N. 63 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 febbraio 2018

Ordinanza  dell'8  febbraio   2018   del   Consiglio   di   giustizia
amministrativa per la Regione Siciliana sui ricorsi riuniti  proposti
da Universita' degli studi di Catania e Giordano Daniela   contro  Lo
Bello Lucia.. 
 
Universita' - Chiamata dei professori di prima e di seconda fascia  -
  Ammissione al procedimento - Cause di  incompatibilita'  -  Mancata
  menzione del rapporto di coniugio. 
- Legge 30 dicembre 2010, n. 104 [recte: n. 240] (Norme in materia di
  organizzazione  delle  universita',  di  personale   accademico   e
  reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualita'
  e l'efficienza del sistema universitario), art. 18, comma 1,  lett.
  b), ultimo periodo. 
(GU n.17 del 26-4-2018 )
 
              Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 
                      PER LA REGIONE SICILIANA 
 
 
                       In sede giurisdizionale 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 619 del 2017, proposto da: Universita' degli  studi
di Catania, in persona  del  rettore  p.t.,  rappresentata  e  difesa
dall'avvocato Vincenzo Reina, con domicilio eletto presso  lo  studio
dell'avv. Santo Spagnolo in Palermo, via Massimo D'Azeglio, 5; 
    contro Lucia Lo Bello,  rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Rosario Panebianco Carmelo  Elio  Guarnaccia,  con  domicilio  eletto
presso lo studio dell'avv. Giorgio Eugenio Ferrara  in  Palermo,  via
Giuseppe Giusti, 1; 
    nei confronti di  Daniela  Giordano,  non  costituita  in  questo
giudizio; 
    sul ricorso numero di registro generale 684  del  2017,  proposto
da: Daniela Giordano, rappresentata e difesa dagli avvocati  Giovanni
Sala, Salvatore Raimondi  e  Luigi  Raimondi,  con  domicilio  eletto
presso lo studio degli ultimi due in Palermo, via Gaetano Abela, 10; 
    contro Lucia Lo Bello,  rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Rosario Panebianco e Carmelo Elio Guarnaccia,  con  domicilio  eletto
presso lo studio dell'avv. Giorgio Eugenio Ferrara  in  Palermo,  via
Giuseppe Giusti, 1; 
    nei confronti di Universita' degli studi di Catania,  in  persona
del rettore  p.t.,  rappresentata  e  difesa  dall'avvocato  Vincenzo
Reina, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Santo Spagnolo
in Palermo, via Massimo D'Azeglio, 5; 
    per la riforma, in  entrambi  gli  appelli:  della  sentenza  del
tribunale  amministrativo  regionale  Sicilia  -  Sez.  Staccata   di
Catania: Sezione I n. 1100/2017, resa tra le  parti,  concernente  la
procedura selettiva per la chiamata a professore di I fascia  per  il
settore  concorsuale   09/Hl   -   settore   scientifico-disciplinare
ING-INF/05  presso   il   dipartimento   di   Ingegneria   elettrica,
elettronica e informatica dell'Universita' degli  studi  di  Catania,
approvato con decreto rettorale n. 1555 del 9 maggio 2016. 
    Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in entrambi i giudizi di Lucia  Lo
Bello; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  11  gennaio  2018  il
Cons. Hadrian Simonetti, uditi per le  parti  gli  avvocati  Vincenzo
Reina, Rosario Panebianco e Salvatore Raimondi; 
    1. Con decreto rettorale del 9 maggio 2016 e'  stata  bandita  la
procedura di selezione ai sensi dell'art. 24, comma 6, della legge n.
240/2010, per la chiamata di un professore di  prima  fascia  per  il
settore   concorsuale   09/H1,   richiesta   dal   dipartimento   del
settore-disciplinare ING-INF/05. 
    Per quanto piu' rileva in questa sede, nel bando si prevedeva che
non potessero partecipare coloro che avevano un grado di parentela  o
di affinita' entro il quarto grado con un professore di  prima  o  di
seconda fascia  appartenente  allo  stesso  dipartimento  richiedente
l'attivazione della procedura di chiamata. 
    Alla procedura hanno partecipato le  docenti  di  seconda  fascia
Daniela Giordano e Lucia Lo Bello, la prima risultando vincitrice  e,
infine, con decreto del 31 ottobre 2016, nominata professore di prima
fascia con decorrenza giuridica dal giorno dopo. 
    2. La prof. Lucia Lo Bello ha impugnato gli atti della procedura,
deducendo la violazione dell'art. 18, comma l lettera b) e c),  legge
n. 240/2010 sul rilievo che il marito  della  prof.ssa  Giordano,  il
prof. Alberto Faro,  appartenesse  allo  stesso  dipartimento  e  sul
presupposto che la previsione di legge del rapporto di parentela e di
affinita' ricomprendesse anche il rapporto di coniugio. 
    3. Il Tar, con sentenza n. 1100/2017,  ha  giudicato  il  ricorso
fondato, reputando che fosse possibile  interpretare  estensivamente,
applicandola alla fattispecie in questione, la norma di legge di  cui
al citato art. 18 ed il conseguente divieto. Da qui la necessita'  di
escludere dalla procedura la prof.ssa Giordano e di chiamare  in  sua
vece la prof.ssa Lo Bello. 
    4.  L'Universita'  di  Catania  ha  proposto  un  primo  appello,
iscritto al nr. 619/2017, avverso la sentenza eccependo la tardivita'
del ricorso  originario,  nonche'  l'erroneita'  della  pronuncia  in
ordine all'applicazione alla specifica  procedura  in  contestazione,
disciplinata dall'art. 24, comma  6,  dell'art.  18  della  legge  n.
240/2010, trattandosi di una ipotesi di incompatibilita'  avente  per
definizione carattere tassativo. 
    Ha inoltre sostenuto come, a monte, la scelta di bandire un posto
per il settore  09/H1  fosse  dipesa  in  massima  parte  dai  titoli
prodotti dalla prof.ssa Giordano, sicche' la sua  esclusione  avrebbe
comportato l'impossibilita' stessa di bandire la procedura. Infine ha
censurato il capo di sentenza recante l'accertamento  m  ordine  alla
fondatezza della pretesa della prof. Lo Bello ad essere chiamata. 
    5. La prof. Daniela Giordano ha presentato  un  secondo  appello,
con un distinto ricorso iscritto al nr. 684/2017, avverso la medesima
sentenza, ricostruendo  in  premessa  la  tipologia  della  procedura
esperita,  eccependo  nuovamente  l'inammissibilita'  dell'originario
ricorso, nel merito deducendo la violazione, con la  sentenza,  degli
articoli 18 e 24 della legge n. 240/2010. 
    6. Si e' costituita in entrambi i ricorsi la  prof.ssa  Lucia  Lo
Bello, replicando con articolate memorie difensive, anche per  quanto
concerne  l'applicazione  delle  regole  di   incompatibilita'   alla
procedura di cui all'art. 24, comma  6,  richiamando  precedenti  del
Consiglio di Stato e del CGARS sul punto. 
    7. Depositate ulteriori memorie  difensive,  all'udienza  dell'11
gennaio 2018 entrambi gli appelli sono passati in decisione. 
    8. Gli appelli debbono essere riuniti,  ai  sensi  dell'art.  96,
comma l, c.p.a., essendo proposti contro la stessa sentenza. 
    9.  Deve  essere   esaminata   preliminarmente   l'eccezione   di
irricevibilita',  per  tardivita',  del  ricorso  di   primo   grado,
riproposta dall'Universita' con il primo motivo di  appello  e  dalla
prof.ssa Giordano con il secondo motivo del suo appello. 
    Si assume  che  sarebbe  stato  onere  della  prof.ssa  Lo  Bello
impugnare immediatamente il bando,  con  cui  era  stata  indetta  la
procedura selettiva qui in contestazione  (chiamata  dei  docenti  in
servizio presso l'ateneo, a norma dell'art. 24,  comma  6,  legge  n.
240/2010, sul duplice e convergente rilievo per cui nel bando non era
riportata la preclusione ovvero il divieto di partecipazione  di  cui
all'art. 18, comma l, lettera b),  ultimo  periodo,  della  legge  n.
240/2010, riferito anche al coniuge; e, data  la  particolare  natura
della procedura di cui al citato art. 24, non era dubitabile che alla
stessa avrebbe partecipato la prof.ssa Giordano. Sicche',  assume  in
particolare l'Universita', non solo nulla vietava (testualmente) alla
prof.ssa Giordano di partecipare alla procedura ma,  data  la  natura
della stessa e i titoli in possesso della Giordano,  la  prof.ssa  Lo
Bello «non avrebbe potuto aspirare a vincere il concorso» e  di  tale
ineluttabile  destino  sarebbe   dovuta   essere   «da   subito   ben
consapevole» (v. appello a p. 6). 
    Il ragionamento dell'Universita', per  quanto  concerne  la  piu'
volte enfatizzata particolarita' della procedura di chiamata  diretta
di cui all'art. 24, comma  6,  legge  n.  240/2010  e'  ulteriormente
sviluppato nella memoria di costituzione nel  giudizio  n.  648/2017,
dove si sottolinea  come  all'origine  della  vicenda  vi  sia  stata
l'assegnazione da parte del Consiglio di amministrazione  dell'ateneo
di «tre punti organico  da  destinare  a  tali  selezioni»,  per  poi
giungere alla selezione di tre settori  concorsuali  sulla  base  del
metodo scientifico dei settori medesimi. 
    Ai fini di tale valutazione - sostiene sempre l'Universita', come
anche la difesa della prof.ssa Giordano  nel  primo  motivo  del  suo
appello - l'individuazione del settore di concorso 09/H1, «Sistemi di
elaborazione delle informazioni»,  sarebbe  avvenuto  in  funzione  e
grazie all'apporto delle ricerche e dei  titoli  scientifici  proprio
della prof.ssa Giordano. Il che, sottintende l'appellante, ne avrebbe
reso sicura la partecipazione al concorso e certa la sua vittoria. 
    Il ragionamento nel  suo  insieme,  confutato  con  vigore  dalla
difesa della prof.ssa Lo Bello, non persuade il Collegio. 
    Va  ribadito,  in   primo   luogo,   il   consolidato   indirizzo
giurisprudenziale secondo cui il bando, data la sua  natura  di  atto
endo-procedimentale avente carattere generale,·  non  costituisce  di
regola un atto immediatamente lesivo, tale da far sorgere un onere di
immediata  impugnazione.  Peraltro,  anche   quando   sia   possibile
predicarne l'immediata lesivita', cio' avviene in ragione e a  motivo
sempre e  soltanto  di  eventuali  clausole  escludenti  (o  comunque
ostative ad una partecipazione  consapevole  ed  effettiva)  in  esso
ricomprese, tali da far presagire come del tutto scontata la  propria
(futura) esclusione dalla procedura  o  comunque  l'inutilita'  della
partecipazione ad essa; ma non con riguardo alle  altrui  ammissioni,
in gara o al concorso, la  cui  impugnazione,  prima  ancora  che  la
procedura  faccia  il  suo  corso  e   giunga   a   conclusione   con
l'approvazione della graduatoria, non solo non costituisce  un  onere
ma neppure una facolta'. Con la conseguenza che un eventuale  ricorso
proposto  direttamente  contro  il  bando  o  avverso  immediatamente
l'ammissione   di   un   altro   partecipante    sarebbe    giudicato
inammissibile. 
    Le eccezioni previste dal legislatore, come ad esempio in tema di
procedure di affidamento di contratti pubblici al lume dell'art.  120
comma 2-bis del c.p.a., dove l' omessa  impugnazione  delle  (altrui)
ammissioni preclude la facolta' di far  valere  l'illegittimita'  dei
successivi atti, hanno carattere tassativo e costituiscono un numerus
clausus, di cui, lungi dal teorizzarne l'estensione ad  altri  ambiti
di materia, parte della dottrina e della giurisprudenza ne  affermano
piuttosto  la  dubbia  coerenza  con  il  sistema  costituzionale  ed
euro-unitario della tutela in giudizio contro gli atti della pubblica
amministrazione (v., da ultimo,  tribunale  amministrativo  regionale
Piemonte, ordinanza 88/2018). 
    A tutto questo si  deve  aggiungere  come  l'intero  ragionamento
dell'Universita'  assume,  come  certi,  fatti  che   all'avvio   del
procedimento erano ancora  solamente  possibili,  a  tutto  concedere
probabili:  nell'ordine,  la  scelta  della  prof.ssa   Giordano   di
partecipare alla procedura, e il giudizio della  Commissione  che  il
suo fosse il profilo da preferire in termini di merito. 
    Opinare diversamente, in termini di automatismo (della  sequenza:
indizione, partecipazione e valutazione), significherebbe  negare  in
radice l'esistenza di una fase istruttoria nel procedimento posto  in
essere, svilendo il ruolo della commissione giudicatrice e,  piu'  in
generale, la funzione stessa della selezione. 
    10.  Una  volta  disattesa  l'eccezione  di  irricevibilita'  del
ricorso di primo grado e quindi  il  primo  motivo  dell'appello,  il
Collegio passa ora ad esaminare i motivi  secondo  e  terzo  dei  due
appelli con i quali, in termini pressoche'  coincidenti,  e'  dedotta
l'erroneita' della sentenza per violazione e falsa applicazione degli
articoli 18, comma l, lettera b) e c) e 24 della legge n. 240/2010. 
    Va premesso, per una migliore comprensione  della  vicenda,  come
non sta contestato il rapporto di coniugio tra la prof.ssa  Giordano,
che ha preso parte alla procedura di selezione per la chiamata di  un
professore di prima fascia richiesta dal dipartimento  di  Ingegneria
elettrica, elettronica e informatica dell'Universita' di  Catania,  e
il prof. Alberto Faro, docente di prima fascia e decano del  medesimo
dipartimento appena citato. Ne' e' contestato  dall'Universita',  ne'
sarebbe invero contestabile, che nel bando del 9  maggio  2016  (art.
2), e prima ancora nel regolamento d'ateneo del 7 febbraio 2014 (art.
14, comma 3), fosse stato mutuato e ripreso dalla norma di  legge  il
divieto di partecipare anche alla procedura per chiamata diretta - di
«coloro i quali, alla data di presentazione della domanda, abbiano un
grado di parentela o di affinita' entro il quarto grado compreso  con
un professore appartenente alla struttura didattica  che  richiede  l
'attivazione della procedura, o con il rettore, o  con  il  direttore
generale  o  con  un  componente  del  Consiglio  di  amministrazione
dell'ateneo». 
    Tale  divieto,  come  gia'  detto,  corrisponde  pressoche'  alla
lettera alla previsione di legge, racchiusa  all'art.  18,  comma  l,
lettera b) della legge n. 240/2010, secondo cui «ai procedimenti  per
la chiamata, di cui al presente  articolo,  non  possono  partecipare
coloro che abbiano un grado di parentela  o  di  affinita',  fino  al
quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento
o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il  rettore,  il
direttore generale o un componente del consiglio  di  amministrazione
dell'ateneo». Una previsione  di  divieto  che  gia'  il  legislatore
espressamente estende al conferimento degli assegni di ricerca,  alla
stipulazione dei contratti di cui all'art. 24,  e  piu'  in  generale
ancora, con formula di chiusura,  a  «contratti  a  qualsiasi  titolo
erogati  dall'ateneo»;  e  che  questo  Consiglio  ha  gia'  reputato
applicabile ai  procedimenti  per  chiamata  diretta  (v.  C.G.A.  n.
417/2016,  come  anche  la  pressoche'  coeva  Cons.  St.,   VI,   n.
4704/2016). 
    Se questo e' l'ambito oggettivo della disposizione, quel  che  e'
contestato e', piuttosto, l'ambito  soggettivo  del  divieto,  ovvero
l'interpretazione estensiva che ne ha offerto  il  Giudice  di  primo
grado con la sentenza impugnata, ritenendo che -  per  riprendere  un
passaggio cruciale della motivazione - «se la ratio  della  norma  e'
quella di evitare  l'ingresso  nelle  strutture  universitarie  o  la
progressione in carriera dei soggetti legati da vincoli di  parentela
cosi' stretta, con coloro che gia' vi appartengono, da far  presumere
che la loro chiamata possa essere influenzata in maniera determinante
dalle relazioni che legano il parente o l'affine  del  candidato  con
altri componenti della struttura di appartenenza, allora e'  evidente
che tale ratio ricorra anche, e soprattutto, nel caso di coniugio». 
    Detta interpretazione estensiva, invocata  gia'  in  primo  grado
dall'originaria ricorrente,  e'  fermamente  avversata  dalle  difese
delle  parti  appellanti,  sottolineando  la   natura   tassativa   e
derogatoria del divieto di legge come, piu' in generale, delle  cause
di incompatibilita' previste a vario titolo dall'ordinamento, di  cui
sarebbero  possibili   interpretazioni   solamente   e   strettamente
testuali, a norma degli articoli 12 e 14 disp. prel. codice civile. 
    Se queste sono le contrapposte tesi di  parte,  il  Collegio  non
ignora come, nella stessa direzione percorsa  dal  Giudice  di  primo
grado, constano  altri  precedenti,  anche  nella  giurisprudenza  di
secondo grado (v., in  particolare,  Cons.  St.,  VI,  n.  1270/2013;
tribunale  amministrativo  regionale  Lazio,  Roma,  n.   11393/2015,
tribunale amministrativo regionale Campania,  Napoli,  n.  2748/2013,
tribunale amministrativo regionale Abruzzo, l'Aquila n. 703/2012) che
motivano sul rilievo  per  cui  la  familiarita',  tra  giudicante  e
giudicato, che la legge valuta  in  contrasto  con  il  principio  di
uguaglianza e con la par condicio tra  i  candidati,  sarebbe  «della
massima intensita' nel caso del coniuge» (Cons. St., 1270/2013 cit.);
e irragionevole sarebbe quindi che sia causa di  incompatibilita'  il
rapporto di affinita', che e' con i parenti del coniuge, e non  anche
il rapporto di coniugio. Si tratta, tuttavia, di un indirizzo che non
puo' definirsi consolidato e che non assurge  a  diritto  vivente,  a
fronte  del  quale  questo  Collegio  reputa  preminente,  sul  piano
testuale, la considerazione per cui  in  linea  di  principio  membri
della famiglia possono essere il coniuge, i parenti e gli  affini  e,
con tale considerazione, la consapevolezza della nota differenza, nel
Codice civile, tra coniugio e parentela e tra coniugio e affinita'. 
    Di certo non sfugge al Collegio come l'affinita'  presupponga  il
rapporto di coniugio, come senza il matrimonio non vi  sarebbe  alcun
vincolo fra una persona e i parenti del suo coniuge; reputa  tuttavia
che al risultato manifestamente irragionevole  che  si  determina  in
ragione della lacuna normativa - che non  fa  menzione  del  coniuge,
accanto a parenti e affini, come anche non fa menzione  delle  unioni
civili e delle convivenze ai sensi della legge n. 76/2016  -  non  si
possa ovviare per via interpretativa, ostandovi: 
        da un lato il carattere e la  natura  della  disposizione  di
legge che qui si vorrebbe  applicare,  che  ponendo  un  limite  alla
liberta' di accesso ai concorsi pubblici (incidendo,  in  definitiva,
anche sulla liberta' di ricerca di un lavoro), ha portata tassativa e
non puo' essere applicata fuori dei casi espressamente contemplati; 
        dall'altro lato il complessivo tessuto ordinamentale, in  cui
le cause di esclusione dalla partecipazione a procedure  concorsuali,
fondate su presumibili  conflitti  di  interessi,  devono  costituire
l'extrema ratio cui ricorrere solo quando non siano  possibili  altri
strumenti per evitare il conflitto di interessi (v. in altro  ambito,
ma con portata di  principi  generali  di  derivazione  europea,  gli
articoli 42, 67, comma 2, e 80, comma 5, lettera d)  ed  e),  decreto
legislativo n. 50/2016). 
    Sicche', reputa il Collegio che la sola via per rimediare ad  una
simile lacuna, che  appare  del  tutto  priva  di  ragionevolezza  ed
incompatibile con la logica del sistema, sia quella di dubitare della
legittimita' costituzionale della norma nella parte in cui non  vieta
di partecipare ai procedimenti per la chiamata (anche, se  non  prima
di tutto) a coloro che sono in rapporto di coniugio con un professore
appartenente  al  dipartimento  o  alla  struttura  che  effettua  la
chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente
del consiglio di amministrazione dell'ateneo. 
    L'evidente omogeneita' della situazione del  coniuge  rispetto  a
quella dei parenti e degli affini postula un eguale  trattamento,  in
assenza di qualsiasi valida ragione che giustifichi una diversita' di
disciplina (v., ex multis, Corte costituzionale n. 99/1997, 144/1983,
110/1975). 
    Una simile questione, preordinata ad una pronuncia che in ragione
dell'uguaglianza  e  dell'imparzialita',  ricomprenda  nel   disposto
normativa dell'art. 18, comma 1, lettera b) citato, anche il rapporto
di coniugio (e le unioni civili  nonche'  le  convivenze),  oltre  ad
essere non manifestamente infondata per  tutte  le  ragioni  sin  qui
evidenziate,   non   potendosi   in   questo   caso    invocare    la
discrezionalita' del legislatore, in riferimento agli articoli 3 e 97
della Costituzione,  per  violazione  dei  principi  di  uguaglianza,
ragionevolezza buon andamento e imparzialita', e' anche rilevante  ai
fini della decisione. Cio' sul rilievo per cui, nel caso  di  specie,
ad onta del suo collocamento a  riposo  (ad  effetti  differiti)  con
decreto rettorale del 18 febbraio 2016,  il  coniuge  della  prof.ssa
Giordano alla data  del  bando  e  per  tutto  lo  svolgimento  della
procedura  di   chiamata   prestava   ancora   servizio   presso   il
dipartimento, come dimostra il fatto che fosse presente  e  partecipe
al consiglio di dipartimento  del  26  ottobre  2016,  dal  quale  si
assento' quando si tratto' di votare sulla proposta di chiamata della
moglie a professore di prima fascia, per poi  rientrare  subito  dopo
(v. il verbale di cui al doc. 6 allegato al ricorso di primo grado). 
    A fronte della presenza in servizio sino al 1° novembre 2016, ove
il divieto fosse declinabile anche nei confronti del  coniuge,  quale
soluzione  strettamente  obbligata  sul  piano  costituzionale,  pena
altrimenti una manifesta e ingiustificata disparita' di trattamento e
il sacrificio dell'imparzialita' proprio in quei casi in cui  il  suo
rispetto parrebbe piu' urgente, e' quindi evidente  che  la  prof.ssa
Giordano  non  avrebbe  potuto  partecipare  alla  procedura  per  la
chiamata, a conferma della prospettazione della originaria ricorrente
in primo grado. 
    11. Non potendosi definire ora l'esito  del  giudizio,  resta  da
esaminare  la  domanda   cautelare   avanzata   con   l'appello   sia
dall'Universita' di Catania  che  dalla  prof.ssa  Giordano,  che  il
Collegio reputa di accogliere limitatamente al  capo  della  sentenza
con cui, annullata la chiamata della Giordano,  si  afferma  altresi'
l'obbligo dell'ateneo di «disporre la chiamata della ricorrente».  Si
intende quindi che, nella pendenza del giudizio di costituzionalita',
non dovra' procedersi all'assunzione come professore di prima  fascia
di nessuno dei due candidati parti in causa. 
    12. Alla luce delle considerazioni che precedono, i  giudizi  qui
riuniti vanno  sospesi  in  attesa  della  definizione  del  giudizio
incidentale   di   legittimita'   costituzionale,   disponendosi   la
rimessione della questione alla Corte costituzionale. 
    Ogni  altra  statuizione  in  rito  e  nel  merito  e'  riservata
all'esito del procedimento davanti alla Corte costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il  Consiglio  di  Giustizia  Amministrativa   per   la   Regione
Siciliana,  in  sede  giurisdizionale,  riuniti  gli   appelli,   non
definitivamente pronunciando sugli stessi,  visti  gli  articoli  134
Cost., 1 della l. cost. 1/1948, 23 e ss. della l. 87/1953  e  79  del
decreto legislativo n. 104/2010: 
        1) dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  18,  comma  1,
lettera b), ultimo periodo, della  legge  104  del  2010  («Norme  in
materia di organizzazione delle universita', di personale  accademico
e reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualita'
e l'efficienza del sistema universitario») nella parte in cui non  si
fa menzione del rapporto di coniugio in  aggiunta  alla  parentela  e
alla affinita', fino al quarto grado compreso,  in  riferimento  agli
articoli 3 e 97 della Costituzione, ai sensi e nei termini di cui  in
motivazione; 
        2) dispone la sospensione dei giudizi di appello in  oggetto,
ordinando  l'immediata  trasmissione  degli  atti  e  della  presente
ordinanza alla Corte costituzionale; 
        3) dispone  la  sospensione  dell'esecuzione  della  sentenza
impugnata, nei limiti di cui in motivazione. 
    Dispone  altresi'  che  a  cura  della  segreteria  la   presente
ordinanza sia  notificata  alle  parti,  nonche'  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti  della  Camera  dei
Deputati e del Senato della Repubblica. 
        Cosi' deciso in Palermo nella camera di consiglio del  giorno
11 gennaio 2018 con l'intervento dei magistrati: 
        Rosanna De Nictolis, Presidente; 
        Hadrian Simonetti, consigliere, estensore; 
        Nicola Gaviano, consigliere; 
        Giuseppe Barone, consigliere; 
        Maria Immordino, consigliere. 
 
                     Il Presidente: De Nictolis 
 
 
                                               L'estensore: Simonetti