N. 91 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 marzo 2018

Ordinanza del 19 marzo 2018 del Tribunale di Palermo nel procedimento
penale a carico di B. R.. 
 
Processo penale - Casellario giudiziale -  Ordinanza  di  sospensione
  del procedimento con messa alla prova  emessa  ai  sensi  dell'art.
  464-quater cod. proc. pen. e sentenza che dichiara l'estinzione del
  reato ai sensi dell'art. 464-septies cod. proc. pen.  -  Iscrizione
  nel  certificato  generale  e  nel  certificato  penale   richiesti
  dall'interessato - Esclusione - Mancata previsione. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre  2002,  n.  313
  (Testo unico delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
  materia  di  casellario  giudiziale,  di  anagrafe  delle  sanzioni
  amministrative  dipendenti  da  reato  e   dei   relativi   carichi
  pendenti), artt. 24 e 25. 
(GU n.25 del 20-6-2018 )
 
                        TRIBUNALE DI PALERMO 
                         Sezione III penale  
 
    Il Giudice dell'esecuzione Dott.ssa Elisabetta Stampacchia, 
    letta l'istanza con la quale B. R., nata a Messina in  data...  ,
ha chiesto la cancellazione dal casellario giudiziale  dell'ordinanza
del 18 dicembre 2015  con  la  quale  il  Tribunale  di  Palermo,  in
composizione monocratica, ha disposto la sospensione del processo per
messa alla prova ex  art.  464-quater  codice  penale  nonche'  della
sentenza dell'8 luglio 2016 con la quale  il  medesimo  Tribunale  ha
dichiarato l'estinzione del reato per esito positivo della messa alla
prova ex art. 464-septies codice di procedura penale; 
    letti gli atti e sentite le parti, a scioglimento  della  riserva
di cui all'udienza del 6 marzo 2018; 
 
                          Premesso in fatto 
 
    Con decreto del 24 luglio 2014, la signora  B.  R.  venne  citata
dinanzi al Tribunale  di  Palermo  in  composizione  monocratica  per
rispondere del reato di cui all'art. 482 codice penale, in  relazione
all'art. 477 codice penale, per avere contraffatto il contrassegno di
concessione del parcheggio invalidi. 
    Prima dell'apertura del dibattimento, la odierna istante, a mezzo
del difensore e  procuratore  speciale,  chiese  la  sospensione  del
procedimento con messa alla prova per il periodo di  mesi  sei  e  il
giudice, ritenuta ammissibile la richiesta, dispose con ordinanza del
18 dicembre 2015 la sospensione del processo  per  messa  alla  prova
fissando l'udienza dell'8 luglio  2016  per  la  verifica  dell'esito
della stessa. 
    Alla udienza dell'8 luglio  2016,  dopo  la  consultazione  della
relazione finale elaborata dall'UEPE e previa verifica del versamento
della  somma  di  €  200,00  a  favore  dell'U.C.I.  (Unione   ciechi
italiana), il giudice emise sentenza  di  non  doversi  procedere  in
relazione al reato contestato in quanto estinto  per  esito  positivo
della messa alla prova. 
    L'ordinanza del 18 dicembre 2015 e la conseguente sentenza dell'8
luglio 2016 risultano annotati sia  nel  certificato  del  casellario
giudiziale ex art. 21 decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
313/2002, richiesto dall'ufficio e inserito nel  fascicolo,  sia  nel
certificato ex art. 33 del medesimo decreto, allegato all'istanza. Di
tali annotazioni la B. chiede la cancellazione «come da normativa  in
vigore». 
 
                               Osserva 
 
    Ritiene il giudice che, contrariamente a  quanto  ritenuto  dalla
richiedente, che la invoca,  la  normativa  in  vigore  non  supporti
affatto la cancellazione richiesta. 
    L'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 313/2002,
come modificato dalla legge 28 aprile 2014 n. 67, prevede infatti che
nel casellario giudiziale debba essere iscritta per estratto, fra  le
altre, «l'ordinanza che ai sensi dell'art. 464-quater del  codice  di
procedura penale dispone la sospensione del  procedimento  con  messa
alla prova» (lettera i-bis). 
    L'ordinanza di sospensione del procedimento per messa alla  prova
dell'imputato  deve  dunque  essere  annotata  nel  certificato   del
casellario e cio' per l'ovvia  considerazione  che  l'istituto  della
sospensione del procedimento  con  messa  alla  prova,  per  espresso
disposto dell'art. 168-bis, comma 4, codice penale, e'  strumento  di
cui  l'imputato  puo'   beneficiare   una   sola   volta,   cosicche'
l'annotazione  si  ravvisa  strumento  indispensabile  al   fine   di
consentire al giudice di un eventuale, ulteriore, procedimento penale
successivo di verificare la sussistenza dei presupposti per  accedere
a tale rito alternativo. In quest'ottica e'  evidentemente  orientata
anche la previsione della lettera 1 bis) dell'art. 5  che  stabilisce
che le iscrizioni  relative  ai  provvedimenti  con  cui  il  giudice
dispone la sospensione del procedimento ai sensi dell'art. 420-quater
codice di procedura penale «sono eliminate quando il provvedimento e'
revocato». 
    Ne deriva  che  qualora  l'istanza  fosse  tesa  ad  ottenere  la
cancellazione di tale  annotazione  dal  certificato  del  casellario
giudiziale ex art. 3  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  14
novembre 2002 n. 313 - il cui contenuto  e'  interamente  acquisibile
dall'autorita' giudiziaria, ex art. 21 del  medesimo  decreto  -,  la
stessa dovrebbe ritenersi meritevole di rigetto. 
    L'annotazione de qua appare infatti del  tutto  coerente  con  il
sistema attualmente vigente che, analogamente,  prevede  l'iscrizione
nel  certificato  del  casellario  «dei  provvedimenti  che   abbiano
dichiarato la non punibilita' ai sensi dell'art. 131  bis»  (art.  3,
lettera f), i quali ultimi vengono  eliminati  trascorsi  dieci  anni
dalla relativa pronuncia (art. 5, lettera d-bis). 
    Problemi  di  legittimita'  costituzionale  per  violazione   del
principio di uguaglianza, potrebbero semmai  porsi  con  l'attuazione
della legge 23 giugno 2017 n. 203  con  la  quale,  all'art.  18,  il
Parlamento ha delegato il Governo ad adottare, entro il termine di un
anno dalla data di entrata in vigore della  legge  stessa  (3  agosto
2017), un decreto legislativo per la revisione della  disciplina  del
casellario giudiziale, secondo determinati criteri direttivi,  fra  i
quali figura, alla lettera c), l'eliminazione  della  disciplina  che
prevede l'iscrizione dei provvedimenti applicativi della causa di non
punibilita' (evidentemente dal certificato del casellario ex  art.  3
decreto del Presidente della Repubblica 14  novembre  2002,  n.  313,
atteso che, come si dira', essi gia' risultano  fra  quelli  che  non
devono essere riportati nei certificati  ex  articoli  24  e  25  del
medesimo  decreto  del  Presidente  della  Repubblica)  delegando  al
pubblico  ministero  -  plausibilmente  attraverso  la  verifica   di
precedenti iscrizioni per fatti ritenuti di lieve  entita'  non  piu'
annotati - il controllo sulla «non abitualita' del comportamento». 
    Trattasi  di  considerazioni  de  jure  condendo  che,  tuttavia,
lasciano emergere in tutta la sua evidenza l'aperto contrasto che  la
presente ordinanza intende segnalare. 
    L'istanza,   formulata   personalmente   dall'interessata,   mira
tuttavia - come si evince dalla visura  allegata  -  ad  ottenere  la
cancellazione delle iscrizioni relative ai medesimi provvedimenti dal
certificato   generale   e   dal   certificato    penale    richiesti
dall'interessato. 
    Gli articoli 24 e 25 del medesimo decreto  del  Presidente  della
Repubblica nel disciplinare i servizi certificativi del casellario  e
nell'annoverare i provvedimenti che non debbono essere menzionati nel
«Certificato   generale   del   casellario    giudiziale    richiesto
dall'interessato» (art. 24) e nel «Certificato penale del  casellario
giudiziale richiesto dall'interessato» (art. 25) non annoverano,  fra
gli altri, ne' l'ordinanza con la quale e'  disposta  la  sospensione
del procedimento con messa alla prova, ex  art.  464-quater,  ne'  la
sentenza  che,  ex  art.  464-septies  codice  di  procedura  penale,
dichiara non doversi procedere per estinzione  del  reato  a  seguito
dell'esito positivo della messa alla prova. 
    Ebbene, il giudicante ritiene che la  questione  di  legittimita'
costituzionale  per  contrasto  con  gli  articoli  3  e   27   della
Costituzione di ambedue le norme appena richiamate,  nella  parte  in
cui  non  prevedono  che  nel  certificato  generale  del  casellario
giudiziale e nel  certificato  penale  chiesti  dall'interessato  non
siano riportate le ordinanze di sospensione del  processo  per  messa
alla prova ai sensi dell'art. 464-quater codice di procedura penale e
le sentenze che, all'esito positivo di essa, dichiarano  l'estinzione
del reato, ai sensi dell'art. 464-septies codice di procedura penale,
sia di primaria rilevanza nell'ambito del presente procedimento e non
manifestamente infondata. 
    Quanto alla rilevanza della prospettata questione di legittimita'
costituzionale, il giudice osserva di essere chiamato  ad  esercitare
una effettiva e attuale potestas decidendi proprio in relazione  alle
norme sospettate di incostituzionalita', venendo le stesse in  rilevo
nell'ambito del procedimento di esecuzione instaurato  dalla  B.  per
ottenere la cancellazione dell'iscrizione ritenuta - a parere di  chi
scrive, giustamente - pregiudizievole. Ove  la  questione  non  fosse
prospettata, questo giudice dovrebbe infatti respingere la  richiesta
formulata atteso che, come gia' precisato, gli articoli 24 e  25  non
contemplano l'ordinanza e la sentenza ridette fra le  eccezioni  alle
iscrizioni esistenti nel casellario da riportarsi nei  certificati  a
richiesta dall'interessato e che  appare  evidentemente  impossibile,
stante  la  tassativita'  della  elencazione  contenuta  nelle  norme
tacciate di incostituzionalita', addivenire  ad  una  interpretazione
conforme, a meno di non cedere ad una  manipolazione  additiva  delle
previsioni relative a casi analoghi espressamente contemplati fra  le
«eccezioni»  previste  dai  due  articoli.  E'  noto,  infatti,   che
«l'univoco tenore letterale della norma segna il confine in  presenza
del quale  il  tentativo  interpretativo  deve  cedere  il  passo  al
sindacato di legittimita' costituzionale» (sentenza n. 78 del 2012). 
    E' dunque evidente anche  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione. 
    La mancata elencazione dell'ordinanza che dispone la  sospensione
del procedimento con messa alla prova e della sentenza  che  dichiara
l'estinzione  del  reato  per  esito  positivo  fra  i  provvedimenti
esistenti nel certificato del casellario giudiziale  che  non  devono
essere indicati nel certificato generale e in quello penale richiesti
dall'interessato  presenta  indubbi  e,  a  parere  della  scrivente,
evidenti profili di incostituzionalita' per  violazione  dell'art.  3
della Costituzione. 
    Gia' il  Gup  presso  il  Tribunale  di  Firenze,  rimettendo  la
medesima questione con  l'ordinanza  n.  47  del  18  novembre  2016,
(Gazzetta Ufficiale - 1ª Serie speciale «Corte  costituzionale»  - n.
14 del 5 aprile 2017), ha evidenziato «che la  disciplina  delineata,
ovvero  quella  dell'iscrizione  dell'ordinanza   di   cui   all'art.
464-quater codice di procedura penale, e' opposta a quanto  stabilito
dal legislatore per  percorsi  processuali  che  pure  addivengono  a
provvedimenti definitori non radicalmente diversi: sia l'art. 24  che
l'art. 25 prevedono ciascuno alla lettera "e" che non siano riportati
nel casellario giudiziale, generale  ed  in  quello  penale,  chiesti
dall'interessato, i "provvedimenti previsti dall'art. 445 del  codice
di procedura penale e [a]i decreti penali"», rilevando, inoltre,  che
«persino la sentenza di patteggiamento, anche a pena non sospesa, non
avrebbe lasciato  traccia  nel  certificato  del  casellario  chiesto
dall'interessato: eppure la pronuncia di detta sentenza  prevede  non
un giudizio di'  colpevolezza  in  senso  stretto,  ma  una  semplice
valutazione di insussistenza di una situazione che invece  imporrebbe
una sentenza ai sensi  dell'art.  129  codice  di  procedura  penale,
(articoli 444, secondo comma, e 464-quater, primo  comma,  codice  di
procedura penale), ulteriore profilo  che  evidenzia  un  trattamento
difforme a fronte di scelte  processuali  che  prevedono  percorsi  e
valutazioni non altrettanto difformi». 
    L'irragionevolezza gia' denunciata a questa Corte  si  palesa,  a
parere della scrivente, oltre che  nella  ipotesi  di  opposizione  a
decreto penale di' condanna con contestuale richiesta di  sospensione
del procedimento con messa alla prova, gia' assunta a  parametro  dal
primo remittente,  anche  ove  si  consideri  che  il  sistema,  come
attualmente strutturato, fa si' che si possa patteggiare a  due  anni
per un reato per il quale  non  si  potrebbe  chiedere  ne'  potrebbe
trovare applicazione l'istituto della  sospensione  del  procedimento
per messa alla prova in quanto «grave» (ad es. usura o corruzione  ex
art. 318  codice  penale),  giovandosi  altresi'  di  un  certificato
intonso,  nel  mentre  chi  si  adopera  fattivamente  per   ottenere
l'estinzione di un reato  -  nella  maggior  parte  delle  ipotesi  -
«bagatellare», finisce per vedere la  vicenda  giudiziale  annoverata
nei certificati, con conseguenze svantaggiose soprattutto in  termini
professionali. Ne' puo' tacersi che per lo stesso ipotetico  episodio
«criminoso» esitato nella declaratoria di estinzione  del  reato  per
esito positivo della  prova  -  considerati  i  limiti  edittali,  la
necessaria «sostanziale incensuratezza»  del  soggetto  che  potrebbe
ottenere l'applicazione  della  sospensione  del  procedimento  e  il
tendenziale appiattimento dei trattamenti  sanzionatori  irrogati  in
concreto sui livelli minimi o medi - l'imputato  potrebbe  usufruire,
all'esito del procedimento, quando anche le istanze deflattive  siano
state del tutto deluse, della sospensione condizionale nonche'  della
non  menzione  nel  certificato  del  casellario  giudiziale  con  il
risultato di andare esente da pena e di mantenere pulita  la  propria
fedina penale, e tutto senza dover  sottostare  alle  prescrizioni  e
alle prestazioni riparatorie previste dalla messa alla prova. 
    A  parere  di  questo  giudice,  l'irrazionalita'  delle  attuali
previsioni deriva ancora dal raffronto con la disciplina relativa  ai
provvedimenti giudiziari che dichiarano la non punibilita'  ai  sensi
dell'art. 131-bis del codice penale, gia' sopra richiamati  in  altri
termini, per i quali l'art.  4,  comma  1,  lettera  d)  del  decreto
legislativo 16 marzo 2015 n. 28, ha espressamente  previsto  la  «non
menzione» alle lettere f bis) di ambedue le  disposizioni  censurate,
con l'effetto che fra i provvedimenti del casellario giudiziali  che,
quindi, non devono essere riportati nel  certificato  generale  e  in
quello penale richiesti dall'interessato sono oggi  annoverati  anche
i' provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la  non  punibilita'
ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale. 
    Il raffronto fra  i  due  istituti  appare  doveroso  ove  se  ne
evidenzino i tratti di' sostanziale sovrapponibilita'. 
    In primo luogo, entrambi gli istituti hanno natura  «ibrida».  La
messa alla prova, infatti, «ha effetti sostanziali, perche' da' luogo
all'estinzione del reato, ma e' connotato da un'intrinseca dimensione
processuale, in quanto consiste in un  nuovo  procedimento  speciale,
alternativo al giudizio, nel corso del quale il  giudice  decide  con
ordinanza sulla richiesta di sospensione del procedimento  con  messa
alla prova» (Corte costituzionale sentenza n.  240  del  2015)  cosi'
come la particolare tenuita' del fatto, se da una parte figura  quale
causa di non punibilita', con spiccata natura sostanziale, dall'altra
rappresenta una causa di improcedibilita'  dell'azione  penale  (art.
469 codice di procedura penale, art. 651 codice di procedura penale),
con evidente scopo deflattivo (Cassazione pen. sentenza n.  5800  del
2016).  Inoltre,  e  per  quanto  maggiormente  rileva,  ambedue   le
discipline appaiono riferibili ad un'area di fatti costituenti  reato
per la quale sono previste pene piuttosto esigue nonche' ad  imputati
che presentano un profilo criminale basso o del tutto assente. Quanto
al primo aspetto, e' infatti noto che  la  particolare  tenuita'  del
fatto e' applicabile  a  reati  puniti  con  la  pena  detentiva  non
superiore nel massimo a cinque anni ovvero con  la  pena  pecuniaria,
sola o congiunta alla  pena  detentiva,  mentre  la  sospensione  del
procedimento con messa alla prova e' applicabile nel  caso  di  reati
punibili con la pena detentiva non superiore nel  massimo  a  quattro
anni ovvero ai reati per i quali si' procede a citazione  diretta  ex
art. 550,  comma  2,  codice  di  procedura  penale:  risulta  dunque
evidente che, a  parte  alcune  ipotesi  di  reato  punite  con  pena
superiore a cinque anni (delitto di  ricettazione,  furto  aggravato,
lesioni personali stradali  gravissime),  gli  istituti  in  discorso
risultano astrattamente applicabili ai medesimi  fatti  di  reato  e,
anzi,  la  particolare  tenuita'  del  fatto,  prevedendo  un  limite
edittale piu' alto, risulta avere, sempre in astratto, anche maggiore
portata applicativa. 
    Quanto alle valutazioni in merito alla personalita' dell'imputato
che entrambi gli istituti richiedono al giudice, si osservi  che  per
la  dichiarazione  di  particolare  tenuita'  e'  necessario  che  il
comportamento risulti non abituale - «il comportamento  e'  abituale,
ex art. 131 bis, comma 3, codice penale, nel caso in cui l'autore sia
stato dichiarato delinquente abituale, professionale o  per  tendenza
ovvero abbia commesso  piu'  reati  della  stessa  indole,  anche  se
ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuita',
nonche' nel caso in cui si tratti di reati  che  abbiano  ad  oggetto
condotte plurime, abituali e reiterate» -, mentre, per la messa  alla
prova, e'  necessario  che  il  giudice  ritenga  che  l'imputato  si
asterra' dal commettere ulteriori reati e  che  egli  non  sia  stato
dichiarato  delinquente  abituale,  professionale  o   per   tendenza
(articoli 168-bis ultimo comma  e  464-quater,  comma  3,  codice  di
procedura penale). Anche in questo caso, appare difficile  immaginare
che il giudizio prognostico circa l'astensione dalla  commissione  di
ulteriori reati abbia esito positivo qualora  l'imputato  abbia  gia'
riportato condanne per reati della stessa indole, cosicche' l'area di
applicazione dei due istituti - prima nella legge e poi nella  prassi
- appare in gran parte coincidente. 
    Da quanto appena illustrato consegue che  la  mancata  previsione
dell'ordinanza che sospende il  procedimento  per  messa  alla  prova
nell'elencazione contenuta  agli  articoli  24  e  25  non  puo'  che
risultare irragionevole ed in contrasto con l'art. 3 Costituzione. Lo
stesso fatto per il quale l'imputato chieda ed ottenga la «messa alla
prova»  potrebbe  infatti,  in   ipotesi,   essere   considerato   di
particolare tenuita' dal giudice all'esito del  processo  -  o  anche
prima di esso, ex art. 469, comma 1 bis, codice di procedura penale -
con la conseguenza che non ve  ne  sarebbe  traccia  nel  casellario.
L'ordinanza che dispone la sospensione  del  procedimento  con  messa
alla prova presuppone infatti, ex  art.  464-quater,  l'insussistenza
delle ragioni che, a norma dell'art. 129 codice di procedura penale ,
impongono,  d'ufficio,  l'immediato   proscioglimento   dell'imputato
(insussistenza  del  fatto  tipico  obiettivo,   non   ascrivibilita'
all'imputato, insussistenza del richiesto elemento soggettivo o della
sua antigiuridicita', irrilevanza penale, estinzione del  reato,  sua
improcedibilita') e non anche che il fatto  non  sia  particolarmente
tenue. 
    I profili di ingiustificata divergenza fra i distinti trattamenti
riservati ai due istituti nella disciplina del casellario emergono, a
maggior ragione, ove si consideri  che  l'estinzione  del  reato  per
esito  positivo  della  messa  alla  prova  presuppone  uno  o   piu'
comportamenti   positivi   dell'imputato   che,   per   ottenere   la
declaratoria di estinzione del reato, si impegna nella prestazione di
condotte  volte  alla  eliminazione  delle  conseguenze   dannose   o
pericolose del reato e, ove possibile, a risarcire il danno cagionato
alla persona offesa, nonche' a svolgere attivita'  non  retribuita  a
favore della collettivita'. 
    Il giudicante ritiene, tuttavia, che l'attuale  disciplina,  come
sopra descritta, rechi altresi' un contrasto  indelebile  con  l'art.
27, comma 3, Costituzione. 
    Al fine di illustrare  in  che  termini  questo  giudice  ritiene
configurabile l'ipotizzato contrasto, non puo' mancarsi di  rimarcare
come, con l'introduzione della probation giudiziale,  il  legislatore
non abbia perseguito esclusivamente chiare  finalita'  di  deflazione
dei procedimenti penali ma  abbia  inteso  offrire  un  ulteriore  ed
alternativo percorso di  reinserimento  ai  soggetti  processati  per
reati di minore allarme sociale, cercando di soddisfarne  le  istanze
di risocializzazione (Relazione n. III/07/2014, a  cura  dell'ufficio
del Massimario della Suprema Corte di cassazione). 
    Ebbene tali istanze non  possono  che  risultare  sostanzialmente
disattese nel vigore  della  disciplina  attuale:  l'onta  legata  al
trascorso giudiziale finisce, infatti,  per  vanificare  la  positiva
esperienza risocializzatrice gia' vissuta tradendo le aspettative  di
chi, come la B  ,  abbia  positivamente  effettuato  un  percorso  di
rimeditazione  critica  della   propria   condotta,   abbia   ammesso
l'addebito e mostrato concretamente di  volersene  «scusare»  con  la
collettivita' prestandosi ad eseguire un sorta  di  «condanna»  -  la
prestazione di lavoro gratuito - prima ancora di subire  un  processo
e, ciononostante, debba continuare a fare i conti con un passato  per
cancellare il quale si sia efficacemente e positivamente speso. 
    E' noto, del resto, che l'ingiustizia  delle  conseguenze  legate
alle proprie azioni e' di ostacolo alla  funzione  rieducatrice  alla
quale e' finalizzato  l'intervento  statuale  per  il  tramite  della
sanzione penale, con considerazioni che devono  essere  estese  anche
agli effetti penali della non-condanna in discorso. 
    Il presente procedimento deve dunque essere sospeso e i  relativi
atti devono essere trasmessi alla  Corte  costituzionale,  anche  per
l'eventuale riunione con l'incidente  di  costituzionalita'  relativo
alle medesime disposizioni qui censurate gia' pendente (Tribunale  di
Firenze, ordinanza n. 47 del 18 novembre 2016, in Gazzetta  Ufficiale
- 1ª Serie speciale «Corte  costituzionale»  - n.  14  del  5  aprile
2017), rispetto al quale presenta profili ulteriori ed autonomi. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 Costituzione e 23, legge n. 87/1953; 
    Solleva questione di  legittimita'  costituzionale  in  relazione
agli articoli 24 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica  n.
313 del 14 novembre 2002 in relazione agli articoli 3 e 27, comma  3,
Costituzione, nella parte in cui non prevedono  che  nel  certificato
generale del casellario giudiziale e nel certificato  penale  chiesti
dall'interessato non siano riportate l'ordinanza di  sospensione  del
processo emessa ai sensi dell'art.  464-quater  codice  di  procedura
penale e la sentenza che dichiara l'estinzione  del  reato  ai  sensi
dell'art. 464-septies codice di procedura penale; 
    Sospende  il  presente  procedimento  e  dispone   la   immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti di propria  competenza
e, in particolare, per la notificazione della presente  ordinanza  al
pubblico ministero, alla istante, al suo difensore  e  al  Presidente
del Consiglio dei ministri, disponendo che  la  stessa  sia  altresi'
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Palermo, 16 marzo 2018 
 
                       Il Giudice: Stampacchia