N. 29 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 aprile 2018

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria  il 3  aprile 2018  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Norme  della  Regione  Molise  -
  Rifinanziamento di leggi regionali. 
Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni - Demanio  marittimo
  -  Norme  della  Regione  Molise  -   Disciplina   delle   funzioni
  amministrative in materia di demanio marittimo e di  zone  di  mare
  territoriale - Funzioni delle Regioni. 
- Legge della  Regione  Molise  30  gennaio  2018,  n.  2  (Legge  di
  stabilita' regionale 2018), artt. 1 e 6 [, comma 1,  lett.  a),  n.
  2]. 
(GU n.20 del 16-5-2018 )
    Ricorso ex art.  127  Cost.  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege  dall'Avvocatura
generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei  Portoghesi
n. 12, e' domiciliato per legge contro la Regione Molise, in  persona
del  Presidente  in  carica  della  Giunta  regionale,  con  sede  in
Campobasso, via Genova, 11, per la declaratoria della  illegittimita'
costituzionale  giusta  deliberazione  del  Consiglio  dei   ministri
assunta nella seduta del giorno 21 marzo 2018, degli articoli 1  e  6
della legge della Regione Molise n. 2 del 30 gennaio 2018  pubblicata
nel Bollettino Ufficiale della Regione Molise n. 7  del  1°  febbraio
2018. 
    In data 1° febbraio 2018, sul n. 7 del Bollettino Ufficiale della
Regione Molise, e' stata pubblicata la legge regionale n.  2  del  30
gennaio 2018 intitolata «Legge di stabilita' regionale 2018». 
    La   citata   legge   presenta    profili    di    illegittimita'
costituzionale, concernenti gli articoli 1  e  6,  e  viene  pertanto
impugnata  con  il  presente  ricorso  ex  art.  127  Cost.  per   le
motivazioni che di seguito si illustrano. 
A) L'art. l della  legge  regionale  30  gennaio  2018,  n.  2  e  la
violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
I) Premessa 
    Per meglio comprendere il contesto  normativo  ed  amministrativo
nel quale si  inscrive  la  legge  regionale  qui  impugnata  occorre
premettere che la Regione Molise, per la quale si era verificata  una
situazione  di  disavanzo  nel  settore  sanitario  suscettibile   di
compromettere l'erogazione dei livelli essenziali di  assistenza,  il
30 marzo 2007 aveva stipulato, ai sensi dell'art. 1, comma 180, della
legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziario 2005),  un  Accordo
con i  Ministri  della  salute  e  dell'economia  e  delle  finanze -
comprensivo di un Piano di rientro dal disavanzo sanitario - il quale
individuava, come previsto dalla norma, una serie  di  interventi  da
attivare nell'arco del triennio 2007-2009 finalizzati  a  ristabilire
l'equilibrio economico e finanziario della Regione nel  rispetto  dei
livelli  essenziali  di  assistenza  e  degli  adempimenti   di   cui
all'intesa  Stato-Regioni  prevista  dal  comma  173  della  medesima
disposizione. 
    Peraltro, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal  Piano
di rientro nei tempi e nelle dimensioni previste dall'art.  1,  comma
180, della legge n. 311/2004, nonche' dall'intesa  Stato-Regioni  del
23 marzo 2005 e dai successivi interventi legislativi in materia,  in
attuazione dell'art. 120, comma 2, della Costituzione e dell'art.  8,
comma 1, della legge 5 giugno 2003, n.  131,  la  Regione  Molise  e'
stata commissariata ai sensi dell'art. 4 del decreto-legge 1° ottobre
2007, n. 159 conv. in legge 29 novembre 2007, n. 222. 
    La norma da ultimo  citata  prevede  infatti  che,  «qualora  nel
procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di  rientro
... si prefiguri il mancato rispetto da  parte  della  regione  degli
adempimenti  previsti  dai  medesimi   Piani,   in   relazione   alla
realizzabilita' degli equilibri finanziari  nella  dimensione  e  nei
tempi ivi programmati, in funzione degli interventi  di  risanamento,
riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del  sistema
sanitario  regionale,  anche  sotto  il  profilo   amministrativo   e
contabile,  tale  da  mettere  in  pericolo  la  tutela   dell'unita'
economica  e  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni  ...,   il
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  con  la  procedura  di  cui
all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131,  su  proposta
del Ministro dell'economia  e  delle  finanze,  di  concerto  con  il
Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e
le autonomie locali, diffida la regione ad  adottare  entro  quindici
giorni tutti gli  atti  normativi,  amministrativi,  organizzativi  e
gestionali  idonei  a  garantire  il  conseguimento  degli  obiettivi
previsti nel Piano» (art. 4, comma 1, decreto-legge cit.); in caso di
inottemperanza alla diffida o nell'ipotesi  in  cui  gli  atti  e  le
azioni  posti  in  essere  risultino  inidonei  o  insufficienti   al
raggiungimento  degli  obiettivi  programmati,   il   Consiglio   dei
ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,  di
concerto con il Ministro della salute, sentito il  Ministro  per  gli
affari regionali e le autonomie locali, nomina un commissario ad acta
per l'intero periodo di vigenza del singolo Piano di rientro (art. 4,
comma 2, primo periodo, decreto-legge cit.). 
    In applicazione di tale disposizione, nella seduta del  21  marzo
2013 il  Consiglio  dei  ministri  ha  deliberato  la  nomina  di  un
Commissario ad acta per la realizzazione del vigente Piano di rientro
dai disavanzi nel  settore  sanitario  della  Regione  Molise  e  per
l'attuazione del Programma operativo 2015-2018 individuando lo stesso
nella persona del Presidente pro tempore della Regione, il  quale  e'
stato successivamente affiancato da un sub-commissario  nominato  con
delibera del Consiglio dei ministri del 18 maggio 2015. 
    In particolare, la lettera b) della  delibera  da  ultimo  citata
assegna al Presidente  della  Regione,  quale  Commissario  ad  acta,
l'incarico prioritario di adottare ed attuare il Programma  operativo
relativo al triennio  2015-2018.  Tra  le  azioni  e  gli  interventi
prioritari elencati dal mandato commissariale sono ricompresi: 
        - al punto «i», «la definizione del  fabbisogno  sanitario  e
dei conseguenti interventi sull'offerta  necessari  a  garantire,  in
maniera uniforme sul territorio regionale, l'erogazione  dei  livelli
essenziali di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza,
sicurezza e  qualita',  in  coerenza  con  il  Patto  per  la  salute
2014-2016 e con l'Accordo in Conferenza Stato-Regioni  del  5  agosto
2014  in  materia   di   standard   organizzativi   e   di   qualita'
dell'assistenza»; 
        - al punto «ii», «la  declinazione  e  attuazione  di  quanto
verra' previsto  in  sede  di  Accordo  Stato-Regioni  su  un  "Piano
straordinario di risanamento del  Servizio  sanitario  della  Regione
Molise" e in coerenza con il Patto per  la  salute  2014-2016  e  con
quanto previsto dal regolamento sugli standard  ospedalieri,  sancito
con Intesa in Conferenza Stato-Regioni il 5 agosto 2014». 
    In tale contesto normativo ed amministrativo  e'  intervenuta  la
legge regionale in epigrafe il cui art. 1, come s'e'  detto,  risulta
sotto piu' profili sospetto di illegittimita'  costituzionale  per  i
seguenti 
II) Motivi di diritto 
    In generale si osserva che le norme regionali, per non  impingere
nella violazione dell'art. 117, comma terzo, Cost., devono  risultare
conformi ai principi fondamentali in materia di  coordinamento  della
finanza pubblica stabiliti dall'art. 2, commi 80 e 95, della legge 23
dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010). Nel caso  di  specie,
ribadito che nella seduta del 21 marzo 2013 il Consiglio dei ministri
ha  deliberato  la  nomina  di  un  Commissario  ad   acta   per   la
realizzazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi nel  settore
sanitario della Regione Molise, occorre verificare se l'art. 1  della
legge regionale  in  epigrafe  si  ponga  o  meno  in  contrasto  con
l'affidamento da parte del Governo al Commissario ad acta, di  azioni
ed  interventi  prioritari  aventi  lo  scopo  di   provvedere   alla
«definizione del fabbisogno sanitario e  dei  conseguenti  interventi
sull'offerta  necessari  a  garantire,  in   maniera   uniforme   sul
territorio  regionale,  l'erogazione  dei   livelli   essenziali   di
assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza,  sicurezza  e
qualita', in coerenza con il Patto per  la  salute  2014-2016  e  con
l'Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 5 agosto 2014 in materia di
standard nanizzativi e di qualita' dell'assistenza» di cui  al  punto
«i» della lettera b) della delibera 18 maggio 2015 del Consiglio  dei
ministri. 
    Sia consentito richiamare, in  proposito,  la  giurisprudenza  di
codesta Ecc.ma Corte che, in molteplici occasioni, in relazione  alla
legiferazione regionale in  costanza  di  mandato  commissariale  per
l'attuazione  del  piano  di  rientro  dal  disavanzo   nel   settore
sanitario, ha affermato che la disciplina dei piani  di  rientro  dai
deficit di bilancio in materia sanitaria e' riconducibile,  ai  sensi
dell'art 117, comma  3,  Cost.,  a  un  duplice  ambito  di  potesta'
legislativa concorrente: la tutela della salute ed  il  coordinamento
della finanza pubblica (v., explurimis, sentenza n. 278 del 2014). 
    In  particolare,  codesto  Ecc.mo  Collegio  ha   affermato   che
«costituisce un principio fondamentale di coordinamento della finanza
pubblica quanto stabilito dall'art. 2, commi 80 e 95, della legge  n.
191 del 2009, per cui sono vincolanti, per le Regioni che li  abbiano
sottoscritti, gli accordi previsti  dall'art.  1,  comma  180,  della
legge  30  dicembre  2004,  n.  311,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2005)», finalizzati al contenimento della spesa sanitaria
e al ripianamento dei debiti (da ultimo, sentenza n. 227  del  2015)»
(da  ultimo,  sentenza  n.  14  del  2017)»  (cosi'  la  sentenza  n.
106/2017). 
    Tali accordi, secondo  la  Corte,  assicurano,  da  un  lato,  la
partecipazione  delle  Regioni  alla  definizione  dei  percorsi   di
risanamento  dei  disavanzi  nel  settore  sanitario  e,  dall'altro,
escludono che le Regioni possano poi adottare unilateralmente  misure
- amministrative o normative - con essi incompatibili (sentenza n. 51
del 2013). 
    Nel caso di specie la norma regionale, statuendo  in  particolare
il  rifinanziamento  di  una  legge  regionale  di  spesa,  la  legge
regionale 25 maggio 1990,  n.  24,  che  prevede  la  concessione  di
contributi a favore di associazioni  di  mutilati  ed  invalidi,  non
rispetta i vincoli  imposti  dall'esigenza  di  rientro  dal  deficit
sanitario e pregiudica il conseguimento degli obiettivi di  risparmio
ivi previsti confliggendo percio'  con  i  principi  fondamentali  in
materia di coordinamento della finanza pubblica  in  campo  sanitario
stabiliti dalle norme sopra ricordate. 
    Come teste' segnalato, infatti, l'art. 1  della  legge  regionale
impugnata prevede il rifinanziamento di una serie di leggi  regionali
di spesa, tra le quali  la  citata  legge  regionale  n.  24/90,  che
prevede la concessione di contributi  a  favore  di  associazioni  di
mutilati ed invalidi. 
    Considerato che - dalla lettura della tabella allegata alla legge
regionale in esame - il rifinanziamento dei contributi  di  cui  alla
legge regionale n. 24/90 sembra gravare su fondi di natura sanitaria,
la previsione di cui all'art. 1 integra, se non  una  spesa  sociale,
quanto meno un livello ulteriore di assistenza, non  essenziale,  non
previsto dal decreto del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  12
gennaio  2017  recante  «Definizione  e  aggiornamento  dei   livelli
essenziali di assistenza, di cui all'art. 1,  comma  7,  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n.  502»  che  la  Regione  Molise,  in
quanto sottoposta al Programma operativo straordinario 2015-2018, non
puo' garantire, neppure con  risorse  di  natura  sociale  (v.  Corte
costituzionale sentenza n. 104/2013). Sul punto si evidenzia altresi'
che, per le regioni impegnate  in  Piani  di  rientro  dal  disavanzo
sanitario, vige il divieto di effettuare spese  non  obbligatorie  ai
sensi dell'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. 
    La Corte costituzionale (sent. n. 104 del 2013 sopra  citata)  ha
evidenziato in materia che «l'autonomia legislativa concorrente delle
Regioni nel settore della  tutela  della  salute  ed  in  particolare
nell'ambito della gestione del  servizio  sanitario  puo'  incontrare
limiti alla  luce  degli  obiettivi  della  finanza  pubblica  e  del
contenimento  della  spesa,  "specie"  in  un  quadro  di   esplicita
condivisione da parte delle  Regioni  della  assoluta  necessita'  di
contenere  i  disavanzi  del  settore  sanitario»:   sul   punto   la
giurisprudenza costituzionale e' costante; si vedano le  sentenze  n.
193/2007 e 91/2012, di codesta Ecc.ma  Corte,  con  analoga  massima:
«l'autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore  della
tutela della salute ed in particolare nell'ambito della gestione  del
servizio sanitario puo' incontrare limiti alla luce  degli  obiettivi
della finanza pubblica e del contenimento della spesa»,  peraltro  in
un «quadro di esplicita condivisione da  parte  delle  Regioni  della
assoluta necessita' di contenere i disavanzi del  settore  sanitario»
(sent. 193/07); pertanto, il legislatore statale puo' «legittimamente
imporre alle Regioni  vincoli  alla  spesa  corrente  per  assicurare
l'equilibrio  unitario  della  finanza   pubblica   complessiva,   in
connessione   con   il   perseguimento   di   obbiettivi   nazionali,
condizionati anche da obblighi comunitari (sentenza n. 163 del 2011 e
n. 52 del 2010)» (sent. n. 91/2012). 
    Ne deriva che, laddove l'art. 1 della legge  regionale  in  esame
dispone  l'assunzione  a  carico  del  bilancio  regionale  di  oneri
aggiuntivi per garantire un livello di assistenza supplementare, esso
viola il principio di contenimento della  spesa  pubblica  sanitaria,
quale  principio  fondamentale  in  materia  di  coordinamento  della
finanza  pubblica  e,  pertanto,  l'art.  117,  terzo  comma,   della
Costituzione. 
B) L'art. 6 della legge regionale del 30 gennaio  2018,  n.  2  e  la
violazione dell'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione. 
III) Premessa 
    L'art. 6 della l.r. n. 2/2018 apporta invece modifiche della l.r.
5  maggio  2006,   n.   5,   recante   «Disciplina   delle   funzioni
amministrative in materia di demanio marittimo  e  di  zone  di  mare
territoriale» integrando, per quanto qui interessa, l'art.  4,  primo
comma, della suddetta l.r.  n.  5/2006  con  la  previsione,  tra  le
funzioni della Regione, all'espressione  di  un  parere  obbligatorio
«preventivo» (sic) «da richiedersi ecc. ecc.» (lett. o-bis)  aggiunta
dall'art. 6, primo comma, lettera a), n. 2, della l.r. n. 2/2018). 
    In via preliminare e' dunque  necessario  ricostruire  il  quadro
costituzionale  delle  competenze  legislative  e  amministrative  in
materia di demanio marittimo. 
    Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione da parte della l.
cost. 18 ottobre 2001, n. 3,  e,  segnatamente,  dell'art.  117,  sul
piano costituzionale la disciplina  dell'uso  dei  beni  del  demanio
marittimo afferisce ora alla materia, oggetto di potesta' legislativa
concorrente, del «governo del territorio»  e  a  quella,  oggetto  di
potesta' legislativa residuale  regionale,  del  turismo  (art.  117,
terzo e quarto comma, Cost.). 
    La  disciplina  degli  aspetti  dominicali  del  demanio  statale
rientra, invece, nella materia dell'ordinamento  civile  che,  com'e'
noto, e' di competenza legislativa esclusiva dello Stato  costituendo
ambito sul quale la legislazione regionale non puo'  incidere  (Corte
cost., 14 novembre 2008, n.  370;  Corte  costituzionale,  28  luglio
2004, n. 286). 
    Per quanto attiene alle funzioni  amministrative,  va  rammentato
che la prima  delega  di  funzioni  su  aree  del  demanio  marittimo
realizzata, dapprima, con l'art. 1 della legge delega 22 luglio 1975,
n. 382 («Norme sull'ordinamento regionale e sulla organi azione della
pubblica amministrazione») e, poi,  con  gli  articoli  1  e  59  del
decreto del Presidente  della  Repubblica  24  luglio  1977,  n.  616
(«Attuazione della delega di cui all'art. 1  della  legge  22  luglio
1975,  n.  382»)  era  limitata  alle  sole  funzioni  amministrative
finalizzate   al    rilascio    di    concessioni    con    finalita'
turistico-ricreative e, solo  successivamente,  con  l'art.  105  del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 («Conferimento di  funzioni
e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali,
in attuazione del capo I della legge  15  marzo  1197,  n.  59»),  la
delega e' stata estesa anche alle funzioni amministrative «in materia
di rilascio di concessioni di  beni  del  demanio  della  navigazione
interna, del demanio marittimo e di zone del  mare  territoriale  per
finalita'  diverse  da  quelle  di  approvvigionamento  di  fonti  di
energia». 
    Dal complesso di queste  disposizioni  emerge  che,  «la  nozione
demanio marittimo, un  tempo  espressiva  di  funzioni  facenti  capo
esclusivamente allo  Stato,  con  lo  sviluppo  delle  autonomie,  e'
divenuta espressiva di una pluralita' di funzioni, alcune delle quali
rimaste allo Stato, altre "delegate" ai comuni ed alle Regioni, altre
ancora  "conferite"   alle   Regioni   («in   questo   senso,   Corte
costituzionale, n. 150/2003»). 
    Specificamente,  le   disposizioni   richiamate   confermano   la
sussistenza  di  una  separazione  tra  le  funzioni   amministrative
delegate alle Regioni e quelle che permangono in capo allo  Stato  in
quanto  relative  all'aspetto  dominicale  dei  beni  (cd.   funzioni
dominicali). 
    In  particolare,  per  quel  che  qui  interessa,  la  disciplina
relativa alla funzione di consegna dei beni demaniali marittimi  alle
amministrazioni,  che  ne  facciano  richiesta  per   «usi   pubblici
diversi», ricade nella sfera di competenza statale ed e' disciplinata
dal codice della navigazione all'art. 34. 
    Cio' si spiega agevolmente considerando che l'art. 34 del  codice
della navigazione disciplina una delle  possibili  modalita'  di  uso
diretto del bene demaniale marittimo  da  parte  dello  Stato,  quale
proprietario e, quindi, attiene ad aspetti che coinvolgono il profilo
dominicale del bene. 
    L'art. 34 del codice della navigazione prevede, infatti, che  con
provvedimento   ministeriale   «su   richiesta   dell'amministrazione
statale, regionale o dell'ente locale competente,  determinate  parti
del demanio marittimo possano essere destinate ad altri usi pubblici,
cessati i quali riprendono la loro destinazione normale». 
    L'art.  36  del  regolamento  di  esecuzione  del  codice   della
navigazione, che disciplina concretamente tale facolta', prevede  che
la destinazione temporanea delle aree demaniali in  favore  di  altre
amministrazioni debba essere autorizzata dal  Ministro  competente  e
consti da un processo  verbale  di  consegna  redatto  dal  capo  del
compartimento marittimo. E' precisato che tale consegna, salvo per  i
porti di cui all'art. 19 del codice, non comporta  il  versamento  di
alcun  canone.  Nel  processo  verbale  sono  incluse   le   clausole
necessarie a tutela degli interessi del demanio marittimo. 
    Il terzo comma del medesimo articolo prevede poi che  l'eventuale
utilizzazione da parte di terzi di beni demaniali compresi nelle zone
consegnate gratuitamente ad altre amministrazioni resta soggetto alla
disciplina dell'art. 36 del codice della navigazione,  ai  sensi  del
quale l'occupazione e  l'uso,  anche  esclusivo,  di  beni  demaniali
avviene mediante il rilascio di una  concessione  a  titolo  oneroso.
L'autorita' marittima mercantile  in  ogni  caso  esercita  sui  beni
stessi i poteri di polizia ai sensi dell'art. 30 del codice. 
    Risulta, quindi, evidente che l'istituto della  consegna  di  cui
all'art. 34  cod.  nav.  costituisce  un  procedimento  di  esclusiva
competenza statale nell'ambito  del  quale  e'  rimessa  soltanto  ad
organi dello Stato ogni piu' opportuna e  necessaria  valutazione  in
merito alla destinazione del bene demaniale ad  altri  fini  pubblici
(quali difesa, sicurezza, soccorso, etc.), risultando quindi ad  esso
estraneo  l'intervento  di  organi  non  statali  e,  in  particolare
regionali, i quali non sono  titolari  ad  operare  o  ad  esprimere,
neppure in via consultiva, alcuna valutazione. 
    All'opposto,   la   disposizione   regionale   in   questione   -
introducendo un parere comunque obbligatorio -  incide  concretamente
su una procedura di esclusiva competenza statale e, pertanto, essa e'
costituzionalmente illegittima per i seguenti 
IV) Motivi di diritto 
    Come s'e' anticipato, l'art.  6  della  l.r.  n.  2/2018  apporta
alcune modifiche alla legge regionale n. 5/2006  recante  «Disciplina
delle funzioni amministrative in materia di demanio  marittimo  e  di
zone di mare territoriale»;  in  particolare,  aggiunge,  all'art.  4
(rubricato «Funzioni della Regione») della legge regionale n. 5/2006,
una lettera - la lettera o-bis) - che, come s'e'  detto,  prevede  la
necessita' di un parere regionale da  richiedersi  non  soltanto  nei
procedimenti di rilascio di concessioni demaniali marittime  ex  art.
36 cod. nav. e in quelli di variazione del contenuto delle stesse  ex
art. 24 del reg. cod. nav. ma anche nei procedimenti di cui  all'art.
34 cod. nav. intesi alla destinazione di zone demaniali marittime  ad
altri usi pubblici: siffatta  previsione  risulta  in  contrasto  con
l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione che  riserva
alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato   la   materia
dell'ordinamento civile». 
    Giova premettere che la legge regionale del Molise 5 maggio 2006,
n. 5, disciplina l'esercizio delle funzioni  amministrative  connesse
alla  gestione  del  demanio  marittimo  e  delle   zone   del   mare
territoriale, individuando, all'art. 4,  le  funzioni  delegate  alle
Regioni dal decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977, art.
59, e conferite ad esse dal decreto legislativo  31  marzo  1998,  n.
112, art. 105, comma  2,  lettera  l)  e  successive  integrazioni  e
modificazioni, e all'art. 5, le funzioni spettanti ai Comuni. 
    L'art. 6, comma 1, lettera a) n.  2  della  legge  regionale  del
Molise n. 2/2018 nella parte in cui  aggiunge  la  anzidetta  lettera
o-bis) al comma 1 dell'art. 4 della l.r. n. 5/2006  -  vincolando  la
procedura di consegna ex art. 34 cod. nav. ad un parere  obbligatorio
della Regione - risulta in contrasto con l'art. 117,  secondo  comma,
lettera l) della Costituzione in materia di «ordinamento civile». 
    La  disposizione  regionale  censurata  interviene   infatti   su
funzioni proprie esclusive  dello  Stato  arrecando  un  vulnus  alle
prerogative dominicali di questo sui beni che fanno parte del demanio
marittimo. 
    Infatti, essendo lo  Stato  il  soggetto  proprietario  dei  beni
demaniali marittimi, non vi e' dubbio che solo  a  questo  spetti  la
competenza a disciplinare il procedimento in  questione,  preordinato
all'adozione di provvedimenti intesi alla  destinazione  gratuita  di
porzioni del demanio marittimo ad altri usi pubblici. 
    In  altre   parole,   l'istituto   della   consegna   costituisce
manifestazione del potere di disposizione  e  godimento  naturalmente
spettante allo Stato proprietario dei propri beni e, come  tale,  non
puo'  incontrare  i  limiti  altrimenti  derivanti  dalle  competenze
riconosciute alle  Regioni  in  materia  di  utilizzazione  dei  beni
demaniali marittimi. 
    Se ne ricava che la competenza della Regione nella materia de qua
non puo' incidere sulle facolta' che spettano allo  Stato  in  quanto
proprietario. 
    A tal riguardo, codesta Ecc.ma Corte ha piu' volte affermato  che
«la  titolarita'  di  funzioni  legislative  e  amministrative  della
Regione in ordine all'utilizzazione  di  determinati  beni  non  puo'
incidere  sulle  facolta'  che  spettano   allo   Stato   in   quanto
proprietario e che la disciplina degli aspetti dominicali del demanio
statale rientra nella materia dell'ordinamento civile  di  competenza
esclusiva dello Stato (sentenze n. 102 e n. 94 del 2008, n.  286  del
2004, n. 343 del 1995)». 
    Con  specifico  riferimento  al  demanio  marittimo,   e'   stato
precisato che «la competenza della Regione  nella  materia  non  puo'
incidere  sulle  facolta'  che  spettano   allo   Stato   in   quanto
proprietario. Queste infatti precedono  logicamente  la  ripartizione
delle competenze ed ineriscono  alla  capacita'  giuridica  dell'ente
secondo i principi «dell'ordinamento  civile  (sentenza  n.  427  del
2004)» (cosi' sent. 14 novembre 2008, n. 370). 
    Orbene, dal ricostruito quadro normativo e  giurisprudenziale  si
ricava che la disciplina denunciata si  pone,  come  s'e'  detto,  in
contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,   lettera   l),   della
Costituzione nella  misura  in  cui  pretende  di  intervenire  nella
disciplina  di  un  procedimento  che,  riguardando  una  particolare
modalita' di uso diretto da parte dello Stato dei  beni  del  demanio
marittimo,  involge  profili  dominicali  estranei  alle   competenze
regionali legislative e amministrative relative all'utilizzazione dei
beni demaniali marittimi. 
    Al  riguardo,  preme  ribadire  che  la  disposizione   regionale
denunciata configge e prevarica le esigenze funzionali  e  logistiche
essenzialmente proprie degli organi dello Stato preposti alla  tutela
di interessi pubblici primari statali quali la difesa, la  sicurezza,
il soccorso rispetto ai quali le regioni non  hanno,  in  difetto  di
esplicite previsioni di legge statale, titolo per interloquire. 
    L'istituto della  consegna  costituisce  infatti  espressione  ed
esercizio del diritto dominicale statale e, come  tale,  e'  estraneo
alle  attribuzioni  regionali;  con   la   conseguenza   che   spetta
esclusivamente allo Stato - in quanto titolare del demanio  marittimo
- dettarne  la  disciplina  anche  sotto  il  profilo  specificamente
procedimentale. 
    Non sussiste comunque  alcuna  necessita'  di  un  coinvolgimento
diretto della Regione, neppure a  livello  meramente  consultivo,  in
vicende relative all'utilizzo diretto da parte dello Stato  dei  beni
demaniali, vicende che afferendo  all'esercizio  delle  facolta',  di
disposizioni  e  godimento,  inerenti  al  diritto   di   proprieta',
afferiscono all'ambito  di  competenza  legislativa  dello  Stato  in
materia di ordinamento civile. 
    E, del resto, gli interessi regionali  inerenti  al  Governo  del
territorio - ove si ritenga che questi abbiano motivato  l'intervento
legislativo che qui si censura  -  risultano  comunque  adeguatamente
garantiti perche', qualora la consegna preveda  la  realizzazione  di
opere,   queste   debbono   essere   conformi   agli   strumenti   di
pianificazione (salvo che si tratti di opere di preminente  interesse
statale per le quali e', come  noto,  prevista  una  possibilita'  di
deroga). 
    Pertanto,  l'assoggettamento  agli  strumenti  di  pianificazione
assicura adeguatamente la tutela degli interessi sottesi  al  Governo
del territorio e,  conseguentemente,  non  giustifica  ne'  legittima
l'introduzione forzosa  di  pareri  obbligatori  in  procedimenti  di
competenza statale. 
    In definitiva, l'art. 6  della  legge  n.  2/2018  della  Regione
Molise confligge con l'attuale assetto del riparto delle attribuzioni
tra Stato e Regioni e, in  particolare,  viola  l'art.  117,  secondo
comma, lettera l) della Costituzione poiche' vincola indebitamente ad
un parere  regionale  la  consegna,  ex  art.  34  del  codice  della
navigazione, di beni facenti parte del demanio marittimo  statale  la
cui utilizzazione e  destinazione,  come  chiaramente  risulta  anche
dalle altre disposizioni richiamate in precedenza (art. 36  reg.  es.
cod. nav. e 30 cod. nav.), si determina in esito ad  un  procedimento
amministrativo gestito esclusivamente da organi dello Stato ai  quali
e' rimessa ogni piu' opportuna valutazione in merito ai  diversi  usi
pubblici (difesa, sicurezza, soccorso, etc.) cui adibire i beni. 
    In questa prospettiva, l'intervento della Regione risulta  quindi
non soltanto assolutamente  eccentrico,  ma,  soprattutto,  violativo
dell'ordine costituzionale delle competenze quale delineato dall'art.
117, secondo comma, lettera l) Cost. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  chiede   che,   in
accoglimento   del   presente   ricorso,   codesta    Ecc.ma    Corte
costituzionale voglia dichiarare  costituzionalmente  illegittimi,  e
conseguentemente  annullare,  per  i  motivi  sopra   rispettivamente
indicati ed illustrati, gli articoli 1 e 6 della legge della  Regione
Molise n. 2 del 30 gennaio 2018 pubblicata nel  Bollettino  Ufficiale
della Regione Molise n. 7 del 1° febbraio 2018. 
    Con  l'originale  notificato  del  ricorso  si  depositeranno   i
seguenti atti e documenti: 
        1. attestazione relativa  alla  approvazione,  da  parte  del
Consiglio dei ministri della determinazione  di  impugnare  la  legge
della  Regione  Molise  in  epigrafe  secondo  i  termini  e  per  le
motivazioni di cui alla  allegata  relazione  del  Ministro  per  gli
affari regionali e le autonomie; 
        2. copia  della  legge  regionale  impugnata  pubblicata  nel
Bollettino Ufficiale della Regione Molise. 
    Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i  motivi  di
ricorso anche alla luce delle difese avversarie. 
        Roma, 29 marzo 2018 
 
                 L'Avvocato dello Stato: De Giovanni 
 
 
                       Il vice Avvocato generale dello Stato: Mariani