N. 61 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 gennaio 2018

Ordinanza  del  12  gennaio  2018  del  Tribunale  di   Venezia   nel
procedimento civile promosso  da  Fagotto  Francesco  contro  Azienda
regionale per i settori  agricolo,  forestale  e  agro  alimentare  -
Veneto Agricoltura in liquidazione e Agenzia Veneta per l'innovazione
nel settore primario.. 
 
Impiego pubblico - Norme della Regione Veneto -  Agenzia  veneta  per
  l'innovazione nel settore primario - Contratto collettivo nazionale
  di lavoro applicato al personale - Norme transitorie  -  Disciplina
  contrattuale applicata al personale in servizio presso la soppressa
  Azienda regionale Veneto Agricoltura. 
- Legge  della  Regione  Veneto  27  aprile  2015,  n.  6  (Legge  di
  stabilita' regionale per l'esercizio 2015), artt. 13,  comma  1,  e
  12, comma 3 [recte: Legge della Regione Veneto 28 novembre 2014, n.
  37 (Istituzione dell'Agenzia veneta per l'innovazione  nel  settore
  primario), artt. 12, comma 3,  e  13,  comma  1,  come  modificati,
  rispettivamente, dai commi 3 e 4 dell'art. 57 della legge regionale
  27 aprile 2015, n. 6 (Legge di stabilita' regionale per l'esercizio
  2015)]. 
(GU n.16 del 18-4-2018 )
 
                        TRIBUNALE DI VENEZIA 
                Sezione per le controversie di lavoro 
 
    Il Giudice del lavoro dott.ssa Anna Menegazzo, nella causa 547/17
R.G.,  promossa  da  Francesco  Fagotto,  nei  confronti  di  Azienda
regionale per i settori agricolo forestale e agro  alimentare  Veneto
Agricoltura in liquidazione ed Agenzia Veneta per  l'innovazione  nel
settore primario, a scioglimento della riserva che precede, letti gli
atti ed i documenti di causa, osserva: 
        Francesco   Fagotto   agiva   in   giudizio   nei   confronti
dell'Azienda regionale  per  i  settori  agricolo  forestale  e  agro
alimentare Veneto Agricoltura (di seguito: Veneto  Agricoltura),  ora
in liquidazione, alla  quale  era  subentrata,  con  effetto  dal  1°
gennaio 2017, Agenzia Veneta per l'innovazione nel  settore  primario
(di seguito: ASVIP), entrambe  enti  pubblici  economici  strumentali
della Regione. Deduceva di avere prestato attivita'  lavorativa  alle
dipendenze della prima fin dal 2007, e di essere poi stato trasferito
alla seconda nell'ambito del trasferimento di  personale  e  funzioni
previsto  dalla  legge  regionale  istitutiva  di  ASPIV  (L.R.V.  n.
37/2014),   precisando   che   il   proprio   contratto   di   lavoro
(originariamente stipulato con Veneto Agricoltura, e mai modificato),
accedente a rapporto  di  lavoro  privatistico,  richiamava  il  CCNL
Federambiente (ora Utilitalia), applicabile al  personale  di  Veneto
Agricoltura e  di  ASVIP  anche  in  base  alle  leggi  regionali  di
regolamentazione di detti  enti  nonche'  in  ragione  della  diretta
affiliazione all'organizzazione datoriale Federambiente-Utilitalia. 
    Premesso che anche il personale di Veneto Agricoltura, quale ente
economico strumentale della Regione inserito nell'indice ISTAT di cui
alla legge n. 196/09, aveva subito il blocco della  retribuzione  dal
2010 a tutto il 2014 imposto dall'art. 9, comma 1, del  decreto-legge
n. 78/10 e poi prorogato dalla legge n.  147/13,  lamentava  che  una
volta venuto meno il blocco non si fosse dato corso al riconoscimento
nei suoi confronti di:  incrementi  della  retribuzione  tabellare  e
dell'indennita' integrativa,  scatti  di  anzianita'  e  progressioni
parametrali  maturate  nel  periodo  2010-2014,  e   successivamente,
operanti invece per effetto delle previsioni del  CCNL  Federambiente
2008 (ante blocco) e dei CCNL Federambiente 2011  e  2016.  Sosteneva
che la normativa regionale istituiva della ASPIV (L.R.V. 37/14,  come
modificata con L.R.V. 6/2015), laddove prescrive che «Ai dirigenti  e
dipendenti dell'Agenzia si applica il contratto collettivo  nazionale
di lavoro delle aziende municipalizzate di'  igiene  ambientale,  nel
rispetto dei vincoli e  delle  limitazioni  contenute  nell'art.  13»
(art. 12, comma  3)  e  che  «Ferma  restando  l'attuale  consistenza
organica, il personale in servizio nella soppressa Azienda  regionale
Veneto Agricoltura mantiene il contratto di lavoro in essere  e,  per
quanto  riguarda  le  dinamiche  contrattuali,  segue  il   contratto
collettivo nazionale di lavoro del comparto regioni-autonomie locali»
(art. 13, comma 1), sulla cui base gli  enti  convenuti  non  avevano
aggiornato  gli  importi   retributivi   (in   considerazione   della
persistenza del blocco stipendiale e del  blocco  della  negoziazione
collettiva nel settore del pubblico impiego), dovesse  essere  intesa
solo come norma programmatica  anche  in  ragione  della  sua  scarsa
chiarezza, e comunque non potesse essere interpretata  nel  senso  di
limitare l'applicazione, nei confronti del personale di ASVIP,  della
normativa  contrattuale  posta  dai  CCNL  Federambiente,   pena   la
violazione di norme di rango  costituzionale,  in  particolare  degli
articoli 39 e 117 della Costituzione. 
    Concludeva per la condanna in solido delle Agenzie  convenute  al
pagamento degli arretrati fino al 1° gennaio 2017, e della sola ASPIV
per il periodo successivo. 
    Costituendosi in giudizio gli enti convenuti negavano  fondatezza
alle  pretese  di  cui  al  ricorso,  sostenendo  che  la  disciplina
regionale di cui agli articoli 12  e  13  della  L.R.V.  37/14,  come
modificata dalla L.R.V. 6/15, impediva il riconoscimento a favore del
ricorrente degli incrementi stipendiali (per  retribuzione  tabellare
ed indennita' integrativa) previsti dai CCNL Federambiente successivi
al 2010 nonche' le progressioni previste dal CCNL Federambiente  (per
scatti di anzianita' e per raggiungimento di parametro superiore),  e
che si trattava di normativa del tutto  coerente  con  le  previsioni
delle norme statali che  a  loro  volta  obbligavano  le  Regioni  ad
operare riduzioni di spesa contenendo le spese  del  personale  anche
con  specifico  riferimento   agli   enti   strumentali,   disciplina
vincolante in quanto diretta a dettare  principi  fondamentali  nella
materia del «coordinamento della finanza pubblica», rientrante  nella
legislazione concorrente Stato-Regione. 
    In  ogni  caso  sostenevano  che  la  contrattazione   collettiva
Federambiente intervenuta tra il 2010 ed il 2014 non  potesse  essere
valorizzata nei suoi aspetti economici per effetto  della  previsione
di cui all'art.  1  lettera  c)  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 122/13, che impediva il riconoscimento degli incrementi
contrattuali eventualmente previsti a  decorrere  dal  2011  -  senza
possibilita' di recupero - ne' applicazione dei contratti  collettivi
stipulati nel 2013/2014  se  non  per  la  parte  normativa  e  senza
recupero della parte economica. 
    La causa non necessitando di istruzione perveniva  in  decisione,
previo deposito di note conclusive, all'udienza dell'11 ottobre 2017,
ove le parti davano concordemente atto  che  nell'agosto  2017  ASPIV
aveva  riconosciuto  il  passaggio  parametrale  di   cui   al   CCNL
Federambiente a tutti i  dipendenti  aventi  diritto  e  con  effetti
economici dal 1° gennaio 2015, con  riferimento  alle  previsioni  ed
agli importi previsti dal CCNL 2008. In ultimo, su sollecitazione del
giudicante, le parti concordavano nel senso che  le  disposizioni  di
cui alla  L.R.V.  6/15  abbiano  modificato  retroattivamente  quanto
previsto in origine per il personale della ASPIV dalla L.R.V.  37/14,
che prevedeva l'applicabilita' al personale della neocostituita ASPIV
dei contratti collettivi di  lavoro  del  compatto  regioni-autonomie
locali e relativi contratti decentrati regionali, stabilendo che  «Il
personale  in  servizio  nella  soppressa  Azienda  regionale  Veneto
Agricoltura, che risulti in possesso dei  requisiti  richiesti  dalla
vigente normativa,  e'  inquadrato  nella  qualifica  funzionale  del
contratto   collettivo   nazionale    di    lavoro    del    comparto
regioni-autonomie  locali  corrispondente  a  quella   occupata.   Il
restante personale in servizio, non in possesso dei requisiti di  cui
al comma 1, sino alla data di cessazione, mantiene  il  contratto  di
lavoro in essere e, per quanto attiene al  trattamento  economico  si
avra' riguardo  al  contratto  collettivo  nazionale  di  lavoro  del
comparto regioni-autonomie locali» (art. 13), modificata  nelle  more
del giudizio di costituzionalita'  attivato  in  via  principale  del
Presidente del Consiglio dei ministri poi conclusosi con  l'ordinanza
n. 80/16 (di estinzione del giudizio  per  rinuncia  ed  accettazione
della stessa). 
La rilevanza  della  questione  di  legittimita'  costituzionale  nel
giudizio odierno. 
    Va innanzitutto escluso che le pretese  azionate  dal  ricorrente
siano confliggenti con la normativa statale  di  rango  primario,  la
quale per i dipendenti degli enti  che,  pur  non  essendo  pubbliche
amministrazioni, sono - come quelli  qui  convenuti  -  inseriti  nel
conto economico consolidato della pubblica amministrazione e  di  cui
all'elenco individuato dall'Istituto nazionale di statistica  (ISTAT)
di cui alla legge n. 196/09, prevedeva  unicamente  il  blocco  delle
retribuzioni  dal  2011  al  2014,  senza  limitare   il   «recupero»
successivo del diritto all'incremento  stipendiale  connesso  sia  al
passaggio del tempo che all'introduzione di nuovi CCNL:  non  dispone
in questo senso il decreto-legge n. 78/10, ne' la  legge  n.  147/13,
che  prevedono  tale  tipologia  di  misure  solo  in  relazione   al
«personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'art.
1, comma 2,  del  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165,  e
successive modificazioni». 
    Quanto alla previsione di cui al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 122/13 (art. 1, comma 1 lettera  c),  secondo  cui  «In
attuazione a quanto previsto dall'art. 16, comma 1, del decreto-legge
6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla  legge  15
luglio 2011,  n.  111:  a).....;  b).....;  c)  si  da'  luogo,  alle
procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013-2014 del
personale  dipendente  dalle  amministrazioni  pubbliche  cosi'  come
individuate ai sensi dell'art. 1, comma 2, della  legge  31  dicembre
2009, n. 196, e successive modificazioni, per la sola parte normativa
e senza possibilita' di recupero  per  la  parte  economica.  Per  il
medesimo personale non si da' luogo, senza possibilita' di  recupero,
al  riconoscimento  degli   incrementi   contrattuali   eventualmente
previsti a decorrere dall'anno 2011;...», reputa il giudicante che ne
debba essere ritenuta l'illegittimita'  per  eccesso  di  delega,  in
relazione alla sua  operativita'  nei  confronti  del  personale  non
dipendente da pubbliche amministrazioni ex art. 1, comma  2,  decreto
legislativo n. 165/01, considerato che con atto regolamentare  si  e'
introdotta una norma che non trova presupposto nella delega conferita
dalla legge. Infatti l'art. 16, comma 1, del decreto-legge n. 98/11 -
espressiva della delega  regolamentare  -  assegnava  al  regolamento
ministeriale solo la facolta' di prorogare le misure  limitative  dei
trattamenti economici in essere, non di estenderne la  portata  (cfr.
art. 16 comma 1 lett. b)). Di cio' pare si  sia  avveduto  lo  stesso
legislatore, che nella legge n. 147/13 ha  introdotto  una  specifica
previsione limitativa della possibilita' di recupero del maturato nel
periodo di blocco, riferendola peraltro al solo personale  dipendente
dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 2, comma  1,  decreto
legislativo n. 165/01 (l'art. 1, comma 453, cosi' dispone:  «all'art.
9, comma 17, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,  n.  122,  dopo  il  primo
periodo e'  inserito  il  seguente:  «Si  da'  luogo  alle  procedure
contrattuali e  negoziali  ricadenti  negli  anni  2013  e  2014  del
personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui  all'art.
1, comma 2,  del  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165,  e
successive  modificazioni,  per  la  sola  parte  normativa  e  senza
possibilita' di recupero per la parte economica»."),  con  esclusione
dunque del personale dipendente da enti pubblici economici. Stante la
sua ritenuta illegittimita',  l'art.  1,  comma  1  lettera  c),  del
decreto  del  Presidente  della   Repubblica   n.   122/13   andrebbe
disapplicato nel giudizio odierno. 
    In  ogni  caso,  per  effetto  di  quanto  statuito  dalla  Corte
costituzionale con la sentenza n. 178/15, il disposto di cui all'art.
1, comma 1, lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica n.
122/13 e' inapplicabile, avendo la  Corte  costituzionale  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale sopravvenuta, a decorrere dal  giorno
successivo alla pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica e nei termini indicati in motivazione, del regime di
sospensione della contrattazione collettiva, risultante dall'art. 16,
comma 1, lettera b), del decreto-legge  n.  98/11,  come  specificato
dall'art. 1, comma 1, lettera c),  primo  periodo,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 122/13. 
    Dunque, in assenza di specifica disciplina regionale difforme  il
ricorrente, a far data dal 1° gennaio 2015, avrebbe avuto  diritto  a
percepire  quanto  rivendicato  in  ricorso,  ovvero  gli  incrementi
retributivi derivanti dalle previsioni del CCNL Federambiente 2008  e
dal CCNL Federambiente 2011 - ed in seguito quelli  di  cui  al  CCNL
Federambiente 2016 -  ed  in  particolare:  la  retribuzione  base  e
l'indennita'  integrativa  speciale  prevista  ex  CCNL   2011,   con
decorrenza 1° gennaio 2015, rapportata al  parametro  retributivo  ed
agli scatti di anzianita' maturati nelle more. Invece, e  solo  nelle
more del giudizio, ASPIV ha riconosciuto a favore del  ricorrente  la
maturazione della progressione parametrale  prevista  dal  CCNL  2008
incrementandogli con effetto al  1°  gennaio  2015  la  retribuzione,
desumendola peraltro da quanto previsto dal CCNL 2008. 
    Senza l'intervento  della  L.R.V.  37/14,  invece,  la  normativa
codicistica - applicabile al rapporto di lavoro per cui e' causa, che
e' pacificamente di carattere privatistico - avrebbe imposto  dal  1°
gennaio 2015 a Veneto Agricoltura ed in seguito (dal 1° gennaio 2017)
ad ASPIV di applicare nei confronti del personale ivi  trasferito  da
Veneto Agricoltura la disciplina sia normativa che economica  di  cui
al CCNL Federambiente. Veneto Agricoltura vi sarebbe stata tenuta  in
forza delle previsioni di cui al contratto individuale,  nonche'  per
la      sua      affiliazione      all'organizzazione       datoriale
Federambiente-Utilitalia - firmataria del CCNL -,  ed  ASPIV  avrebbe
dovuto  continuare  a  corrispondere  al   ricorrente   la   medesima
retribuzione in precedenza percepita in forza  del  disposto  di  cui
all'art. 2112 del codice civile, posto il  subentro  di  ASPIV  nelle
funzioni di Veneto  Agricoltura  e  l'acquisizione  diretta  del  suo
personale, ed anche tenuto conto delle previsioni statuarie  per  cui
essa  applica  nei  confronti   del   proprio   personale   il   CCNL
Federambiente (cfr. art. 12 L.R.V. 6/2015). 
    A cio' peraltro osta la previsione di cui all'art. 13,  comma  1,
legge reginale n. 37/2014  (come  modificata  retroattivamente  dalla
L.R.V. 6/15),  secondo  cui  «Ferma  restando  l'attuale  consistenza
organica, il personale in servizio nella soppressa Azienda  regionale
Veneto Agricoltura mantiene il contratto di lavoro in essere  e,  per
quanto  riguarda  le  dinamiche  contrattuali,  segue  il   contratto
collettivo nazionale di lavoro del comparto regioni-autonomie locali»
norma di evidente valenza precettiva.  Invero,  a  prescindere  dalle
difficolta' interpretative della previsione - le  quali  rendono  non
manifestamente infondata la q.l.c. anche sotto il  profilo  dell'art.
97, comma 2, della Costituzione - la norma in questione  preclude  al
ricorrente l'applicabilita' integrale a suo favore, quantomeno, delle
previsioni contenute nei CCNL Federambiente e 2011 e successivi;  ove
intesa nel significato che le attribuiscono gli enti convenuti,  essa
impedisce  addirittura  l'operativita'  di   incrementi   retributivi
previsti dal CCNL 2008 se ed in quanto non  applicati  (in  forza  di
corrispondenti istituti normativi) a favore dei dipendenti  pubblici,
cui si applica il CCNL Regioni-Autonomie locali. 
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  della  norma  in
questione - in uno con la previsione di cui  all'art.  12,  comma  3,
L.R.V. medesima - e' dunque rilevante nella fattispecie di causa. 
La  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di   legittimita'
costituzionale. 
    Parte ricorrente reputa che la normativa in questione, ove le  si
attribuisca  valenza  precettiva,  sia  in   contrasto   con   alcune
previsioni costituzionali, ed in particolare con quanto previsto agli
articoli 39 e 117 della Costituzione. 
    In effetti la questione di legittimita' costituzionale non e', ad
avviso del  giudicante,  manifestamente  infondata  in  relazione  al
disposto: 
        dell'art.    39    della    Costituzione,     secondo     cui
«l'organizzazione sindacale e' libera». Sul punto si' condividono  le
ampie argomentazioni di parte  ricorrente  come  svolte  in  ricorso,
secondo cui «In forza del combinato disposto dall'art. 12, 3° comma e
dal 1°  comma  dell'art.  13  [n.d.r.:  della  L.R.V.  37/14],  parte
datoriale pretenderebbe, a quanto e' dato di capire, di applicare  ai
singoli  rapporti  di  lavoro  due  contratti  collettivi  diversi  e
precisamente, da un lato, di  continuare  ad  applicare  il  C.c.n.l.
Federambiente (come via via rinnovato), ma con l'esclusione di quelle
delle sue previsioni che, dopo il 2010, determinano  l'entita'  della
retribuzione tabellare e dell'indennita' integrativa, di  quelle  che
disciplinano l'acquisizione degli scatti  di  anzianita'  e  la  loro
entita' e di quelle che disciplinano la progressione di carriera  dal
parametro B al parametro A  e  le  relative  conseguenze  economiche;
dall'altro, di applicare per gli ora menzionati aspetti alcune  norme
del diverso contratto collettivo degli enti locali, che disciplina un
altro settore (quello pubblico) e un'altra  categoria  di  lavoratori
(quella appunto del comparto  regioni  ed  autonomie  locali)  ed  e'
stipulato  da  altre  OO.SS.   (Aran   e   organizzazioni   sindacali
rappresentative del comparto in questione).....», con cio' violando -
con  effetti  non  gia'  temporanei  ma,  sottolinea  il  remittente,
permanenti - la «clausola di inscindibilita'  contrattuale  prevista,
come  in  tutti  i   contratti   collettivi,   anche   dal   C.c.n.l.
Federambiente,  ovvero  del  C.c.n.l.  che  l'Ente  e'  obbligato  ad
applicare ed applica ai rapporti di lavoro  in  questione  (art.  74,
immutato in occasione dei rinnovi del 2011 e del 2016).  La  clausola
in  questione  nel  prevedere  che«Le   disposizioni   del   presente
contratto, nell'ambito dei singoli istituti e nel loro insieme,  sono
correlative e inscindibili e,  pertanto  i  soggetti  che  osservino,
anche in termini parziali, tali previsioni sono da considerarsi,  per
fatti concludenti, a tutti gli effetti  vincolati  all'insieme  delle
norme  in  esso  contenute»,  sancisce  il  diritto  soggettivo   del
lavoratore   all'applicazione   dell'intera   disciplina   collettiva
prevista dal contratto collettivo, diritto che sarebbe dunque violato
dalla legge regionale (C.c.n.l. 2008 doc 17)», e ledendo la  liberta'
di organizzazione sindacale se si considera che «Nella contrattazione
collettiva, che costituisce una  delle  piu'  importanti  espressioni
della organizzazione e dell'attivita'  sindacale,  tale  liberta'  si
concreta nella libera determinazione, ad opera delle rispettive parti
sindacali, sottoscrittrici dell'accordo, delle condizioni  di  lavoro
(prestazione in rapporto alla retribuzione) da applicarsi ad un certo
gruppo di lavoratori (la cosiddetta  categoria)  dalle  stesse  parti
sindacali liberamente individuato e concordato»; 
        dell'art. 117 della Costituzione, il  quale  -  al  comma  2,
lettera l) - riserva allo Stato la legislazione esclusiva in  materia
di «ordinamento civile», ivi compresa la disciplina del contratto  di
lavoro, esclusi solo i profili relativi alla «tutela e sicurezza  del
lavoro»  e  alla  «formazione  professionale»  (nel  caso  di  specie
evidentemente  non  pertinenti),   che   appartengono   invece   alla
competenza concorrente/esclusiva delle Regioni (cfr.  sentenze  della
Corte  costituzionale  nn.  50/05;  17/14;  175/16;  81/17;  234/17).
Riscontrato, per quanto sopra argomentato, che la normativa regionale
qui in discussione introduce per il personale della soppressa Agenzia
Veneto Agricoltura una deroga  alla  normativa  statale  in  tema  di
rapporto di lavoro, essa pare proprio intervenire in una materia  che
esula dalla competenza legislativa regionale.  La  normativa  statale
citata  in  atti  dagli  enti  convenuti,  che   impone   agli   enti
territoriali di porre in essere azioni volte  al  contenimento  della
spesa  anche  in  relazione  alle  spese  di  personale,   pure   con
riferimento  agli  enti  strumentali,  non  incrementa  ne'  potrebbe
incrementare le potesta' legislative  delle  regioni,  che  rimangono
costrette nei limiti di cui all'art. 117 della Costituzione.  Ne'  le
finalita' di  risparmio  di  spesa  cui  e'  volta  la  normativa  in
questione consentono di affermare che essa attenga alla  materia  del
«coordinamento della finanza pubblica» piuttosto  che  a  quella  del
rapporto di lavoro, afferente allo «ordinamento civile»,  considerato
che quel che  rileva  ai  fini  della  verifica  del  rispetto  delle
competenze stabilite ex art.  117  della  Costituzione  e'  l'oggetto
della disciplina e non la sua ratio; 
        dell'art. 97, comma 2, della Costituzione, considerato che la
scarsa chiarezza della norma assegna all'ASPIV - ente  pubblico,  sia
pure economico - un  ambito  di  discrezionalita'  irragionevole  nel
determinare  il  trattamento   economico-retributivo   spettante   al
personale acquisito da Veneto Agricoltura.  Invero,  il  rinvio  alle
«dinamiche contrattuali del CCNL comparto  regioni-autonomie  locali»
(di cui all'art. 13, comma 2, L.R.V. 6/2015) puo' essere  inteso  nel
senso che  si  debbano  valorizzare  rinnovi  contrattuali  del  CCNL
Federambiente seguendo peraltro le tempistiche dei rinnovi  del  CCNL
regioni-autonomie  locali,  cio'  che   consentirebbe   comunque   al
ricorrente di ottenere il  riconoscimento  di  tutti  gli  incrementi
stipendiali previsti dal CCNL 2008,  sia  pure  con  effetto  dal  1°
gennaio 2015 (ovvero una volta cessato il blocco stipendiale  di  cui
alla legislazione statale); ASPIV, nel suo comportamento complessivo,
dimostra invece di ritenere che la norma  impedisca  anche  la  piena
operativita' - pur dopo il 1° gennaio 2015 - del  CCNL  Federambiente
2008, avendo riconosciuto a favore  del  ricorrente  (ed  agli  altri
dipendenti  transitati  in  ASPIV  da  Veneto  Agricoltura)  le  sole
progressioni stipendiali maturate dal  2000  a  tutto  il  2004,  con
esclusione degli scatti di anzianita' e degli incrementi  stipendiali
pure  previsti  dal  medesimo  CCNL,  sul  presupposto  che  il  CCNL
Regioni-enti locali non prevede tali progressioni o comunque che  nei
confronti del personale  dipendente  dalla  Regione  non  sono  stati
operati analoghi incrementi. In effetti,  la  nozione  di  «dinamiche
contrattuali»  e'  atecnica  e  troppo  generica  per  consentire  di
individuare un significato normativo specifico  della  previsione  in
questione, anche in  considerazione  della  mancanza  di  coincidenza
degli  istituti  contrattuali  e  della  loro  concreta  operativita'
nell'ambito del  CCNL  Federambiente  e  nel  CCNL  Regioni-autonomie
locali. A fronte di questa ambiguita' del testo normativo  regionale,
risulta dunque pregiudicato il  principio  di  buon  andamento  degli
uffici di cui all'art. 97 della Costituzione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Giudice del lavoro, visti gli articoli 134 della  Costituzione
e  23  legge  11  marzo  1953  n.  87,  dichiara  rilevante   e   non
manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 39, 117, comma
1, e 97, comma 2, della Costituzione, la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 1, L.R. Veneto n. 6/2015,  in  uno
con la previsione di  cui  all'art.  12,  comma  3,  legge  regionale
medesima, nella parte in cui dispongono che il personale in  servizio
nella soppressa Azienda  regionale  Veneto  Agricoltura  mantenga  il
contratto di lavoro in essere «e, per quanto  riguarda  le  dinamiche
contrattuali, segue il contratto collettivo nazionale di  lavoro  del
comparto regioni-autonomie locali» (art. 13,  comma  1)»,  e  che  ai
dirigenti e dipendenti della Agenzia  Veneta  per  l'innovazione  nel
settore  primario  (ASPIV)  si  applichi  il   contratto   collettivo
nazionale  di  lavoro  delle  aziende   municipalizzate   di   igiene
ambientale,  ma  «nel  rispetto  dei  vincoli  e  delle   limitazioni
contenute nell'art. 13» (art. 12, comma 3); 
    Per l'effetto: 
        dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla   Corte
costituzionale; 
        dispone la sospensione del presente giudizio; 
        ordina che, a cura della cancelleria, la  presente  ordinanza
sia notificata alle parti del giudizio ed al Presidente della  Giunta
regionale della Regione Veneto; 
        ordina, altresi', che  l'ordinanza  sia  comunicata,  a  cura
della  cancelleria,  al  Presidente  del  Consiglio  regionale  della
Regione Veneto. 
          Venezia, 12 gennaio 2018 
 
                  Il Giudice del lavoro: Menegazzo