N. 26 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 marzo 2018

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'8 marzo 2018 (della Regione autonoma della Sardegna). 
 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  bilancio  2018   -
  Contributo alla Regione Sardegna. 
- Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2018-2020), art. 1, comma 581 (recte: comma 851). 
(GU n.18 del 2-5-2018 )
    Ricorso  della  Regione  autonoma  della  Sardegna  (cod.   fisc.
80002870923) con sede legale in 09123 Cagliari (CA), Viale Trento, n.
69, in persona del Presidente pro tempore Francesco Pigliaru,  giusta
procura speciale a margine del presente atto rappresentata  e  difesa
dagli avv.ti Alessandra Camba  (cod.  fisc.  CMBLSN57D49B354X;  posta
elettronica   certificata:   acamba@pec.regione.sardegna.it   -   fax
070.6062418) e prof. Massimo Luciani  (cod.  fisc.  LCNMSM52L23H501G;
fax      06.90236029;       posta       elettronica       certificata
massimoluciani@ordineavvocatiroma.org),   elettivamente   domiciliata
presso lo studio del secondo in  00153  Roma,  Lungotevere  Raffaello
Sanzio, n. 9; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in  persona  del
Presidente  del  Consiglio  pro  tempore,  rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la  cui  sede  in  00186
Roma e' domiciliato ex lege; 
    Per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art.
1, comma 851, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, recante «bilancio
di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2018  e  bilancio
pluriennale per il triennio  2018-2020»,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale 29 dicembre 2017, n. 302, S.O. 
 
                                Fatto 
 
    1. - Oggetto del presente giudizio e' il comma  851  dell'art.  1
della legge di bilancio per il 2018, legge 27 dicembre 2017, n. 205. 
    Tale disposizione stabilisce  che  «nell'anno  2019,  nelle  more
della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato  e
la Regione Sardegna che tenga  conto,  tra  l'altro,  delle  sentenze
della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017, anche in
considerazione  del   ritardo   nello   sviluppo   economico   dovuto
all'insularita', e' riconosciuto alla Regione Sardegna un  contributo
pari a 15 milioni di euro». 
    Tale disposizione, in quanto -  come  si  vedra'  -  pesantemente
pregiudizievole per la Regione, rappresenta un unicum nella legge  di
bilancio. 
    Basta esaminare, a tal proposito, le altre norme che sono  intese
a regolare i rapporti economici con le autonomie speciali: 
    l'art. 1, comma 815, a tenor del  quale  «a  decorrere  dall'anno
2018  alla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  non  si   applicano   le
disposizioni in  materia  di  patto  di  stabilita'  interno  di  cui
all'art. 1, commi 454 e seguenti, della legge 24  dicembre  2012,  n.
228», che fissano importanti  contributi  alla  finanza  pubblica  da
parte delle Regioni speciali; 
    l'art. 1, comma 816, in cui si stanziano 120 milioni di Euro  per
ciascuno degli anni 2018 e 2019, affinche' lo Stato possa  ridefinire
l'accordo di finanza pubblica sottoscritto in data  23  ottobre  2014
con la Regione Friuli-Venezia Giulia, valevole per un triennio; 
    l'art.  1,  comma  817,   che   ha   riformato   il   regime   di
compartecipazione  fissa  alle   entrate   erariali   della   Regione
Friuli-Venezia Giulia, ampliandone il numero e le  aliquote  rispetto
al regime precedente, a vantaggio della Regione; 
    l'art. 1, comma 841,  ove  si  prevede  che,  «nelle  more  della
definizione dei complessivi rapporti finanziari fra  lo  Stato  e  la
Regione Valle d'Aosta che tenga conto, tra  l'altro,  delle  sentenze
della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e  n.  154  del  2017,  gli
accantonamenti a carico della  regione  Valle  d'Aosta  a  titolo  di
concorso alla finanza pubblica sono ridotti di 45 milioni di euro per
l'anno 2018, 100 milioni di euro per l'anno 2019  e  120  milioni  di
euro annui a decorrere dall'anno 2020». 
    Si deve peraltro ricordare che la Regione Siciliana e la  Regione
Trentino-Alto  Adige  e  le  due  Province  autonome   avevano   gia'
beneficiato di un  ampliamento  degli  spazi  finanziari  in  ragione
rispettivamente delle previsioni di cui all'art. 1, comma 509,  della
legge n. 232 del 2016 e di cui all'art.  1,  commi  406  sgg.,  della
legge n. 190 del 2014. In particolare, i commi 406 sgg.  della  legge
n.  190  del  2014  hanno  recepito  l'accordo  di  finanza  pubblica
stipulato tra  il  Governo,  la  Regione  Trentino-Alto  Adige  e  le
Province autonome di Trento e Bolzano. In  quell'accordo  sono  stati
determinati i saldi programmatici per la Regione Trentino-Alto  Adige
e per le due Province autonome anche attraverso il  riequilibrio  del
contributo di finanza pubblica gia' imposto ai  sensi  dell'art.  16,
comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012 (cfr. punti  da  2  a  8  e
commi da 408 a 411 della legge n. 190 del 2014). 
    E' stato definito il contributo di finanza  pubblica  per  ben  9
anni, sino all'esercizio 2022, opportunamente assicurando particolare
stabilita'   alle   condizioni   pattuite   e   prevedendo   limitate
possibilita'  di  modificazione,  che  sono  state   correlate   alla
variazione  percentuale  degli  oneri  del  debito  delle   pubbliche
amministrazioni rilevata nell'esercizio precedente (par. 12). 
    E' stata altresi'  prevista  la  possibilita'  per  lo  Stato  di
modificare i contributi di finanza pubblica in termini di saldo netto
da finanziare e di indebitamento netto, ma solo nel  limite  del  10%
dei  contributi  medesimi  e  solo  «per  far  fronte  ad   eventuali
eccezionali esigenze di finanza pubblica» (punto 14). 
    Parimenti, e' stato previsto un regime specifico per  le  riserve
erariali, di maggiore e piu' puntuale garanzia  a  favore  delle  tre
autonomie speciali (punto 18). 
    Come si vede, si tratta di un accordo particolarmente vantaggioso
per  la  Regione  e  le  due  Province  autonome,  anche  in  ragione
dell'espressa durata temporale prevista. Nondimeno, al punto n. 22 lo
Stato si e'  anche  impegnato  «a  valutare  la  possibilita'  di  un
ampliamento degli spazi finanziari per le due Province». 
    Che si tratti di particolari condizioni  di  vantaggio  e'  stato
rilevato anche da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella  sentenza
n. 154 del 2017, in cui si afferma che: 
        «Rispetto a quello stipulato dalle  autonomie  della  Regione
Trentino-Alto Adige, l'accordo finanziario  concluso  il  23  ottobre
2014 dalla  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  con  lo  Stato
esibisce contenuti affatto diversi»; 
        «tra gli  accordi  conclusi  dallo  Stato  con  le  autonomie
speciali nel  corso  del  2014,  soltanto  quello  stipulato  con  le
autonomie della Regione Trentino-Alto Adige,  non  solo  esibisce  un
orizzonte temporale esteso fino al  2022,  ma,  soprattutto,  esclude
testualmente la possibilita' di apportare modifiche peggiorative, con
la sola salvezza della ricorrenza di esigenze eccezionali di  finanza
pubblica, ma, in tal caso,  per  importi  gia'  predeterminati  nelle
clausole del patto»; 
        «La peculiarita' dell'accordo concluso con le autonomie della
Regione  Trentino-Alto  Adige,  dunque,  e'  idonea  a  giustificarne
l'isolata menzione» da parte del legislatore statale nella manovra di
finanza pubblica. 
    La disposizione indicata in epigrafe e' illegittima e  gravemente
lesiva delle attribuzioni costituzionali  della  ricorrente,  che  ne
chiede la declaratoria d'incostituzionalita' per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1. - Premessa. 
    Le  poche  parole  della  sintetica  previsione   normativa   qui
censurata sono  come  un'epitome  dell'intera  vicenda  dei  rapporti
finanziari fra lo Stato e la Regione Sardegna, piu' volte  scrutinata
da  codesta  ecc.ma  Corte  e  nota  come  «vertenza   entrate».   Ne
costituisce l'epitome, appunto, perche' in poche righe dimostra,  con
piana e - va detto - sconcertante evidenza, il  pregiudizio  negativo
che ha  informato  tutto  il  comportamento  dello  Stato  in  quella
vicenda, nella quale la Regione Sardegna  e'  stata  sistematicamente
pregiudicata e discriminata, in ispregio di tutte le  pronunce  rese,
nel tempo, dall'ecc.ma Corte costituzionale. Per cogliere appieno  la
profondita' del vulnus ai piu' elementari principi  che  governano  i
rapporti fra lo Stato e le regioni e'  qui  opportuno  tracciare  una
breve  e  sintetica  ricognizione  della  c.d.  «vertenza   entrate»,
esaminandone i passaggi principali. 
    1.1. - Nel corso dell'estate del 2005, come risulta dal carteggio
tra la Ragioneria generale dello Stato e  la  Regione,  il  Ministero
dell'economia e delle finanze prendeva atto della necessita'  di  una
revisione   dell'ordinamento   finanziario   regionale   disciplinato
dall'art. 8 dello Statuto di autonomia, al fine di rendere attuale lo
strumento  di  garanzia  dell'autonomia  economico-finanziaria  della
Regione, diventato obsoleto a seguito delle riforme della  fiscalita'
che  avevano  reso  parzialmente   inoperativo   il   meccanismo   di
compartecipazione alle entrate erariali vigente illo tempore. 
    Proprio in considerazione della palese insufficienza  del  quadro
finanziario delle entrate regionali, riconosciuta espressamente dalla
Ragioneria generale dello Stato, con l'art. 1, comma 834, della legge
n. 296 del 2006 il Parlamento modificava l'art. 8  dello  Statuto  di
autonomia,  aumentando  i  canali  di  compartecipazione  fissa  alle
entrate. 
    Contestualmente, lo Stato devolveva  alla  regione  ulteriori  25
milioni  di  Euro  (comma  835),  ma  le  imponeva  il  finanziamento
integrale del sistema sanitario nazionale sul territorio sardo «senza
alcun apporto a carico  del  bilancio  dello  Stato»  (comma  836)  e
trasferiva all'Ente anche «le funzioni relative al trasporto pubblico
locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) e le funzioni
relative alla continuita' territoriale» (comma 837). 
    Il comma 838 fissava un «tetto» progressivo agli oneri aggiuntivi
a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione del nuovo  art.  8
dello Statuto per le annualita' 2007 (344 milioni di Euro), 2008 (371
milioni di Euro) e 2009 (482 milioni di Euro), specificando  che  «la
nuova compartecipazione della Regione Sardegna  al  gettito  erariale
entra a regime dall'anno 2010». 
    1.2. - Successivamente all'entrata in vigore del riformato art. 8
dello Statuto, sorgeva una vasta controversia tra  la  Regione  e  lo
Stato, concernente l'esecuzione dell'art. 8 dello Statuto regionale. 
    In buona sostanza, il contenzioso, in sintesi,  ha  riguardato  i
seguenti profili: 
    a) l'inerzia e/o il rifiuto dello Stato  di  dare  esecuzione  al
riformato art. 8 attraverso la stipula di un  accordo  relativo  alla
capacita' di spesa regionale nel contesto del  «Patto  di  stabilita'
interno/territoriale».  A  questo  proposito  l'ecc.ma   Corte   (pur
dichiarando inammissibile un conflitto proposto dalla Regione avverso
la Nota ministeriale che negava l'accordo  sul  patto  di  stabilita'
ampliando la capacita' di spesa della regione)  ha  accolto  le  tesi
della Regione, affermando che la riforma dell'art.  8  non  puo'  che
riverberarsi immediatamente sull'equilibrio del  bilancio  regionale,
tanto sul lato delle entrate, quanto  su  quello  della  spesa  (cfr.
sentenza Corte costituzionale, n. 118 del 2012); 
    b)  l'inerzia  e/o  il   rifiuto   dello   Stato   di   liquidare
concretamente alla Regione le maggiori somme derivanti dal  rinnovato
regime  di  compartecipazione,  se  non  previa  adozione  di   norme
d'attuazione  statutaria.   Per   questo   profilo   l'ecc.ma   Corte
costituzionale, pur nel dichiarare inammissibile un conflitto avverso
l'inerzia serbata dallo Stato nel liquidare  integralmente  tutte  le
somme dovute, ha rivolto un severo monito  allo  Stato  affinche'  si
attivasse con particolare sollecitudine per dare piena esecuzione  al
novellato art. 8 (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 95 del 2013); 
    c) la possibilita' per la Regione di indicare come  attivita'  di
bilancio in  conto  competenza  le  maggiori  entrate  derivanti  dal
riformato art. 8. A  tal  proposito,  l'ecc.ma  Corte  ha  dichiarato
inammissibile  il  ricorso   proposto   dallo   Stato   avverso   una
disposizione di  legge  regionale  che  consentiva  alla  Regione  di
indicare  in  bilancio  quelle  somme  (cfr.  Corte   costituzionale,
sentenza n. 99 del 2012); 
    d) l'inclusione di alcune specifiche tipologie di  entrate  nella
clausola residuale di cui alla riformata lettera m) dell'art. 8  (che
assegna alla Regione i «sette decimi di tutte  le  entrate  erariali,
dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione di  quelle  di
spettanza di altri enti pubblici»); 
    e) l'imposizione, da parte del legislatore statale, di contributi
di finanza pubblica in capo alla Regione Sardegna, in via unilaterale
nonche' nelle more dell'effettiva entrata a regime del nuovo  sistema
di compartecipazione. A tal proposito l'ecc.ma  Corte  costituzionale
ha affermato che, nei confronti delle autonomie speciali, oneri nelle
forme di generali  contributi  di  finanza  pubblica  possono  essere
imposti esclusivamente attraverso il metodo pattizio, che deve essere
sempre osservato. Inoltre, la Corte ha stabilito che,  nell'esercizio
della competenza legislativa concorrente in materia di «coordinamento
della finanza  pubblica»,  lo  Stato  puo'  disporre  unilateralmente
obblighi di finanza pubblica  solo  se  sono  rispettati  i  seguenti
limiti: 
    i vincoli di spesa  devono  avere  ad  oggetto  non  la  generale
autonomia finanziaria regionale,  bensi'  un  ben  specifico  settore
delle funzioni pubbliche regionali, nel quale si  intende  conseguire
risparmi di spesa partitamente indicati (Cfr.  Corte  costituzionale,
sentenza n. 154 del 2017); 
    non sono imponibili limiti di finanza pubblica per i  settori  di
attivita' alla quale lo Stato non  concorre  almeno  in  parte  (cfr.
Corte costituzionale, sentt. nn. 341 del 2009 e 133 del 2010); 
    il vincolo deve comunque  consentire  l'esercizio  dell'autonomia
regionale  nell'allocazione  delle  risorse,  pur  nel  rispetto  del
generale obiettivo di risparmio (Corte  cost.,  sentenza  n.  82  del
2007); 
    il vincolo  deve  essere  temporalmente  limitato  (Corte  cost.,
sentenza n. 199 del 2012); 
    non sono consentite  proroghe  dei  vincoli  e  l'estensione  dei
contributi di finanza pubblica puo' intervenire solo  attraverso  una
nuova e integrale valutazione dei rapporti finanziari tra lo Stato  e
la Regione relativi al settore specifico per il quale  rileva  (Corte
cost., sentenza n. 154 del 2017); 
    lo Stato puo' anticipare gli effetti positivi di tali  contributi
di finanza pubblica attraverso i c.d. «accantonamenti», ma tali somme
devono comunque considerarsi  nella  disponibilita'  contabile  delle
regioni e gli stessi accantonamenti  non  possono  protrarsi  per  un
periodo   di   tempo   eccessivo   e   irragionevole   (cfr.    Corte
costituzionale, sentenza n. 77 del 2015); 
    deve sempre essere  consentita  alle  parti  la  possibilita'  di
intraprendere la via pattizia per  regolare,  anche  a  esercizio  di
bilancio inoltrato, i rapporti  di  finanza  pubblica  tra  le  parti
(Corte cost., sentenza n. 19 del 2015); 
    non sono consentite, se non negli esatti  limiti  indicati  dallo
Statuto e dalle norme di  attuazione  statutaria,  riserve  erariali,
ovverosia prelievi diretti  a  valere  sulle  risorse  compartecipate
(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 241 del 2012); 
    gli accordi di finanza pubblica devono essere  rispettati  (Corte
cost., sentenza n. 154 del 2017). 
    1.3. - Dopo le numerose e significative sollecitazioni di codesta
ecc.ma Corte, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Regione
Sardegna hanno stipulato in  data  21  luglio  2014  un  «accordo  in
materia di finanza pubblica», con il quale si regolavano  i  seguenti
elementi del rapporto economico-finanziario tra Stato e regione: 
    i) fissazione del livello massimo di spesa regionale  per  l'anno
2013 (art. 1, comma 1); 
    ii) certificazione del rispetto del patto di stabilita' regionale
per l'anno 2013 (art. 1, comma 2); 
    iii) determinazione dell'obiettivo programmatico per  la  finanza
regionale per l'anno 2014 (art. 2); 
    iv) determinazione del vincolo di  bilancio  per  la  Regione  ai
sensi dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012  e  corrispondente  non
applicabilita', per la Sardegna, delle non  compatibili  disposizioni
di legge in materia di patto di stabilita' (art. 3); 
    v)  determinazione  del  sistema  di  controllo   sulla   finanza
regionale (monitoraggio, certificazione e relative sanzioni (art. 4); 
    vi) composizione stragiudiziale del  contenzioso  in  materia  di
finanza pubblica o, in caso  di  soluzione  giudiziaria,  limitazione
agli effetti positivi a favore della Regione per  un  triennio  (art.
5); 
    vii) recepimento, da parte della Regione, delle  disposizioni  in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili (art. 6). 
    Alcune clausole dell'accordo  sono  state  recepite  dallo  Stato
tramite  la  loro  trasposizione  nell'art.  42,  commi   9-12,   del
decreto-legge n. 133 del 2014. Ivi si dispone quanto segue: 
    «9. Al fine di assicurare il concorso agli obiettivi  di  finanza
pubblica, in applicazione  della  normativa  vigente  e  dell'Accordo
sottoscritto il 21 luglio 2014 fra il Ministro dell'economia e  delle
finanze ed il Presidente della Regione Sardegna, l'obiettivo di patto
di stabilita' interno della Regione Sardegna, di  cui  al  comma  454
dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e'  determinato  in
2.696 milioni di euro  per  l'anno  2014.  Dall'obiettivo  2014  sono
escluse le sole spese previste dalla normativa statale vigente  e  le
spese per i  servizi  ferroviari  di  interesse  regionale  e  locale
erogati da Trenitalia s.p.a. 
    10. A decorrere dall'anno 2015 la Regione  Sardegna  consegue  il
pareggio di bilancio come definito dall'art. 9 della legge n. 243 del
2012. A decorrere dal 2015 alla Regione Sardegna non si applicano  il
limite di spesa di cui al  comma  454  dell'art.  1  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228 e  le  disposizioni  in  materia  di  patto  di
stabilita' interno in contrasto con il pareggio di bilancio di cui al
primo  periodo.  Restano  ferme  le  disposizioni   in   materia   di
monitoraggio, certificazione e sanzioni previsti dai commi 460, 461 e
462 dell'articolo 1 della citata legge 24 dicembre 2012, n. 228. 
    11. Non si applica alla Regione Sardegna  quanto  disposto  dagli
ultimi due periodi del comma  454  dell'articolo  1  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228. 
    12. La  Regione  Sardegna  nel  2014  non  puo'  impegnare  spese
correnti, al netto delle spese per la sanita',  in  misura  superiore
all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati  nel
triennio 2011-2013. Nell'ambito della certificazione di cui al  comma
461 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la  regione
comunica al Ministero dell'economia e delle finanze il  rispetto  del
predetto limite». 
    Successivamente, nel dicembre del 2015, lo  Stato  e  la  Regione
sono addivenuti a una seconda intesa, recante «accordo [...]  per  il
coordinamento della finanza pubblica nell'ambito del procedimento  di
attuazione dell'art. 8 della legge costituzionale 26  febbraio  1948,
n. 3». Con tale intesa lo Stato e la Regione hanno  eliminato  alcuni
residui  elementi  d'incertezza   concernenti   il   catalogo   delle
compartecipazioni erariali  di  cui  all'art.  8  dello  Statuto  (in
particolare per quanto concerne le  entrate  derivanti  da  giochi  e
scommesse e la compensazione per  la  perdita  di  gettito  derivante
dalla soppressione della tassa sulle concessioni governative  per  le
patenti di guida; cfr. articoli 1 e 2 dell'intesa) e hanno  convenuto
che «il saldo del maggior gettito spettante alla Regione per gli anni
dal 2010 al 2015 in conseguenza dell'adozione del decreto legislativo
di attuazione dell'art. 8 della legge cost. 26 febbraio 1948,  n.  3,
rispetto all'importo gia' attribuito, e' erogato alla medesima  in  4
annualita' costanti a decorrere dall'anno 2016» (art. 3). 
    Contestualmente, la «commissione paritetica» ai  sensi  dell'art.
56 dello Statuto regionale ha licenziato  il  testo  delle  norme  di
attuazione del novellato art. 8 dello Statuto speciale, recepito  dal
decreto legislativo  n.  114  del  2016,  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale 27 giugno 2016, n. 148. 
    1.4. - Nelle more della stipula dell'accordo, pero',  la  Regione
Sardegna e' stata sottoposta a contributi di finanza pubblica  sempre
crescenti, alcuni dei quali imposti non  in  via  temporanea,  bensi'
senza limiti di tempo. 
    In  particolare,  non  prevedono  limiti  di  tempo  i   seguenti
accantonamenti: 
    l'art. 15, comma 22, del decreto-legge n. 95 del 2012, l'art.  1,
comma 132, della legge n. 228 del 2012 e l'art. 1,  comma  481  della
legge n. 147 del 2013 hanno  determinato  per  il  periodo  2012-2017
contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 475.998.000; 
    l'art.  16,  comma  3,  del  decreto-legge  n.  95  del  2012  ha
determinato per il periodo 2012-2017 contributi di  finanza  pubblica
pari a complessivi € 1.428.404.000; 
    l'art. 28,  comma  3,  del  decreto-legge  n.  201  del  2011  ha
determinato per il periodo 2012-2017 contributi di  finanza  pubblica
pari a complessivi € 903.303.000. 
    Sono invece temporanei (con scadenza nell'anno 2018 compreso),  i
seguenti accantonamenti: 
    l'art. 1, comma 526, della legge  n.  147  del  2013  ha  imposto
contributi di finanza pubblica pari a complessivi €  229.604.000  per
il periodo 2014-2017; 
    l'art. 1, comma 400, della legge  n.  190  del  2014  ha  imposto
contributi di finanza pubblica pari a complessivi €  291.000.000  per
il periodo 2015-2017. 
    Si tratta di una somma particolarmente elevata e incommensurabile
rispetto ai 15 milioni di Euro previsti nella disposizione impugnata. 
    1.5. - Sfortunatamente, nonostante la apparente chiusura  in  via
pattizia, la «vertenza entrate» si e' immediatamente «riaperta». 
    Appena 17 mesi dopo la stipula e 15 mesi dopo il suo  recepimento
da parte del legislatore statale, la legge  di  bilancio  per  l'anno
2016 (legge n.  208  del  2015),  al  comma  680,  ha  imposto  nuovi
contributi di finanza pubblica a carico della Regione Sardegna, senza
far  precedere  tale  imposizione  dalla  revisione  dell'accordo  di
finanza pubblica. Con la legge di bilancio successiva,  lo  Stato  ha
ulteriormente definito e aggravato tale obbligo. 
    La Regione, ritenendo che fosse stato cosi' violato l'accordo  di
finanza pubblica stipulato in data 21 luglio 2014  e  successivamente
recepito dal legislatore regionale, impugnava l'art.  1,  comma  680,
della legge n. 208 del 2015, nonche' l'art. 1, commi 392 sgg.,  della
legge n. 232 del 2016. 
    In particolare, la Regione  sosteneva  che  la  clausola  di  cui
all'art. 3 dell'accordo di finanza pubblica del  21  luglio  2014  (a
tenor del quale «a decorrere dall'anno 2015 [...] la Regione Sardegna
si  impegna  a  garantire  il  pareggio  di  bilancio  come  definito
dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012») avesse determinato il  modo
in cui la Regione contribuisce al raggiungimento degli  obiettivi  di
finanza pubblica nazionali. Per  tale  motivo  la  Regione  confidava
nella   stabilita'    del    quadro    regolatorio    dei    rapporti
economico-finanziari, con esclusione di  nuovi  oneri  imposti  dallo
Stato per almeno un triennio (periodo che rappresenta l'arco di tempo
di ordinaria programmazione di  bilancio  ai  sensi  della  legge  di
contabilita' pubblica). 
    Nella recente  sentenza  n.  154  del  2017,  l'ecc.ma  Corte  ha
chiarito quale sia il regime dei rapporti di finanza pubblica tra  lo
Stato e la Regione Sardegna a seguito della  stipula  del  menzionato
accordo di finanza pubblica. 
    In estrema sintesi, in quella sentenza e' stato affermato che: 
    l'accordo  del  21  luglio  2014  «non   escludeva   affatto   la
possibilita'  di  imporre   ulteriori   contributi   al   risanamento
finanziario, purche'  fosse  rispettato  il  metodo  pattizio,  nella
specie garantito con la previsione di apposite intese  da  concludere
con tutte le autonomie speciali, inclusa la Regione Sardegna»; 
    per tale ragione, il legislatore statale puo' chiamare le Regioni
autonome, compresa la  ricorrente,  a  nuovi  contributi  di  finanza
pubblica, purche' «previa intesa» con le medesime autonomie; 
    fissato l'obiettivo di finanza pubblica da raggiungere anche  con
il coinvolgimento delle autonomie speciali, queste ultime  non  hanno
«potesta' di deviare  rispetto  al  comune  percorso  definito  dalla
Costituzione» e, dunque, di sottrarsi all'interlocuzione con lo Stato
al fine di concordare il proprio contributo di finanza  pubblica,  in
quanto «il  principio  di  leale  collaborazione  [...]  richiede  un
confronto autentico, orientato al  superiore  interesse  pubblico  di
conciliare l'autonomia finanziaria delle regioni con  l'indefettibile
vincolo di concorso di ciascun soggetto ad  autonomia  speciale  alla
manovra di stabilita', sicche'  su  ciascuna  delle  parti  coinvolte
ricade  un  preciso  dovere  di  collaborazione  e  di   discussione,
articolato nelle necessarie fasi dialogiche»; 
    l'accordo di finanza pubblica tra lo Stato e la Regione  Sardegna
«va ascritto  al  cosiddetto  coordinamento  dinamico  della  finanza
pubblica, concernente le singole misure finanziarie adottate  per  il
governo di quest'ultima, come tali soggette a periodico adeguamento». 
    1.6. - Gia' prima dell'entrata in vigore della legge n.  208  del
2015, la Regione Sardegna chiedeva  allo  Stato  di  addivenire  alla
stipula di un  nuovo  accordo  di  finanza  pubblica,  specificamente
rivolto al triennio 2017-2019 o al successivo triennio 2018-2020. 
    In particolare, per  limitarsi  alle  interlocuzioni  intervenute
nell'ultimo anno, si puo' ricordare che, con Nota del 24 marzo  2017,
prot. n. 2111, indirizzata al Presidente del Consiglio e ai  Ministri
dell'economia e delle finanze, per la coesione territoriale e per gli
affari regionali, il  presidente  della  Regione  ricordava  che  nei
giorni 16 febbraio e 17 marzo  2017  si  erano  avute  interlocuzioni
tecniche tra l'assessore regionale al bilancio e  il  Sottosegretario
di Stato con delega agli affari regionali  al  fine  di  definire  le
linee di una nuova intesa tra  Stato  e  Regione  che  subentrasse  a
quella stipulata in data 21  luglio  2014,  destinata  a  esaurire  i
propri effetti con l'esercizio di bilancio 2017. A tal proposito,  la
Regione chiedeva che si tenesse una  riunione  al  fine  di  definire
l'accordo di  finanza  pubblica  per  il  successivo  triennio.  Tale
richiesta e' rimasta inevasa. 
    La medesima richiesta e' stata rinnovata con Nota prot.  n.  1010
del 5 aprile 2017 dell'assessore regionale al  bilancio,  indirizzata
al  Sottosegretario  di  Stato  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri. 
    Successivamente, con Nota prot.  3930  del  12  giugno  2017,  il
presidente della Regione ha  nuovamente  prospettato  al  Governo  la
necessita' di addivenire a un'intesa  in  materia  di  contributo  di
finanza pubblica, facendo presente che: 
    «la Sardegna, diversamente dalle altre regioni italiane,  non  ha
ancora ripreso un sentiero di crescita economica dopo la forte  crisi
che ha investito l'Italia dal 2009 e mostra la maggiore riduzione del
PIL, tra tutte le aree territoriali (-11.3% tra il 2008 e il 2015)»; 
    «a  partire  dal  2012  (primo   anno   di   applicazione   degli
accantonamenti  di  finanza  pubblica)  sono  stati  sottratti   alla
disponibilita' della Regione 33 miliardi di Euro di  entrate  proprie
stabilite dalle norme statutarie»; 
    «a  legislazione  vigente  permangono   contributi   di   finanza
pubblica, sotto la forma di accantonamenti  a  valere  sulle  entrate
tributarie  erariali  compartecipate,   dichiarati   incostituzionali
perche' si protraggono senza un limite temporale o istituiti  per  il
contenimento della spesa sanitaria che la Regione  Sardegna  finanzia
in proprio»; 
    «a partire dal 2018 la Sardegna chiede di rientrare  in  possesso
di tali quote di entrate spettanti alla Regione, in modo da  superare
il regime degli accantonamenti nel quadro  di  un  nuovo  accordo  di
finanza  pubblica  che  tenga  conto  della   capacita'   fiscale   e
contributiva dei diversi territori italiani». 
    Infine, con successiva Nota prot. n. 5870 del 1° settembre  2017,
il presidente  della  Regione  rivolgeva  nuovamente  un  appello  al
Governo,  al  fine  di  recepire  (almeno  alcune  del)le   richieste
regionali, tenendo in conto (almeno alcune del)le statuizioni rese da
codesta ecc.ma  Corte  nel  vasto  contenzioso  in  tema  di  finanza
pubblica intervenuto  tra  le  parti  del  presente  giudizio.  Anche
quell'appello e' rimasto inascoltato. 
    In conclusione, e in sintesi, risulta che: 
        la Regione ricorrente  non  si  sottrae  a  un  collaborativo
confronto con lo Stato,  nonostante  tale  percorso  sia  stato  reso
particolarmente impervio dal sovrapporsi di sempre nuove disposizioni
statali di cosi' difficile intellegibilita' che  hanno  richiesto  un
costante intervento chiarificatore da parte di codesta  ecc.ma  Corte
(che,  peraltro,  sovente   ha   potuto   dichiarare   legittime   le
disposizioni   di   legge   statale    soltanto    a    seguito    di
un'interpretazione ampiamente adeguatrice) nonche' dal fatto che  gli
accordi di finanza  pubblica  hanno  dimostrato  di  avere  ben  poca
capacita' di garantire una minima stabilita' temporale  dei  rapporti
economico-finanziari tra le parti, tanto e' vero che  il  divario  di
forza «contrattuale» dei paciscenti di fatto ha costretto la  Regione
a ulteriori  concessioni  gia'  il  giorno  successivo  alla  stipula
dell'accordo, senza poter contare su una minima stabilita' del quadro
finanziario  (e  con  evidente  compromissione   del   principio   di
veridicita' e completezza del bilancio, che  l'ultima  giurisprudenza
costituzionale ha fortemente valorizzato); 
        per converso,  lo  Stato  continua  a  orientare  i  rapporti
economico-finanziari con la Regione facendo leva su un  ventaglio  di
strumenti che  l'ecc.ma  Corte  ha  dichiarato  illegittimi  (riserve
erariali; contributi definiti unilateralmente a valere  su  attivita'
di spesa non co-finanziate;  contributi  e  accantonamenti  sine  die
oppure illegittimamente estesi anno dopo anno); 
        nel contempo, lo Stato si sottrae all'accordo con la Regione,
senza formulare adeguate controproposte alle sue richieste (richieste
che, si badi, prendevano e prendono tutte le mosse dalle sentenze  di
codesta ecc.ma Corte che hanno  risolto  specifiche  vicende  tra  le
parti del presente giudizio e che si limitano a rappresentare le note
peculiarita' della condizione economica dell'Isola). 
    1.7. - Vanno ora  rappresentati  alcuni  elementi  di  fatto  che
contribuiscono a chiarire il contesto in  cui  si  pone  il  presente
ricorso: 
    i) Le somme effettivamente liquidate alla Regione, al  netto  dei
contributi di finanza pubblica sono passate da 4.906 nell'anno 2006 a
5,836 miliardi di Euro nell'anno 2010 e sono pari a € 6,707  miliardi
nell'anno 2016; 
    ii) dal lato della spesa, il bilancio dalla Regione Sardegna  per
l'anno 2016 e' stato pari a  10.689  miliardi  di  Euro,  mentre  per
l'anno 2017 e' stato pari a 10,676 miliardi di Euro; 
    iii) i residui passivi  della  Regione  Sardegna  nell'anno  2016
ammontano a € 1,4 miliardi di Euro; 
    iv) i piu' recenti dati del PIL regionale pubblicati  a  dicembre
2017 dall'Istat e le variazioni annuali registrate dal 2008  al  2016
mostrano un arretramento della ricchezza prodotta in Sardegna (-9,4%)
piu' accentuato rispetto al centro-nord (-4,8%) e al Mezzogiorno  nel
suo complesso (-9,0%). La stessa ripresa maturata negli  ultimi  anni
e' risultata particolarmente fragile: negli anni 2014, 2015 e 2016 il
PIL della Sardegna e' cresciuto complessivamente dello 0,7%, rispetto
al +1,6% dell'intero Mezzogiorno e al +2,2% del centro-nord. 
    Il «ritardo  dello  sviluppo  economico  dovuto  all'insularita'»
menzionato dalla disposizione impugnata si evidenzia in ragione della
differenza  tra  PIL  pro  capite  registrato   dagli   ultimi   dati
disponibili  dell'Istat  relativi  all'annualita'  2016.  Posto  come
livello  «100»  il  PIL  pro  capite  dell'Italia  intera,   i   dati
disaggregati su base territoriale (per le  sole  autonomie  speciali)
sono i seguenti: 
    centro nord: 117,8; 
    Sardegna: 72,4; 
    Valle d'Aosta: 126,1; 
    Provincia di Bolzano: 153,2; 
    Provincia di Trento: 126,3; 
    Friuli-Venezia Giulia: 109,4; 
    Sicilia: 61,8. 
    Si tratta di dati che non hanno bisogno di particolari  commenti:
solo in Sicilia il dato e' «di poco» peggiore di quello sardo. 
2. - La disposizione impugnata e i suoi effetti. 
    E' in questo contesto che si colloca (e puo' essere compresa)  la
disposizione qui impugnata. 
    Certo, a prima  lettura,  essa  non  sembra  pregiudizievole:  si
riconosce alla Regione ricorrente, per l'esercizio finanziario  2019,
un contributo economico pari a 15 milioni di Euro,  sicche'  parrebbe
trattarsi di una previsione di favore. Se, pero', la si riconduce  al
contesto sopra segnalato, risulta evidente la sua lesivita'. 
    2.1. - Guardiamo anzitutto  l'ammontare  della  somma  -  diciamo
cosi' - graziosamente elargita. 
    Si tratta di una  somma  particolarmente  bassa  (15  milioni  di
Euro). Essa, per fare solo un esempio, non e' nemmeno  sufficiente  a
coprire le spese correnti  per  la  gestione  dei  beni  demaniali  e
patrimoniali della regione (titolo per  il  quale,  nel  bilancio  di
previsione 2018, sono stati stanziati 16,4 milioni  di  Euro  per  il
2018 e 15,7 milioni per il 2019 e per il 2020; cfr. p. 23 dell'All. 3
del bilancio di previsione 2018-2010, legge reg. Sardegna  n.  2  del
2018). 
    L'esiguita'  di  tale  somma  si   percepisce   ancor   piu'   se
parametrata: 
    ai  contributi  giustamente  riconosciuti  alla   Regione   Valle
d'Aosta, che sono pari a 45 milioni di Euro per il 2018, 100  milioni
per il 2019 e 120 per il 2020, come risulta dal sopracitato comma 841
della legge impugnata. La sproporzione deve essere considerata  anche
alla luce del fatto che la Valle  d'Aosta  ha  un  territorio  e  una
popolazione residente ben piu'  piccola  e  che  non  ha  i  problemi
derivanti dall'insularita'; 
    allo spazio finanziario  giustamente  riconosciuto  alla  Regione
Friuli-Venezia Giulia, ai sensi dei sopra citati commi 815 sgg.; 
    allo spazio finanziario  giustamente  riconosciuto  alla  Regione
Siciliana e alle autonomie speciali del territorio del  Trentino-Alto
Adige, ai sensi delle leggi di bilancio per gli anni 2015 e 2017; 
    ai contributi di finanza pubblica che la Regione versa allo Stato
in forza della legislazione vigente, che sono pari per il  2018  a  €
683.996.000 (oltre a quelli, pari a circa 600 milioni di Euro  in  un
triennio, che - come meglio si vedra'  appresso  -  sono  ancora  sul
tavolo della negoziazione tra le parti, in quanto previsti  dall'art.
1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, nonche' dall'art. 1, commi
392 sgg., della legge n. 232 del 2016). 
    2.2. - Non basta. 
    Non puo' certo sfuggire che il contributo di 15 milioni  di  Euro
e' stato disposto  non  per  l'anno  2018,  bensi'  per  l'anno  2019
(ovverosia per il secondo anno del triennio oggetto di programmazione
con la  legge  impugnata,  il  che,  fra  l'altro,  permetterebbe  al
legislatore statale di revocarlo in sede di approvazione della  legge
di bilancio per il 2019). 
    Dato che tale contributo e' erogato «nelle more della definizione
dei complessivi  rapporti  finanziari  fra  lo  Stato  e  la  Regione
Sardegna», risulta evidente che tale datio e' destinata  a  precedere
la ridefinizione dei rapporti economici tra le  parti,  ridefinizione
che non potra' aversi (e comunque non potra' sortire  effetti)  prima
dell'esercizio di bilancio 2020. 
    Cio'  sta  a  significare  che  lo   Stato,   attraverso   questa
disposizione di legge: 
    ha prorogato per due annualita' lo status quo; 
    ha ex lege rifiutato la stipula di accordi  di  finanza  pubblica
con la Regione prima del 2020 (o comunque con produzione  di  effetti
concreti prima dell'esercizio di bilancio 2020), se  non  addirittura
prima del 2021 (atteso che la programmazione economica  del  bilancio
statale e' triennale); 
    ha unilateralmente e definitivamente fissato in  0  Euro  per  le
annualita' 2018 e 2020 e in soli 15 milioni di Euro per  l'annualita'
2019  il  proprio  contributo   in   favore   della   Sardegna,   pur
espressamente riconsiderandone le peculiari difficolta' economiche; 
    non ha tenuto in alcun conto i  contributi  di  finanza  pubblica
gia' imposti alla Regione nonche' il contributo di  finanza  pubblica
tuttora da definire nel dettaglio secondo gli articoli 1, comma  680,
della legge n. 208 del 2015 e 1, commi 392 sgg, della  legge  n.  232
del 2016, secondo  la  giurisprudenza  di  cui  alla  sentenza  Corte
costituzionale, n. 154 del 2017. 
    Tutto questo sta a significare che: 
    a) prima del 2020 (se non del 2021) non  c'e'  alcuno  spazio  di
effettiva negoziabilita' nei rapporti fra Stato e Regione; 
    b)  ogni  richiesta  regionale  di  rinegoziare   gli   strumenti
finanziari impositivi tuttora vigenti nei confronti della Regione, ma
di piu'  che  dubbia  legittimita'  alla  luce  della  giurisprudenza
costituzionale (riserve,  accantonamenti  e  contributi  sine  die  o
imposti su profili di spesa non co-finanziati), e' stata respinta  ex
lege. 
    2.3. - Infine,  un  ultimo  cenno  deve  essere  fatto  alle  due
sentenze di codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  richiamate  dalla
disposizione impugnata. 
    Entrambe le pronunce sono di particolare  complessita'  e  recano
numerose statuizioni di sistema, sicche' non e'  agevole  comprendere
per quale specifico profilo esse sono richiamate. 
    Dal generale contesto e' pero' possibile ipotizzare quanto segue. 
    a) Il riferimento alla sentenza n. 77 del  2015  potrebbe  essere
indirizzato  in  particolare  a  quanto  indicato  nel  par.  9   del
«Considerato in diritto» della sentenza. In quel passo l'ecc.ma Corte
ha scrutinato  le  censure  proposte  da  alcune  autonomie  speciali
avverso l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n.  95  del  2012,  che
imponeva un contributo di finanza pubblica per il  comparto  di  tali
autonomie pari a € 600.000,00 per l'anno 2012, a €  1.200.000,00  per
l'anno 2013 e a € 1.500.00,00 per le annualita' dal 2014 in avanti. 
    A tal proposito, l'ecc.ma Corte ha osservato che «l'art. 1, comma
454, lettera c), della legge n, 228 del  2012  ha  stabilito  che  le
ricorrenti [come si e'  gia'  detto,  si  trattava  delle  regioni  e
province autonome] concordino con il Ministro dell'economia  e  delle
finanze l'obiettivo finanziario  per  gli  anni  dal  2013  al  2017,
riducendo il livello delle spese finali di una serie di importi,  tra
i quali quelli determinati in attuazione dell'art. 16, comma  3,  del
decreto-legge n. 95 del 2012. Il contributo previsto in  tale  ultima
disposizione, percio', per gli anni successivi al 2012, e'  governato
da  una  nuova  norma,   che   lo   ha   espressamente   circoscritto
temporalmente fino al 2017. La modifica  normativa  ha  privato  tale
contributo del suo carattere cronologicamente  illimitato  e  in  tal
modo ha abrogato tacitamente la norma impugnata, nella parte  in  cui
ne prevedeva una durata destinata a protrarsi  indefinitamente,  fino
all'approvazione delle norme di attuazione statutaria». 
    In questa prospettiva, e' da ritenersi che l'accordo  di  finanza
pubblica menzionato dalla  disposizione  impugnata  sia  destinato  a
tenere in debito conto, superandolo, il contributo previsto dall'art.
16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, nonche'  dall'art.  1,
comma 454, della legge n. 228 del 2012. 
    b) Nello stesso senso  deve  interpretarsi  il  riferimento  alla
sentenza n. 154 del 2017. Come  gia'  accennato,  in  tale  pronuncia
l'ecc.ma Corte costituzionale ha affermato che le autonomie  speciali
non sono obbligate a versare  la  parte  del  contributo  di  finanza
pubblica indicato all'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del  2015
non «coperta» dalle regioni ordinarie, ma sono tenute a  confrontarsi
con lo Stato al fine di concordare un ulteriore contributo. 
    Alla luce di cio' e' da ritenersi che il richiamo  alla  sentenza
n. 154 del 2017 indichi che l'accordo di finanza pubblica  menzionato
dal comma impugnato debba tenere in  debito  conto,  superandolo,  il
contributo previsto dall'art. 1, comma 680, della legge  n.  208  del
2015, cosi' come modificato dall'art. 1, commi 392 sgg., della  legge
n. 232 del 2016. 
3. - Violazione del principio di leale collaborazione ex articoli 5 e
117 Cost.; violazione del  principio  di  ragionevolezza  ex  art.  3
Cost., violazione dell'art. 117, comma  3,  Cost.;  violazione  degli
articoli 7 e 8 della legge cost. n.  3  del  1947,  recante  «Statuto
speciale  per  la  Sardegna»;  violazione  dell'art.  136  Cost.,  in
riferimento ai parametri sopra indicati. 
    Si possono ora illustrare i vizi della disposizione impugnata. 
    3.1. - In primo luogo risultano violati  il  principio  di  leale
collaborazione sancito dagli articoli 5 e 117 Cost., gli articoli 7 e
8 dello Statuto regionale e l'art.  117,  comma  3,  Cost.,  per  una
pluralita' di profili. 
    Anzitutto, come si e' gia' osservato, il legislatore  ha  erogato
un contributo alla Regione Sardegna «nelle more» della definizione di
un accordo complessivo di finanza pubblica. Dato che tale  contributo
deve essere erogato nell'anno 2019, il legislatore ha  disegnato  una
programmazione economico-finanziaria con la quale si prevede  che  la
stipula dell'accordo di finanza pubblica  non  puo'  che  intervenire
successivamente al 2019 e che tale accordo non puo' produrre  effetti
per le annualita' di bilancio anteriori all'esercizio 2020  (se  non,
addirittura, anteriori all'esercizio 2021). 
    Tale  circostanza   e'   di   per   se'   lesiva   dell'autonomia
economico-finanziaria regionale e, di conseguenza, delle  prerogative
costituzionali e statutarie della Regione, di cui agli articoli 7 e 8
dello Statuto e 117 Cost. 
    Nel determinare (o anche solo pianificare) un ritardo  di  almeno
due anni nel confronto collaborativo con la regione,  il  legislatore
statale impedisce alla Sardegna di esercitare  la  propria  autonomia
economico-finanziaria garantita dagli articoli 7 e 8  dello  Statuto,
nonche' di esercitare la sua competenza in materia di  «coordinamento
della finanza pubblica» ex art. 117,  comma  3,  Cost.  Alla  lesione
delle  competenze  statutarie  e  costituzionali  si  lega  anche  un
concreto pregiudizio,  atteso  che,  come  ampiamente  segnalato,  in
questo modo il legislatore ostacola la rinegoziazione dei  contributi
gia' in  essere  e  impedisce  alla  regione  anche  di  ottenere  il
risultato della soppressione  degli  strumenti  finanziari  che  sono
finora sfuggiti allo scrutinio di codesta ecc.ma Corte  ma  che  sono
ascrivibili a figure non compatibili  con  le  norme  costituzionali,
statutarie e di attuazione statutaria rilevanti in  materia  (riserve
erariali, contributi e accantonamenti sine die e/o imposti in settori
di spesa non cofinanziati, etc.). 
    Tale effetto e'  manifestamente  illegittimo,  atteso  che,  come
ricordato ancora nella sentenza  Corte  costituzionale,  n.  154  del
2017, il principio di leale  collaborazione  «richiede  un  confronto
autentico [...] sicche' su ciascuna delle parti coinvolte  ricade  un
preciso dovere di collaborazione e di discussione,  articolato  nelle
necessarie fasi dialogiche» (in termini anche le sentt. nn. 19  e  82
del 2015). 
    In termini generali, poi, nella giurisprudenza costituzionale  e'
fermo  l'orientamento  che  l'adozione  «di  una  condotta  meramente
passiva, che si traduca nell'assenza di ogni forma di collaborazione,
si risolve in una inerzia idonea a creare un vero  e  proprio  blocco
procedimentale» costituisce un «indubbio pregiudizio per il principio
di  leale  collaborazione  e  per  il  buon   andamento   dell'azione
amministrativa» (sent. Corte costituzionale, n. 219 del 2013). 
    Nel caso di specie,  tale  effetto  e'  determinato  direttamente
dalla legge, che cristallizza  una  sorta  di  «condotta  di  blocco»
certamente illegittima (sull'illegittimita' delle «leggi  di  blocco»
si veda Corte costituzionale, sentenza n. 198 del 2004). 
    Ne' si puo' obiettare che il periodo di due anni  previsto  dalla
disposizione  impugnata  sia  irrilevante.   A   tal   proposito   e'
sufficiente ricordare che, come gia' detto,  ai  sensi  dell'art.  10
della legge n. 196 del 2009, il triennio rappresenta l'arco di  tempo
fondamentale   della   programmazione   economica   delle   pubbliche
amministrazioni. Un «blocco della negoziazione» che si protrae per  i
due terzi di questo arco di tempo  e'  di  per  se'  intollerabile  e
illegittimo. 
    3.2. - Il principio di leale collaborazione, gli articoli 7  e  8
dello Statuto e l'art. 117, comma 3, Cost. sono violati anche per  un
secondo profilo. 
    Si  e'  gia'  osservato  che,  in  forza   della   giurisprudenza
costituzionale (cfr. sentenza Corte costituzionale, n. 19 del  2015),
la preventiva  e  unilaterale  determinazione  del  contributo  delle
autonomie speciali alla  manovra  di  finanza  pubblica,  per  essere
conforme a Costituzione e compatibile con  gli  statuti  d'autonomia,
deve lasciare un effettivo «margine di negoziabilita'»  alle  Regioni
autonome. Tale margine non puo' limitarsi alla rimodulazione  interna
tra le diverse autonomie speciali (o ordinarie), ma  deve  estendersi
anche alla concreta disponibilita' delle risorse che  possono  essere
eventualmente destinate a finanziare la riduzione dell'onere imputato
all'intero comparto delle autonomie speciali e a ognuna di esse. 
    Tale principio e' stato ribadito nella piu' recente e  gia'  cit.
sentenza Corte costituzionale, n. 154 del 2017. Nello  scrutinare  la
legittimita' della fissazione unilaterale e preventiva del contributo
di finanza pubblica ex art. 1, comma 680,  della  legge  n.  208  del
2015, infatti, codesta ecc.ma Corte ha rigettato le censure  proposte
da   alcune   autonomie   speciali   attraverso    un'interpretazione
costituzionalmente orientata delle disposizioni impugnate, in ragione
della quale e' divenuto possibile per le autonomie speciali negoziare
il carico finanziario inizialmente previsto  tanto  nell'an  che  nel
quantum (cfr. in particolare il par. 4.4.1 della sentenza). 
    Tale possibilita' e' qui negata, per la semplice ragione  che  la
stessa legge impugnata non prevede risorse per consentirla. 
    Non  risultano,  infatti,  somme  specificamente  stanziate   nel
bilancio dello Stato a copertura  di  un  eventuale  accordo  con  la
Regione Sardegna prima del 2020. Inoltre,  lo  Stato  ha  disposto  e
programmato un impegno nei confronti della Regione Sardegna pari a 15
milioni di Euro per il solo anno 2019, dal che si deduce che per  gli
esercizi di bilancio 2018 e 2020 lo  stanziamento  e  il  conseguente
spazio finanziario sono nulli. 
    3.3. - I  parametri  sopra  menzionati  (il  principio  di  leale
collaborazione sancito dagli articoli 5 e 117 Cost., gli articoli 7 e
8 dello Statuto e l'art. 117, comma 3, Cost.) sono violati  anche  in
riferimento all'art. 136 Cost. 
    Come gia' osservato, l'ecc.ma  Corte  costituzionale  ha  a  piu'
riprese imposto alla Regione  odierna  ricorrente  e  allo  Stato  di
stipulare    un    accordo    relativo    ai    reciproci    rapporti
economico-finanziari. Da ultimo, tale richiamo e' intervenuto con  la
sentenza n. 154 del 2017, proprio in riferimento  all'art.  1,  comma
680, della legge n. 208 del 2015. 
    Nel dichiarare  non  fondata  l'impugnazione  della  disposizione
appena richiamata, l'ecc.ma Corte ha ricordato che  il  principio  di
leale collaborazione «richiede un confronto autentico,  orientato  al
superiore interesse pubblico di  conciliare  l'autonomia  finanziaria
delle regioni con l'indefettibile  vincolo  di  concorso  di  ciascun
soggetto ad autonomia speciale alla manovra di stabilita', sicche' su
ciascuna  delle  parti  coinvolte  ricade  un   preciso   dovere   di
collaborazione e di discussione,  articolato  nelle  necessarie  fasi
dialogiche». 
    Nel caso di specie, per  le  ragioni  sopra  illustrate,  risulta
giuridicamente impossibile  per  la  Regione  formulare  proposte  in
termini di finanza pubblica, in  quanto  lo  Stato,  in  forza  della
specifica disposizione di legge qui  impugnata,  si  e'  radicalmente
sottratto al confronto con la Sardegna. 
    Per tale motivo, il comma qui censurato risulta  violativo  anche
del giudicato costituzionale  ex  art.  136  Cost.,  con  conseguente
lesione dell'autonomia economico-finanziaria della Regione,  tutelata
dagli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 Cost. 
    3.4.  -   I   medesimi   parametri   (il   principio   di   leale
collaborazione, gli articoli 7 e 8 dello Statuto e l'art. 117,  comma
3,  Cost.)  sono  violati  anche  in  riferimento  al  principio   di
ragionevolezza ex art. 3 Cost. e all'art. 116 Cost. 
    Come gia' osservato, la somma stanziata dal  legislatore  statale
e' di soli 15 milioni di Euro e riguarda il solo anno 2019. Si tratta
di una somma particolarmente  esigua  e  sostanzialmente  inidonea  a
essere utilmente impiegata in un'azione di sistema  per  fronteggiare
il ritardo nello sviluppo del sistema economico-sociale dell'isola  o
per  compensare  lo  svantaggio  derivante   dall'insularita'.   Tale
circostanza risulta evidente se solo si confronta tale cifra con  gli
stanziamenti del bilancio regionale. Nel  bilancio  per  il  2018  la
Regione ha stanziato 56 milioni di Euro per lo sviluppo  del  settore
turistico; 151 milioni  di  Euro  per  lo  sviluppo  economico  e  la
competitivita' del sistema economico regionale (di cui 37 milioni per
lo  sviluppo  dell'industria,  delle  piccole  e  medie   imprese   e
dell'artigianato, 53 milioni per la  ricerca  e  l'innovazione);  208
milioni di Euro per le  politiche  per  il  lavoro  e  la  formazione
professionale e 200 milioni di Euro per  il  settore  agricolo  e  il
sistema agro-alimentare. Rispetto a  queste  cifre,  l'esiguita'  del
contributo  previsto  dal  legislatore  statale  e   la   conseguente
inidoneita'  rispetto  alle  effettive  necessita'  di  politiche  di
sostegno  del  sistema  economico-sociale  dell'isola  non  puo'  che
tradursi nell'irragionevolezza della disposizione impugnata. 
    Parimenti, il vizio d'irragionevolezza si coglie anche  in  forza
della  contraddittorieta'  tra  lo  stanziamento  effettuato   e   le
finalita' indicate dalla legge, che non  sono  legate  a  un  singolo
intervento, bensi' alle piu' generali necessita' collegate allo stato
di insularita' e al  ritardo  nello  sviluppo  economico  dell'isola,
espressamente riconosciuti dallo stesso legislatore. 
    Infine, costituisce un elemento sintomatico dell'irragionevolezza
della  disposizione  impugnata  la  sua  particolare   esiguita'   in
riferimento all'ammontare dei contributi  di  finanza  pubblica  (sia
temporanei che indefiniti  nel  tempo)  gia'  imposti  alla  Regione,
nonche' all'ammontare dei contributi di finanza pubblica gia' oggetto
di determinazione unilaterale e preventiva da parte  del  legislatore
statale e in attesa di ripartizione  tra  le  autonomie  speciali  ai
sensi degli articoli 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, e  1,
commi 392 sgg., della legge n. 232 del 2016. 
    Come gia' osservato  in  precedenza,  il  contributo  di  finanza
pubblica imposto alla Regione per il solo  anno  2018  e'  pari  a  €
683.996.000. Il contributo erogato dallo Stato e' appena del 2% circa
del contributo che la Regione e' tenuta a restituire. 
    Ai contributi  gia'  imposti,  come  gia'  osservato,  si  devono
aggiungere quelli che ancora non sono stati definiti  nel  dettaglio,
ma sono previsti dalle leggi di bilancio per gli anni 2016 e 2017.  A
tal proposito, si puo' ricordare che  con  Nota  del  Sottosegretario
agli affari regionali prot. n. 1834 del 31 gennaio 2017, lo Stato  ha
formulato un'ipotesi di accordo relativo  al  contributo  di  finanza
pubblica a carico della Regione  Sardegna  derivante  dai  menzionati
articoli 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015  e  1,  commi  392
sgg., della legge n. 232 del 2016. 
    Tale proposta prevede: 
    con riferimento alla legge di bilancio per il 2016,  un  concorso
alla finanza pubblica pari a 96 milioni di Euro per l'anno 2017  e  a
137 milioni di Euro a decorrere dal 2018; 
    con riferimento alla legge di bilancio per il 2017,  un  concorso
alla finanza pubblica pari a 1,7 milioni di Euro per il 2017, a  27,3
milioni di Euro per il 2018 e a 81,9 milioni di Euro a decorrere  dal
2019. 
    La somma dei contributi e' pari a piu' di 164 milioni di Euro per
il 2018 e piu' di 218 milioni di Euro dal 2019 in avanti. 
    Il contributo previsto dalla disposizione censurata e'  meno  del
7% di tale ulteriore ammontare. Se si sommano i contributi di finanza
pubblica  gia'  imposti  alla  Regione  con  quanto  previsto   dalla
menzionata proposta del gennaio 2017, il  contributo  elargito  dallo
Stato non arriva all'1,8%  di  quanto  la  Regione  deve  allo  Stato
restituire. 
    In conclusione: la differenza tra  il  contributo  erogato  dallo
Stato e quello imposto alla Regione e' di  grado  tale  da  risultare
assolutamente irragionevole e  tale  irragionevolezza  non  puo'  che
ridondare  nella  lesione   dell'autonomia   finanziaria   regionale,
garantita dagli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117,  comma  3,  Cost.
Alla Regione, infatti, sono sottratte copiose risorse, che  non  sono
compensate che in misura irrisoria (sarebbe da dire derisoria)  dalla
modestissima elargizione prevista per il solo anno  2019,  oltretutto
in conclamata carenza (gia' preventivata) di un  qualsivoglia  quadro
di pattizia collaborazione fra lo Stato e la Regione. 
    3.5.  -   Infine,   risulta   parimenti   evidente   la   lesione
dell'autonomia finanziaria regionale in riferimento  alla  violazione
del principio di parita' di trattamento tra le autonomie speciali (ai
sensi degli articoli 3 e 116 Cost.), stante il forte  disallineamento
tra le somme stanziate a  favore  della  Regione  Sardegna  e  quelle
stanziate a favore delle altre autonomie speciali (15 milioni di Euro
per la Sardegna, 240 in un biennio per il Friuli-Venezia Giulia e 265
per la Valle d'Aosta, per non parlare delle peculiari  condizioni  di
favore riservate alla Regione Trentino-Alto  Adige  e  alle  Province
autonome, gia' ricordate in narrativa). 
    Si badi: l'odierna ricorrente  non  contesta  affatto  che  siano
stati assicurati  adeguati  spazi  finanziari  alle  altre  autonomie
speciali, ne' ha alcun interesse a che tali spazi vengano resecati. 
    Parimenti, la ricorrente riconosce che, all'esito  del  confronto
collaborativo  con  le  diverse  autonomie  speciali  possono  essere
stipulati accordi di finanza pubblica che hanno un contenuto  diverso
e che determinano rapporti finanziari reciproci e  altre  prerogative
d'autonomia che possono essere differenti tra regione e regione. 
    Cio' che si contesta, invece, e' che lo Stato  abbia  programmato
le risorse per il comparto delle autonomie speciali in modo da essere
pronto a stipulare accordi  di  finanza  pubblica  secondo  effettivi
margini di negoziabilita' solo con alcune  di  esse,  mentre  per  la
Sardegna,  per  le  ragioni  gia'  indicate  sopra,  la  disposizione
impugnata ha di fatto e  di  diritto  escluso  ogni  possibilita'  di
effettiva negoziazione dei rapporti economico-finanziari. 
    A tal proposito e'  possibile  ancora  una  volta  citare  quanto
affermato nella sentenza Corte costituzionale, n. 154 del 2017. 
    Come gia'  osservato,  l'ecc.ma  Corte  ha  potuto  rilevare  «la
peculiarita' dell'accordo concluso con  le  autonomie  della  Regione
Trentino-Alto Adige», peculiarita' che hanno giustificato  «l'isolata
menzione» di quel solo accordo nella legge di bilancio per  il  2016.
Nondimeno, nella stessa sentenza  e'  stato  ribadito  «il  principio
dell'eguale riconoscimento e della parita' di posizione di  tutte  le
autonomie differenziate, rispetto alle richieste di contribuire  agli
equilibri  della  finanza  pubblica».  Anche  se,   all'esito   delle
negoziazioni,  si  puo'  determinare  l'effetto  di  accordi   aventi
«specifici e concreti contenuti» di diverso tenore, la programmazione
finanziaria statale deve garantire «eguale riconoscimento» e «parita'
di posizione» tra le autonomie speciali. 
    Tanto, per i motivi gia' indicati supra, non accade nel  caso  di
specie. 
    Il raffronto e' particolarmente significativo se si considera  il
trattamento riservato alla Regione Valle d'Aosta. La struttura  della
disposizione che la concerne (il comma 841),  infatti,  e'  in  tutto
simile a quella della disposizione qui impugnata (il comma 851). Sono
infatti richiamate le sentenze della Corte costituzionale, nn. 77 del
2015 e 154 del 2017 e la previsione  normativa  e'  concepita  «nelle
more della definizione dei complessivi  rapporti  finanziari  fra  lo
Stato e la Regione». Tuttavia: 
        a) per la Valle d'Aosta si riducono gli accantonamenti a  suo
carico e  non  ci  si  limita  a  prevedere  una  modesta  erogazione
aggiuntiva; b) la riduzione e'  immediatamente  operativa  e  non  si
rinvia l'intervento all'esercizio 2019; c)  conseguentemente  non  si
da' per scontato che l'accordo con la Regione non ci sara' da qui  al
2020. 
    Si ribadisce: non e' intenzione della Regione Sardegna contestare
tali previsioni normative, cosi' come non e' suo interesse contestare
alcun intervento riequilibri i gravi sacrifici imposti alle  regioni.
E' pero' suo interesse  censurare  una  previsione  come  quella  qui
impugnata, che riserva alla  ricorrente  un  privilegio  odioso,  del
resto conforme al negativo atteggiamento che lo  Stato  ha  avuto  in
tutta la «vertenza entrate». 
 
                               P.Q.M. 
 
    Chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia: 
        accogliere il presente ricorso; 
      per  l'effetto,  dichiarare   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 1, comma 581, della l. 
    Si deposita copia conforme  all'originale  della  delibera  della
giunta  regionale  della  Regione  autonoma  della  Sardegna  del  21
febbraio 2018. 
 
        Roma-Cagliari, 27 febbraio 2018 
 
                   Avv. Camba - Avv. prof. Luciani