N. 41 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 novembre 2017

Ordinanza del  23  novembre  2017  del  Giudice  dell'esecuzione  del
Tribunale di Lecce sull'istanza proposta da B.E.. 
 
Esecuzione  penale  -  Giudice  dell'esecuzione  -  Declaratoria   di
  estinzione del reato dopo la condanna. 
- Codice di procedura penale, art. 676. 
(GU n.10 del 7-3-2018 )
 
                         TRIBUNALE DI LECCE 
              in composizione monocratica - Sezione II 
 
    Il Giudice dott.  Fabrizio  Malagnino,  decidendo  in  Camera  di
consiglio, 
    Letta l' istanza depositata in data 24 ottobre 2017 da E.B.,  che
ha chiesto, ex art. 167 codice penale, la declaratoria di  estinzione
del reato per cui e' stato condannato con sentenza 13 marzo 2008  del
Tribunale di Brindisi - Sez. Mesagne, irrev. il 9 ottobre 2008, sulla
base dell'assunto di non aver egli commesso reati nel quinquennio dal
passaggio in giudicato della sentenza predetta. 
    Letti gli atti prodotti dal difensore istante; 
 
                              Premesso 
 
    L'art. 167 codice penale invocato dalla difesa prevede un'ipotesi
di estinzione del reato dopo la condanna, da dichiararsi da parte del
Giudice dell'esecuzione ex art. 676 codice di procedura penale, sulla
base della verifica di una determinata situazione  fattuale  (mancata
commissione  di  reati  nel  quinquennio  dalla  condanna,  ad  opera
dell'interessato). 
    Orbene,   secondo   consolidato    e    dominante    orientamento
giurisprudenziale di  legittimita'  circa  l'efficacia  del  relativo
provvedimento di estinzione ex art. 676 codice di  procedura  penale,
tale statuizione sarebbe definitiva e mai revocabile, pur  a  seguito
dell'eventuale successivo accertamento giudiziale di  una  situazione
di fatto (commissione di reati nel quinquennio de quo) differente  ed
inversa rispetto a quella legittimante la declaratoria estintiva. 
    In  altre  parole,   secondo   la   citata   giurisprudenza,   se
l'interessato ottiene ex art. 676  codice  di  procedura  penale  una
pronuncia di estinzione del reato per cui  e'  stato  condannato,  in
virtu' dell'assenza di emergenze indicative della  commissione  -  da
parte sua - di reati nel quinquennio dal passaggio in giudicato della
sentenza di condanna a proprio carico, tale pronuncia  di  estinzione
non  puo'  essere   poi   revocata   neanche   nel   caso   in   cui,
successivamente,  emerga  attestazione   certa   che,   invece,   nel
quinquennio in questione egli abbia commesso uno o piu' reati. 
    Cio' posto, dubita lo scrivente della legittimita' costituzionale
della predetta interpretazione circa l'efficacia della  pronuncia  ex
art. 676 codice di procedura penale, a suo avviso contrastante con il
disposto ed i principi di cui agli articoli 3 e 27 Cost. 
    La questione e' rilevante, nell'ambito del presente  procedimento
ex art. 676 codice di procedura penale, in quanto dalla sua soluzione
dipende evidentemente il  tipo  di  valutazione  demandata  a  questo
Giudice circa il contenuto della declaratoria  da  adottare,  nonche'
circa la situazione  fattuale  posta  a  fondamento  della  richiesta
dell'interessato, con particolare riferimento agli oneri dimostrativi
imposti all'istante, come meglio qui di seguito specificato. 
 
                               Osserva 
 
    Nel  momento  in   cui,   in   sede   d'incidente   d'esecuzione,
l'Ordinamento chiede all'istante - ai  fini  dell'accoglimento  della
propria richiesta estintiva ex art. 676 codice di procedura penale  e
167 codice penale - di documentare di non  aver  commesso  reati  nel
quinquennio  in  considerazione,  occorre  verificare  quale  sia  il
ragionevole standard dell'onere  dimostrativo  impostogli,  onde  non
travalicare imprescindibili canoni di esigibilita'. 
    In proposito, posto che trattasi di prova  negativa  (e  che  non
puo' giammai  esistere  alcuna  espressa  attestazione  ufficiale  di
mancata commissione di reati),  appare  evidente  che  non  si  possa
pretendere dall'interessato di indossare a tal fine per  cinque  anni
una  videocamera  attiva  24h  su  24h   per   escludere   l'avvenuta
commissione di condotte illecite. 
    Ne', per tornare al mondo reale, appare  esigibile  chiedere  che
egli documenti la propria richiesta mediante  la  produzione  di  una
messe di documenti ulteriori rispetto al proprio  certificato  penale
nullo del casellario (che e' unico nazionale),  quali  i  certificati
negativi dei propri  carichi  pendenti  di  tutte  le  Procure  della
Repubblica  italiane   (afferendo   ciascuno   all'ambito   meramente
circondariale) e tutte le comunicazioni negative ex art. 335 comma  3
codice di procedura penale relative all'intero  territorio  nazionale
(trattandosi  parimenti  di  attestazioni  meramente  locali),  senza
contare che egli ben potrebbe aver commesso nel quinquennio reati non
ancora oggetto d'indagine, in  relazione  alla  quale  evenienza  non
sarebbe immaginabile la produzione di fantomatiche  attestazioni  che
certifichino che non verranno in futuro attivati procedimenti  penali
per l'accertamento di condotte illecite  consumate  dall'istante  nel
decorso quinquennio. 
    (Ne' la questione potrebbe  risolversi  invertendone  i  termini,
ossia  ritenendo  esauriti  gli  incombenti  a  carico   dell'istante
mediante la semplice allegazione  della  propria  buona  condotta  ed
addossando  al  controinteressato  pubblico  ministero   l'onere   di
dimostrare che egli abbia, invece, commesso  reati  nel  quinquennio,
poiche' in tal  caso  ad  apparire  inesigibile  sarebbe  il  compito
dimostrativo richiesto all'organo dell'accusa, gravato dell'onere  di
operare ricognizioni sull'intero territorio nazionale circa eventuali
iscrizioni  o  carichi  pendenti  presso  tutte  le   Procure   della
Repubblica  italiane,  senza  considerare  il   caso   di   eventuali
iscrizioni secretate ex art. 335 comma 3-bis ed ex art. 407  comma  2
lett. a) c.p.p.). 
    Dunque,  onde  non  svuotare  di  qualsivoglia   significato   la
possibilita' di accesso al meccanismo estintivo in questione (il  che
violerebbe  la  previsione  costituzionale  del  libero  accesso   al
giudizio ex art. 24 comma 1  Cost.,  oltre  che  minare  la  garanzia
dell'effettivo contraddittorio fra le parti apprestata dall'art.  111
Cost.), sembra  doversi  ritenere  sufficiente,  a  fondamento  della
richiesta ex art. 676 codice di procedura penale e 167 codice penale,
la produzione, da parte dell'istante, del proprio certificato  penale
del  casellario  e  del  proprio  certificato  dei  carichi  pendenti
relativo  al   circondario   di   residenza,   oltre   ad   eventuale
comunicazione negativa nei suoi confronti ex art. 335 comma 3  codice
di procedura penale relativa al medesimo circondario. 
    Cio'  posto,  risvolto  logicamente  necessario  della  manifesta
precarieta' dell'accertamento  eminentemente  sommario  scaturito  da
siffatta produzione e' la provvisorieta' del provvedimento  estintivo
che ne deriva, perche' la  cognizione  cosi'  sommariamente  ottenuta
circa la postulata mancata attivita'  criminosa  nel  quinquennio  e'
evidentemente  suscettibile   d'esser   travolta   dalla   successiva
emersione di risultanze di segno contrario (sopravvenute  condanne  o
iscrizioni per fatti commessi nel quinquennio), anche  e  soprattutto
alla luce  del  fatto  che  l'emersione  di  simili  risultanze  puo'
fisiologicamente richiedere vari anni, mentre l'incidente ex art. 676
codice di procedura penale  puo'  essere  attivato  anche  il  giorno
successivo alla conclusione del quinquennio in considerazione. 
    Quindi, a meno di  voler  pretendere  dall'istante  ex  art.  676
codice di  procedura  penale  la  suddescritta  inesigibile  probatio
diabolica circa la propria asserita astinenza criminosa  quinquennale
(il che - si ripete - sarebbe incostituzionale per  violazione  degli
articoli 24 e 111 Cost.), occorre  riconoscere  la  provvisorieta'  e
revocabilita' dell'ordinanza di estinzione del reato emessa nei  suoi
confronti ex art. 676 codice di procedura penale in relazione a tutte
le ipotesi - come quella di cui all'art. 167 codice penale in  esame,
ma anche come quella analoga di cui all'art. 445 comma  2  codice  di
procedura penale - che presuppongano un accertamento  negativo  circa
la commissione di reati in un dato periodo. 
    Tale  conclusione,   pero',   si   attesta   su   una   posizione
diametralmente  opposta  rispetto  al  consolidato  diritto  vivente,
secondo cui, in linea  generale,  le  ordinanze  emesse  in  sede  di
incidente d'esecuzione - pur con le proprie peculiarita' rispetto  ai
provvedimenti conclusivi della fase di cognizione - sono suscettibili
di una sorta di passaggio in giudicato. (1) 
    E siffatto  diritto  vivente  e'  orientato  nello  stesso  senso
dell'irrevocabilita' del decisum anche  nello  specifico  caso  delle
declaratorie di estinzione del reato nelle ipotesi - come  quella  in
esame - basate sul mancato rilievo di attivita' criminosa in un  dato
periodo (ipotesi di cui all'art. 167 codice penale e di cui  all'art.
445 comma 2 c.p.p.). (2) 
    Orbene, a parere di questo Giudice, considerare irrevocabile ogni
statuizione di estinzione del reato ex art. 676 codice  di  procedura
penale  basata  sul  mancato  rilievo  di  attivita'  criminosa   nel
quinquennio, come ritiene la giurisprudenza della cui  conformita'  a
Costituzione  qui  si  dubita,  conduce  all'aperta  violazione   del
disposto e dei principi di cui agli articoli 3 e 27 Cost. 
    In particolare: 
        quanto alla violazione del primo (art. 3 Cost.), e' appena il
caso di rilevare la manifesta irragionevolezza di un'impostazione che
(come quella qui criticata) faccia discendere  effetti  definitivi  e
permanenti da un accertamento che abbiamo visto non poter essere  che
meramente sommario e provvisorio; 
        quanto alla violazione del secondo (art. 27  Cost.),  osserva
questo  Giudice  che  consentire   e   mantenere   ferma   (come   fa
l'impostazione qui criticata)  una  declaratoria  di  estinzione  del
reato in favore di  soggetto  che  sia  poi  accertato  non  meritare
siffatto beneficio (spettante solo a chi - diversamente da lui -  non
abbia commesso illeciti nel quinquennio),  vanifica  del  tutto  ogni
funzione  rieducativa  della  pena,  poiche'  lo  stesso  Ordinamento
rinuncia cosi' a punire  colui  che  sia  al  contempo  espressamente
riconosciuto meritevole di pena; 
        quanto a entrambe le predette  violazioni,  tanto  piu'  esse
appaiono contemporaneamente sussistere in quanto si ponga mente  alla
previsione di revoca di cui all'art.  168  comma  1  n.  1  c.p.  che
(secondo  l'impostazione  qui   criticata)   diverrebbe   del   tutto
inoperante nel caso - non infrequente - in  cui  la  commissione  del
nuovo reato emergesse successivamente alla scadenza  del  periodo  in
considerazione  e  successivamente  all'emissione  del  provvedimento
estintivo, in palese spregio di qualsiasi canone  di  ragionevolezza,
parita' di trattamento (rispetto a casi identici in  cui  -  per  una
qualsiasi evenienza - tale commissione emergesse in epoca precedente)
e finalita' rieducativa (peraltro ancor piu'  sentita  in  ipotesi  -
come quella in esame - di  concessione  e  revoca  della  sospensione
condizionale della pena). 
    La stretta ed inscindibile connessione ed interdipendenza  logica
tra efficacia della declaratoria di estinzione del reato ex art.  676
c.p.p. ed onere dimostrativo richiesto a tal  fine  all'istante,  per
come supra evidenziata, rende  palese  la  rilevanza  della  presente
questione in questa specifica fase, in cui il Giudice dell'esecuzione
e'  -  appunto  -  chiamato  a   valutare   gli   elementi   prodotti
dall'interessato a fondamento della propria richiesta ed  a  emettere
sul punto il provvedimento ritenuto di Giustizia. 
    Pertanto, alla luce di tutte le suesposte considerazioni,  questo
Giudice ritiene contrastante con la Costituzione la qui illustrata  e
criticata interpretazione dell'art. 676 codice  di  procedura  penale
che postula l'irrevocabilita' della declaratoria  di  estinzione  del
reato anche nei casi in cui, fondandosi  la  richiesta  sull'asserita
mancata commissione di reati in un  dato  periodo,  sopravvenga  alla
pronuncia l'accertamento della carenza di tale  presupposto  fattuale
per la sua adozione. 

(1) Cass., sez.  I,  14  giugno  2011,  n.  36005  sancisce  che  «il
    provvedimento del giudice  dell'esecuzione,  una  volta  divenuto
    formalmente irrevocabile, preclude a nuova pronuncia sul medesimo
    petitum» e prende in considerazione - quale  possibile  deroga  a
    siffatta irrevocabilita' - le sole  ipotesi  di  reiterazione,  a
    determinate condizioni, di istanza precedentemente  rigettata  (e
    non certo la differente ipotesi, in rilievo nel caso  di  specie,
    di possibile revoca  di  una  statuizione  positiva  del  giudice
    dell'esecuzione). Parimenti, Cassazione, SS.UU., 21 gennaio 2010,
    n. 18288, nel riconoscere  stabilita'  ai  provvedimenti  di  cui
    all'art. 666 codice di procedura penale, ammette la  possibilita'
    del superamento del dictum del giudice  dell'esecuzione  solo  in
    relazione  al  caso  -  diverso  da  quello   in   esame   -   di
    riproposizione di istanza precedentemente rigettata,  cosi'  come
    la successiva Cassazione, Sez. III, 1° aprile 2014, n. 27702. 

(2) Secondo Cassazione, sez. I, 29 settembre 2016  (dep.  6  febbraio
    2017), n. 5501, «l'ordinamento,  nel  difetto  di  una  esplicita
    disposizione di legge che lo contempli, non consente  nemmeno  di
    procedere  ad  una   declaratoria   di   estinzione   del   reato
    condizionata, ossia  subordinata  nei  suoi  effetti  al  mancato
    verificarsi della condizione  risolutiva  della  commissione  nel
    termine prescritto di ulteriori reati, ne' di porre nel nulla con
    un  successivo  provvedimento   di   revoca   l'estinzione   gia'
    dichiarata, ancorche' frutto della mancata  conoscenza  da  parte
    del  giudice  della  reiterata  violazione  della  legge   penale
    accertata a carico dello stesso soggetto; deve concludersi che la
    pronuncia di estinzione del reato, resa  in  sede  esecutiva,  si
    caratterizza per stabilita' e definitivita'  e  quindi  e'  tutto
    fuorche'  "precaria",  nel  senso   di   destinata   a   produrre
    conseguenze in via provvisoria e temporanea». 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 Cost., 1 legge costituzionale  n.  1/1948,
23 legge n. 87/1953 e 1 delibera Corte costituzionale 16 marzo 1956; 
    Solleva  la  questione  di   legittimita'   costituzionale,   per
contrasto con gli articoli  3  e  27  Cost.,  relativa  all'art.  676
c.p.p.,   nella    sua    comune    e    dominante    interpretazione
giurisprudenziale secondo cui la declaratoria di estinzione del reato
ivi prevista e' sempre irrevocabile, anche nelle ipotesi fondate  sul
mancato rilievo della commissione di reati in un dato periodo  (quali
quelle indicate negli articoli  167  codice  penale  e  445  comma  2
c.p.p.)  in  cui,   successivamente   alla   declaratoria   predetta,
sopravvenga il positivo  accertamento  dell'avvenuta  commissione  di
reati nel periodo  da  parte  dell'interessato  e,  pertanto,  ordina
trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale affinche'  assuma  le
determinazioni di propria competenza; 
    Ordina la sospensione del presente procedimento fino a quando  la
Corte adita  dara'  comunicazione  a  questo  Giudice  della  propria
decisione sulla prospettata questione; 
    Manda alla cancelleria per tutti gli adempimenti di rito, nonche'
per la notifica della presente ordinanza al Presidente del  Consiglio
dei  ministri,  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del   Parlamento,
all'interessato, al suo difensore ed al pubblico ministero; 
    Dispone  altresi'  che  gli  atti  siano  trasmessi  alla   Corte
costituzionale unitamente alla presente ordinanza ed alla prova delle
notificazioni e delle comunicazioni  prescritte  nell'art.  23  della
legge n. 87 dell'11 marzo 1953. 
        Lecce, 21 novembre 2017 
 
                        Il Giudice: Malagnino