N. 121 SENTENZA 11 aprile - 13 giugno 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente - Istituzione, individuazione e definizione delle  modalita'
  di gestione  della  Rete  Escursionistica  Campana  (pianificazione
  degli  interventi  di  recupero  e  valorizzazione  del  patrimonio
  escursionistico regionale; disciplina della  viabilita'  minore  di
  uso privato; istituzione e composizione della  Consulta  regionale;
  individuazione dei soggetti competenti per la gestione tecnica  dei
  siti; disciplina dei piani degli interventi sulla  rete  regionale;
  segnaletica; regolamento attuativo) - Disciplina sanzionatoria. 
- Legge della Regione Campania 20 gennaio 2017, n. 2  (Norme  per  la
  valorizzazione della  sentieristica  e  della  viabilita'  minore),
  artt. 4, comma 2; 7; 8, comma 2,  lettera  n);  9,  commi  1  e  2,
  lettera a); 10, commi 1, 3, 4 e 5; 13; 16, comma 2, lettere a), b),
  c), d), f) e g); 14, comma 3; 15, commi 3 e 8.   
-   
(GU n.25 del 20-6-2018 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS,   Franco   MODUGNO,   Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4,  comma
2; 7; 8, comma 2, lettera n); 9, commi 1 e 2, lettera a);  10,  commi
1, 3, 4 e 5; 13; 16, comma 2, lettere a), b), c), d), f)  e  g);  14,
comma 3; 15, commi 3 e 8,  della  legge  della  Regione  Campania  20
gennaio 2017, n. 2 (Norme per la valorizzazione della sentieristica e
della viabilita' minore), promosso dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 20-23 marzo  2017,  depositato  in
cancelleria il 27 marzo 2017, iscritto al n. 34 del registro  ricorsi
2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  21,
prima serie speciale, dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  10  aprile  2018  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gianna Galluzzo  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Alba Di Lascio per la Regione
Campania. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 20-23 marzo 2017 e depositato nella
cancelleria della Corte costituzionale il successivo  27  marzo  2017
(registro ricorsi n. 34 del 2017), il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha  promosso,  ai  sensi  dell'art.  127  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 4, comma  2;  7;
8, comma 2, lettera n); 9, commi 1 e 2, lettera a); 10, commi 1, 3, 4
e 5; 13; 16, comma 2, lettere a), b), c), d), f) e g); 14,  comma  3;
15, commi 3 e 8, della legge della Regione Campania 20 gennaio  2017,
n. 2  (Norme  per  la  valorizzazione  della  sentieristica  e  della
viabilita' minore), in riferimento agli artt. 25, secondo  comma;117,
secondo comma, lettere l) e s), e sesto comma; 118, primo  e  secondo
comma, della Cost. 
    2.- L'Avvocatura generale dello Stato premette che  la  censurata
legge  regionale  prevede  l'istituzione,   l'individuazione   e   la
definizione delle modalita' di gestione  della  Rete  escursionistica
campana  (d'ora  in  avanti:  REC),  la  quale  «interessa  tutto  il
territorio regionale, compreso quello ricadente nei parchi  nazionali
e nelle altre aree protette, nazionali e regionali». In Campania sono
presenti due  diversi  parchi  nazionali,  oltre  ad  alcune  riserve
naturali statali e ad alcuni parchi regionali. 
    Al riguardo, la difesa statale rammenta che la legge  6  dicembre
1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree  protette)  deve  considerarsi,
come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale (sono richiamate le
sentenze n. 44 del 2011, n.  315  e  n.  20  del  2010),  espressione
dell'esercizio della  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di
tutela dell'ambiente, ai sensi dell'art. 117, secondo comma,  lettera
s), Cost. Le Regioni, pertanto, in ambito di aree  protette,  possono
soltanto determinare maggiori livelli di tutela, ma non derogare alla
legislazione statale (sono citate le sentenze n. 44 del 2011, n.  193
del 2010, n. 61 del 2009  e  n.  232  del  2008).  La  giurisprudenza
costituzionale ha altresi' precisato che la tutela di tali aree viene
esercitata  per  mezzo  di  due  differenti  tipi  di  strumenti:  la
regolamentazione  sostanziale  delle  attivita'  che  possono  essere
svolte in quelle aree (sentenze n. 44 del 2011 e n. 315 del  2010)  e
la «predisposizione di strumenti programmatici e  gestionali  per  la
valutazione di rispondenza delle attivita' svolte  nei  parchi,  alle
esigenze di protezione della flora e della fauna» (sentenze n. 44 del
2011 e n. 387 del 2008). 
    3.- Cio' premesso,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
ritiene che piu' disposizioni della legge reg. Campania n. 2 del 2017
presentino profili di contrasto con  la  normativa  statale,  dovendo
dunque essere considerate costituzionalmente illegittime. 
    3.1.- La prima disposizione oggetto delle censure del  ricorrente
e' l'art. 4, comma 2, della  legge  regionale  campana,  reputato  in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,  «nella
parte in cui non prevede che  la  funzione  di  pianificazione  degli
interventi   di   recupero   e    valorizzazione    del    patrimonio
escursionistico regionale debba essere esercitata - nei casi  in  cui
interessi aree rientranti in Parchi nazionali  -  in  conformita'  al
Piano del Parco ed al Regolamento del Parco, nonche' alle  misure  di
salvaguardia eventualmente dettate dal provvedimento istitutivo». Gli
artt. 8, 11 e 12 della legge n. 394 del 1991,  infatti,  affidano  al
regolamento del parco il compito di  disciplinare  l'esercizio  delle
attivita' consentite entro il territorio del parco stesso ed al piano
per il parco  la  tutela  dei  suoi  valori  naturali  e  ambientali,
prevedendo altresi' misure di salvaguardia fino all'entrata in vigore
della  specifica  disciplina   dell'area   protetta:   la   normativa
regionale,  pertanto,  inciderebbe  «sul   nucleo   di   salvaguardia
predisposto  dalla  legge  statale,  in   esercizio   della   propria
competenza  esclusiva  in  materia   di   "tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema", con riferimento ad  una  particolare  categoria  di
aree protette». 
    La disposizione censurata sarebbe altresi' in  contrasto,  da  un
lato, con l'art. 117, sesto comma, Cost., in quanto, in assenza della
previsione della conformita' al regolamento del parco delle attivita'
relative alla REC, sarebbe lesiva della potesta' regolamentare in una
materia  di  competenza  esclusiva  statale,  nella  specie  affidata
dall'art. 11 della legge n. 394 del 1991 agli Enti parco; dall'altro,
con l'art. 118, primo e secondo comma, Cost., poiche' la possibilita'
che l'attivita' gestionale e organizzatoria regionale si esplichi  in
difformita' dal piano per il  parco  pregiudicherebbe  una  «funzione
amministrativa di tipo programmatorio affidata dalla  legge  statale,
in una materia di propria competenza, ad un ente  pubblico  nazionale
quale l'Ente Parco». 
    3.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri censura poi l'art.
7 della medesima legge regionale, novamente per violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., «nella parte in  cui  pretende
di disciplinare anche porzioni della  rete  escursionistica  campana,
incluse nel territorio dei  Parchi  nazionali».  La  norma,  infatti,
disciplinando, anche  in  tali  ambiti  territoriali,  la  viabilita'
minore lungo la REC si porrebbe in contrasto con gli artt.  11  e  12
della legge n. 394 del  1991,  i  quali  affidano  specificamente  al
regolamento del parco e al piano per il parco la relativa disciplina.
La difesa dello Stato precisa che la disciplina  «e'  anche  di  tipo
esplicitamente permissivo», il che potrebbe  determinare  la  diretta
violazione dei beni  ambientali  a  presidio  dei  quali  sono  stati
istituiti  gli  Enti  parco,   qualora   tali   attivita'   risultino
incompatibili con lo specifico tipo di protezione  predisposto  dalla
regolamentazione degli stessi enti. 
    L'impugnato art. 7 sarebbe altresi' in contrasto,  di  nuovo  con
l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.  oltre  che  con  l'art.
118, primo e secondo comma, Cost., pure nella parte in cui  statuisce
che la Giunta regionale abbia  il  potere  di  chiudere  al  transito
escursionistico anche quelle  porzioni  di  sentieri  rientranti  nei
parchi nazionali. Con cio', infatti, si  riconoscerebbe  alla  Giunta
una funzione gestoria delle aree protette che gli artt. 1, comma 4, e
9 della legge n. 394 del 1991 affidano agli Enti parco. 
    Tale disposizione sarebbe altresi' lesiva, per ragioni analoghe a
quelle alla base delle censure rivolte  contro  l'art.  4,  comma  2,
della legge regionale campana, degli artt. 117, sesto comma,  e  118,
primo e secondo comma, Cost. 
    3.3.- Il ricorrente censura altresi' l'art. 8, comma  2,  lettera
n), della citata legge regionale,  ancora  per  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., oltre  che  degli  artt.  117,
sesto comma, e 118, primo e secondo comma, Cost. 
    La legge  impugnata  istituisce  la  Consulta  regionale  per  il
patrimonio escursionistico, la quale  -  osserva  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri - e' chiamata  a  collaborare  con  la  Giunta
regionale «all'esercizio di funzioni lato sensu gestorie  della  rete
dei  sentieri  rientranti  nella  REC».  Il  ricorrente  rileva  che,
correttamente, la legge campana predispone  forme  di  collaborazione
organica con gli Enti parco, in considerazione del fatto che  la  REC
si sviluppa anche all'interno del territorio dei parchi nazionali: in
particolare, e' previsto che Federparchi designi,  in  rappresentanza
dei parchi  nazionali,  un  componente  della  neoistituita  Consulta
regionale. Tuttavia, poiche' gli artt. 1, comma 3, e 9 della legge n.
394 del 1991 individuano negli Enti parco i soggetti portatori  degli
interessi    tutelati,    la    disposizione    censurata     sarebbe
costituzionalmente  illegittima  nella  parte   in   cui   affida   a
Federparchi l'individuazione del  rappresentante  dei  gestori  delle
aree protette. 
    La medesima disposizione sarebbe  altresi'  illegittima  «laddove
conferisce  all'amministrazione  regionale  una   funzione   gestoria
dell'area protetta che risulta chiaramente affidata, con norme  poste
a presidio di standard di tutela ambientale, all'Ente Parco». 
    3.4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna poi l'art.
9, commi 1 e 2, lettera a), legge reg. Campania n. 2  del  2017,  per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), e  sesto  comma,
nonche' dall'art. 118, primo e secondo comma, Cost. 
    Il comma 1 sarebbe illegittimo perche'  affiderebbe  la  gestione
tecnica dei siti ricompresi nella REC  alla  Regione  Campania,  agli
enti locali territorialmente competenti e agli enti di gestione delle
aree protette:  in  queste  aree,  infatti,  tale  gestione  dovrebbe
considerarsi, alla luce degli artt. 1, comma 3, 9 e 12 della legge n.
394  del   1991,   di   spettanza   esclusiva   degli   Enti   parco.
L'illegittimita'   costituzionale   del   comma   2,   lettera    a),
risiederebbe, invece, nell'impedimento per i soggetti  gestori  delle
aree protette di  autodeterminarsi  nelle  scelte  inerenti  le  loro
funzioni,  in  forza  del  necessario  accordo  che  la  disposizione
censurata impone di raggiungere con  i  Comuni  per  l'individuazione
delle «diverse modalita' di fruizione della Rete regionale». 
    Entrambe le disposizioni  sarebbero  altresi'  in  contrasto  con
l'art. 117, sesto comma, Cost., perche' le modalita' di fruizione dei
sentieri, per la parte di territorio ricadente nelle  aree  protette,
sarebbero attribuite dall'art. 11 della legge  n.  394  del  1991  al
regolamento del parco. 
    3.5.-   Il   ricorrente   dubita   inoltre   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 10, comma 1, della legge regionale  campana,
per contrasto con i diversi parametri costituzionali gia' evocati. 
    Tale disposizione, non prevedendo che, per la  parte  in  cui  si
rivolge  alle  porzioni  di  territorio  regionale   ricomprese   nel
perimetro dei parchi nazionali, il Piano triennale  degli  interventi
sulla REC debba necessariamente rispettare il regolamento ed il piano
per il parco, inciderebbe sul nucleo di salvaguardia predisposto,  in
esercizio della competenza esclusiva statale in  materia  di  «tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema», dagli artt. 11 e 12 della legge  n.
394 del 1991. La medesima disposizione sarebbe altresi'  lesiva,  per
ragioni analoghe a quelle alla base delle censure rivolte  contro  le
altre disposizioni della  medesima  legge,  degli  artt.  117,  sesto
comma, e 118, primo e secondo comma, Cost. 
    Illegittimi sarebbero altresi' i commi 3, 4 e 5 del medesimo art.
10 della citata legge regionale. 
    Il comma 4 - il  quale  prevede  che  il  Piano  triennale  degli
interventi  sia  approvato  dalla  Giunta   regionale,   sentita   la
commissione consiliare  competente,  e  che  le  sue  integrazioni  e
modifiche siano effettuate con una ulteriore  delibera  di  Giunta  -
affiderebbe all'amministrazione  regionale  una  importante  funzione
programmatoria e gestoria che, nella parte in cui interessa anche  le
aree protette, sarebbe di esclusiva spettanza degli  Enti  parco,  in
base a quanto previsto dalla legge n. 394 del 1991. 
    I commi 3 e 5 prevedono che il  Piano  annuale  degli  interventi
sulla REC individui gli interventi  di  competenza  della  Regione  e
affidano a tale Piano annuale il compito di individuare «il  soggetto
obbligato  alla  manutenzione,  il  contenuto   dell'obbligo   e   la
periodicita' minima del  controllo»:  in  tal  modo,  attribuirebbero
all'amministrazione regionale importanti funzioni gestorie che -  per
la  parte  concernente  le  aree  protette   -   la   legge   statale
riconoscerebbe in via esclusiva agli Enti parco. 
    3.6.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  lamenta  il
contrasto con gli artt. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  e  sesto
comma, e 118, primo e secondo comma, Cost. anche dell'art.  13  legge
reg. Campania n. 2 del 2017,  nella  parte  in  cui  prevede  che  la
disciplina sulla segnaletica della REC ivi prevista si applichi anche
alla frazione della rete regionale presente nel territorio dei parchi
nazionali. Tale disciplina, infatti, rientrerebbe tra i  compiti  che
gli artt. 1, comma 3, 9,  11  e  12  della  legge  n.  394  del  1991
variamente attribuiscono agli Enti parco. 
    3.7.- Il ricorrente impugna, ancora per contrasto con l'art. 117,
secondo comma, lettera s), e sesto comma, Cost., l'art. 16, comma  2,
lettere a), b), c), d), f) e g), della citata legge regionale,  nella
parte in cui tali disposizioni prevedono che il regolamento attuativo
della medesima legge disciplini diversi oggetti che, con  riferimento
al territorio degli Enti parco, dovrebbero essere regolati, in  forza
degli artt. 11 e 12 della legge n. 394 del 1991,  dal  regolamento  e
dal piano per il parco. 
    3.8.- Il Presidente del Consiglio dei ministri precisa, poi,  che
tutte   le   disposizioni    gia'    impugnate    devono    ritenersi
incostituzionali,  per  violazione  dell'art.  117,  secondo   comma,
lettera s), e sesto comma, Cost., «anche con riguardo alla  parte  in
cui la loro applicazione e'  destinata  a  coinvolgere  porzioni  del
territorio incluse nel perimetro di riserve naturali statali  e  aree
protette regionali». 
    L'Avvocatura generale dello Stato rileva infatti, in primo luogo,
che gli artt. 1 e 17 della legge n. 394 del  1991  pongono,  pur  «in
modo certamente meno dettagliato», vincoli organizzativi e funzionali
analoghi a quelli caratterizzanti i parchi nazionali, a tutela  della
missione ambientale delle riserve naturali statali. In secondo luogo,
osserva che la giurisprudenza  costituzionale  ha  affermato  che  la
legge quadro  sulle  aree  protette  detta  «norme  fondamentali  del
settore cui la legislazione  regionale  deve  uniformarsi  anche  con
riferimento alle aree protette regionali» (si richiamano le  sentenze
n. 212 del 2014, n. 171 del 2012, n.  325  e  n.  41  del  2011):  in
particolare, deve essere prevista l'esistenza di un soggetto  gestore
dell'area protetta competente agli interventi sulla stessa (artt.  1,
comma 4, e 23 della legge n. 394 del 1991), nonche' l'adozione di  un
regolamento (art. 22, comma 1, lettera d) e di un  piano  (art.  23),
aventi «compiti analoghi agli omologhi strumenti di  regolamentazione
e  pianificazione  degli  enti  parco».  Infine,  l'art.   29   della
richiamata legge  statale  del  1991,  che  affida  all'organismo  di
gestione dell'area naturale protetta «importanti poteri di  controllo
circa la conformita' delle attivita' realizzate nell'area rispetto al
regolamento, al Piano e al nulla osta», deve  applicarsi  tanto  alle
riserve naturali statali che alle aree protette. 
    4.-   Il   ricorrente   dubita   altresi'   della    legittimita'
costituzionale di ulteriori disposizioni della legge reg. Campania n.
2 del 2017, ma per  ragioni  diverse  dalla  violazione  della  legge
quadro sulle aree protette. 
    4.1.- Costituzionalmente illegittimi sarebbero, innanzitutto, gli
artt. 14, comma  3,  e  15,  comma  8,  della  legge  regionale,  per
contrasto con l'art. 25 Cost. 
    L'Avvocatura generale dello Stato premette che l'art.  14,  comma
1, della legge regionale fa divieto di alterare o modificare lo stato
di fatto dei percorsi  escursionistici  inseriti  nella  REC,  mentre
l'art. 14, comma  2,  della  medesima  legge  regionale  consente  la
modifica della loro  destinazione  d'uso,  a  seguito  di  interventi
progettati dai Comuni, se autorizzata dalla Giunta regionale,  previa
comunicazione alla Consulta regionale. L'impugnato art. 14, comma  3,
della legge regionale stabilisce, poi, che «la violazione del comma 2
comporta l'applicazione delle sanzioni e delle misure  previste»  dal
decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della
strada), nelle misure dallo stesso determinate. 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la formulazione
di quest'ultima  disposizione  sarebbe  «estremamente  generica,  con
riferimento  sia  alla  natura  sia  all'entita'  delle  sanzioni  da
applicare alle violazioni in esse previste»: di qui il contrasto  con
il principio di legalita' sancito dall'art. 25 Cost.  i  cui  canoni,
secondo consolidata giurisprudenza  costituzionale  (si  richiama  la
sentenza n. 196 del 2010), dovrebbero essere estesi a tutte le misure
di carattere punitivo, comprese quelle amministrative, imponendo  che
la formulazione  di  queste  ultime  sia  sufficientemente  chiara  e
dettagliata. Del resto, tali  canoni  sono  espressamente  richiamati
dall'art. 1 della legge  24  novembre  1981,  n.  689  (Modifiche  al
sistema penale), in materia di sanzioni amministrative. 
    Le  medesime   ragioni   sorreggono   anche   la   questione   di
costituzionalita' avente per oggetto l'art. 15, comma 8, della  legge
regionale campana, il  quale  risulterebbe  «formulato  in  modo  non
chiaro nel riferimento a  disposizioni  sanzionatorie  contenute  nei
commi precedenti». 
    4.2.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  censura,  poi,
l'art. 15, comma 3, legge reg. Campania n. 2 del 2017, per violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Osserva il ricorrente che la disposizione impugnata  punisce  con
la  sanzione  amministrativa  pecuniaria   «chiunque   danneggia   la
segnaletica o le opere realizzate per la percorribilita' e  la  sosta
lungo i percorsi escursionistici della Rete regionale»,  descrivendo,
dunque, la condotta del reato di danneggiamento, di cui all'art. 635,
comma 2, numero 1), del codice penale.  Tuttavia,  la  determinazione
delle fattispecie  di  reato  costituirebbe  materia  riservata  alla
legislazione esclusiva dello Stato, secondo quanto previsto dall'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    5.- Con atto depositato il 20 aprile 2017  si  e'  costituita  in
giudizio la Regione Campania, la quale si  e'  limitata  ad  eccepire
l'inammissibilita' e l'infondatezza di tutte  le  questioni  promosse
dal  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,   successivamente
argomentate con la memoria illustrativa depositata il 20 marzo 2018. 
    5.1.- Dopo aver sinteticamente riassunto le censure mosse a larga
parte delle  disposizioni  impugnate  da  parte  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, la  resistente  sostiene  che  dalla  lettura
dell'art. 1 della legge reg. Campania n. 2 del 2017 emergerebbe  «con
chiarezza» che il  legislatore  regionale  e'  intervenuto  sul  solo
patrimonio  ambientale  regionale,   escludendo   che   la   relativa
disciplina normativa possa  trovare  applicazione  anche  all'interno
delle aree  naturali  protette  nazionali.  Lo  spirito  della  legge
regionale, infatti, sarebbe quello  di  «tutelare  i  sentieri  e  la
viabilita' minore di territori non ricadenti nei Parchi e nelle  aree
protette», unendo grandi  itinerari  gia'  esistenti  sul  territorio
campano, al fine  di  promuovere  l'escursionismo  «quale  mezzo  per
realizzare un corretto ed equilibrato rapporto con l'ambiente». 
    In  quest'ottica,  la  disciplina  adottata  non  violerebbe   la
competenza esclusiva  statale  in  materia  di  tutela  dell'ambiente
bensi' valorizzerebbe l'equilibrio tra  detta  tutela  e  il  turismo
escursionistico  «in  quanto  attivita'  che  si  influenzano  e   si
caratterizzano    reciprocamente».    Secondo    la    giurisprudenza
costituzionale,  l'ambiente  deve  essere  considerato  una   materia
trasversale, che non impedirebbe dunque  l'esercizio  della  potesta'
legislativa regionale in materie di sua competenza  (sono  richiamate
le sentenze n. 407 del 2002 e n. 108 del 2005). 
    5.2.- Neppure meritevoli di accoglimento - secondo la  resistente
- sarebbero le censure rivolte alle  disposizioni  impugnate  per  la
parte in cui esse troverebbero applicazione  all'interno  di  riserve
naturali statali e di aree protette regionali. 
    La  Regione  Campania  osserva  che  le  disposizioni   censurate
sarebbero rispettose dell'art. 22, comma 1, lettera d),  della  legge
n. 394 del  1991,  che  pone  quale  principio  fondamentale  per  la
disciplina delle aree naturali protette «l'adozione, secondo  criteri
stabiliti con legge regionale  in  conformita'  ai  principi  di  cui
all'articolo 11, di regolamenti  delle  aree  protette».  Secondo  la
difesa  regionale,  le  disposizioni  oggetto  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale individuerebbero, per l'appunto,  criteri
generali in base ai  quali  gli  Enti  gestori  delle  aree  protette
dovrebbero adeguare i rispettivi regolamenti. 
    In base a quanto previsto dalla legge  n.  394  del  1991,  e  in
particolare dal  suo  art.  23,  nelle  aree  protette  di  interesse
regionale le  singole  Regioni,  inoltre,  sarebbero  legittimate  «a
stabilire obiettivi di tutela e regimi di protezione anche diversi da
quelli propri dei parchi nazionali, purche' diretti  ad  offrire  una
maggiore tutela». Ne deriverebbe, pertanto,  che,  all'interno  delle
aree protette da loro istituite, le Regioni, da  un  lato,  sarebbero
«parzialmente libere di istituire regimi  di  protezione  particolari
mediante la previsione di standard di tutela diversi  da  quelli  dei
parchi nazionali»; dall'altro, nulla impedirebbe loro «di  utilizzare
la propria potesta' in materia di governo del  territorio  e  materie
affini per istituire tipologie atipiche di  aree  regionali  protette
con finalita' in tutto o in parte diverse da  quelle  previste  dalla
legge n. 394/1991». 
    La difesa regionale rileva, infatti, che  l'art.  2  della  legge
statale qualifica i parchi naturali regionali  per  la  presenza  non
solo di valori naturalistici e ambientali, ma anche «paesaggistici  e
artistici, nonche' di valori legati alle tradizioni  culturali  delle
popolazioni  locali».  Il  legislatore  statale,  pertanto,   avrebbe
caratterizzato  le  aree  protette  regionali  per  una   «'fruizione
antropica' di valorizzazione e conservazione piu' intensa rispetto ai
parchi nazionali». 
    La resistente, poi, osserva che  la  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale  avrebbe  affermato  che  la  disciplina  delle   aree
protette si fonda sul principio  della  necessaria  cooperazione  tra
Stato, Regioni e Province autonome, «finalizzato al bilanciamento dei
differenti valori rispondenti alle esigenze di protezione ambientale»
(sono richiamate le sentenze n. 366 del 1992 e n. 302 del  1994).  Le
Regioni,  pertanto,  potrebbero  all'interno  delle   aree   protette
regionali stabilire «equilibri tra le esigenze di sviluppo economico,
urbanistico e turistico e la conservazione della  natura  diversi  da
quelli propri della disciplina statale». 
    5.3.- La Regione Campania ritiene altresi' non fondate le censure
rivolte nei confronti degli artt. 14, comma 3, e 15, comma  8,  legge
reg. Campania n. 2 del 2017 per violazione dell'art. 25 Cost. 
    La difesa regionale osserva che  l'art.  14,  comma  1,  descrive
adeguatamente le condotte che, in assenza dell'autorizzazione di  cui
al successivo comma 2, sono oggetto di sanzione amministrativa merce'
il rinvio, «per la disciplina  della  graduazione  delle  sanzioni  e
delle misure applicabili», al decreto legislativo n. 285 del 1992. Il
legislatore regionale avrebbe pertanto operato un «rinvio materiale e
recettizio»  alle  disposizioni  del  codice  della  strada   e,   in
particolare, agli artt. 26 e 27, commi 10, 11  e  12:  in  tal  modo,
secondo  una  tecnica  normativa  accolta  nell'ordinamento,  avrebbe
integrato il precetto nel rispetto del principio di legalita' e della
riserva di legge, oltre che dei principi di tipicita', tassativita' e
determinatezza (sono richiamate le sentenze n. 292 del  2002,  n.  21
del 2009 e n. 168 del 1971). 
    5.4.- La resistente, infine, reputa non fondata anche la  censura
mossa all'art. 15, comma 3, della  legge  regionale,  il  quale  -  a
parere del ricorrente  -  descriverebbe  la  condotta  del  reato  di
danneggiamento, cosi' invadendo la competenza  esclusiva  statale  in
materia di «ordinamento penale». 
    La difesa regionale rileva che la fattispecie  di  danneggiamento
di segnaletica stradale oggetto della disposizione impugnata  non  e'
dissimile da quella prevista  dall'art.  15  cod.  strada,  «a  nulla
rilevando, dunque, il reato di danneggiamento di cui all'art. 635 del
codice penale». 
    Questa Corte, del resto, avrebbe stabilito che la prescrizione di
sanzioni  amministrative  accede  a  quella  competenza   legislativa
ritenuta dalla Costituzione piu' adatta alla  tutela  di  determinati
diritti o interessi (sono richiamate le sentenze n. 384 del 2005,  n.
12 del 2004 e n.  28  del  1996).  Con  la  legge  regionale  oggetto
d'impugnazione, la Regione Campania  avrebbe  inteso  promuovere  «il
recupero, la conservazione e la valorizzazione del proprio patrimonio
ambientale  e  culturale,  costituito  dalla  sentieristica  e  dalla
viabilita' minore, mediante l'individuazione di percorsi di interesse
ambientale e storico e il recupero dei sentieri, delle  mulattiere  e
dei tratturi regionali»: non vi sarebbe alcuna  invasione,  pertanto,
della materia «ordinamento penale»,  la  sanzione  amministrativa  in
questione accedendo  al  bene  d'interesse  regionale  «viabilita'  e
sentieristica minore». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato plurime
disposizioni della legge della Regione Campania 20 gennaio 2017, n. 2
(Norme per la valorizzazione della sentieristica e  della  viabilita'
minore), co n la quale il legislatore regionale,  con  l'intento  «di
sviluppare il turismo sostenibile» (art.  1,  comma  1,  della  legge
regionale) e di promuovere «la sentieristica e la  viabilita'  minore
attraverso l'individuazione di percorsi  di  interesse  ambientale  e
storico» (art. 1, comma 2, della legge regionale),  ha  istituito  la
Rete escursionistica campana (d'ora in avanti: REC). 
    Le   numerose   questioni   proposte   dal   ricorrente   possono
suddividersi in due insiemi,  che  e'  opportuno  prendere  in  esame
separatamente. 
    2.-  Con  il  primo  insieme  di  questioni,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri lamenta che le  varie  disposizioni  impugnate
trovino tutte applicazione anche  in  relazione  alle  aree  naturali
protette, siano esse nazionali o regionali. L'istituita REC, infatti,
interesserebbe tutto il territorio regionale campano, entro il  quale
sono presenti due parchi nazionali oltre ad alcune  riserve  naturali
statali e parchi regionali, la cui tutela e' pero' disciplinata dalla
legge 6 dicembre 1991, n. 394  (Legge  quadro  sulle  aree  protette)
(d'ora in avanti: legge quadro): legge che, secondo la giurisprudenza
di questa Corte, deve ricondursi alla competenza esclusiva statale in
materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», di modo  che  le
Regioni possono a  tale  riguardo  determinare  maggiori  livelli  di
tutela, ma non derogare in peius alla legislazione statale. Le  norme
censurate, invece, presentano - secondo il ricorrente  -  profili  di
contrasto   con   la   normativa   statale,   tali    da    risultare
costituzionalmente illegittime per violazione dell'art. 117,  secondo
comma, lettera s), della Costituzione. 
    In particolare, il Presidente del Consiglio lamenta che, in  base
alle disposizioni impugnate, la  gestione  della  REC  sia  condotta,
all'interno delle aree protette, anche senza il  necessario  rispetto
di quanto stabilito  dal  regolamento  e  dal  piano  per  il  parco:
strumenti programmatici e gestionali, questi ultimi,  per  mezzo  dei
quali, secondo la legge quadro, gli Enti parco  debbono  tutelare  le
aree protette,  siano  queste  parchi  nazionali,  riserve  naturali,
statali o regionali, o parchi regionali. 
    In  relazione  ad  alcune  delle   disposizioni   impugnate,   il
ricorrente lamenta, inoltre, la violazione  anche  degli  artt.  117,
sesto comma, e 118, primo  e  secondo  comma,  Cost.  Per  un  verso,
infatti, la mancata previsione  di  conformita'  al  regolamento  del
parco delle attivita' volta a volta previste  dalle  norme  censurate
determinerebbe una  lesione  della  potesta'  regolamentare  statale,
nella specie affidata, dalla legge quadro, a tale regolamento; per un
altro, la mancata partecipazione degli Enti  parco  alla  gestione  e
organizzazione della REC, per la parte  in  cui  questa  si  sviluppa
all'interno  delle  aree  protette,  pregiudicherebbe   le   funzioni
amministrative che lo Stato, in materia  di  propria  competenza,  ha
loro affidato. 
    3.- Preliminarmente, va rilevato che,  nell'impugnare  l'art.  8,
comma 2, lettera n), della legge reg. Campania  n.  2  del  2017,  il
ricorrente fa riferimento anche all'art.  117,  sesto  comma,  Cost.,
cosi' come, nel rivolgere le censure agli  artt.  9,  commi  1  e  2,
lettera a), e 13 della legge regionale, fa riferimento anche all'art.
118, primo e secondo comma, Cost. All'evocazione  di  tali  parametri
costituzionali, tuttavia, non corrisponde alcuna motivazione circa la
loro violazione da parte delle richiamate disposizioni impugnate,  di
modo  che  essi  debbono  ritenersi  estranei  al  thema   decidendum
(sentenza n. 175 del 2017). 
    4.-  Le  censure  di  cui  al  primo  insieme  di  questioni   di
legittimita'   costituzionale   muovono   tutte   dalla    denunciata
violazione, da parte delle singole disposizioni impugnate, di plurime
disposizioni della legge quadro e, conseguentemente, della competenza
esclusiva   statale   in   materia   di   «tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema» (art. 117, secondo comma, lettera s,  Cost.),  oltre
che, in alcuni casi, degli artt. 117, sesto comma,  e  118,  primo  e
secondo comma, Cost. 
    4.1.- Secondo la consolidata giurisprudenza di questa  Corte,  la
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» non identifica una sfera  di
competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata,  giacche'
essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri  interessi  e
competenze, anche regionali (di recente, sentenze n. 66 del 2018,  n.
212 del 2017 e n. 210 del 2016). L'ambiente e', dunque, un  «"valore"
costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea  una  sorta
di  materia  "trasversale",  in  ordine  alla  quale  si  manifestano
competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando  allo
Stato le determinazioni che  rispondono  ad  esigenze  meritevoli  di
disciplina uniforme sull'intero territorio  nazionale»  (sentenza  n.
407 del 2002). 
    Nell'ambito  delle  materie  di  loro  competenza,  pertanto,  le
Regioni trovano un limite negli standard di tutela fissati a  livello
statale. Questi, tuttavia, non impediscono ai  legislatori  regionali
di adottare discipline normative che prescrivano  livelli  di  tutela
dell'ambiente piu' elevati (di recente, sentenze n. 66 del  2018,  n.
74 del 2017, n. 267 del 2016 e n. 149 del 2015), i  quali  «implicano
logicamente il rispetto degli standard adeguati  e  uniformi  fissati
nelle leggi statali» (sentenza n. 315 del 2010). 
    La  legge  quadro  e'  stata  reiteratamente   ricondotta   dalla
giurisprudenza costituzionale alla materia  «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema» (da ultimo, sentenze n. 74 e n.  36  del  2017):  ai
principi fondamentali da essa dettati, dunque, le Regioni sono tenute
ad adeguarsi, pena l'invasione di un ambito  materiale  di  esclusiva
spettanza statale. Questa Corte, in particolare, ha posto in evidenza
come lo standard minimo uniforme di tutela nazionale  si  estrinsechi
nella predisposizione da parte degli enti gestori delle aree protette
«di strumenti  programmatici  e  gestionali  per  la  valutazione  di
rispondenza delle  attivita'  svolte  nei  parchi  alle  esigenze  di
protezione» dell'ambiente e  dell'ecosistema  (sentenza  n.  171  del
2012; nello stesso senso, le sentenze n. 74 del 2017, n. 263 e n.  44
del 2011, n. 387 del 2008). Sono dunque il regolamento (art. 11) e il
piano per il parco (art.  12),  nonche'  le  misure  di  salvaguardia
adottate nelle more dell'istituzione dell'area protetta  (artt.  6  e
8), gli strumenti attraverso i quali tale valutazione di  rispondenza
deve essere compiuta a tutela dell'ambiente e  dell'ecosistema;  allo
stesso tempo, l'art.  29  -  inserito  tra  le  disposizioni  finali,
valevole  per  tutte  le  species  di  area  protetta  -  attribuisce
all'organismo di gestione il compito di assicurare  il  rispetto  del
regolamento e del piano. 
    Tale modello di tutela, imperniato appunto sull'esistenza  di  un
ente gestore dell'area protetta, sulla predisposizione  di  strumenti
programmatici e gestionali e sulla funzione  di  controllo  del  loro
rispetto, attribuita all'ente gestore, e'  sostanzialmente  replicato
dalla normativa statale per le riserve naturali  statali.  L'art.  17
della legge quadro, infatti, dispone che il decreto istitutivo  della
riserva deve, tra le altre cose, determinare l'organismo di  gestione
e stabilire indicazioni e criteri specifici cui devono conformarsi il
piano di gestione della riserva ed il relativo regolamento attuativo,
emanato secondo i principi contenuti nell'art. 11. 
    4.2.- Questa Corte ha altresi' precisato che la legge quadro  non
si limita a dettare standard minimi uniformi atti a tutelare soltanto
i parchi e  le  riserve  naturali  nazionali  -  istituiti  ai  sensi
dell'art. 8 della legge  quadro  (rispettivamente,  con  decreto  del
Presidente della Repubblica e con decreto del Ministro dell'ambiente)
-  ma  impone  anche  un  nucleo  minimo  di  tutela  del  patrimonio
ambientale  rappresentato  dai  parchi  e  dalle   riserve   naturali
regionali, che vincola il  legislatore  regionale  nell'ambito  delle
proprie competenze (sentenze n. 74 e n. 36 del 2017, n. 212 del 2014,
n. 171 del 2012, n. 325, n. 70 e n. 44 del 2011). 
    Anche in relazione  alle  aree  protette  regionali,  invero,  il
legislatore   statale   ha    predisposto    un    modello    fondato
sull'individuazione del loro soggetto gestore, ad opera  della  legge
regionale  istitutiva  (art.  23),  sull'adozione,  «secondo  criteri
stabiliti con legge regionale  in  conformita'  ai  principi  di  cui
all'articolo 11, di regolamenti delle aree protette» (art. 22,  comma
1, lettera d, peraltro significativamente ed espressamente ricompreso
tra i «principi fondamentali per la disciplina  delle  aree  naturali
protette regionali»), nonche' su un piano per  il  parco  tramite  il
quale siano attivate le finalita' del parco naturale regionale  (art.
25). 
    5.- La Regione Campania si e' costituita  in  giudizio  chiedendo
l'inammissibilita' o il rigetto del ricorso. 
    5.1.- La resistente sostiene, innanzitutto,  che  la  legge  reg.
Campania n. 2  del  2017  intende  intervenire  sul  solo  patrimonio
ambientale regionale, di modo che la  relativa  disciplina  normativa
non potrebbe trovare applicazione  all'interno  delle  aree  naturali
protette  nazionali.  Lo  spirito  della  legge  regionale,  infatti,
sarebbe quello di «tutelare i sentieri  e  la  viabilita'  minore  di
territori non ricadenti  nei  Parchi  e  nelle  aree  protette»,  con
l'obiettivo di valorizzare, «nell'ambito dei poteri riconosciuti alle
Regioni», «l'equilibrio tra la tutela  dell'ambiente  ed  il  turismo
escursionistico  in  quanto  attivita'  che  si  influenzano   e   si
caratterizzano reciprocamente». 
    Ostano a tale soluzione ermeneutica, tuttavia, piu'  disposizioni
della legge campana, dalle quali, al  contrario,  si  evince  che  la
disciplina impugnata, pur intervenendo su ambiti riconducibili  anche
alla potesta' legislativa regionale  in  materia  di  «turismo»,  mai
circoscrive il proprio ambito di operativita' alle sole aree protette
regionali, ben interessando anche aree protette nazionali. 
    A tal proposito viene in considerazione, innanzitutto,  l'art.  1
della citata legge regionale,  il  quale,  nel  delimitare  l'oggetto
dell'intervento legislativo, espressamente si riferisce al  recupero,
alla conservazione e alla valorizzazione del «patrimonio  ambientale»
della  Regione  Campania:  patrimonio  pero'   che   non   puo'   non
ricomprendere anche le aree  protette  nazionali  che  si  sviluppano
all'interno del territorio regionale. 
    L'art.  2  della  legge   regionale   campana,   a   sua   volta,
nell'indicare    le    finalita'    della    disciplina    normativa,
dichiaratamente prevede, al comma 1, lettera l),  «la  valorizzazione
di  percorsi  escursionistici  di   tipo   regionale,   nazionale   e
internazionale», cosi' come l'art. 4, comma 3, espressamente  afferma
che la REC «e' costituita da sentieri di interesse europeo,  inserita
nella  rete  europea   della   European   Ramblers   Association   ed
interregionale»: difficilmente  i  sentieri  potrebbero  considerarsi
nazionali, internazionali o di interesse europeo  senza  attraversare
anche le aree protette nazionali. 
    Nella gestione della REC e per la vigilanza e  il  controllo  sul
rispetto della legge  regionale,  il  legislatore  campano,  inoltre,
esplicitamente coinvolge gli enti di  gestione  delle  aree  protette
generalmente intesi, senza dunque limitare tale  coinvolgimento  agli
enti di gestione delle aree protette regionali  (artt.  8,  comma  2,
lettera n; 9, comma 1; 15, commi 1 e 4). Al contrario, la volonta' di
coinvolgere, nello svolgimento di tali funzioni, anche gli  enti  cui
e' affidata la tutela delle aree protette nazionali  e'  resa  palese
dall'utilizzo, all'art. 8, comma 2, lettera n), della locuzione «Enti
Parco», che e' la medesima utilizzata dall'art. 9 della legge  quadro
nel riferirsi, appunto,  al  soggetto  gestore  delle  aree  protette
nazionali. 
    Infine, all'art.  14,  nel  prevedere  i  divieti  connessi  alla
disciplina legislativa, la legge regionale dichiaratamente  fa  salva
«l'osservanza della vigente normativa statale e regionale in  materia
di aree naturali protette», con una formola comprensiva -  come,  del
resto,  lo  e'  quella  identica   adoperata   dalla   legge   quadro
(specialmente artt. 1 e 2)  -  tanto  delle  aree  naturali  protette
nazionali quanto di quelle regionali. 
    5.2.- Per quel che riguarda l'applicabilita'  delle  disposizioni
impugnate all'interno  delle  aree  protette  regionali,  secondo  la
Regione  Campania  la  legge  regionale  sarebbe  conforme  a  quanto
disposto dall'art. 22, comma 1, lettera d), della  legge  quadro:  le
disposizioni censurate non farebbero altro  che  individuare  criteri
generali in base ai  quali  gli  enti  gestori  delle  aree  protette
dovrebbero adottare o adeguare i rispettivi regolamenti. 
    Inoltre, in base a quanto previsto dalla legge quadro, nelle aree
protette  di  interesse  regionale  le  singole   Regioni   sarebbero
legittimate «a stabilire obiettivi di tutela e regimi  di  protezione
anche diversi da quelli propri dei parchi nazionali, purche'  diretti
ad offrire una maggiore tutela».  Cio',  in  particolare,  perche'  i
parchi naturali regionali sarebbero qualificati per la  presenza  non
solo di valori naturalistici e ambientali, ma anche «paesaggistici  e
artistici, nonche' di valori legati alle tradizioni  culturali  delle
popolazioni locali»: il che consentirebbe alle Regioni  di  stabilire
«equilibri tra le  esigenze  di  sviluppo  economico,  urbanistico  e
turistico e la conservazione della natura diversi  da  quelli  propri
della disciplina statale». 
    Anche in questo  caso,  le  difese  della  Regione  Campania  non
colgono nel segno. 
    Per un verso, deve escludersi che la legge  campana  oggetto  del
presente scrutinio sia la legge regionale cui si riferisce l'art. 22,
comma 1, lettera d), della legge quadro. La legge regionale, difatti,
in  nessuna  sua  parte  e'  tesa  a  disciplinare   direttamente   o
indirettamente le aree  protette  regionali,  dando  attuazione  alla
disposizione statale; diversamente, come si afferma all'art. 1,  essa
intende  «sviluppare  il   turismo   sostenibile»,   promovendo   «la
sentieristica  e  la  viabilita'   minore»   e   valorizzandone,   in
particolare, le infrastrutture connesse. La circostanza  per  cui  la
disciplina ch'essa reca interferisce con il regime di tutela  per  le
aree naturali protette non vale  a  renderla  attuativa  della  legge
quadro  ma,  al  contrario,  esige   la   verifica   circa   la   sua
compatibilita' con i principi fondamentali  dettati  dal  legislatore
statale. 
    Per altro verso, puo' senz'altro riconoscersi che il  legislatore
statale ha previsto, per le  aree  naturali  protette  regionali,  un
quadro normativo meno dettagliato di quello predisposto per  le  aree
naturali protette nazionali, tale che le Regioni abbiano  un  qualche
margine di discrezionalita' tanto in relazione alla disciplina  delle
stesse aree protette regionali  quanto  sul  contemperamento  tra  la
protezione di queste ultime e altri interessi meritevoli di tutela da
parte del legislatore  regionale.  Cio'  non  toglie,  tuttavia,  che
l'esistenza di un regolamento e di un piano dell'area  protetta,  cui
devono conformarsi le attivita' svolte all'interno del parco o  della
riserva, cosi' come l'attribuzione a un organismo di  gestione  della
verifica del rispetto di tali strumenti regolatori  e  programmatici,
siano costituzionalmente necessarie, perche' sono  la  manifestazione
di quello standard minimo di tutela che  il  legislatore  statale  ha
individuato nell'esercizio  della  propria  competenza  esclusiva  in
materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» e che le  Regioni
possono accompagnare con un surplus di tutela,  ma  non  derogare  in
peius. 
    6.- Alla luce  della  richiamata  giurisprudenza  costituzionale,
nonche' dei principi  stabiliti  dalla  legge  quadro,  va  rilevato,
dunque, che la univoca ed esclusiva vocazione turistica  della  legge
regionale campana, ove non correlata (e subordinata) alle esigenze di
tutela  dell'ambiente,  salvaguardato  dal  complesso  di   strumenti
promozionali  e  di  controllo  predisposti  dalla  normativa  quadro
statale,  finirebbe  per  risultare ontologicamente  invasiva   della
competenza legislativa esclusiva dello Stato, in quanto facoltizzata,
per se' sola, a determinare modalita', dimensioni e controllo per  la
realizzazione  di  un  "turismo  sostenibile"   anche   in   zone   a
riconosciuta "sensibilita'" ambientale. 
    Tanto  premesso,  possono  ora  prendersi  in  esame  le  singole
questioni di legittimita' costituzionale di cui al primo insieme. 
    7.- L'art. 4,  comma  2,  legge  reg.  Campania  n.  2  del  2017
disciplina  la  pianificazione  degli  interventi   di   recupero   e
valorizzazione del patrimonio escursionistico regionale. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri reputa tale disposizione
invasiva della competenza esclusiva statale  in  materia  di  «tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema» (art. 117, secondo comma, lettera s,
Cost.), perche' non prevede che tale funzione di pianificazione debba
essere  esercitata,  quando  interessi  aree  rientranti  in   parchi
nazionali, in conformita' al regolamento del parco, al piano  per  il
parco, nonche' alle misure di salvaguardia eventualmente dettate  dal
provvedimento istitutivo. 
    La questione e' fondata. 
    Si e' gia' rilevato come questa Corte abbia riconosciuto  che  lo
standard minimo uniforme  di  tutela  ambientale  si  articola  nella
previsione di strumenti programmatici e  regolatori  delle  attivita'
esercitabili  all'interno  delle  aree  protette.   La   disposizione
regionale, nella parte in  cui  non  prevede  che  la  pianificazione
concernente la REC all'interno  delle  aree  protette  nazionali  sia
conforme a quanto stabilito da tali strumenti gestori, si pone dunque
in contrasto con quanto stabilito dalla legge quadro. 
    7.1.- La medesima disposizione e' altresi' censurata nella  parte
in cui non prevede che la pianificazione concernente  la  REC,  anche
quando questa si sviluppi all'interno  di  riserve  naturali  e  aree
protette regionali, sia conforme  a  quanto  stabilito  dai  relativi
strumenti gestori. 
    La questione e' fondata. 
    La legge quadro, come si e' visto, impone anche  per  le  riserve
naturali e le aree protette regionali un regolamento e un piano,  cui
devono conformarsi le attivita' che si svolgono all'interno  di  tali
aree: di qui l'illegittimita'  della  disposizione  impugnata,  nella
parte in cui non prevede che la pianificazione concernente la REC sia
conforme a tali strumenti. Deve escludersi, infatti, che in tal  modo
il legislatore regionale  abbia  predisposto  un  livello  di  tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema piu' elevato di quello garantito  dal
legislatore statale. 
    7.2.- Restano assorbite le ulteriori questioni aventi per oggetto
l'art. 4, comma 2, della legge regionale. 
    8.- L'art. 7 della legge reg. Campania n. 2 del  2017  disciplina
la viabilita' minore di uso privato  inclusa  nella  REC,  stabilendo
limiti al transito. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri lo reputa  lesivo  della
competenza esclusiva statale in materia di  «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema» perche' - nella parte in cui e' volto a disciplinare
anche porzioni della REC incluse nel territorio dei parchi  nazionali
- si pone in contrasto con gli artt. 11 e 12 della legge n.  394  del
1991, i quali affidano specificamente al regolamento del parco  e  al
piano per il parco la relativa disciplina. 
    La questione, che involve i primi due commi  della  disposizione,
e' fondata. 
    L'art. 11, comma  2,  della  legge  quadro,  infatti,  affida  al
regolamento  del  parco  la  disciplina   del   soggiorno   e   della
circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di  trasporto  (lettera
c) e dell'accessibilita' nel territorio del parco attraverso percorsi
e strutture idonee per disabili,  portatori  di  handicap  e  anziani
(lettera h); l'art. 12, comma 1, prevede che il piano  per  il  parco
disciplini, tra le altre cose, i  vincoli,  le  destinazioni  di  uso
pubblico o privato e le norme di attuazione relative con  riferimento
alle varie aree o  parti  del  piano  (lettera  b)  e  i  sistemi  di
accessibilita' veicolare  e  pedonale  con  particolare  riguardo  ai
percorsi, agli accessi e alle  strutture  riservati  a  disabili,  ai
portatori di handicap e agli anziani. 
    La disposizione regionale, pertanto, si presenta come invasiva di
competenze attribuite dalla legge quadro, a  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema, al regolamento e al piano per il parco. 
    Il medesimo art. 7 sarebbe altresi' in contrasto,  di  nuovo  con
l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,  pure  nella  parte  in
cui, al suo terzo e ultimo comma, statuisce che la  Giunta  regionale
abbia il potere di chiudere al transito escursionistico anche  quelle
porzioni di sentieri  rientranti  nei  parchi  nazionali.  Con  cio',
infatti, si riconoscerebbe alla Giunta una  funzione  gestoria  delle
aree protette che gli artt. 1,  comma  4,  e  9  della  legge  quadro
affidano agli Enti parco. 
    Anche tale questione e' fondata. 
    La legge quadro affida la tutela dell'area protetta al  suo  ente
gestore, di modo che la legge regionale non puo' attribuire ad  altro
soggetto - nel caso di specie, alla Giunta regionale - il  potere  di
decidere se chiudere al transito aree rientranti  nel  territorio  di
parchi o riserve nazionali. 
    8.1.- L'art. 7 e' impugnato dal ricorrente  nella  parte  in  cui
trova applicazione anche all'interno delle riserve naturali  e  delle
aree protette regionali. 
    Le questioni sono fondate. 
    Anche all'interno delle riserve naturali e  delle  aree  protette
regionali, secondo quanto previsto dalla legge quadro a  loro  tutela
(artt. 17, 22, 23 e 25), per un verso, spetta  al  regolamento  e  al
piano per il parco disciplinare l'accessibilita', il soggiorno  e  la
circolazione;  per  un  altro,  e'  soltanto  l'ente   gestore   che,
conseguentemente, puo' decidere se chiudere al  transito  determinate
porzioni del territorio dell'area protetta. 
    8.2.- Restano assorbite le ulteriori questioni aventi per oggetto
l'art. 7 della legge regionale. 
    9.- L'art. 8 legge reg. Campania n.  2  del  2017  istituisce  la
Consulta regionale per il patrimonio escursionistico «quale  sede  di
concertazione e  organismo  consultivo  e  propositivo  della  Giunta
regionale». 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ritiene  che,  pur
corretta la predisposizione di forme di collaborazione  organica  con
gli Enti parco, la previsione che il rappresentante di tali  enti  in
seno alla Consulta regionale sia  designato  da  Federparchi  sarebbe
costituzionalmente illegittima: la violazione dell'art. 117,  secondo
comma, lettera s), Cost. deriverebbe dalla circostanza che  la  legge
quadro, agli artt. 1, comma 3, e 9, individua direttamente e soltanto
negli enti gestori delle aree protette  i  soggetti  portatori  degli
interessi tutelati, di modo che il loro rappresentante  non  potrebbe
essere individuato da  un  soggetto  diverso  quale,  per  l'appunto,
Federparchi. 
    La questione e' fondata. 
    La designazione del  rappresentante  degli  Enti  parco  campani,
proprio perche' e' loro affidata la tutela delle aree protette di cui
sono gestori, deve spettare loro in via esclusiva. La designazione ad
opera di Federparchi -  associazione  costituita  dagli  Enti  e  dai
soggetti pubblici e privati gestori di  aree  protette  in  Italia  -
risulta, invece, lesiva dei  compiti  affidati  ai  soggetti  gestori
delle aree protette interessate dalla REC, anche perche' alla  scelta
del    rappresentante    parteciperebbero,     per     il     tramite
dell'associazione, enti gestori di aree protette  che  si  sviluppano
anche fuori dal territorio campano. 
    L'art. 8, comma 2, lettera n),  della  legge  regionale  campana,
pertanto, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo nella
parte in cui prevede che  il  rappresentante  degli  Enti  parco  sia
«designato dalla Federparchi», anziche' dagli Enti parco allocati  su
territorio campano. 
    9.1.- Restano assorbite le ulteriori questioni aventi per oggetto
l'art. 8, comma 2, lettera n), della citata legge regionale. 
    10.- L'art. 9 legge reg. Campania  n.  2  del  2017  individua  i
soggetti competenti alla gestione tecnica dei siti  ricompresi  nella
REC,  affidata   alla   Regione   Campania   e   agli   Enti   locali
territorialmente competenti, oltre che agli enti  di  gestione  delle
aree protette. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri  lo  reputa  illegittimo
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., nella
parte in cui, in contrasto con gli artt. 1, comma 3, 9,  e  12  della
legge quadro: (a) non  prevede  che  la  gestione  tecnica  dei  siti
ricompresi nella REC ed inclusi nei territori delle aree protette sia
di competenza esclusiva dei relativi  enti  gestori  (comma  1);  (b)
prevede  che  gli  enti  di  gestione  delle  aree  protette  debbano
individuare le  modalita'  di  fruizione  della  rete  regionale  «in
accordo con i comuni territorialmente interessati», impedendo a  tali
enti di autodeterminarsi  nelle  scelte  inerenti  le  funzioni  loro
attribuite dalla legge statale (comma 2, lettera a). Inoltre, sarebbe
costituzionalmente illegittimo per violazione  dell'art.  117,  sesto
comma,  Cost.,  perche'  l'art.  11  della  legge  quadro  affida  al
regolamento del parco la disciplina delle modalita' di fruizione  dei
sentieri, per la parte di territorio ricadente all'interno delle aree
protette. 
    Le questioni sono fondate. 
    La legge quadro, come si e' gia' detto, attribuisce ai soli  enti
gestori la  tutela  delle  aree  protette,  da  porre  in  essere  in
particolare attraverso il regolamento e il piano  per  il  parco.  Le
disposizioni ora in esame, invece, affiancano all'Ente parco tanto la
Regione  Campania,  quanto  gli  enti  locali,  cosi'  ponendosi   in
contrasto con i principi stabiliti dal legislatore statale. 
    Non varrebbe opporre che l'art. 12, comma 4, della  legge  quadro
prescrive una particolare procedura per l'adozione del piano  per  il
parco, il quale prima  della  sua  approvazione,  per  un  verso,  e'
sottoposto alle osservazioni di chicchessia, e, per  un  altro,  deve
essere oggetto d'intesa, per alcuni aspetti, con la Regione e  con  i
Comuni interessati. A tal proposito e' sufficiente  rilevare,  da  un
lato, che la predisposizione del piano e' affidata in  via  esclusiva
all'ente gestore (art. 12, comma 3), cosi' evidentemente riconoscendo
a quest'ultimo un ruolo primario  e  solitario;  dall'altro,  che  in
assenza della approvazione del piano, quest'ultimo e' rimesso prima a
un comitato costituito da rappresentanti del Ministero  dell'ambiente
e  delle  regioni  e  province  autonome  e  poi,  eventualmente,  al
Consiglio dei ministri: con il che si  esclude  che  Regioni  o  enti
locali abbiano un ruolo pari a quello dell'Ente parco o dello Stato. 
    L'art. 11 della legge quadro,  poi,  affida  al  regolamento  del
parco, come si e' visto, il compito di disciplinare  la  circolazione
del pubblico all'interno dell'area  protetta:  circolazione  che  ben
puo'  avvenire,  ovviamente,  attraverso  la  REC.  Le   disposizioni
impugnate  affidano  invece  anche  a   Regione   ed   enti   locali,
l'individuazione delle diverse  modalita'  di  fruizione  della  rete
escursionistica, cosi' evidentemente ponendosi in  contrasto  con  la
legge quadro e, conseguentemente, con l'art. 117, sesto comma, Cost. 
    10.1.- Le medesime disposizioni di cui all'art. 9 sono  impugnate
dal  ricorrente  anche  nella  parte  in  cui  trovano   applicazione
all'interno delle riserve naturali e delle aree  protette  regionali,
risultando cosi' in contrasto con l'art. 117, secondo comma,  lettera
s), e sesto comma, Cost. 
    Le questioni sono fondate. 
    Come si e' gia' posto in luce, la legge quadro affida, anche  per
la tutela delle aree protette regionali, al regolamento  e  al  piano
per il parco la disciplina della gestione di tali aree (artt. 22,  23
e 25). La legge regionale puo', si', stabilire i criteri in  base  ai
quali  deve  essere  adottato  il  regolamento,  ma  deve  farlo   in
conformita' ai principi di cui all'art. 11 della legge  quadro  (art.
22, comma 1, lettera d) e, comunque sia, predisponendo un livello  di
tutela dell'ambiente pari o superiore a quello garantito dalla  legge
statale. Deve escludersi, tuttavia, che attribuire  a  Regione,  enti
locali territorialmente competenti e  enti  di  gestione  delle  aree
protette, invece che solo a questi ultimi, la competenza in  tema  di
gestione  tecnica  dei  siti  regionali  e  di  fruizione  della  REC
all'interno delle aree protette si risolva in una maggiore tutela  di
queste ultime. 
    11.- L'art. 10 legge reg. Campania n. 2 del 2017 prevede un Piano
annuale e un Piano triennale di interventi sulla REC.  Il  Presidente
del Consiglio dei ministri impugna i commi 1, 3, 4 e 5: e' necessario
che l'esame delle singole questioni venga condotto partitamente. 
    11.1- L'art. 10,  comma  1,  definisce  quali  debbono  essere  i
contenuti del Piano triennale ed e'  censurato  perche'  ritenuto  in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. in quanto,
per la parte in cui si rivolge alle porzioni di territorio  regionale
ricomprese nel perimetro dei parchi nazionali, non  e'  previsto  che
sia conforme al regolamento e al piano per il parco, cosi'  incidendo
sul nucleo di salvaguardia predisposto dagli  artt.  11  e  12  della
legge  quadro.  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  reputa
costituzionalmente illegittima la medesima disposizione anche per  la
parte in cui si rivolge  a  porzioni  di  territorio  ricomprese  nel
perimetro di riserve naturali statali e aree protette regionali. 
    Le questioni sono fondate. 
    Si e' gia' piu' volte posto in evidenza  quanto  siano  centrali,
nella disciplina predisposta dalla legge quadro,  gli  strumenti  del
regolamento e del piano  per  il  parco  per  la  tutela  delle  aree
naturali protette, siano esse nazionali o regionali: e' attraverso di
questi,  e  soltanto  di  questi,  che  l'ente  gestore   valuta   la
rispondenza delle attivita' svolte all'interno dei parchi  alla  loro
tutela.  La  disposizione  regionale  -  che  prevede  che  il  Piano
triennale  definisca  gli  interventi  da  effettuare  sulla  REC  ed
individui  le  opere  oggetto  di   finanziamento   -   evidentemente
interferisce con la funzione esclusiva di tutela delle aree  protette
affidata dal legislatore statale agli Enti parco. 
    11.2.-  Restano  assorbite  le  ulteriori  questioni  aventi  per
oggetto l'art. 10, comma 1, della legge regionale campana. 
    11.3.- L'art. 10, comma 4, della medesima legge regionale prevede
che il Piano triennale sia approvato dalla Giunta regionale,  sentito
il parere  della  commissione  consiliare  permanente  competente  in
materia,  e  che  le  sue  integrazioni  e  modifiche  annuali  siano
effettuate con una ulteriore delibera di Giunta. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri lo reputa  lesivo  della
competenza esclusiva statale in materia di  «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema», perche' affida  all'amministrazione  regionale  una
importante funzione programmatoria e gestoria che, nella parte in cui
interessa anche le aree protette, e'  di  esclusiva  spettanza  degli
Enti parco, posti a presidio dei «valori naturalistici,  scientifici,
estetici, culturali, educativi e ricreativi» presenti nel parco (art.
2, comma 1, legge  quadro).  La  medesima  disposizione  e'  reputata
costituzionalmente  illegittima  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri anche  per  la  parte  in  cui  si  rivolge  a  porzioni  di
territorio ricomprese nel perimetro di  riserve  naturali  statali  e
aree protette regionali. 
    Va  rilevato  che,  a  seguito   della   parziale   dichiarazione
d'illegittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 1, della medesima
legge regionale (supra, paragrafo 11.1.), il Piano triennale, pur  se
adottato da soggetti  diversi  dagli  enti  di  gestione  delle  aree
protette - in quanto volto  a  disciplinare  porzioni  di  territorio
regionali anche  esterne  a  queste  ultime  -  deve  necessariamente
rispettarne il regolamento e il piano, pena la sua illegittimita'. Ne
consegue  la  non  fondatezza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale ora in esame. 
    11.4.- L'art. 10 della legge regionale campana dispone, al  comma
3, che il Piano annuale degli  interventi  sulla  REC  individua  gli
interventi di competenza della Regione e, al comma 5, che il medesimo
Piano annuale individui, per ciascun percorso compreso nella REC,  il
soggetto obbligato alla manutenzione, in cosa questa  consista  e  la
periodicita' del controllo. 
    Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  impugna  entrambe  le
disposizioni per violazione della  competenza  esclusiva  statale  in
materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»,  reputandole  in
contrasto con i principi fondamentali della legge quadro nella  parte
in  cui  attribuiscono   all'amministrazione   regionale   importanti
funzioni gestorie in  relazione  a  parti  di  territorio  ricomprese
all'interno  delle  aree  protette.  Le  medesime  disposizioni  sono
ritenute costituzionalmente illegittime anche per la parte in cui  si
rivolgono a  porzioni  di  territorio  ricomprese  nel  perimetro  di
riserve naturali statali e aree protette regionali. 
    Le  questioni  sono  fondate,  per  le  medesime   ragioni   gia'
reiteratamente  esposte:  funzioni   quali   quelle   di   cui   alle
disposizioni impugnate -  interventi  e  manutenzione  di  territorio
all'interno delle aree protette - sono attribuite dagli artt. 11 e 12
della legge quadro in via esclusiva  agli  enti  gestori  delle  aree
protette, cui e' inderogabilmente affidata  dalla  legge  statale  la
tutela dei valori ambientali attraverso l'approvazione di regolamento
e piano per il parco. 
    12.- L'art. 13 della legge reg. Campania n. 2 del 2017 disciplina
la segnaletica lungo la REC: e'  previsto,  in  particolare,  che  la
Giunta regionale e l'istituita Consulta regionale dettino linee guida
sulle specifiche della segnaletica, la cui posa e manutenzione spetta
poi ai Comuni. 
    Il ricorrente lamenta che, nella parte in cui  tale  disposizione
si applica anche alla frazione  della  rete  regionale  presente  nel
territorio dei parchi nazionali, si riveli in contrasto con gli artt.
1, comma 3, 9, 11 e 12 della legge quadro e, dunque, con l'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. Si osserva, a tal proposito, che  e'
il regolamento del parco a disciplinare le attivita' consentite entro
il territorio dell'area protetta ed  e'  il  piano  per  il  parco  a
disciplinare i sistemi di accessibilita' pedonale; cosi'  come  posa,
installazione, adeguamento  e  manutenzione  della  segnaletica  sono
funzioni che le richiamate disposizioni della legge  quadro  affidano
agli Enti parco. Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  reputa
costituzionalmente illegittima la medesima disposizione anche per  la
parte in cui si rivolge  a  porzioni  di  territorio  ricomprese  nel
perimetro di riserve naturali statali e aree protette regionali. 
    Le questioni sono fondate. 
    L'installazione di segnaletica all'interno  delle  aree  protette
e', in tutta evidenza, attivita' che puo' avere non poco impatto  sui
valori  ambientali  e  naturalistici  che  la  legge  quadro  intende
proteggere, affidando agli strumenti del regolamento e del piano  per
il parco la tutela di detti valori. 
    Il  regolamento  del  parco  non  solo  disciplina  le  attivita'
consentite entro il territorio dell'area protetta, come piu' volte si
e' gia' posto in luce, ma deve  altresi'  prevedere,  secondo  quanto
dispone la legge quadro, «la tipologia e le modalita' di  costruzione
di opere e manufatti» (art. 11, comma  2,  lettera  a).  E  non  puo'
esservi dubbio  sul  fatto  che  la  segnaletica  debba  considerarsi
manufatto, se non altro perche' tale la considera l'art. 15, comma 1,
lettera b), del decreto legislativo 30 aprile  1992,  n.  285  (Nuovo
codice della strada), ai sensi del quale «Su tutte le strade  e  loro
pertinenze e' vietato: [...] b) danneggiare,  spostare,  rimuovere  o
imbrattare la segnaletica stradale ed ogni altro  manufatto  ad  essa
attinente». 
    Il piano per il parco, per conto suo, deve  disciplinare  sistemi
di accessibilita' anche pedonale, sistemi di attrezzature  e  servizi
per la gestione e la funzione sociale del parco, indirizzi e  criteri
per gli interventi sulla flora e  sull'ambiente  naturale  in  genere
(art. 12, comma 1, lettere c e d):  tutte  funzioni  entro  le  quali
rientrano anche quelle concernenti l'installazione e la  manutenzione
della segnaletica. 
    12.1.-  Restano  assorbite  le  ulteriori  questioni  aventi  per
oggetto l'art. 13 della citata legge regionale campana. 
    13.- L'art. 16 della legge reg. Campania n. 2  del  2017  prevede
che la Giunta regionale approvi, entro novanta giorni dall'entrata in
vigore  della  medesima  legge  regionale,  il  relativo  regolamento
attuativo. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri ne impugna il  comma  2,
lettere a), b), c), d),  f)  e  g):  rimane  estranea  alle  censure,
dunque, la sola lettera e). Il ricorrente ritiene che - nell'affidare
al regolamento attuativo la disciplina di diversi  oggetti  i  quali,
con riferimento al territorio delle aree protette, dovrebbero  essere
regolati dal piano e dal regolamento  del  parco  -  le  disposizioni
impugnate si pongano in contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera   s),   Cost.   Per   analoghe   ragioni,   esse    sarebbero
costituzionalmente illegittime anche per la parte in cui si rivolgono
a porzioni di territorio incluse nel perimetro  di  riserve  naturali
statali e aree protette regionali. 
    Le questioni sono fondate. 
    Tutti gli  oggetti  che  il  regolamento  attuativo,  secondo  le
disposizioni  in  esame,  dovrebbe  andare  a   disciplinare   (dalle
caratteristiche della segnaletica ai criteri per la  progettazione  e
la realizzazione di sentieri; dalle caratteristiche di sicurezza  per
la fruizione della  REC  ai  criteri  generali  di  manutenzione  dei
percorsi della stessa REC e all'individuazione del soggetto tenuto  a
effettuarla) rientrano in attivita'  che,  come  si  e'  invero  gia'
visto, spetta al regolamento e al piano delle aree protette regolare. 
    13.1.-  Restano  assorbite  le  ulteriori  questioni  aventi  per
oggetto l'art. 16, comma 2, lettere a), b), c), d), f)  e  g),  della
legge regionale campana. 
    14.- Deve ora passarsi allo  scrutinio  del  secondo  insieme  di
questioni di legittimita' proposte dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri, le quali hanno per oggetto alcune disposizioni della  legge
reg. Campania n. 2 del 2017 che prevedono sanzioni amministrative. 
    15.- L'art. 14, comma 3, della richiamata legge regionale dispone
che la violazione di quanto previsto al comma 2 del medesimo art.  14
comporta «l'applicazione delle sanzioni e delle misure» previste  dal
codice della strada. Secondo il  ricorrente,  la  formulazione  della
disposizione   impugnata   sarebbe   «estremamente   generica,    con
riferimento  sia  alla  natura  sia  all'entita'  delle  sanzioni  da
applicare alle violazioni in esse previste»: di qui il contrasto  con
il principio di legalita' sancito dall'art. 25 Cost., i  cui  canoni,
secondo la giurisprudenza di questa Corte, dovrebbero essere estesi a
tutte   le   misure   di   carattere   punitivo,   comprese    quelle
amministrative. 
    Per analoghe ragioni sarebbe costituzionalmente illegittimo anche
l'art. 15,  comma  8,  della  citata  legge  regionale  («Oltre  alle
sanzioni previste dai commi 2 e 3, la violazione delle norme generali
contenute nell'articolo 14, comma 6, da' luogo all'applicazione delle
seguenti sanzioni amministrative pecuniarie»), in quanto risulterebbe
«formulato  in  modo  non  chiaro»  nel  riferimento  a  disposizioni
sanzionatorie contenute nei commi precedenti. 
    15.1.- La  Regione  Campania  ritiene  non  fondate  entrambe  le
questioni di legittimita' costituzionale. 
    Secondo la resistente, l'art. 14, comma 1, legge reg. Campania n.
2 del 2017 descriverebbe adeguatamente le condotte  che,  in  assenza
dell'autorizzazione di cui al successivo comma  2,  sono  oggetto  di
sanzione amministrativa merce' il rinvio al codice della  strada.  Il
legislatore regionale avrebbe pertanto operato un «rinvio materiale e
recettizio» alle disposizioni di tale codice -  in  particolare  agli
artt. 26 e 27, commi 10, 11 e 12 - integrando dunque il precetto  nel
rispetto del principio di legalita' e della riserva di legge. 
    15.2.- Va preliminarmente osservato che l'art. 14, comma 2, della
richiamata  legge  regionale,  la  cui   violazione   e'   sanzionata
dall'impugnato art. 14, comma 3, non prevede  alcun  divieto,  ma  si
limita a disciplinare il procedimento, cui prendono parte  i  Comuni,
la Consulta regionale di cui all'art. 8 della citata legge  regionale
e la Giunta regionale,  per  modificare  la  destinazione  d'uso  dei
sentieri  della  REC.  Tuttavia,  neppure  puo'  ritenersi   che   il
legislatore regionale sia incorso in un mero errore materiale  e  che
le condotte vietate e sanzionate dalla disposizione censurata  siano,
come adombra nella memoria difensiva la Regione Campania,  quelle  di
cui all'art. 14,  comma  1,  della  medesima  legge  regionale:  alla
violazione dei divieti  ivi  previsti,  difatti,  segue  la  sanzione
amministrativa posta dal successivo art. 15, comma 5. 
    15.3.-  Ancora  in  via  preliminare,  deve  ricordarsi  come  la
giurisprudenza di questa Corte abbia gia' affermato che il  principio
della legalita' della pena  e'  «ricavabile  anche  per  le  sanzioni
amministrative dall'art. 25, secondo comma,  della  Costituzione,  in
base al quale e' necessario che  sia  la  legge  a  configurare,  con
sufficienza adeguata alla fattispecie, i fatti da  punire»  (sentenza
n. 78 del 1967). Si e' poi precisato, piu' di recente, che  dall'art.
25 Cost., data l'ampiezza della sua formulazione,  e'  desumibile  il
principio   secondo   cui   «tutte    le    misure    di    carattere
punitivo-afflittivo devono essere soggette alla  medesima  disciplina
della sanzione penale in senso stretto» (sentenza n. 196 del 2010; in
identico senso anche le sentenze n. 276 del 2016 e n. 104 del 2014). 
    Vero e' che tali affermazioni sono state  formulate,  in  ragione
delle questioni di legittimita' allora proposte,  con  riferimento  a
uno   dei   corollari   del   principio    di    legalita',    quello
dell'irretroattivita' delle norme incriminatrici. Tuttavia, esse sono
parimente da riferire ad altro  corollario  di  detto  principio,  di
rilievo nelle odierne questioni: il principio di determinatezza delle
norme sanzionatorie. Principio, quest'ultimo, il quale, per un verso,
vuole evitare che, in contrasto con il principio della divisione  dei
poteri, l'autorita' amministrativa o «il giudice assuma[no] un  ruolo
creativo, individuando, in luogo del legislatore, i  confini  tra  il
lecito e l'illecito» (sentenza n.  327  del  2008;  sul  punto  anche
ordinanza n. 24 del 2017); per un altro verso, non  diversamente  dal
principio   d'irretroattivita',   intende   «garantire   la    libera
autodeterminazione individuale,  permettendo  al  destinatario  della
norma penale di apprezzare a priori le  conseguenze  giuridico-penali
della propria condotta» (ancora sentenza n. 327 del 2008). 
    Con riferimento a questo  tipo  di  sanzioni  amministrative,  il
principio  di  legalita',  prevedibilita'  e   accessibilita'   della
condotta   sanzionabile   e   della   sanzione    aventi    carattere
punitivo-afflittivo,  qualunque  sia  il  nomen  ad  essa  attribuito
dall'ordinamento,  del  resto,  non  puo',  ormai,  non  considerarsi
patrimonio derivato non  soltanto  dai  principi  costituzionali,  ma
anche da quelli del diritto convenzionale e  sovranazionale  europeo,
in base ai quali e' illegittimo  sanzionare  comportamenti  posti  in
essere da soggetti  che  non  siano  stati  messi  in  condizione  di
"conoscere", in tutte le  sue  dimensioni  tipizzate,  la  illiceita'
della condotta omissiva o commissiva concretamente realizzata. 
    15.4.- Cio' premesso, la questione relativa all'art. 14, comma 3,
legge reg. Campania n. 2 del 2017 e' fondata. 
    La disposizione censurata,  infatti,  innanzitutto  non  descrive
minimamente la condotta foriera delle sanzioni amministrative di  cui
al codice della strada, se non attraverso  l'oscuro  rinvio  all'art.
14, comma 2, il quale - come si e' visto - non dispone alcun divieto,
ma regola un procedimento per la modifica di destinazione  d'uso  dei
sentieri della REC. 
    In secondo luogo, e' manifestamente in contrasto con il principio
di legalita' delle pene, sub specie di determinatezza, il rinvio, per
quel che concerne le sanzioni e le misure da  applicare,  all'intiero
decreto  legislativo  n.  285  del  1992,  perche'  in  tal  modo  il
legislatore regionale non ha, previamente e chiaramente,  individuato
la  specifica  misura  sanzionatoria  irrogabile  a   seguito   della
«violazione del comma 2». Ne' il vulnus costituzionale e' rimediabile
in via ermeneutica, intendendosi  il  rinvio,  come  sostenuto  dalla
difesa regionale, ai soli artt. 26 e 27, commi  10,  11  e  12,  cod.
strada: a prescindere da ogni valutazione sulla plausibilita' di tale
interpretazione della ratio legis, essa non  trova  riscontro  alcuno
nel tessuto normativo della legge campana. 
    Va solo precisato che non e' in discussione la  possibilita'  per
il legislatore, anche regionale, di integrare i precetti  punitivi  e
sanzionatori merce' il rinvio ad  altri  atti  normativi,  ma  e'  in
palese contrasto con i principi costituzionali  di  cui  all'art.  25
Cost. che cio' avvenga in modo tale che  la  determinazione  ex  lege
della conseguenza giuridico-sanzionatoria derivante dalla  violazione
del precetto normativo sia assente o, ad ogni modo, insufficiente. 
    15.5.- L'analoga questione relativa all'art. 15, comma  8,  legge
reg. Campania n. 2 del 2017, invece, non e' fondata. 
    L'ermeneutica della  disposizione  impugnata  non  giustifica  le
censure di costituzionalita' che le sono  mosse  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri.  Essa,  infatti,  descrive  adeguatamente  le
condotte vietate, per mezzo del rinvio all'art. 14,  comma  6,  della
legge regionale, e prevede espressamente le  sanzioni  amministrative
pecuniarie che conseguono alla violazione. Con il richiamo  dell'art.
15, commi 2 e 3, della citata legge regionale  -  posto  in  apertura
della disposizione in esame e attorno al quale  ruotano  i  dubbi  di
costituzionalita' del ricorrente - il legislatore  regionale  ha  poi
inteso disporre che, laddove i divieti di  cui  ai  richiamati  commi
siano violati con le condotte descritte dalla disposizione impugnata,
le  sanzioni  previste  in  tali   commi   si   cumulino   a   quelle
esplicitamente stabilite dall'art. 15, comma 8, della medesima  legge
regionale. 
    16.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, infine, reputa  in
contrasto con la Costituzione anche l'art. 15, comma 3,  della  legge
reg.  Campania  n.  2  del  2017,  il  quale  prevede  una   sanzione
amministrativa pecuniaria per «chiunque danneggia la segnaletica o le
opere realizzate per la percorribilita' e la sosta lungo  i  percorsi
escursionistici della Rete regionale». Secondo  il  ricorrente,  tale
disposizione descrive la condotta del reato di danneggiamento di  cui
all'art. 635, comma 2, numero 1), del codice  penale:  in  tal  modo,
risulterebbe invasiva della competenza esclusiva statale  in  materia
di «ordinamento penale» di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera
l), Cost. 
    16.1.-  La  difesa  regionale  rileva  che  la   fattispecie   di
danneggiamento di segnaletica le oggetto della disposizione impugnata
non e' dissimile da quella prevista  dall'art.  15  cod.  strada,  «a
nulla rilevando, dunque, il reato di danneggiamento di  cui  all'art.
635 del codice penale». La sanzione  amministrativa,  d'altra  parte,
accederebbe -  in  linea  con  quanto  ammesso  dalla  giurisprudenza
costituzionale  -  alla  tutela  del   bene   d'interesse   regionale
«viabilita'  e  sentieristica  minore»,  non  invadendo  pertanto  la
materia «ordinamento penale». 
    16.2.- Deve innanzitutto  ribadirsi  il  principio  ripetutamente
affermato da questa Corte - e rammentato, come si  e'  appena  visto,
dalla  Regione  Campania  -   secondo   il   quale   «la   competenza
sanzionatoria amministrativa non e' in grado di  autonomizzarsi  come
materia a se', ma accede alle materie sostanziali»  (sentenza  n.  12
del 2004; in senso analogo, tra le tante, sentenze n. 240  del  2007,
n. 384 del 2005, n. 28 del 1996). 
    La legge campana impugnata detta una disciplina che,  nell'ambito
della competenza esclusiva regionale in materia di «turismo», intende
sviluppare  il   «turismo   sostenibile»   attraverso   un'articolata
attivita'   di   promozione   e   valorizzazione    del    patrimonio
escursionistico regionale, caratterizzato in particolare da  percorsi
di interesse ambientale  e  storico.  La  previsione  della  sanzione
amministrativa de qua - in quanto diretta a tutelare la segnaletica e
le opere realizzate per la percorribilita' e la sosta lungo  la  REC,
evidentemente funzionali a  garantire  la  migliore  fruibilita'  del
patrimonio  escursionistico  regionale  -  non  e'  dunque   estranea
all'ambito di competenza del legislatore regionale. 
    16.3.- Cio' premesso, la questione non e' fondata. 
    La disposizione impugnata e' analoga a quella di cui all'art. 15,
comma 1, lettera b), cod. strada, il  quale  vieta  di  «danneggiare,
spostare, rimuovere o imbrattare  la  segnaletica  stradale  ed  ogni
altro manufatto ad essa attinente»,  sanzionando  la  violazione  del
divieto con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma  da
euro 41 ad euro 169, oltre che con quella accessoria dell'obbligo del
ripristino dei luoghi (art. 15, commi 2 e 4,  del  medesimo  codice).
Sul rapporto di tale disposizione con il reato di  danneggiamento  si
e' espressa la Corte di  cassazione,  affermando  che  essa  «riveste
natura di norma speciale rispetto alla disposizione di  cui  all'art.
635, cod. pen., in quanto concerne  la  disciplina  relativa  ad  una
specifica categoria di beni, sicche' ai sensi dell'art. 9 della legge
n.  689  del  1981  la   relativa   condotta   costituisce   illecito
amministrativo»  (Corte  di  Cassazione,  sezione   seconda   penale,
sentenza 9 aprile  2013,  n.  20789;  Corte  di  Cassazione,  sezione
seconda  penale,  sentenza  13  dicembre  2011,  n.  9541;  Corte  di
Cassazione, sezione seconda penale,  sentenza  20  ottobre  1994,  n.
4491). 
    Il principio cosi' affermato dal giudice della nomofilachia trova
fondamento nella previsione del primo comma del citato art.  9  della
legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), secondo
la quale «[q]uando uno stesso fatto e'  punito  da  una  disposizione
penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa,
[...] si applica  la  disposizione  speciale».  Nel  caso  in  esame,
peraltro,  venendo  in  rilievo  il  rapporto  non  fra   due   norme
sanzionatorie entrambe statali, ma tra una statale e  una  regionale,
trova applicazione il disposto del secondo comma del medesimo art.  9
della legge n. 689 del 1981, in forza del quale  «quando  uno  stesso
fatto e' punito da una disposizione  penale  e  da  una  disposizione
regionale o delle province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  che
preveda una sanzione amministrativa,  si  applica  in  ogni  caso  la
disposizione penale, salvo che quest'ultima sia applicabile  solo  in
mancanza di altre disposizioni penali». 
    Ne  consegue  che  la  sanzione  amministrativa  prevista   dalla
disposizione censurata potra' essere irrogata solo qualora  il  fatto
non integri il reato di danneggiamento. L'art.  15,  comma  3,  della
legge regionale campana, pertanto, non invade, ne' erode la sfera  di
operativita' della norma penale, trovando  applicazione  soltanto  in
via residuale, in relazione a  condotte  non  penalmente  sanzionate.
Circostanza, questa, che vale senz'altro a  escludere  la  denunciata
lesione della competenza legislativa esclusiva statale in materia  di
«ordinamento penale». 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2,
della legge della Regione Campania 20 gennaio 2017, n. 2  (Norme  per
la valorizzazione della sentieristica  e  della  viabilita'  minore),
nella parte in cui non prevede  che  la  funzione  di  pianificazione
degli  interventi  di  recupero  e  valorizzazione   del   patrimonio
escursionistico regionale debba essere esercitata, all'interno  delle
aree naturali protette, in  conformita'  al  loro  regolamento  e  al
rispettivo piano per il parco, nonche' alle  misure  di  salvaguardia
eventualmente dettate dal provvedimento istitutivo; 
    2) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  7  legge
reg. Campania n. 2 del 2017, nella parte in  cui  la  disciplina  ivi
prevista trova applicazione anche in relazione a porzioni della  rete
escursionistica regionale incluse nel territorio delle aree  naturali
protette; 
    3) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 2,
lettera n), legge reg. Campania n. 2 del 2017,  nella  parte  in  cui
prevede che il rappresentante degli Enti parco  e'  «designato  dalla
Federparchi»  anziche'  «dagli  Enti  parco  allocati  su  territorio
campano»; 
    4) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 1,
legge reg. Campania n. 2 del 2017, nella parte in cui non prevede che
la gestione tecnica dei siti ricompresi  nella  rete  escursionistica
regionale e inclusi nei territori delle aree naturali protette sia di
competenza esclusiva degli enti gestori di queste ultime; 
    5) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 2,
lettera a), legge reg. Campania n. 2 del 2017,  nella  parte  in  cui
prevede che le modalita'  di  fruizione  della  rete  escursionistica
regionale, per la parte in cui essa  si  sviluppa  all'interno  delle
aree naturali protette, debbano  essere  individuate  dagli  enti  di
gestione delle aree protette in accordo con i Comuni territorialmente
interessati, invece di essere determinate dal  regolamento  dell'area
protetta; 
    6) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  10,  comma
1, legge reg. Campania n. 2 del 2017, nella parte in cui non  prevede
che il Piano triennale degli interventi  sulla  rete  escursionistica
campana, ove rivolto alle porzioni di territorio regionale ricomprese
nel perimetro  delle  aree  naturali  protette,  deve  rispettare  il
regolamento e il piano di queste ultime; 
    7) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 3
e 5, legge reg. Campania n. 2 del 2017, nella parte  in  cui  trovano
applicazione anche all'interno delle aree naturali protette; 
    8) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  13  legge
reg. Campania n. 2 del 2017, nella parte in cui si  applica  anche  a
porzioni della rete escursionistica regionale incluse nel  territorio
delle aree naturali protette; 
    9) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  16,  comma
2, lettere a), b), c), d), f) e g), legge  reg.  Campania  n.  2  del
2017, nella parte in cui affida al  regolamento  attuativo,  adottato
dalla Giunta regionale, la  disciplina  degli  oggetti  ivi  previsti
anche con riferimento al territorio delle aree naturali protette; 
    10) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14,  comma
3, legge reg. Campania n. 2 del 2017; 
    11)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 10, comma 4, legge reg. Campania  n.  2  del
2017, promossa, in riferimento all'art. 117, secondo  comma,  lettera
s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con
il ricorso indicato in epigrafe; 
    12)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 15, comma 8, legge reg. Campania  n.  2  del
2017, promossa, in riferimento all'art. 25 Cost., dal Presidente  del
Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe; 
    13)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 15, comma 3, legge reg. Campania  n.  2  del
2017, promossa, in riferimento all'art. 117, secondo  comma,  lettera
l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con  il  ricorso
indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 aprile 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA