N. 61 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 gennaio 2018
Ordinanza del 12 gennaio 2018 del Tribunale di Venezia nel procedimento civile promosso da Fagotto Francesco contro Azienda regionale per i settori agricolo, forestale e agro alimentare - Veneto Agricoltura in liquidazione e Agenzia Veneta per l'innovazione nel settore primario.. Impiego pubblico - Norme della Regione Veneto - Agenzia veneta per l'innovazione nel settore primario - Contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al personale - Norme transitorie - Disciplina contrattuale applicata al personale in servizio presso la soppressa Azienda regionale Veneto Agricoltura. - Legge della Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6 (Legge di stabilita' regionale per l'esercizio 2015), artt. 13, comma 1, e 12, comma 3 [recte: Legge della Regione Veneto 28 novembre 2014, n. 37 (Istituzione dell'Agenzia veneta per l'innovazione nel settore primario), artt. 12, comma 3, e 13, comma 1, come modificati, rispettivamente, dai commi 3 e 4 dell'art. 57 della legge regionale 27 aprile 2015, n. 6 (Legge di stabilita' regionale per l'esercizio 2015)].(GU n.16 del 18-4-2018 )
TRIBUNALE DI VENEZIA Sezione per le controversie di lavoro Il Giudice del lavoro dott.ssa Anna Menegazzo, nella causa 547/17 R.G., promossa da Francesco Fagotto, nei confronti di Azienda regionale per i settori agricolo forestale e agro alimentare Veneto Agricoltura in liquidazione ed Agenzia Veneta per l'innovazione nel settore primario, a scioglimento della riserva che precede, letti gli atti ed i documenti di causa, osserva: Francesco Fagotto agiva in giudizio nei confronti dell'Azienda regionale per i settori agricolo forestale e agro alimentare Veneto Agricoltura (di seguito: Veneto Agricoltura), ora in liquidazione, alla quale era subentrata, con effetto dal 1° gennaio 2017, Agenzia Veneta per l'innovazione nel settore primario (di seguito: ASVIP), entrambe enti pubblici economici strumentali della Regione. Deduceva di avere prestato attivita' lavorativa alle dipendenze della prima fin dal 2007, e di essere poi stato trasferito alla seconda nell'ambito del trasferimento di personale e funzioni previsto dalla legge regionale istitutiva di ASPIV (L.R.V. n. 37/2014), precisando che il proprio contratto di lavoro (originariamente stipulato con Veneto Agricoltura, e mai modificato), accedente a rapporto di lavoro privatistico, richiamava il CCNL Federambiente (ora Utilitalia), applicabile al personale di Veneto Agricoltura e di ASVIP anche in base alle leggi regionali di regolamentazione di detti enti nonche' in ragione della diretta affiliazione all'organizzazione datoriale Federambiente-Utilitalia. Premesso che anche il personale di Veneto Agricoltura, quale ente economico strumentale della Regione inserito nell'indice ISTAT di cui alla legge n. 196/09, aveva subito il blocco della retribuzione dal 2010 a tutto il 2014 imposto dall'art. 9, comma 1, del decreto-legge n. 78/10 e poi prorogato dalla legge n. 147/13, lamentava che una volta venuto meno il blocco non si fosse dato corso al riconoscimento nei suoi confronti di: incrementi della retribuzione tabellare e dell'indennita' integrativa, scatti di anzianita' e progressioni parametrali maturate nel periodo 2010-2014, e successivamente, operanti invece per effetto delle previsioni del CCNL Federambiente 2008 (ante blocco) e dei CCNL Federambiente 2011 e 2016. Sosteneva che la normativa regionale istituiva della ASPIV (L.R.V. 37/14, come modificata con L.R.V. 6/2015), laddove prescrive che «Ai dirigenti e dipendenti dell'Agenzia si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro delle aziende municipalizzate di' igiene ambientale, nel rispetto dei vincoli e delle limitazioni contenute nell'art. 13» (art. 12, comma 3) e che «Ferma restando l'attuale consistenza organica, il personale in servizio nella soppressa Azienda regionale Veneto Agricoltura mantiene il contratto di lavoro in essere e, per quanto riguarda le dinamiche contrattuali, segue il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto regioni-autonomie locali» (art. 13, comma 1), sulla cui base gli enti convenuti non avevano aggiornato gli importi retributivi (in considerazione della persistenza del blocco stipendiale e del blocco della negoziazione collettiva nel settore del pubblico impiego), dovesse essere intesa solo come norma programmatica anche in ragione della sua scarsa chiarezza, e comunque non potesse essere interpretata nel senso di limitare l'applicazione, nei confronti del personale di ASVIP, della normativa contrattuale posta dai CCNL Federambiente, pena la violazione di norme di rango costituzionale, in particolare degli articoli 39 e 117 della Costituzione. Concludeva per la condanna in solido delle Agenzie convenute al pagamento degli arretrati fino al 1° gennaio 2017, e della sola ASPIV per il periodo successivo. Costituendosi in giudizio gli enti convenuti negavano fondatezza alle pretese di cui al ricorso, sostenendo che la disciplina regionale di cui agli articoli 12 e 13 della L.R.V. 37/14, come modificata dalla L.R.V. 6/15, impediva il riconoscimento a favore del ricorrente degli incrementi stipendiali (per retribuzione tabellare ed indennita' integrativa) previsti dai CCNL Federambiente successivi al 2010 nonche' le progressioni previste dal CCNL Federambiente (per scatti di anzianita' e per raggiungimento di parametro superiore), e che si trattava di normativa del tutto coerente con le previsioni delle norme statali che a loro volta obbligavano le Regioni ad operare riduzioni di spesa contenendo le spese del personale anche con specifico riferimento agli enti strumentali, disciplina vincolante in quanto diretta a dettare principi fondamentali nella materia del «coordinamento della finanza pubblica», rientrante nella legislazione concorrente Stato-Regione. In ogni caso sostenevano che la contrattazione collettiva Federambiente intervenuta tra il 2010 ed il 2014 non potesse essere valorizzata nei suoi aspetti economici per effetto della previsione di cui all'art. 1 lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica n. 122/13, che impediva il riconoscimento degli incrementi contrattuali eventualmente previsti a decorrere dal 2011 - senza possibilita' di recupero - ne' applicazione dei contratti collettivi stipulati nel 2013/2014 se non per la parte normativa e senza recupero della parte economica. La causa non necessitando di istruzione perveniva in decisione, previo deposito di note conclusive, all'udienza dell'11 ottobre 2017, ove le parti davano concordemente atto che nell'agosto 2017 ASPIV aveva riconosciuto il passaggio parametrale di cui al CCNL Federambiente a tutti i dipendenti aventi diritto e con effetti economici dal 1° gennaio 2015, con riferimento alle previsioni ed agli importi previsti dal CCNL 2008. In ultimo, su sollecitazione del giudicante, le parti concordavano nel senso che le disposizioni di cui alla L.R.V. 6/15 abbiano modificato retroattivamente quanto previsto in origine per il personale della ASPIV dalla L.R.V. 37/14, che prevedeva l'applicabilita' al personale della neocostituita ASPIV dei contratti collettivi di lavoro del compatto regioni-autonomie locali e relativi contratti decentrati regionali, stabilendo che «Il personale in servizio nella soppressa Azienda regionale Veneto Agricoltura, che risulti in possesso dei requisiti richiesti dalla vigente normativa, e' inquadrato nella qualifica funzionale del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto regioni-autonomie locali corrispondente a quella occupata. Il restante personale in servizio, non in possesso dei requisiti di cui al comma 1, sino alla data di cessazione, mantiene il contratto di lavoro in essere e, per quanto attiene al trattamento economico si avra' riguardo al contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto regioni-autonomie locali» (art. 13), modificata nelle more del giudizio di costituzionalita' attivato in via principale del Presidente del Consiglio dei ministri poi conclusosi con l'ordinanza n. 80/16 (di estinzione del giudizio per rinuncia ed accettazione della stessa). La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale nel giudizio odierno. Va innanzitutto escluso che le pretese azionate dal ricorrente siano confliggenti con la normativa statale di rango primario, la quale per i dipendenti degli enti che, pur non essendo pubbliche amministrazioni, sono - come quelli qui convenuti - inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione e di cui all'elenco individuato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) di cui alla legge n. 196/09, prevedeva unicamente il blocco delle retribuzioni dal 2011 al 2014, senza limitare il «recupero» successivo del diritto all'incremento stipendiale connesso sia al passaggio del tempo che all'introduzione di nuovi CCNL: non dispone in questo senso il decreto-legge n. 78/10, ne' la legge n. 147/13, che prevedono tale tipologia di misure solo in relazione al «personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni». Quanto alla previsione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 122/13 (art. 1, comma 1 lettera c), secondo cui «In attuazione a quanto previsto dall'art. 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111: a).....; b).....; c) si da' luogo, alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013-2014 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche cosi' come individuate ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, per la sola parte normativa e senza possibilita' di recupero per la parte economica. Per il medesimo personale non si da' luogo, senza possibilita' di recupero, al riconoscimento degli incrementi contrattuali eventualmente previsti a decorrere dall'anno 2011;...», reputa il giudicante che ne debba essere ritenuta l'illegittimita' per eccesso di delega, in relazione alla sua operativita' nei confronti del personale non dipendente da pubbliche amministrazioni ex art. 1, comma 2, decreto legislativo n. 165/01, considerato che con atto regolamentare si e' introdotta una norma che non trova presupposto nella delega conferita dalla legge. Infatti l'art. 16, comma 1, del decreto-legge n. 98/11 - espressiva della delega regolamentare - assegnava al regolamento ministeriale solo la facolta' di prorogare le misure limitative dei trattamenti economici in essere, non di estenderne la portata (cfr. art. 16 comma 1 lett. b)). Di cio' pare si sia avveduto lo stesso legislatore, che nella legge n. 147/13 ha introdotto una specifica previsione limitativa della possibilita' di recupero del maturato nel periodo di blocco, riferendola peraltro al solo personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 2, comma 1, decreto legislativo n. 165/01 (l'art. 1, comma 453, cosi' dispone: «all'art. 9, comma 17, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, dopo il primo periodo e' inserito il seguente: «Si da' luogo alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013 e 2014 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per la sola parte normativa e senza possibilita' di recupero per la parte economica»."), con esclusione dunque del personale dipendente da enti pubblici economici. Stante la sua ritenuta illegittimita', l'art. 1, comma 1 lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 122/13 andrebbe disapplicato nel giudizio odierno. In ogni caso, per effetto di quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 178/15, il disposto di cui all'art. 1, comma 1, lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica n. 122/13 e' inapplicabile, avendo la Corte costituzionale dichiarato l'illegittimita' costituzionale sopravvenuta, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nei termini indicati in motivazione, del regime di sospensione della contrattazione collettiva, risultante dall'art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 98/11, come specificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 122/13. Dunque, in assenza di specifica disciplina regionale difforme il ricorrente, a far data dal 1° gennaio 2015, avrebbe avuto diritto a percepire quanto rivendicato in ricorso, ovvero gli incrementi retributivi derivanti dalle previsioni del CCNL Federambiente 2008 e dal CCNL Federambiente 2011 - ed in seguito quelli di cui al CCNL Federambiente 2016 - ed in particolare: la retribuzione base e l'indennita' integrativa speciale prevista ex CCNL 2011, con decorrenza 1° gennaio 2015, rapportata al parametro retributivo ed agli scatti di anzianita' maturati nelle more. Invece, e solo nelle more del giudizio, ASPIV ha riconosciuto a favore del ricorrente la maturazione della progressione parametrale prevista dal CCNL 2008 incrementandogli con effetto al 1° gennaio 2015 la retribuzione, desumendola peraltro da quanto previsto dal CCNL 2008. Senza l'intervento della L.R.V. 37/14, invece, la normativa codicistica - applicabile al rapporto di lavoro per cui e' causa, che e' pacificamente di carattere privatistico - avrebbe imposto dal 1° gennaio 2015 a Veneto Agricoltura ed in seguito (dal 1° gennaio 2017) ad ASPIV di applicare nei confronti del personale ivi trasferito da Veneto Agricoltura la disciplina sia normativa che economica di cui al CCNL Federambiente. Veneto Agricoltura vi sarebbe stata tenuta in forza delle previsioni di cui al contratto individuale, nonche' per la sua affiliazione all'organizzazione datoriale Federambiente-Utilitalia - firmataria del CCNL -, ed ASPIV avrebbe dovuto continuare a corrispondere al ricorrente la medesima retribuzione in precedenza percepita in forza del disposto di cui all'art. 2112 del codice civile, posto il subentro di ASPIV nelle funzioni di Veneto Agricoltura e l'acquisizione diretta del suo personale, ed anche tenuto conto delle previsioni statuarie per cui essa applica nei confronti del proprio personale il CCNL Federambiente (cfr. art. 12 L.R.V. 6/2015). A cio' peraltro osta la previsione di cui all'art. 13, comma 1, legge reginale n. 37/2014 (come modificata retroattivamente dalla L.R.V. 6/15), secondo cui «Ferma restando l'attuale consistenza organica, il personale in servizio nella soppressa Azienda regionale Veneto Agricoltura mantiene il contratto di lavoro in essere e, per quanto riguarda le dinamiche contrattuali, segue il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto regioni-autonomie locali» norma di evidente valenza precettiva. Invero, a prescindere dalle difficolta' interpretative della previsione - le quali rendono non manifestamente infondata la q.l.c. anche sotto il profilo dell'art. 97, comma 2, della Costituzione - la norma in questione preclude al ricorrente l'applicabilita' integrale a suo favore, quantomeno, delle previsioni contenute nei CCNL Federambiente e 2011 e successivi; ove intesa nel significato che le attribuiscono gli enti convenuti, essa impedisce addirittura l'operativita' di incrementi retributivi previsti dal CCNL 2008 se ed in quanto non applicati (in forza di corrispondenti istituti normativi) a favore dei dipendenti pubblici, cui si applica il CCNL Regioni-Autonomie locali. La questione di legittimita' costituzionale della norma in questione - in uno con la previsione di cui all'art. 12, comma 3, L.R.V. medesima - e' dunque rilevante nella fattispecie di causa. La non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. Parte ricorrente reputa che la normativa in questione, ove le si attribuisca valenza precettiva, sia in contrasto con alcune previsioni costituzionali, ed in particolare con quanto previsto agli articoli 39 e 117 della Costituzione. In effetti la questione di legittimita' costituzionale non e', ad avviso del giudicante, manifestamente infondata in relazione al disposto: dell'art. 39 della Costituzione, secondo cui «l'organizzazione sindacale e' libera». Sul punto si' condividono le ampie argomentazioni di parte ricorrente come svolte in ricorso, secondo cui «In forza del combinato disposto dall'art. 12, 3° comma e dal 1° comma dell'art. 13 [n.d.r.: della L.R.V. 37/14], parte datoriale pretenderebbe, a quanto e' dato di capire, di applicare ai singoli rapporti di lavoro due contratti collettivi diversi e precisamente, da un lato, di continuare ad applicare il C.c.n.l. Federambiente (come via via rinnovato), ma con l'esclusione di quelle delle sue previsioni che, dopo il 2010, determinano l'entita' della retribuzione tabellare e dell'indennita' integrativa, di quelle che disciplinano l'acquisizione degli scatti di anzianita' e la loro entita' e di quelle che disciplinano la progressione di carriera dal parametro B al parametro A e le relative conseguenze economiche; dall'altro, di applicare per gli ora menzionati aspetti alcune norme del diverso contratto collettivo degli enti locali, che disciplina un altro settore (quello pubblico) e un'altra categoria di lavoratori (quella appunto del comparto regioni ed autonomie locali) ed e' stipulato da altre OO.SS. (Aran e organizzazioni sindacali rappresentative del comparto in questione).....», con cio' violando - con effetti non gia' temporanei ma, sottolinea il remittente, permanenti - la «clausola di inscindibilita' contrattuale prevista, come in tutti i contratti collettivi, anche dal C.c.n.l. Federambiente, ovvero del C.c.n.l. che l'Ente e' obbligato ad applicare ed applica ai rapporti di lavoro in questione (art. 74, immutato in occasione dei rinnovi del 2011 e del 2016). La clausola in questione nel prevedere che«Le disposizioni del presente contratto, nell'ambito dei singoli istituti e nel loro insieme, sono correlative e inscindibili e, pertanto i soggetti che osservino, anche in termini parziali, tali previsioni sono da considerarsi, per fatti concludenti, a tutti gli effetti vincolati all'insieme delle norme in esso contenute», sancisce il diritto soggettivo del lavoratore all'applicazione dell'intera disciplina collettiva prevista dal contratto collettivo, diritto che sarebbe dunque violato dalla legge regionale (C.c.n.l. 2008 doc 17)», e ledendo la liberta' di organizzazione sindacale se si considera che «Nella contrattazione collettiva, che costituisce una delle piu' importanti espressioni della organizzazione e dell'attivita' sindacale, tale liberta' si concreta nella libera determinazione, ad opera delle rispettive parti sindacali, sottoscrittrici dell'accordo, delle condizioni di lavoro (prestazione in rapporto alla retribuzione) da applicarsi ad un certo gruppo di lavoratori (la cosiddetta categoria) dalle stesse parti sindacali liberamente individuato e concordato»; dell'art. 117 della Costituzione, il quale - al comma 2, lettera l) - riserva allo Stato la legislazione esclusiva in materia di «ordinamento civile», ivi compresa la disciplina del contratto di lavoro, esclusi solo i profili relativi alla «tutela e sicurezza del lavoro» e alla «formazione professionale» (nel caso di specie evidentemente non pertinenti), che appartengono invece alla competenza concorrente/esclusiva delle Regioni (cfr. sentenze della Corte costituzionale nn. 50/05; 17/14; 175/16; 81/17; 234/17). Riscontrato, per quanto sopra argomentato, che la normativa regionale qui in discussione introduce per il personale della soppressa Agenzia Veneto Agricoltura una deroga alla normativa statale in tema di rapporto di lavoro, essa pare proprio intervenire in una materia che esula dalla competenza legislativa regionale. La normativa statale citata in atti dagli enti convenuti, che impone agli enti territoriali di porre in essere azioni volte al contenimento della spesa anche in relazione alle spese di personale, pure con riferimento agli enti strumentali, non incrementa ne' potrebbe incrementare le potesta' legislative delle regioni, che rimangono costrette nei limiti di cui all'art. 117 della Costituzione. Ne' le finalita' di risparmio di spesa cui e' volta la normativa in questione consentono di affermare che essa attenga alla materia del «coordinamento della finanza pubblica» piuttosto che a quella del rapporto di lavoro, afferente allo «ordinamento civile», considerato che quel che rileva ai fini della verifica del rispetto delle competenze stabilite ex art. 117 della Costituzione e' l'oggetto della disciplina e non la sua ratio; dell'art. 97, comma 2, della Costituzione, considerato che la scarsa chiarezza della norma assegna all'ASPIV - ente pubblico, sia pure economico - un ambito di discrezionalita' irragionevole nel determinare il trattamento economico-retributivo spettante al personale acquisito da Veneto Agricoltura. Invero, il rinvio alle «dinamiche contrattuali del CCNL comparto regioni-autonomie locali» (di cui all'art. 13, comma 2, L.R.V. 6/2015) puo' essere inteso nel senso che si debbano valorizzare rinnovi contrattuali del CCNL Federambiente seguendo peraltro le tempistiche dei rinnovi del CCNL regioni-autonomie locali, cio' che consentirebbe comunque al ricorrente di ottenere il riconoscimento di tutti gli incrementi stipendiali previsti dal CCNL 2008, sia pure con effetto dal 1° gennaio 2015 (ovvero una volta cessato il blocco stipendiale di cui alla legislazione statale); ASPIV, nel suo comportamento complessivo, dimostra invece di ritenere che la norma impedisca anche la piena operativita' - pur dopo il 1° gennaio 2015 - del CCNL Federambiente 2008, avendo riconosciuto a favore del ricorrente (ed agli altri dipendenti transitati in ASPIV da Veneto Agricoltura) le sole progressioni stipendiali maturate dal 2000 a tutto il 2004, con esclusione degli scatti di anzianita' e degli incrementi stipendiali pure previsti dal medesimo CCNL, sul presupposto che il CCNL Regioni-enti locali non prevede tali progressioni o comunque che nei confronti del personale dipendente dalla Regione non sono stati operati analoghi incrementi. In effetti, la nozione di «dinamiche contrattuali» e' atecnica e troppo generica per consentire di individuare un significato normativo specifico della previsione in questione, anche in considerazione della mancanza di coincidenza degli istituti contrattuali e della loro concreta operativita' nell'ambito del CCNL Federambiente e nel CCNL Regioni-autonomie locali. A fronte di questa ambiguita' del testo normativo regionale, risulta dunque pregiudicato il principio di buon andamento degli uffici di cui all'art. 97 della Costituzione.
P.Q.M. Il Giudice del lavoro, visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 39, 117, comma 1, e 97, comma 2, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 1, L.R. Veneto n. 6/2015, in uno con la previsione di cui all'art. 12, comma 3, legge regionale medesima, nella parte in cui dispongono che il personale in servizio nella soppressa Azienda regionale Veneto Agricoltura mantenga il contratto di lavoro in essere «e, per quanto riguarda le dinamiche contrattuali, segue il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto regioni-autonomie locali» (art. 13, comma 1)», e che ai dirigenti e dipendenti della Agenzia Veneta per l'innovazione nel settore primario (ASPIV) si applichi il contratto collettivo nazionale di lavoro delle aziende municipalizzate di igiene ambientale, ma «nel rispetto dei vincoli e delle limitazioni contenute nell'art. 13» (art. 12, comma 3); Per l'effetto: dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; dispone la sospensione del presente giudizio; ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio ed al Presidente della Giunta regionale della Regione Veneto; ordina, altresi', che l'ordinanza sia comunicata, a cura della cancelleria, al Presidente del Consiglio regionale della Regione Veneto. Venezia, 12 gennaio 2018 Il Giudice del lavoro: Menegazzo