N. 62 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 gennaio 2018

Ordinanza  del  30  gennaio  2018  del  Tribunale   di   Verona   nel
procedimento civile promosso da Ecoinerti  Campagnari  S.r.l.  contro
Banco popolare societa' cooperativa. 
 
Procedimento civile - Mediazione finalizzata alle controversie civili
  e commerciali - Mancata partecipazione, senza giustificato  motivo,
  alla mediazione - Condanna della parte costituita al versamento  di
  una somma di importo corrispondente al contributo unificato  dovuto
  per il giudizio. 
- Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28  (Attuazione  dell'articolo
  60 della legge 18 giugno 2009, n.  69,  in  materia  di  mediazione
  finalizzata  alla  conciliazione  delle   controversie   civili   e
  commerciali), art. 8, comma 4-bis, secondo  periodo;  decreto-legge
  21 giugno  2013,  n.  69  (Disposizioni  urgenti  per  il  rilancio
  dell'economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto
  2013, n. 98, art. 84, commi 1, lett. i), e 2. 
(GU n.16 del 18-4-2018 )
 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI VERONA 
                        Terza sezione civile 
 
    Il giudice dott.  Massimo  Vaccari  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza  nella  causa  tra  Ecoinerti  Campagnari  S.r.l.   (codice
fiscale: 03732860238) rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Rondinelli
Michele del foro di Brescia; 
    Contro  Banco  Popolare  Societa'  Cooperativa  (codice  fiscale:
03700430238) con rappresentata e difesa dall'avv. Zorzi  Alberto  del
foro di Verona. 
L'iter del giudizio. 
    La Ecoinerti Campagnari S.r.l. ha convenuto in giudizio davanti a
questo tribunale il Banco Popolare societa' cooperativa,  per  sentir
accertare la nullita' di un contratto di  conto  corrente  e  di  due
contratti di apertura di conto corrente che  aveva  concluso  con  la
medesima convenuta, il 20 dicembre 2017  e  il  2  gennaio  2008,  in
quanto, a suo dire, stipulati senza osservare la forma scritta. 
    L'attrice ha anche avanzato domanda di condanna  della  convenuta
alla restituzione delle somme indebitamente percepite dalla  medesima
nel corso dei predetti rapporti a titolo di  interessi  usurari,  sia
sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo, e di c.m.s. 
    Gia' in atto di citazione l'attrice ha anche esposto  che,  prima
di  promuovere  il  giudizio,  aveva  attivato  il  procedimento   di
mediazione, atteso che la controversia era soggetta  ad  esso,  quale
condizione di procedibilita' della domanda,  ai  sensi  dell'art.  5,
comma 1-bis, decreto legislativo n. 28/2010, ma  la  controparte  non
aveva partecipato alla  procedura,  con  la  conseguenza  che  andava
condannata ai sensi dell'art. 8,  comma  4-bis,  dello  stesso  testo
normativo. 
    La convenuta si e' costituita  in  giudizio,  eccependo,  in  via
preliminare di merito,  l'estinzione  per  prescrizione  del  diritto
dell'attrice ad ottenere la  restituzione  di  somme  non  dovute  in
relazione al contratto di conto corrente e assumendo, con riguardo al
merito, l'infondatezza delle domande avversarie. 
    La causa e' giunta a decisione senza lo svolgimento di  attivita'
istruttoria, a seguito del rigetto da parte di questo  giudice  della
richiesta di ctu contabile - bancaria avanzata dall'attrice. 
L'astratta applicabilita' al caso di specie dell'art. 8, comma 4-bis,
del decreto legislativo n. 28/2010. 
    Poiche' e' pacifico, oltre che documentato (si  veda  il  verbale
prodotto sub 17 dalla attrice), che la convenuta non  ha  partecipato
alla procedura di mediazione obbligatoria promossa ante causam  dalla
Ecoinerti dovrebbe farsi applicazione dell'art. 8, comma  4-bis,  del
decreto legislativo n. 28/2010. 
    Tale norma nel suo secondo periodo prevede infatti che il giudice
condanna la parte che non ha partecipato alla mediazione obbligatoria
ex lege senza giustificato motivo al versamento a favore dell'entrata
del bilancio dello Stato di una somma di  importo  corrispondente  al
contributo unificato dovuto per il giudizio. 
    L'utilizzo  del  tempo  indicativo   presente   e   la   funzione
chiaramente  sanzionatoria   della   previsione,   desumibile   dalla
circostanza che il pagamento va a vantaggio dello Stato e  non  della
controparte processuale, inducono  a  ritenere  che  il  giudice,  in
mancanza di una giustificazione dell'assenza, non gode di margini  di
discrezionalita' e deve quindi provvedere d'ufficio ad  applicare  la
sanzione (cosi' la dottrina pressoche' unanime e, in  giurisprudenza,
tra le altre, Trib. Roma, sez. distaccata Ostia, 4 luglio 2013; Trib.
Roma, 30 novembre 2017), a prescindere dalla soccombenza nel giudizio
conseguente (Trib. Verona, 13 maggio 2016). 
    E'  indubbio  infatti  che  la  irrogazione  della  sanzione   e'
ricollegata dalla norma alla sola condotta di mancata  partecipazione
al procedimento di mediazione. 
    Secondo un orientamento giurisprudenziale  poi,  la  condanna  al
pagamento di un somma ulteriore a  titolo  di  contributo  unificato,
proprio perche' prescinde dalla soccombenza, puo' essere emessa anche
prima della decisione che conclude il giudizio, purche' sia chiaro il
motivo della mancata comparizione, motivo che puo' essere esplicitato
dal convenuto gia' in comparsa di risposta o alla prima udienza,  con
conseguente possibilita' di emettere in quest'ultima sede la relativa
condanna (Trib. Palermo, sez. dist. Bagheria, 13 giugno  2012;  Trib.
Palermo 29 luglio 2015). 
    In ogni caso e' evidente che l'onere di allegare e dimostrare  il
giustificato  motivo  di  assenza  grava  sulla  parte  che  non   ha
partecipato alla mediazione (cosi' espressamente Trib. Roma-Ostia,  5
luglio 2012). 
    Nel caso di specie nelle note conclusive  autorizzate  l'istituto
di credito ha sostenuto di aver fornito tale prova,  avendo  prodotto
la missiva che a suo tempo aveva inviato all'organismo di  mediazione
per spiegare le ragioni della  propria  mancata  partecipazione  alla
procedura (si tratta del doc. 7 di parte convenuta). 
    Orbene, tale documento  non  integra  in  nessun  modo  la  prova
richiesta per sottrarsi alla sanzione di legge. 
    In esso la convenuta aveva addotto a  giustificazione  della  sua
determinazione sia la contestazione degli assunti di controparte  sia
di non aver ricevuto l'istanza di mediazione sottoscritta dalla parte
istante. 
    Quanto al primo motivo puo' escludersi  che  valga  ad  esonerare
dalla partecipazione alla  procedura  di  mediazione  la  convinzione
della infondatezza in fatto o in diritto della pretesa di controparte
poiche',  se  si  ammettesse  cio',  l'istituto  verrebbe  facilmente
vanificato (Trib. Vasto, 23 aprile 2016). 
    Sul punto  la  giurisprudenza  ha  anche  osservato,  in  maniera
condivisibile, che, di per se', la "litigiosita'" tra  le  parti  non
giustifica il rifiuto di partecipare al procedimento  di  mediazione,
giacche'  tale  procedimento  e'  rivolto  proprio  ad  attenuare  la
litigiosita',  tentando  una  composizione  della  lite   basata   su
categorie concettuali del tutto differenti rispetto a quelle invocate
in giudizio e che  prescindono  dalla  attribuzione  di  torti  e  di
ragioni (Trib. Termini Imerese, 9 maggio 2012). 
    Quanto invece al secondo rilievo, di ordine prettamente  formale,
sulla base del quale la convenuta si e'  sottratta  alla  mediazione,
deve osservarsi che la sottoscrizione della  istanza  di  attivazione
della procedura non costituisce presupposto di validita' della stessa
anche perche' alla  sua  mancanza  puo'  facilmente  ovviarsi  in  un
secondo momento, una volta che  la  parte  abbia  confermato  la  sua
volonta' di promuovere la mediazione. 
La questione di legittimita' costituzionale. 
    La norma che viene qui in rilievo e' stata inserita  nel  decreto
legislativo  n.  28/2010  dall'art.  84,  comma  1,  lett.  i),   del
decreto-legge 21 giugno 2013, n.  69  (Disposizioni  urgenti  per  il
rilancio dell'economia), dopo che la  Corte  costituzionale,  con  la
sentenza 272/2012, aveva dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 5, comma l, del succitato decreto per eccesso di delega. 
    Essa  e'  riproduttiva  dell'art.  8,  comma   5,   del   decreto
legislativo n. 28/2010, che, al pari di altre  previsioni  di  questo
testo  normativo,  era  stata  oggetto   di   una   declaratoria   di
incostituzionalita' conseguenziale nella predetta pronuncia. 
    Ad avviso di questo giudice la previsione difetta  dei  requisiti
di necessita' ed urgenza legittimanti la  sua  adozione  con  decreto
legge, ravvisati, secondo il preambolo del  testo  del  provvedimento
normativo nella «straordinaria  necessita'»  ed  urgenza  di  emanare
disposizioni per la crescita economica e per la  semplificazione  del
quadro amministrativo e normativo, nonche'  misure  per  l'efficienza
del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso  civile,  al
fine di dare impulso al sistema produttivo del  Paese  attraverso  il
sostegno alle imprese, il  rilancio  delle  infrastrutture,  operando
anche una riduzione degli oneri amministrativi per i cittadini  e  le
imprese. 
    Orbene, la possibilita' di una  verifica  da  parte  della  Corte
costituzionale della sussistenza dei presupposti costituzionali della
decretazione d'urgenza, a prescindere dalla conversione  o  meno  del
provvedimento, e' stata riconosciuta gia' con la sentenza n. 398  del
1998  che  aveva  peraltro  precisato  come  tale   scrutinio   fosse
consentito solo nei casi di «evidente mancanza», cioe'  quando  «essa
appaia chiara e manifesta perche' solo in questo caso il sindacato di
legittimita' della Corte non rischia di sovrapporsi alla  valutazione
di opportunita' politica riservata al Parlamento». 
    Dopo alcune pronunce di segno contrario tale posizione  e'  stata
riaffermata in altre pronunce (cfr. sent. n. 341 del 2003;  nn.  6  e
178, 196, 285 del 2004; nn. 62 e 272  del  2005)  ed  in  particolare
nella sentenza n. 171 del 2007. 
    In quest'ultima decisione la  Corte  ha  esplicitato  ancor  piu'
chiaramente le ragioni a sostegno della sopra esposta conclusione: 
      a)  da  un  lato   la   salvaguardia   del   corretto   assetto
dell'impianto delle fonti, che «e' anche funzionale alla  tutela  dei
diritti e caratterizza la configurazione del  sistema  costituzionale
nel suo complesso», con la conseguenza che «affermare che la legge di
conversione sana in ogni caso  i  vizi  del  decreto  significherebbe
attribuire in concreto al legislatore ordinario il potere di alterare
il riparto costituzionale  delle  competenze  del  Parlamento  e  del
Governo quanto alla produzione delle fonti primarie»; 
      b) in secondo luogo per il particolare  legame  tra  decreto  e
legge di conversione, per cui in sede di conversione  «il  Parlamento
si trova a  compiere  le  proprie  valutazioni  e  a  deliberare  con
riguardo ad una situazione modificata da norme poste da un organo cui
di regola, quale titolare del potere esecutivo,  non  spetta  emanare
disposizioni aventi efficacia di legge»  (§  5  del  «Considerato  in
diritto»). 
    L'orientamento del giudice  costituzionale,  teso  a  controllare
direttamente i presupposti del decreto-legge nonostante  l'intervento
della legge di conversione, e'  stato  ulteriormente  ribadito  nelle
sentenze n. 128 del 2008 e n. 22 del 2012, che  pure  hanno  ritenuto
non solo ammissibile ma  anche  fondata  la  questione  dell'evidente
mancanza dei presupposti di cui all'art. 77, comma  2,  Cost.  e,  da
ultimo, nelle pronunce nn. 10/2015, 287/2016 e 170/2017. 
    Secondo  il  giudice  delle   leggi   l'evidente   mancanza   dei
presupposti per la decretazione di urgenza, che, si  noti,  ben  puo'
riguardare ogni norma contenuta nel provvedimento normativo  adottato
in via d'urgenza, puo'  essere  desunta  da  elementi  intrinseci  od
estrinseci alla decretazione e tra i secondi sono stati elencati:  in
primo luogo il preambolo del  decreto-legge,  dove  e'  contenuta  la
giustificazione dei presupposti giuridici e  dunque  soprattutto  dei
requisiti di necessita' ed  urgenza  del  decreto  legge  stesso;  in
secondo luogo l'analisi tecnico normativa che l'accompagna; in  terzo
luogo  il  contesto  normativo  nel  quale  il  provvedimento  va  ad
inserirsi. 
    Con riguardo a quest'ultimo indice la Corte  ha  anche  precisato
che il riconoscimento dell'esistenza dei presupposti fattuali, di cui
all'art. 77, secondo comma,  Costituzione,  va  ricollegato  «ad  una
intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o  dal
punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale
e finalistico. La urgente necessita' del provvedere  puo'  riguardare
una pluralita'  di  norme  accomunate  dalla  natura  unitaria  delle
fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento  di  fronteggiare
situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che   richiedono
interventi oggettivamente  eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie
diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi  urgenti
a  situazioni  straordinarie  venutesi   a   determinare»   (sentenza
22/2012). 
    Questa lettura peraltro presuppone necessariamente, ad avviso  di
questo giudice, che le norme contenute nel decreto  legge,  oltre  ad
essere coerenti, sotto il profilo funzionale, rispetto  alla  urgente
necessita' di provvedere, abbiano il medesimo  termine  di  efficacia
poiche', in  caso  contrario,  viene  vanificata  quella  uniformita'
teleologica che le deve accomunare. 
    Orbene, tornando al caso di specie,  proprio  questo  rilievo  si
puo' muovere alla norma sulle conseguenze sanzionatorie della mancata
partecipazione alla mediazione senza giustificato motivo. 
    Infatti,  sebbene  sia  stata  inserita  tra   le   «Misure   per
l'efficienza  e  del  sistema  giudiziario  e  la   definizione   del
contenzioso civile», di  cui  al  titolo  III  del  decreto-legge  n.
69/2013, che possono ritenersi coerenti  alle  esigenze  esposte  nel
preambolo del provvedimento normativo, la sua entrata  in  vigore  e'
stata differita di  trenta  giorni  rispetto  al  momento  della  sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. 
    Si tratta di un elemento intrinseco alla medesima norma  che,  in
conformita' ai principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale
sopra  richiamata,  ben  puo'  assunto  a  indice  della   «manifesta
insussistenza» dei presupposti della sua necessita' ed urgenza. 
    Si noti, peraltro, come la scelta di un cosi'  peculiare  regime,
non solo non e' stata giustificata in  nessun  modo  nella  relazione
alla legge di conversione del decreto-legge n. 69/2013, ma sia  anche
in evidente e stridente contrasto con quella, invero coerente con  il
tipo di provvedimento normativo adottato e con le  esigenze  ad  esso
sottostanti, di attribuire immediata efficacia a tutte le altre norme
di tale testo normativo. 
    Infatti per esse e' stata prevista, all'art. 86 del decreto-legge
n.  69/2013,  l'entrata  in  vigore   il   giorno   successivo   alla
pubblicazione del decreto-legge nella Gazzetta Ufficiale. 
    La norma in esame confligge pertanto in primo luogo con l'art. 77
della Costituzione ma anche con l'art. 15, comma 3,  della  legge  n.
400 del 1988 che stabilisce che: «I decreti devono  contenere  misure
di immediata applicazione» e che, pur non avendo  sul  piano  formale
rango costituzionale, esplicita cio' che  deve  ritenersi  intrinseco
alla natura stessa del decreto-legge (in questi  termini  cfr.  Corte
cost. 22/2012 e n. 170/2017). 
    La  scelta  di  attribuire  ad  essa  una  efficacia   differita,
diversamente dalle altre norme  del  medesimo  decreto-legge,  aventi
tutte la stessa  finalita'  di  contribuire  a  rendere  maggiormente
efficiente il sistema giudiziario, in quanto immotivata  e  priva  di
una ragione logica, contrasta anche con l'art. 3 Cost. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 4-bis, secondo periodo
del decreto legislativo n. 28/2010 e degli artt. 84, comma  1,  lett.
i) e comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con
modificazioni nella legge 9 agosto 2013, n. 98, per contrasto con gli
articoli 3 e 77, comma 2, della Costituzione; 
    dispone la  sospensione  del  presente  giudizio  e  ordina  alla
cancelleria  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
comunicata alle parti  costituite  e  notificata  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera
dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
      Verona, 30 gennaio 2018 
 
                         Il Giudice: Vaccari