N. 90 SENTENZA 21 marzo - 26 aprile 2018
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Imposte e tasse - Scissione parziale di societa' - Responsabilita' per i debiti tributari e per le pene pecuniarie per violazioni fiscali della societa' scissa, anteriori alla data dell'operazione di scissione - Solidarieta' illimitata delle societa' beneficiarie. - Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), art. 173, comma 13; decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), art. 15, comma 2. -(GU n.18 del 2-5-2018 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente:Giorgio LATTANZI; Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 173, comma 13, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), e dell'art. 15, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Pisa nel procedimento vertente tra la SAFE srl e l'Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Pisa, e altre, con ordinanza del 10 settembre 2015, iscritta al n. 99 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 2017. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2018 il Giudice relatore Giovanni Amoroso. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 10 settembre 2015, pervenuta alla cancelleria di questa Corte il 9 giugno 2017 (reg. ord. n. 99 del 2017), la Commissione tributaria provinciale di Pisa ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 173, comma 13, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante «Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi» (di seguito anche: TUIR), e dell'art. 15, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione. Secondo la rimettente le disposizioni censurate - nella parte in cui prevedono, per i debiti tributari, la responsabilita' solidale illimitata delle societa' beneficiarie di scissione parziale, in luogo di quella, limitata alla quota di patrimonio netto attribuito, prevista dalla disciplina generale per i debiti civilistici - si porrebbero in contrasto con l'art. 3 Cost., per violazione dei principii di uguaglianza e di ragionevolezza, nonche' con l'art. 53 Cost., perche' l'obbligazione tributaria non sarebbe determinata in ragione della capacita' contributiva dell'obbligato. Riferisce la commissione tributaria di doversi pronunciare sui ricorsi riuniti con cui la SAFE srl, societa' beneficiaria all'esito della scissione parziale della «SCEAT», ha impugnato quattordici cartelle di pagamento, notificatele in qualita' di coobbligata solidale, emesse ai sensi dell'art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), per imposte varie e tasse automobilistiche, relative agli anni 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011. Il rimettente premette che la societa' ricorrente ha domandato l'annullamento delle cartelle, previa sospensione dell'esecuzione, proponendo innanzi tutto alcune eccezioni preliminari (erronea indicazione, nelle cartelle, dell'art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997, relativo alla cessione d'azienda e non gia' alla scissione societaria; difetto di motivazione degli atti impugnati; omessa indicazione del responsabile del procedimento). Nel merito, la SAFE srl ha contestato la responsabilita' solidale illimitata per i debiti tributari, che in particolare si porrebbe in contrasto con l'art. 53 Cost. per violazione del principio di capacita' contributiva. La societa' ha inoltre evidenziato che la disciplina civilistica in materia di scissione societaria prevista dagli artt. 2506-quater, terzo comma, e 2506-bis, terzo comma, del codice civile prevede che per i debiti imputabili alla societa' scissa la societa' beneficiaria della scissione risponde in solido, ma nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato e a seguito di preventiva escussione. Comunque - ha sostenuto la SAFE srl - la solidarieta' illimitata e' semmai riferibile solo ai casi di scissione totale. Si sono costituiti nel giudizio a quo l'Equitalia Centro spa, l'Agenzia delle entrate e la Regione Toscana, le quali hanno contestato le ragioni della ricorrente osservando che il debito tributario, stante la sua natura pubblica, e' indisponibile; cio' giustifica la diversa disciplina rispetto al debito civilistico. 2.- Nel sollevare le questioni di legittimita' costituzionale, la commissione tributaria provinciale esamina innanzi tutto le suddette eccezioni preliminari, ritenendole non fondate. Rileva che il richiamo contenuto nelle cartelle di pagamento all'art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997, riguardante la cessione d'azienda, piuttosto che all'art. 15, il quale disciplina la scissione societaria, e' frutto di un «mero errore materiale». Quanto al difetto di motivazione, osserva che «nelle cartelle sono indicati gli estremi delle iscrizioni a ruolo, con la menzione dei tributi, l'annualita' di riferimento e le targhe dei veicoli, in relazione alle tasse automobilistiche, in modo che il contribuente e' stato messo in grado di comprendere a cosa si riferisca la pretesa». Infine, circa la mancata indicazione del responsabile del procedimento, il rimettente pone in luce che «nelle cartelle sono, invece, indicati i nominativi dei responsabili delle iscrizioni a ruolo nella parte relativa al dettaglio degli addebiti e, nella parte relativa alle comunicazioni dell'Agente della riscossione, e' indicato il nominativo e la qualifica del responsabile del procedimento di emissione e notifica delle cartelle». 3.- Passando all'esame del merito, la commissione tributaria pone a confronto il regime della responsabilita' solidale della societa' beneficiaria della scissione parziale delineato dal codice civile e il regime previsto dall'art. 173, commi 12 e 13, TUIR. Osserva che il riferimento, in queste ultime disposizioni, alla responsabilita' solidale senza ulteriori specificazioni rimanda alla nozione generale di solidarieta' contenuta nell'art. 1292 cod. civ., in forza della quale ogni condebitore puo' essere tenuto all'adempimento per la totalita'. Tale solidarieta' illimitata trova poi conferma, quanto alle sanzioni, nell'art. 15, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997. La commissione tributaria, quindi, conclude assumendo «che, nonostante ogni sforzo interpretativo che sia conforme ai principii costituzionali di ragionevolezza e uguaglianza e di imposizione adeguata all'effettiva capacita' contributiva, il dettato normativo di cui agli articoli 173, comma 13, TUIR e 15, comma 2, del decreto legislativo n. 472 del 1997 non possa che essere interpretato nella sua formulazione letterale nel senso che, nel caso che ne occupa, ovvero di scissione parziale, la societa' beneficiaria risponde solidalmente, senza limitazioni, dei debiti pregressi della societa' scissa, come sostenuto dalla difesa delle parti resistenti». 4.- Quanto alla non manifesta infondatezza della questione e all'asserita violazione dell'art. 3 Cost., la rimettente rileva che la previsione di una solidarieta' illimitata, «creando indebiti vantaggi al creditore e altrettanti indubbi svantaggi per situazioni debitorie pregresse rispetto al nuovo assetto organizzativo societario», risulta incompatibile con il principio di neutralita' fiscale sancito dai primi tre commi dell'art. 173 TUIR che caratterizza l'operazione di scissione, quale mero strumento di organizzazione societaria. Difetterebbe, quindi, «l'intrinseca razionalita' che sta alla base di ciascuna norma, con l'effetto che detta irrazionalita' e le conseguenze che ne derivano violano di per se' l'uguaglianza di trattamento normativo in capo ai destinatari della norma stessa». In tal senso, secondo il giudice a quo, orientano anche le scelte compiute dal legislatore con riferimento alla cessione d'azienda, regolata dall'art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997, e alla trasformazione e alla fusione, regolate dagli artt. 170, 171 e 172 TUIR, fattispecie in cui «la disciplina fiscale si conforma agli elementi strutturali e alle finalita' delle relative operazioni che connotano gli istituti». Infatti, in caso di cessione di azienda, il cessionario e' responsabile in solido dei debiti fiscali del cedente, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell'azienda ceduta, mentre in caso di trasformazione e fusione, evidentemente non esistendo piu' il soggetto originario, rispondono gli enti che ne sono derivati. Analoghe considerazioni svolge la rimettente con riferimento alla responsabilita' degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. In particolare, osserva che «l'art. 33 e lo stesso art. 30, comma 2, del decreto legislativo n. 231/2001, dettano una disciplina, che, nel doveroso rispetto dei profili di natura sanzionatoria, e' conforme alla struttura civilistica, sia per il caso di cessione di azienda, sia per il caso di scissione parziale». Circa la disciplina delle sanzioni prevista dall'art. 15 del d.lgs. n. 472 del 1997, la commissione tributaria ritiene contrastante con l'art. 3 Cost. l'equiparazione del trattamento sanzionatorio della societa' scissa, che e' pur sempre l'autrice della violazione, con quello della societa' beneficiaria, estranea alla commissione dell'illecito. Quanto, poi, all'asserita violazione dell'art. 53 Cost., la rimettente sostiene che la solidarieta' illimitata determina l'insorgenza di un'obbligazione tributaria sganciata dalla verifica circa l'effettiva capacita' contributiva del soggetto obbligato. 5.- Nel giudizio incidentale di legittimita' costituzionale non si sono costituite le parti private. 6.- Con atto del 5 settembre 2017, depositato in pari data, e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque manifestamente infondate. L'interveniente osserva che la responsabilita' penale di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle societa' e delle associazioni anche prive di personalita' giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300) «risponde ad esigenze e finalita' totalmente diverse dalla garanzia del recupero delle imposte». Rileva poi che il regime della cessione d'azienda risente della peculiarita' di tale vicenda, caratterizzata dal trasferimento di un complesso di beni per l'esercizio di un'impresa da un soggetto ad un altro, la' dove la scissione parziale si configura come una riorganizzazione societaria interna al medesimo soggetto. Pone in evidenza che il regime dei crediti civilistici risponde ad esigenze diverse rispetto al credito tributario che ha copertura costituzionale (art. 53 Cost.) e persegue un interesse pubblico. Non a caso nell'ordinamento si rinvengono altri casi in cui la natura tributaria del credito comporta un'estensione del regime di solidarieta'. Cio' accade, ad esempio, per la responsabilita' degli eredi per i debiti tributari del de cuius, prevista dall'art. 65, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 o, per la riscossione dell'imposta di registro, secondo quanto stabilito dall'art. 57 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro). Ne' vi e' violazione del principio di capacita' contributiva: l'art. 173, comma 12, del TUIR, infatti, pone gli obblighi tributari a carico della societa' scissa, che ha realizzato il presupposto dell'imposta, mentre la beneficiaria viene individuata solo come obbligato dipendente, per avere acquistato una parte del patrimonio della societa' scissa. L'Avvocatura generale deduce quindi che la disciplina censurata non e' irragionevole poiche' l'esistenza del credito fiscale, a differenza di quanto si verifica per il credito civilistico, puo' emergere a notevole distanza di tempo, tenuto conto dei termini di decadenza dell'azione di accertamento da parte del fisco previsti dall'art. 43, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973. Tale intervallo temporale rende, rispetto agli altri creditori, assai meno utile per l'amministrazione l'eventuale ricorso all'opposizione alla scissione, ai sensi dell'art. 2503 cod. civ. (applicabile per via del richiamo operato dall'ultimo comma dell'art. 2506-ter cod. civ.). Considerato in diritto 1.- La Commissione tributaria provinciale di Pisa, con ordinanza del 15 giugno 2015, pervenuta il 9 giugno 2017, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, questioni incidentali di legittimita' costituzionale dell'art. 173, comma 13, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante «Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi» (di seguito anche: TUIR), nella parte in cui prevede, in caso di scissione parziale di una societa', la responsabilita' solidale e illimitata della societa' beneficiaria per i debiti tributari riferibili a periodi di imposta anteriori alla data dalla quale l'operazione ha effetto, e dell'art. 15, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), nella parte in cui prevede, in caso di scissione parziale, che ciascuna societa' beneficiaria e' obbligata in solido al pagamento delle somme dovute a titolo di sanzione per le violazioni commesse anteriormente alla data dalla quale la scissione produce effetto. Ritiene la commissione tributaria rimettente che sia violato l'art. 3 Cost., con riferimento ai principi di uguaglianza e di ragionevolezza, in quanto le disposizioni censurate disciplinano, in caso di scissione societaria, i debiti tributari in modo diverso rispetto ai debiti civilistici per i quali gli artt. 2506-bis, terzo comma, e 2506-quater, terzo comma, del codice civile prevedono una responsabilita' limitata alla quota di patrimonio netto attribuita alla societa' beneficiaria. Inoltre sarebbe violato anche l'art. 53 Cost., in quanto le disposizioni censurate prevedono una solidarieta' per i debiti tributari che prescinde dalla valutazione della capacita' contributiva del soggetto obbligato. 2.- Le sollevate questioni di legittimita' costituzionale sono ammissibili avendo la commissione tributaria rimettente superato, con motivazione plausibile, le eccezioni preliminari della societa' ricorrente riguardanti l'esatta identificazione della disposizione alla quale hanno fatto riferimento le impugnate cartelle esattoriali, la motivazione delle stesse e l'indicazione del responsabile del procedimento di emissione e notifica delle cartelle. Le questioni sono altresi' rilevanti perche' nel giudizio a quo deve certamente farsi applicazione delle disposizioni censurate. 3.- Nel merito le questioni non sono fondate. 4.- I crediti tributari - quali quelli oggetto della controversia che la rimettente e' chiamata a decidere - hanno una marcata connotazione di specialita' in ragione dello stretto rapporto di derivazione dal precetto dell'art. 53, primo comma, Cost., secondo cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in proporzione alla loro capacita' contributiva. Tali crediti vanno ad alimentare la finanza pubblica perche' sia assicurato il prescritto equilibrio di bilancio tra entrate e spese, elevato a vincolo costituzionale dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale). La sostenibilita' della finanza pubblica e la stabilita' finanziaria costituiscono altresi' vincoli europei a seguito del Trattato sulla stabilita', sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012. Da tale vincolo deriva un'esigenza superiore di regolare l'adempimento delle obbligazioni tributarie, sul quale deve poter fare affidamento l'amministrazione finanziaria al fine di conseguire l'equilibrio di bilancio e rispettare i parametri europei del debito pubblico. Tale connotazione peculiare dei crediti tributari emerge in modo evidente sotto vari profili, quali - oltre in generale alla specialita' del giudice che ha giurisdizione sulle controversie per il loro accertamento nel processo tributario -, tra gli altri, il sistema della riscossione fiscale che si discosta dal regime ordinario dell'espropriazione forzata regolata dal codice di rito proprio al fine di meglio assicurare l'adempimento delle obbligazioni tributarie. Come piu' volte affermato da questa Corte, «la disciplina speciale della riscossione coattiva delle imposte non pagate risponde all'esigenza della pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato» (ex plurimis, sentenza n. 281 del 2011). Ove poi si tratti di tributi armonizzati secondo il diritto europeo, maggiore e' l'esigenza di effettivita' del sistema di riscossione fiscale (sentenza n. 225 del 2014). Il corretto adempimento degli obblighi tributari e' altresi' presidiato da una garanzia reale di ampia portata - il privilegio generale sui mobili del debitore in favore dei crediti per tributi diretti dello Stato, per imposta sul valore aggiunto e per tributi degli enti locali (art. 2752 cod. civ.) - e da piu' specifiche tutele cautelari, quali l'ipoteca e il sequestro conservativo, previste a favore del fisco dall'art. 22 del d.lgs. n. 472 del 1997. Inoltre, si ha che le operazioni negoziali che costituiscano atti dolosamente preordinati a pregiudicare la garanzia dell'adempimento delle obbligazioni tributarie hanno un rilievo finanche penale ex art. 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'art. 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), quale tutela ulteriore per l'amministrazione finanziaria rispetto al generale rimedio civilistico dell'azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ. In generale, questa Corte, ponendo in comparazione le obbligazioni civili e quelle tributarie, ha precisato che «non e' possibile una piena equiparazione tra l'inadempimento delle stesse e quello delle obbligazioni tributarie, oggetto, per la particolarita' dei presupposti e dei fini, di disciplina diversa da quella civilistica» (sentenza n. 291 del 1997; nello stesso senso, sentenza n. 157 del 1996). 5.- Anche con riguardo al diritto societario - nel cui contesto normativo vanno inquadrate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dalla commissione tributaria rimettente - si registrano parimenti elementi di specialita' a tutela dei crediti tributari. Affinche' l'amministrazione finanziaria possa contare sulla responsabilita' patrimoniale (ex art. 2740 cod. civ.) della societa' debitrice, sono previste varie disposizioni orientate a preservare la garanzia dell'adempimento delle obbligazioni tributarie; disposizioni che segnano lo scostamento dalla disciplina ordinaria quale condizione di maggior favore per l'amministrazione finanziaria. Tale e' in generale la disciplina della cancellazione delle societa' dal registro delle imprese, i cui effetti, ai fini della validita' e dell'efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi, sono differiti di cinque anni, come previsto dall'art. 28, comma 4, del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175 (Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata), rispetto all'ordinario regime dei crediti sociali di cui all'art. 2495, secondo comma, cod. civ., proprio al fine di favorire l'adempimento dell'obbligazione tributaria e la riscossione fiscale su quello che era il patrimonio della societa' cancellata. Misure antielusive speciali a tutela dei crediti tributari sono altresi' previste dal citato d.lgs. n. 472 del 1997. In particolare gli artt. 14 e 15, in materia di cessione d'azienda e di trasformazione, fusione e scissione di societa', contengono una disciplina di settore che costituisce normativa speciale rispetto a quella codicistica quanto alla sorte dei debiti relativi all'azienda ceduta (art. 2560 cod. civ.) e delle sanzioni relative alle violazioni tributarie della societa' dopo la trasformazione, fusione o scissione (art. 6 del decreto legislativo del 17 gennaio 2003, n. 6, recante «Riforma organica della disciplina delle societa' di capitali e societa' cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366», che ha aggiunto il Capo X al Titolo V del Libro V del codice civile). Il legislatore ha inteso evitare che, attraverso la cessione dell'azienda o la trasformazione, fusione o scissione societaria, sia pregiudicata la garanzia patrimoniale della societa', originaria debitrice, in danno dell'interesse pubblico dell'amministrazione finanziaria. Si e' cosi' previsto, da una parte, la responsabilita', solidale e sussidiaria, del cessionario per i debiti tributari gravanti sul cedente (art. 14); nonche', d'altra parte, il subentro della societa' risultante dalla trasformazione o dalla fusione negli obblighi della societa' trasformata o fusa relativi al pagamento delle sanzioni (art. 15, comma 1); e infine, la responsabilita' solidale di ciascuna societa' risultante dalla (o interessata alla) scissione, quanto alle somme dovute per violazioni tributarie (art. 15, comma 2). 6.- Le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dal giudice rimettente si focalizzano sul particolare regime della solidarieta' delle obbligazioni tributarie in caso di scissione societaria. In generale la scissione - istituto non previsto dall'originaria disciplina codicistica delle societa', ma introdotto come fattispecie tipica di nuovo conio in sede di trasposizione della relativa disciplina comunitaria con il decreto legislativo 16 gennaio 1991, n. 22 (Attuazione delle direttive n. 78/855/CEE e n. 82/891/CEE in materia di fusioni e scissioni societarie, ai sensi dell'art. 2, comma 1, della legge 26 marzo 1990, n. 69), poi riformulata in occasione della riforma del diritto delle societa' con il citato d.lgs. n. 6 del 2003 - puo' essere totale o parziale (art. 2506 cod. civ.), secondo che la societa' scissa assegni l'intero suo patrimonio a piu' societa' (cosiddette beneficiarie), preesistenti o di nuova costituzione, ovvero solo parte del suo patrimonio in favore di piu' societa' o, in tal caso, anche di una sola societa'. Le relative azioni o quote, corrispondenti all'intero patrimonio assegnato della societa' scissa o a parte di esso, sono, di norma, attribuite ai soci della societa' beneficiaria e, in ipotesi di scissione totale, la societa' scissa puo' contestualmente attuare il proprio scioglimento senza liquidazione, essendo stato il suo patrimonio interamente assegnato, ma puo' anche continuare la propria attivita' eventualmente a seguito di ricapitalizzazione. Si tratta essenzialmente di un'operazione riorganizzativa dell'attivita' d'impresa in forma societaria e di riassetto della partecipazione (azionaria o per quote) dei soci, pur con effetti traslativi del patrimonio sociale (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 15 novembre 2016, n. 23225). In particolare, quanto ai debiti tributari, il regime della solidarieta' tra tutte le societa' beneficiarie unitamente alla societa' scissa - vuoi che la scissione sia totale, vuoi che sia parziale - e' illimitato e senza beneficium excussionis. Cio' e' espressamente previsto dall'art. 15, comma 2, sopra citato: per il pagamento delle somme dovute dalla societa' originaria per violazioni commesse anteriormente alla data dalla quale la scissione produce effetto, sono tenute in solido tutte le societa', quella originaria e quelle beneficiarie risultanti dalla scissione se di nuova costituzione o coinvolte dalla scissione, se preesistenti ed assegnatarie, in tutto o in parte, del patrimonio della societa' scissa. Analoga portata ha la solidarieta' prevista dall'art. 173 TUIR che - dopo aver posto al comma 1 il principio di neutralita', per cui la scissione totale o parziale di una societa' in altre preesistenti o di nuova costituzione non da' luogo a realizzo, ne' a distribuzione di plusvalenze e minusvalenze dei beni della societa' scissa - ha dettato, ai successivi commi 12 e 13, la regola della responsabilita' per i debiti tributari, quelli riferibili a periodi di imposta anteriori alla data dalla quale l'operazione di scissione ha effetto. In caso di scissione parziale gli obblighi tributari della societa' sono adempiuti dalla societa' stessa e i controlli, gli accertamenti e ogni altro procedimento relativo ai suddetti obblighi sono svolti nei suoi confronti. Nel caso di scissione totale gli obblighi tributari della societa' scissa gravano sulla societa' beneficiaria appositamente designata nell'atto di scissione. Se la designazione e' omessa, si considera designata la beneficiaria nominata per prima nell'atto di scissione. Quanto all'estensione della responsabilita' patrimoniale, prevede il citato art. 173, comma 13, che «le altre societa' beneficiarie sono responsabili in solido per le imposte, le sanzioni pecuniarie, gli interessi e ogni altro debito». Benche' il dato testuale della disposizione presenti una qualche ambiguita', perche' sembrerebbe riferirsi alle societa' beneficiarie diverse da quella tenuta agli obblighi tributari nella scissione totale, la commissione tributaria rimettente, in sintonia con la giurisprudenza di legittimita' (Corte di cassazione, sezione quinta civile, sentenze 24 giugno 2015, n. 13059, e 3 novembre 2016, n. 22225), ritiene argomentatamente che la prevista responsabilita' solidale riguardi qualsivoglia societa' "beneficiaria", tale perche' assegnataria di quote del patrimonio sociale, sia in ipotesi di scissione totale (con assegnazione di tutto il patrimonio sociale, necessariamente a piu' societa'), sia di scissione parziale (con assegnazione solo di parte del patrimonio sociale, in tal caso anche ad una sola societa'). Quindi, per i debiti tributari, in mancanza di specificazioni negli artt. 15 e 173 citati, opera il criterio generale posto dall'art. 1292 cod. civ.: i debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno puo' essere costretto all'adempimento per la totalita'. Tale presupposto interpretativo delle sollevate questioni di legittimita' costituzionale non solo risponde al criterio di plausibilita' al fine della loro rilevanza, tanto piu' perche' conforme al diritto vivente, ma appare anche corretto perche' orientato da ragioni di sistematicita'. Sarebbe infatti priva di giustificazione una differenziazione tra societa' beneficiarie secondo che la scissione sia totale o parziale ai fini del citato art. 173, comma 13, quanto ai debiti tributari, mentre alcuna distinzione chiaramente non fa ne' l'art. 15, citato, quanto alle sanzioni per inadempimento dei debiti tributari, ne' piu' in generale la disciplina codicistica (artt. 2506-bis, terzo comma, e 2596-quater, terzo comma, cod. civ.). 7.- Cio' posto, deduce la commissione tributaria rimettente che la regola della responsabilita' patrimoniale solidale per le societa' beneficiarie quanto ai debiti tributari e' diversa - e maggiormente gravosa per queste ultime - da quella prevista per i debiti sociali in genere; e da cio' la censura di disparita' di trattamento ed irragionevolezza intrinseca. In effetti, per i debiti tributari - come gia' rilevato - i debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione e quindi sono tenuti all'adempimento per la totalita'. Invece per i debiti non tributari della societa' scissa, la cui destinazione non sia desumibile dal progetto di scissione, la solidarieta' e' limitata al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna societa' beneficiaria (art. 2506-bis, terzo comma, cod. civ.) e, piu' in generale, al valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della societa' scissa non soddisfatti dalla societa' cui fanno carico (art. 2506-quater, terzo comma, cod. civ.). Quindi alla stregua della disciplina codicistica sussiste si' la solidarieta', ma con un'estensione limitata al patrimonio assegnato e, secondo la giurisprudenza di legittimita' (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 7 marzo 2016, n. 4455), nel rispetto del cosiddetto beneficium ordinis, ossia della previa costituzione in mora del debitore originario. Comparando la disciplina speciale tributaria con quella generale civilistica, si ha pertanto che l'amministrazione finanziaria, che vanti un credito tributario nei confronti della societa' scissa, versa in una situazione differenziata, e piu' favorevole, rispetto a quella dei creditori sociali della medesima societa'. Essa infatti conserva la garanzia patrimoniale su tutto quello che era il patrimonio della societa' originaria debitrice, alla quale si affianca la garanzia costituita dall'intero patrimonio delle societa' risultanti a seguito della scissione o interessate alla stessa (ossia le societa' beneficiarie), giacche' per l'adempimento dell'obbligazione tributaria potra' contare sulla responsabilita' solidale illimitata di tutte tali societa'. Invece i creditori sociali, diversi dall'amministrazione finanziaria, vedono frazionato il patrimonio della societa' scissa e, con esso, la responsabilita' patrimoniale ex art. 2740 cod. civ., in parziale deroga al principio generale che governa la responsabilita' contrattuale, secondo cui il debitore non puo' sostituire a se' un terzo senza il consenso del creditore (art. 1406 cod. civ.). I creditori sociali, pero', ove pregiudicati dal frazionamento del patrimonio sociale, possono proporre opposizione alla scissione (ex art. 2506-ter, quinto comma, cod. civ.) nello stesso termine (di sessanta giorni) e con la stessa disciplina previsti per l'opposizione dei creditori alla fusione societaria (art. 2503, secondo comma, cod. civ.). Si richiede quindi ai creditori sociali una particolare vigilanza, tanto piu' che si ritiene da parte della giurisprudenza di legittimita' (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 20 novembre 2013, n. 26043) che, una volta divenuta definitiva la scissione sociale per mancanza di tempestiva opposizione, non sia piu' possibile domandare l'accertamento dell'invalidita' della scissione ed e' controversa nella giurisprudenza di merito l'ammissibilita', o no, dell'azione revocatoria ordinaria o fallimentare dell'atto di scissione per la conservazione della garanzia patrimoniale (l'irreversibilita' dell'operazione di scissione societaria in caso di concordato fallimentare e' ora prevista come criterio di delega dall'art. 6, comma 2, lettera c, della legge 19 ottobre 2017, n. 155, recante «Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza»). 8.- Orbene, viene qui in considerazione la rimarcata specialita' dei crediti tributari, sopra evidenziata, tanto piu' rilevante in riferimento ad un'operazione societaria, quale la scissione, che puo' incidere sensibilmente sulla posizione dei creditori della societa' e, nella fattispecie, dell'amministrazione finanziaria. Si ha in particolare che, nel caso dei debiti tributari della societa' originaria, poi scissa, il termine per l'accertamento e la rettifica fiscale - ex art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), come da ultimo sostituito dall'art. 1, comma 131, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)», secondo cui gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui e' stata presentata la dichiarazione - e' ben piu' ampio del termine (di sessanta giorni) per l'opposizione alla scissione societaria ex artt. 2506-ter e 2503 cod. civ.; sicche' il credito dell'amministrazione finanziaria nei confronti della societa' scissa potrebbe emergere dopo anni, seppur nel previsto termine di decadenza di esercizio del potere di accertamento fiscale, e potrebbe essere fortemente pregiudizievole per l'amministrazione ritrovare frazionato, tra le societa' beneficiarie, l'originario patrimonio della societa' debitrice a seguito dell'operazione di scissione. E' quindi ragionevole la disciplina differenziata che esclude la possibilita' per le societa' beneficiarie, obbligate in solido, di opporsi all'amministrazione finanziaria, estranea all'operazione di scissione societaria, il limite del patrimonio assegnato con l'atto di scissione, in ipotesi non tempestivamente opposto da quest'ultima. E' proprio la rilevata connotazione di specialita' dei crediti tributari, sopra evidenziata, che giustifica, sul piano costituzionale del rispetto del principio di eguaglianza e di ragionevolezza, che in caso di scissione societaria vi sia una disciplina differenziata quanto al regime della solidarieta' per i debiti sociali, piu' favorevole per l'amministrazione finanziaria, secondo un canone di adeguatezza e proporzionalita' di tale piu' estesa tutela. La necessita' che sia assicurato il regolare adempimento delle obbligazioni tributarie si traduce infatti nell'esigenza di conservazione della piena garanzia ex art. 2740 cod. civ. sul patrimonio della societa' originaria che permane con la stessa non limitata ampiezza sul patrimonio delle societa' risultanti dalla (o interessate alla) scissione, sicche' sotto questo profilo l'operazione di scissione societaria non puo' essere pregiudizievole per l'amministrazione finanziaria. Del resto, la neutralita' dell'operazione sotto l'aspetto passivo della responsabilita' patrimoniale, a favore dell'amministrazione finanziaria, e' anche coerente, in chiave sistematica, con la neutralita' sul versante attivo stante la non configurabilita' di plusvalenze tassabili dei beni della societa' scissa secondo l'espresso disposto del comma 1 del censurato art. 173. Sicche' sotto il profilo fiscale la scissione societaria si rivela essere - come gia' osservato - un'operazione sostanzialmente organizzativa di riassetto della partecipazione societaria che non pregiudica l'amministrazione finanziaria, perche' quest'ultima conserva la garanzia patrimoniale potendo contare sulla (non limitata) responsabilita' solidale delle societa' risultanti dalla scissione, ne' produce ex se plusvalenze tassabili dei beni della societa' scissa. Ne' tale particolare solidarieta' per i debiti tributari costituisce una sopravvenienza imprevedibile, lesiva dell'affidamento delle societa' beneficiarie. La scissione societaria trova infatti origine in un atto negoziale non solo volontario, ma anche consapevole dei debiti tributari della societa' scissa nella misura in cui questi ultimi risultino - secondo un principio di precauzione - dal progetto di scissione recante anche la situazione patrimoniale con l'allegata relazione illustrativa ex artt. 2506-bis e 2506-ter cod. civ. 9.- Pertanto, la mancata limitazione di tale responsabilita' solidale puo' ritenersi giustificata dalla specialita' dei crediti tributari e risponde ad un criterio di adeguatezza e proporzionalita', diversamente da altre norme considerate di eccessivo favore per l'amministrazione finanziaria, quale quella del fallimento cosiddetto fiscale, che vedeva invece uno sproporzionato ed ingiustificato rafforzamento della garanzia dell'adempimento dell'obbligazione tributaria, sul diverso piano delle conseguenze dell'inadempimento, ritenuto costituzionalmente illegittimo da questa Corte (sentenza n. 89 del 1992). Ne' la conclusione raggiunta puo' essere revocata in dubbio dalla considerazione che limitata e' invece la solidarieta', in caso di scissione societaria, nel regime della responsabilita' amministrativa degli enti di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle societa' e delle associazioni anche prive di personalita' giuridica, anche a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300). Si tratta di una fattispecie diversa, non comparabile con quella in esame, perche' riguardante gli illeciti amministrativi dipendenti da reati commessi nell'interesse o a vantaggio di enti forniti di personalita' giuridica e di societa' e associazioni anche prive di personalita' giuridica. La derivazione da un reato connota di particolare specialita' la responsabilita' della societa' originaria in termini maggiormente individualizzati, quanto alla riferibilita' dell'illecito a quest'ultima, secondo il generale principio di legalita' ex art. 2 del d.lgs. n. 231 del 2001, sicche' la solidarieta' per il pagamento delle sanzioni pecuniarie dovute dalla societa' scissa, di cui sono gravate le societa' beneficiarie della scissione, ma che sono estranee all'illecito, e' non gia' piena, ma limitata al valore effettivo del patrimonio netto ad essa trasferito. 10.- Al rispetto, sotto gli esaminati profili, del principio di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3, primo comma, Cost.) si accompagna anche l'inesistenza di un vulnus della capacita' contributiva (art. 53, primo comma, Cost.), la quale sussiste in capo alla societa' originaria debitrice (cio' di cui non dubita la commissione tributaria rimettente) e non va parametrata al patrimonio netto delle societa' beneficiarie, sorte unilateralmente a seguito di un'operazione negoziale - la scissione societaria - alla quale l'amministrazione finanziaria e' estranea e che e' invece nella disponibilita' del debitore, ossia della societa' stessa. Puo' quindi ritenersi, in conclusione, che la censurata disciplina piu' favorevole all'amministrazione finanziaria non violi, per quanto finora argomentato, i parametri indicati dalla commissione tributaria rimettente e rispetti il criterio di adeguatezza e proporzionalita' della maggiore tutela riconosciuta all'amministrazione finanziaria per l'adempimento delle obbligazioni tributarie. 11.- Mette conto infine di rilevare che il vincolo di solidarieta' piena che grava sulle societa' beneficiarie a seguito della scissione societaria e' comunque bilanciato dall'ordinaria azione di regresso tra coobbligati ex art. 1299 cod. civ. Il carattere non limitato, nei confronti dell'amministrazione finanziaria, della responsabilita' patrimoniale solidale delle societa' beneficiarie a seguito della scissione non esclude che nei rapporti interni tra debitori solidali l'esposizione debitoria di ciascuna societa' beneficiaria sia contenuta nel limite del patrimonio assegnato in sede di scissione, pur nel rispetto della presunzione di cui all'art. 1298, secondo comma, cod. civ., secondo cui, se non risulta diversamente, l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori in parti eguali. C'e' quindi, a favore della societa' beneficiaria cui l'amministrazione finanziaria abbia chiesto l'intero, un'azione di regresso, nei limiti dell'eccedenza, nei confronti delle altre societa' coobbligate. Per queste ultime la stessa disposizione censurata (al comma 13 dell'art. 173 TUIR) prevede la possibilita' della loro partecipazione al procedimento avente ad oggetto il debito tributario dell'originaria societa' scissa. Cio' comporta che l'eventuale controversia tributaria, in cui l'amministrazione finanziaria faccia valere la piena responsabilita' patrimoniale di una sola societa' beneficiaria (cosi' com'e' nel giudizio a quo), e' comune a tutte le societa' coobbligate, le quali possono intervenire nel giudizio ed altresi' - pur non essendoci un'ipotesi di litisconsorzio necessario - possono essere chiamate in quello stesso giudizio dalla societa' beneficiaria, richiesta dell'adempimento integrale, e non gia' pro quota, dell'obbligazione tributaria, perche' comunque tutte le altre societa', oltre alla stessa societa' scissa, sono parti del rapporto sostanziale controverso (art. 14 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante «Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413»). In questo contesto processuale con pluralita' di parti trova tutela l'interesse della societa' beneficiaria, esposta per l'intero nei confronti dell'amministrazione finanziaria, a far si' che il giudicato si formi anche nei confronti delle altre societa' obbligate in solido (le eventuali altre societa' beneficiarie, nonche' la stessa societa' scissa) nei cui confronti poter far valere il regresso per la parte eccedente il patrimonio assegnato o la quota di obbligazione solidale.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 173, comma 13, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), e dell'art. 15, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Pisa, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2018. F.to: Giorgio LATTANZI, Presidente Giovanni AMOROSO, Redattore Filomena PERRONE, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2018. Il Cancelliere F.to: Filomena PERRONE