N. 90 SENTENZA 21 marzo - 26 aprile 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Imposte e tasse - Scissione parziale di  societa'  -  Responsabilita'
  per i debiti tributari e per  le  pene  pecuniarie  per  violazioni
  fiscali della societa' scissa, anteriori alla data  dell'operazione
  di scissione - Solidarieta' illimitata delle societa' beneficiarie. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre  1986,  n.  917
  (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), art. 173,
  comma  13;  decreto  legislativo   18   dicembre   1997,   n.   472
  (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le
  violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133,
  della legge 23 dicembre 1996, n. 662), art. 15, comma 2. 
-   
(GU n.18 del 2-5-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 173,  comma
13, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,  n.
917 (Approvazione del testo  unico  delle  imposte  sui  redditi),  e
dell'art. 15, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre  1997,  n.
472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative  per
le violazioni di norme tributarie, a  norma  dell'articolo  3,  comma
133,  della  legge  23  dicembre  1996,  n.  662),   promosso   dalla
Commissione tributaria provinciale di Pisa nel procedimento  vertente
tra la SAFE srl e l'Agenzia delle entrate, Direzione  provinciale  di
Pisa, e altre, con ordinanza del 10 settembre 2015, iscritta al n. 99
del registro ordinanze 2017 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  21  marzo  2018  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  ordinanza  del  10  settembre  2015,   pervenuta   alla
cancelleria di questa Corte il 9 giugno 2017 (reg.  ord.  n.  99  del
2017), la Commissione tributaria provinciale  di  Pisa  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 173, comma 13, del
d.P.R. 22 dicembre 1986, n.  917,  recante  «Approvazione  del  testo
unico  delle  imposte  sui  redditi»  (di  seguito  anche:  TUIR),  e
dell'art. 15, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre  1997,  n.
472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative  per
le violazioni di norme tributarie, a  norma  dell'articolo  3,  comma
133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), in riferimento agli artt.
3 e 53 della Costituzione. 
    Secondo la rimettente le disposizioni censurate - nella parte  in
cui prevedono, per i debiti tributari,  la  responsabilita'  solidale
illimitata delle societa'  beneficiarie  di  scissione  parziale,  in
luogo di quella, limitata alla quota di patrimonio netto  attribuito,
prevista dalla disciplina generale per  i  debiti  civilistici  -  si
porrebbero in contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  per  violazione  dei
principii di uguaglianza e di ragionevolezza, nonche' con  l'art.  53
Cost., perche' l'obbligazione tributaria non sarebbe  determinata  in
ragione della capacita' contributiva dell'obbligato. 
    Riferisce la commissione tributaria di  doversi  pronunciare  sui
ricorsi riuniti con cui la SAFE srl, societa' beneficiaria  all'esito
della scissione parziale  della  «SCEAT»,  ha  impugnato  quattordici
cartelle  di  pagamento,  notificatele  in  qualita'  di  coobbligata
solidale, emesse ai sensi dell'art. 36-bis del  d.P.R.  29  settembre
1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia  di  accertamento  delle
imposte sui redditi), per imposte  varie  e  tasse  automobilistiche,
relative agli anni 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011. 
    Il rimettente premette che la societa'  ricorrente  ha  domandato
l'annullamento delle cartelle,  previa  sospensione  dell'esecuzione,
proponendo  innanzi  tutto  alcune  eccezioni  preliminari   (erronea
indicazione, nelle cartelle, dell'art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997,
relativo  alla  cessione  d'azienda  e  non   gia'   alla   scissione
societaria; difetto  di  motivazione  degli  atti  impugnati;  omessa
indicazione del responsabile del procedimento). 
    Nel merito, la SAFE srl ha contestato la responsabilita' solidale
illimitata per i debiti tributari, che in particolare si porrebbe  in
contrasto con  l'art.  53  Cost.  per  violazione  del  principio  di
capacita' contributiva. La societa' ha  inoltre  evidenziato  che  la
disciplina civilistica in materia di  scissione  societaria  prevista
dagli artt. 2506-quater, terzo comma, e 2506-bis,  terzo  comma,  del
codice civile prevede che  per  i  debiti  imputabili  alla  societa'
scissa la societa' beneficiaria della scissione risponde  in  solido,
ma nei limiti del valore  effettivo  del  patrimonio  netto  ad  essa
assegnato e  a  seguito  di  preventiva  escussione.  Comunque  -  ha
sostenuto  la  SAFE  srl  -  la  solidarieta'  illimitata  e'  semmai
riferibile solo ai casi di scissione totale. 
    Si sono costituiti nel giudizio a  quo  l'Equitalia  Centro  spa,
l'Agenzia  delle  entrate  e  la  Regione  Toscana,  le  quali  hanno
contestato le ragioni  della  ricorrente  osservando  che  il  debito
tributario, stante la sua natura  pubblica,  e'  indisponibile;  cio'
giustifica la diversa disciplina rispetto al debito civilistico. 
    2.- Nel sollevare le questioni di legittimita' costituzionale, la
commissione tributaria provinciale esamina innanzi tutto le  suddette
eccezioni preliminari, ritenendole non fondate. 
    Rileva che il richiamo  contenuto  nelle  cartelle  di  pagamento
all'art. 14 del d.lgs. n.  472  del  1997,  riguardante  la  cessione
d'azienda,  piuttosto  che  all'art.  15,  il  quale  disciplina   la
scissione societaria, e' frutto di un «mero errore materiale». 
    Quanto al difetto di motivazione,  osserva  che  «nelle  cartelle
sono indicati gli estremi delle iscrizioni a ruolo, con  la  menzione
dei tributi, l'annualita' di riferimento e le targhe dei veicoli,  in
relazione alle tasse automobilistiche, in modo che il contribuente e'
stato messo in grado di comprendere a cosa si riferisca la pretesa». 
    Infine,  circa  la  mancata  indicazione  del  responsabile   del
procedimento, il rimettente pone in luce che  «nelle  cartelle  sono,
invece, indicati i nominativi dei  responsabili  delle  iscrizioni  a
ruolo nella parte relativa al dettaglio degli addebiti e, nella parte
relativa  alle  comunicazioni  dell'Agente  della   riscossione,   e'
indicato  il  nominativo  e  la  qualifica   del   responsabile   del
procedimento di emissione e notifica delle cartelle». 
    3.- Passando all'esame del merito, la commissione tributaria pone
a confronto il regime della responsabilita' solidale  della  societa'
beneficiaria della scissione parziale delineato dal codice  civile  e
il regime previsto dall'art. 173, commi 12 e 13, TUIR. 
    Osserva che il riferimento, in queste ultime  disposizioni,  alla
responsabilita' solidale senza ulteriori specificazioni rimanda  alla
nozione generale di solidarieta' contenuta nell'art. 1292 cod.  civ.,
in  forza  della  quale   ogni   condebitore   puo'   essere   tenuto
all'adempimento per la totalita'. Tale solidarieta' illimitata  trova
poi conferma, quanto alle sanzioni, nell'art. 15, comma 2, del d.lgs.
n. 472 del 1997. 
    La  commissione  tributaria,  quindi,  conclude  assumendo  «che,
nonostante ogni sforzo interpretativo che sia conforme  ai  principii
costituzionali di  ragionevolezza  e  uguaglianza  e  di  imposizione
adeguata all'effettiva capacita' contributiva, il  dettato  normativo
di cui agli articoli 173, comma 13, TUIR e 15, comma 2,  del  decreto
legislativo n. 472 del 1997 non possa che essere  interpretato  nella
sua formulazione letterale nel senso che, nel  caso  che  ne  occupa,
ovvero di  scissione  parziale,  la  societa'  beneficiaria  risponde
solidalmente, senza limitazioni, dei debiti pregressi della  societa'
scissa, come sostenuto dalla difesa delle parti resistenti». 
    4.- Quanto alla non  manifesta  infondatezza  della  questione  e
all'asserita violazione dell'art. 3 Cost., la rimettente  rileva  che
la previsione  di  una  solidarieta'  illimitata,  «creando  indebiti
vantaggi al creditore e altrettanti indubbi svantaggi per  situazioni
debitorie  pregresse  rispetto   al   nuovo   assetto   organizzativo
societario», risulta incompatibile con il  principio  di  neutralita'
fiscale  sancito  dai  primi  tre  commi  dell'art.  173   TUIR   che
caratterizza l'operazione  di  scissione,  quale  mero  strumento  di
organizzazione  societaria.   Difetterebbe,   quindi,   «l'intrinseca
razionalita' che sta alla base di ciascuna norma, con  l'effetto  che
detta irrazionalita' e le conseguenze che ne derivano violano di  per
se' l'uguaglianza di trattamento normativo  in  capo  ai  destinatari
della norma stessa». 
    In tal senso, secondo il giudice a quo, orientano anche le scelte
compiute dal legislatore con  riferimento  alla  cessione  d'azienda,
regolata  dall'art.  14  del  d.lgs.  n.  472  del   1997,   e   alla
trasformazione e alla fusione, regolate dagli artt. 170,  171  e  172
TUIR, fattispecie in cui «la  disciplina  fiscale  si  conforma  agli
elementi strutturali e alle finalita' delle relative  operazioni  che
connotano gli istituti». Infatti, in caso di cessione di azienda,  il
cessionario e' responsabile in solido dei debiti fiscali del cedente,
fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del  cedente  ed
entro i limiti del valore dell'azienda  ceduta,  mentre  in  caso  di
trasformazione  e  fusione,  evidentemente  non  esistendo  piu'   il
soggetto originario, rispondono gli enti che ne sono derivati. 
    Analoghe considerazioni svolge la rimettente con riferimento alla
responsabilita' degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti
da reato. In particolare, osserva che «l'art. 33 e lo stesso art. 30,
comma 2, del decreto legislativo n. 231/2001, dettano una disciplina,
che, nel doveroso rispetto dei profili di  natura  sanzionatoria,  e'
conforme alla struttura civilistica, sia per il caso di  cessione  di
azienda, sia per il caso di scissione parziale». 
    Circa la disciplina delle  sanzioni  prevista  dall'art.  15  del
d.lgs.  n.  472  del  1997,   la   commissione   tributaria   ritiene
contrastante con  l'art.  3  Cost.  l'equiparazione  del  trattamento
sanzionatorio della societa' scissa,  che  e'  pur  sempre  l'autrice
della violazione, con quello della  societa'  beneficiaria,  estranea
alla commissione dell'illecito. 
    Quanto, poi,  all'asserita  violazione  dell'art.  53  Cost.,  la
rimettente  sostiene  che  la   solidarieta'   illimitata   determina
l'insorgenza di un'obbligazione tributaria sganciata  dalla  verifica
circa l'effettiva capacita' contributiva del soggetto obbligato. 
    5.- Nel giudizio incidentale di legittimita'  costituzionale  non
si sono costituite le parti private. 
    6.- Con atto del 5 settembre 2017, depositato in  pari  data,  e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   le
questioni siano dichiarate inammissibili  o  comunque  manifestamente
infondate. 
    L'interveniente osserva che la responsabilita' penale di  cui  al
decreto  legislativo  8  giugno  2001,  n.  231   (Disciplina   della
responsabilita'  amministrativa  delle  persone   giuridiche,   delle
societa' e delle associazioni anche prive di personalita'  giuridica,
a norma dell'articolo 11 della  legge  29  settembre  2000,  n.  300)
«risponde ad esigenze e finalita' totalmente diverse  dalla  garanzia
del recupero delle imposte». Rileva poi che il regime della  cessione
d'azienda risente della peculiarita' di tale vicenda,  caratterizzata
dal  trasferimento  di  un  complesso  di  beni  per  l'esercizio  di
un'impresa da un soggetto ad un altro, la' dove la scissione parziale
si configura come una riorganizzazione societaria interna al medesimo
soggetto. Pone in evidenza che  il  regime  dei  crediti  civilistici
risponde ad esigenze diverse rispetto al credito  tributario  che  ha
copertura costituzionale (art. 53  Cost.)  e  persegue  un  interesse
pubblico. Non a caso nell'ordinamento si rinvengono altri casi in cui
la natura tributaria del credito comporta un'estensione del regime di
solidarieta'. Cio' accade, ad esempio, per la  responsabilita'  degli
eredi per i debiti tributari del de  cuius,  prevista  dall'art.  65,
primo comma, del d.P.R.  n.  600  del  1973  o,  per  la  riscossione
dell'imposta di registro, secondo quanto stabilito dall'art.  57  del
d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione  del  Testo  unico  delle
disposizioni concernenti l'imposta di registro). 
    Ne' vi e' violazione del  principio  di  capacita'  contributiva:
l'art. 173, comma 12, del TUIR, infatti, pone gli obblighi  tributari
a carico della societa' scissa,  che  ha  realizzato  il  presupposto
dell'imposta, mentre la  beneficiaria  viene  individuata  solo  come
obbligato dipendente, per avere acquistato una parte  del  patrimonio
della societa' scissa. 
    L'Avvocatura generale deduce quindi che la  disciplina  censurata
non e' irragionevole  poiche'  l'esistenza  del  credito  fiscale,  a
differenza di quanto si verifica per  il  credito  civilistico,  puo'
emergere a notevole distanza di tempo, tenuto conto  dei  termini  di
decadenza dell'azione di accertamento da  parte  del  fisco  previsti
dall'art.  43,  primo  comma,  del  d.P.R.  n.  600  del  1973.  Tale
intervallo temporale rende, rispetto agli altri creditori, assai meno
utile per l'amministrazione l'eventuale ricorso all'opposizione  alla
scissione, ai sensi dell'art. 2503 cod. civ. (applicabile per via del
richiamo operato dall'ultimo comma dell'art. 2506-ter cod. civ.). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Commissione tributaria provinciale di Pisa, con  ordinanza
del 15 giugno 2015, pervenuta il 9  giugno  2017,  ha  sollevato,  in
riferimento  agli  artt.  3  e  53  della   Costituzione,   questioni
incidentali di legittimita' costituzionale dell'art. 173,  comma  13,
del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante «Approvazione del  testo
unico delle imposte sui redditi»  (di  seguito  anche:  TUIR),  nella
parte in cui prevede, in caso di scissione parziale di una  societa',
la responsabilita' solidale e illimitata della societa'  beneficiaria
per i debiti tributari riferibili a periodi di imposta anteriori alla
data dalla quale l'operazione ha effetto, e dell'art.  15,  comma  2,
del decreto  legislativo  18  dicembre  1997,  n.  472  (Disposizioni
generali in materia di sanzioni amministrative per le  violazioni  di
norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge  23
dicembre 1996, n. 662), nella  parte  in  cui  prevede,  in  caso  di
scissione parziale, che ciascuna societa' beneficiaria  e'  obbligata
in solido al pagamento delle somme dovute a titolo di sanzione per le
violazioni commesse anteriormente alla data dalla quale la  scissione
produce effetto. 
    Ritiene la commissione  tributaria  rimettente  che  sia  violato
l'art. 3 Cost., con riferimento  ai  principi  di  uguaglianza  e  di
ragionevolezza, in quanto le disposizioni censurate disciplinano,  in
caso di scissione societaria, i  debiti  tributari  in  modo  diverso
rispetto ai debiti civilistici per i quali gli artt. 2506-bis,  terzo
comma, e 2506-quater, terzo comma, del codice  civile  prevedono  una
responsabilita' limitata alla quota di  patrimonio  netto  attribuita
alla societa' beneficiaria. 
    Inoltre sarebbe violato anche  l'art.  53  Cost.,  in  quanto  le
disposizioni  censurate  prevedono  una  solidarieta'  per  i  debiti
tributari   che   prescinde   dalla   valutazione   della   capacita'
contributiva del soggetto obbligato. 
    2.- Le sollevate questioni di  legittimita'  costituzionale  sono
ammissibili avendo la commissione tributaria rimettente superato, con
motivazione  plausibile,  le  eccezioni  preliminari  della  societa'
ricorrente riguardanti l'esatta  identificazione  della  disposizione
alla quale hanno fatto riferimento le impugnate cartelle esattoriali,
la motivazione delle stesse  e  l'indicazione  del  responsabile  del
procedimento di emissione e notifica delle cartelle. 
    Le questioni sono altresi' rilevanti perche' nel giudizio  a  quo
deve certamente farsi applicazione delle disposizioni censurate. 
    3.- Nel merito le questioni non sono fondate. 
    4.- I crediti tributari - quali quelli oggetto della controversia
che la  rimettente  e'  chiamata  a  decidere  -  hanno  una  marcata
connotazione di specialita' in  ragione  dello  stretto  rapporto  di
derivazione dal precetto dell'art. 53, primo  comma,  Cost.,  secondo
cui  tutti  sono  tenuti  a  concorrere  alle  spese   pubbliche   in
proporzione alla loro capacita' contributiva. Tali crediti  vanno  ad
alimentare la finanza pubblica perche' sia assicurato  il  prescritto
equilibrio di  bilancio  tra  entrate  e  spese,  elevato  a  vincolo
costituzionale dalla  legge  costituzionale  20  aprile  2012,  n.  1
(Introduzione del principio del  pareggio  di  bilancio  nella  Carta
costituzionale).  La  sostenibilita'  della  finanza  pubblica  e  la
stabilita'  finanziaria  costituiscono  altresi'  vincoli  europei  a
seguito del Trattato sulla  stabilita',  sul  coordinamento  e  sulla
governance nell'Unione economica e monetaria, fatto a Bruxelles il  2
marzo 2012. 
    Da  tale  vincolo  deriva  un'esigenza  superiore   di   regolare
l'adempimento delle obbligazioni tributarie,  sul  quale  deve  poter
fare affidamento l'amministrazione finanziaria al fine di  conseguire
l'equilibrio di bilancio e rispettare i parametri europei del  debito
pubblico. 
    Tale connotazione peculiare dei crediti tributari emerge in  modo
evidente  sotto  vari  profili,  quali  -  oltre  in  generale   alla
specialita' del giudice che ha giurisdizione sulle  controversie  per
il loro accertamento nel processo tributario -,  tra  gli  altri,  il
sistema  della  riscossione  fiscale  che  si  discosta  dal   regime
ordinario dell'espropriazione forzata regolata  dal  codice  di  rito
proprio al fine di meglio assicurare l'adempimento delle obbligazioni
tributarie. Come piu' volte affermato da questa Corte, «la disciplina
speciale della riscossione coattiva delle imposte non pagate risponde
all'esigenza  della  pronta  realizzazione  del  credito  fiscale   a
garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato»
(ex plurimis, sentenza n. 281 del 2011). Ove poi si tratti di tributi
armonizzati secondo il diritto europeo,  maggiore  e'  l'esigenza  di
effettivita' del sistema di riscossione fiscale (sentenza n. 225  del
2014). 
    Il corretto adempimento  degli  obblighi  tributari  e'  altresi'
presidiato da una garanzia reale di ampia  portata  -  il  privilegio
generale sui mobili del debitore in favore dei  crediti  per  tributi
diretti dello Stato, per imposta sul valore aggiunto  e  per  tributi
degli enti locali (art. 2752 cod. civ.) - e da piu' specifiche tutele
cautelari, quali l'ipoteca e il sequestro  conservativo,  previste  a
favore del fisco dall'art. 22 del d.lgs. n. 472 del 1997. 
    Inoltre, si ha che le operazioni negoziali che costituiscano atti
dolosamente preordinati a pregiudicare la  garanzia  dell'adempimento
delle obbligazioni tributarie hanno un  rilievo  finanche  penale  ex
art.  11  del  decreto  legislativo  10  marzo  2000,  n.  74  (Nuova
disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e  sul  valore
aggiunto, a norma dell'art. 9 della legge 25 giugno  1999,  n.  205),
quale tutela ulteriore per l'amministrazione finanziaria rispetto  al
generale rimedio civilistico dell'azione  revocatoria  ex  art.  2901
cod. civ. 
    In  generale,  questa   Corte,   ponendo   in   comparazione   le
obbligazioni civili e quelle tributarie, ha  precisato  che  «non  e'
possibile una piena equiparazione tra l'inadempimento delle stesse  e
quello delle obbligazioni tributarie, oggetto, per la  particolarita'
dei  presupposti  e  dei  fini,  di  disciplina  diversa  da   quella
civilistica» (sentenza n. 291 del 1997; nello stesso senso,  sentenza
n. 157 del 1996). 
    5.- Anche con riguardo al diritto societario - nel  cui  contesto
normativo   vanno   inquadrate   le   questioni    di    legittimita'
costituzionale sollevate dalla commissione tributaria rimettente - si
registrano parimenti elementi di specialita'  a  tutela  dei  crediti
tributari. 
    Affinche'  l'amministrazione  finanziaria  possa  contare   sulla
responsabilita' patrimoniale (ex art. 2740 cod. civ.) della  societa'
debitrice, sono previste varie disposizioni orientate a preservare la
garanzia dell'adempimento delle obbligazioni tributarie; disposizioni
che  segnano  lo  scostamento  dalla   disciplina   ordinaria   quale
condizione di maggior favore per l'amministrazione finanziaria. 
    Tale e' in  generale  la  disciplina  della  cancellazione  delle
societa' dal registro delle imprese, i cui  effetti,  ai  fini  della
validita' e dell'efficacia degli atti di liquidazione,  accertamento,
contenzioso e riscossione dei tributi, sono differiti di cinque anni,
come previsto dall'art. 28,  comma  4,  del  decreto  legislativo  21
novembre 2014, n. 175 (Semplificazione fiscale  e  dichiarazione  dei
redditi precompilata),  rispetto  all'ordinario  regime  dei  crediti
sociali di cui all'art. 2495, secondo comma, cod.  civ.,  proprio  al
fine di favorire  l'adempimento  dell'obbligazione  tributaria  e  la
riscossione fiscale su quello che era il  patrimonio  della  societa'
cancellata. 
    Misure antielusive speciali a tutela dei crediti  tributari  sono
altresi' previste dal citato d.lgs. n. 472 del 1997.  In  particolare
gli  artt.  14  e  15,  in  materia  di  cessione  d'azienda   e   di
trasformazione, fusione  e  scissione  di  societa',  contengono  una
disciplina di settore che costituisce normativa speciale  rispetto  a
quella codicistica quanto alla sorte dei debiti relativi  all'azienda
ceduta  (art.  2560  cod.  civ.)  e  delle  sanzioni  relative   alle
violazioni tributarie della societa' dopo la trasformazione,  fusione
o scissione (art. 6 del decreto legislativo del 17 gennaio  2003,  n.
6, recante «Riforma  organica  della  disciplina  delle  societa'  di
capitali e societa' cooperative, in attuazione della legge 3  ottobre
2001, n. 366», che ha aggiunto il Capo X al Titolo V del Libro V  del
codice civile). Il legislatore ha inteso evitare che,  attraverso  la
cessione  dell'azienda  o  la  trasformazione,  fusione  o  scissione
societaria, sia pregiudicata la garanzia patrimoniale della societa',
originaria    debitrice,    in    danno    dell'interesse    pubblico
dell'amministrazione finanziaria. 
    Si e' cosi' previsto, da una parte, la responsabilita',  solidale
e sussidiaria, del cessionario per i debiti  tributari  gravanti  sul
cedente (art. 14); nonche', d'altra parte, il subentro della societa'
risultante dalla trasformazione o dalla fusione negli obblighi  della
societa' trasformata o fusa  relativi  al  pagamento  delle  sanzioni
(art. 15, comma 1); e infine, la responsabilita' solidale di ciascuna
societa' risultante dalla (o interessata alla) scissione, quanto alle
somme dovute per violazioni tributarie (art. 15, comma 2). 
    6.- Le questioni di  legittimita'  costituzionale  sollevate  dal
giudice  rimettente  si  focalizzano  sul  particolare  regime  della
solidarieta' delle  obbligazioni  tributarie  in  caso  di  scissione
societaria. 
    In generale la scissione - istituto non previsto  dall'originaria
disciplina codicistica delle societa', ma introdotto come fattispecie
tipica di  nuovo  conio  in  sede  di  trasposizione  della  relativa
disciplina comunitaria con il decreto legislativo 16 gennaio 1991, n.
22 (Attuazione delle direttive  n.  78/855/CEE  e  n.  82/891/CEE  in
materia di fusioni e scissioni  societarie,  ai  sensi  dell'art.  2,
comma 1, della legge 26  marzo  1990,  n.  69),  poi  riformulata  in
occasione della riforma del diritto  delle  societa'  con  il  citato
d.lgs. n. 6 del 2003 - puo' essere totale o parziale (art. 2506  cod.
civ.), secondo che la societa' scissa assegni l'intero suo patrimonio
a piu' societa' (cosiddette beneficiarie), preesistenti  o  di  nuova
costituzione, ovvero solo parte del suo patrimonio in favore di  piu'
societa' o, in tal caso, anche di  una  sola  societa'.  Le  relative
azioni o quote, corrispondenti all'intero patrimonio assegnato  della
societa' scissa o a parte di esso, sono, di norma, attribuite ai soci
della societa' beneficiaria e, in ipotesi  di  scissione  totale,  la
societa' scissa puo' contestualmente attuare il proprio  scioglimento
senza liquidazione,  essendo  stato  il  suo  patrimonio  interamente
assegnato,  ma   puo'   anche   continuare   la   propria   attivita'
eventualmente   a   seguito   di   ricapitalizzazione.   Si    tratta
essenzialmente  di   un'operazione   riorganizzativa   dell'attivita'
d'impresa in forma societaria e  di  riassetto  della  partecipazione
(azionaria o per quote) dei soci,  pur  con  effetti  traslativi  del
patrimonio  sociale  (Corte  di  cassazione,  sezioni  unite  civili,
sentenza 15 novembre 2016, n. 23225). 
    In particolare, quanto  ai  debiti  tributari,  il  regime  della
solidarieta' tra  tutte  le  societa'  beneficiarie  unitamente  alla
societa' scissa - vuoi che la scissione  sia  totale,  vuoi  che  sia
parziale - e' illimitato e senza beneficium excussionis. 
    Cio' e' espressamente  previsto  dall'art.  15,  comma  2,  sopra
citato: per il pagamento delle somme dovute dalla societa' originaria
per violazioni  commesse  anteriormente  alla  data  dalla  quale  la
scissione produce effetto, sono tenute in solido tutte  le  societa',
quella originaria e quelle beneficiarie risultanti dalla scissione se
di nuova costituzione o coinvolte dalla scissione, se preesistenti ed
assegnatarie, in tutto o in  parte,  del  patrimonio  della  societa'
scissa. 
    Analoga portata ha la solidarieta' prevista  dall'art.  173  TUIR
che - dopo aver posto al comma 1 il principio di neutralita', per cui
la scissione totale o parziale di una societa' in altre  preesistenti
o di nuova costituzione non da' luogo a realizzo, ne' a distribuzione
di plusvalenze e minusvalenze dei beni della  societa'  scissa  -  ha
dettato, ai successivi commi 12 e 13, la regola della responsabilita'
per i debiti  tributari,  quelli  riferibili  a  periodi  di  imposta
anteriori alla data dalla quale l'operazione di scissione ha effetto.
In caso di scissione parziale gli obblighi tributari  della  societa'
sono adempiuti dalla societa' stessa e i controlli, gli  accertamenti
e ogni altro procedimento relativo ai suddetti obblighi  sono  svolti
nei suoi  confronti.  Nel  caso  di  scissione  totale  gli  obblighi
tributari della societa' scissa gravano sulla  societa'  beneficiaria
appositamente designata nell'atto di scissione. Se la designazione e'
omessa, si considera designata la  beneficiaria  nominata  per  prima
nell'atto di scissione. 
    Quanto all'estensione della responsabilita' patrimoniale, prevede
il citato art. 173, comma 13, che  «le  altre  societa'  beneficiarie
sono responsabili in solido per le imposte, le  sanzioni  pecuniarie,
gli interessi e ogni altro debito». Benche' il  dato  testuale  della
disposizione presenti una  qualche  ambiguita',  perche'  sembrerebbe
riferirsi alle societa' beneficiarie diverse da  quella  tenuta  agli
obblighi tributari nella scissione totale, la commissione  tributaria
rimettente, in sintonia con la giurisprudenza di legittimita'  (Corte
di cassazione, sezione quinta civile, sentenze  24  giugno  2015,  n.
13059, e 3 novembre 2016, n. 22225), ritiene argomentatamente che  la
prevista  responsabilita'  solidale  riguardi  qualsivoglia  societa'
"beneficiaria", tale perche' assegnataria  di  quote  del  patrimonio
sociale, sia in ipotesi di  scissione  totale  (con  assegnazione  di
tutto il patrimonio sociale, necessariamente a piu' societa'), sia di
scissione parziale (con assegnazione solo  di  parte  del  patrimonio
sociale, in tal caso anche ad  una  sola  societa').  Quindi,  per  i
debiti tributari, in mancanza di specificazioni negli artt. 15 e  173
citati, opera il criterio generale posto dall'art. 1292 cod. civ.:  i
debitori sono obbligati tutti per la medesima  prestazione,  in  modo
che ciascuno puo' essere costretto all'adempimento per la totalita'. 
    Tale presupposto  interpretativo  delle  sollevate  questioni  di
legittimita'  costituzionale  non  solo  risponde  al   criterio   di
plausibilita' al  fine  della  loro  rilevanza,  tanto  piu'  perche'
conforme  al  diritto  vivente,  ma  appare  anche  corretto  perche'
orientato da ragioni di  sistematicita'.  Sarebbe  infatti  priva  di
giustificazione  una  differenziazione  tra   societa'   beneficiarie
secondo che la scissione sia totale o parziale  ai  fini  del  citato
art. 173,  comma  13,  quanto  ai  debiti  tributari,  mentre  alcuna
distinzione chiaramente non fa ne' l'art.  15,  citato,  quanto  alle
sanzioni per inadempimento dei debiti tributari, ne' piu' in generale
la  disciplina  codicistica   (artt.   2506-bis,   terzo   comma,   e
2596-quater, terzo comma, cod. civ.). 
    7.- Cio' posto, deduce la commissione tributaria  rimettente  che
la regola della responsabilita' patrimoniale solidale per le societa'
beneficiarie quanto ai debiti tributari e' diversa -  e  maggiormente
gravosa per queste ultime - da quella prevista per i  debiti  sociali
in genere; e da cio' la  censura  di  disparita'  di  trattamento  ed
irragionevolezza intrinseca. 
    In effetti, per i debiti tributari  -  come  gia'  rilevato  -  i
debitori sono obbligati tutti per la medesima  prestazione  e  quindi
sono tenuti all'adempimento per la totalita'. Invece per i debiti non
tributari  della  societa'  scissa,  la  cui  destinazione  non   sia
desumibile dal progetto di scissione, la solidarieta' e' limitata  al
valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna  societa'
beneficiaria (art. 2506-bis, terzo  comma,  cod.  civ.)  e,  piu'  in
generale, al valore effettivo del patrimonio netto ad essa  assegnato
o rimasto, dei debiti della societa'  scissa  non  soddisfatti  dalla
societa' cui fanno carico (art. 2506-quater, terzo comma, cod. civ.).
Quindi alla stregua della  disciplina  codicistica  sussiste  si'  la
solidarieta', ma con un'estensione limitata al  patrimonio  assegnato
e, secondo la giurisprudenza di legittimita'  (Corte  di  cassazione,
sezione prima civile, sentenza 7 marzo 2016, n. 4455),  nel  rispetto
del cosiddetto beneficium ordinis, ossia della previa costituzione in
mora del debitore originario. 
    Comparando la disciplina speciale tributaria con quella  generale
civilistica, si ha pertanto che  l'amministrazione  finanziaria,  che
vanti un credito tributario  nei  confronti  della  societa'  scissa,
versa in una situazione differenziata, e piu' favorevole, rispetto  a
quella dei creditori sociali della medesima  societa'.  Essa  infatti
conserva  la  garanzia  patrimoniale  su  tutto  quello  che  era  il
patrimonio  della  societa'  originaria  debitrice,  alla  quale   si
affianca la garanzia costituita dall'intero patrimonio delle societa'
risultanti a seguito della scissione o interessate alla stessa (ossia
le    societa'    beneficiarie),    giacche'    per     l'adempimento
dell'obbligazione tributaria  potra'  contare  sulla  responsabilita'
solidale illimitata di tutte tali societa'. 
    Invece  i   creditori   sociali,   diversi   dall'amministrazione
finanziaria, vedono frazionato il patrimonio della societa' scissa e,
con esso, la responsabilita' patrimoniale ex art. 2740 cod. civ.,  in
parziale deroga al principio generale che governa la  responsabilita'
contrattuale, secondo cui il debitore non puo' sostituire  a  se'  un
terzo senza il consenso  del  creditore  (art.  1406  cod.  civ.).  I
creditori sociali, pero',  ove  pregiudicati  dal  frazionamento  del
patrimonio sociale, possono proporre opposizione alla  scissione  (ex
art. 2506-ter, quinto comma, cod.  civ.)  nello  stesso  termine  (di
sessanta  giorni)  e  con   la   stessa   disciplina   previsti   per
l'opposizione dei  creditori  alla  fusione  societaria  (art.  2503,
secondo comma, cod. civ.). Si richiede quindi  ai  creditori  sociali
una particolare vigilanza, tanto piu' che si ritiene da  parte  della
giurisprudenza di legittimita' (Corte di  cassazione,  sezione  prima
civile, sentenza 20 novembre 2013, n. 26043) che, una volta  divenuta
definitiva  la  scissione  sociale   per   mancanza   di   tempestiva
opposizione,  non  sia  piu'   possibile   domandare   l'accertamento
dell'invalidita'   della   scissione   ed   e'   controversa    nella
giurisprudenza  di  merito  l'ammissibilita',   o   no,   dell'azione
revocatoria ordinaria o fallimentare dell'atto di  scissione  per  la
conservazione   della   garanzia   patrimoniale   (l'irreversibilita'
dell'operazione  di  scissione  societaria  in  caso  di   concordato
fallimentare e' ora prevista come criterio  di  delega  dall'art.  6,
comma 2, lettera c, della legge 19  ottobre  2017,  n.  155,  recante
«Delega al Governo per la riforma delle  discipline  della  crisi  di
impresa e dell'insolvenza»). 
    8.- Orbene, viene qui in considerazione la rimarcata  specialita'
dei crediti tributari, sopra evidenziata,  tanto  piu'  rilevante  in
riferimento ad un'operazione societaria, quale la scissione, che puo'
incidere sensibilmente sulla posizione dei creditori  della  societa'
e, nella fattispecie, dell'amministrazione finanziaria. 
    Si ha in particolare che, nel caso  dei  debiti  tributari  della
societa' originaria, poi scissa, il termine per l'accertamento  e  la
rettifica fiscale - ex art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973,  n.  600
(Disposizioni comuni in materia di  accertamento  delle  imposte  sui
redditi), come da ultimo sostituito dall'art.  1,  comma  131,  della
legge  28  dicembre  2015,  n.  208,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2016)», secondo cui  gli  avvisi  di  accertamento  devono
essere notificati, a pena di decadenza,  entro  il  31  dicembre  del
quinto anno successivo  a  quello  in  cui  e'  stata  presentata  la
dichiarazione - e' ben piu' ampio del termine  (di  sessanta  giorni)
per l'opposizione alla scissione societaria ex artt. 2506-ter e  2503
cod. civ.; sicche' il credito  dell'amministrazione  finanziaria  nei
confronti della societa' scissa potrebbe emergere dopo  anni,  seppur
nel  previsto  termine  di  decadenza  di  esercizio  del  potere  di
accertamento fiscale, e potrebbe  essere  fortemente  pregiudizievole
per  l'amministrazione  ritrovare   frazionato,   tra   le   societa'
beneficiarie, l'originario  patrimonio  della  societa'  debitrice  a
seguito  dell'operazione  di  scissione.  E'  quindi  ragionevole  la
disciplina differenziata che esclude la possibilita' per le  societa'
beneficiarie, obbligate in  solido,  di  opporsi  all'amministrazione
finanziaria, estranea  all'operazione  di  scissione  societaria,  il
limite del patrimonio assegnato con l'atto di scissione,  in  ipotesi
non tempestivamente opposto da quest'ultima. 
    E' proprio la rilevata connotazione di  specialita'  dei  crediti
tributari,   sopra   evidenziata,   che   giustifica,    sul    piano
costituzionale  del  rispetto  del  principio  di  eguaglianza  e  di
ragionevolezza, che in  caso  di  scissione  societaria  vi  sia  una
disciplina differenziata quanto al regime della  solidarieta'  per  i
debiti sociali, piu' favorevole  per  l'amministrazione  finanziaria,
secondo un canone di adeguatezza  e  proporzionalita'  di  tale  piu'
estesa  tutela.  La  necessita'  che  sia  assicurato   il   regolare
adempimento  delle  obbligazioni  tributarie   si   traduce   infatti
nell'esigenza di conservazione della piena garanzia ex art. 2740 cod.
civ. sul patrimonio della societa'  originaria  che  permane  con  la
stessa non limitata ampiezza sul patrimonio delle societa' risultanti
dalla (o interessate alla) scissione, sicche'  sotto  questo  profilo
l'operazione di scissione societaria non puo' essere  pregiudizievole
per l'amministrazione finanziaria. 
    Del resto, la neutralita' dell'operazione sotto l'aspetto passivo
della responsabilita'  patrimoniale,  a  favore  dell'amministrazione
finanziaria,  e'  anche  coerente,  in  chiave  sistematica,  con  la
neutralita' sul versante attivo stante  la  non  configurabilita'  di
plusvalenze  tassabili  dei  beni  della  societa'   scissa   secondo
l'espresso disposto del comma 1 del censurato art. 173. Sicche' sotto
il profilo fiscale la scissione societaria si rivela  essere  -  come
gia'  osservato  -  un'operazione  sostanzialmente  organizzativa  di
riassetto  della  partecipazione  societaria   che   non   pregiudica
l'amministrazione  finanziaria,  perche'  quest'ultima  conserva   la
garanzia  patrimoniale   potendo   contare   sulla   (non   limitata)
responsabilita' solidale delle societa' risultanti  dalla  scissione,
ne' produce ex se  plusvalenze  tassabili  dei  beni  della  societa'
scissa. 
    Ne'  tale  particolare  solidarieta'  per  i   debiti   tributari
costituisce una sopravvenienza imprevedibile, lesiva dell'affidamento
delle societa' beneficiarie. La scissione  societaria  trova  infatti
origine  in  un  atto  negoziale  non  solo  volontario,   ma   anche
consapevole dei debiti tributari della societa' scissa  nella  misura
in cui questi ultimi risultino - secondo un principio di  precauzione
- dal progetto di scissione recante anche la situazione  patrimoniale
con l'allegata relazione illustrativa ex artt.  2506-bis  e  2506-ter
cod. civ. 
    9.- Pertanto, la  mancata  limitazione  di  tale  responsabilita'
solidale puo' ritenersi giustificata dalla  specialita'  dei  crediti
tributari   e   risponde   ad   un   criterio   di   adeguatezza    e
proporzionalita',  diversamente  da  altre   norme   considerate   di
eccessivo favore per l'amministrazione finanziaria, quale quella  del
fallimento cosiddetto fiscale, che vedeva invece  uno  sproporzionato
ed  ingiustificato  rafforzamento  della  garanzia   dell'adempimento
dell'obbligazione tributaria, sul  diverso  piano  delle  conseguenze
dell'inadempimento, ritenuto costituzionalmente illegittimo da questa
Corte (sentenza n. 89 del 1992). 
    Ne' la conclusione raggiunta puo' essere revocata in dubbio dalla
considerazione che limitata e' invece la  solidarieta',  in  caso  di
scissione societaria, nel regime della responsabilita' amministrativa
degli enti di cui al  decreto  legislativo  8  giugno  2001,  n.  231
(Disciplina  della  responsabilita'  amministrativa   delle   persone
giuridiche, delle  societa'  e  delle  associazioni  anche  prive  di
personalita' giuridica, anche a norma dell'articolo 11 della legge 29
settembre 2000, n. 300). Si tratta di una  fattispecie  diversa,  non
comparabile con quella in esame,  perche'  riguardante  gli  illeciti
amministrativi  dipendenti  da  reati  commessi  nell'interesse  o  a
vantaggio di enti forniti di personalita' giuridica e di  societa'  e
associazioni anche prive di personalita' giuridica. La derivazione da
un reato connota di particolare specialita' la responsabilita'  della
societa' originaria in termini maggiormente individualizzati,  quanto
alla riferibilita' dell'illecito a quest'ultima, secondo il  generale
principio di legalita' ex art. 2 del d.lgs. n. 231 del 2001,  sicche'
la solidarieta' per il pagamento  delle  sanzioni  pecuniarie  dovute
dalla societa' scissa, di cui sono gravate le  societa'  beneficiarie
della scissione, ma che  sono  estranee  all'illecito,  e'  non  gia'
piena, ma limitata al valore effettivo del patrimonio netto  ad  essa
trasferito. 
    10.- Al rispetto, sotto gli esaminati profili, del  principio  di
eguaglianza e di ragionevolezza  (art.  3,  primo  comma,  Cost.)  si
accompagna  anche  l'inesistenza  di  un   vulnus   della   capacita'
contributiva (art. 53, primo comma, Cost.), la quale sussiste in capo
alla societa'  originaria  debitrice  (cio'  di  cui  non  dubita  la
commissione tributaria rimettente) e non va parametrata al patrimonio
netto delle societa' beneficiarie, sorte unilateralmente a seguito di
un'operazione negoziale  -  la  scissione  societaria  -  alla  quale
l'amministrazione finanziaria e'  estranea  e  che  e'  invece  nella
disponibilita' del debitore, ossia della societa' stessa. 
    Puo'  quindi  ritenersi,  in  conclusione,   che   la   censurata
disciplina piu' favorevole all'amministrazione finanziaria non violi,
per quanto finora argomentato, i parametri indicati dalla commissione
tributaria  rimettente  e  rispetti  il  criterio  di  adeguatezza  e
proporzionalita'     della     maggiore      tutela      riconosciuta
all'amministrazione finanziaria per l'adempimento delle  obbligazioni
tributarie. 
    11.-  Mette  conto  infine  di  rilevare  che   il   vincolo   di
solidarieta' piena che grava sulle societa'  beneficiarie  a  seguito
della scissione  societaria  e'  comunque  bilanciato  dall'ordinaria
azione di regresso tra coobbligati ex art. 1299 cod. civ. 
    Il carattere non  limitato,  nei  confronti  dell'amministrazione
finanziaria,  della  responsabilita'  patrimoniale   solidale   delle
societa' beneficiarie a seguito della scissione non esclude  che  nei
rapporti interni tra debitori  solidali  l'esposizione  debitoria  di
ciascuna  societa'  beneficiaria  sia  contenuta   nel   limite   del
patrimonio assegnato in sede di scissione,  pur  nel  rispetto  della
presunzione di cui all'art. 1298, secondo comma, cod.  civ.,  secondo
cui, se non risulta diversamente, l'obbligazione in solido si  divide
tra i diversi debitori in parti eguali. C'e' quindi, a  favore  della
societa' beneficiaria cui l'amministrazione finanziaria abbia chiesto
l'intero, un'azione  di  regresso,  nei  limiti  dell'eccedenza,  nei
confronti delle altre societa'  coobbligate.  Per  queste  ultime  la
stessa disposizione  censurata  (al  comma  13  dell'art.  173  TUIR)
prevede la possibilita' della  loro  partecipazione  al  procedimento
avente ad  oggetto  il  debito  tributario  dell'originaria  societa'
scissa. Cio' comporta che l'eventuale controversia tributaria, in cui
l'amministrazione finanziaria faccia valere la piena  responsabilita'
patrimoniale di una sola  societa'  beneficiaria  (cosi'  com'e'  nel
giudizio a quo), e' comune a tutte le societa' coobbligate, le  quali
possono intervenire nel giudizio ed  altresi'  -  pur  non  essendoci
un'ipotesi di litisconsorzio necessario - possono essere chiamate  in
quello  stesso  giudizio  dalla  societa'   beneficiaria,   richiesta
dell'adempimento integrale, e non gia' pro  quota,  dell'obbligazione
tributaria, perche' comunque tutte  le  altre  societa',  oltre  alla
stessa  societa'  scissa,  sono  parti   del   rapporto   sostanziale
controverso (art. 14 del decreto legislativo  31  dicembre  1992,  n.
546, recante «Disposizioni  sul  processo  tributario  in  attuazione
della delega  al  Governo  contenuta  nell'art.  30  della  legge  30
dicembre  1991,  n.  413»).  In  questo  contesto   processuale   con
pluralita'  di  parti  trova  tutela   l'interesse   della   societa'
beneficiaria, esposta per l'intero nei confronti dell'amministrazione
finanziaria, a far si' che il giudicato si formi anche nei  confronti
delle altre societa' obbligate in solido (le eventuali altre societa'
beneficiarie, nonche' la stessa societa' scissa)  nei  cui  confronti
poter far valere il regresso per la  parte  eccedente  il  patrimonio
assegnato o la quota di obbligazione solidale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 173, comma 13, del decreto del Presidente della  Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle  imposte
sui redditi), e dell'art. 15, comma 2,  del  decreto  legislativo  18
dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia  di  sanzioni
amministrative  per  le  violazioni  di  norme  tributarie,  a  norma
dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre  1996,  n.  662),
sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla
Commissione tributaria provinciale di Pisa, con l'ordinanza  indicata
in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Giovanni AMOROSO, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2018. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE