N. 33 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 aprile 2018

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 23 aprile  2018  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Ambiente  -  Acque  pubbliche  -   Norme   della   Regione   autonoma
  Friuli-Venezia Giulia - Provvedimenti di  gestione  del  patrimonio
  idrico adottabili in caso di deficit idrico - Riduzioni  temporanee
  del deflusso minimo vitale. 
Acque pubbliche - Norme della Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia
  - Canoni demaniali per l'esercizio delle concessioni di derivazione
  d'acqua - Proroga dell'esercizio  delle  concessioni  -  Previsione
  dell'aumento del canone demaniale. 
Idrocarburi - Norme della Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  -
  Disposizioni sugli  impianti  di  distribuzione  dei  carburanti  -
  Condizioni  di  incompatibilita'  territoriale  o  di   inidoneita'
  tecnica ai fini della decadenza del provvedimento  autorizzativo  -
  Termine di due anni, dall'entrata in vigore della legge  regionale,
  per la presentazione del programma di  adeguamento  o  di  chiusura
  dell'impianto. 
Ambiente - Norme  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  -
  Procedure   di   autorizzazione   per   interventi   di   dragaggio
  manutentivo. 
Acque e acquedotti -  Norme  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
  Giulia - Attingimento di acque superficiali a mezzo di  dispositivi
  fissi - Autorizzazione in sanatoria, previa istanza  da  presentare
  entro il 31 dicembre 2018, per i dispositivi esistenti alla data di
  entrata in vigore della legge regionale. 
- Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 6 febbraio 2018,
  n. 3  (Norme  urgenti  in  materia  di  ambiente,  di  energia,  di
  infrastrutture e di contabilita'), artt. 4, lettere p)  e  w),  14,
  15, comma 1, e 16, comma 1. 
(GU n.22 del 30-5-2018 )
    Ricorso ex art. 127 costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri  (c.f.  80188230587)  rappresentato  e  difeso   per   legge
dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. 80124030587), presso i cui
uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12,  manifestando  la
volonta'   di   ricevere   le   comunicazioni    all'indirizzo    PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it 
    Nei confronti di Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia a Statuto
speciale, in persona del Presidente pro tempore, per la dichiarazione
di illegittimita' costituzionale degli articoli 4, lett. p)  e  lett.
w), 14,  15,  comma  1  e  16  comma  1  della  legge  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 6 febbraio 2018  pubblicata  nel  B.U.
Friuli-Venezia Giulia 14 febbraio 2018, n. 7 recante  «Norme  urgenti
in  materia  di  ambiente,  di  energia,  di  infrastrutture   e   di
contabilita'» giusta delibera del Consiglio dei  ministri  10  aprile
2018; 
    Con la legge regionale n. 3  del  6  febbraio  2018  indicata  in
epigrafe,  che  consta  di   19   articoli,   la   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia a statuto speciale ha adottato  «Norme  urgenti
in  materia  di  ambiente,  di  energia  di   infrastrutture   e   di
contabilita'». 
    E' avviso del Governo che, con le norme denunciate  in  epigrafe,
la Regione Friuli-Venezia Giulia a Statuto  speciale  abbia  ecceduto
dalla   propria   competenza   in    violazione    della    normativa
costituzionale, come si confida di dimostrare nei seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. - L'art. 4, lettera p) della legge regionale Friuli-Venezia Giulia
n. 3 del 6 febbraio 2018 viola i limiti  della  potesta'  legislativa
regionale ex art 117, comma secondo, lett. s) e 118 primo comma Cost. 
    L'art. 4,  alla  lettera  p),  rubricato  «modifiche  alla  legge
regionale n. 11/2015 prevede quanto segue: 
        «dopo il comma 7  dell'art.  36  sono  aggiunti  i  seguenti:
«comma  7-bis-qualora  sul  territorio  regionale  si  configuri  una
situazione di deficit idrico, il Presidente della regione, sulla base
dei dati rilevati  e  di  quelli  forniti  dalla  Direzione  centrale
competente in materia di risorse agricole, con decreto di cui e' data
pubblicazione sul sito istituzionale della Regione, in via d'urgenza:
a) dichiara lo stato di sofferenza idrica; b) individua le  riduzioni
temporanee del deflusso minimo vitale,  commisurate  all'entita'  del
deficit idrico. 7-ter) - le riduzioni  temporanee  di  cui  al  comma
7-bis, lettera b), si applicano alle derivazioni d'acqua per utilizzo
irriguo in esercizio lungo i corsi d'acqua dei  fiumi  Tagliamento  e
Isonzo e dei torrenti Torre, Meduna, Cellina e Judrio». 
    La legislazione statale primaria e secondaria  ha  individuato  i
soggetti cui e' demandata la  gestione  delle  acque  e,  per  quanto
rilevante  in  questa  sede,  l'esercizio  delle  funzioni   tecniche
relative alla determinazione dei livelli di deflusso minimo vitale. 
    In particolare, si richiama  l'art.  95,  comma  4,  del  decreto
legislativo n. 152/2006, ai sensi del quale tutte le  derivazioni  di
acqua «comunque in atto alla data di entrata in  vigore  della  parte
terza del presente decreto sono regolate dall'Autorita'  (di  bacino)
concedente mediante la previsione di rilasci  volti  a  garantire  il
minimo deflusso vitale nei corpi  idrici,  come  definito  secondo  i
criteri adottati  dal  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare con apposito  decreto,  previa  intesa  con  la
Conferenza  Stato-regioni,  senza  che  cio'  possa  dar  luogo  alla
corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione,
fatta  salva  la  relativa  riduzione   del   canone   demaniale   di
concessione». La norma  e'  stata  adottata  dallo  Stato  in  virtu'
dell'art. 117, comma secondo, lettera s),  Cost.,  con  finalita'  di
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», e in virtu' dell'art.  118,
primo comma, Cost., per cui le funzioni amministrative  de  quo  sono
attribuite alle Autorita' di bacino. 
    Nello Statuto  speciale  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963,  n.  1  le
derivazioni d'acqua ricadono nell'ambito della competenza concorrente
a mente dell'art. 5, comma primo, n. 14). 
    Nel contesto del Titolo V della Costituzione  le  derivazioni  di
acqua devono invece ritenersi ascrivibili alla  competenza  residuale
regionale di cui all'art. 117, quarto comma, Cost. 
    La disposizione e' dunque cogente anche per le Regioni a  statuto
speciale, in virtu' dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3  del
2001  per  cui  «sino  all'adeguamento  dei  rispettivi  statuti,  le
disposizioni della presente legge costituzionale si  applicano  anche
alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento  e
Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia  piu'  ampia
rispetto a quelle gia' attribuite». 
    Ne discende quale ulteriore conseguenza l'applicazione del regime
ordinario anche in  riferimento  ai  limiti  che  trova  la  potesta'
legislativa regionale in materia. 
    La norma che qui si contesta viola proprio i limiti alla potesta'
legislativa   regionale   risultando   invasiva   della    competenza
legislativa in materia  di  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema
riconosciuta allo Stato dall'art. 117, comma secondo, lettera  s),  e
118, primo comma, Cost. 
2. - L'art. 4, lett. w) della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 6
febbraio 2018, n. 3 viola gli articoli 3, 97  e  117  comma  secondo,
lettera e) della Costituzione 
    L'art. 4, alla lettera w), ha introdotto nella  l.r.  n.  11/2015
«Disciplina  organica  in  materia  di  difesa   del   suolo   e   di
utilizzazione delle acque» all'art. 50 il comma 3-bis disponendo  che
il canone demaniale, dovuto annualmente dai titolari  di  concessioni
di grande derivazione d'acqua ad uso  idroelettrico,  sia  «aumentato
nella misura di 40 € per kW» di potenza nominale di concessione, «nei
casi in cui l'esercizio delle concessioni [.] sia prorogato ai  sensi
dell'art. 12, comma 8-bis, del decreto legislativo n. 79/1999». 
    L'imposizione di un canone aggiuntivo o maggiorato per la  stessa
concessione per la quale l'operatore gia' versa il  canone,  motivata
peraltro dalla mancata indizione di gare per la riassegnazione  delle
concessioni giunte a  scadenza,  risulta  contrario  ai  principi  di
ragionevolezza e di parita' di trattamento, nonche' di  tutela  della
concorrenza. 
    La previsione di un canone aggiuntivo si pone in contrasto con il
principio comunitario della  libera  concorrenza,  in  quanto  incide
negativamente sui  gestori  operanti  nel  territorio  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia rispetto a quelli di altre regioni. 
    La  disposizione  regionale  dunque   eccede   dalle   competenze
riconosciute  alla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia   dallo   Statuto
speciale di autonomia e dalle relative norme di attuazione, in quanto
viola gli articoli 3, 97  e  117,  secondo  comma  lettera  e)  della
Costituzione. 
    La previsione di un canone aggiuntivo o comunque  maggiorato,  in
assenza   di   una   corrispondente   controprestazione   a    favore
dell'operatore, contrasta con il comma 8-bis dell'art. 12 del decreto
legislativo n. 79/1999, secondo cui «Qualora alla data di scadenza di
una  concessione  non  sia  ancora  concluso  il   procedimento   per
l'individuazione del nuovo concessionario, il concessionario  uscente
proseguira'  la  gestione  della  derivazione,   fino   al   subentro
dell'aggiudicatario della  gara,  alle  stesse  condizioni  stabilite
dalle normative e dal disciplinare di concessione viventi». 
    La norma statale seppure richiamata dalla disposizione  regionale
in parola e' violata nella  sostanza,  poiche'  impone  una  modifica
-nettamente  peggiorativa-  della   principale   e   piu'   rilevante
condizione  economica  di  esercizio  della  concessione,  ossia   la
quantificazione del canone demaniale, a parita' di acqua utilizzata. 
    Trattandosi di materia di tutela  della  concorrenza  non  assume
rilievo la competenza della Regione  in  materia  di  demanio  idrico
trasferito alla regione medesima ai  sensi  dell'art  1  del  decreto
legislativo n. 265/2001. 
    La Corte costituzionale ha affermato che «una situazione di fatto
[quale il ritardo nell'indizione delle  gare  per  la  riassegnazione
delle concessioni idroelettriche - n.d.r.] non potrebbe  giustificare
una alterazione del  riparto  delle  competenze  legislative  sancito
dall'art. 117 Cost.» (sent. n. 339/2011). E cio' e' tanto  piu'  vero
poiche' il legislatore statale e' intervenuto in tema di  canoni  per
le concessioni idroelettriche, affermando che deve essere lo Stato  a
dettare, a fini di  «omogenea  disciplina  sul  territorio  nazionale
delle  attivita'  di  generazione  idroelettrica»   e   «parita'   di
trattamento tra gli operatori economici [...] criteri generali per la
determinazione, secondo principi di economicita' e ragionevolezza, da
parte delle regioni, di valori massimi dei canoni  delle  concessioni
ad use idroelettrico» (art. 37 comma 7, legge n. 134/2012), principio
generale che appare leso dalla norma regionale in esame. 
    Conclusivamente la norma censurata viola sotto un  primo  profilo
la competenza esclusiva statale in materia  di  concorrenza,  poiche'
«disposizioni» quale il richiamato art. 37 comma 7 legge n.  134/2012
cit. «mirano ad agevolare  l'accesso  degli  operatori  economici  al
mercato  dell'energia  secondo  condizioni  uniformi  sul  territorio
nazionale, regolando le relative procedure di evidenza  pubblica  con
riguardo alla tempistica delle gare e al contenuto dei relativi bandi
(commi 4, 5, 6 e 8), nonche all'onerosita' delle concessioni messe  a
gara (comma 7). Tali norme  rientrano  nella  materia  «tutela  della
concorrenza», di competenza esclusiva dello Stato (art. 117,  secondo
comma,  lettera  e),  Cost.)»  (cosi'  la  Corte  costituzionale   n.
28/2014). 
    In proposito,  la  sentenza  n.  101/2016)  ha  ribadito  che  il
legislatore  regionale,  dettando   una   disciplina   in   tema   di
prosecuzione dell'esercizio delle concessioni idroelettriche scadute,
al fine di garantire la continuita'  della  produzione  per  i  tempi
necessari per  espletare  le  gare,  non  incorre  nella  censura  di
illegittimita' costituzionale solo se non devia  «per  alcun  profilo
[...1 dal binario fissato dal legislatore statale». Al contrario,  la
norma regionale in  esame,  nel  prevedere  un  canone  aggiuntivo  o
comunque maggiorato per le concessioni scadute, devia nettamente  dal
precetto di cui all'art. 12 comma 8-bis del  decreto  legislativo  n.
79/1999, secondo  il  quale  il  concessionario  deve  continuare  ad
operare alle stesse condizioni anteriori  alla  scadenza,  cosi  come
sancite negli atti concessori  vigenti,  condizioni  tra  cui  rileva
l'importo del canone. 
    Va infine evidenziato come la norma regionale in esame sia  nella
sostanza meramente reiterativa  della  norma  gia'  introdotta  dalla
stessa Regione con l.r. n. 31/2017 (art. 4, comma 24, che  introdusse
un nuovo art. 61-bis  nella  l.r.  n.  11/2015),  e  che  la  Regione
medesima si era impegnata - con propria nota del 5 ottobre 2017 -  ad
abrogare a seguito di osservazioni formulate  dal  Governo.  Seppure,
formalmente, il citato art. 61-bis sia stato abrogato  (dall'art.  18
della stessa l.r.  n.  3/2018),  la  Regione  ne  ha  contestualmente
reiterato la disciplina. 
    Il mero richiamo della norma regionale all'art. 12,  comma  8-bis
del decreto legislativo n. 79/1999 non ne sancisce la conformita'  al
precetto con il quale,  sostanzialmente,  confligge:  il  presupposto
affermato dal principio fondamentale citato per cui  debbono  restare
«ferme  le  condizioni  stabilite  dalle  vigenti  normative  e   dal
disciplinare  di  concessione»,  viene  disatteso  dalla   variazione
sostanziale della principale di tali condizioni, con l'imposizione di
un nuovo canone, aggiuntivo e maggiorato. 
    La norma si pone dunque in contrasto con gli artt. 3, 97,  e  117
secondo comma lett. e) della Costituzione. 
3. - L'art 14 della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 3 del  6
febbraio 2018 viola  l'art.  117,  secondo  comma  lettera  e)  della
Costituzione. 
    L'art.  14,  in  materia  di  impianti   di   distribuzione   dei
carburanti, prevede che, ai fini della  decadenza  del  provvedimento
autorizzativo e l'eventuale chiusura e la rimozione, sono considerati
in condizioni  di  incompatibilita'  territoriale  o  di  inidoneita'
tecnica  gli  impianti  di  distribuzione  dei  carburanti  che   non
presentino al comune  il  programma  di  adeguamento  o  di  chiusura
dell'impianto entro due anni dalla data di entrata  in  vigore  della
legge  regionale.  Tale  previsione  si  pone  in  contrasto  con  la
normativa statale legge n. 124 del 4 agosto 2017, «Legge annuale  per
il mercato e la  concorrenza»,  che  ha  introdotto  disposizioni  in
materia di  incompatibilita'  degli  impianti  di  distribuzione  dei
carburanti (art. 1, commi da 100 a 119),  con  valenza  di  norme  in
materia di concorrenza e di sicurezza  stradale,  materie  rientranti
nella  legislazione  esclusiva  statale,  anche  con  riguardo   alle
disposizioni statutarie regionali. 
    La  normativa  regionale,  nel  prevedere  quale  condizione   di
incompatibilita'  la  mancata  presentazione  di  un   programma   di
adeguamento o di chiusura dell'impianto entro due anni, contrasta con
le previsioni della citata norma statale la quale, all'art. 1,  comma
102 della citata legge n. 124/2017, fissa  i  tempi  dell'adeguamento
con  modalita'  differenti  e  piu'  stringenti  sotto   il   profilo
temporale, benche' prorogati con l'art. 1, comma 1132 della legge  27
dicembre 2017, n. 205. 
    Si aggiunge che in data 8 marzo 2018 e'  stato  sottoscritto,  in
Conferenza Unificata Governo - Regioni - Province  autonome  ed  Enti
locali, un accordo ai sensi degli art. 4 e 9 del decreto  legislativo
n. 281/1997, per l'attuazione dell'art. 1 commi 100/119  della  legge
n. 124/2017  in  materia  di  carburanti,  Tale  accordo  ha  sancito
l'impegno  di  tutti  i  soggetti  contraenti  ad   implementare   la
concorrenzialita' del mercato dei carburanti, estendendo  e  rendendo
operabile l'Anagrafe dei carburanti. 
    La disposizione regionale in esame, nel protrarre il  termine  di
adeguamento  degli  impianti  in  parola   incide   sull'intento   di
uniformare  la  disciplina  in  materia  su   tutto   il   territorio
nazionale,con cio' provocando squilibri concorrenziali. 
    La norma eccede dunque  dalle  competenze  e  viola  l'art.  117,
secondo comma, lettera e) della Costituzione che riserva  allo  Stato
la competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza. 
4. - L'art. 15 comma 1 della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n.
3 del 6 febbraio 2018 viola le norme poste dallo Stato nell'esercizio
della competenza a tutela dell'ambiente ed ecosistema di cui all'art.
117 comma secondo lettera s) della Costituzione. 
    L'art. 15, comma 1, dispone: «Al comma 1 dell'art. 6 della  legge
regionale 21 luglio 2017, n. 29 (Misure per lo sviluppo  del  sistema
territoriale  regionale   nonche'   interventi   di   semplificazione
dell'ordinamento   regionale   nelle    materie    dell'edilizia    e
infrastrutture, portualita'  regionale  e  trasporti,  urbanistica  e
lavori pubblici, paesaggio e biodiversita'), le parole», coerenti con
le previsioni del  programma  d'intervento  di  cui  all'art.  4,  da
attuare nei canali e nelle vie di navigazione interna appartenenti al
demanio regionale» sono soppresse». 
    Il testo oggi vigente dell'art. 6 della legge regionale n. 29 del
2017, escluso l'inciso che ne determinava  l'applicabilita'  al  solo
demanio regionale, prevede ora la possibilita' di eseguire interventi
di dragaggio manutentivo anche in mare. 
    Cio' si evince dal testo  oggi  vigente  dell'art  6  della  L.R.
29/2017 che dispone «per gli interventi di dragaggio manutentivi, che
risultano finalizzati al ripristino delle preesistenti condizioni  di
navigabilita'  in  sicurezza,  le  procedure  autorizzative   (siano)
circoscritte alla sola acquisizione  delle  verifiche  e  dei  pareri
necessari al conferimento e al riutilizzo dei materiali nel  rispetto
della vigente normativa di valenza ambientale e  sanitaria»  e  anche
dalla competenza gia' riconosciuta alla Regione in base agli artt.  1
comma 1, 2 e dal titolo secondo della medesima legge n. 29. 
    Per effetto del nuvum, introdotto dalla disposizione che  qui  si
contesta,la procedura semplificata disciplinata nell'art. 6 citato  -
che limita, la procedura di autorizzazione  alla  «sola  acquisizione
delle  verifiche  e  dei  pareri  necessari  al  conferimento  e   al
riutilizzo dei materiali»  -  e'  estesa  anche  alle  operazioni  da
svolgersi in mare. 
    Le operazioni di dragaggio in mare,  tuttavia  sono  disciplinate
dall'art. 109 del decreto legislativo  n.  152  del  2006,  che  pone
precetti a  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema  nel  peculiare
settore considerato. Rileva, in  particolare,  il  comma  2  di  tale
disposizione, in cui si  legge  «L'autorizzazione  all'immersione  in
mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), e' rilasciata dalla
regione,  fatta  eccezione  per  gli  interventi  ricadenti  in  aree
protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982,  n.  979  e  6
dicembre 1991, n. 394,  per  i  quali  e'  rilasciata  dal  Ministero
dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  del   mare,   in
conformita'  alle  modalita'  stabilite  con  decreto  del   Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  di  concerto
con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle  politiche
agricole e forestali, delle attivita' produttive previa intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  da  emanarsi   entro
centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della  parte  terza
del presente decreto». Alla disposizione appena citata e' stata  data
attuazione con il decreto 15 luglio 2016, n.  173,  che  contiene  il
«Regolamento recante modalita' e criteri tecnici per l'autorizzazione
all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini». 
    Con l'introduzione della norma qui in esame si attua una  duplice
lesione prevedendosi una autorizzazione regionale semplificata  anche
per le operazioni di dragaggio manutentivo in  mare  e,  escludendosi
per gli interventi ricadenti in aree protette nazionali di  cui  alle
leggi 31 dicembre 1982 n. 979 e 6 dicembre 1991 n. 394  la  procedura
sudescritta di cui all'art 109  del decreto  legislativo n.  152  del
2006. 
    La inoperativita' della procedura autorizzatoria di dragaggio  in
mare ex art. 109 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonche' del
citato decreto attuativo, introdotta dalla norma in  esame  determina
la violazione di norme poste dallo Stato nell'esercizio della propria
competenza in materia di «tutela dell'ambiente e  dell'ecosistema»  e
segnatamente l'art 117, comma 2, lett s) della Costituzione.. 
    Si sottolinea che le norme statali adottate in materia di  tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema non possono  non  essere  qualificate
come «norme di grande riforma  economico-sociale»,  che  -  ai  sensi
dell'art. 4, comma primo, dello Statuto speciale di  autonomia  della
Regione Friuli-Venezia Giulia -  vincolano  anche  l'esercizio  della
potesta' legislativa regionale primaria. 
    Di conseguenza, anche riconducendosi la disposizione che  qui  si
contesta alla materia  «lavori  pubblici  di  interesse  regionale  e
locali» di cui all'art. 4, comma  primo,  n.  9,  dello  Statuto,  la
invasione della competenza statale in materia risulta confermata . 
6. - L'art 16, comma 1 della legge regionale n. 3,  6  febbraio  2018
viola l'art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione. 
    L'art. 16, comma 1,  della  legge  regionale  in  esame  dispone:
«L'attingimento di acque superficiali a mezzo di dispositivi fissi di
cui all'art. 40, comma 2, della legge regionale n. 11/2015, esistenti
alla data di entrata in vigore della presente legge, e'  soggetto  ad
autorizzazione   in   sanatoria   rilasciata   dal   Comune,   previa
presentazione dell'istanza di sanatoria entro il 31 dicembre 2018. In
tal caso non si applica la sanzione prevista dall'art. 56,  comma  12
della legge regionale n. 11/2015». 
    La disposizione contrasta con quanto previsto dall'art. 96, comma
6, del decreto legislativo n. 152  del  2006,  norma  che  limita  la
sanatoria al periodo precedente il 30 giugno 2006, ritenendo  i  casi
di abusiva derivazione o utilizzazione di acque commessi nel  periodo
successivo sanzionabili a mente dell'art. 17, comma 3,  del  RD  1775
del 1933 ed e' dunque invasiva della competenza legislativa statale.. 
    In particolare vi e' la violazione dell'art. 117, comma  secondo,
lettera s),  Cost.  atteso  che  nel  contesto  del  titolo  V  della
Costituzione le derivazioni di  acqua  devono  ritenersi  ascrivibili
alla competenza residuale  regionale  di  cui  all'art.  117,  quarto
comma, Cost. La disposizione  e'  cogente  anche  per  le  Regioni  a
statuto speciale, in virtu' dell'art. 10 della  legge  costituzionale
n. 3 del 2001 per cui sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le
disposizioni della presente legge costituzionale si  applicano  anche
alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento  e
Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia  piu'  ampia
rispetto a quelle gia' attibuite». 
    Ne discende quale ulteriore conseguenza l'applicazione del regime
ordinario anche con riferimento  ai  limiti  che  trova  la  potesta'
legislativa regionale in materia. 
    La norma che qui si contesta viola proprio i limiti alla potesta'
legislativa   regionale   risultando   invasiva   della    competenza
legislativa in materia  di  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema
riconosciuta allo Stato dall'art 117, comma secondo, lett. s), Cost. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si conclude perche' gli articoli 4, lettera p) e w), 14, 15 primo
comma e 16 primo  comma  della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia n. 3 del 6 febbraio 2018 recante «Norme urgenti in materia  di
ambiente, di energia, di  infrastrutture  e  di  contabilita'»  siano
dichiarati costituzionalmente illegittimi. 
    Con l'originale notificato del presente ricorso si depositano: 
        1. Estratto della determinazione del Consiglio  dei  ministri
assunta nella riunione del 10 aprile 2018 e della relazione  allegata
al verbale; 
        2. Copia della legge impugnata della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia n 3 del 6 febbraio 2018 
          Roma, 12 aprile 2018 
 
           Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Palmieri