dipendenti,  ai  sensi  delle
    vigenti disposizioni di legge,  sono  destinate,  compatibilmente
    con i vincoli di finanza pubblica, apposite  risorse  nell'ambito
    di quelle  previste  per  il  rinnovo  del  contratto  collettivo
    nazionale di lavoro». 

(2) Osserva la suprema Corte, nella sentenza n. 28208: «Orbene l'art.
    17-bis  nel  prefigurare  una  nuova  qualifica  dei   dipendenti
    pubblici -  quella  di  vice  dirigente  -  ne  ha  demandato  la
    disciplina   dell'istituzione,    e    quindi    innanzi    tutto
    l'istituzione, alla contrattazione collettiva, in piena  sintonia
    con il riparto delle  fonti  di  disciplina  del  rapporto  quale
    definito dall'art. 2 del  decreto  legislativo  n.  165/2001  che
    assegna appunto in generale  alla  contrattazione  collettiva  la
    regolamentazione del rapporto lasciando agli  atti  organizzativi
    delle  pubbliche  amministrazioni,  nel  rispetto  dei   principi
    generali fissati da disposizioni di legge,  solo  la  definizione
    delle  linee  fondamentali  di   organizzazione   degli   uffici,
    l'individuazione degli uffici di maggiore rilevanza e dei modi di
    conferimento della titolarita' dei  medesimi,  la  determinazione
    delle dotazioni organiche complessive».  «Si  tratta  quindi,  in
    sostanza,  di  una  disciplina  che,  nell'immediato,   non   era
    auto-applicativa perche'  presupponeva  la  prevista  istituzione
    della categoria da parte delle  contrattazione  collettiva».  «Il
    carattere   esclusivo   dell'investitura   della   contrattazione
    collettiva - quella del comparto di riferimento e  non  gia'  una
    contrattazione separata  per  tale  area  categoriale  -  vale  a
    sottolineare  come   e'   a   quest'ultima   che   e'   demandata
    l'introduzione e la disciplina di questa categoria prossima  alla
    dirigenza». «Il dato testuale dell'art. 17-bis ......  si  limita
    ad  individuare  il  livello  della   contrattazione   collettiva
    facoltizzata ad introdurre tale figura  professionale  escludendo
    quindi ogni altro diverso livello contrattuale». 

(3) Al punto 4.1.3., la stessa sentenza,  lungi  dal  riconoscere  ai
    ricorrenti  la  qualifica  di  vice-dirigenti  e  il  presumibile
    maggiore trattamento economico, aveva soltanto affermato che essi
    avevano una pretesa giuridicamente tutelata a che fosse  adottato
    all'ARAN di cui all'art. 10, comma 3,  della  legge  n.  145  del
    2002, cioe' il provvedimento amministrativo che doveva  precedere
    la fase della contrattazione collettiva  cui  l'art.  17-bis  del
    decreto legislativo  n.  165  del  2001  demandava  l'istituzione
    dell'area  della  vice-dirigenza.  «Tale  conclusione  si  fonda,
    anzitutto, sulla coerenza dell'impugnato  comma  13  rispetto  al
    menzionato scopo - manifestato anche dalla  rubrica  dell'art.  5
    nel quale la disposizione e' contenuta - della Riduzione di spese
    delle pubbliche amministrazioni, considerato che,  come  indicato
    nella  Relazione  al  disegno  di  legge   di   conversione   del
    decreto-legge  n.  95  del  2012,  detto  comma  comportava   una
    riduzione di spesa pari a 12 milioni a regime dal 2012.  In  tale
    modo, l'impugnato comma 13 si inseriva anche nell'ambito del piu'
    ampio intervento, attuato con lo stesso decreto-legge n.  95  del
    2012, diretto, tra l'altro, a  garantire  il  contenimento  e  la
    stabilizzazione della finanza pubblica, anche  attraverso  misure
    volte  a   garantire   la   razionalizzazione,   l'efficienza   e
    l'economicita' dell'organizzazione degli enti  e  degli  apparati
    pubblici (cosi' il preambolo del decreto)».  «In  secondo  luogo,
    deve osservarsi che, con il censurato comma 13, il legislatore ha
    eliminato l'istituto della vice-dirigenza  con  riguardo,  sia  a
    tutto il comparto Ministeri, sia a tutte le altre amministrazioni
    di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo  n.  165  del
    2001 (al cui personale la  disposizione  del  comma  1  dell'art.
    17-bis sull'istituzione della  vice-dirigenza  si  applicava,  ai
    sensi del  comma  2  dello  stesso  articolo,  ove  compatibile).
    L'indicata generale portata dell'intervento abrogativo,  tale  da
    trascendere enormemente l'ambito soggettivo del giudizio in corso
    - instaurato da un circoscritto numero  di  funzionari  del  solo
    Ministero della giustizia e diretto a ottenere l'attuazione di un
    giudicato soggettivamente limitato al personale di tale Ministero
    -  costituisce  un'ulteriore  decisiva  conferma   di   come   la
    disposizione denunciata mirasse non a risolvere  a  favore  dello
    Stato  detto  giudizio  di  ottemperanza  ma  a  conseguire   una
    riduzione della spesa delle amministrazioni pubbliche». «4.3.  Le
    considerazioni che si sono svolte al punto 4.1.3. - con  riguardo
    al fatto che l'art. 5, comma 13,  del  decreto-legge  n.  95  del
    2012, e' intervenuto in un ambito lasciato libero  dal  giudicato
    della sentenza del Tribunale amministrativo  regionale  Lazio  n.
    4266 del  2007,  sicche'  nessuna  sovrapposizione  sussiste  tra
    quest'ultimo e l'abrogazione, a opera dello stesso art. 5,  comma
    13, della previsione che demandava alla contrattazione collettiva
    l'istituzione  dell'area  della  vice-dirigenza   -   portano   a
    escludere che tale  impugnata  disposizione  abbia  eliminato  la
    condizione di parita' delle parti, in violazione  dell'art.  111,
    primo e secondo comma, Cost., o leso il  diritto  di  difesa  dei
    ricorrenti, alterando la regolazione di  interessi  stabilita  da
    sentenze esecutive, o il principio di effettivita'  della  tutela
    giurisdizionale». 

(4) La Corte costituzionale (pronuncia n. 339 del  2011)  ha  sancito
    l'illegittimita' costituzionale  di  una  norma  regionale  della
    Lombardia che disciplinava un aspetto del  trattamento  economico
    dei dipendenti della Regione, il cui rapporto di impiego e' stato
    privatizzato;  ne  consegue  che  essa  rientrava  nella  materia
    dell'ordinamento civile, come si desume, del resto, dall'art. 45,
    comma  1,  del  citato  decreto  legislativo  n.  165/2001,   con
    conseguente violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l),  della
    Costituzione. 

(5) Art 81, comma 4, Cost. nel testo  antecedente  alla  novella  del
    2012: «Ogni altra legge che importi nuove o maggiori  spese  deve
    indicare i mezzi per farvi fronte». Art. 81, comma 3,  Cost.  nel
    testo vigente: «Ogni legge che importi  nuovi  o  maggiori  oneri
    provvede ai mezzi per farvi fronte». 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte  dei  conti,  Sezione  regionale  di  controllo  per  la
Liguria: 
        visti gli articoli 81, 119 e 134 della Costituzione, l'art. 1
della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e l'art.  23  della
legge 11 marzo 1953, n. 87; 
        visto l'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10  ottobre  2012,
n. 174, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012,  n.
213; 
    Solleva  la  questione   di   legittimita'   costituzionale,   in
riferimento ai parametri  stabiliti  dall'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), dell'art. 10, della legge regionale n. 10 del 2008; 
    Solleva, altresi', la questione di  legittimita'  costituzionale,
in riferimento ai parametri stabiliti dagli articoli  117,  comma  2,
lettera l) e  81,  comma  4,  nel  testo  antecedente  alla  modifica
introdotta dalla legge cost. 20 aprile 2012, n. 1, dell'art. 2, della
legge regionale n. 42 del 2008; 
    Ordina la sospensione del giudizio per la voce non  parificata  e
dispone la trasmissione degli  atti  alla  Corte  costituzionale  per
l'esame della questione. 
    Dispone che, a cura della  segreteria  della  Sezione,  ai  sensi
dell'art. 23, ultimo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.  87,  la
presente ordinanza sia notificata al presidente della Regione Liguria
e al Procuratore regionale quali parti in causa e sia  comunicata  al
presidente del consiglio regionale della Liguria. 
    Cosi' deciso in Genova, nella Camera di consiglio  del  giorno  5
ottobre 2017. 
 
                        Il Presidente: Viola 
 
 
                                                Il relatore: Belsanti