N. 53 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 gennaio 2018

Ordinanza  del  31  gennaio  2018  della  Corte  di  cassazione   nel
procedimento civile promosso da  Cocchi  Giulietta  contro  Ministero
della giustizia. 
 
Processo penale - Domanda di equa riparazione  per  violazione  della
  ragionevole  durata  del  processo  -  Omesso  deposito,  da  parte
  dell'imputato,  dell'istanza  di  accelerazione  del  processo  nei
  trenta giorni successivi al superamento dei  termini  cui  all'art.
  2-bis della legge n. 89 del 2001 -  Esclusione  del  riconoscimento
  dell'indennizzo. 
- Legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in  caso
  di violazione del  termine  ragionevole  del  processo  e  modifica
  dell'articolo 375 del codice di procedura civile),  art.  2,  comma
  2-quinquies, lett. e), come introdotto dall'art. 55, comma 1, lett.
  a), n. 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83  (Misure  urgenti
  per la crescita del Paese), convertito,  con  modificazioni,  nella
  legge 7 agosto 2012, n. 134. 
(GU n.13 del 28-3-2018 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                       Seconda Sezione civile 
 
    composta dagli ill.mi sigg.ri Magistrati: 
    dott. Stefano Petitti - Presidente; 
    dott. Aldo Carrato - consigliere; 
    dott. Giuseppe Tedesco - consigliere; 
    dott. Rossana Giannaccari - consigliere; 
    dott. Mauro Criscuolo - rel. consigliere, 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
10952-2017 proposto da: 
        Cocchi Giulietta, domiciliata in Roma presso  la  cancelleria
della Corte di cassazione, e rappresentata e  difesa  dagli  avvocati
Edore Campagnoli e Juri Monducci giusta procura in calce al  ricorso;
ricorrente; 
    Contro  Ministero  della  giustizia   8018440587,   elettivamente
domiciliato in Roma,  via  Dei  Portoghesi  12,  presso  l'Avvocatura
generale dello  Stato,  che  lo  rappresenta  e  difende  ope  legis;
controricorrente; 
    avverso il decreto della Corte d'appello di Ancona, depositato il
12 ottobre 2016; 
    udita la relazione della causa svolta nella camera  di  consiglio
del 19 dicembre 2017 dal consigliere dott. Mauro Criscuolo; 
 
                   Ragioni in fatto ed in diritto 
 
    1. Con ricorso depositato dinanzi alla Corte d'appello di  Ancona
in data 21 dicembre 2015, la  ricorrente  chiedeva  la  condanna  del
Ministero della giustizia all'equa  riparazione  per  l'irragionevole
durata del procedimento  penale,  in  relazione  al  periodo  dal  12
settembre   2006   allorche'   veniva   redatto   un    verbale    di
identificazione, rendendola edotta che nei suoi  confronti  erano  in
corso delle indagini per i reati di  cui  agli  articoli  594  e  660
codice penale, sino alla data del 6 settembre 2015,  quando  diveniva
irrevocabile la sentenza del Tribunale di Bologna che  dichiarava  la
prescrizione del reato ascrittogli. 
    Con decreto del 29 febbraio 2016 il  consigliere  delegato  della
Corte d'appello accoglieva solo in parte la  domanda,  ritenendo  che
dovesse essere riconosciuta ai fini  dell'equa  riparazione  la  sola
durata di anni 3, in quanto il periodo  successivo  all'11  settembre
2012 (data di entrata in vigore della legge  n.  134  del  2012,  che
aveva introdotto l'art. 2, comma 2-quinquies lettera e))  non  poteva
essere  computato   non   essendo   stata   presentata   istanza   di
accelerazione. 
    Per l'effetto liquidava, per il solo ritardo  maturato  in  epoca
anteriore, la somma di € 1.500,00. 
    2.  Avverso  tale  provvedimento  proponeva  opposizione   Cocchi
Giulietta e nella resistenza del Ministero, la Corte  di  appello  in
composizione collegiale, con decreto del 12 ottobre 2016,  confermava
il decreto opposto, ritenendo che a partire  dell'11  settembre  2012
doveva trovare applicazione la novella di cui alla legge n.  134  del
2012, risultando quindi corretta la decisione impugnata  nella  parte
in cui aveva limitato  il  diritto  all'indennizzo  al  solo  periodo
anteriore, in assenza di una successiva presentazione dell'istanza di
accelerazione. 
    3. Per la Cassazione di questo decreto il ricorrente ha  proposto
ricorso affidato ad un motivo. 
    L'intimato Ministero ha resistito con controricorso. 
    4. Con il motivo di ricorso si denunzia  la  violazione  e  falsa
applicazione dell'art. 2, comma 2-quinquies, lettera e)  della  legge
n. 89/2001, nonche' dell'art. 11 delle preleggi. 
    Si sostiene  che  erroneamente  i  giudici  di  merito  avrebbero
ritenuto che alla data dell'11 settembre 2012 sussisteva l'onere  per
il ricorrente di depositare istanza  di  accelerazione  del  processo
penale ancora pendente, in quanto a quella data era gia' maturato, in
relazione alla diversa data  in  cui  era  stato  reso  edotto  della
sussistenza di un procedimento penale che lo vedeva come indagato, il
termine di durata ragionevole del processo. 
    In assenza quindi di una norma  transitoria,  non  era  possibile
imporre  a  pena  di  esclusione  del  diritto   all'indennizzo,   un
adempimento che invece presuppone che il superamento dei  termini  di
durata ragionevole intervenga  in  epoca  successiva  all'entrata  in
vigore della legge. 
    5. Ai sensi dell'art. 2, comma  2-quinquies,  lettera  e),  della
legge n. 89 del 2001, come introdotto dall'art. 55 del  decreto-legge
n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del
2012,  «Non  e'  riconosciuto  alcun  indennizzo:  (...)  e)   quando
l'imputato non ha depositato istanza di  accelerazione  del  processo
penale nei trenta giorni successivi al superamento  dei  termini  cui
all'art. 2-bis». 
    La disposizione de qua, in forza del medesimo art. 55,  comma  2,
si applica «ai ricorsi depositati a decorrere dal  trentesimo  giorno
successivo a quello di entrata in vigore della legge  di  conversione
del presente decreto», e postula che l'istanza di accelerazione venga
presentata nel procedimento penale allorquando  questo  abbia  appena
superato la durata ragionevole stabilita dall'art. 2. 
    Successivamente, con la legge n. 208 del 2015, in vigore  dal  1°
gennaio 2016, il legislatore ha modificato  la  disciplina  dell'equa
riparazione, introducendo  l'istituto  dei  rimedi  preventivi  quale
condizione per  la  possibilita'  di  proporre  la  domanda  di  equa
riparazione (art. 1-bis,  comma  2,  della  legge  n.  89  del  2001,
introdotto dalla citata legge n. 208 del 2015), ha abrogato l'art. 2,
comma 2-quinquies, lettera e), prevedendo che «l'imputato e le  altre
parti del processo penale hanno diritto di depositare,  personalmente
o a mezzo di procuratore speciale, un'istanza di accelerazione almeno
sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'art. 2, comma
2-bis» (art. 1-ter, comma 2, della legge n. 89 del  2001,  introdotto
dalla legge n. 208 del 2015), ma deve escludersi che la  novella  del
2015 sia applicabile alla vicenda in esame. 
    Ed, invero alla luce di quanto previsto dall'art. 6, comma  2-bis
della legge  n.  89/2001,  sempre  come  modificato  dalla  legge  n.
208/2015, che prevede che «Nei processi la cui durata al  31  ottobre
2016 ecceda i termini ragionevoli di cui all'art. 2, comma  2-bis,  e
in quelli assunti in decisione alla stessa data  non  si  applica  il
comma 1 dell'art.  2»,  non  e'  possibile  invocare  le  conseguenze
derivanti dal mancato esperimento dei rimedi preventivi. 
    5.1 L'individuazione di  una  diversa  data  di  efficacia  delle
previsioni contenute nella legge n. 208/2015 risulta  frutto  di  una
precisa scelta del legislatore, finalizzata appunto ad  impedire,  in
relazione al sistema dei rimedi preventivi, una penalizzazione  della
parte, di fatto impossibilitata a poter ottemperare a quanto previsto
dalla legge stessa. 
    La previsione di un termine successivo di entrata in vigore della
legge de qua impone poi di ritenere che anche l'effetto abrogante  si
ricolleghi, quanto alla valenza processuale  dei  rimedi  preventivi,
alla disposizione di cui all'art. 6, comma 2, palesandosi  del  tutto
corretta la conclusione per la quale per i processi gia'  assunti  in
decisione alla data del 31 ottobre 2016 ovvero per quelli che a  tale
data abbiano gia' superato il termine di  durata  ragionevole,  trovi
applicazione la disciplina di cui alla legge n. 134 del 2012,  e  con
riferimento al caso in esame, la  disposizione  di  cui  all'art.  2,
comma 2-quinquies, lettera e), che impone, a pena di  esclusione  del
diritto   all'indennizzo,   di   depositare   apposita   istanza   di
accelerazione nei trenta giorni successivi alla scadenza del  termine
di durata ragionevole, ove intervenuta in data successiva all'entrata
in vigore della stessa legge n. 134/2012. 
    5.2 Facendo quindi applicazione della previsione di cui  all'art.
2, comma 2-quinquies, lettera e), della legge n. 89  del  2001,  come
introdotto dall'art. 55 del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012,  dovrebbe  pervenirsi
al  rigetto  del  ricorso,  in  quanto,  impregiudicato  il   diritto
all'indennizzo maturato  per  il  periodo  anteriore  all'entrata  in
vigore della norma,  si  e'  ritenuta  preclusa,  conformemente  alla
disposizione  in  esame,  la  sola  indennizzabilita'   del   ritardo
successivamente maturato in assenza di presentazione di un'istanza di
accelerazione  nei  trenta  giorni  dalla  data  di  efficacia  della
novella. 
    6.  Tuttavia  si  impongono  alcune  considerazioni   in   merito
all'effettiva  utilita'  di  tale  istanza,   che   sollecitano   una
riflessione sulla medesima legittimita' del  sistema  dei  rimedi  in
esame e specificamente dell'istanza di accelerazione, e che  inducono
a verificare la compatibilita' costituzionale del sistema  introdotto
dal legislatore, occorrendo  altresi'  confrontarsi  con  i  principi
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali. 
    7. Ritiene il Collegio rilevante e non  manifestamente  infondata
la questione  di'  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma
2-quinquies, lettera e), della legge n. 89 del 2001, come  introdotto
dall'art. 55 del  decreto-legge  n.  83  del  2012,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012. 
    7.1 Nel caso di specie - quanto alla rilevanza della questione di
legittimita' costituzionale - essendo stata proposta  la  domanda  di
equa riparazione nel dicembre del 2015, relativamente ad un  processo
penale che aveva gia' superato il termine di  durata  ragionevole  in
epoca anteriore all'entrata  in  vigore  della  norma  in  esame,  ma
richiedendosi anche  il  ristoro  del  pregiudizio  conseguente  alla
protrazione della durata del processo per il periodo  successivo,  si
rinvia a quanto esposto ai punti 5. e 5.1 che  precedono,  risultando
quindi evidente che la domanda proposta e' soggetta, per  il  ritardo
successivo alla sua introduzione,  all'applicazione  della  norma  in
questione, della cui legittimita' costituzionale, nei termini innanzi
prospettati, si deve dubitare alla stregua dei piu'  recenti  approdi
della giurisprudenza della Corte EDU. 
    7.2. Ed, invero, reputa il Collegio che debbano essere in massima
parte condivise ed estese alla vicenda qui in  esame  le  riflessioni
che hanno  di  recente  portato  questa  Corte  a  sollevare  analoga
questione di legittimita' costituzionale delle previsioni in tema  di
istanza di prelievo (cfr. ex multis Cassazione n.  28403/2017)  nella
parte in cui la sua mancata presentazione  condiziona  l'accoglimento
della domanda di equa riparazione. 
    La Corte europea dei diritti dell'uomo, con la sentenza nel  caso
Daddi contro Italia (n. 15476/09 del 2 giugno 2009), pur  dichiarando
il ricorso inammissibile  per  il  mancato  esperimento  del  rimedio
giurisdizionale interno, aveva pero'  preannunciato  che  una  prassi
interpretativa ed applicativa del decreto-legge n. 112 del 2008, art.
54, comma 2, in tema di istanza di prelievo,  che  avesse  avuto  per
effetto quello di opporsi  all'ammissibilita'  dei  ricorsi  ex  lege
Pinto relativi alla durata di un processo  amministrativo  conclusosi
prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non fosse  stata  presentata
un'istanza di prelievo, avrebbe  potuto  essere  di  natura  tale  da
esonerare  i  ricorrenti  interessati  dall'obbligo  di  esperire  il
rimedio interno; e che lo stesso sarebbe valso per quanto  riguardava
i  procedimenti  ancora  pendenti  in  cui  la  fissazione  d'urgenza
dell'udienza fosse stata richiesta  solo  dopo  l'entrata  in  vigore
della disposizione in questione. In questi casi,  aveva  concluso  la
Corte europea dei diritti dell'uomo, non si sarebbe potuto  escludere
che la  norma,  interpretata  dai  giudici  nazionali  nel  senso  di
escludere dalla determinazione della durata soggetta a  indennizzo  i
periodi anteriori al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente
alcune categorie di ricorrenti della  possibilita'  di  ottenere  una
riparazione adeguata e sufficiente. 
    Piu' di recente, con la sentenza emessa nel caso Olivieri  contro
Italia del 22 febbraio 2016 (ricorsi nn. 17708/12, 17717/12, 17729/12
e 22994),  in  una  fattispecie  relativa  a  giudizi  amministrativi
iniziati nel 1990, e per  i  quali  era  stata  presentata  la  nuova
istanza di fissazione dell'udienza ai sensi della legge  n.  205  del
2000, art. 9, comma 2, ma non anche l'istanza  di  prelievo,  il  che
aveva   determinato   l'inammissibilita'   del   ricorso   per   equa
riparazione, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affrontato  in
maniera diretta il problema dell'effettivita' dell'istanza  nazionale
ex legge n. 89 del 2001 soggetta alla  condizione  di  proponibilita'
del decreto-legge n. 112 del 2008, art. 54, comma 2. 
    Ed esaminando diacronicamente  tale  disposizione,  fino  al  suo
ultimo  testo  scaturito  dalle  modifiche  apportate   dal   decreto
legislativo n. 104 del 2010, ha  convertito  in  critica  espressa  e
consapevole la riserva formulata con la sentenza resa nel caso Daddi. 
    La Corte europea ha cosi affermato:  a)  che  ne'  dal  contenuto
della norma ne' dalla  relativa  prassi  giudiziaria  si  evince  che
l'istanza di prelievo possa efficacemente accelerare la decisione  in
merito alla causa sottoposta  all'esame  del  tribunale;  b)  che  la
condizione di ammissibilita' di un  ricorso  «Pinto»  previsto  dalla
legge n. 112 del 2008, art. 54, comma 2 risulta essere una condizione
formale che produce l'effetto di ostacolare l'accesso alla  procedura
interna; c) che l'inammissibilita' automatica dei  ricorsi  per  equa
riparazione, basata unicamente sul fatto che i ricorrenti non abbiano
presentato  l'istanza  di  prelievo,  priva   questi   ultimi   della
possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. 
    E,  richiamata  la  propria  giurisprudenza  sul   principio   di
effettivita' della tutela giurisdizionale, nel senso che e' effettivo
il rimedio interno se permette di  evitare  che  si  verifichi  o  si
protragga  la  violazione  dedotta   o   se   permette   di   fornire
all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni  che
si siano gia' verificate, ha concluso nel senso che «la procedura per
lamentare la durata eccessiva  di  un  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo, risultante dalla lettura del decreto-legge n. 112 del
2008, art. 54, comma 2 in combinato disposto con la legge Pinto,  non
possa essere considerata un ricorso effettivo ai sensi  dell'art.  13
della Convenzione». 
    7.3 Ancorche' riferito alla disciplina dell'istanza di  prelievo,
reputa il Collegio che le  considerazioni  espresse  in  ordine  alla
necessita' che il rimedio interno possa essere  ritenuto  «effettivo»
solo se permette di evitare  che  si  verifichi  o  si  protragga  la
violazione dedotta o  se  permette  di  fornire  all'interessato  una
riparazione adeguata per  tutte  le  violazioni  che  si  siano  gia'
verificate, si estendano anche all'istanza di accelerazione  che  qui
viene in discussione. 
    Va, infatti,  rilevato  che  l'indirizzo  espresso  dalla  citata
sentenza  Olivieri   contro   Italia,   in   punto   di   valutazione
dell'effettivita'  del  rimedio  interno,  pur  non  avendo  ricevuto
l'avallo della Grand  Chambre,  puo'  ritenersi  ormai  adeguatamente
consolidato, in quanto costituisce il logico e preannunciato sviluppo
del principio gia' espresso nella sentenza sul caso Daddi;  e'  stato
adottato all'unanimita'; non presenta  alcuna  attitudine  innovativa
rispetto alla  tecnica  dell'interpretazione  convenzionale  fin  qui
seguita. 
    Inoltre, pur concernendo, come detto, una fattispecie diversa  da
quella in esame  nella  presente  controversia,  si  connota  per  la
generalita'  delle  affermazioni  rese,  come  idoneo  ad   orientare
l'interpretazione delle diverse norme  in  tema  di  rimedi  interni,
collocandosi coerente nel solco della giurisprudenza di  detta  Corte
europea sul principio di effettivita'. 
    7.4 Con specifico riferimento all'istanza  di  accelerazione  del
processo penale di cui all'art.  2,  comma  2-quinquies,  lettera  e)
della legge n. 89/2001, risulta evidente  che  la  previsione  di  un
siffatto strumento sollecitatorio  non  sospende  ne'  differisce  il
dovere dello Stato di dare corso al procedimento e, dopo  l'esercizio
dell'azione penale, al processo, in caso di  omesso  esercizio  dello
stesso,  ne'  implica   il   trasferimento   sul   ricorrente   della
responsabilita' per il superamento del  termine  ragionevole  per  la
definizione  del  giudizio,  salva  restando   la   valutazione   del
comportamento della  parte  al  solo  fine  dell'apprezzamento  della
entita' del lamentato  pregiudizio  (cosi',  e  per  tutte,  S.U.  n.
28507/05). 
    Risulta quindi evidente, in assenza di previsioni  da  parte  del
legislatore di strumenti, anche di tipo ordinamentale, che  correlino
alla  proposizione  dell'istanza  di  accelerazione   de   qua,   una
differente considerazione  della  vicenda  processuale,  al  fine  di
assicurare una tendenziale sollecita definizione, che  la  previsione
normativa in esame si risolva nell'imporre al ricorrente di prenotare
gli effetti della riparazione per l'irragionevole durata del processo
e peraltro in un momento in cui (dovendo essere presentata nei trenta
giorni successivi al superamento del termine di  durata  ragionevole)
il ritardo non ha ancora assunto un'entita' tale  da  legittimare  la
richiesta indennitaria (tenuto conto  di  quanto  disposto  dall'art.
2-bis, comma 1 della stessa legge n.  89/2001,  che  prevede  che  il
ritardo per essere indennizzato debba eccedere una frazione dell'anno
superiore a sei mesi). 
    7.5 Se per la giurisprudenza  della  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo il rimedio interno deve garantire o la  durata  ragionevole
del giudizio o l'adeguata riparazione della violazione  del  precetto
convenzionale, sicche' ogni ostacolo che vi si  frapponga  rende  non
effettivo il  rimedio  stesso,  essendo  quindi  necessario  che  sia
efficacemente  sollecitatorio,   l'istanza   di   accelerazione   non
garantisce alcun effetto siffatto, ma risulta puramente  dichiarativa
di un interesse altrimenti  gia'  presente  nel  processo  ed  avente
copertura costituzionale. 
    8.  In   assenza   della   possibilita'   di   un'interpretazione
convenzionalmente orientata di tale norma che non  si  traduca  nella
sua sostanziale e intera disapplicazione, essendo contraddittoria  la
stessa configurazione dell'istanza di accelerazione quale  condizione
d'accesso all'istanza indennitaria, anche in relazione all'indennizzo
dell'ulteriore ritardo nella  definizione  del  processo,  successivo
all'entrata  in  vigore  della  norma,  cosi'  come  configurata  dal
legislatore,  ne  discende  la  non  manifesta   infondatezza   della
questione  di  legittimita'  costituzionalita'  dell'art.  2,   comma
2-quinquies, lettera e)  della  legge  n.  89/2001,  come  introdotto
dall'art. 55, comma 1, lettera a) n. 2 del  decreto-legge  22  giugno
2012, n. 83, convertito modificazioni dalla legge 7 agosto  2012,  n.
134, per contrasto con  l'art.  117  Cost.,  comma  1,  in  relazione
all'art. 6, par. 1, art. 13 e art.  46,  par.  1,  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, nella parte in cui, relativamente ai giudizi penali  in
cui il termine di durata ragionevole  di  cui  all'art.  2-bis  della
legge n. 89/2001 sia superato in epoca successiva alla sua entrata in
vigore, e per la loro  intera  durata,  subordina  la  proponibilita'
della domanda di equa  riparazione  per  l'irragionevole  durata  dei
processi penali alla presentazione dell'istanza di accelerazione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte, visti l'art. 134 Cost. e legge n. 87 del 1953, art. 23,
dichiara rilevante e non  manifestamente  infondata,  in  riferimento
all'art. 117 Cost., comma 1, e ai parametri interposti  dell'art.  6,
par. 1, art. 13 e art. 46, par. 1 della Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con la legge  4  agosto  1955,  n.  848,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  2-quinquies,  lettera
e) della legge n. 89/2001, come introdotto  dall'art.  55,  comma  1,
lettera a) n. 2 del decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83,  convertito
modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134; 
    dispone la sospensione del presente giudizio e ordina che, a cura
della cancelleria, la presente ordinanza sia  notificata  alle  parti
del giudizio di cassazione, al pubblico ministero presso questa Corte
e al Presidente del Consiglio dei ministri; 
    ordina,  altresi',   che   l'ordinanza   venga   comunicata   dal
cancelliere ai presidenti delle due Camere del Parlamento; 
    dispone l'immediata trasmissione degli  atti,  comprensivi  della
documentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma, nella Camera  di  consiglio  della  Seconda
Sezione civile della Corte suprema di cassazione, in data 19 dicembre
2017. 
 
                       Il Presidente: Petitti