N. 51 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 gennaio 2018

Ordinanza  del  31  gennaio  2018  della  Corte  di  cassazione   nel
procedimento civile  promosso  da  Olivieri  Catia  contro  Ministero
della giustizia. 
 
Processo penale - Domanda di equa riparazione  per  violazione  della
  ragionevole  durata  del  processo  -  Omesso  deposito,  da  parte
  dell'imputato,  dell'istanza  di  accelerazione  del  processo  nei
  trenta giorni successivi al superamento dei  termini  cui  all'art.
  2-bis della legge n. 89 del 2001 -  Esclusione  del  riconoscimento
  dell'indennizzo. 
- Legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in  caso
  di violazione del  termine  ragionevole  del  processo  e  modifica
  dell'articolo 375 del codice di procedura civile),  art.  2,  comma
  2-quinquies, lett. e), come introdotto dall'art. 55, comma 1, lett.
  a), n. 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83  (Misure  urgenti
  per la crescita del Paese), convertito,  con  modificazioni,  nella
  legge 7 agosto 2012, n. 134. 
(GU n.13 del 28-3-2018 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
 
 
                       seconda sezione civile 
 
    composta dagli ill.mi sig.ri magistrati: 
        dott. Stefano Petitti - Presidente; 
        dott. Aldo Carrato - consigliere; 
        dott. Giuseppe Tedesco - consigliere; 
        dott. Rosanna Giannaccari - consigliere; 
        dott. Mauro Criscuolo - rel. consigliere; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
8562-2017 proposto da Olivieri Catia, domiciliata in Roma  presso  la
cancelleria della Corte di cassazione e rappresentata e difesa  dagli
avvocati Giuseppe Caputo e  Maddalena  Maccarone  giusta  procura  in
calce al ricorso - ricorrente, 
    contro il Ministero  della  giustizia  8018440587,  elettivamente
domiciliato in Roma, via  dei  Portoghesi,  12,  presso  l'Avvocatura
generale dello Stato, che  lo  rappresenta  e  difende  ope  legis  -
controricorrente, 
    avverso il decreto n. 2198/2016 della Corte d'Appello di Perugia,
depositato l'11 ottobre 2016;  
    udita la relazione della causa svolta nella Camera  di  consiglio
del 19 dicembre 2017 dal consigliere dott. Mauro Criscuolo; 
    lette le memorie depositate dal ricorrente incidentale. 
 
                   ragioni in fatto ed in diritto 
 
    1. Con ricorso depositato dinanzi alla Corte d'appello di Perugia
in data 1°  marzo  2016,  la  ricorrente  chiedeva  la  condanna  del
Ministero della giustizia all'equa  riparazione  per  l'irragionevole
durata del procedimento penale, in relazione al periodo dal 18 luglio
2011, allorquando le era stato notificato l'avviso  di  cui  all'art.
415-bis c.p.p., sino alla data del 9 settembre 2015  allorquando  era
divenuta irrevocabile la sentenza di  assoluzione  del  Tribunale  di
Perugia in relazione al reato di falsa testimonianza per il quale era
stata rinviata a giudizio. 
    Con decreto del 2 aprile 2016 il Consigliere delegato della Corte
d'appello  rigettava  la  domanda,  rilevando   che   non   risultava
presentata istanza di accelerazione nel processo penale presupposto. 
    2. Avverso tale provvedimento proponeva opposizione l'Olivieri e,
nella resistenza del Ministero, la Corte di Appello  in  composizione
collegiale, con decreto dell'11 ottobre 2016, confermava la decisione
impugnata. 
    A tal fine osservava che non poteva avere seguito la  tesi  della
opponente secondo cui alla fattispecie dovesse  trovare  applicazione
la novella di cui alla legge n. 208 del 2015 atteso il chiaro  tenore
della norma transitoria di cui all'art. 6,  in  base  alla  quale  la
disciplina di cui all'art. 2, nella parte in cui fa rinvio ai  rimedi
preventivi di cui all'art. 1-ter, non si applica ai procedimenti  che
alla data del 31 ottobre 2016 risultino gia'  assunti  in  decisione,
ovvero laddove a tale data  nei  processi  presupposti  risulti  gia'
superato il termine di durata ragionevole. 
    Alla luce di tali elementi, la disciplina de qua non  era  quindi
invocatile nella fattispecie, dovendosi quindi ritenere ultrattiva la
previgente disciplina di cui alla legge n. 134/2012,  e  precisamente
quella dettata dall'art. 2 comma 2-quinquies lettera e)  della  legge
n.  89/2001,  che,  attesa  anche  la  ratio  comune  rispetto   alla
successiva normativa di cui alla legge n. 208/2015,  impone  ai  fini
dell'accoglimento della domanda di equo indennizzo che  nel  processo
penale sia stata avanzata istanza di accelerazione nei trenta  giorni
successivi al superamento del termine di durata ragionevole. 
    A tanto non aveva pero' provveduto la ricorrente, la cui  domanda
andava quindi disattesa. 
    3. Per la cassazione di questo decreto la ricorrente ha  proposto
ricorso affidato ad un motivo. 
    L'intimato Ministero ha resistito con controricorso. 
    4. Con il ricorso principale si denunzia la  violazione  e  falsa
applicazione degli articoli 1-ter, 2 e 6 della legge n. 89/2001, come
modificati dalla legge n. 208/2015, nonche' dell'art. 6 par. 1  della
CEDU e dell'art. 111 comma 2 Cost. 
    Si deduce che non  appare  giustificabile  la  decisione  gravata
nella parte in cui ha assicurato un'applicazione solo parziale  della
novella del 2015, ritenendo immediatamente applicabili le  previsioni
in tema di competenza di determinazione del  quantum,  ed  escludendo
invece quella relativa all'istanza di accelerazione. 
    Peraltro la disciplina transitoria di cui all'art. 6 comma 2, nel
far riferimento  all'istanza  di  accelerazione  come  condizione  di
ammissibilita' della domanda indennitaria solo per i processi assunti
in decisione in  data  successiva  al  31  ottobre  2016  ovvero  che
superino il termine di durata ragionevole dopo tale ultima  data,  va
intesa nel senso che per gli altri procedimenti e'  stata  assicurata
una sorta di sanatoria, facendo perdere  quindi  qualsiasi  rilevanza
all'omessa presentazione dell'istanza di accelerazione. 
    Peraltro, anche a  voler  seguire  il  ragionamento  dei  giudici
dell'opposizione si sottopone  l'indennizzo  per  la  violazione  del
diritto alla durata ragionevole del processo  alla  presentazione  di
una richiesta che mira a sollecitare il pieno rispetto di un  diritto
che non scaturisce dall'istanza, ma risiede nelle stesse garanzie  di
cui alla Corte costituzionale. 
    Inoltre, solo a seguito della novella del 2015 il legislatore  ha
riconosciuto al soggetto coinvolto nel  processo  penale  un  vero  e
proprio diritto ad ottenere una definizione rapida del processo. 
    5. Ai sensi dell'art. 2, comma  2-quinquies,  lettera  e),  della
legge n. 89 del 2001, come introdotto dall'art. 55 del  decreto-legge
n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del
2012,  «Non  e'  riconosciuto  alcun  indennizzo:  (...)  e)   quando
l'imputato non ha depositato istanza di  accelerazione  del  processo
penale nei trenta giorni successivi al superamento  dei  termini  cui
all'art. 2-bis». 
    La disposizione de qua, in forza del medesimo art. 55,  comma  2,
si applica «ai ricorsi depositati a decorrere dal  trentesimo  giorno
successivo a quello di entrata in vigore della legge  di  conversione
del presente decreto», e postula che l'istanza di accelerazione venga
presentata nel procedimento penale allorquando  questo  abbia  appena
superato la durata ragionevole stabilita dall'art. 2. 
    Successivamente, con la legge n. 208 del 2015, in vigore  dal  1°
gennaio 2016, il legislatore ha modificato  la  disciplina  dell'equa
riparazione, introducendo  l'istituto  dei  rimedi  preventivi  quale
condizione per  la  possibilita'  di  proporre  la  domanda  di  equa
riparazione (art. 1-bis,  comma  2,  della  legge  n.  89  del  2001,
introdotto dalla citata legge n. 208 del 2015), ha abrogato l'art. 2,
comma 2-quinquies, lettera e), prevedendo che «l'imputato e le  altre
parti del processo penale hanno diritto di depositare,  personalmente
o a mezzo di procuratore speciale, un'istanza di accelerazione almeno
sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'art. 2, comma
2-bis» (art. 1-ter, comma 2, della legge n. 89 del  2001,  introdotto
dalla legge n. 208 del 2015), ma deve escludersi che la  novella  del
2015 sia applicabile alla vicenda in esame. 
    Ed, invero alla luce di quanto previsto dall'art. 6  comma  2-bis
della legge  n.  89/2001,  sempre  come  modificato  dalla  legge  n.
208/2015, che prevede che «Nei processi la cui durata al  31  ottobre
2016 ecceda i termini ragionevoli di cui all'art. 2, comma  2-bis,  e
in quelli assunti in decisione alla stessa data  non  si  applica  il
comma 1 dell'art.  2»,  non  e'  possibile  invocare  le  conseguenze
derivanti dal mancato esperimento dei rimedi preventivi. 
    5.1 Del tutto condivisibile, in quanto fondata proprio sul tenore
letterale   della   previsione   di   diritto   intertemporale,    e'
l'interpretazione  che  ne  e'  stata   offerta   nel   provvedimento
impugnato, essendo l'individuazione di una diversa data di  efficacia
delle previsioni contenute nella legge  n.  208/2015  frutto  di  una
precisa scelta del legislatore, finalizzata appunto ad  impedire,  in
relazione al sistema dei rimedi preventivi, una penalizzazione  della
parte, di fatto impossibilitata a poter ottemperare a quanto previsto
dalla legge stessa. 
    La previsione di un termine successivo di entrata in vigore della
legge de qua impone poi di ritenere che anche l'effetto abrogante  si
ricolleghi, quanto alla valenza processuale  dei  rimedi  preventivi,
alla disposizione di cui all'art. 6 comma 2,  palesandosi  del  tutto
corretta la conclusione per la quale per i processi gia'  assunti  in
decisione alla data del 31 ottobre 2016 ovvero per quelli che a  tale
data abbiano gia' superato il termine di  durata  ragionevole,  trovi
applicazione la disciplina di cui alla legge n. 134 del 2012,  e  con
riferimento al caso in esame, la disposizione di cui all'art. 2 comma
2-quinquies lettera e), che impone, a pena di esclusione del  diritto
all'indennizzo, di depositare apposita istanza di  accelerazione  nei
trenta  giorni  successivi  alla  scadenza  del  termine  di   durata
ragionevole, ove intervenuta in data successiva all'entrata in vigore
della stessa legge n. 134/2012. 
    5.2 In tale ottica appare quindi  non  condivisibile  la  lettura
della ricorrente secondo cui la norma transitoria di cui  all'art.  6
comma 2 avrebbe inteso  compiere  una  sanatoria  in  relazione  alle
pretese indennitarie avanzate in data anteriore al 31  ottobre  2016,
dovendosi comunque escludere che possa soddisfare il requisito di cui
al predetto art. 2 comma 2-quinquies la semplice richiesta  formulata
dal difensore della Olivieri all'udienza dibattimentale penale del  7
gennaio 2015 di rinviare a breve processo,  e  cio'  sia  perche'  si
tratta di richiesta non riconducibile in senso stretto all'istanza di
accelerazione, sia perche' comunque, tenuto conto del dies a  quo  di
durata del processo penale (18 luglio 2011) sarebbe  intervenuta  ben
oltre il termine di trenta giorni  dal  superamento  del  termine  di
durata ragionevole. 
    Facendo quindi applicazione della previsione di cui  all'art.  2,
comma 2-quinquies, lettera e), della  legge  n.  89  del  2001,  come
introdotto dall'art. 55 del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012,  dovrebbe  pervenirsi
al rigetto  del  ricorso,  avendone  la  Corte  distrettuale  offerto
un'interpretazione conforme a quella scaturente in maniera palese dal
testo della legge. 
    6. Tuttavia la ricorrente muove alcune considerazioni  in  merito
all'effettiva  utilita'  di  tale  istanza,   che   sollecitano   una
riflessione sulla medesima legittimita' del  sistema  dei  rimedi  in
esame e specificamente dell'istanza di accelerazione, e che impongono
di verificare la compatibilita' costituzionale del sistema introdotto
dal legislatore, occorrendo  altresi'  confrontarsi  con  i  principi
CEDU. 
    7. Ritiene il Collegio rilevante e non  manifestamente  infondata
la  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma
2-quinquies, lettera e), della legge n. 89 del 2001, come  introdotto
dall'art. 55 del  decreto-legge  n.  83  del  2012,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012. 
    7.1 Nel caso di specie - quanto alla rilevanza della questione di
legittimita' costituzionale - essendo stata proposta  la  domanda  di
equa riparazione nel marzo del 2016,  relativamente  ad  un  processo
penale che aveva superato il termine di durata ragionevole  in  epoca
successiva all'entrata in vigore della norma in esame,  si  rinvia  a
quanto esposto ai punti 5. e 5.1  che  precedono,  risultando  quindi
evidente che la domanda proposta e' soggetta  all'applicazione  della
norma  in  questione,  della  cui  legittimita'  costituzionale,  nei
termini innanzi prospettati, si deve dubitare alla stregua  dei  piu'
recenti approdi della giurisprudenza della Corte EDU. 
    7.2. Ed, invero, reputa il Collegio che debbano essere in massima
parte condivise ed estese alla vicenda qui in  esame  le  riflessioni
che hanno  di  recente  portato  questa  Corte  a  sollevare  analoga
questione di legittimita' costituzionale delle previsioni in tema  di
istanza di prelievo (cfr. ex multis Cass. n. 28403/2017) nella  parte
in cui la sua mancata presentazione condiziona  l'accoglimento  della
domanda di equa riparazione. La Corte EDU, con la sentenza  nel  caso
Daddi c. Italia (n. 15476/09 del 2 giugno 2009), pur  dichiarando  il
ricorso  inammissibile  per  il  mancato  esperimento   del   rimedio
giurisdizionale interno, aveva pero'  preannunciato  che  una  prassi
interpretativa ed applicativa del decreto-legge n. 112 del 2008, art.
54, comma 2, in tema di istanza di prelievo,  che  avesse  avuto  per
effetto quello di opporsi  all'ammissibilita'  dei  ricorsi  ex  lege
Pinto relativi alla durata di un processo  amministrativo  conclusosi
prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non fosse  stata  presentata
un'istanza di prelievo, avrebbe  potuto  essere  di  natura  tale  da
esonerare  i  ricorrenti  interessati  dall'obbligo  di  esperire  il
rimedio interno; e che lo stesso sarebbe valso per quanto  riguardava
i  procedimenti  ancora  pendenti  in  cui  la  fissazione  d'urgenza
dell'udienza fosse stata richiesta  solo  dopo  l'entrata  in  vigore
della disposizione in questione. In questi casi,  aveva  concluso  la
Corte di Strasburgo, non si sarebbe potuto escludere  che  la  norma,
interpretata dai giudici  nazionali  nel  senso  di  escludere  dalla
determinazione della durata soggetta a indennizzo i periodi anteriori
al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente alcune  categorie
di ricorrenti della possibilita' di ottenere una riparazione adeguata
e sufficiente. 
    Piu' di  recente,  con  la  sentenza  emessa  nel  caso  Olivieri
c/Italia del  22  febbraio  2016  (ricorsi  nn.  17708/12,  17717/12,
17729/12  e  22994),  in   una   fattispecie   relativa   a   giudizi
amministrativi iniziati nel 1990, e per i quali era stata  presentata
la nuova istanza di fissazione dell'udienza ai sensi della  legge  n.
205 del 2000, art. 9, comma 2, ma non anche l'istanza di prelievo, il
che  aveva  determinato  l'inammissibilita'  del  ricorso  per   equa
riparazione, la  Corte  EDU  ha  affrontato  in  maniera  diretta  il
problema dell'effettivita' dell'istanza nazionale ex lege n.  89  del
2001 soggetta alla condizione di proponibilita' del decreto-legge  n.
112 del 2008, art. 54, comma 2. 
    Ed esaminando diacronicamente  tale  disposizione,  fino  al  suo
ultimo  testo  scaturito  dalle  modifiche  apportate   dal   decreto
legislativo n. 104 del 2010, ha  convertito  in  critica  espressa  e
consapevole la riserva formulata con la sentenza resa nel caso Daddi. 
    La Corte Europea ha cosi' affermato: a)  che  ne'  dal  contenuto
della norma ne' dalla  relativa  prassi  giudiziaria  si  evince  che
l'istanza di prelievo possa efficacemente accelerare la decisione  in
merito alla causa sottoposta  all'esame  del  tribunale;  b)  che  la
condizione di ammissibilita' di un  ricorso  «Pinto»  previsto  dalla
legge n. 112 del 2008, art. 54, comma 2 risulta essere una condizione
formale che produce l'effetto di ostacolare l'accesso alla  procedura
interna; c) che l'inammissibilita' automatica dei  ricorsi  per  equa
riparazione, basata unicamente sul fatto che i ricorrenti non abbiano
presentato  l'istanza  di  prelievo,  priva   questi   ultimi   della
possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. 
    E,  richiamata  la  propria  giurisprudenza  sul   principio   di
effettivita' della tutela giurisdizionale, nel senso che e' effettivo
il rimedio interno se permette di  evitare  che  si  verifichi  o  si
protragga  la  violazione  dedotta   o   se   permette   di   fornire
all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni  che
si siano gia' verificate, ha concluso nel senso che «la procedura per
lamentare la durata eccessiva  di  un  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo, risultante dalla lettura del decreto-legge n. 112 del
2008, art. 54, comma 2 in combinato disposto con la legge Pinto,  non
possa essere considerata un ricorso effettivo ai sensi  dell'art.  13
della Convenzione». 
    7.3 Ancorche' riferito alla disciplina dell'istanza di  prelievo,
reputa il Collegio che le  considerazioni  espresse  in  ordine  alla
necessita' che il rimedio interno possa essere  ritenuto  «effettivo»
solo se permette di evitare  che  si  verifichi  o  si  protragga  la
violazione dedotta o  se  permette  di  fornire  all'interessato  una
riparazione adeguata per  tutte  le  violazioni  che  si  siano  gia'
verificate, si estendano anche all'istanza di accelerazione  che  qui
viene in discussione. 
    Va, infatti,  rilevato  che  l'indirizzo  espresso  dalla  citata
sentenza Olivieri c/Italia, in punto di valutazione dell'effettivita'
dei rimedio interno, pur non avendo  ricevuto  l'avallo  della  Grand
Chambre, puo' ritenersi ormai adeguatamente  consolidato,  in  quanto
costituisce il logico e preannunciato  sviluppo  del  principio  gia'
espresso  nella  sentenza  sul  caso   Daddi;   e'   stato   adottato
all'unanimita'; non presenta alcuna  attitudine  innovativa  rispetto
alla tecnica dell'interpretazione convenzionale fin qui seguita. 
    Inoltre, pur concernendo, come detto, una fattispecie diversa  da
quella in esame  nella  presente  controversia,  si  connota  per  la
generalita'  delle  affermazioni  rese,  come  idoneo  ad   orientare
l'interpretazione delle diverse norme  in  tema  di  rimedi  interni,
collocandosi coerente nel solco della giurisprudenza di  detta  Corte
Europea sul principio di effettivita'. 
    7.4 Con specifico riferimento all'istanza  di  accelerazione  del
processo penale di cui all'art. 2 comma 2-quinquies lettera e)  della
legge n. 89/2001, risulta evidente che la previsione di  un  siffatto
strumento sollecitatorio non sospende ne' differisce il dovere  dello
Stato di dare corso al procedimento e, dopo  l'esercizio  dell'azione
penale, al processo, in caso di omesso esercizio  dello  stesso,  ne'
implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilita' per  il
superamento del termine ragionevole per la definizione del  giudizio,
salva restando la valutazione del comportamento della parte  al  solo
fine  dell'apprezzamento  della  entita'  del  lamentato  pregiudizio
(cosi', e per tutte, S.U. n. 28507/05). 
    Risulta quindi evidente, in assenza di previsioni  da  parte  del
legislatore di strumenti, anche di tipo ordinamentale, che  correlino
alla  proposizione  dell'istanza  di  accelerazione   de   qua,   una
differente considerazione  della  vicenda  processuale,  al  fine  di
assicurare una tendenziale sollecita definizione, che  la  previsione
normativa in esame si risolva nell'imporre al ricorrente di prenotare
gli effetti della riparazione per l'irragionevole durata del processo
e peraltro in un momento in cui (dovendo essere presentata nei trenta
giorni successivi al superamento del termine di  durata  ragionevole)
il ritardo non ha ancora assunto un'entita' tale  da  legittimare  la
richiesta indennitaria (tenuto conto  di  quanto  disposto  dall'art.
2-bis comma 1 della stessa legge  n.  89/2001,  che  prevede  che  il
ritardo per essere indennizzato debba eccedere una frazione dell'anno
superiore a sei mesi). 
    7.5 Se per la giurisprudenza della Corte EDU il  rimedio  interno
deve garantire o la durata  ragionevole  del  giudizio  o  l'adeguata
riparazione della violazione del precetto convenzionale, sicche' ogni
ostacolo che vi si frapponga rende non effettivo il  rimedio  stesso,
essendo  quindi  necessario  che  sia  efficacemente  sollecitatorio,
l'istanza di accelerazione non garantisce alcun effetto siffatto,  ma
risulta  puramente  dichiarativa  di  un  interesse  altrimenti  gia'
presente nel processo ed avente copertura costituzionale. 
    8.  In   assenza   della   possibilita'   di   un'interpretazione
convenzionalmente orientata di tale norma che non  si  traduca  nella
sua sostanziale e intera disapplicazione, essendo contraddittoria  la
stessa configurazione dell'istanza di accelerazione quale  condizione
d'accesso  all'istanza  indennitaria,  cosi'  come  configurata   dal
legislatore,  ne  discende  la  non  manifesta   infondatezza   della
questione  di  legittimita'  costituzionalita'  dell'art.   2   comma
2-quinquies lettera  e)  della  legge  n.  89/2001,  come  introdotto
dall'art. 55 comma 1 lettera a) n. 2 del decreto-legge n.  22  giugno
2012 n. 83, convertito modificazioni dalla legge  7  agosto  2012  n.
134, per contrasto con  l'art.  117  Cost.,  comma  1,  in  relazione
all'art. 6, par. 1, art. 13 e art.  46,  par.  1,  della  Convenzione
Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, nella parte in cui, relativamente ai giudizi penali  in
cui il termine di durata ragionevole  di  cui  all'art.  2-bis  della
legge n. 89/2001 sia superato in epoca successiva alla sua entrata in
vigore, e per la loro  intera  durata,  subordina  la  proponibilita'
della domanda di equa  riparazione  per  l'irragionevole  durata  dei
processi penali alla presentazione dell'istanza di accelerazione. 
 
                               P.Q.M. 
 
     La Corte, visti l'art. 134 Cost. e legge n. 87  del  1953,  art.
23, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
all'art. 117 Cost., comma 1, e ai parametri interposti  dell'art.  6,
par. 1, art. 13 e art. 46, par. 1 della Convenzione  Europea  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con la legge  4  agosto  1955,  n.  848,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2 comma 2-quinquies lettera  e)
della legge n. 89/2001, come introdotto dall'art. 55 comma 1  lettera
a) n. 2 del decreto-legge  22  giugno  2012  n.  83,  convertito  con
modificazioni  dalla  legge  7  agosto  2012  n.  134;   dispone   la
sospensione  del  presente  giudizio  e  ordina  che,  a  cura  della
cancelleria, la presente ordinanza  sia  notificata  alle  parti  del
giudizio di cassazione, al pubblico ministero presso questa  Corte  e
al Presidente dei  Consiglio  dei  ministri;  ordina,  altresi',  che
l'ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai Presidenti delle  due
Camere del Parlamento; dispone l'immediata trasmissione  degli  atti,
comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento  delle
prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. 
      Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio  della  Seconda
Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 19 dicembre
2017. 
 
                       Il Presidente: Petitti